Ripartire dal primo annuncio: come?

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Ripartire dal primo annuncio: come?
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Albate (Como) – 11.11.2007 - Convegno Missionario Diocesano
Ripartire dal primo annuncio: come?
Relazione del lavoro di gruppo – Padre Giorgio Giboli – Gruppo 1
1 - Cosa ci possono dire le testimonianze ascoltate sul “come”fare il primo annuncio
nelle diverse situazioni di missione?
• Dimostrano l’attenzione alla persona in sé. Si è notata l’attenzione posta alle necessità
primarie (istruzione, sanità…) da preti e laici spinti da qualcosa di più grande.
• Testimonianza di un Cristo che invia gratuitamente, che ci stimola e ci spinge.
• L’evidenza prima è che il bene e il far del bene avvicina.
• Sono stati sottolineati l’adattamento alla situazione e lo sforzo di studiare quello
che c’è. La domanda di partenza è: “Gli altri cosa aspettano da noi?”.
• Ci hanno ricordato l’importanza e l’urgenza di far missione tra noi. Che è poi il far
sentire bene
quelli che sono vicini a noi.
• È importantissimo saper fare comunione. Creare feeling.
• Non andare con i tuoi progetti, ma prima capire i problemi di quella gente, in
quella situazione
concreta. È l’incarnazione nella realtà.
2 – Ci sono esperienze di “primo annuncio” da noi? Se sì, sono lasciate alla iniziativa del
singolo, oppure la comunità è coinvolta o si sta organizzando per favorirle? Come?
• Occorre riscoprire sempre quanto c’è intorno. Ci deve essere partecipazione a quanto
accade.
• Esperienze personali, sì. Come comunità, no.
• La parrocchia è strutturata all’annuncio con l’amministrazione del battesimo e con
incontri tra famiglie.
• Occorre confrontarci con la comunità musulmana. Accoglienza, coerenza di scelta di
vita non materialista. Ci si deve confrontare sul modo di vivere.
• Un immigrato del Ghana è stato aiutato in un percorso di preparazione al battesimo.
• C’è difficoltà, ma anche molta gioia nella catechesi di giovani di 1ª e 2ª superiore,
anche con presenza di ragazzi musulmani.
• Nelle scuole ho provato a testimoniare, ma una scuola “laica” mi ha impedito la
preghiera.
3 – Nella nostra zona o parrocchia chi potrebbero essere i destinatari del “primo
annuncio”?
•
•
•
•
•
I nostri famigliari.
Le famiglie in difficoltà estreme.
I ragazzi e i giovani: sono il futuro.
I carcerati.
I ragazzi e le ragazze bisognosi di affido.
4 – Chi potrebbe portarlo avanti? Quali conversioni, personali e comunitarie, stiamo
facendo o dovremmo fare?
• I catechisti, prima di tutto.
• I preti e le parrocchie più aperte.
• Gli insegnanti di religione nella scuola che devono essere più coerenti ed entusiasti.
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• Sui modi occorre ad esempio offrire più spesso testimonianze di primo annuncio.
• Ci vuole una apertura maggiore verso la gente che viene da altri paesi.
• Occorre mettere Gesù Eucaristia al centro della vita. Ad esempio si ricorre agli
psicologi ma non si sta in ginocchio davanti all’Eucaristia.
5 – Quali domande ci sembra importante rivolgere al Vescovo su questo tema?
• Occorre aprire il cuore ai preti.
• Ci vorrebbero preti dedicati in modo speciale ai giovani, sono loro i destinatari del
primo annuncio.
• Le parrocchie dovrebbero essere aperte anche ad altre zone del mondo, non solo alla
propria realtà.
• Perché i preti non si occupano meno dell’ambito liturgico, aprendosi di più al resto?
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Relazione del lavoro di gruppo – Padre Aurelio – Gruppo 2
1 – Cosa ci possono dire le testimonianze ascoltate sul “come” fare il primo annuncio
nelle diverse situazioni di missione?
• Dalla testimonianza sulla Colombia: il ripartire dalla persona concreta e dal suo
bisogno.
• Pur nelle diverse situazioni il centro è ripartire da Cristo. Anche qui per noi: solo
facendo l’esperienza personale di Cristo posso portarlo agli altri.
• Fondamentale è conoscere la realtà (vedere) per poter agire.
• Il nostro vivere nel benessere ci fa perdere alcuni valori.
