Biografie di donne coraggiose nel mondo islamico

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Biografie di donne coraggiose nel mondo islamico
Biografie di donne coraggiose nel mondo islamico
a cura del Comitato per la Foresta dei Giusti
Khalida Toumi Messaoudi, algerina, ministro della
Comunicazione e della Cultura dal 2001, è il simbolo del movimento
per i diritti e le pari opportunità delle donne nei Paesi islamici.
E’ nata nel 1958. Di origine cabila, scrittrice ed ex insegnante di
matematica, sceglie di dedicare la sua vita alla lotta per
l’affermazione della parità tra i sessi, fondando nel 1985
l’“Associazione per l’uguaglianza tra l’uomo e la donna davanti alla
legge”, a seguito dell’approvazione in Algeria del Codice della
famiglia che reprime e schiaccia i diritti delle donne.
Nel marzo del 1993 è condannata a morte dal Fronte Islamico
(F.I.S.), movimento fondamentalista algerino. Di conseguenza vive
in clandestinità nel suo paese, rifiutando l’esilio per non
abbandonare i suoi compatrioti. (Il marzo 1993 è chiamato dagli
algerini “Marzo nero” a causa dei numerosi crimini effettuati dai
terroristi). Il 12 giugno 1993 una lettera del Movimento per lo Stato
Islamico (MEI) firmata da Said Makhloufi ufficializza la sua
condanna a morte. L’anno dopo durante una manifestazione
pacifista Khalida viene ferita ad una gamba. L’attentato che provoca
diversi morti e decine di feriti non ferma i manifestanti che
continuano a marciare.
Nonostante la condanna a morte continua a guidare numerosi cortei
di donne che accusavano i politici di legarsi ai fondamentalisti.
Nel 1997 Khalida è eletta in Parlamento ed oggi, in qualità di
ministro, fa parte della commissione nazionale promossa dal
Presidente Bouteflika per l’elaborazione di un nuovo Codice di
famiglia.
Ayaan Hirsi Ali, europarlamentare, 33 anni, laureata in scienze
politiche, scrittrice, è nata a Mogadiscio. Figlia di un politico somalo,
Hirsi Magan, noto esponente dell’opposizione contro Siad Barre,
Ayaan cresce in un ambiente strettamente musulmano. Questo
significa che è nata muslim senza possibilità di scelta: durante
l'infanzia subisce la rituale mutilazione genitale cui sono sottoposte
tutte le donne somale. Quando emigra con la famiglia in Arabia
Saudita si adatta all’imposizione del velo islamico e alla proibizione
alle frequentazioni esterne.
Per sfuggire al matrimonio combinato per lei dal padre, musulmano
osservante, si allontana dalla famiglia e si rifugia in Europa. Dal
1992 vive in Olanda, dove è inizialmente un’esponente della
sinistra, per poi migrare, con una mossa controversa ma
sintomatica delle sue posizioni personali, nelle fila del partito
liberale.
In Olanda perfeziona la lingua e si iscrive all'Università. Dopo la
laurea lavora presso l’ufficio studi del partito socialdemocratico.
Il suo è un attivismo mirato alla protezione delle donne di religione
musulmana. Documenta centinaia di casi di violenza fisica,
pestaggi, incesti, abusi sessuali accusando le autorità olandesi di
fare troppo poco per porre fine queste pratiche. Proprio a seguito di
queste denunce giungono le prime minacce di morte. Si nasconde
all'estero, poi viene posta sotto protezione della polizia.
Ayaan Hisri Ali è nota per avere scritto la sceneggiatura del film
Submission Part1, ritenuto blasfemo dai fondamentalisti islamici e
costato la vita al regista olandese Theo Van Gogh, orribilmente
ucciso (sgozzato) da un fanatico. Anche la giovane scrittrice è
colpita da una fatwa, condanna che, secondo il Corano, può essere
eseguita da qualsiasi musulmano nel mondo. Oltre ai rischi concreti
del vivere con una condanna a morte sulla testa ciò ha comportato
di fatto la perdita dei contatti con la famiglia e la comunità di
appartenenza. Rientrata in Olanda, è stata eletta in Parlamento, ma
si è dimessa nel maggio del 2006, dopo aver subito la minaccia, da
parte del ministro dell’immigrazione, Rita Verdonk (appartenente al
suo stesso partito) di ritiro della nazionalità olandese per aver
fornito alle autorità dei dati anagrafici imprecisi al momento del suo
ingresso nel paese con lo scopo di ottenere lo stato di profuga.
Dopo lo scandalo suscitato dalla presa di posizione della Verdonk, la
deputata di origine somala ha deciso di lasciare l’Olanda per
emigrare negli Stati Uniti, anche se il ministro ha fatto marcia
indietro e le ha restituito il passaporto olandese.
Amina Wadud, nata negli Stati Uniti 1953 è professoressa di
studi islamici presso il Dipartimento di filosofia e studi religiosi
dell'Università americana della Virginia. Per la prima volta venerdì
18 marzo ha guidato la preghierà comunitaria in una moschea di
New York. Lo sceicco Yussef al-Qarasawi, membro Fratellanza
Musulmana, ha emesso una fatwa, un editto religioso, pubblicato
sulla stampa del Qatar, in cui si condanna a morte Amina Wadud.
La donna, leader del gruppo Muslim Wakeup (Risveglio
musulmano), aveva condotto il rito nella sala delle conferenze della
Casa del Sinodo della Cattedrale di St. John the Divine (una chiesa
anglicana), dopo che tre moschee avevano rifiutato di ospitare
l'evento ed una galleria d'arte aveva fatto marcia indietro in seguito
a delle minacce di attentati. Circa cento fedeli tra uomini e donne
hanno pregato insieme sfidando i fondamentalisti.
