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La Nuova Provincia di Biella 15 ph Francesca Savino Sabato 21 luglio 2012 REMIX APPEAL IL FASCINO PER NULLA DISCRETO DEL BEVERONE CULTURALE L 'idea di morire d'inedia sdraiati in piscina con un cocktail ben stretto fra le mani e la musica giusta nelle orecchie ci costringe a ragionare così quest'estate che va e viene. A forza di improvvisare beveroni dissetanti, ci abbiamo scorto dentro - tra un cubetto di ghiaccio e l'altro - la similitudine d'altri mix ben più necessari. Che c'è nell'aria un equivoco strisciante intento a definire la multiculturalità delle cose e delle persone. Non pensiamo sia così e nemmeno pensiamo debba esserlo. Abbiamo guardato fisso il cocktail che stringevamo, nel timore che qualcuno facesse l'onda in piscina, e abbiamo visto la luce, filtrata dal cristallo della nostra coppetta Martini: il mix è l'unica cultura possibile. Il futuro è meticcio, come un americano sbagliato o un paio di negroni; come un black russian o un cuba libre. E solo mischiando le carte può saltar fuori una mano credibile per giocarci il futuro. Non è sommandoci che facciamo la differenza, ma mischiando per bene il nostro e l'altro sentire. Quel che sarà di noi e del mondo, i suoi contorni e la sua definizione; gli errori già sbagliati e gli sbagli ancora da correggere saranno, nel bene e nel male, il frutto della sapiente miscela che il Grande Barman avrà shakerato per il futuro dei popoli. Ora, l'uso giocoso di questa retorica barocca significa soltanto che la nostra cultura si dovrà ben mescolare con altre se vorrà essere più di quel che è e assorbire i conflitti che affliggono le differenze. Che un'integrazione qualsiasi attraverso la s ommator ia non integra, ma soverchia e distingue, colonizza con l'ipocrisia l'incontro con una quotidianità che sta cambiando ovunque. Eppoi, ma solo poi, c'è pure venuto in mente che il cocktail era anche musica: nei colori, nei suoni, nelle intenzioni. Un recupero disincantato di altri tempi e altre vite fa, d'altro canto e immaginario, già vissuto ma reinventato. Così come sa fare ogni generazione che cerca lo spazio per essere né meglio nè peggio, ma un po' diversa sì, nel guardarsi allo specchio e nel sentirsi cantare. È quella Cocktail Generation che ha riscoperto l'estetica dell'aperitivo e di certa musica sognata anche nei film che facevano sognare l'America, che poi faceva sognare noi che sognavamo di fare gli americani. Dalle spiagge di Hononulu alle balere di casa nostra sembrava un viaggio impossibile, ma la fantasia supera la realtà e accorcia distanze, allunga tempi, cambia i modi. Quindi sposiamo Yma Sumac coi Montefiori per non annoiarci mai, in quest'estate che non c'è. E contemporaneamente allunghiamo la nostra lista dei IL COMMENTO MIX CULTURALE Il futuro in società è il cocktail perfetto cocktail che vogliamo sperimentare, perché quello che stringevamo forte in piscina l'abbiamo già finito, e quello che non vogliamo davvero finire sono le idee. alle pagine 16, 17 e 18 Il meticciato, ovvero il mescolamento delle culture, accompagna da sempre la storia dell’uomo. Molto spesso ha coinciso con colonizzazioni, invasioni, conquiste e scoperte geografiche. Quello che spesso sentiamo chiamare esotismo o mal d’Africa non sono altro che storture profonde dell’etnocentrismo occidentale nei confronti del resto del mondo. Sarà possibilile, È un mondo fantastico di Lele Ghisio A da qui in avanti, un nuovo modello di società più liquido e meno figlio di questi squilibri? Noi proviamo a ripartire dai cocktail. . a pagina 17 INGREDIENTI NECESSARI a pagina 16 a pagina 18 Generazione Cocktail Musica da bere Sottorete Lo shaker trash di Internet a pagina 16 e 17 a pagina 18 I dieci drink che sconvolsero il mondo La fotografia metropolitana è meticcia llora: che ci fosse della follia nell'aria l'abbiamo già detto. Ormai non riusciamo neanche più a stupirci, nemmeno di fronte a un cinema pieno di gente mascherata in cui si proietta l'ultimo episodio della saga di Batman e in cui entra un ragazzotto di 24 anni vestito da "Flagello" (il cattivo del film) e spara, ammazzando una dozzina di persone. Aldilà dell'aspetto delirante della vicenda