L`attività economica ed il “sistema azienda”

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L`attività economica ed il “sistema azienda”
ECONOMIA AZIENDALE - LEZIONE 2
Dott. Fabio Monteduro, Dott.ssa Sonia Moi
Parte 1: L’attività economica ed il “sistema azienda”
L’attività economica
Nella lezione precedente si è visto che, per soddisfare i propri bisogni, l’uomo deve realizzare delle
attività che gli permettono di procurarsi i beni di cui necessita.
Queste attività, chiamate “attività economiche”, rappresentano quell’insieme di azioni che vengono
realizzate al fine di soddisfare i propri bisogni che avviene attraverso la produzione, la distribuzione
ed il consumo. Riepilogando quello che è stato già analizzato, la produzione è un’attività volta
all’ottenimento di quei beni che non sono reperibili direttamente in natura; questi possono essere,
quindi, beni materiali o immateriali, e l’attività di produzione si esplica fondamentalmente con la
trasformazione di input in output, la distribuzione, che attiene allo scambio di beni prodotti ed il
consumo, successivo all’ottenimento dei desiderati avvenuto con lo scambio.
Nella figura, viene rappresentata la relazione bisogni e attività economica
Esiste una molteplicità di attori che “partecipano” a vario titolo all’attività economica. Per
semplificare l’analisi, almeno a questo livello, si dirà che i principali attori economici sono gli
individui (e/o famiglie) e le aziende.
In particolare, gli individui e le famiglie, possono essere considerate come un’azienda di
erogazione, ossia un’azienda incentrata sul consumo, che ha come fine quello del soddisfacimento
diretto dei bisogni umani. La funzione di produzione, invece, è svolta da un particolare tipo di
azienda chiamata, appunto, azienda di produzione o impresa, che ha come fine la soddisfazione
indiretta dei bisogni dell’uomo. Nel primo caso, la soddisfazione diretta si attua attraverso il
consumo del bene da parte dei soggetti che realizzano l’attività economica. Nel secondo caso,
possiamo distinguere due finalità: da una parte il soddisfacimento diretto degli individui che
consumano il bene acquistato dall’azienda di produzione, dall’altra il soddisfacimento indiretto dei
bisogni dei soggetti che realizzano l’attività economica attraverso il denaro che essi ottengono dalla
loro attività necessario ad acquistare i beni di cui necessitano. Da tali osservazioni si evince che
anche le aziende di produzione, in realtà, consumano: in tal senso, tuttavia, non consumano per il
soddisfacimento dei propri bisogni, ma consumano beni nel processo produttivo, così come le
aziende di erogazione possono produrre beni, ma per il consumo interno.
Inoltre, è importante sottolineare che l’attività economica deve essere svolta nel rispetto di due
condizioni fondamentali:
1. l’efficienza: intesa come capacità di massimizzare il prodotto (output) date le risorse
disponibili (input);
2. l’efficacia: intesa come capacità di programmare e realizzare obiettivi coerenti con le
attese dei portatori di interessi (altrimenti detti stakeholder, che comprendono i clienti, gli
inventori, i dipendenti, ecc.) rispetto a quell’attività economica.
Pur avendo fatto precedentemente degli esempi di aziende, pur avendole suddivise in due categorie
(erogazione e produzione), non abbiamo ancora definito il concetto di azienda.
Nel paragrafo successivo, verrà analizzato il concetto di azienda nelle sue diverse accezioni e
sfaccettature.
Il concetto di azienda
Il concetto di azienda non è, in realtà, semplice da definire, anzi, la sua spiegazione risulta essere
piuttosto articolata. Il termine azienda infatti assume dei significati diversi in base alla disciplina
che lo analizza, quindi non esiste una sola definizione, ma una pluralità, le cui differenze/sfumature,
dipendono da chi la propone e dalle finalità che si pone.
Pertanto, non è possibile affermare che una sia più giusta di un’altra, ma è, tuttavia, possibile
affermare che una meglio si adatta rispetto ad un’altra agli scopi ed alle finalità che si intende
raggiungere.
In primo luogo, possiamo definire l’azienda come “un sistema di forze che sviluppa in maniera
coordinata ed autonoma un’attività economica e, cioè, un processo di produzione volto al
soddisfacimento di bisogni umani”. Il concetto espresso in questa definizione è piuttosto ampio.
