Edilizia e sicurezza, misure fiscali, norme e

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Edilizia e sicurezza, misure fiscali, norme e
LA TARGA AMMINISTRATORE È DIVENTATA OBBLIGATORIA
Cosa dice la Legge 11 dicembre 2012, n. 220, art. 9:
Art. 9 - “Sul luogo di accesso al condominio o di maggior uso comune, accessibile
anche ai terzi, è affissa l’indicazione delle generalità, del domicilio e dei recapiti,
anche telefonici, dell’amministratore. In mancanza dell’amministratore, sul luogo
di accesso al condominio o di maggior uso comune, accessibile anche ai terzi, è
affissa l’indicazione delle generalità e dei recapiti, anche telefonici, della persona
che svolge funzioni analoghe a quelle dell’amministratore”.
LA TARGA “FURBA“
• È costituita da un pannello di fondo in Forex ignifugo da 2 mm e da un pannello frontale di Plexiglass colato da 3 mm. Può essere applicata all’esterno,
resiste alle intemperie, praticamente eterna. Antivandali in quanto rilucidabile.
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• Scoraggia i furti in quanto sul pannello frontale c’è un adesivo stampato a
specchio dall’interno recante l’indirizzo personalizzato del Condominio.
• Resta del condominio anche in caso di avvicendamento di amministratori
in quanto i dati anagrafici dell’Amministratore sono stampati su una scheda in
PVC adesivo del tipo “attacca e stacca” per una facile rimozione e sostituzione
nel caso di cambio di indirizzo o variazioni anagrafiche dell’Amministratore.
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XV
SOMMARIO
pag.
Rischio sismico: servirebbero 93 miliardi
per mettere in sicurezza 12 milioni di immobili
(Consiglio Nazionale degli Ingegneri) ............................................................................................................
III
Terremoti: in 50 anni 145 miliardi di accise a fronte di 70 miliardi per ricostruire
(Cgia Mestre) .................................................................................................................................................
V
Sisma: le misure fiscali già varate e quelle richieste da proprietà e costruttori
(Anaip, Ance, Uppi) ........................................................................................................................................
VII
Fascicolo fabbricato e polizza anticalamità: le ragioni del sì e quelle del no
(Cng, Assoedilizia, Confedilizia) .....................................................................................................................
X
Carta d’identità degli immobili: le bocciature della giurisprudenza
(Confedilizia) ..................................................................................................................................................
XIII
Edifici: le tecniche di isolamento sismico e gli ostacoli alla loro adozione
(Paolo Clemente) ...........................................................................................................................................
XIV
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Dossier efficienza
Quali sono le tecnologie più diffuse per la messa in sicurezza degli edifici o per la loro costruzione in chiave antisismica (parliamo soprattutto delle tecniche a impatto economico
contenuto)?
Noi ci auguriamo che l’isolamento sismico si diffonda e che venga adoperato su larga scala. Questo, ovviamente, influirebbe anche sui costi stessi della tecnica. Tra le altre tecnologie, nell’ambito di quelle più
moderne, sono molto affidabili quelle di dissipazione dell’energia. Esse consistono nell’inserire, in punti opportuni della struttura dell’edificio, degli assorbitori di energia. Quindi l’energia che il suolo trasmette all’edificio viene assorbita da questi dispositivi, senza andare ad interessare la struttura.
Esistono anche tecniche più tradizionali e a basso costo; per esempio, per gli edifici in muratura, a volte
basta inserire delle semplici catene, ovvero dei tiranti in acciaio, lungo le pareti perimetrali e di spina, in maniera da collegarle e, quindi, da evitare che in occasione di un terremoto possano staccarsi le une dalle altre
e ribaltarsi. Lo stesso vale per le connessioni tra le pareti stesse nei cantonali, nei martelli e negli incroci,
così come tra solai (quindi strutture orizzontali) e pareti verticali. A volte basta solo questo. Altre volte, invece, è importante sostituire degli elementi molto pesanti, per esempio le coperture in cemento armato
che spesso, in realtà, sono andate a peggiorare la capacità sismica degli edifici in muratura, nati, magari, con
una copertura leggera in legno. Proprio il legno e anche l’acciaio sono materiali che, probabilmente, si sposano molto meglio con una muratura antica che non con il cemento armato.
Cosa manca all’Italia affinché si raggiunga un adeguato livello di cultura della prevenzione
antisismica? Cosa propone Enea?
Avete centrato in pieno il vero problema, perché da un punto di vista tecnico sappiamo già cosa fare, sia
per le nuove costruzioni, sia per quelle esistenti. Il problema è, intanto, reperire i fondi. Poi, come far cambiare la mentalità. L’Enea ha individuato tre aspetti principali che sono: in primis la formazione di un’anagrafe
del costruito. Quindi dobbiamo censire e sapere quello che c’è e in che condizioni si trova, in modo da
poter stabilire delle priorità. Il secondo punto è l’istituzione di un’assicurazione obbligatoria: questo è un
progetto che abbiamo portato avanti assieme a Federproprietà, all’ordine degli ingegneri di Roma e ad altre
realtà, già negli anni scorsi. Abbiamo presentato una proposta che è in Senato dal giugno 2013. Tengo a
precisare che a noi non interessa tanto chi pagherà i costi di ricostruzione, anche se pure questo è importante, ma il fatto che l’assicurazione costituirebbe uno stimolo, uno strumento per avviare una prevenzione.
Per poter assicurare un edificio bisogna, innanzitutto, capire in che condizioni di sicurezza si trovi e questo
nell’interesse della compagnia di assicurazione e di chi deve pagare. Il concetto è che paga di più chi ha un
edificio poco sicuro e non chi abita in zone ad alto rischio sismico. Il terzo punto è quello di una sorta di
certificazione, esattamente come si fa nell’ambito dell’efficienza energetica: l’edificio deve avere un suo voto,
anche da un punto di vista strutturale. Da questo voto, o classe di appartenenza, deve dipendere il suo
costo. Questo invoglierebbe cittadini e amministratori a investire sulla sicurezza.
EDIFICI: LE TECNICHE DI ISOLAMENTO SISMICO
E GLI OSTACOLI ALLA LORO ADOZIONE
RISCHIO SISMICO: SERVIREBBERO 93 MILIARDI
PER METTERE IN SICUREZZA 12 MILIONI DI IMMOBILI
Intervista all’ing. Paolo Clemente
A cura di: Consiglio Nazionale degli Ingegneri
liminare al cento per cento i rischi connessi a un terremoto è impossibile. Quello che invece si può fare
è ridurne, anche in modo drastico, gli effetti. A questo scopo la tecnica innovativa più efficace è quella
dell’isolamento sismico: sostanzialmente, si tratta di inserire, tra la fondazione di un edificio e la struttura in
elevazione, degli isolatori mediante i quali filtrare l’azione sismica e permettere al fabbricato di “scivolare”
rispetto al suolo. L’altro fattore sul quale è possibile agire è l’adozione di misure e politiche, a livello nazionale,
in grado di favorire la crescita, in Italia, di una “cultura della prevenzione”. Sono questi i due grandi temi affrontati per Italia Casa dal dirigente di ricerca Paolo Clemente, responsabile del Laboratorio prevenzione
rischi naturali e mitigazione effetti dell’Enea.
Per comprendere l’ampiezza del fenomeno e poi valutare con cognizione di causa quali siano le azioni edilizie,
sociali, fiscali da mettere in atto, occorre - paradossalmente - uscire dalla pur sconvolgente portata dell’evento
contingente, ed esaminare la situazione aldilà del sisma dello scorso 24 agosto.
È quanto ha fatto il Consiglio nazionale degli ingegneri, fotografando l’entità del rischio sismico
in Italia dal punto di vista del territorio e, soprattutto, delle abitazioni potenzialmente interessate.
E
Ingegner Clemente, in cosa consiste la tecnica dell’isolamento sismico? Da quanto tempo
si usa?
Questa tecnica consiste nel mettere dei dispositivi di isolamento sismico tra la fondazione di un edificio
e la struttura in elevazione. I più diffusi sono dei grossi cilindri di gomma e acciaio e hanno la funzione di separare l’edificio dal suolo, in modo che sia libero di muoversi rispetto al terreno. Quindi, anziché incastrare
l’edificio al suolo, lo svincoliamo in modo che possa oscillare orizzontalmente. La funzione degli isolatori è
quella di filtrare l’azione sismica (che viene dal terreno): così facendo, all’edificio arriva un’azione sismica
molto ridotta, che l’immobile è in grado di sopportare, addirittura senza danneggiarsi.
L’isolamento sismico, in realtà, non è un’idea nuova. Già Plinio il Vecchio parlava di un tempio di Diana
ed Efeso fondato, anziché direttamente sul suolo, su strati di velli di lana e di carbone. Gli storici e i cultori
della materia vi hanno individuato un primordiale sistema di isolamento che consentiva al tempio di muoversi
in occasione di un sisma. Esistono, poi, brevetti in materia tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900 ma, certamente,
lo sviluppo definitivo si è avuto negli anni ‘70 con l’introduzione di dispositivi di isolamento molto simili a
quelli che gestiamo noi oggi.
Per quanto riguarda l’edificato esistente, sappiamo che, assieme al Politecnico di Torino,
Enea ha brevettato il cosiddetto “isolatore per edifici storici”. Di cosa si tratta?
Se è vero che la tecnica dell’isolamento sismico è facilmente applicabile per edifici di nuova realizzazione,
non è altrettanto semplice da adottare per gli edifici esistenti, in quanto bisogna lavorare con l’edificio “sulla
propria testa” e andare a tagliare, ad esempio per gli edifici in muratura, i muri al piano terra o al piano interrato. Per gli edifici storici il problema è amplificato perché la richiesta che usualmente viene fatta, giustamente, dalle nostre sovraintendenze è di non toccarli o di toccarli il meno possibile. Allora l’isolamento
sismico è un’ottima soluzione proprio perché, anziché cercare di intervenire sull’edificio, mira a ridurre le
azioni sismiche che possono generarsi sull’edificio. La procedura consiste nell’andare a porre l’isolamento
sismico al di sotto dell’edificio, nel terreno sottostante: si inseriscono tanti tubi accostati e poi, a metà, nel
piano diametrale di questa serie di tubi, inseriamo questi dispositivi di isolamento che separano i semi-tubi
superiori da quelli inferiori. Infine, un sistema di pareti perimetrali completerà l’opera. Così l’edificio è isolato
sismicamente rispetto al suolo, ma non viene per nulla toccato nella sua parte in elevazione. C’è da dire che
i costi di un simile intervento sono abbastanza impegnativi. Tuttavia in alcuni casi, ad esempio per alcuni
edifici dell’Aquila, i costi sono stati del tutto equivalenti a quelli di altre tecnologie tradizionali.
IL CONTESTO NAZIONALE
Innanzitutto: in Italia ogni anno si verifica in media circa un centinaio di terremoti che la popolazione è in
grado di percepire. Si tratta quasi sempre di eventi che non comportano danni a persone e cose. Il terremoto
di grave entità resta un evento piuttosto raro che si ripresenta negli stessi territori con intervalli quasi
sempre misurabili in parecchie decine di anni, quando non di secoli. Considerando, però, l’intero territorio
nazionale, i terremoti con carattere distruttivo si ripetono, invece, con cadenza molto più breve. Nell’arco
degli ultimi 150 anni - in pratica dall’unità d’Italia ad oggi - gli eventi sismici che hanno determinato gravi
danni a persone e cose si sono presentati, in media, uno ogni 5 anni.
Per quanto riguarda il rischio sismico, la classificazione territoriale per grado di pericolo evidenzia come
oltre 21,5 milioni di persone abitino in aree del Paese esposte a rischio sismico molto o abbastanza elevato
(classificate, rispettivamente, 1 e 2), con una quota pari quasi a 3 milioni nella sola zona 1 di massima esposizione.
Altri 19 milioni risiedono, invece, nei comuni classificati in zona 3, ovvero una zona che non può dirsi
sicura, visto che molti comuni emiliani recentemente colpiti dal sisma del maggio 2012 appartenevano proprio a questa fascia di rischio sismico.