e riconoscendone, speriamo, il carattere di eccezionalità, qualche riflessione ci viene da farla comunque. Sembra che ci sia nell'aria, oltre alla follia, anche una diffusa incapacità di vivere ognuno la propria vita. Un'incapacità, così violenta e assoluta, da indurre qualcuno di noi a immedesimarsi totalmente in un personaggio altro, meglio se assolutamente fantastico, sublimando così la necessità di attraversare in volo lo spettro del reale per gettarsi nel vuoto di una fantasia malata. Salvo tornare sulla terra per il "body count", la conta dei morti. Che questo non sia il migliore dei mondi possibili ci pare evidente, ma certi mondi fantastici, quando s'avverano nel quotidiano, sono assolutamente peggio. La Nuova Provincia di Biella 16 Sabato 21 luglio 2012 MUSICA Yma Sumac, Dean Martin, Sergio Caputo, Pizzicato Five, Cornelius, Riz Ortolani MUSICA DA BERE D’ALTRI TEMPI La Cocktail Generation degli anni ‘90 tra lounge music, easy listening e latin Sul finire degli anni '90, una volta digerita l'abbuffata alternative rock con Seattle e il grunge fari illuminanti di un punk rock ruvido e di ritorno dalle passate derive garage, ci si rilassa alla grande e ci si siede in poltrona con un cocktail in una mano e un disco nell'altra. «Nel momento in cui l'"alternative rock" è divenuto "mainstream", da classifica, il suono che un tempo rappresentava l'essenza stessa del "mainstream" (Frank Sinatra, Yma Sumac, Carla Boni, ecc.) è divenuto profondamente "alternativo". Allo stesso modo gli artisti della Generazione Cocktail si sono trasformati nella più rivoluzionaria e imprevedibile incarnazione dell'"alternative rock"». È quindi d'accordo con noi anche Francesco Adinolfi che così descrive il momento in "Mondo exotica - suoni, visioni e manie della Generazione Cocktail" (Einaudi, 2000). È infatti il suo il testo di riferimento che riporta la più ampia riflessione su un fenomeno così strambo: oltre 500 pagine di rimandi e riferimenti sui suoni che si sono mescolati in quegli anni lungo la via dello shaker. In realtà certe avvisaglie nostrane risalgono al decennio precedente con il successo di Sergio Caputo, e soprattutto dei suoi "Un sabato italiano" del 1983 e "Italiani mambo" nel 1984. Il riferimento alla "Cocktail Music" è così esplicito che, oltre a far navigare le sue intriganti e moderniste liriche in un mare di pop-swing, nella copertina interna del disco (ancora si ragionava in vinile e 33 giri) Caputo indicava le ricette dei suoi cocktail preferiti abbinandone uno per canzone. Non perderà le buone abitudini in seguito titolando dischi come "Storie di whisky andati", canzoni come "Non bevo più tequila" e raccolte come "Swing & soda" e, appunto, "Cocktail". Resta comunque uno tra gli autori più spigliati e intellettualmente frivoli che la musica leggera italiana abbia avuto. Ma, come dicevamo, e diceva Adinolfi, è soltanto sul finire dei '90 che la Cocktail Music tiene fede a se stessa miscelandosi in una serie infinita di combinazioni in bilico tra passatismo e modernismo. Cocktail music, easy listening, lounge music e latin ridisegnano il panorama delle sonorità che contamineranno le produzioni di quegli anni. Anche l'immaginario iconografico ne viene influenzato, e l'e- stetica legata al modernariato dilaga in un'ostentazione di piacevoli feticci vintage: dall'abbigliamento ai party a tema, dall'arredamento ai complementi d'arredo, fino agli strumenti (l'organo Bontempi!). Se è dagli Stati Uniti di certa America fascinata dal mito hawaiano dei film di Elvis che importiamo il gusto per l'exotica - altro sottogenere utile alla bisogna -, è dal Giappone che un'onda anomala di moderno vintage (non spaventi l'ossimoro) ci travolge: Cibo Matto, Cornelius, Pizzicato Five sono solo la schiuma che sovrasta l'imponenza di questa massa d'acqua che metabolizza tutta la musica plastica possibile per ritornarcela colorata di suoni decisamente nuovi. Ma anche l'Italia fa la sua parte, con la rivalutazione estetica e tecnico musicale di certe armonie e melodie da balera officiata dai Montefiori Cocktail in testa, fino a praticamente tutta la produzione dell'Irma records di quegli anni, etichetta discografica che, del genere, deteneva