È , infatti, una definizione generica, che può essere applicata a diverse realtà apparentemente
distanti tra loro. Si pensi ad esempio alla FIAT, che è un’azienda privata o ad enti pubblici, quali un
comune o una provincia, oppure ancora ad organizzazioni non profit (come Telethon). Tutte queste
realtà, sebbene molto diverse tra loro, coordinano secondo una logica sistemica fattori, quali
capitale e lavoro, per soddisfare dei bisogni umani, siano essi legati ad interessi privati, interessi
pubblici o collettivi.
Per poter definire il concetto di azienda, non possiamo prescindere dalla nozione giuridica, che è
contenuta nell’articolo 2555 del Codice Civile, nel quale viene espresso che “l’azienda è il
complesso di beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa”. In tale definizione,
tuttavia, non vengono considerate né le persone che operano nell’azienda né l’attività che vi viene
svolta per raggiungere un fine economico. È un concetto ben diverso da quello proprio
dell’Economia Aziendale in quanto, nella prospettiva giuridica, l’azienda si identifica con
l’apparato strumentale (locali, macchinari, merci, attrezzature, materie prime, ecc.) di cui
l’imprenditore si avvale per lo svolgimento e nello svolgimento dell’attività di impresa (visione
statica). Poiché la definizione giuridica implica la conoscenza di un altro elemento (che abbiamo
accennato nel precedente paragrafo, ossia l’impresa) sarà opportuno esplicitarlo, anche se la
definizione giuridica, può essere indirettamente ricavata dalla nozione di imprenditore “è
imprenditore chi esercita professionalmente un’attività economica organizzata al fine della
produzione o dello scambio di beni o di servizi” enunciata nell’art. 2082 del Codice Civile.
Nella prospettiva giuridica, l’impresa è l’attività economica organizzata professionalmente
dall’imprenditore, utilizzando la struttura aziendale, al fine di produrre e scambiare beni e/o servizi
con il fine di conseguire un risultato economico positivo.
L’impresa si contraddistingue per:
– organizzazione: viene svolta utilizzando la struttura aziendale;
– professionalità: richiesta per perdurare nell’esercizio continuativo e non
occasionale dell’attività;
– risultato economico positivo: necessario alla sua sopravvivenza.
La figura giuridica dell’imprenditore è il punto di partenza per il diritto commerciale (parte del
diritto privato che regola le attività e gli atti di impresa), individuata per distinguere l’impresa da
altre forme (lavoro autonomo) ai fini applicazione delle norme in materia di: fallimento ed altre
procedure concorsuali; contabilità; registrazione delle Imprese; rappresentanza commerciale, ecc.
rilevanza economica dei beni organizzati dall’imprenditore ai fini di regolare la cessione di azienda,
i marchi, ecc.
Secondo la prospettiva giuridica, quindi, azienda ed impresa sono due concetti distinti, il primo
strumentale al secondo, il primo statico ed il secondo dinamico.
Si analizzeranno, di seguito, le definizioni di azienda dal punto di vista manageriale. In particolare,
è necessario sottolineare che il punto di vista giuridico e quello manageriale differisco in quanto
non vi è, nel campo manageriale, la necessità di distinguere i concetti in maniera puntuale in quanto
non esiste il problema di applicare norme diverse a fattispecie diverse, ma ha maggior necessità di
individuare concetti generali e definizioni che aiutino a mettere in evidenza le diverse modalità con
le quali l’attività economica può essere organizzata e gestita.
Per Gino Zappa, il padre dell’economia aziendale, l’azienda è “un istituto economico destinato a
perdurare che, per il soddisfacimento dei bisogni umani, ordina e svolge in continua coordinazione
la produzione o il procacciamento e il consumo della ricchezza”, e ancora, “un istituto economico
destinato a perdurare che, per il soddisfacimento dei bisogni umani, ordina e svolge in continua
coordinazione la produzione o il procacciamento e il consumo della ricchezza” 1.
Per Aldo Amaduzzi, allievo di Zappa, l’azienda “è un sistema di forze economiche che sviluppa,
nell’ambiente di cui è parte complementare, un processo di produzione, o di consumo, o di
produzione e di consumo insieme, a favore del soggetto economico, ed altresì degli individui che vi
cooperano”. Per Fabio Besta, invece, “l’azienda è la somma dei fenomeni o negozi o rapporti da
amministrare relativi ad un cumulo di capitale”2, mentre per Pietro Onida: “l’azienda è un
complesso economico che «ha vita continuamente rinnovantesi e mutevole di operazioni […] per la
soddisfazione di bisogni umani, in quanto questa richieda la produzione o acquisizione e consumo
di beni economici”3.