Il quadro a livello regionale si presenta particolarmente differenziato. Con regioni come la Calabria, notoriamente ad alto rischio, dove la maggioranza della popolazione risiede in zona 1 (circa 1,2 milioni di persone) e la restante parte in zona 2 (750mila). O come la Basilicata, con 220 mila persone in zona 1 e 276
mila in zona 2. O ancora, la Sicilia che vede ben 4,5 milioni di cittadini in zona 2 e altri 350 mila in zona 1.
QUANTO COSTA LA MESSA IN SICUREZZA?
I costi per la messa in sicurezza del patrimonio abitativo dai terremoti dipendono dal livello di copertura
del rischio che si ritiene accettabile. Sulla base di questa assunzione, prendendo a riferimento tutto il patrimonio abitativo del paese e utilizzando come parametro di intensità sismica l’impatto del terremoto de
L’Aquila (che rappresenta, nella scala di intensità storicamente registrata in Italia, un evento distruttivo
medio) il Centro Studi del Cni ha ipotizzato una possibile distribuzione degli interventi di recupero in
funzione della distribuzione per età degli edifici e delle loro condizioni strutturali.
La quota di immobili da recuperare, sulla base dell’esame dei danni registrati alle abitazioni de L’Aquila e
delle condizioni del patrimonio abitativo raccolte dalle indagini censuarie, è pari a circa il 40% delle abitazioni
del Paese, indipendentemente dal livello di rischio sismico. Con una quota di interventi di recupero decrescente al diminuire dell’età dei fabbricati, sino a considerare quelli costruiti dopo il 2001 e soprattutto quelli
edificati dopo il 2008, senza necessità di alcun intervento. Si tratta, in questa prospettiva, di intervenire su
circa 12 milioni di immobili che dovrebbero essere destinatari di opere di risanamento e messa in sicurezza
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Dossier efficienza
statica. Con un coinvolgimento di una popolazione pari a circa 23 milioni di cittadini.
Applicando i parametri medi dei capitolati tecnici per interventi antisismici, emerge un costo complessivo,
per la messa in sicurezza del patrimonio abitativo degli italiani da eventi sismici medi, pari a circa 93 miliardi
di euro.
STATO DI CONSERVAZIONE DELLE ABITAZIONI
Come è noto, il complesso delle abitazioni residenziali italiane si presenta particolarmente vetusto e, per
questa ragione, potenzialmente bisognoso per la messa in sicurezza dal rischio sismico.
Nel dettaglio, circa 15 milioni di abitazioni (ossia più del 50% del totale) sono state costruite prima del
1974, in completa assenza di una qualsivoglia normativa antisismica. Inoltre, circa 4 milioni di immobili sono
stati edificati prima del 1920 e altri 2,7 milioni prima del 1945. Guardando, poi, all’insieme delle abitazioni
più vecchie, e rapportandole al numero di abitazioni totali, in alcune regioni come Molise, Piemonte e Liguria,
il quadro si presenta particolarmente critico, con circa un quarto delle abitazioni che presenta oltre 100
anni di vita.
All’opposto si può osservare come circa il 5% del totale delle abitazioni sia stata costruita dopo il 2001 e
che per questo necessitano, almeno sulla carta, di minori interventi di messa in sicurezza. Inoltre, quasi un
quarto degli edifici costruiti sino al 2001 (circa 6 milioni) versa in mediocre o pessimo stato di conservazione.
Invece, tutte le abitazioni costruite dopo il 2008 dovrebbero rispettare tutte le più recenti normative antisismiche e quindi non necessitare di alcun intervento.
Come ci si può aspettare, sono proprio le abitazioni meno recenti ad essere maggiormente interessate
da un cattivo stato di conservazione. Basti vedere, ad esempio, come oltre un terzo delle abitazioni costruite
prima del 1945 sia in un pessimo o mediocre stato di conservazione, a cui deve aggiungersi il 30% circa di
quelle costruite prima del 1961. Solo il 15,0% delle abitazioni costruite prima del 1919, insieme al 13,0% di
quelli anteriori al 1945, e al 15,8% di quelle precedente al 1961, versa in ottimo stato di conservazione.
Quindi, un ulteriore elemento di interesse emerge dall’incrocio tra il numero di abitazioni a rischio e
l’anno di costruzione, prescindendo, però, dalla zona sismica di riferimento. Come appare facile comprendere sono le abitazioni caratterizzate da una maggiore anzianità costruttiva ad essere potenzialmente più
esposte al rischio sismico. Sono, infatti, circa 3 milioni gli immobili costruiti prima del 1919 che necessitano,
almeno potenzialmente, di interventi di messa in sicurezza. A questa cifra bisogna poi aggiungere un altro
milione e mezzo di abitazioni costruite a cavallo delle due guerre. La necessità di interventi di messa in sicurezza si riduce drasticamente al diminuire delle età degli immobili. Sono solo 200mila, infatti, le abitazioni
costruite dopo il 2000 che potrebbero essere potenzialmente oggetto di investimenti in sicurezza.
CARTA D’IDENTITÀ DEGLI IMMOBILI:
LE BOCCIATURE DELLA GIURISPRUDENZA
A cura di: Confedilizia
CORTE COSTITUZIONALE
“Se nessun dubbio può sussistere riguardo alla doverosità della tutela della pubblica e privata incolumità,
che rappresenta lo scopo dichiarato della legge, ed al conseguente obbligo di collaborazione che per la realizzazione di tale finalità può essere imposto ai proprietari degli edifici, non è, neppure, contestabile che la
previsione di siffatto obbligo e dei conseguenti oneri economici deve essere compatibile con il principio di
ragionevolezza e proporzionalità e che le relative modalità di attuazione debbono essere adeguate allo
scopo perseguito dal legislatore”.
“Una parte considerevole delle informazioni richieste al tecnico sono già in possesso delle amministrazioni
comunali nel cui territorio ciascun fabbricato è ubicato (si pensi ai dati relativi alla situazione progettuale,
urbanistica, edilizia, catastale, strutturale di immobili costruiti o ristrutturati nel rispetto delle norme urbanistiche pro-tempore vigenti, previo rilascio dei necessari provvedimenti autorizzatori o concessori), ed alcune di esse (quelle, ad esempio, riguardanti la esistenza di vincoli o relative alla storicità del fabbricato dalla
realizzazione all’attualità) non possono ritenersi strettamente connesse allo scopo perseguito dal legislatore
e sono tali da risultare (specie per gli edifici di epoca risalente) di difficile acquisizione”.
TAR DEL LAZIO
“La legge non ammette interventi ed opere generalizzate sugli edifici di qualunque genere, età e condizione,
sicché gli accertamenti, al fine di evitare oneri eccessivi e senza riguardo al loro peso sulle condizioni economiche dei proprietari, devono esser suggeriti solo in caso di evidente, indifferibile ed inevitabile necessità,
se del caso con graduazione dei rimedi da realizzare”.
“Non si tratta, come sarebbe virtuoso, di pervenire, anche attraverso la collaborazione dei cittadini, a
completare quei soli aspetti di peculiare o particolare conoscenza, relativa a singole unità abitative, che la
fitta trama pianificatoria talvolta non può acquisire”.
Vi è, piuttosto, “l’illegittimo tentativo di scaricare gli oneri di tal conoscenza, che è per sua natura interdisciplinare, sui soggetti privati che non possiedono la mole dei dati dell’assetto del territorio e devono così
acquistarli dal mercato e riversarli ad Amministrazioni già deputate, per missione loro affidata dalla legge,
ad acquisire ed elaborare in via autonoma i dati stessi”.
“Né vale obiettare che, in fondo, tutto ciò serve alla massimizzazione della sicurezza e ad evitare tragedie
quali quelle connesse a crolli di interi edifici, in quanto, nei casi di specie, mancò non già il fascicolo di fabbricato, bensì un attento controllo pubblico che sarebbe stato necessario esercitare per tempo e che la
Pubblica Amministrazione aveva e ha titolo di svolgere indipendentemente dall’esistenza del fascicolo stesso”.
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strumento e se lo stesso Governo Renzi ha impugnato una legge della Regione Puglia che lo prevedeva.
Come si legge in una delle tante sentenze nel tempo emesse, non vale obiettare che, in fondo, il fascicolo serve
alla massimizzazione della sicurezza e ad evitare tragedie quali quelle connesse a crolli di interi edifici, in quanto,
nei casi di specie mancò non già il fascicolo di fabbricato, bensì un attento controllo pubblico che sarebbe stato necessario esercitare per tempo e che la Pubblica Amministrazione aveva e ha titolo di svolgere indipendentemente
dall’esistenza del fascicolo stesso. Peraltro, anni fa a Roma crollò un edificio per il quale il fascicolo era stato
appena predisposto.
Rispunta, immancabilmente, anche la richiesta di assicurare tutte le case d’Italia, con spese sempre a
carico dei proprietari. Proposta di cui salutiamo con soddisfazione il rifiuto da parte del Governo per
bocca del Ministro Delrio. Va comunque ricordato quanto affermato dall’Antitrust in due pareri di pochi
anni fa: «Una copertura assicurativa generale contro le calamità naturali comporta rilevanti e inevitabili limitazioni
alla regola della concorrenza» (Parere 12 aprile 1999); «Non si può dimenticare che l’imposizione di un obbligo
assicurativo contribuisce a irrigidire la domanda dei consumatori, che saranno indotti ad accettare le condizioni praticate dalle imprese, anche quando le considerano particolarmente gravose» (Parere 20 novembre 2003)”.
TERREMOTI: IN 50 ANNI 145 MILIARDI DI ACCISE
A FRONTE DI 70 MILIARDI PER RICOSTRUIRE
A cura di: Cgia di Mestre
S
e, stando ad alcune stime (vedi indagine del Cni alle pagine precedenti), la messa in sicurezza anti-sismica
degli immobili italiani costerebbe, complessivamente, circa 93 miliardi di euro, ben più salato è il conto
delle ricostruzioni post terremoto che, secondo i dati diffusi dalla Cgia di Mestre, dal 1968 ad oggi ammonta
a ben 145 miliardi. Per effettuare il calcolo, la Camera degli artigiani ha stilato l’elenco dei maggiori eventi
sismici che hanno interessato il nostro Paese, con i relativi provvedimenti legislativi emanati per aumentare
le accise sui carburanti.
I CONTEGGI
Secondo i dati riportati dall’associazione veneta, dal 1968 ad oggi, proprio attraverso le accise, gli italiani
hanno pagato circa 145 miliardi di euro per le ricostruzioni post terremoto, ovvero più del doppio rispetto
a quanto effettivamente speso (70,4 miliardi di euro) per ricostruire tutte e 7 le aree duramente colpite dai
terremoti che si sono succeduti in questi ultimi decenni.
Più nel dettaglio, sono 5 gli incrementi delle accise sui carburanti introdotti in questi ultimi 48 anni per recuperare le risorse da destinare alla ricostruzione delle zone colpite dal terremoto. Dal 1970 (primo anno
in cui sono disponibili i dati sui consumi dei carburanti) al 2015 gli italiani hanno versato nelle casse dello
Stato 145 miliardi di euro nominali (261 miliardi di euro se attualizzati). Se teniamo conto che il Consiglio
nazionale degli ingegneri stima in 70,4 miliardi di euro nominali (121,6 miliardi se attualizzati) il costo complessivo resosi necessario per ricostruire tutte e 7 le aree fortemente danneggiate dal terremoto (Valle del
Belice, Friuli, Irpinia, Marche/Umbria, Molise/Puglia, Abruzzo ed Emilia Romagna), possiamo dire che in quasi
50 anni in entrambi i casi (sia in termini nominali sia con valori attualizzati) abbiamo versato più del doppio
rispetto alle spese sostenute. Solo i più recenti, ovvero i sismi dell’Aquila e dell’Emilia Romagna, presentano
dei costi nettamente superiori a quanto fino ad ora è stato incassato con l’applicazione delle rispettive
accise.