L'attivismo a favore della parità tra i sessi di Amina Wadud è da
tempo sostenuto da diverse associazioni islamiche americane che
hanno organizzato diverse manifestazioni pubbliche e campagne di
sensibilizzazione. Suoi principali sostenitori sono le due associazioni
Muslim WakeUp e Muslim Women's Freedom.
Wadud ha pubblicato un libro "Qur’an and woman. Rereading the
sacred text form a woman’s prospective" (1999, Oxford University
Press), che ha suscitato numerose polemiche tra i musulmani di
tutto il mondo per le sue posizioni a favore dei diritti delle donne
fondato su argomentazioni teologiche, cioè sulle fonti stesse
dell'Islam.
Nel suo libro Amina Wadud sostiene che "il profeta Muhammad ha
permesso a una donna di guidare la preghiera".
Fatima Mernissi è nata a Fez, in Marocco, nel 1940. E’
considerata in tutto il mondo una fra le più autorevoli e originali
intellettuali dei paesi arabi, grazie al suo innovativo lavoro di
sociologa e studiosa dell’Islam. Ha completato la sua formazione
accademica studiando alla Sorbona e alla Brandeis University negli
USA e oggi insegna sociologia all’Università Mohammed V di Rabat,
in Marocco. Nota in Italia per i suoi romanzi e in particolare per La
terrazza proibita (Giunti, 2005), si è sempre distinta per le
coraggiose prese di posizione a favore della libertà femminile, che
giudica perfettamente compatibile con i precetti del Corano.
I suoi libri sono letti in tutto il mondo e tradotti in più di venti
lingue. Dal 1997 sostiene il programma “Sinergie Civique” e dal
2000 anima gli incontri che vanno sotto il nome di “Caravane
Civique”, giunti alla sesta edizione. Il progetto consiste
nell’organizzare workshop in alcune delle realtà periferiche del
paese, coinvolgendo professionisti della comunicazione che si
prestino ad entrare in contatto con gli aderenti alle molte, minuscole
e spesso finanziariamente inesistenti, organizzazioni non
governative (ong) marocchine.
Bibliografia sintetica
Le donne del profeta, ECIG, 1992
Le sultane dimenticate, Marietti, 1992
Chahrazad non è marocchina, Sonda, 1993
La terrazza proibita, Giunti, 1996
L’harem e l’Occidente, Giunti, 2000
Islam e democrazia, Giunti, 2002
Karawan. Dal deserto al web, Giunti, 2004
La terrazza proibita. Vita nell'harem, Giunti, 2005
Mehrangiz Kar (1944), avvocato, scrittrice, docente
all’Università di Harvard, è perseguitata dal regime iraniano per il
suo impegno in difesa dei diritti umani, in particolare delle donne.
Nata ad Ahvaz, nel sud dell’Iran, ha frequentato il College of Law
and Political Science all’Università di Teheran. Dopo la laurea ha
lavorato per il Sazman-e Ta’min-e Ejtemaii (Institute of Social
Security) e pubblicato oltre 100 articoli su questioni sociali e anche
di carattere politico.
Arrestata il 29 aprile 2000 per aver partecipato a Berlino, insieme ai
più importanti scrittori e intellettuali iraniani, a una conferenza
accademica sul tema della riforma politica e sociale dell’Iran, è
stata processata a porte chiuse senza le garanzie della difesa e
condannata a quattro anni di reclusione con capi d’imputazione
arbitrari e grotteschi, come “azioni contrarie alla sicurezza
nazionale” o “violazione del codice sul vestito islamico”.
Rilasciata su cauzione prima del processo, si è recata negli Stati
Uniti per curare un cancro al seno. Dopo la sua partenza il marito, il
giornalista Siamak Pourzand, anch’egli impegnato nella critica al
regime, è scomparso e Mehrangiz ha ricevuto forti pressioni da
Teheran per tacere. I suoi tentativi di avere notizie attraverso
istituzioni governative e organizzazioni per i diritti umani sono falliti
e gli appelli lanciati insieme alle figlie Leila e Azadeh alle reti
televisive e radiofoniche internazionali non hanno avuto esito. Le
forze di sicurezza del governo hanno tuttavia annunciato, settimane
dopo la sua scomparsa, che il Sig. Pourzand si trovava nelle carceri
della Repubblica islamica con le accuse di spionaggio e minaccia alla
sicurezza nazionale. Il 3 maggio 2002 la Tehran Press Court ha
emesso a suo carico una condanna a otto anni di detenzione.
Nel frattempo, l’8 gennaio 2002, la sentenza definiva contro
Mehrangiz Kar le ha ridotto la pena a sei mesi di detenzione.
Kar ha pubblicato molti lavori sulle problematiche femminili.
Bibliografia sintetica:
Children of Addiction: Social and Legal Position of the Children of
Addicted Parents (Figli della tossicomania: posizione sociale e
legale dei figli di genitori tossicomani), Iran, 1990.
Quest for identity: The Image of Iranian Women in Prehistory and
History (Ricerca di identità: l’immagine delle donne iraniane nella
preistoria e nella storia) Vol. 1 e 11 (Vol. 1 1992, vol. II pronto per
la stampa), curato con Shahla Lahiji, prima donna editore in Iran,
accusata e condannata nello stesso processo di Mehrangiz.
Angel of Justice and Patches of Hell, (Angelo di giustizia e
frammenti di inferno), una collezione di saggi sullo status e la
posizione della donna nell’Iran pre- e postrivoluzionario.
Women in the Iranian Labor Market (Donne nel mercato del lavoro
iraniano, 1994) e Legal Structure of the Family System in Iran
(Struttura legale del sistema familiare in Iran).