l'assoluto monopolio di un catalogo che rimescolava a sua volta con l'elettronica l'immaginario dei Sessanta, dei suoi film, dei suoi oggetti, delle sue colonne sonore. In casa assistiamo al recupero di Riz Ortolani, di certo Morricone, di Sam Paglia e dei "lati B" della cinematografia d'antan; d'oltre oceano riscopriamo la classe e il fascino di Henry Mancini, di Dean Martin e di Yma Sumac con Xavier Cugat sul versante latin. Tra i contemporanei dell'epoca che, con un buon anticipo, ne hanno ben rappresentato le intenzioni gli Style Council di Paul Weller e gli Everything but the girl di Tracey Thorn, mentre anche Matt Bianco ci mette del suo con un'attitudine tutta fa- scinosa. Il gioco si fece interessante anche sul lato delle cover, ovvero dei brani rock più o meno contemporanei riletti in chiave lounge da Mike Flowers Pop, per esempio, che strapazza goduriosamente Wonderwall degli Oasis, Ligh my fire dei Doors e tutti i Velvet underground in un medley easy listening di rara fattura. Poi fu il chill out e niente fu davvero più come prima: completamente persi per strada certa irriverenza e il totale gusto per l'ironia della Cocktail generation, i Buddha bar e tutta la pletora di compilation che lo seguirono appiattirono una scena che delle bollicine e dell'effervescenza aveva fatto carattere. Dopo è stata solo roba da fighetti annoiati, appoggiati al bancone con il cocktail insapore e intonato alla camicia griffata Lele Ghisio LIBRI E DISCHI “Mondo exotica – Suoni visioni e manie della Generazione Cocktail” Francesco Adinolfi (Einaudi, 2000) Dischi consigliati: Tutti i volumi della collana “Ultra-Lounge” della Capitol Tutti quelli della collana “Lounge music club” della Verve “Arriva la bomba” compilation e altre cose a caso di Irma Records La compilation “Cocktail – tea breaks twisters” della Polygram “Modern tunes for everybody” (Emi) degli italianissimi Flabby con un prezioso cameo vocale di Carla Boni “Mondo Cane” (Ipecac) Mike Patton rilegge gli anni ‘60 italiani BEVERONI Dieci Cocktail per assaggiare tutti gli altri Foto, ricette, storie e leggende dei drink più conosciuti al mondo Che sia stata la penna della coda di un gallo (in inglese: cock-tail) con cui i capitani inglesi mischiavano il contenuto del loro bicchiere o se invece fu laciotola delle uova (in francese: coquetier) in cui si serviva da bere a New Orleans a dare il nome “cocktail” si perde nelle pieghe del tempo. La cosa sicura è che in qualsiasi parte del mondo voi chiediate un Martini o un Moijto vi verrà appoggiato sul tavolo lo stesso tipo di bicchiere con le stesse misure degli ingredienti. I cocktail sono le prime bevande globali. Spesso e volentieri dentro il contenitore di vetro troviamo il mondo dal Sud al Nord. Sono cosmopoliti e cittadini del mondo. Il Cuba libre rappresenta un buon esempio di quest'anima complicata e spiritica. La Coca Cola, il prodotto simbolo dell'America, si mischia con il rum MARTINI 5.5cl Gin 1.5cl di Vermoth Dry Si prepara nel mixing-glass e si serve nella coppetta da cocktail, aggiungendo uno sprizzo di scorza di limone oppure un’oliva verde servita preferibilmente a parte. Cocktail per eccellenza, citato da cinema e letteratura, amato da dive e politici, la cui paternità è contesa da Francia, Inghilterra e Italia. In realtà mai prodotto fu più americano e sono dopo una giornata di lavoro si può gustare come si deve e lasciarsi andare alle proprietà benefiche di gin e vermuth dry che soli poco significano e insieme sono un mito. Scrive DeVoto: « I l M a rt i n i abita nelle grandi città, è un drink metropolitano. Non è fatto p e r e s s e re bevuto in riva a un ruscello di montagna e in mezzo alla natura, non è a suo agio all’aria aperta o in una capanna». di Cuba, altro contro-simbolo dell'imperialismo americano. C'è tutta la Storia e tutta una storia dentro a questi bicchieri. Il collettivo di scrittori che si riunisce sotto la firma “Tom Collins” ne ha messe su carta una decina: “I dieci cocktail che sconvolsero il mondo” e noi proviamo a sintetizzarle nelle schede più sotto. Abbiamo integrato il tutto con le dosi dettate dal ricettario Iba (international bartender asso- ciation) giusto per non essere tacciati