• In Italia manca il senso della ‘Comunità di base ’ l’importanza dei laici è qui in secondo
piano, c’è una grossa centralità del sacerdote e manca l’iniziativa dei laici
nell’evangelizzazione.
• Dalla testimonianza sul Bangladesh: viene da chiedersi se abbiamo la pazienza di
conoscere la nostra realtà, le famiglie che abbiamo intorno.
• Dalla testimonianza sul Mozambico: sono fondamentali le Piccole Comunità in cui si
parla e si discute del Vangelo.
• Portare il Cristo non con parole ma con una esperienza nostra di vita.
• Mi piace il metodo vedere-giudicare-agire. Vuole dire allora che occorre, come prima
cosa, conoscere la realtà italiana per poter fare un primo annuncio qui.
• Il benessere ci sta rovinando. Gli altri hanno i loro ‘valori’ , noi li perdiamo.
• Sul ruolo dei laici nelle Comunità Ecclesiali di Base: i laici valgono quanto i preti e di
più.
• Come formare i laici? È una domanda importante. Ma occorre anche convertire i preti!
• Dalla testimonianza sul Bangladesh: ci vuole pazienza, presenza, inculturazione. Bello
ad esempio aver sentito la scelta dei teatri per comunicare. Forse occorre sforzarsi di
parlare con i nostri giovani, usando il loro linguaggio, per accogliere innanzitutto questi
“stranieri”.
• Occorre cambiare forma di catechesi, trovare una metodologia differente.
• I documenti ufficiali continuano ad insistere: l’“ad gentes” è il paradigma e il modello
per fare evangelizzazione in Italia. Non basta più suonare le campane e aspettare che la
gente venga.
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2 – Ci sono esperienze di “primo annuncio” da noi? Se sì, sono lasciate all’iniziativa del
singolo, oppure la comunità è coinvolta o si sta organizzando per favorirle? Come?
• In parrocchia (Prestino) stiamo vivendo l’esperienza di catechesi nelle famiglie.
• Ci si accorge che serve una formazione. C’è un’idea della ‘missione’ ancora
strettamente legata al “fare carità” , serve una conversione.
• Occorre sempre distinguere tra catechesi e conoscenza della Parola.
• Ripartiamo dalla centralità della famiglia e dalla sua evangelizzazione.
• Esperienza di Sondrio: avvicinare i più piccoli al concetto di missione attraverso
l’esperienza di adozione a distanza.
• Occorre partire dalla nostra testimonianza. Noi laici non siamo pronti a rivestire un
ruolo, non siamo pronti, non riusciamo ad assumerci delle responsabilità. La comunità
ecclesiale italiana non è pronta ad un ruolo di laici diverso.
• Esperienza della Zona Grigne: coi bambini si è puntato sulla Quaresima.
• Esperienza di Tavernola: l’avere un parroco missionario (fidei donum in Camerun per
tanti anni), ha portato alla organizzazione di una rete di laici che coinvolge tutta la
parrocchia. I giovani sono poi stati invitati ad uscire dall’Oratorio per andare ad
incontrare gli altri al Centro Commerciale.
3 – Nella nostra zona o parrocchia, chi potrebbero essere i destinatari del “primo
annuncio”?
• Esperienza della Zona Prealpi: né per adulti, né per giovani ci sono esperienze
coinvolgenti. Si coglie aridità, non si parla di Gesù.
• Esperienza di Albate: alle famiglie che scelgono di battezzare il proprio figlio si propone
di incontrare le altre che stanno facendo la stessa esperienza, per un confronto e una
occasione ai genitori stessi di riavvicinarsi.
• Dobbiamo sempre chiederci: noi siamo responsabili di qualcuno o di qualcosa?
4 – Chi potrebbe portarlo avanti? Quali conversioni, personali e comunitarie, stiamo
facendo o dovremmo fare?
• Viene da chiedersi, riguardo alla conversino da fare: quale strada per coinvolgere
maggiormente il laicato nella parrocchia? Cioè: come superare il “parroco-centrismo”
5 – Quali domande ci sembra importante rivolgere al Vescovo su questo tema?
• Dalle esperienze ascoltate ci sono pochi sacerdoti per molti abitanti, da noi la
situazione è rovesciata, come mai non c’è una spinta missionaria?
• Lei si sente missionario?
• Quale strada per coinvolgere maggiormente il laicato nella parrocchia?