Da queste definizioni è possibile estrapolare le principali caratteristiche del concetto di azienda.
L’azienda è un’organizzazione stabile e duratura, volta a combinare e coordinare le risorse
impiegate nel processo produttivo compiendo operazioni non occasionali e per tempi medio lunghi.
Infatti, la vita dell’azienda può andare oltre la vita delle persone che momentaneamente la
gestiscono o ne sono proprietarie. L’azienda, perciò, non è uno strumento per il perseguimento di un
fine individuale, ma un luogo in cui convergono e vengono posti in equilibrio una serie di interessi
diversi. All’interno dell’azienda vi sono le persone, che prestano, nell’ambito dell’organizzazione,
energie di lavoro e svolgono funzioni e compiti tra loro coordinati a diversi livelli di responsabilità.
Un altro elemento sono i beni economici (materiali, immateriali e finanziari) destinati ad essere
scambiati od utilizzati per svolgere l’attività produttiva e soddisfare i bisogni diretti e/o indiretti.
All’interno dell’azienda vengono realizzate le operazioni sui beni, che sono svolte da persone per il
raggiungimento del fine per cui l’azienda è costituita ed amministrata; in particolare, all’interno
1
G. ZAPPA, Il reddito di impresa, Giuffrè, Milano, 1950.
F. BESTA, La ragioneria : vol. 1, parte 1: Ragioneria generale, F. Vallardi, Milano, 1909.
3
P. ONIDA, Economia d’azienda, Utet, Torino, 1975.
2
dell’azienda si realizza il fenomeno della produzione (trasformazione fisica) e/o della distribuzione
(trasferimento nel tempo e nello spazio), che deve consentire di realizzare un prodotto che abbia una
maggiore utilità (e quindi valore) rispetto alla somma dei fattori che sono stati impiegati per
realizzarlo. Emerge, poi, che il fine o scopo dell’azienda lo scopo dell’azienda non è quello di fare
profitti, ma quello di generare, attraverso i propri processi produttivi, beni e servizi che abbiano una
utilità economica e, cioè, siano in grado di soddisfare i bisogni di numerose categorie di soggetti
(lavoratori, clienti, investitori, finanziatori, ecc.). Consiste, quindi, nel soddisfacimento indiretto dei
bisogni umani. Infine, di particolare importanza è quello che può essere definito come il “carattere
sistemico” dell’azienda, in quanto i fatti che costituiscono la vita aziendale non sono tra loro
scollegati, ma sono legati da un rapporto causa-effetto.
Secondo quanto definito da Cavalieri, la teoria economico-aziendale ha esplicitato tre caratteri
essenziali dell’azienda, possono essere sintetizzate nella visione sistemica dell’azienda,
nell’autonomia e nell’economicità.4
Un sistema può essere definito come un complesso di elementi uniti tra loro o interdipendenti.
Ne consegue che le operazioni poste in essere per realizzare gli obiettivi dell’organizzazione
debbano essere necessariamente integrate tra di loro. In altri termini, i fatti aziendali che
costituiscono la vita aziendale non sono tra loro scollegati ma sono strettamente avvinti in un
rapporto di causa-effetto. L’autonomia, nell’azienda, implica libertà di decisione a livello
strategico e operativo e si manifesta come sintesi di condizioni oggettive (durabilità) e soggettive
(indipendenza). Le condizioni oggettive si concretizzano nella “durabilità” dell’azienda ed in
particolare nel principio dell’operatività economica: l’azienda deve ambire al mantenimento di un
equilibrio fra fabbisogno di fattori da impiegare e modalità di copertura di quel fabbisogno. Per quel
che concerne le condizioni soggettive di autonomia, l’attenzione è rivolta al soggetto economico
che si deve trovare in condizioni di “indipendenza” nell’esercizio delle sue funzioni decisionali. In
ogni caso negli studi economico-aziendali l’autonomia non viene letta in chiave assoluta ma
relativa. L’autonomia non implica isolamento ma è condizione che permette al complesso di
operare discrezionalmente entro mutevoli scenari ambientali.