“Ogni qual volta ci rechiamo presso un’area di servizio a fare il pieno alla nostra autovettura - sottolinea
il coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia Paolo Zabeo - 11 centesimi di euro al litro ci vengono prelevati
per finanziare la ricostruzione delle zone che sono state devastate negli ultimi decenni da questi eventi
sismici. Con questa destinazione d’uso gli italiani continuano a versare all’erario circa 4 miliardi di euro all’anno. Se, come dicono gli esperti, questi fenomeni distruttivi avvengono mediamente ogni 5 anni, è necessario che queste risorse siano impiegate in particolar modo per realizzare gli interventi di prevenzione nelle
zone a più alto rischio sismico e non per altre finalità”.
I TERREMOTI E LE ACCISE
I disastri a cui è seguito l’aumento delle tasse sui carburanti sono 5:
◆ Valle del Belice (1968): l’allora Governo guidato da Aldo Moro introdusse un’accisa sui carburanti di
10 lire al litro. Dal 1970 fino al 2015 l’erario ha incassato 8,6 miliardi di euro nominali. Secondo il Consiglio
nazionale degli ingegneri, la ricostruzione è costata 2,2 miliardi di euro nominali. In valori attualizzati al 2016,
invece, il costo è stimabile in 9,1 miliardi di euro e la copertura ricavata dal gettito fiscale di 24,6 miliardi di
euro;
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◆ Friuli (1976): l’accisa introdotta sempre da un esecutivo presieduto da Aldo Moro fu di 99 lire al litro.
Dal 1976 al 2015 questa imposta ha garantito un gettito di 78,1 miliardi di euro nominali, mentre per gli ingegneri la ricostruzione è costata 4,7 miliardi di euro nominali. Attualizzando gli importi, invece, si evince
che la spesa per la ricostruzione è stata di 18,5 miliardi di euro, mentre il gettito fiscale recuperato è stato
di 146,6 miliardi di euro;
◆ Irpinia (1980): il Governo di Arnaldo Forlani approvò l’introduzione di un’accisa di 75 lire al litro. In
questi 35 anni di applicazione l’erario ha riscosso un gettito di 55,1 miliardi di euro nominali. Stando alle
stime rese note dal Consiglio Nazionale degli Ingegneri, la riedificazione degli immobili e delle infrastrutture
è costata 23,5 miliardi di euro nominali. Se, invece, attualizziamo le cifre si deduce che il costo si è aggirato
attorno ai 52 miliardi di euro mentre la copertura è stata di 86,4 miliardi di euro;
◆ Abruzzo (2009): il Governo di Silvio Berlusconi ritoccò il prezzo della benzina e del gasolio per autotrazione di 0,004 euro al litro. A fronte di una spesa ipotizzata dagli ingegneri di 13,7 miliardi di euro nominali,
lo Stato finora ha incassato 539 milioni di euro nominali. Attualizzando i dati, invece, il costo è sempre di
13,7 miliardi di euro e il gettito proveniente dall’accisa di 540 milioni di euro;
◆ Emilia Romagna (2012): l’esecutivo presieduto da Mario Monti decise di aumentare le accise sui carburanti di 0,02 euro al litro. Stando ad una spesa per la ricostruzione che dovrebbe aggirarsi attorno ai 13,3
miliardi di euro nominali, il gettito riscosso fino adesso con l’accisa sulla benzina e sul gasolio per autotrazione
è stato di quasi 2,7 miliardi di euro nominali. Con i dati attualizzati, sia i costi che il gettito sono in linea con
i valori nominali.
COMMENTO E ANALISI
“Se l’applicazione delle accise per la ricostruzione sono in parte giustificabili - conclude il segretario della
Cgia Renato Mason - perché mai quando facciamo benzina o gasolio dobbiamo continuare ancora a pagare
quelle per la guerra in Abissinia del 1935, per la crisi di Suez del 1956, per il disastro del Vajont del 1963 e
per l’alluvione di Firenze del 1966 fino ad arrivare al rinnovo del contratto degli autoferrotranvieri del 2004?
Alcune di queste non potremmo cancellarle?”
La Cgia ricorda che con la Finanziaria 2013 il Governo Monti ha reso permanenti le accise introdotte per
recuperare le risorse da destinare alla ricostruzione delle zone colpite dal terremoto. Per il terremoto
delle Marche e dell’Umbria (1997) e per quello del Molise e della Puglia (2002) non è stata introdotta nessuna accisa. Si segnala, infine, che i risultati emersi in questa elaborazione sono al netto degli effetti del provvedimento introdotto nel 1999 dal Governo D’Alema. Con il d.lgs. n. 173, infatti, i presidenti di regione
possono introdurre un’accisa locale per far fronte anche ai costi provocati dalle calamità naturali.
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fini della sicurezza degli immobili e dei cittadini, non deve essere confezionato dai privati, bensì redatto e
rilasciato dalla Pubblica Amministrazione, che peraltro è l’unica depositaria dei dati, delle informazioni,
degli atti che riguardano lo stato degli immobili. Ma, ovviamente, non prima di aver effettato adeguati controlli al fine di verificare la esatta rispondenza dello stato di fatto degli edifici stessi alle risultanze ufficiali. È
l’unico modo per garantire che non si dia adito a carte d’identità di comodo, come potrebbe avvenire se
il compito fosse posto a carico dei privati”.
Alle dichiarazioni di Colombo Clerici fanno eco quelle dell’avvocato Bruna Gabardi Vanoli: “In questi
giorni in cui in cui si susseguono osservazioni e dichiarazioni di autorità governative sulla possibilità di prevenzione delle catastrofi sismiche si ritorna a sentire invocare l’introduzione normativa dell’obbligo di configurazione, a carico dei proprietari di casa, di un attestato, fascicolo di fabbricato o carta di identità, che
dir si voglia, che faccia testo su tutti gli elementi che riguardano la costruzione dei singoli immobili. Premesso
che l’obbligatorietà di un tale documento non apporterebbe, in ogni caso, alcun vantaggio alla Amministrazione dal momento che tutti gli elementi che dovrebbero essere ritrovati e raccolti sono già in possesso
della Amministrazione (anzi la stessa ha a sue mani addirittura elementi di cui i privati non dispongono)
mentre l’operazione sarebbe estremamente costosa per i privati che tali elementi devono andare a ricercarseli, ovviamente rivolgendosi a professionisti, sembra sfuggire ai governanti la finalità di una operazione
del genere e cioè l’individuazione degli stabili che possano presentare problematiche di staticità nelle ipotesi
di sollecitazioni da sisma. E tale controllo lo risolviamo concedendo ai privati di presentare quanto individuato da loro, stati di fatto, autocertificazioni, perizie di parte? Pensiamo a tutte le ipotesi di inesistenza
degli atti di fabbrica, di mancanza di certificati di collaudo (e abbiamo visto che la mancanza della certificazione di collaudo la si rileva nella maggior parte dei casi): qui ci si dovrebbe affidare a relazioni predisposte
a cura dei proprietari, relazioni che potrebbero risentire di influenze distorsive dei contenuti reali e, fattispecie di frequentissima incidenza, di rappresentazioni, nella denuncia degli interventi, di stati di fatto alterati. Questi elementi si possono riscontrare esaminando le numerose sentenze del TAR che riguardano
contestazioni di abusivismi per false rappresentazioni di stati di fatto e di progetto. Va rilevato, inoltre, che
ormai la maggior parte dei procedimenti di assentibilità degli interventi edilizi è affidata a DIA e SCIA e
cioè a dichiarazioni del privato. Ma allora bisogna concludere che l’unica direttiva per il controllo sia la redazione della cosiddetta carta di identità dell’immobile ad opera della Amministrazione stessa che ha a
sue mani tutti gli elementi documentali relativi agli atti di fabbrica e alle autorizzazioni di ogni genere. E al
rilievo dei dati rinvenuti l’Amministrazione dovrà far seguire un controllo della rispondenza di quanto denunciato al costruito. Solo così si potranno rilevare realmente le situazioni di pericolo.
Si è detto anche che l’introduzione dell’obbligo di predisporre il libretto dell’immobile a carico dei proprietari determinerebbe un incremento di lavoro per i professionisti che necessariamente dovrebbero
prestare la loro opera. Qui è facile obiettare che l’incremento economico sarebbe davvero lodevole ma
non si comprende il perché debba essere posto a carico dei proprietari di casa”.
CONFEDILIZIA
La posizione più rigida nei confronti dell’istituzione del cosiddetto fascicolo del fabbricato e della polizza
anticalamità è, però, quella espressa dal presidente di Confedilizia, Giorgio Spaziani Testa: “La proprietà
immobiliare è pronta a dare il proprio contributo in vista del progetto Casa Italia annunciato dal Presidente
del Consiglio. Sinora abbiamo apprezzato l’approccio del Governo, improntato al realismo e, quindi, incentrato su politiche di incentivi e non sull’imposizione di nuovi adempimenti. Un approccio che si pone
in netto contrasto con la marea montante di proposte provenienti da quanti - chi per interesse, chi per
demagogia, chi per ingenuità - ipotizzano interventi a tappeto dai costi improponibili o rispolverano vecchi
arnesi come la barzelletta del libretto casa (più pomposamente, fascicolo del fabbricato) o l’assicurazione
obbligatoria anticalamità.
Si sente parlare, ad esempio, con ineffabile disinvoltura (tipico atteggiamento di chi parla di spese altrui),
di interventi antisismici del costo di 30.000 euro per un appartamento di 100 metri quadri (che si moltiplicano chissà per quanto in caso di immobili storici o comunque antichi). Si torna, incredibilmente, ad
evocare il fascicolo del fabbricato (anche da parte di politici locali che nulla hanno fatto per gli edifici pubblici
di propria competenza): una raccolta di documenti che dovrebbero curare le Amministrazioni pubbliche,
ma che invece si vorrebbe imporre ai singoli proprietari, che allo scopo pagherebbero ingenti somme ai
professionisti che da anni chiedono quest’obbligo burocratico e inutile. Non è un caso se i giudici di ogni
ordine e grado - Tar, Consiglio di Stato, Corte costituzionale - hanno già dichiarato illegittimo questo
FASCICOLO FABBRICATO E POLIZZA ANTICALAMITÀ:
LE RAGIONI DEL SÌ E QUELLE DEL NO
SISMA: LE MISURE FISCALI GIÀ VARATE
E QUELLE RICHIESTE DA PROPRIETÀ E COSTRUTTORI
Interventi di: Cng, Assoedilizia, Confedilizia
Interventi di: Anaip, Ance e Uppi
T
ra gli argomenti che maggiormente hanno catalizzato il dibattito politico e le schermaglie tra gli addetti
ai lavori, all’indomani del sisma che ha devastato diverse aree del Centro Italia, ne spiccano due, che
tornano tragicamente d’attualità ogni qual volta il suolo italiano trema, lasciando alle proprie spalle morti
e macerie: l’istituzione di una polizza assicurativa obbligatoria per gli immobili e, immancabilmente, l’adozione del cosiddetto fascicolo del fabbricato.
Di seguito, il punto di vista del Consiglio nazionale dei geologi e quello della proprietà immobiliare, rappresentata, nella fattispecie, da Assoedilizia e Confedilizia.
CONSIGLIO NAZIONALE DEI GEOLOGI
Da una parte la pericolosità morfologica di ampie fette del territorio italiano; dall’altra l’annosa diatriba
sulla necessità dell’adozione obbligatoria del fascicolo del fabbricato. Tra i primi ad intervenire su entrambe
le questioni, Francesco Peduto, presidente del Consiglio nazionale dei geologi: “In Italia almeno 24
milioni di persone vivono in zone ad elevato rischio sismico. La zona dell’Italia centrale colpita è riconosciuta
come ad alto rischio sismico del resto come la quasi totalità della catena appenninica, da nord a sud.
Questa volta si è mossa una faglia appenninica di tipo distensivo. Ma l’Italia intera è in pericolo, proprio
perché è un paese geologicamente giovane e di frontiera. In generale il rischio è più spinto lungo l’Appennino e poi meno eclatante man mano che ci si allontana da esso. Ma non ci sono territori totalmente
esenti”.
