Il reprocessing degli endoscopi

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Il reprocessing degli endoscopi
Standard of Practice
Marco Esposito1 e Giorgia Zamboni2
con la supervisione di M. de Bellis e A. Gabbrielli
InTRODUZIONE
Negli ultimi anni si sono consolidate e standardizzate le
procedure di disinfezione degli endoscopi, allo scopo di
prevenire la trasmissione di infezioni. Pertanto, singole istituzioni, società scientifiche e rappresentanti dell’industria
medicale hanno espresso una serie di raccomandazioni
che hanno portato alla redazione di linee guida sul reprocessing degli endoscopi. Nel 1998 sono state pubblicate
per la prima volta in Italia le linee guida ad opera dell’ANOTE/ANIGEA al fine di razionalizzare le nozioni pratiche
sul reprocessing, sugli agenti disinfettanti e sulle lava-strumenti automatiche con l’obiettivo di uniformare le metodologie di disinfezione e sterilizzazione degli endoscopi
(1). Nel 2007 le linee guida europee sul reprocessing degli
endoscopi furono sottoposte ad una revisione nella quale
fu introdotto il principio della responsabilità infermieristica
in materia di reprocessing; l’infermiere deve:
• essere informato e conoscere tutte le procedure
effettuate in endoscopia
• svolgere il suo lavoro in autonomia
• essere consapevole del proprio ruolo nelle varie
fasi del reprocessing degli endoscopi (2).
Nel 2011 il gruppo di lavoro ANOTE/ANIGEA ha effettuato
una survey, somministrando un questionario agli infermieri
dei servizi di endoscopia distribuiti sul territorio nazionale
(3). I dati raccolti con questa survey hanno fatto rilevare la
presenza di criticità da parte degli operatori sulle diverse
fasi del reprocessing degli endoscopi ed hanno evidenziato i dubbi espressi dagli infermieri sull’importanza della
fase di detersione manuale.
Reprocessing degli endoscopi
Ogni esame endoscopico deve essere privo di rischi di
trasmissione di infezioni, cioè ogni strumento o accessorio utilizzato deve essere privo di carica infettiva tale
da contaminare il paziente. I rischi infettivi connessi con
una procedura endoscopica sono infatti correlati al riuti-
lizzo degli endoscopi nella pratica quotidiana, che comportano il rischio di esposizione a fluidi corporei (sangue, pus ecc.) e a patogeni trasmissibili (4). In base alla
classificazione di Spaulding, gli endoscopi sono classificati come dispositivi semicritici, per i quali è prevista la
pratica dell’alta disinfezione (5). La disinfezione ad alto
livello è capace di inattivare tutte le forme vegetative
dei batteri, microbatteri, funghi, virus, ma non necessariamente tutte le spore batteriche. Secondo le linee
guida dell’American Society for Gastrointestinal Endoscopy (ASGE) e dell’European Society of Gastroenterology and Endoscopy Nurses and Associates (ESGE ESGENA) gli endoscopi devono essere adeguatamente
disinfettati tra un esame endoscopico e l’altro, anche
nella stessa giornata, per evitare il rischio infettivo (6-7).
La disinfezione degli endoscopi era inizialmente una
procedura manuale che non garantiva una standardizzazione della procedura, con la possibilità di un’ incompleta disinfezione e conseguenti rischi infettivi e/o
chimici per il paziente e per l’operatore (1). L’introduzione nella pratica clinica delle moderne apparecchiature automatiche (lava-endoscopi) ha automatizzato le
procedure di disinfezione degli endoscopi, rendendo
possibile la standardizzazione delle diverse fasi del reprocessing, riducendo i rischi per gli operatori sanitari
ed aumentando il profilo di sicurezza del processo di disinfezione (3). Le lava-endoscopi devono essere in grado di svolgere un ciclo di auto-disinfezione (processo
di auto-sanificazione della camera di lavaggio) ed avere
in dotazione tutto il necessario per il collegamento ad
ogni tipo e marca di endoscopio presente sul mercato.