L’economicità dell’azienda implica che l’intera attività posta in essere dall’organizzazione
produttiva sia spirata alla logica:
 dell’efficacia strategica (intesa come capacità di programmare e realizzare obiettivi
coerenti con le attese complessive degli interlocutori aziendali)
 dell’efficienza operativa (capacità di realizzare le produzioni, ai dovuti livelli qualitativi,
con il minor impiego delle risorse disponibili).
La costante tensione all’efficienza e all’efficacia porta alla creazione di valore e pone le condizioni
necessarie per garantire nel tempo la sopravvivenza dell’organizzazione.
L’azienda, inoltre, è un insieme di “forze economiche.”
Con tale ’espressione “forze economiche” ci si riferisce ai fattori produttivi, ossia:
• Capitale, con cui si indicano quei beni prodotti dall’uomo che non vengono utilizzati
direttamente nei processi produttivi, ma che vengono impiegati per finalità produttive.
• Lavoro, che rappresenta l’attività che l’uomo svolge per aumentare la dotazione di beni
economici
• Altre risorse, con cui si identificano i beni fisici (immobili, macchinari); beni ambientali;
beni intangibili (brevetti e marchi, diritti d’autore, fiducia e reputazione aziendale).
4
E. CAVALIERI, Contabilità generale, Libro 1. Il modello economico di riferimento, Cedam, Padova, 2003
Parte 2: La classificazione delle aziende
I criteri di classificazione delle aziende
Le aziende possono essere classificare in base a diversi criteri; le diverse classificazioni, quindi,
dipendono dalle finalità e dagli scopi che si intende perseguire.
Verranno di seguito proposte alcune classificazioni che si ritengono funzionali agli scopi di questo
Corso, che sono:
 Criterio dello scopo
 Criterio della forma giuridica,
 Criterio del mercato
 Criterio dell’intensità di conoscenza
 Criterio della dimensione
 Criterio della localizzazione dei mercati di vendita.
Il criterio di classificazione in base allo scopo
Un altro criterio di classificazione è in base allo scopo. Secondo tale criterio si può distinguere in:
 imprese (private o for profit), che sono complessi sistemi socio-tecnici, duraturi e
probabilistici che producono beni e/o servizi destinati allo scambio; esse possono soddisfare
i bisogni umani in modo diretto e/o indiretto5. Dallo scambio derivano le entrate (ricavi) che
vanno a remunerare i fattori produttivi (capitale, terra, lavoro). Sono cioè le cosiddette profit
oriented. L’equilibrio economico 6 nel medio-lungo termine è condizione necessaria per la
sopravvivenza e lo sviluppo dell’impresa e pertanto il fine dell’impresa è massimizzare il
valore del reddito d’esercizio (pari alla differenza tra ricavi e costi). In sintesi, si tratta di
organizzazioni che producono beni e servizi destinati allo scambio, il cui fine è
l’ottenimento del profitto.
 aziende pubbliche (o amministrazioni pubbliche) sono quelle aziende (Stato, Regione,
Provincia, Comune, ecc.) che perseguono l’interessere pubblico.
 aziende non profit, che sono complessi sistemi socio-tecnici7, duraturi e indirizzati a
soddisfare direttamente i bisogni sociali. Non è sufficiente che l’azienda non profit soddisfi i
bisogni delle persone nel cui interesse è costituita e gestita ma è necessario che operi in
condizioni di equilibrio economico (bilanciando proventi e oneri) e di efficienza. Le aziende
non profit, in particolare, hanno le seguenti peeculiarità:
 sono aziende o imprese con le caratteristiche di visione sistemica, autonomia ed
economicità;
 sono private;
 sono non orientate al perseguimento del profitto;
 offrono servizi sociali;
 il valore di mercato di un’offerta di azioni filantropiche, umanitarie o di ricerca non
può fare riferimento alla sola misurazione economica;
5
L. D’ALESSIO, La gestione delle aziende pubbliche, G. Giappichelli Editore, Torino, 1992, pag. 10.
«L’equilibrio economico è la capacità dell’impresa di sviluppare nel corso della sua vita ricavi superiori ai costi in modo da
remunerare in misura congrua il fattore in posizione residuale. » Ricavi=Costi+Reddito d’esercizio congruo (così. G. ZANDA,
Lineamenti di economia aziendale, Edizioni Kappa, Roma, 2006, p.139)
7
«Il carattere socio-economico e tecnico rivela la vocazione del sistema verso obiettivi specifici di tipo economico con attenzione
particolare alla componente umana e tecnica.» L. DEZI, Economia e governo delle imprese. Funzioni strumenti e tecniche, Cedam,
Padova, 2001, pag. 112.