Fin qui la situazione in essere. Ma è possibile intervenire? Fare qualcosa di concreto affinché, se l’evento
in sé è inevitabile, non lo siano anche le sue più drammatiche conseguenze? Come puntualizza Peduto:
“Noi geologi da anni diciamo che in Italia siamo ben lontani da una cultura di prevenzione. Innanzitutto sarebbe necessaria una normativa più confacente alla situazione del territorio italiano. Noi proponiamo un
fascicolo del fabbricato con una classificazione sismica degli edifici. Fondamentale anche un piano del Governo per mettere in sicurezza tutti gli edifici pubblici. Perché cresca la coscienza civica dei cittadini nell’ambito della prevenzione sismica bisognerebbe cominciare a fare anche una seria opera di educazione
scolastica che renda la popolazione più cosciente dei rischi che pervadono il territorio che abitano. Non
dimentichiamo che, secondo alcuni studi, una percentuale tra il 20 e il 50% dei decessi, in questi casi, è
causata da comportamenti sbagliati dei cittadini durante l’evento sismico”.
ASSOEDILIZIA
Secondo il presidente di Assoedilizia, Achille Colombo Clerici, “Verificare e attestare lo stato degli
edifici anche ai fini della sicurezza legata alla staticità è compito della Pubblica Amministrazione, non del
privato. Nei giorni scorsi il viceministro delle Infrastrutture, Riccardo Nencini, avrebbe accennato ad una
carta di identità dell’edificio che ne documenti il titolo edilizio, le varianti, i collaudi, e quant’altro ( che una
legge dovrebbe rendere obbligatoria almeno per le Zone 1 e 2, quelle a più alto rischio sismico) ai fini dell’attestazione della staticità degli edifici. Ma perché tale documento possa essere di una qualche utilità ai
N
on soltanto Casa Italia. Il piano annunciato dal premier Renzi per agevolare e incentivare ad ampio
raggio la riqualificazione e la messa in sicurezza anti-sismica degli edifici italiani non è l’unica chiave di
lettura economico/fiscale del post-terremoto. Alcune azioni, di breve periodo ma comunque di significativo
impatto, sono già state avviate. Altre - di maggiore prospettiva - sono richieste a gran voce dalle associazioni
che operano a vario titolo nel comparto della proprietà immobiliare e in quello edilizio. Ecco gli interventi
messi in campo e quelli auspicati, in attesa che il Governo definisca l’effettiva portata - nonché un cronoprogramma attendibile - del progetto infrastrutturale allo studio.
STOP ALLE IMPOSTE
Annunciata, con comunicato stampa del Mef, la sospensione, nelle zone del Centro Italia interessate dal
sisma del 24 agosto, dei versamenti delle imposte e degli adempimenti tributari, compresi quelli derivanti
da cartelle di pagamento emesse dagli agenti della riscossione e quelli conseguenti ad accertamenti esecutivi.
Il ministro dell’Economia e delle Finanze ha firmato l’apposito decreto. Sono diciassette i Comuni elencati
nel provvedimento:
◆ tre nel Lazio - Accumoli, Amatrice e Cittareale (RI)
◆ quattro in Umbria - Cascia, Monteleone di Spoleto, Norcia e Preci (PG)
◆ cinque nelle Marche - Acquasanta Terme, Arquata del Tronto, Montegallo e Montemonaco (AP); Montefortino (FM)
◆ cinque in Abruzzo - Montereale, Capitignano e Campotosto (AQ); Valle Castellana e Rocca Santa Maria
(TE).
Sulla base delle comunicazioni della Protezione civile, un successivo decreto potrà individuare altri comuni
colpiti dagli eventi ai quali si applica la sospensione. La sospensione riguarda sia le persone fisiche che al 24
agosto avevano la residenza o la sede operativa in uno dei comuni colpiti dal terremoto, sia le persone giuridiche che vi avevano la sede legale od operativa. La ripresa dei versamenti è stata fissata per il 20 dicembre
2016.
SOSPENSIONE DEI MUTUI
Anche gli istituti di credito corrono in soccorso delle popolazioni messe in ginocchio dal sisma che ha
colpito il centro Italia. E lo fanno innanzitutto sul versante dei finanziamenti in essere su immobili fortemente
danneggiati o che, addirittura, non esistono più, rasi al suolo dalla violenza del terremoto. Già nelle ore immediatamente successive alla catastrofe, l’Abi ha diramato il seguente comunicato: “L’Associazione Bancaria
Italiana, nell’esprimere solidarietà e vicinanza alle popolazioni colpite dal drammatico terremoto, è impegnata
per interventi a favore di coloro che si trovano improvvisamente in condizioni di difficoltà per aver subito
il danneggiamento o l’inagibilità anche parziale degli immobili e delle strutture dedicate al lavoro. Al fine di
offrire sollievo al grave disagio socioeconomico causato dal sisma, l’Abi, in coerenza con le previsioni contenute nello specifico Protocollo di intesa sottoscritto con la Protezione Civile e le associazioni dei consumatori in data 26 ottobre 2015, volto ad assicurare ovunque nel Paese equità e tempestività degli interventi
a favore delle popolazioni colpite da calamità naturali, sta sensibilizzando i propri associati ad adottare ai residenti nei territori colpiti le previste sospensioni delle rate dei finanziamenti ipotecari collegati agli immobili
Viii
Dossier efficienza
residenziali, commerciali e industriali che abbiano avuto danneggiamenti anche parziali”.
Chiaramente, occorrerà poi comprendere quale sarà la risposta delle banche e, soprattutto, quali misure
saranno adottate per arrestare, oltre che le rate, anche gli interessi che gravano sui mutui.
LA POSIZIONE DELLE ASSOCIAZIONI
Anaip: abbattere l’Iva sulle ristrutturazioni
Tra i primi ad intervenire in merito al rapporto tra sicurezza degli immobili, riqualificazione edilizia e detrazioni fiscali, il presidente dell’Anaip, Giovanni De Pasquale: “Aspettare che avvengano crolli o eventi calamitosi drammatici, come il terremoto che ha colpito le Regioni dell’Italia centrale, per ritornare a parlare
della sicurezza dei nostri edifici è assurdo. Da decenni la nostra associazione denuncia che il patrimonio immobiliare italiano è vetusto e da ristrutturare. Per non parlare della necessità che venga adeguato alle normative antisismiche, visto che il nostro territorio, da nord a sud, è ad alto rischio sismico. Puntualmente
invitiamo il Governo di turno ad attuare delle politiche fiscali che agevolino questi percorsi di risanamento
delle abitazioni non solo private, ma in particolare dell’intero edificio in condominio e sempre puntualmente
ci ritroviamo leggi che penalizzano la proprietà con una tassazione sulla casa, nazionale e locale, che risulta
sempre troppo alta per le famiglie”.
Una situazione complessa, soprattutto in ambito condominiale. “In merito alle detrazioni - prosegue il
numero uno di Anaip - se possono in parte essere utili per l’abitazione privata, abbiamo constatato che
invece non incentivano l’assemblea di condominio a deliberare favorevolmente la riqualificazione e la relativa
messa in sicurezza dell’edificio. Basterebbe agevolare questo processo oltre che con le detrazioni, anche riducendo ulteriormente l’aliquota Iva sulle ristrutturazioni quando riguardano l’intero condominio”.
Sul fascicolo o libretto del fabbricato di cui si discute molto in questi giorni, il presidente De Pasquale, invece, precisa che: “È utile se si procede ad un costante aggiornamento dello stesso e anche in questo caso
occorre non solo che venga redatto da tecnici qualificati, ma che sia economicamente sostenibile dall’utenza,
abbattendo i costi per le indagini diagnostiche e per la messa in sicurezza del condominio, specialmente nel
rispetto delle normative antisismiche già esistenti. Ci auguriamo che la prossima Legge di Bilancio tenga
conto di queste nostre proposte”.
Ance: estendere le detrazioni del 65%
Anche l’Ance si è messa al servizio delle popolazioni gravemente colpite dal terribile sisma che ha coinvolto
il Centro Italia nella notte tra il 23 e il 24 agosto, comunicando di essere a disposizione con le proprie strutture e il personale per fornire ogni tipo di supporto e assistenza ai cittadini in difficoltà, e offrendo collaborazione alle istituzioni nazionali e locali in questo grande momento di difficoltà.
Ma, aldilà dell’emergenza contingente, i costruttori richiamano fortemente l’urgenza di un piano per la
prevenzione dei rischi derivanti da calamità naturali e per la messa in sicurezza degli edifici pubblici e privati.
Secondo Ance, infatti, anche in termini economici il costo della mancata prevenzione, infatti, è altissimo:
circa 3,5 miliardi di euro all’anno. Come puntualizza il presidente dei costruttori, Claudio DeAlbertis, “Un
piano di investimenti pubblici mirati per la manutenzione e il miglioramento delle infrastrutture esistenti e
l’uso intelligente della leva fiscale, con l’estensione del bonus antisismico del 65% per i lavori di prevenzione
e messa in sicurezza statica, indipendentemente dalle condizioni poste ora dalla legge, permetterebbero di
salvaguardare le vite umane e tutelare il nostro fragile territorio”.
Uppi: bonus fiscale permanente mediante il catasto
Abbassare le imposte sugli immobili e rendere strutturali le detrazioni fiscali per le ristrutturazioni e per
il risparmio energetico. In vista della prossima legge di Stabilità, ma anche e soprattutto alla luce del catastrofico evento sismico del 24 agosto, sono queste le principali richieste indirizzate al Governo da Gabriele
Bruyère e Jean-Claude Mochet, rispettivamente presidente nazionale e presidente della commissione fiscale
dell’Uppi: “Da anni il nostro sindacato denuncia lo stato di bisogno di manutenzione del patrimonio immobiliare italiano e da anni chiede al Governo di introdurre misure che ne incentivino la sistemazione, anche
attraverso l’introduzione a regime, dal 2017, delle detrazioni per le ristrutturazioni immobiliari e per gli interventi di risparmio energetico. In particolare, l’aumento della pressione fiscale sugli immobili, agendo da
deterrente sul desiderio di migliorare lo stato di salute delle proprietà immobiliari, ha fortemente danneggiato
il settore dell’edilizia e delle costruzioni e reso progressivamente più abbandonati a sé stessi edifici che, specialmente in zone a rischio sismico, necessiterebbero di importanti adeguamenti, adeguamenti che, lo
diciamo senza mezzi termini, permetterebbero di salvare numerose vite umane. È infatti appena il caso di
ricordare che in Paesi a rischio sismico simile, o ancora più elevato di quello italiano, la principale, se non
iX
Dossier efficienza
l’unica arma di difesa, è l’adeguamento anti-sismico delle abitazioni.
In un Paese in cui il patrimonio immobiliare è considerato principalmente una ricchezza da tassare la
strada della prevenzione è una strada di difficile accesso per la maggior parte delle persone, soprattutto in
un contesto di forte recessione economica”.
Lo stesso Bruyère, insieme al presidente della Commissione urbanistica dell’associazione, Giovanni Battista
Varotto, aggiunge: “La tutela delle vite umane e la sicurezza sono obiettivi imprescindibili, e per ottenerli
l’Uppi si batterà su tutti fronti, a partire dalla promozione di una vera politica per mettere in sicurezza e salvaguardare le migliori risorse dell’Italia come il patrimonio edilizio, il territorio e il paesaggio, fino all’ormai
improrogabile provvedimento sul contenimento del consumo di suolo. Non è più rinviabile neanche l’introduzione di norme che dispongano sulla prevenzione, vero e proprio investimento per le generazioni future, trovando idonee soluzioni attraverso la certezza degli incentivi fiscali e soprattutto individuando
modalità e canali di distribuzione delle risorse sicuri, al riparo da dispersioni e sprechi. Ricordiamo infine
che l’Italia intera sta aspettando la riforma del catasto, il cui fine è l’equità fiscale per gli immobili di tutto il
territorio nazionale, e agli atti della commissione parlamentare preposta giace una richiesta, presentata unicamente dall’Uppi, sul riconoscimento di un bonus fiscale permanente attraverso la riduzione della rendita
catastale per tutti i fabbricati che all’atto dell’accatastamento dimostrino di avere strumenti idonei a conoscere il proprio livello di sicurezza e qualità ambientale”.
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Dossier efficienza
residenziali, commerciali e industriali che abbiano avuto danneggiamenti anche parziali”.