• Secondo Lei sono sufficienti i sacerdoti nella nostra diocesi?
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Relazione del lavoro di gruppo – Gabriella Roncoroni – Gruppo 3
1 - Cosa ci possono dire le testimonianze ascoltate sul “come”fare il primo annuncio
nelle diverse situazioni di missione?
• I tre testimoni hanno colto la realtà in cui si sono trovati,mettendosi in ascolto della
gente e delle situazioni concrete. Di conseguenza è stato loro possibile portare il
Vangelo.
• Tutti e tre hanno fatto una lettura economica e politica della realtà, cosa che qui non
c’è in modo così evidente.
• Eco molto forte nelle testimonianze: c’è un invito molto grande all’ascolto e a far
crollare i tabù per prendere in mano la Bibbia.
2 – Ci sono esperienze di “primo annuncio” da noi? Se sì, sono lasciate alla iniziativa del
singolo, oppure la comunità è coinvolta o si sta organizzando per favorirle? Come?
• Perplessità: oggi nelle parrocchie non si evangelizza.
• Ci vorrebbe una presenza evangelizzatrice negli ospedali e nei luoghi di lavoro.
• Oggi dobbiamo uscire ed andare dove c’è bisogno.
• Nelle nostre parrocchie o zone non c’è niente di strutturato.
• La parrocchia dovrebbe prepararti ad evangelizzare in qualsiasi situazione.
• L’opera di formazione è importante.
• Difficile dire che la parrocchia non forma per uscire. Forse non sempre si colgono le
opportunità formative che essa, o le parrocchie vicine, offrono.
• La parrocchia non risponde alle attese e ai bisogni della gente: non è la vita che è in
gioco. Occorre fare poco, ma che sia l’essenziale. Manca invece questo essenziale, che
permette di collegare la vita al messaggio di Gesù.
• A Chiavenna c’è stata l’esperienza del gruppo del Vangelo.
• Anche l’Azione Cattolica ha tentato una pastorale d’ambiente, uscendo dallo stretto
cerchio di persone che partecipano ai gruppi.
• Le scelte di partenza andrebbero individuate parrocchia per parrocchia.
• Oggi c’è un grande individualismo. Occorre ripartire dal nucleo della comunità
cristiana: la famiglia, le parsone.
• A Prestino si sta tentando la lettura del Vangelo nelle famiglie, come modo di primo
annuncio.
3 – Nella nostra zona o parrocchia chi potrebbero essere i destinatari del “primo
annuncio”?
• La nostra Chiesa non si è ancora resa conto della situazione in cui si trova, per cui
continuiamo a fare una pastorale come se tutti fossero cristiani.
• Ad esempio la preparazione al matrimonio è tutta da evangelizzare.
• I genitori che si preparano al battesimo dei figli.
• Il punto grosso è oggi come evangelizzare quelli che sono cristiani.
4 – Chi potrebbe portarlo avanti? Quali conversioni, personali e comunitarie, stiamo
facendo o dovremmo fare?
• Una modalità concreta potrebbe essere il dare gli spazi della parrocchia a tutti: dalla
festa di compleanno alla riunione di condominio.
• Importante anche creare un clima nella celebrazione: che non sia una massa anonima
quella radunata in chiesa.
• Non dimentichiamo mai che la Chiesa è per il mondo.
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5 – Quali domande ci sembra importante rivolgere al Vescovo su questo tema?
Osservazione critica emersa durante il lavoro di gruppo
Si continua sempre con la metodologia italiana: dei relatori parlano per quattro ore e la
gente ascolta, senza avere il coraggio di partire dal basso!
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Relazione del lavoro di gruppo – Padre Marco Ballabio – Gruppo 4
1 - Cosa ci possono dire le testimonianze ascoltate sul “come” fare il primo annuncio
nelle diverse situazioni di missione?
• Tutte le tre testimonianze hanno mostrato che la prima cosa è mettere al cento Gesù
Cristo.
• Rispettare le culture facendo conoscere Gesù Cristo.
• Essere missionari qui e anche ai lontani.
• Al tempo di Gesù, pochi discepoli sono andati in giro per tutto il mondo.
• Elementi comuni alle tre testimonianze: ascolto, importanza della comunità, ruolo
principale della parola sull’agire, capacità di rapportarsi con le culture, coraggio di far
saltare gli schemi (ciò dovrebbe essere ottenuto anche da noi),
• Bisogna portare novità e ripartire con una pastorale evangelizzatrice e meno dedita ai
sacramenti.