di iconoclastia. Un’ultima cosa: sarebbe buona norma, per non uccidere i cocktail e rendere la vita del barman più accettabile, evitare di sporgersi oltre il bancone e urlare: «Fammelo carico». Abbiate il coraggio delle vostre azioni, prendete un gin e risparmiatevi il costo della Lemonsoda. Oppure lasciate fare al barista che è meglio per tutti. BLOODY MARY 4.5cl Vodka 9.0cl Succo di pomodoro 1.5cl Succo di limone DAIQUIRI 4.5cl Rum Bianco 2.0cl Succo di limone o lime 0.5cl Sciroppo di zucchero MANHATTAN 5.0cl Rye o Canadian whisky 2.0cl Vermouth rosso 2 gocce di Angostura Bitter MARGARITA 3.5cl Tequila 2.0cl Cointreau 1.5cl Succo di limone o lime In un bicchiere tipo highball versare due gocce di Worchestershire Sauce, tabasco, sale e pepe e gli altri ingredienti. Girare delicatamente con uno stirrer. Si può anche guarnire con sale di sedano e una fettina di limone. Nasce come antidoto a una sbronza e come pozione in grado di mascherare i fumi dell'alcool nel fiato del bevitore. Conteso fra un barman francese, Fernard Petiot e l'attore americano George Jessel, fa il suo ingresso nei bar agli inizi del Novecento. Il nome Bloody Mary anche se ha tante ispirazioni a seconda di che leggenda porti alla nascita del cock t a i l , è c omunque un gioco di parole legato alla regina inglese Maria I Tudor detta la sanguinaria per aver mandato al patibolo 3 0 0 p r o t estanti. Mica noccioline. Si prepara nello shaker e si serve in una coppetta cocktails raffreddata. Anche il Daiquiri, come il Bacardi, non prevede decorazione. Il Daiquiri nasce a Cuba e se i suoi primi vagiti come al solito sono legati ad almeno tre leggende diverse, nel 1914 all'Avana nel locale “El Grande Costante”, il barman Constantino Ribalaigua Vert serve il “Daiquiri Floridita” tanto che il suo locale viene ribattezzato “La cuna del Daiquiri”(la culla del Daiquiri). Era il cocktail preferito dallo scrittore Ernest Hem i n g w a y, che nei momenti migliori ne beveva due contemporaneamente tanto da battezzarne entrambe le varianti: “Hemingway Special” o “Hemingway Daiquiri”. Si prepara nel mixing-glass con ghiaccio e si serve nella coppetta a cocktail, con una ciliegina al maraschino. È il cocktail più americano che ci sia, perché richiede come ingrediente essenziale soltanto whisky prodotto negli Usa e perché lega il suo nome all’omonima isola sull’Hudson, primo nucleo urbano della città simbolo degli Stati Uniti e quartiere celebrato anch’esso in mille film e libri. Da Woody Allen a Breat Eston Ellis, passando per Paul Auster. Leggenda vuole che nasca al Manhattan Club durante la festa organizzata per l'elezione del governatore che sconfisse il boss delle strade di allora: Tammany Hall (Il protagonista di “Gang of New York” di Martin Scorsese). Si prepara nello shaker e si serve in una coppetta cocktail. Si “orla” tutta la coppetta con del sale. In Italia c’è l’abitudine di orlare solo una parte del bordo: questo secondo il gusto del cliente. Per via della tequila, il Margarita è anche e soprattutto Messico! Un Messico a uso e consumo degli americani e dei tanti turisti stipati in mutande a Cancún, ma pur sempre di Messico si tratta. Nasce in parecchi posti e nemmeno uno; chi dice in onore di Rita Hayworth, che in realtà si chiamava Margarita Carmen Cansino, chi per mano di Carlos Herrera, detto Danny, barman di Tijuana, per compiacere la giovane attrice Marjorie (cioè Margarita) King, che era allergica a quasi tutti i superalcolici eccetto la tequila. Un cocktail d’amore quindi. La Nuova Provincia di Biella 17 Sabato 21 luglio 2012 Metticcio cocktail LA SOCIETÀ MIGLIORE È SEMPRE LIQUIDA Un Negroni è fatto di tre parti uguali di Bitter Campari, vermouth rosso, gin, mescolati in un bicchiere old fashioned. Se si ricostruisce la storia di questi tre elementi e se poi la si mette in relazione con quella del “padre” da cui questo cocktail discende ovvero “l'Americano”, in una sorta di antropologia culturale alcoolica si può intuire come i cocktail rappresentino una buona sintesi di quello che dovrebbe essere la società del futuro. Non è una provocazione iperbolica data dal troppo sostare davanti al bancone. Il meticciato è la possibile spinta verso un modo di