Il reprocessing degli endoscopi può essere definito come l’insieme delle modalità di trattamento degli strumenti, con l’obiettivo di garantire una prestazione sicura
per il paziente e per l’operatore. Il processo di decontaminazione e disinfezione degli strumenti endoscopici
per risultare efficace deve essere effettuato secondo
una sequenza prestabilita e costante, in cui un’accurata pulizia manuale, con allontanamento meccanico
della maggiore quantità possibile di materiale organico,
è la premessa indispensabile per un corretto processo
1S.C. Endoscopia Diagnostica ed Operativa, Istituto Nazionale Tumori, Fondazione Pascale, IRCCS di Napoli
2UOC Gastroenterologia, USO Endoscopia Digestiva, Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona
Giorn Ital End Dig 2016;39:43-46
SoP
Il reprocessing
degli endoscopi
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Tabella 1 Fasi del reprocessing degli endoscopi
1 Prelavaggio
2 Pulizia manuale (detersione)
3 Risciacquo
• Risciacquo: deve essere fatto per rimuovere il
detergente in modo da non interferire con la disinfezione. Nel caso la disinfezione sia manuale,
bisogna asciugare lo strumento.
4 Disinfezione
5 Risciacquo
6 Asciugaura
7 Stoccaggio
di alta disinfezione (tabella 1) (3). Nessuna delle fasi, di
seguito elencate ed illustrate, deve essere tralasciata o
eseguita in modo affrettato ed approssimativo.
Tutte le fasi del reprocessing degli endoscopi devono
essere adeguatamente registrate e documentate, con
la firma dell’operatore che lo ha eseguito.
• Prelavaggio: deve essere effettuato immediatamente alla fine dell’esame e prima di scollegare
l’endoscopio dalla fonte luminosa, immergendo la
parte distale dello strumento in acqua e detergente per poi aspirarli in modo da espellere sangue,
detriti, materiale biologico e impedire che i canali
dello stesso si possano ostruire. Fatto ciò lo strumento deve essere staccato e portato, in contenitori rigidi, nella sala lavaggio.
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• Pulizia manuale: dopo aver testato che lo strumento non abbia riportato danni durante l’esame
endoscopico, si procede alla pulizia, smontando
le valvole e lavando con acqua e detergente enzimatico la parte esterna dello strumento, i canali
interni, le valvole e il terminale dell’endoscopio con
l’aiuto di spazzolino e siringa da 30 cc. Lo spazzolino deve essere ripulito, dopo ogni introduzione, le
sue setole dovranno essere ripulite sotto un getto
di acqua, per evitare la ricontaminazione retrograda. Sono attualmente in commercio spazzolini
con più setole o sistemi con soluzioni diverse delle
setole, ad esempio dischetti, o ancora microsfere
che vengono aspirate attraverso il canale insieme
al detergente rimuovendo così lo sporco. Il detergente usato può essere enzimatico e/o contenere delle sostanze antimicrobiche (quest’ultimo
è utilizzato soprattutto quando si procederà alla
disinfezione manuale); inoltre si preferisce un detergente non schiumoso in quanto la schiuma può
interferire con il processo di lavaggio stesso. Non
dovrebbero essere usati detergenti contenenti alcool o aldeidi che possono denaturare le proteine,
le quali, precipitando, possono fissarsi allo strumento e ostruirne i canali. Devono essere anche
considerate le caratteristiche dell’acqua che viene
utilizzata nelle fasi di lavaggio; infatti la "durezza"
(cioè la quantità di calcio e magnesio presenti)
può modificare l’attività del detergente e richiedere una diversa diluizione (bisogna sempre attenersi
alle indicazioni scritte in etichetta dei prodotti). La
durezza dell’acqua può, a lungo andare, anche
danneggiare gli strumenti endoscopici, causando
la precipitazione del detergente che risulta più difficile da rimuovere.
• Disinfezione: per disinfezione ad alto livello si intende una procedura che inattiva le forme batteriche
e quelle virali, ma non necessariamente le spore
batteriche. La disinfezione è di prassi eseguita con
lavaendoscopi solo dopo che gli endoscopi sono
stati sottoposti al processo di prelavaggio e detersione. Le macchine sono dotate di slitte per il
collegamento degli strumenti così da far entrare in
contatto con il disinfettante sia la superficie esterna che i canali interni dell’endoscopio. Il ciclo della
macchina, che può durare dai 25 ai 40 minuti,
prevede varie fasi (tabella 2). Per quanto riguarda i disinfettanti utilizzati le linee guida concordano
sul fatto che questi debbano essere utilizzati alla
giusta temperatura, alla giusta concentrazione e
secondo le istruzione dei fabbricanti. Inoltre, devono essere compatibili con gli endoscopi e gli
accessori, non irritanti e sicuri per gli operatori.