• Primo atteggiamento che annuncia è il saper salutare le persone che si incontrano.
• La missione è un modo di essere.
• Dobbiamo prima evangelizzare noi stessi, cioè rimettere al centro della vita Gesù
Cristo: già proponendomi in questo modo evangelizzo.
• La crescita spirituale va unita ad una crescita sociale, cioè la persone va presa in tutti i
suoi aspetti.
• La difesa delle persone (giustizia, pace, sviluppo ecc.) incomincia con chi ci vive
accanto, anche se “si va con la ridotta”.
• Hanno comunicato tutti e tre che bisogna avere tanto Amore per Gesù per poter
evangelizzare.
2 – Ci sono esperienze di “primo annuncio” da noi? Se sì, sono lasciate alla iniziativa del
singolo, oppure la comunità è coinvolta o si sta organizzando per favorirle? Come?
• Una esperienza bella è quella raccontata da una coppia di amici dell’Albania. Purtroppo
però ora è un po’ caduta.
• A Sondrio s’è vissuta l’esperienza dei centri di ascolto, con il tentativo di avvicinare i
lontani: si è andati a bussare a tutte le porte, a suonare tutti i campanelli delle vie per
invitare i lontani ad una esperienza di preghiera.
• Una proposta potrebbe essere avere il coraggio di fermare per due anni i sacramenti, e
preparare un piano pastorale di evangelizzazione e sacramenti. Forse così si uscirebbe
dal solito tran tran.
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• Occorre incoraggiare e coinvolgere il laicato nell’evangelizzazione. Dare più ascolto al
laicato e avere il coraggio di modificare la pastorale ordinaria. Il laicato sarebbe pronto a
questo. È importante però dare fiducia perchè è demoralizzato.
• Rieduchiamoci alla evangelizzazione su tutti i fronti: preti, laici, religiosi. Ognuno pensi
al proprio ruolo.
• Occorre avere il coraggio cambiare le nostre celebrazioni eucaristiche.
• Riprendiamo lo slogan “Pane e Signore”: anche i giovani sono più sensibili alla carità.
• Occorre essere noi profeti con tanto entusiasmo che viene dall’amore.
3 – Nella nostra zona o parrocchia chi potrebbero essere i destinatari del “primo
annuncio”?
• Gli extracomunitari. Occorre iniziare ad accettarli come persone e non come rivali.
Essere persone aperte nell’accettare per essere missionari.
• Ricordiamoci sempre che chi converte è Gesù non io.
• I vicini di casa.
• I divorziati, ora singoli, pensando per loro una pastorale nuova.
4 – Chi potrebbe portarlo avanti? Quali conversioni, personali e comunitarie, stiamo
facendo o dovremmo fare?
• C’è il tentativo in dicesi di formare ad una metodologia di approccio nuovo alla Bibbia,
rivolgendosi specialmente ai gruppi missionari. Questi però dovrebbero partecipare
maggiormente, non solo essere dediti al “fare”.
• Una conversione personale è quella ad un diaconato permanente.
5 – Quali domande ci sembra importante rivolgere al Vescovo su questo tema?
• Si ha il coraggio, come Diocesi, di far saltare gli schemi vecchi?
• Come incominciare a mettere al centro della vita e della pastorale Gesù Cristo?
• Proposta: mettersi assieme preti laici e preparare un piano di pastorale che coinvolga i
lontani.
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Relazione del lavoro di gruppo – Alda Vola – Gruppo 5
1 - Cosa ci possono dire le testimonianze ascoltate sul “come”fare il primo annuncio
nelle diverse situazioni di missione?
• È importante partire dall’ascolto degli altri per scoprire quali sono i bisogni e cercare,
poi, di dare una risposta. Il primo passo per un annuncio che sia fecondo è seminare
dove c’è bisogno e a seconda del bisogno.
• Nelle nostre parrocchie siamo spesso costretti dalle mille attività tanto che a volte non
ci accorgiamo di quelli che sono i reali bisogni. Dovremmo osare, avere il coraggio di non
accontentarci della “pastorale ordinaria”, ma di fare qualcosa in più. Non dobbiamo
aspettare che gli altri vengono nella Chiesa (una volta si era tutti cristiani e questo
avveniva automaticamente), oggi siamo chiamati come veri missionari a partire, ad
andare per le strade del mondo – anche quelle dei nostri paesi – per portare Gesù.