6
 l’organizzazione è formata per lo più da volontari (e pochi dipendenti) che devono
essere sempre motivati sulla validità della missione perseguita e sul senso di
appartenenza;
 la raccolta delle risorse finanziarie e la gestione economica dell’offerta di
prodotti/servizi sono spesso non integrate e distinte.
Dalla classificazione in base allo scopo emerge, inoltre la distinzione tra aziende di erogazione ed
aziende di produzione. La seguente figura sintetizza i tratti salienti delle aziende di produzione per
lo scambio (imprese). Infatti, viene sottolineato come i fattori produttivi vengano trasformati,
attraverso il processo di produzione, in beni o servizi da destinare alla vendita.
La figura sottostante, invece, mostra il funzionamento delle aziende di erogazione (es. pubbliche
amministrazioni).
Infine, la figura che segue, mostra il funzionamento delle aziende di erogazione di auto consumo
(es. le famiglie).
La classificazione in base al criterio della forma giuridica
Un altro criterio di classificazione è in base alla forma giuridica. Secondo tale criterio esistono due
categorie che fanno da spartiacque:
 il soggetto giuridico di diritto privato;
 il soggetto giuridico di diritto pubblico.
In particolare, possiamo definire un soggetto giuridico come la persona (fisica o giuridica) o
l’insieme di persone cui fanno capo i diritti (ad esempio nel riscuotere i crediti) e gli obblighi (per
esempio pagare i debiti) derivanti dalle operazioni effettuate nello svolgimento dell’attività
aziendale.
In particolare è possibile distinguere tra:
• enti pubblici, ossia quelle aziende disciplinate dall’art. 11 del Codice civile. Il soggetto
giuridico è di diritto pubblico.
• enti privati, cioè quelle aziende disciplinate dal libro V del Codice Civile (aziende private
o imprese), dal libro I del Codice Civile e da legislazioni speciali (aziende non profit). Il
soggetto giuridico è di diritto privato. Esempi di aziende non profit di diritto privato sono le:
 Associazioni (artt. 14 e ss. del c.c.), dette anche corporazioni, sono regolate da
norme di legge generali e sono costituite da un’organizzazione stabile, composta da
un sistema di persone, le quali, utilizzando un patrimonio, pongono in essere delle
operazioni volte al conseguimento di fini di natura privata e non lucrativi. Sono esempi di
associazioni un circolo culturale, un ente ricreativo;
 Fondazioni o Istituzioni (artt. 14 e ss. del c.c.) sono organizzazioni stabili create per la
gestione di un patrimonio fruttifero destinato ad uno scopo privato e non lucrativo delineato
dal fondatore che per donazione o per testamento ne delinea i vincoli e i beneficiari esterni
all’ente. Sono esempi di Fondazioni gli enti che finanziano la ricerca scientifica, le
istituzioni di beneficenza e di assistenza, ecc.
La classificazione in base al criterio del mercato
In base a tale criterio, che contraddistingue le aziende in relazione al mercato, sia per l’acquisizione
dei fattori produttivi sia per il collocamento dei prodotti si può distinguere in:
• imprese sono quelle aziende che realizzano la loro funzione produttiva operando su mercati
concorrenziali sia dal lato della domanda (acquisizione dei fattori produttivi) che dell’offerta
(collocamento dei prodotti);
• altre imprese: sono quelle sono aziende che realizzano la loro funzione produttiva
operando, in tutto o in parte, in ambienti caratterizzati da forme di competizione attenuata o
assente dal lato della domanda e/o dell’offerta.
•
•
•
aziende cooperative: si tratta di aziende che operano dal lato della domanda e/o
dell’offerta in un ambiente di competizione attenuata in quanto i fornitori di alcuni
fattori o i clienti coincidono con i proprietari dell’azienda;
amministrazioni pubbliche: che operano dal lato dell’offerta in mercati non
competitivi in quanto cedono i propri servizi alla collettività dietro un corrispettivo
che differisce dal prezzo di mercato. Esse inoltre acquisiscono buona parte dei mezzi
finanziari secondo logiche di imposizione tributaria;
aziende non profit: che operano dal lato della domanda e dell’offerta in un ambiente
non di mercato. In molti casi acquisiscono alcuni fattori produttivi gratuitamente o a
valori non di mercato (es. donazioni, volontariato, ecc.) e cedono beni e servizi
sempre gratuitamente o a valori non di mercato (servizi sociali, sanitari, ecc.).