Chiaramente, occorrerà poi comprendere quale sarà la risposta delle banche e, soprattutto, quali misure
saranno adottate per arrestare, oltre che le rate, anche gli interessi che gravano sui mutui.
LA POSIZIONE DELLE ASSOCIAZIONI
Anaip: abbattere l’Iva sulle ristrutturazioni
Tra i primi ad intervenire in merito al rapporto tra sicurezza degli immobili, riqualificazione edilizia e detrazioni fiscali, il presidente dell’Anaip, Giovanni De Pasquale: “Aspettare che avvengano crolli o eventi calamitosi drammatici, come il terremoto che ha colpito le Regioni dell’Italia centrale, per ritornare a parlare
della sicurezza dei nostri edifici è assurdo. Da decenni la nostra associazione denuncia che il patrimonio immobiliare italiano è vetusto e da ristrutturare. Per non parlare della necessità che venga adeguato alle normative antisismiche, visto che il nostro territorio, da nord a sud, è ad alto rischio sismico. Puntualmente
invitiamo il Governo di turno ad attuare delle politiche fiscali che agevolino questi percorsi di risanamento
delle abitazioni non solo private, ma in particolare dell’intero edificio in condominio e sempre puntualmente
ci ritroviamo leggi che penalizzano la proprietà con una tassazione sulla casa, nazionale e locale, che risulta
sempre troppo alta per le famiglie”.
Una situazione complessa, soprattutto in ambito condominiale. “In merito alle detrazioni - prosegue il
numero uno di Anaip - se possono in parte essere utili per l’abitazione privata, abbiamo constatato che
invece non incentivano l’assemblea di condominio a deliberare favorevolmente la riqualificazione e la relativa
messa in sicurezza dell’edificio. Basterebbe agevolare questo processo oltre che con le detrazioni, anche riducendo ulteriormente l’aliquota Iva sulle ristrutturazioni quando riguardano l’intero condominio”.
Sul fascicolo o libretto del fabbricato di cui si discute molto in questi giorni, il presidente De Pasquale, invece, precisa che: “È utile se si procede ad un costante aggiornamento dello stesso e anche in questo caso
occorre non solo che venga redatto da tecnici qualificati, ma che sia economicamente sostenibile dall’utenza,
abbattendo i costi per le indagini diagnostiche e per la messa in sicurezza del condominio, specialmente nel
rispetto delle normative antisismiche già esistenti. Ci auguriamo che la prossima Legge di Bilancio tenga
conto di queste nostre proposte”.
Ance: estendere le detrazioni del 65%
Anche l’Ance si è messa al servizio delle popolazioni gravemente colpite dal terribile sisma che ha coinvolto
il Centro Italia nella notte tra il 23 e il 24 agosto, comunicando di essere a disposizione con le proprie strutture e il personale per fornire ogni tipo di supporto e assistenza ai cittadini in difficoltà, e offrendo collaborazione alle istituzioni nazionali e locali in questo grande momento di difficoltà.
Ma, aldilà dell’emergenza contingente, i costruttori richiamano fortemente l’urgenza di un piano per la
prevenzione dei rischi derivanti da calamità naturali e per la messa in sicurezza degli edifici pubblici e privati.
Secondo Ance, infatti, anche in termini economici il costo della mancata prevenzione, infatti, è altissimo:
circa 3,5 miliardi di euro all’anno. Come puntualizza il presidente dei costruttori, Claudio DeAlbertis, “Un
piano di investimenti pubblici mirati per la manutenzione e il miglioramento delle infrastrutture esistenti e
l’uso intelligente della leva fiscale, con l’estensione del bonus antisismico del 65% per i lavori di prevenzione
e messa in sicurezza statica, indipendentemente dalle condizioni poste ora dalla legge, permetterebbero di
salvaguardare le vite umane e tutelare il nostro fragile territorio”.
Uppi: bonus fiscale permanente mediante il catasto
Abbassare le imposte sugli immobili e rendere strutturali le detrazioni fiscali per le ristrutturazioni e per
il risparmio energetico. In vista della prossima legge di Stabilità, ma anche e soprattutto alla luce del catastrofico evento sismico del 24 agosto, sono queste le principali richieste indirizzate al Governo da Gabriele
Bruyère e Jean-Claude Mochet, rispettivamente presidente nazionale e presidente della commissione fiscale
dell’Uppi: “Da anni il nostro sindacato denuncia lo stato di bisogno di manutenzione del patrimonio immobiliare italiano e da anni chiede al Governo di introdurre misure che ne incentivino la sistemazione, anche
attraverso l’introduzione a regime, dal 2017, delle detrazioni per le ristrutturazioni immobiliari e per gli interventi di risparmio energetico. In particolare, l’aumento della pressione fiscale sugli immobili, agendo da
deterrente sul desiderio di migliorare lo stato di salute delle proprietà immobiliari, ha fortemente danneggiato
il settore dell’edilizia e delle costruzioni e reso progressivamente più abbandonati a sé stessi edifici che, specialmente in zone a rischio sismico, necessiterebbero di importanti adeguamenti, adeguamenti che, lo
diciamo senza mezzi termini, permetterebbero di salvare numerose vite umane. È infatti appena il caso di
ricordare che in Paesi a rischio sismico simile, o ancora più elevato di quello italiano, la principale, se non
iX
Dossier efficienza
l’unica arma di difesa, è l’adeguamento anti-sismico delle abitazioni.
In un Paese in cui il patrimonio immobiliare è considerato principalmente una ricchezza da tassare la
strada della prevenzione è una strada di difficile accesso per la maggior parte delle persone, soprattutto in
un contesto di forte recessione economica”.
Lo stesso Bruyère, insieme al presidente della Commissione urbanistica dell’associazione, Giovanni Battista
Varotto, aggiunge: “La tutela delle vite umane e la sicurezza sono obiettivi imprescindibili, e per ottenerli
l’Uppi si batterà su tutti fronti, a partire dalla promozione di una vera politica per mettere in sicurezza e salvaguardare le migliori risorse dell’Italia come il patrimonio edilizio, il territorio e il paesaggio, fino all’ormai
improrogabile provvedimento sul contenimento del consumo di suolo. Non è più rinviabile neanche l’introduzione di norme che dispongano sulla prevenzione, vero e proprio investimento per le generazioni future, trovando idonee soluzioni attraverso la certezza degli incentivi fiscali e soprattutto individuando
modalità e canali di distribuzione delle risorse sicuri, al riparo da dispersioni e sprechi. Ricordiamo infine
che l’Italia intera sta aspettando la riforma del catasto, il cui fine è l’equità fiscale per gli immobili di tutto il
territorio nazionale, e agli atti della commissione parlamentare preposta giace una richiesta, presentata unicamente dall’Uppi, sul riconoscimento di un bonus fiscale permanente attraverso la riduzione della rendita
catastale per tutti i fabbricati che all’atto dell’accatastamento dimostrino di avere strumenti idonei a conoscere il proprio livello di sicurezza e qualità ambientale”.
FASCICOLO FABBRICATO E POLIZZA ANTICALAMITÀ:
LE RAGIONI DEL SÌ E QUELLE DEL NO
SISMA: LE MISURE FISCALI GIÀ VARATE
E QUELLE RICHIESTE DA PROPRIETÀ E COSTRUTTORI
Interventi di: Cng, Assoedilizia, Confedilizia
Interventi di: Anaip, Ance e Uppi
T
ra gli argomenti che maggiormente hanno catalizzato il dibattito politico e le schermaglie tra gli addetti
ai lavori, all’indomani del sisma che ha devastato diverse aree del Centro Italia, ne spiccano due, che
tornano tragicamente d’attualità ogni qual volta il suolo italiano trema, lasciando alle proprie spalle morti
e macerie: l’istituzione di una polizza assicurativa obbligatoria per gli immobili e, immancabilmente, l’adozione del cosiddetto fascicolo del fabbricato.
Di seguito, il punto di vista del Consiglio nazionale dei geologi e quello della proprietà immobiliare, rappresentata, nella fattispecie, da Assoedilizia e Confedilizia.
CONSIGLIO NAZIONALE DEI GEOLOGI
Da una parte la pericolosità morfologica di ampie fette del territorio italiano; dall’altra l’annosa diatriba
sulla necessità dell’adozione obbligatoria del fascicolo del fabbricato. Tra i primi ad intervenire su entrambe
le questioni, Francesco Peduto, presidente del Consiglio nazionale dei geologi: “In Italia almeno 24
milioni di persone vivono in zone ad elevato rischio sismico. La zona dell’Italia centrale colpita è riconosciuta
come ad alto rischio sismico del resto come la quasi totalità della catena appenninica, da nord a sud.
Questa volta si è mossa una faglia appenninica di tipo distensivo. Ma l’Italia intera è in pericolo, proprio
perché è un paese geologicamente giovane e di frontiera. In generale il rischio è più spinto lungo l’Appennino e poi meno eclatante man mano che ci si allontana da esso. Ma non ci sono territori totalmente
esenti”.
Fin qui la situazione in essere. Ma è possibile intervenire? Fare qualcosa di concreto affinché, se l’evento
in sé è inevitabile, non lo siano anche le sue più drammatiche conseguenze? Come puntualizza Peduto:
“Noi geologi da anni diciamo che in Italia siamo ben lontani da una cultura di prevenzione. Innanzitutto sarebbe necessaria una normativa più confacente alla situazione del territorio italiano. Noi proponiamo un
fascicolo del fabbricato con una classificazione sismica degli edifici. Fondamentale anche un piano del Governo per mettere in sicurezza tutti gli edifici pubblici. Perché cresca la coscienza civica dei cittadini nell’ambito della prevenzione sismica bisognerebbe cominciare a fare anche una seria opera di educazione
scolastica che renda la popolazione più cosciente dei rischi che pervadono il territorio che abitano. Non
dimentichiamo che, secondo alcuni studi, una percentuale tra il 20 e il 50% dei decessi, in questi casi, è
causata da comportamenti sbagliati dei cittadini durante l’evento sismico”.
ASSOEDILIZIA
Secondo il presidente di Assoedilizia, Achille Colombo Clerici, “Verificare e attestare lo stato degli
edifici anche ai fini della sicurezza legata alla staticità è compito della Pubblica Amministrazione, non del
privato. Nei giorni scorsi il viceministro delle Infrastrutture, Riccardo Nencini, avrebbe accennato ad una
carta di identità dell’edificio che ne documenti il titolo edilizio, le varianti, i collaudi, e quant’altro ( che una
legge dovrebbe rendere obbligatoria almeno per le Zone 1 e 2, quelle a più alto rischio sismico) ai fini dell’attestazione della staticità degli edifici. Ma perché tale documento possa essere di una qualche utilità ai
N
on soltanto Casa Italia. Il piano annunciato dal premier Renzi per agevolare e incentivare ad ampio
raggio la riqualificazione e la messa in sicurezza anti-sismica degli edifici italiani non è l’unica chiave di
lettura economico/fiscale del post-terremoto. Alcune azioni, di breve periodo ma comunque di significativo
impatto, sono già state avviate. Altre - di maggiore prospettiva - sono richieste a gran voce dalle associazioni
che operano a vario titolo nel comparto della proprietà immobiliare e in quello edilizio. Ecco gli interventi
messi in campo e quelli auspicati, in attesa che il Governo definisca l’effettiva portata - nonché un cronoprogramma attendibile - del progetto infrastrutturale allo studio.
STOP ALLE IMPOSTE
Annunciata, con comunicato stampa del Mef, la sospensione, nelle zone del Centro Italia interessate dal
sisma del 24 agosto, dei versamenti delle imposte e degli adempimenti tributari, compresi quelli derivanti
da cartelle di pagamento emesse dagli agenti della riscossione e quelli conseguenti ad accertamenti esecutivi.
Il ministro dell’Economia e delle Finanze ha firmato l’apposito decreto. Sono diciassette i Comuni elencati
nel provvedimento:
◆ tre nel Lazio - Accumoli, Amatrice e Cittareale (RI)
◆ quattro in Umbria - Cascia, Monteleone di Spoleto, Norcia e Preci (PG)
◆ cinque nelle Marche - Acquasanta Terme, Arquata del Tronto, Montegallo e Montemonaco (AP); Montefortino (FM)
◆ cinque in Abruzzo - Montereale, Capitignano e Campotosto (AQ); Valle Castellana e Rocca Santa Maria
(TE).