• Le attività parrocchiali a volte sembrano più interessate ai sacramenti che
all’evangelizzazione e sembrano procedere su binari diversi rispetto alla vita quotidiana.
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Quanto è importante, invece, calare il Vangelo nella vita concreta e, a questo proposito,
quanto ci stimolano le esperienze delle Comunità di base!
• Alle volte il rischio è quello di fare diventare tutto ciò che si fa una routine e di mettere
da parte Gesù, il vero e primo annuncio. Talvolta anche chi è più “addentro” fa le cose
senza essere più motivato.
• È importante “usare” la gente, prepararla, soprattutto sulla Parola che è ciò che fa
luce.
• Il primo annuncio è il nocciolo della nostra fede. Sarebbe opportuno sfruttare ogni
occasione (es. corso fidanzati, preparazione battesimo e altri sacramenti) per insistere e
dare ogni volta questo nocciolo.
2 – Ci sono esperienze di “primo annuncio” da noi? Se sì, sono lasciate alla iniziativa del
singolo, oppure la comunità è coinvolta o si sta organizzando per favorirle? Come?
• Abbiamo constatato che in alcune realtà ci sono state esperienze di primo annuncio
portate avanti da comunità (come per esempio centri di ascolto/lettura della Parola,
missioni parrocchiali), anche se, una volta scemato l’entusiasmo, le cose sono spesso
tornate come prima e non si è dato un seguito significativo e che “allargasse il giro” e
fosse così occasione di primo annuncio ai lontani.
• Il più dello volte, invece, esperienze di primo annuncio sono lasciate all’iniziativa del
singolo soprattutto attraverso la sua testimonianza personale.
3 – Nella nostra zona o parrocchia chi potrebbero essere i destinatari del “primo
annuncio”?
• In primis noi stessi perché, anche se battezzati e impegnati nella Chiesa, si corre il
rischio di fare e fare, perdendo il significato delle cose. Anche noi dobbiamo
evangelizzarci ogni giorno, se vogliamo poi farci evangelizzatori.
• Nelle nostre comunità ci sono persone che conoscono Gesù, ma non il Gesù vero. Non
leggendo la Parola, non frequentando la catechesi, non appurando con verità ciò che
dice e pensa la Chiesa, è facile farsi idee sbagliate.
• I tanti extracomunitari che sempre più ci vivono accanto, alcuni dei quali non hanno
mai sentito parlare di Cristo.
4 – Chi potrebbe portarlo avanti? Quali conversioni, personali e comunitarie, stiamo
facendo o dovremmo fare?
• La Diocesi dovrebbe formare su queste problematiche, dare strumenti e valorizzare
capacità di persone, chiamate poi ad andare in zone e parrocchie a portare la loro
esperienza, preparazione e competenza.
• I laici, il cui ruolo dovrebbe essere valorizzato, perché essi vivono nel mondo, perché
essi incontrano nei luoghi informali proprio chi ha bisogno e/o desidera convertirsi.
• Pensando soprattutto ai giovani, oggi sempre più lontani dalla Chiesa, valorizzare la
pastorale di strada: cercare il modo di essere presenti in discoteche, strade e altri luoghi
dove poter incontrare chi ha bisogno del nostro primo annuncio.
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Relazione dal lavoro di gruppo – Suor Petronila – Gruppo 6
1 – Cosa ci possono dire le testimonianze ascoltate sul “come” fare il primo annuncio
nelle diverse situazioni di missione?
• Il missionario parte con alcune idee, poi sul campo capisce che queste sono da
modificare in base alla realtà e alla gente incontrata, poiché le modalità di vivere la fede
sono molto diverse.
• Il missionario deve avere rispetto delle tradizioni della comunità in cui arriva.
• Il missionario deve sapere mettersi in ascolto della gente che incontra (necessità
dell’apprendimento della lingua locale).
• Per quanto le modalità di vivere la fede possano essere diverse, il messaggio che deve
essere annunciato però è comune: è il kerigma, centrato sull’incontro con Gesù.
• Necessità di andare verso chi è diverso con lo stile che è proprio di Gesù.
2 – Ci sono esperienze di “primo annuncio” da noi? Se sì, sono lasciate all’iniziativa del
singolo, oppure la comunità è coinvolta o si sta organizzando per favorirle? Come?