• Asciugatura e stoccaggio: le superfici interne ed
esterne dell’endoscopio, le valvole e gli accessori
di disinfezione devono essere asciugati completamente in modo da evitare la ricrescita di microorganismi presenti nell’acqua residua. L’asciugatura
dovrebbe essere eseguita con aria filtrata (filtro 0,2
micron) o di grado medicale ad una pressione
massima di 0,5 bar per non danneggiare i canali
interni degli strumenti. La maggior parte delle lavaendoscopi, seppure dotate di una fase di asciugatura, non assicurano la rimozione completa dei
residui di acqua. Pertanto, prima di stoccare gli
strumenti al termine della sessione lavorativa giornaliera, si raccomanda di asciugarli manualmente
e in modo completo. Sono attualmente in commercio vari tipi di armadi dotati di filtri e in grado
di mantenere un ambiente (temperatura, umidità)
tale da prevenire la proliferazione di microrganismi
patogeni durante periodi di stoccaggio prolungati. Non ci sono evidenze scientifiche che dimostrino la necessità di sottoporre a disinfezione gli
strumenti endoscopici all’inizio di ogni giornata
lavorativa, a patto che essi siano correttamente
disinfettati, asciugati e stoccati. Dall’altro canto
non sono disponibili neppure evidenze a supporto
della necessità di ri-disinfettare gli endoscopi anche dopo 48-72 ore di stoccaggio; i pochissimi
lavori pubblicati tendono anzi a confermare che,
a fronte di una corretta esecuzione delle fasi finali
del reprocessing, non si osserva ricrescita di germi
patogeni anche a distanza di alcuni giorni. ANOTE/ANIGEA suggerisce comunque di sottoporre
ad un altro ciclo di reprocessing gli endoscopi dopo 72 ore di stoccaggio (3).
• Asciugatura
• Disinfezione: lo strumento viene irrigato all’interno dei canali e
immerso nel disinfettante per il tempo prestabilito
• Svuotamento: il disinfettante viene scaricato e riciclato dopo
essere passato in filtri, oppure definitivamente scaricato a fine ciclo
• Risciacquo
• Asciugatura: questa può essere programmata dall’operatore
che può decidere di fare un’asciugatura più breve se lo strumento
deve essere subito riutilizzato, oppure più lunga se deve essere
riposto nell’armadio a fine giornata.
La problematica del
reprocessing dei duodenoscopi:
dalla teoria alla pratica
Il duodenoscopio è tra gli endoscopi quello con struttura più complessa per la presenza a livello del puntale di
una struttura specifica, utilizzabile per la modificazione
dell’angolo dei cateteri, chiamata elevatore e del canale
associato ad essa.
Questa complessità costruttiva ne rende più difficoltoso
anche il reprocessing. La maggiore difficoltà ha contribuito ad un più alto rischio di infezione se paragonato
al rischio associato agli strumenti convenzionali (gastroscopi e colonscopi). Il rischio di infezione è stato per
molti anni sottostimato, con poche modificazioni nelle
linee guida del reprocessing dedicate specificamente al
duodenoscopio.
La sempre più frequente emergenza di organismi multiresistenti ai carbapenemi (quali le Entrobacteriacee
comprendenti Klebsiella pneumoniae e Escherichia coli) responsabili di infezioni correlate all’uso dei duodenoscopi è stata messa in evidenza in numerosi report
pubblicati recentemente. La causa di queste infezioni
è stata associata, in alcuni lavori, ad una inadeguato
trattamento di reprocessing ma è stata riportata anche
dopo corretto processo di disinfezione.
Nel Febbraio del 2015 la FDA ha comunicato che il rischio di trasmissione di infezione può essere presente
malgrado le istruzioni precise di reprocessing consigliate dalle case costruttrici (8). In un recentissimo lavoro
pubblicato su Gastrointestinal Endoscopy (9) si riportano gli eccellenti risultati ottenuti dal gruppo endoscopico di Seattle mediante il posizionamento dei duodenoscopi in quarantena (in attesa delle risposte degli esami
batteriologici ottenuti in 48 ore) sino ad ottenimento di
esami culturali negativi. Solo a questo punto gli endoscopi potevano essere riutilizzati.
standard of practice
• Prelavaggio
A questo processo veniva associato un miglioramento
della ergonomia della zona di reprocessing, manutenzione corretta e sistemica degli endoscopi e sorveglianza stretta dei pazienti.
Nelle conclusioni era sottolineata l’importanza, in attesa di modifiche alla costruzione dei duodenoscopi, di
eseguire controlli batteriologici per essere sicuri della
assenza di batteri patogeni dopo l’esecuzione di una
disinfezioni di alto livello.