Sulla base delle comunicazioni della Protezione civile, un successivo decreto potrà individuare altri comuni
colpiti dagli eventi ai quali si applica la sospensione. La sospensione riguarda sia le persone fisiche che al 24
agosto avevano la residenza o la sede operativa in uno dei comuni colpiti dal terremoto, sia le persone giuridiche che vi avevano la sede legale od operativa. La ripresa dei versamenti è stata fissata per il 20 dicembre
2016.
SOSPENSIONE DEI MUTUI
Anche gli istituti di credito corrono in soccorso delle popolazioni messe in ginocchio dal sisma che ha
colpito il centro Italia. E lo fanno innanzitutto sul versante dei finanziamenti in essere su immobili fortemente
danneggiati o che, addirittura, non esistono più, rasi al suolo dalla violenza del terremoto. Già nelle ore immediatamente successive alla catastrofe, l’Abi ha diramato il seguente comunicato: “L’Associazione Bancaria
Italiana, nell’esprimere solidarietà e vicinanza alle popolazioni colpite dal drammatico terremoto, è impegnata
per interventi a favore di coloro che si trovano improvvisamente in condizioni di difficoltà per aver subito
il danneggiamento o l’inagibilità anche parziale degli immobili e delle strutture dedicate al lavoro. Al fine di
offrire sollievo al grave disagio socioeconomico causato dal sisma, l’Abi, in coerenza con le previsioni contenute nello specifico Protocollo di intesa sottoscritto con la Protezione Civile e le associazioni dei consumatori in data 26 ottobre 2015, volto ad assicurare ovunque nel Paese equità e tempestività degli interventi
a favore delle popolazioni colpite da calamità naturali, sta sensibilizzando i propri associati ad adottare ai residenti nei territori colpiti le previste sospensioni delle rate dei finanziamenti ipotecari collegati agli immobili
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Dossier efficienza
◆ Friuli (1976): l’accisa introdotta sempre da un esecutivo presieduto da Aldo Moro fu di 99 lire al litro.
Dal 1976 al 2015 questa imposta ha garantito un gettito di 78,1 miliardi di euro nominali, mentre per gli ingegneri la ricostruzione è costata 4,7 miliardi di euro nominali. Attualizzando gli importi, invece, si evince
che la spesa per la ricostruzione è stata di 18,5 miliardi di euro, mentre il gettito fiscale recuperato è stato
di 146,6 miliardi di euro;
◆ Irpinia (1980): il Governo di Arnaldo Forlani approvò l’introduzione di un’accisa di 75 lire al litro. In
questi 35 anni di applicazione l’erario ha riscosso un gettito di 55,1 miliardi di euro nominali. Stando alle
stime rese note dal Consiglio Nazionale degli Ingegneri, la riedificazione degli immobili e delle infrastrutture
è costata 23,5 miliardi di euro nominali. Se, invece, attualizziamo le cifre si deduce che il costo si è aggirato
attorno ai 52 miliardi di euro mentre la copertura è stata di 86,4 miliardi di euro;
◆ Abruzzo (2009): il Governo di Silvio Berlusconi ritoccò il prezzo della benzina e del gasolio per autotrazione di 0,004 euro al litro. A fronte di una spesa ipotizzata dagli ingegneri di 13,7 miliardi di euro nominali,
lo Stato finora ha incassato 539 milioni di euro nominali. Attualizzando i dati, invece, il costo è sempre di
13,7 miliardi di euro e il gettito proveniente dall’accisa di 540 milioni di euro;
◆ Emilia Romagna (2012): l’esecutivo presieduto da Mario Monti decise di aumentare le accise sui carburanti di 0,02 euro al litro. Stando ad una spesa per la ricostruzione che dovrebbe aggirarsi attorno ai 13,3
miliardi di euro nominali, il gettito riscosso fino adesso con l’accisa sulla benzina e sul gasolio per autotrazione
è stato di quasi 2,7 miliardi di euro nominali. Con i dati attualizzati, sia i costi che il gettito sono in linea con
i valori nominali.
COMMENTO E ANALISI
“Se l’applicazione delle accise per la ricostruzione sono in parte giustificabili - conclude il segretario della
Cgia Renato Mason - perché mai quando facciamo benzina o gasolio dobbiamo continuare ancora a pagare
quelle per la guerra in Abissinia del 1935, per la crisi di Suez del 1956, per il disastro del Vajont del 1963 e
per l’alluvione di Firenze del 1966 fino ad arrivare al rinnovo del contratto degli autoferrotranvieri del 2004?
Alcune di queste non potremmo cancellarle?”
La Cgia ricorda che con la Finanziaria 2013 il Governo Monti ha reso permanenti le accise introdotte per
recuperare le risorse da destinare alla ricostruzione delle zone colpite dal terremoto. Per il terremoto
delle Marche e dell’Umbria (1997) e per quello del Molise e della Puglia (2002) non è stata introdotta nessuna accisa. Si segnala, infine, che i risultati emersi in questa elaborazione sono al netto degli effetti del provvedimento introdotto nel 1999 dal Governo D’Alema. Con il d.lgs. n. 173, infatti, i presidenti di regione
possono introdurre un’accisa locale per far fronte anche ai costi provocati dalle calamità naturali.
Xi
Dossier efficienza
fini della sicurezza degli immobili e dei cittadini, non deve essere confezionato dai privati, bensì redatto e
rilasciato dalla Pubblica Amministrazione, che peraltro è l’unica depositaria dei dati, delle informazioni,
degli atti che riguardano lo stato degli immobili. Ma, ovviamente, non prima di aver effettato adeguati controlli al fine di verificare la esatta rispondenza dello stato di fatto degli edifici stessi alle risultanze ufficiali. È
l’unico modo per garantire che non si dia adito a carte d’identità di comodo, come potrebbe avvenire se
il compito fosse posto a carico dei privati”.
Alle dichiarazioni di Colombo Clerici fanno eco quelle dell’avvocato Bruna Gabardi Vanoli: “In questi
giorni in cui in cui si susseguono osservazioni e dichiarazioni di autorità governative sulla possibilità di prevenzione delle catastrofi sismiche si ritorna a sentire invocare l’introduzione normativa dell’obbligo di configurazione, a carico dei proprietari di casa, di un attestato, fascicolo di fabbricato o carta di identità, che
dir si voglia, che faccia testo su tutti gli elementi che riguardano la costruzione dei singoli immobili. Premesso
che l’obbligatorietà di un tale documento non apporterebbe, in ogni caso, alcun vantaggio alla Amministrazione dal momento che tutti gli elementi che dovrebbero essere ritrovati e raccolti sono già in possesso
della Amministrazione (anzi la stessa ha a sue mani addirittura elementi di cui i privati non dispongono)
mentre l’operazione sarebbe estremamente costosa per i privati che tali elementi devono andare a ricercarseli, ovviamente rivolgendosi a professionisti, sembra sfuggire ai governanti la finalità di una operazione
del genere e cioè l’individuazione degli stabili che possano presentare problematiche di staticità nelle ipotesi
di sollecitazioni da sisma. E tale controllo lo risolviamo concedendo ai privati di presentare quanto individuato da loro, stati di fatto, autocertificazioni, perizie di parte? Pensiamo a tutte le ipotesi di inesistenza
degli atti di fabbrica, di mancanza di certificati di collaudo (e abbiamo visto che la mancanza della certificazione di collaudo la si rileva nella maggior parte dei casi): qui ci si dovrebbe affidare a relazioni predisposte
a cura dei proprietari, relazioni che potrebbero risentire di influenze distorsive dei contenuti reali e, fattispecie di frequentissima incidenza, di rappresentazioni, nella denuncia degli interventi, di stati di fatto alterati. Questi elementi si possono riscontrare esaminando le numerose sentenze del TAR che riguardano
contestazioni di abusivismi per false rappresentazioni di stati di fatto e di progetto. Va rilevato, inoltre, che
ormai la maggior parte dei procedimenti di assentibilità degli interventi edilizi è affidata a DIA e SCIA e
cioè a dichiarazioni del privato. Ma allora bisogna concludere che l’unica direttiva per il controllo sia la redazione della cosiddetta carta di identità dell’immobile ad opera della Amministrazione stessa che ha a
sue mani tutti gli elementi documentali relativi agli atti di fabbrica e alle autorizzazioni di ogni genere. E al
rilievo dei dati rinvenuti l’Amministrazione dovrà far seguire un controllo della rispondenza di quanto denunciato al costruito. Solo così si potranno rilevare realmente le situazioni di pericolo.
Si è detto anche che l’introduzione dell’obbligo di predisporre il libretto dell’immobile a carico dei proprietari determinerebbe un incremento di lavoro per i professionisti che necessariamente dovrebbero
prestare la loro opera. Qui è facile obiettare che l’incremento economico sarebbe davvero lodevole ma
non si comprende il perché debba essere posto a carico dei proprietari di casa”.
CONFEDILIZIA
La posizione più rigida nei confronti dell’istituzione del cosiddetto fascicolo del fabbricato e della polizza
anticalamità è, però, quella espressa dal presidente di Confedilizia, Giorgio Spaziani Testa: “La proprietà
immobiliare è pronta a dare il proprio contributo in vista del progetto Casa Italia annunciato dal Presidente
del Consiglio. Sinora abbiamo apprezzato l’approccio del Governo, improntato al realismo e, quindi, incentrato su politiche di incentivi e non sull’imposizione di nuovi adempimenti. Un approccio che si pone
in netto contrasto con la marea montante di proposte provenienti da quanti - chi per interesse, chi per
demagogia, chi per ingenuità - ipotizzano interventi a tappeto dai costi improponibili o rispolverano vecchi
arnesi come la barzelletta del libretto casa (più pomposamente, fascicolo del fabbricato) o l’assicurazione
obbligatoria anticalamità.
Si sente parlare, ad esempio, con ineffabile disinvoltura (tipico atteggiamento di chi parla di spese altrui),
di interventi antisismici del costo di 30.000 euro per un appartamento di 100 metri quadri (che si moltiplicano chissà per quanto in caso di immobili storici o comunque antichi). Si torna, incredibilmente, ad
evocare il fascicolo del fabbricato (anche da parte di politici locali che nulla hanno fatto per gli edifici pubblici
di propria competenza): una raccolta di documenti che dovrebbero curare le Amministrazioni pubbliche,
ma che invece si vorrebbe imporre ai singoli proprietari, che allo scopo pagherebbero ingenti somme ai
professionisti che da anni chiedono quest’obbligo burocratico e inutile. Non è un caso se i giudici di ogni
ordine e grado - Tar, Consiglio di Stato, Corte costituzionale - hanno già dichiarato illegittimo questo
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Dossier efficienza
strumento e se lo stesso Governo Renzi ha impugnato una legge della Regione Puglia che lo prevedeva.
Come si legge in una delle tante sentenze nel tempo emesse, non vale obiettare che, in fondo, il fascicolo serve
alla massimizzazione della sicurezza e ad evitare tragedie quali quelle connesse a crolli di interi edifici, in quanto,
nei casi di specie mancò non già il fascicolo di fabbricato, bensì un attento controllo pubblico che sarebbe stato necessario esercitare per tempo e che la Pubblica Amministrazione aveva e ha titolo di svolgere indipendentemente
dall’esistenza del fascicolo stesso. Peraltro, anni fa a Roma crollò un edificio per il quale il fascicolo era stato
appena predisposto.
Rispunta, immancabilmente, anche la richiesta di assicurare tutte le case d’Italia, con spese sempre a
carico dei proprietari. Proposta di cui salutiamo con soddisfazione il rifiuto da parte del Governo per
bocca del Ministro Delrio. Va comunque ricordato quanto affermato dall’Antitrust in due pareri di pochi
anni fa: «Una copertura assicurativa generale contro le calamità naturali comporta rilevanti e inevitabili limitazioni
alla regola della concorrenza» (Parere 12 aprile 1999); «Non si può dimenticare che l’imposizione di un obbligo
assicurativo contribuisce a irrigidire la domanda dei consumatori, che saranno indotti ad accettare le condizioni praticate dalle imprese, anche quando le considerano particolarmente gravose» (Parere 20 novembre 2003)”.