La figura sottostante, rappresenta le tipologie di aziende individuate in base al mercato di
riferimento.
In questa figura, invece, vengono rappresentate e relazioni con il mercato.
La classificazione in base al criterio dell’intensità di conoscenza
In base a questo criterio le aziende vengono classificate, a seconda dell’intensità della conoscenza
in esse racchiusa, in tre categorie collegate ad altrettanti settori produttivi:
 aziende di produzione di beni, che possono essere:

tipiche del settore primario: attività che comportano lo sfruttamento delle
risorse naturali (es. agricoltura)
 tipiche del settore secondario: attività di trasformazione delle materie prime
(es. industria)
 aziende di produzione di servizi tipiche del settore terziario: si tratta di una
molteplicità di attività eterogenee (es. distribuzione, attività bancarie, ecc.)
 aziende di know how del settore quaternario o terziario avanzato: sono le aziende
che offrono servizi (es. ricerca e sviluppo, consulenza, ecc.)
La classificazione in base al criterio della dimensione
Tale criterio, sebbene possa sembrare il più oggettivo, risulta essere alquanto variabile in base al
parametro di riferimento. In particolare, possiamo citare, come parametri di riferimento il numero
degli addetti, il fatturato, il capitale sociale, gli investimenti fissi, ecc.) ma anche il contesto
legislativo (nazionale - civile e fiscale - o europeo). Secondo Cavalieri, “la dimensione è un
carattere globale e complesso della gestione e, come tale, legata sia all’insieme delle condizioni
interne della gestione, sia ai mercati con i quali l’impresa entra in contatto attraverso gli scambi,
nei momenti terminali del processo operativo”8. Il quadro si complica ulteriormente in un mercato
globalizzato come quello odierno; infatti, “nell’ipotesi di aggregati di aziende o complessi di
partecipazioni societarie detenute da un solo soggetto economico” può accadere che “gli accordi di
collaborazione fra imprese, le alleanze strategiche, l’esternalizzazione di determinate funzioni,
spostano […] i confini organizzativi dell’azienda e si riflettono, quindi sul suo peso nel mercato. Di
conseguenza la dimensione dell’organizzazione finisce per non essere più rappresentativa della
dimensione di impresa”9.
In più, i parametri usualmente utilizzati fanno riferimento agli elementi tangibili dell’azienda
(addetti, impianti, capitale) oppure ad indici di risultato (quali produzione, fatturato e valore
aggiunto) che però non considerano la dotazione di risorse intangibili spesso determinanti allo
sviluppo dimensionale10.
“Il compito diviene ancora più difficile se […] si vuole pervenire ad una distinzione fra “piccola”,
“media” e “grande” impresa” poiché “non potrebbe essere operata in termini generali […] ma
dovrebbe essere definita a seconda dell’ampiezza e delle struttura del mercato”.
Come afferma Sergio Sciarelli11, benché non sia agevole individuare un parametro indicativo della
forza di mercato di un’impresa, in dottrina si ritiene che “una grande impresa è quella in grado di
esercitare un elevato grado di controllo del mercato, che cioè con le sue politiche riesce ad
influenzare il comportamento delle altre imprese e ad indirizzare la domanda dei consumatori o
utilizzatori dei suoi prodotti”. Le piccole imprese, invece, “sono quelle che non riescono ad
influenzare le variabili di mercato e che sono esposte, quindi, al mutamento sia della domanda che
dell’offerta. Meno definibile appare, infine il concetto di impresa di media dimensione, che peraltro
sotto il profilo dei rapporti col mercato risulta meglio assimilabile alla piccola impresa”.
Poiché, in realtà, nella pratica questi concetti non sono facilmente riproducibili, si tende ad
utilizzare il parametro relativo al numero degli addetti e, con cautela, dal momento che potrebbero
essere falsati dall’inflazione, fatturato e capitale.