La fase di pulizia manuale del duodenoscopio è di fondamentale importanza al fine di ridurre al minimo il rischio di contaminazione: deve essere spazzolato con
particolare cura lo spazio intorno all’elevatore muovendolo dalla posizione tutto “down” a tutto “up” con l’endoscopio in immersione. Per questa procedura devono
essere utilizzati spazzolini dedicati di diametro ridotto.
Lo stesso trattamento deve essere eseguito nel canale
dove scorre la guida che mobilizza l’elevatore. Al termine della procedura sempre con il duodenoscopio in
immersione deve essere effettuato un lavaggio forzato
con siringa ad elevatore abbassato e poi alzato. Quando il duodenoscopio è posizionato nella lavaendoscopi
l’elevatore deve essere orientato a 45°. Si raccomanda, comunque, di contattare la casa produttrice dello strumento per verificare le procedure di lavaggio e
disinfezione del duodenoscopio, alla luce delle recenti
evidenze scientifiche.
Conclusioni
Il reprocessing degli endoscopi può essere definito come l’insieme delle modalità di trattamento degli strumenti
con l’obiettivo di prevenire il rischio infettivo, per il paziente e per l’operatore: deve essere eseguito secondo tappe ben precise, che se non attentamente seguite possono portare ad un fallimento della disinfezione stessa e al
rischio di infezioni per i pazienti e per gli operatori.
Take home message
•I rischi infettivi connessi con una procedura endoscopica
sono correlati al riutilizzo degli endoscopi nella pratica quotidiana
•Gli endoscopi sono dispositivi semicritici, per i quali è prevista la pratica dell’alta disinfezione
•Un’accurata pulizia manuale è la premessa indispensabile
per un corretto processo di alta disinfezione
•L’uso routinario delle lava-endoscopi ha standardizzato le
diverse fasi del reprocessing, aumentando il profilo di sicurezza del processo di disinfezione
•Specifiche procedure devono essere seguite per il reprocessing del duodenoscopio a causa della complessità costruttiva dell’endoscopio
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Tabella 2 Fasi della disinfezione automatica
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Corrispondenza
Marco Esposito
S.C. Endoscopia Diagnostica ed Operativa
Istituto Nazionale Tumori, Fondazione Pascale, IRCCS
Via Mariano Semmola - 80131 Napoli
Tel. + 39 081 5903228
Fax + 39 081 5903824
E-mail: [email protected]
GIORGIA ZAMBONI
USO Endoscopia Digestiva
Cattedra di Gastroenterologia
Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata (AOUI) Verona
P.le L.A. Scuro, 10 - 37134 Verona
Tel. + 39 0458 124148
Fax + 39 0458 124898
E-mail: [email protected]
Bibliografia
1.Associazione Nazionale Operatori Tecnologie Endoscopiche (ANOTE).
Linee guida pulizia e disinfezione in Endoscopia, 1998.
2.Beilenhoff U, Neumann CS, Rey JF et al. ESGE-ESGENA guideline
for quality assurance in reprocessing: microbiological surveillance
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testing in endoscopy. Endoscopy 2007;39:175-81.
3.Associazione Nazionale Operatori Tecnologie Endoscopiche (ANOTE).
Linee guida pulizia e disinfezione in Endoscopia, 2011.
4.Seoane-Vazquez E, Rodriguez-Monguio R, Visaris J t al. Endoscopyrelated infections and toxic reactions: an international comparison.
Endoscopy 2007;39:742- 46.
5.Favero MS, Bond WW. Disinfection of medical and surgical materials.
In: Block SS, editor. Disinfection, sterilization, and preservation.
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6.ESGE-ESGENA guideline: Cleaning and disinfection in gastrointestinal
endoscopy. Endoscopy 2008;40:939-57.
7.American Society for Gatrointestinal Endoscopy (ASGE) Society
for Healthcare Epidemiology of America Multisociety guideline on
reprocessing flexible gastrointestinal, endoscopes, Gastrointestinal
Endoscopy 2011;73:1075-84.
8.U.S. Food and Drug Administration. Design of endoscopic retrograde
cholangiopancreatography (ERCP) duodenoscopes may impede
effective cleaning: FDA safety communication (internet). Silver
Springs: U.S. Food and Drug Administration 2015; cited 2015 Sep 7
9.Ross AS, Baliga C, Verma P et al. A quarantine process for the
resolution of duodenoscope associated transmission of multidrug
resistant Escherichia coli. GIE 2015;82:477-83.