TERREMOTI: IN 50 ANNI 145 MILIARDI DI ACCISE
A FRONTE DI 70 MILIARDI PER RICOSTRUIRE
A cura di: Cgia di Mestre
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e, stando ad alcune stime (vedi indagine del Cni alle pagine precedenti), la messa in sicurezza anti-sismica
degli immobili italiani costerebbe, complessivamente, circa 93 miliardi di euro, ben più salato è il conto
delle ricostruzioni post terremoto che, secondo i dati diffusi dalla Cgia di Mestre, dal 1968 ad oggi ammonta
a ben 145 miliardi. Per effettuare il calcolo, la Camera degli artigiani ha stilato l’elenco dei maggiori eventi
sismici che hanno interessato il nostro Paese, con i relativi provvedimenti legislativi emanati per aumentare
le accise sui carburanti.
I CONTEGGI
Secondo i dati riportati dall’associazione veneta, dal 1968 ad oggi, proprio attraverso le accise, gli italiani
hanno pagato circa 145 miliardi di euro per le ricostruzioni post terremoto, ovvero più del doppio rispetto
a quanto effettivamente speso (70,4 miliardi di euro) per ricostruire tutte e 7 le aree duramente colpite dai
terremoti che si sono succeduti in questi ultimi decenni.
Più nel dettaglio, sono 5 gli incrementi delle accise sui carburanti introdotti in questi ultimi 48 anni per recuperare le risorse da destinare alla ricostruzione delle zone colpite dal terremoto. Dal 1970 (primo anno
in cui sono disponibili i dati sui consumi dei carburanti) al 2015 gli italiani hanno versato nelle casse dello
Stato 145 miliardi di euro nominali (261 miliardi di euro se attualizzati). Se teniamo conto che il Consiglio
nazionale degli ingegneri stima in 70,4 miliardi di euro nominali (121,6 miliardi se attualizzati) il costo complessivo resosi necessario per ricostruire tutte e 7 le aree fortemente danneggiate dal terremoto (Valle del
Belice, Friuli, Irpinia, Marche/Umbria, Molise/Puglia, Abruzzo ed Emilia Romagna), possiamo dire che in quasi
50 anni in entrambi i casi (sia in termini nominali sia con valori attualizzati) abbiamo versato più del doppio
rispetto alle spese sostenute. Solo i più recenti, ovvero i sismi dell’Aquila e dell’Emilia Romagna, presentano
dei costi nettamente superiori a quanto fino ad ora è stato incassato con l’applicazione delle rispettive
accise.
“Ogni qual volta ci rechiamo presso un’area di servizio a fare il pieno alla nostra autovettura - sottolinea
il coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia Paolo Zabeo - 11 centesimi di euro al litro ci vengono prelevati
per finanziare la ricostruzione delle zone che sono state devastate negli ultimi decenni da questi eventi
sismici. Con questa destinazione d’uso gli italiani continuano a versare all’erario circa 4 miliardi di euro all’anno. Se, come dicono gli esperti, questi fenomeni distruttivi avvengono mediamente ogni 5 anni, è necessario che queste risorse siano impiegate in particolar modo per realizzare gli interventi di prevenzione nelle
zone a più alto rischio sismico e non per altre finalità”.
I TERREMOTI E LE ACCISE
I disastri a cui è seguito l’aumento delle tasse sui carburanti sono 5:
◆ Valle del Belice (1968): l’allora Governo guidato da Aldo Moro introdusse un’accisa sui carburanti di
10 lire al litro. Dal 1970 fino al 2015 l’erario ha incassato 8,6 miliardi di euro nominali. Secondo il Consiglio
nazionale degli ingegneri, la ricostruzione è costata 2,2 miliardi di euro nominali. In valori attualizzati al 2016,
invece, il costo è stimabile in 9,1 miliardi di euro e la copertura ricavata dal gettito fiscale di 24,6 miliardi di
euro;
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Dossier efficienza
statica. Con un coinvolgimento di una popolazione pari a circa 23 milioni di cittadini.
Applicando i parametri medi dei capitolati tecnici per interventi antisismici, emerge un costo complessivo,
per la messa in sicurezza del patrimonio abitativo degli italiani da eventi sismici medi, pari a circa 93 miliardi
di euro.
STATO DI CONSERVAZIONE DELLE ABITAZIONI
Come è noto, il complesso delle abitazioni residenziali italiane si presenta particolarmente vetusto e, per
questa ragione, potenzialmente bisognoso per la messa in sicurezza dal rischio sismico.
Nel dettaglio, circa 15 milioni di abitazioni (ossia più del 50% del totale) sono state costruite prima del
1974, in completa assenza di una qualsivoglia normativa antisismica. Inoltre, circa 4 milioni di immobili sono
stati edificati prima del 1920 e altri 2,7 milioni prima del 1945. Guardando, poi, all’insieme delle abitazioni
più vecchie, e rapportandole al numero di abitazioni totali, in alcune regioni come Molise, Piemonte e Liguria,
il quadro si presenta particolarmente critico, con circa un quarto delle abitazioni che presenta oltre 100
anni di vita.
All’opposto si può osservare come circa il 5% del totale delle abitazioni sia stata costruita dopo il 2001 e
che per questo necessitano, almeno sulla carta, di minori interventi di messa in sicurezza. Inoltre, quasi un
quarto degli edifici costruiti sino al 2001 (circa 6 milioni) versa in mediocre o pessimo stato di conservazione.
Invece, tutte le abitazioni costruite dopo il 2008 dovrebbero rispettare tutte le più recenti normative antisismiche e quindi non necessitare di alcun intervento.
Come ci si può aspettare, sono proprio le abitazioni meno recenti ad essere maggiormente interessate
da un cattivo stato di conservazione. Basti vedere, ad esempio, come oltre un terzo delle abitazioni costruite
prima del 1945 sia in un pessimo o mediocre stato di conservazione, a cui deve aggiungersi il 30% circa di
quelle costruite prima del 1961. Solo il 15,0% delle abitazioni costruite prima del 1919, insieme al 13,0% di
quelli anteriori al 1945, e al 15,8% di quelle precedente al 1961, versa in ottimo stato di conservazione.
Quindi, un ulteriore elemento di interesse emerge dall’incrocio tra il numero di abitazioni a rischio e
l’anno di costruzione, prescindendo, però, dalla zona sismica di riferimento. Come appare facile comprendere sono le abitazioni caratterizzate da una maggiore anzianità costruttiva ad essere potenzialmente più
esposte al rischio sismico. Sono, infatti, circa 3 milioni gli immobili costruiti prima del 1919 che necessitano,
almeno potenzialmente, di interventi di messa in sicurezza. A questa cifra bisogna poi aggiungere un altro
milione e mezzo di abitazioni costruite a cavallo delle due guerre. La necessità di interventi di messa in sicurezza si riduce drasticamente al diminuire delle età degli immobili. Sono solo 200mila, infatti, le abitazioni
costruite dopo il 2000 che potrebbero essere potenzialmente oggetto di investimenti in sicurezza.
CARTA D’IDENTITÀ DEGLI IMMOBILI:
LE BOCCIATURE DELLA GIURISPRUDENZA
A cura di: Confedilizia
CORTE COSTITUZIONALE
“Se nessun dubbio può sussistere riguardo alla doverosità della tutela della pubblica e privata incolumità,
che rappresenta lo scopo dichiarato della legge, ed al conseguente obbligo di collaborazione che per la realizzazione di tale finalità può essere imposto ai proprietari degli edifici, non è, neppure, contestabile che la
previsione di siffatto obbligo e dei conseguenti oneri economici deve essere compatibile con il principio di
ragionevolezza e proporzionalità e che le relative modalità di attuazione debbono essere adeguate allo
scopo perseguito dal legislatore”.
“Una parte considerevole delle informazioni richieste al tecnico sono già in possesso delle amministrazioni
comunali nel cui territorio ciascun fabbricato è ubicato (si pensi ai dati relativi alla situazione progettuale,
urbanistica, edilizia, catastale, strutturale di immobili costruiti o ristrutturati nel rispetto delle norme urbanistiche pro-tempore vigenti, previo rilascio dei necessari provvedimenti autorizzatori o concessori), ed alcune di esse (quelle, ad esempio, riguardanti la esistenza di vincoli o relative alla storicità del fabbricato dalla
realizzazione all’attualità) non possono ritenersi strettamente connesse allo scopo perseguito dal legislatore
e sono tali da risultare (specie per gli edifici di epoca risalente) di difficile acquisizione”.
TAR DEL LAZIO
“La legge non ammette interventi ed opere generalizzate sugli edifici di qualunque genere, età e condizione,
sicché gli accertamenti, al fine di evitare oneri eccessivi e senza riguardo al loro peso sulle condizioni economiche dei proprietari, devono esser suggeriti solo in caso di evidente, indifferibile ed inevitabile necessità,
se del caso con graduazione dei rimedi da realizzare”.
“Non si tratta, come sarebbe virtuoso, di pervenire, anche attraverso la collaborazione dei cittadini, a
completare quei soli aspetti di peculiare o particolare conoscenza, relativa a singole unità abitative, che la
fitta trama pianificatoria talvolta non può acquisire”.
Vi è, piuttosto, “l’illegittimo tentativo di scaricare gli oneri di tal conoscenza, che è per sua natura interdisciplinare, sui soggetti privati che non possiedono la mole dei dati dell’assetto del territorio e devono così
acquistarli dal mercato e riversarli ad Amministrazioni già deputate, per missione loro affidata dalla legge,
ad acquisire ed elaborare in via autonoma i dati stessi”.
“Né vale obiettare che, in fondo, tutto ciò serve alla massimizzazione della sicurezza e ad evitare tragedie
quali quelle connesse a crolli di interi edifici, in quanto, nei casi di specie, mancò non già il fascicolo di fabbricato, bensì un attento controllo pubblico che sarebbe stato necessario esercitare per tempo e che la
Pubblica Amministrazione aveva e ha titolo di svolgere indipendentemente dall’esistenza del fascicolo stesso”.
EDIFICI: LE TECNICHE DI ISOLAMENTO SISMICO
E GLI OSTACOLI ALLA LORO ADOZIONE
RISCHIO SISMICO: SERVIREBBERO 93 MILIARDI
PER METTERE IN SICUREZZA 12 MILIONI DI IMMOBILI
Intervista all’ing. Paolo Clemente
A cura di: Consiglio Nazionale degli Ingegneri
liminare al cento per cento i rischi connessi a un terremoto è impossibile. Quello che invece si può fare
è ridurne, anche in modo drastico, gli effetti. A questo scopo la tecnica innovativa più efficace è quella
dell’isolamento sismico: sostanzialmente, si tratta di inserire, tra la fondazione di un edificio e la struttura in
elevazione, degli isolatori mediante i quali filtrare l’azione sismica e permettere al fabbricato di “scivolare”
rispetto al suolo. L’altro fattore sul quale è possibile agire è l’adozione di misure e politiche, a livello nazionale,
in grado di favorire la crescita, in Italia, di una “cultura della prevenzione”. Sono questi i due grandi temi affrontati per Italia Casa dal dirigente di ricerca Paolo Clemente, responsabile del Laboratorio prevenzione
rischi naturali e mitigazione effetti dell’Enea.
Per comprendere l’ampiezza del fenomeno e poi valutare con cognizione di causa quali siano le azioni edilizie,
sociali, fiscali da mettere in atto, occorre - paradossalmente - uscire dalla pur sconvolgente portata dell’evento
contingente, ed esaminare la situazione aldilà del sisma dello scorso 24 agosto.
È quanto ha fatto il Consiglio nazionale degli ingegneri, fotografando l’entità del rischio sismico
in Italia dal punto di vista del territorio e, soprattutto, delle abitazioni potenzialmente interessate.
E
Ingegner Clemente, in cosa consiste la tecnica dell’isolamento sismico? Da quanto tempo
si usa?