• L’iniziativa del singolo nel “primo annuncio” è una caratteristica propria del cristiano.
• Le parrocchie sono evidentemente bloccate per quanto riguarda il “primo annuncio”,
sono chiuse su se stesse e fanno fatica a prendere coscienza di questo problema.
• Esistono alcuni movimenti o associazioni che invece fanno del “primo annuncio” una
caratteristica della loro spiritualità.
• Spesso le nostre comunità possono essere definite addormentate e sedute.
• Questa chiusura si ripercuote anche sul singolo cristiano che spesso vive la propria
fede in maniera egoistica, “vedendo solo ciò che vuole vedere”.
• E’ necessario sostenere chi si occupa di primo annuncio con la preghiera ma anche con
mezzi di sostentamento materiali.
• E’ fondamentale il ruolo del singolo in quanto le relazioni che si hanno ogni giorno con
chi ci sta accanto sono l’unico, vero ed efficace veicolo del “primo annuncio”.
• E’ fondamentale la formazione del laicato, per potere dare contenuti e modalità a ciò
che si annuncia.
3 – Nella nostra zona o parrocchia, chi potrebbero essere i destinatari del “primo
annuncio”?
• I primi destinatari del “primo annuncio” siamo noi, così da poter portare in seguito ciò
che si è ricevuto agli altri.
• E’ fondamentale prima “essere” e poi “fare”.
• Da alcuni recenti sondaggi emerge che buona parte di chi si definisce cristiano non
conosce i Vangeli: è fondamentale ripartire dalla Parola per potere riscoprire il vero
contenuto del “primo messaggio”.
• E’ necessario che gli adulti possano trasmettere alle nuove generazioni il messaggio di
Gesù Cristo attraverso una testimonianza vera, nella vita di tutti i giorni.
• Il discorso della nuova evangelizzazione ci punge sul vivo, in quanto è necessario
ripartire da capo per potere dare vita ad un vero “primo annuncio”.
• Il post-Cresima è un’età critica in cui si concretizzano delle domande che necessitano
di riposte vere: i giovani di questa età hanno bisogno di trovare queste risposte in Gesù
Cristo, il vero problema è scoprire le modalità di annunciare loro in modo efficace questo
messaggio.
• La scuola, la famiglia e la società sono luoghi in cui si dovrebbero trovare delle
risposte: oggi purtroppo assistiamo ad un loro indebolimento progressivo.
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4 – Chi potrebbe portarlo avanti? Quali conversioni, personali e comunitarie, stiamo
facendo o dovremmo fare?
• La conversione comunitaria si basa su due elementi: la Parola e la formazione del
laicato.
• Necessità che i religiosi si diano da fare per la formazione del laicato, in vista della
necessità di attuare il “primo annuncio”.
• E’ scorretto vedere una Chiesa piramidale, ma si deve entrare nella logica che ognuno,
in base alla propria vocazione, ha un ruolo: entrati in questa ottica è possibile parlare di
corresponsabilità dell’annuncio.
• Prima di arrivare al “primo annuncio” in una logica di corresponsabilità è fondamentale
la conversione personale.
• Ricordiamoci che non siamo noi a convertire: noi facciamo la proposta, ma è lo Spirito
che converte.
Interventi liberi in coda
• Necessità di essere una parrocchia missionaria in un mondo che cambia.
• Quando si parla di parrocchia missionaria si intende parrocchia “mandata”: allora la
domanda che ci si deve porre non è “perché non vengono?”, ma “perché non andiamo?”.
• Fare attenzione alle due sfumature del clericalismo: la figura del prete che deve gestire
in prima persona tutto, oppure la comunità pretende che sia il prete a gestire tutto.
• È evidente un’enorme necessità del primo annuncio, perché Cristo è sconosciuto;
• Nella pastorale, qualsiasi tipo di pastorale, non sono i contenuti che mancano (per
quelli basta basarsi sulla Parola) ma è il metodo quello che permette di raggiungere gli
obbiettivi e far sì che i contenuti possano divenire efficaci.
• Importanza del saluto nella relazione con gli altri: nella società di oggi, vittima
dell’individualismo, è totalmente mancante.
5 – Quali domande ci sembra importante rivolgere al Vescovo su questo tema?
• Che Chiesa vogliamo?