pensare alle differenze culturali senza annullarle o isolarle nella teca del multiculturalismo. Ora prendiamo tre bicchieri uguali e dentro al primo versiamo della vodka, nel secondo del liquore al caffè e in quello rimasto della crema di latte. Beviamoli in sequenza. Una brutta serata vero? Eppure non abbiamo fatto altro che applicare il multiculturalismo e cioè una visione orizzontale e differenzialista delle culture, cosa che è di moda nell'Occidente odierno, rovinandoci completamente un favoloso white russian. Il progressismo veste spesso i panni del multiculturalismo: a ognuno il suo spazio. Questo però porta, come descrive molto bene Paolo Gomarasca, docente e ricercatore di filosofia dell'università Cattolica di Milano, a una sorta di non luogo. Anche i centri commerciali applicano lo stesso meccanismo, un'offerta variegata di cose diversissime fra loro, in uno spazio che perde qualsiasi connessione sia con ciò che offre, sia con chi lo frequenta. Rimane solo un rapporto meramente commerciale dove le culture si azzerano e si dissolvono come un timido fantasma. Mai s'incontrano. Prendiamo un bicchiere tipo highball (quei cilindri di vetro alti e tozzi) e versiamoci per tre quarti della Vo d k a, u na spruzzata di succo di pomodoro e versiamo dentro una scorza di limone triturata. Ora ser ve una buona dose di coraggio per sorseggiarlo. Questa è la c o l o n i z z a z i o n e. Nelle sue parti di NEGRONI 3.0cl Bitter Campari 3.0cl Vermouth rosso 3.0cl Gin Si prepara direttamente in un old fashioned con ghiaccio. Si mescola e si guarnisce, infine, con mezza fetta d’arancia. È facoltativa una spruzzata di soda water. Cocktail tutto italiano che prende come base l’americano e gli aumenta la gradazione alcoolica; uno dei più serviti all’ora dell’aperitivo. 1920, Firenze. Il conte Camillo Negroni, chiede a Fosco Scarselli, giovane barman che sa quello che fa, un “rinforzo” per il suo “Americano”, a base di vermut rosso e bitter Campari. Ci aggiunge una spruzzatina di seltz o soda. E come rinforzo un terzo alcolico, il gin. Ecco come nasce il Negroni. Nobile cocktail fiorentino. meticciato giuste, questo bicchiere sarebbe un gustosissimo Bloody Mary invece messo così è pura sopraffazione della vodka nei confronti del pomodoro e il limone triturato non entra in connessione con gli altri due ingredienti perché andrebbe spremuto. Mancano poi all'appello sale, pepe e tabasco. Convinti che il colonialismo sia stato in qualche modo un incontro tra culture, impari nei pareri più illuminati, dobbiamo arrenderci al fatto che sia un'egemonia di una cultura sopra un'altra. Non solo, anche le istanze di preservazione portate dai Paesi colonizzati nell'ultimo secolo sono frutto anch'esse di questa egemonia. L'Occidente influenza, attraverso un imposizione di valori e di etica, l'essenza del significato di “cultura”. La stessa parola implica un timbro post-coloniale. Goramasca parla di movimento “assimilazionista” che tende a eliminare tutte le differenze, riducendole al dominio della cultura dominante, la nostra insomma. Quindi non sono sufficienti gli strumenti che abbiamo per comprendere a fondo il metticiato. Serge Gruzinski, storico francese, scrive: «Un’antropologia alleggerita dal fascino per il selvaggio e una sociologia sensibile ai mescolamenti dei modi di vita e degli immaginari ci fanno capire la portata e il senso dei mescolamenti che si sviluppano sotto i nostri occhi. Ma forse una disciplina non è sufficiente a venire a capo della questione dei meticciati, ci vorranno delle scienze nomadi, pronte ad andare dal folclore all’antropologia, dalla comunicazione alla storia dell’arte». Noi proponiamo, tra il serio e il faceto, un'antropologia “Cocktail”, dove il mischiare, porta alla costruzione della società. Scontro di civiltà? Possibile, anche perché, come dice l'antropologo Ernesto De Martino, il relativismo a cui andiamo incontro ci costringe a praticare una sorta di “etnocentrismo critico” che si allontani in qualche modo dalla dicotomia Occidente/Resto del mondo. Dove le istanze del secondo sono CUBA LIBRE 5.0cl Rum bianco 10.0cl Cola Si versano gli ingredienti direttamente in un bicchiere tipo highball riempito con ghiaccio. Si