Nella prassi, quindi, si fa riferimento ai criteri ISTAT, alle norme comunitarie o ai parametri fiscali
italiani.
Le norme comunitarie vengono in aiuto nella definizione della piccola e media impresa, in
particolare:
8
E. CAVALIERI, “I problemi relativi alla dimensione d’impresa”, in E. CAVALIERI (a cura di), Economia aziendale, vol.II, G.
Giappichelli Editore, Torino, 1999, pag. 338.
9
S. SCIARELLI, Economia e gestione dell’impresa Dall’idea impresa alla sua realizzazione, volume primo, Cedam, Padova, 2002,
pag. 17.
10
S. SCIARELLI, ibidem, pag. 16.
11
S. SCIARELLI, ibidem, pag. 18.
 piccola impresa: è caratterizzata per il fatto di non avere più di 50 dipendenti e un fatturato
superiore a 7 milioni di euro o un attivo dello stato patrimoniale superiore a 5 milioni di
euro; non deve essere controllata per più di un quarto da un’altra impresa che non rientri in
questi parametri);
 media impresa: è caratterizzata per il fatto di non avere più di 250 dipendenti e un fatturato
annuo superiore a 40 milioni di euro o un attivo dello stato patrimoniale superiore a 27
milioni di euro; non deve essere controllata per più di un quarto da un’altra impresa che non
rientri in questi parametri di media impresa).
Ai fini fiscali il parametro più utilizzato è quello del volume di affari. Per esempio ai fini Iva si ha:
– regime ordinario (normale);
– regime semplificato: se le imprese con prestazioni di servizi, per gli artisti e i
professionisti non realizzano un volume di affari superiore a € 309.874,14; se le
imprese aventi per oggetto altre attività non superano € 516.456,90; se coloro che
svolgono prestazioni di servizi e altre attività non superano € 309.874,14;
– regime supersemplificato: per i minorenni contribuenti se non realizzano un volume di
affari superiore a € 15.493,71;
– regime forfetario: se i contribuenti non realizzano un volume di affari superiore a €
10.329,14;
– seguono altri regimi speciali12.
La classificazione in base al criterio della localizzazione dei mercati di vendita
L’ultima classificazione proposta, si basa sull’identificazione del mercato di vendita. In base a tale
criterio si può distinguere in:
• aziende locali, si tratta di aziende che collocano i propri prodotti (beni e servizi) in un
ambito locale (comune, provincia, regione). Si pensi, a tal proposito, ad una piccola impresa
commerciale che vende i propri prodotti nell’ambito del comune in cui è ubicata;
• aziende nazionali: si tratta di aziende che collocano la maggior parte dei propri prodotti in
tutto (od in una porzione rilevante) del territorio nazionale;
• aziende multinazionali: si tratta di aziende che collocano la maggior parte dei propri
prodotti in diverse nazioni. Le aziende multidimensionali, possono essere considerate come:
• aziende multinazionali “orizzontali” che gestiscono impianti produttivi, collocati
in diversi nazioni, al fine di realizzare produzioni simili (esempio: McDonalds);
• le aziende multinazionali “verticali” che producono in alcuni paesi merci che
servono come materie prime per stabilimenti in altri paesi (esempio: Adidas);
• aziende multinazionali “diversificate” che producono, in diversi paesi, vari
prodotti non direttamente collegati tra loro (esempio: Microsoft).
12
G. PANARIELLO, op. cit., 2005, pagg. 12-13.
Bibliografia
BESTA F, La ragioneria : vol. 1, parte 1: Ragioneria generale, F. Vallardi, Milano, 1909.
CAVALIERI E, “I problemi relativi alla dimensione d’impresa”, in E. Cavalieri (a cura di),
Economia aziendale, vol.II, G. Giappichelli Editore, Torino, 1999
D’ALESSIO L, La gestione delle aziende pubbliche, G. Giappichelli Editore, Torino, 1992
GIUNTA F, Economia aziendale, Cedam, Padova, 2008
ONIDA P, Economia d’azienda, Utet, Torino, 1975.
RICCI P, Introduzione all’economia aziendale, Giuffrè editore, Milano, 2003
SCIARELLI S, Economia e gestione dell’impresa Dall’idea impresa alla sua realizzazione, volume
primo, Cedam, Padova, 2002
ZAPPA G, Tendenze nuove negli studi di ragioneria, Istituto Editoriale Scientifico, Milano, 1927