• Perché parlano sempre i Vescovi in nome della Chiesa? Facciamo parlare anche i laici!
• Nella sua veste di Vescovo, sente il bisogno del “primo annuncio” rivolto a Lei?
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Relazione del lavoro di gruppo – Suor Santina – Gruppo 7
1 - Cosa ci possono dire le testimonianze ascoltate sul “come”fare il primo annuncio
nelle diverse situazioni di missione?
• Più che “fare” il primo annuncio ci sembra importante “viverlo”: con la propria famiglia,
con i figli, e poi da famiglia a famiglia. Necessario quindi puntare sulla famiglia dove
vivere la Parola e l’adesione a Gesù Cristo e dove si fanno le scelte concrete, con
coraggio.
• Sia nella scuola che negli ambienti di lavoro spesso bisogna andare controcorrente.
2 – Ci sono esperienze di “primo annuncio” da noi? Se sì, sono lasciate alla iniziativa del
singolo, oppure la comunità è coinvolta o si sta organizzando per favorirle? Come?
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• Occorre rinnovare la catechesi puntando maggiormente sul primo annuncio.
• In alcune parrocchie ci sono cammini di catecumenato che durano tre anni.
• Nasce la domanda sulla diversità della preparazione ai sacramenti, tra chi è nato in
Italia e chi viene da un paese con cultura diversa. Come muoversi in queste situazioni?
3 – Nella nostra zona o parrocchia chi potrebbero essere i destinatari del “primo
annuncio”?
4 – Chi potrebbe portarlo avanti? Quali conversioni, personali e comunitarie, stiamo
facendo o dovremmo fare?
• La conversione è un cambiamento dello stile di vita personale e comunitario, aperto
alla condivisione e alla comunione.
• Un punto importante da curare è la formazione dei seminaristi: in essa va tenuto conto
della missionarietà.
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Relazione del lavoro di gruppo – don Andrea Della Monica – Gruppo 9
1 - Cosa ci possono dire le testimonianze ascoltate sul “come”fare il primo annuncio
nelle diverse situazioni di missione?
• Dobbiamo mettere in pratica il Vangelo.
• Significativo vedere la condivisione della vita umana e di fede tra le persone della
comunità.
• Occorre attuare un metodo valido per l’ascolto-condivisione della Parola di Dio.
• Occorre imparare dal Mozambico: 4 ministeri nella comunità: comunione / liturgia /
catechesi / carità.
• Abbiamo visto come la Chiesa nazionale e diocesana, in missione, fa scelte
fondamentali ed evangeliche su cui convergere.
2 – Ci sono esperienze di “primo annuncio” da noi? Se sì, sono lasciate alla iniziativa del
singolo, oppure la comunità è coinvolta o si sta organizzando per favorirle? Come?
• Chiediamo di poter conoscere esempi positivi di primo annuncio.
• Sappiamo che si fa qualcosa di valido nelle parrocchie dove ci sono fidei donum
rientrati
3 – Nella nostra zona o parrocchia chi potrebbero essere i destinatari del “primo
annuncio”?
• Gli adulti dovrebbero essere i principali destinatari. Ad esempio nella preparazione al
matrimonio: è questo il sacramento celebrato da adulti “consapevoli”. Oppure nella
catechesi con le famiglie.
4 – Chi potrebbe portarlo avanti? Quali conversioni, personali e comunitarie, stiamo
facendo o dovremmo fare?
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• Noi in parrocchia dobbiamo avere un rapporto vivo col Signore e far esperienza di
comunicazione nella fede a partire dalla Parola di Dio e dalle testimonianze.
• Nei nostri gruppi (ad esempio il Consigli Pastorale Parrocchiale, il gruppo dei catechisti)
ci deve essere la gioia d’esser cristiani.
• Bisogna spender tempo per stare con le persone bisognose.
• Dobbiamo esser critici verso il sistema ingiusto e impegnarci per la “liberazione” dei
popoli.
5 – Quali domande ci sembra importante rivolgere al Vescovo su questo tema?
•
•
•
•
Cosa si sta facendo per far essere missionaria la prassi della nostra Chiesa?
Come Chiesa ci si ferma a pensare e decidere delle linee innovative?
Quali “segni”evangelici concreti ci sono in diocesi ( per attuarli poi in ogni parrocchia)?
Quali rapporti con i numerosi non italiani (cristiani e di altre religioni)?
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