aggiunge infine una fettina di lime. Favorito dal proibizionismo, periodo che fece la fortuna di tantissimi cocktail, veniva usato dai gangster per camuffare e importare il rum che prendeva aspetto e profumo della cola in modo da non poter essere riconosciuto. Il Cuba libre sbarcò in America negli anni '20 e da li fu una marcia trinfale alla caduta del proibizionismo. Non sono fu in grado di imporsi al bancone ma arrivò a scalare le classifiche dei dischi nel 1944 con la canzone del trio The Andrews Sisters, “Rum and Coca-Cola”, che rimase in vetta alle c l a s s i f i ch e per 30 settimane. uguali e contrarie a quelle del primo, distanti da una qualsiasi forma di meticciato. Gruzinski propone il modello della nebulosa che si contrapponga alla visione della storia come insieme di movimenti lineari. La nozione di cultura - sostiene lo storico - è nata dentro un’ottica evoluzionistica, per cui è come se ogni tappa della storia dell'uomo sorgesse da quanto contenuto nel passaggio precedente, relegando così i mescolamenti come fenomeni di tipo transitorio e secondario a favore di un'idea di ordine prestabilito. Il cosiddetto “ritorno alla normalità” è di per se aleatorio. I meticciati dunque - aggiunge l’autore - sono complessi e imprevisti per cui appartengono a una categoria di oggetti di difficile percezione per lo storico. Da qui alla nostra formazione identitaria la strada è breve. Supponiamo di sederci al bancone per l'ennesima volta e di ordinare un Cuba Libre al barman, o bartender se ci sentiamo particolarmente americani, e di chiedergli di sostituire la cola con il chinotto. Scandalo nel locale. Un uomo di mezza età prova a scendere dallo sgabello e cerca di colpirci tanto è il disprezzo che prova nei nostri confronti. Un gruppo di avventori inizia a parlottare e sorridere al nostro indirizzo, altri che ci sedevano accanto prendono posto da un'altra parte. Il barman, in mancanza di un buon argomento, ci prepara MOJITO 4.0cl Rum bianco 3.0cl Succo di lime 3 foglioline di menta 2 cucchiaini di tè di zucchero di canna Soda Water Si adagia sul fondo al bicchiere la menta con zucchero e succo di lime e si pesta delicatamente per far sprigionare l’essenza. Si aggiunge il rum e si colma con soda water. Si guarnisce con foglioline di menta. Una delle prime ricette scritte del Mojito, anzi del “Cuban Mojo”, appare nel 1931 nel libro Cuban cookery, gastronomic secrets of the tropics, with an appendix on cuban drinks di Blanche Zacharie de Baralt, una newyorchese dalla cultura cosmopolita che si era innamorata di un medico cubano, di L’Avana, e della cucina locale. Se i natali sono incerti meno è il luogo di nascita: Cuba. questo cocktail e ce lo serve con enorme disappunto. Bene, cioè male, perché faremo molta fatica a uscire dal locale senza incorrere in qualche episodio più o meno grave d'intolleranza, ma in quel preciso istante abbiamo chiesto una variazione in favore di un'affermazione della nostra identità che si rispecchia molto di più nel mischiare il rum con il chinotto. Certamente in quel momento abbiamo decretato la fine del Cuba Libre, un meticcio, a favore della nascita di un nuovo meticcio. Uscendo dal grottesco e portando la stessa situazione nel quotidiano, possiamo solo ricordare quante discussioni ancora oggi suscita un bacio tra persone dello stesso sesso. Oppure il matrimonio tra due persone appartenenti a religioni diverse. L'omosessualità, come l'eterosessualità, fa parte di quella divisione in generi che classifica sempre in modo lineare le ipotetiche diverse componenti della società. Barak Obama nel suo discorso di vittoria delle presidenziali fece tutto un lungo elenco di generi: giovani, vecchi, ricchi, poveri, democratici, repubblicani, neri, bianchi, ispanici, asiatici, indigeni americani, gay, eterosessuali, disabili e non disabili. Quest'ultima categoria, scappata forse per un eccesso di retorica dicotomica, racconta molto su come vediamo e leggiamo il mondo. Nelle lotte per i diritti come dobbiamo com- KIR 9.0 cl Vino bianco secco 1.0 cl Crema di Cassis Si prepara direttamente nella flûte, versando prima la Crème de cassis e infine colmando con vino ben freddo. In alternativa si può usare un