Un Notaio del quindicesimo secolo (2)

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Un Notaio del quindicesimo secolo (2)
Fuori programma: Un Notaio del quindicesimo secolo (2)
Nel Fuori programma del mese scorso si è raccontato dei pochi atti rogati per clienti privati
(o, meglio, dei pochi giunti fino a noi) dal Notaio Bartolomeo Carlevarius, vissuto ad
Acqui nella prima metà del Quattrocento. La più parte dei suoi rogiti, circa 500
documenti, con i precedenti oggetto di un recente studio paleografico di Paola Piana
Toniolo (*), appartengono all’attività di Bartolomeo come Notaio della Curia Vescovile
acquese e riescono a chiarire un aspetto assai meno noto della professione notarile di un
tempo.
Che tipo di atti stipulava un Notaio vescovile del Quindicesimo secolo, chi erano le Parti
delle quali indagava le volontà, dove venivano stilati i ‘preliminari’ che, in un secondo
momento, il Notaio avrebbe reso veri e propri “instrumenta”.
L’attività, davvero intensa, di Bartolomeo aggiungeva agli atti privati, tutti quelli necessari
ai due uffici principali della Curia, quello in spiritualibus, inerente la gestione
pastorale ed ecclesiastica della Diocesi, e quello in temporalibus, che ne riguardava più
propriamente gli atti economici, e doveva anche dar corso alla puntuale registrazione degli
atti processuali del Tribunale Ecclesiastico, in accordo col rigido protocollo del diritto
canonico.
All’ufficio in spiritualibus si riferisce la maggior parte dei documenti rogati da Bartolomeo
giunti fino a noi, dai quali ricaviamo molte notizie .
I più numerosi, sempre alla presenza dei testimoni, contengono l’annotazione della
dichiarazione del Vescovo di ogni prima clericale tonsura dei nuovi chierici, con la
precisazione che “la registrazione dell’atto è affidata al Notaio Bartolomeo Carlevarius”
oppure con l’invito al Notaio “a convalidare l’estratto con il sigillo vescovile”.
Solitamente le dichiarazioni del Vescovo vengono raccolte nella sua residenza, nella
contrada della piazza maggiore di Acqui e, più precisamente, nella sua camera da letto
oppure, nella bella stagione, sulla loggia della camera medesima.
Analogamente sono protocollate le ordinazioni collettive successive al chiericato nella
gerarchia ecclesiastica, e cioè i quattro ordini minori (ostiariato, lettorato, esorcistato e
accolitato) e i tre maggiori, suddiaconato, diaconato e presbiterato o sacerdozio. A
differenza delle prime tonsure, le altre ordinazioni si svolgono nella cattedrale in quattro
precisi momenti dell’anno.
Fanno parte della routine le assegnazioni di chiese, pievi e cappelle a nuovi rettori, a
seguito di dimissioni dei precedenti pure registrate dal Notaio, e, a garanzia della continuità
di servizio, non di rado veniva pretesa l’assicurazione di “non allontanarsi dalla chiesa
senza un mese di preavviso” nel caso il religioso intendesse rimettere l’incarico. Va notato
che non sempre i rettori nominati sono del luogo: oltre ad alcuni provenienti da altre regioni
dell’odierna Italia, ci sono francesi, dalla Provenza e da Parigi, uno spagnolo e un croato.
Un’ordinazione speciale riguarda un personaggio molto raccomandato: Teodoro di
Monferrato era il quinto figlio maschio del marchese Giangiacomo e di Giovanna di Savoia,
sorella di Amedeo VIII.
Nominato Notaio Apostolico l’anno precedente da Papa Eugenio IV, riceve dal Vescovo di
Acqui i quattro ordini minori nell’aprile 1438, alla presenza, tra gli altri testimoni, del
vescovo di Betlemme e naturalmente del Notaio Carlevarius, che ne roga l’attestazione e
riceve l’incarico di registrare l’atto e convalidarlo con il sigillo pontificale. Alla fine niente di
così eccezionale, se non fosse che Teodoro era nato nel 1425 e aveva dunque solo 13 anni!
Càpita poi al Vescovo di trattare, e al Notaio di documentare, casi di scomunica. Sono
minacce di punizione, come quella formalizzata al prete Bartolomeo che “turba” il possesso
di una vigna di cui è proprietario tal Domenico, ma più spesso casi di perdono, come quello
di frate Andoacius che aveva dato due sberle, cioè “percosso con la mano due volte il viso”,
www.digitalofficen.it - Notariando n.32, aprile 2013
a prete Luchino intervenuto a sedare una rissa nella quale il frate era coinvolto, casi nei
quali la scomunica, dietro supplica del colpevole e con il benestare dell’offeso, viene
sospesa con incarico al Notaio di redigere le relative lettere di assoluzione.
In un caso il Vescovo assicura alla chiesa di Castelletto tutti i beni mobili e immobili e “in
particolare libri, denari e vesti” di prete Guglielmo, che “provvede immediatamente con
una donazione inter vivos”, in cambio del suo mantenimento a carico del Comune in caso di
vecchiaia o malattia.
Più spesso il Vescovo concede del suo, promettendo ai fedeli della Diocesi, 40 giorni di
indulgenza in cambio delle loro elemosine, per esempio ai frati questuanti dell’Ospedale di
S.Bernardo o di quello di S.Maria di Roncisvalle, “dove confluiscono poveri e bisognosi
d’ogni sorta”, oppure all’opera di costruzione di una chiesa vicino ad Ovada, destinata
all’ospitalità e alla cura dei poveri, cui non bastano le sostanze del santo confessore
Antonio, all’opera autorizzato dal Vescovo tempo addietro.
E infine le signore. Solo due le donne dei Registri in spiritualibus. La prima è una vedova
che ottiene dal Vescovo il permesso di scegliere un confessore “che possa assolverla anche
nei casi riservati” ed impartirle i sacramenti, l’altra è Lucia che il Vescovo libera dalle
pretese di tal Bertono, concedendole di contrarre matrimonio con altra persona di suo
gradimento.
Molto più della gentildonna senza nome che desidera forse non essere obbligata a riferirsi
al modesto rettore della sua chiesa, la nostra simpatia va alla modesta giovane che seppe
conquistarsi la benevolenza del Vescovo e, chissà, forse anche del Notaio che ne formalizzò
la dispensa da un matrimonio sgradito.
(*)
Paola Piana Toniolo, Atti rogati da Bartolomeo Carlevarius notaio pubblico e cancelliere della curia vescovile acquese
(1433-1452), 2008
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