Questa tecnica consiste nel mettere dei dispositivi di isolamento sismico tra la fondazione di un edificio
e la struttura in elevazione. I più diffusi sono dei grossi cilindri di gomma e acciaio e hanno la funzione di separare l’edificio dal suolo, in modo che sia libero di muoversi rispetto al terreno. Quindi, anziché incastrare
l’edificio al suolo, lo svincoliamo in modo che possa oscillare orizzontalmente. La funzione degli isolatori è
quella di filtrare l’azione sismica (che viene dal terreno): così facendo, all’edificio arriva un’azione sismica
molto ridotta, che l’immobile è in grado di sopportare, addirittura senza danneggiarsi.
L’isolamento sismico, in realtà, non è un’idea nuova. Già Plinio il Vecchio parlava di un tempio di Diana
ed Efeso fondato, anziché direttamente sul suolo, su strati di velli di lana e di carbone. Gli storici e i cultori
della materia vi hanno individuato un primordiale sistema di isolamento che consentiva al tempio di muoversi
in occasione di un sisma. Esistono, poi, brevetti in materia tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900 ma, certamente,
lo sviluppo definitivo si è avuto negli anni ‘70 con l’introduzione di dispositivi di isolamento molto simili a
quelli che gestiamo noi oggi.
Per quanto riguarda l’edificato esistente, sappiamo che, assieme al Politecnico di Torino,
Enea ha brevettato il cosiddetto “isolatore per edifici storici”. Di cosa si tratta?
Se è vero che la tecnica dell’isolamento sismico è facilmente applicabile per edifici di nuova realizzazione,
non è altrettanto semplice da adottare per gli edifici esistenti, in quanto bisogna lavorare con l’edificio “sulla
propria testa” e andare a tagliare, ad esempio per gli edifici in muratura, i muri al piano terra o al piano interrato. Per gli edifici storici il problema è amplificato perché la richiesta che usualmente viene fatta, giustamente, dalle nostre sovraintendenze è di non toccarli o di toccarli il meno possibile. Allora l’isolamento
sismico è un’ottima soluzione proprio perché, anziché cercare di intervenire sull’edificio, mira a ridurre le
azioni sismiche che possono generarsi sull’edificio. La procedura consiste nell’andare a porre l’isolamento
sismico al di sotto dell’edificio, nel terreno sottostante: si inseriscono tanti tubi accostati e poi, a metà, nel
piano diametrale di questa serie di tubi, inseriamo questi dispositivi di isolamento che separano i semi-tubi
superiori da quelli inferiori. Infine, un sistema di pareti perimetrali completerà l’opera. Così l’edificio è isolato
sismicamente rispetto al suolo, ma non viene per nulla toccato nella sua parte in elevazione. C’è da dire che
i costi di un simile intervento sono abbastanza impegnativi. Tuttavia in alcuni casi, ad esempio per alcuni
edifici dell’Aquila, i costi sono stati del tutto equivalenti a quelli di altre tecnologie tradizionali.
IL CONTESTO NAZIONALE
Innanzitutto: in Italia ogni anno si verifica in media circa un centinaio di terremoti che la popolazione è in
grado di percepire. Si tratta quasi sempre di eventi che non comportano danni a persone e cose. Il terremoto
di grave entità resta un evento piuttosto raro che si ripresenta negli stessi territori con intervalli quasi
sempre misurabili in parecchie decine di anni, quando non di secoli. Considerando, però, l’intero territorio
nazionale, i terremoti con carattere distruttivo si ripetono, invece, con cadenza molto più breve. Nell’arco
degli ultimi 150 anni - in pratica dall’unità d’Italia ad oggi - gli eventi sismici che hanno determinato gravi
danni a persone e cose si sono presentati, in media, uno ogni 5 anni.
Per quanto riguarda il rischio sismico, la classificazione territoriale per grado di pericolo evidenzia come
oltre 21,5 milioni di persone abitino in aree del Paese esposte a rischio sismico molto o abbastanza elevato
(classificate, rispettivamente, 1 e 2), con una quota pari quasi a 3 milioni nella sola zona 1 di massima esposizione.
Altri 19 milioni risiedono, invece, nei comuni classificati in zona 3, ovvero una zona che non può dirsi
sicura, visto che molti comuni emiliani recentemente colpiti dal sisma del maggio 2012 appartenevano proprio a questa fascia di rischio sismico.
Il quadro a livello regionale si presenta particolarmente differenziato. Con regioni come la Calabria, notoriamente ad alto rischio, dove la maggioranza della popolazione risiede in zona 1 (circa 1,2 milioni di persone) e la restante parte in zona 2 (750mila). O come la Basilicata, con 220 mila persone in zona 1 e 276
mila in zona 2. O ancora, la Sicilia che vede ben 4,5 milioni di cittadini in zona 2 e altri 350 mila in zona 1.
QUANTO COSTA LA MESSA IN SICUREZZA?
I costi per la messa in sicurezza del patrimonio abitativo dai terremoti dipendono dal livello di copertura
del rischio che si ritiene accettabile. Sulla base di questa assunzione, prendendo a riferimento tutto il patrimonio abitativo del paese e utilizzando come parametro di intensità sismica l’impatto del terremoto de
L’Aquila (che rappresenta, nella scala di intensità storicamente registrata in Italia, un evento distruttivo
medio) il Centro Studi del Cni ha ipotizzato una possibile distribuzione degli interventi di recupero in
funzione della distribuzione per età degli edifici e delle loro condizioni strutturali.
La quota di immobili da recuperare, sulla base dell’esame dei danni registrati alle abitazioni de L’Aquila e
delle condizioni del patrimonio abitativo raccolte dalle indagini censuarie, è pari a circa il 40% delle abitazioni
del Paese, indipendentemente dal livello di rischio sismico. Con una quota di interventi di recupero decrescente al diminuire dell’età dei fabbricati, sino a considerare quelli costruiti dopo il 2001 e soprattutto quelli
edificati dopo il 2008, senza necessità di alcun intervento. Si tratta, in questa prospettiva, di intervenire su
circa 12 milioni di immobili che dovrebbero essere destinatari di opere di risanamento e messa in sicurezza
XV
SOMMARIO
pag.
Rischio sismico: servirebbero 93 miliardi
per mettere in sicurezza 12 milioni di immobili
(Consiglio Nazionale degli Ingegneri) ............................................................................................................
III
Terremoti: in 50 anni 145 miliardi di accise a fronte di 70 miliardi per ricostruire
(Cgia Mestre) .................................................................................................................................................
V
Sisma: le misure fiscali già varate e quelle richieste da proprietà e costruttori
(Anaip, Ance, Uppi) ........................................................................................................................................
VII
Fascicolo fabbricato e polizza anticalamità: le ragioni del sì e quelle del no
(Cng, Assoedilizia, Confedilizia) .....................................................................................................................
X
Carta d’identità degli immobili: le bocciature della giurisprudenza
(Confedilizia) ..................................................................................................................................................
XIII
Edifici: le tecniche di isolamento sismico e gli ostacoli alla loro adozione
(Paolo Clemente) ...........................................................................................................................................
XIV
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Stampa: I.T.S. - Cavaglià (BI)
Dossier efficienza
Quali sono le tecnologie più diffuse per la messa in sicurezza degli edifici o per la loro costruzione in chiave antisismica (parliamo soprattutto delle tecniche a impatto economico
contenuto)?
Noi ci auguriamo che l’isolamento sismico si diffonda e che venga adoperato su larga scala. Questo, ovviamente, influirebbe anche sui costi stessi della tecnica. Tra le altre tecnologie, nell’ambito di quelle più
moderne, sono molto affidabili quelle di dissipazione dell’energia. Esse consistono nell’inserire, in punti opportuni della struttura dell’edificio, degli assorbitori di energia. Quindi l’energia che il suolo trasmette all’edificio viene assorbita da questi dispositivi, senza andare ad interessare la struttura.
Esistono anche tecniche più tradizionali e a basso costo; per esempio, per gli edifici in muratura, a volte
basta inserire delle semplici catene, ovvero dei tiranti in acciaio, lungo le pareti perimetrali e di spina, in maniera da collegarle e, quindi, da evitare che in occasione di un terremoto possano staccarsi le une dalle altre
e ribaltarsi. Lo stesso vale per le connessioni tra le pareti stesse nei cantonali, nei martelli e negli incroci,
così come tra solai (quindi strutture orizzontali) e pareti verticali. A volte basta solo questo. Altre volte, invece, è importante sostituire degli elementi molto pesanti, per esempio le coperture in cemento armato
che spesso, in realtà, sono andate a peggiorare la capacità sismica degli edifici in muratura, nati, magari, con
una copertura leggera in legno. Proprio il legno e anche l’acciaio sono materiali che, probabilmente, si sposano molto meglio con una muratura antica che non con il cemento armato.
Cosa manca all’Italia affinché si raggiunga un adeguato livello di cultura della prevenzione
antisismica? Cosa propone Enea?
Avete centrato in pieno il vero problema, perché da un punto di vista tecnico sappiamo già cosa fare, sia
per le nuove costruzioni, sia per quelle esistenti. Il problema è, intanto, reperire i fondi. Poi, come far cambiare la mentalità. L’Enea ha individuato tre aspetti principali che sono: in primis la formazione di un’anagrafe
del costruito. Quindi dobbiamo censire e sapere quello che c’è e in che condizioni si trova, in modo da
poter stabilire delle priorità. Il secondo punto è l’istituzione di un’assicurazione obbligatoria: questo è un
progetto che abbiamo portato avanti assieme a Federproprietà, all’ordine degli ingegneri di Roma e ad altre
realtà, già negli anni scorsi. Abbiamo presentato una proposta che è in Senato dal giugno 2013. Tengo a
precisare che a noi non interessa tanto chi pagherà i costi di ricostruzione, anche se pure questo è importante, ma il fatto che l’assicurazione costituirebbe uno stimolo, uno strumento per avviare una prevenzione.
Per poter assicurare un edificio bisogna, innanzitutto, capire in che condizioni di sicurezza si trovi e questo
nell’interesse della compagnia di assicurazione e di chi deve pagare. Il concetto è che paga di più chi ha un
edificio poco sicuro e non chi abita in zone ad alto rischio sismico. Il terzo punto è quello di una sorta di
certificazione, esattamente come si fa nell’ambito dell’efficienza energetica: l’edificio deve avere un suo voto,
anche da un punto di vista strutturale. Da questo voto, o classe di appartenenza, deve dipendere il suo
costo. Questo invoglierebbe cittadini e amministratori a investire sulla sicurezza.
LA TARGA AMMINISTRATORE È DIVENTATA OBBLIGATORIA
Cosa dice la Legge 11 dicembre 2012, n. 220, art. 9:
Art. 9 - “Sul luogo di accesso al condominio o di maggior uso comune, accessibile
anche ai terzi, è affissa l’indicazione delle generalità, del domicilio e dei recapiti,
anche telefonici, dell’amministratore. In mancanza dell’amministratore, sul luogo
di accesso al condominio o di maggior uso comune, accessibile anche ai terzi, è
affissa l’indicazione delle generalità e dei recapiti, anche telefonici, della persona
che svolge funzioni analoghe a quelle dell’amministratore”.
LA TARGA “FURBA“
• È costituita da un pannello di fondo in Forex ignifugo da 2 mm e da un pannello frontale di Plexiglass colato da 3 mm. Può essere applicata all’esterno,
resiste alle intemperie, praticamente eterna. Antivandali in quanto rilucidabile.
Misure consigliate base cm 21 x altezza cm 15.
• Scoraggia i furti in quanto sul pannello frontale c’è un adesivo stampato a
specchio dall’interno recante l’indirizzo personalizzato del Condominio.
• Resta del condominio anche in caso di avvicendamento di amministratori
in quanto i dati anagrafici dell’Amministratore sono stampati su una scheda in
PVC adesivo del tipo “attacca e stacca” per una facile rimozione e sostituzione
nel caso di cambio di indirizzo o variazioni anagrafiche dell’Amministratore.
Due fori mediani la assemblano
saldamente e la assicurano
al muro con i relativi coprifori
che completano l’estetica
PER GLI ABBONATI DI ITALIA CASA
la qualifica di “amministratore costantemente aggiornato”.
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