bicchiere a calice per vino. Questo cocktail ha un padre sicuro: il canonico Félix Kir, abitante della Borgogna francese, e personaggio pittoresco e di spicco della prima metà del Novecento francese. Un uomo tenace e impossibile che si innamora del gusto del “blanc cassis” e ne fa una ragione di vita. Presto o tardi lo fa assaggiare, tra gli altri, al generale De Gaulle e all’allora nunzio apostolico della Santa Sede a Parigi, Angelo Roncalli, poi Giovanni XXIII. Nella traslazione da bevanda regionale a bevanda internazionale prende il nome del suo sostenitore. portarci? Dobbiamo sostenere le differenze oppure non dobbiamo sostenerle? Jurgen Habermas, sociologo tedesco, scrive:«Non occorrono altri modelli, basterebbe realizzare fino in fondo il sistema dei diritti, e certo questo non può accadere senza lotte politiche e movimenti sociali». Intervenire a livello legislativo o attraverso risoluzioni burocratiche su questioni che riguardano il riconoscimento reciproco non solo è fuorviante, ma mette in serio pericolo il vero senso del meticciato che si genera dove non è messa più in discussione l'unicità dell'essere umano come molecola di un sistema più grosso non confinante in generi, categorie o razze. È la cittadinanza attiva che ha la possibilità di mettere in moto il processo di mescolamento che porterà alla nostra società cocktail. Questa è la vera e unica sfida al bancone della società mondiale. Su i bicchieri, siate liquidi e non liquefatti. Emanuele Policante I LIBRI DI PAGINA TR3 “Meticciato, convivenza o confusione” di Paolo Gomarasca (Marcianum Press, 2009) ?Passeurs culturels. Mécanismes de métissage? Benat Tachot Louise, Gruzinski Serge (Maison des sciences de l’homme, 2001) “Multiculturalismo, lotte per il riconoscimento” di Jungen Habermas (Feltrinelli, 2008) SPRITZ 6 cl di prosecco 4 cl di Aperol, Select o Campari acqua di seltz uno spicchio di arancia Si riempie il bicchiere old fashioned di cubetti di ghiaccio, ponendoci sopra uno spicchio di arancia. Quindi si versa la dose di prosecco e si inietta una spruzzata di seltz. Infine si aggiunge l’Aperol, facendo compiere alla bottiglia alcuni movimenti circolari. Jerry Thomas, nel suo manuale ovvero “Il grande libro dei drink”, pubblicato nel 1862 sostiene che questo è un drink tedesco. Lo Spritz nasce infatti nei territori dell’Impero austro-ungarico, ed è una bevanda di matrice popolare. Non viene elaborato, a differenza degli altri cocktail, nei club o in locali raffinati, ma in ogni angolo della città in cui si apre una locanda o un bar. La Nuova Provincia di Biella 18 Sabato 21 luglio 2012 FOTOGRAFIA Lorenzo Pesce e Alex Majoli La città è uno shaker Lavoro e mostra sui trasporti pubblici di Milano Nel 2008, Atm, l’azienda che si occupa dei trasporti a Milano, commissiona alla fondazione Iulm una ricerca sociologica sull’integrazione multietnica nel capoluogo lombardo. L’obbiettivo è quello di conoscere meglio gli utenti del servizio e di capire quanto le reti del trasporto urbano siano percepite sicure. L’indagine prende in considerazione i mezzi pubblici, visti come luoghi di contatto e contenitori itineranti di storie di passaggio; preleva un campione di persone, sia italiane che straniere, analizza le impressioni che hanno nei viaggi affrontati quotidianamente, valuta lo stress provocato dall’affollamento e come questo possa portare all’esasperazione di certi sentimenti di intolleranza, tensione e chiusura fino a vere e proprie discriminazioni. Parallelamente Atm si rivolge all’agenzia fotografica Contrasto per avere anche un’interpretazione visiva del tema. Alla realizzazione del progetto vengono chiamati i fotografi Lorenzo Pesce e Alex Majoli che trascorrono tre mesi in giro per Milano. Tre mesi in cui esplorano non solo i mezzi pubblici, ma in cui entrano a contatto con le persone, che si lasciano fotografare anche nelle loro situazioni casalinghe e nei contesti sociali in cui vivono. In questo modo l’indagine non si ferma al racconto di storie di passaggio, ma permette di accedere ancor più alla psicologia dell’“altro”, dello sconosciuto che si incontra sul tram o in metro, che fa parte del tessuto sociale e vive, anch’egli, la città. Si incontrano, così, un sacrestano filippino laureato in psicologia, un insegnante bra- siliano di capoeira, un padre originario del Gambia sposato con una tedesca conosciuta proprio a Milano, alcune donne Rom che vivono in un campo nomadi non riconosciuto, danzatori allo spazio culturale “Fabbrica Del Vapore”, una studentessa svedese al Moda Lab dello Ied e tanti altri volti che compongono una nuova Milano. Il lavoro di Pesce e Majoli, composto da 40 immagini, è stato poi esposto alla Rotonda della Besana in una mostra che coglie lo spirito delle diverse culture e descrive una città che è cambiata e ancora cambierà Francesca Savino MIGRART Potete visualizzare alcune delle immagini di “Migrart” sul sito di Contrasto, progetti per la fotografia all’indirizzo: http://goo.gl/I3oBt SOTTORETE di Vieri Brini “È un cocktail d'amore con te, un cocktail d'amore con chi mi rinfresca la mente è tutto è niente chissà se è importante o dura un istante”. Queste parole, scritte dalla penna di uno dei maggiori rappresentanti della cultura trash italiana (Cristiano Malgioglio), compongono il ritornello della canzone “Cocktail d'amore”, datata 1980, cantato dalla compianta soubrette italiana Stefania Rotolo. Nata all'ombra del Colosseo nel 1953, da padre di origini pugliesi e madre austriaca, la Rotolo entra nel mondo dello spettacolo come ballerina facendo parte dei “Collettoni”, gruppo che accompagnava le esibizioni di Rita Pavone, per poi passare alla conduzione di alcuni programmi come “Piccolo Slam” e “Tilt” con il comico Gianfranco D'angelo. Proprio la sigla di quest'ultima trasmissione diventa una grande hit del periodo, grazie a un testo allusivo quanto basta per accendere le fantasie, e le conseguenti reprimende, dell'Italia bacchettona dei primi anni '80. Ad aggiungere benzina sul fuoco ci pensa un clip, che vede la cantante cimentarsi nel playback del brano mentre fa dei passi di danza in palestra, accompagnata da alcuni danzatori dagli abiti – francamente – imbarazzanti, per poi rispondere ad alcune domande “pepate” sui divi del cinema. http://goo.gl/yvKWO Se vi trovate al bancone di un locale e, dopo aver chiesto il vostro drink, vedete che il barista inizia a far roteare le bottiglie e gli shaker come se fosse un circense provetto, non vi dovete spaventare: il sopraccitato sta mettendo in atto alcune raffinate tecniche raccolte tutte alla voce “flair”. Lo stile “flair bartender” si divide in due tipologie: il “Working” e “l'Exhibition”. Il primo, caratterizzato dall'uso di bottiglie mezze piene, viene utilizzato per rendere più appariscente la preparazione di uno o più cocktail. Il secondo, come si deduce dal nome, è sinonimo di una vera e propria attività performativa a uso e consumo dei clienti, ma non finalizzata alla creazione di un drink. Per saziare la vostra curiosità bastano pochi click, quelli che vi permetteranno di vedere campioni “dietro al bancone” del calibro di Tom Dyer, Kristian Mihailin o David Matias Mengoni. http://goo.gl/qhoCq http://goo.gl/RMmOn http://goo.gl/B1rFM Americani e inglesi dicono “hangover”, i francesi “gueule de bois”, noi utilizziamo un più prosaico “post-sbornia”. Chi non si è mai trovato, almeno una volta nella vita, a dover affrontare il fatidico “giorno dopo”? Quello dove mal di testa, nausea, spossatezza e odio verso il creato si uniscono in un sol coro per ricordarci quanti cocktails abbiamo bevuto la sera prima. Come fare? Semplice, bevendo uno dei cinque cocktail proposti da Andrew Irving nel suo “Il metodo anti sbronza”. Provare per credere. In ogni caso si consiglia di tenere una bacinella a portata di mano: sbronzone avvisato, appartamento salvato. http://goo.gl/cm9w0 SVEGLIATI (iN) GIALLO! in collaborazione con: www.rigagialla.it è un sito di facile e immediata consultazione, completamente GRATUITO e utile, studiato per reperire con un click informazioni e recapiti di attività e professionisti (più di 30.000 suddivisi per categorie), che offrono servizi ai cittadini sul territorio locale. BISOGNO DI PIÙ (iN) Metti EVIDENZA la tua azienda con offerte VISIBILITÀ? a partire da euro 150! iNetweeK • Il Primo Circuito di Media Locali • Tel. 039.99891 • email: [email protected] • [email protected]