L`OSSERVATORE ROMANO
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L`OSSERVATORE ROMANO
Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00 L’OSSERVATORE ROMANO POLITICO RELIGIOSO GIORNALE QUOTIDIANO Non praevalebunt Unicuique suum Anno CLVI n. 91 (47.226) Città del Vaticano giovedì 21 aprile 2016 . All’udienza generale l’appello per l’Ucraina e l’invito a partecipare alla colletta di domenica prossima In fase di attuazione l’accordo tra Bruxelles e Ankara Conflitto dimenticato L’Ue chiede tutele per i rifugiati non siriani Il Papa ricorda anche la tragedia di Chernobyl e prega per l’Ecuador colpito dal terremoto Le conseguenze del conflitto armato in Ucraina, «dimenticato da tanti», ma anche la tragedia nucleare di Chernobyl che trent’anni fa ha colpito lo stesso Paese e il terremoto che nei giorni scorsi ha devastato l’Ecuador: all’udienza generale di mercoledì 20 aprile Papa Francesco ha parlato delle situazioni drammati- che vissute da due popoli in Europa e in America latina. Per gli ucraini, in particolare, il Pontefice ha indetto una colletta che si terrà domenica 24. «Ringrazio in anticipo quanti contribuiranno generosamente» ha detto rilanciando l’iniziativa che coincide anche con il trentesimo anniversario del disastro di Chernobyl. Per questo Francesco ha voluto pregare per le vittime, esprimendo «riconoscenza ai soccorritori» e a quanti hanno «cercato di alleviare le sofferenze e i danni» provocati dall’esplosione della centrale atomica. E una preghiera, nella sua lingua natale, il Papa ha elevato anche nel saluto ai fedeli della Spagna e dell’America latina per esprimere «ai nostri fratelli» ecuadoriani «la nostra vicinanza in questo momento di dolore» provocato dalle conseguenze di un terribile sisma. In precedenza, proseguendo le riflessioni sul tema del giubileo lette alla luce del vangelo, il Pontefice aveva commentato il brano di Luca (7, 36-50) che racconta della cena a casa di Simone il fariseo, per sottolineare come le lacrime della donna peccatrice che si getta ai piedi di Gesù le ottengano il perdono. Per il Papa nella narrazione evangelica «risalta il confronto tra le due figure»: mentre il fariseo «giudica gli altri in base alle apparenze» e «non concepisce che Gesù si lasci “contaminare” dai peccatori», considerati quasi come «lebbrosi», la donna «con i suoi gesti esprime con sincerità il suo cuore» e «si affida pienamente» a Gesù. Da una parte, dunque, c’è «l’ipocrisia del dottore della legge», dall’altra «la sincerità, l’umiltà e la fede della donna». E tra i due il Signore «si schiera con quest’ultima»: «libero da pregiudizi che impediscono alla misericordia di esprimersi», egli «la lascia fare» e «si lascia toccare da lei senza temere di esserne contaminato». PAGINA 8 Per le violazioni della tregua in Siria A rischio i negoziati di Ginevra y(7HA3J1*QSSKKM( +]!"![!$!#! GINEVRA, 20. Nuovi raid aerei delle forze di Damasco nella provincia di Idlib, nel nord-ovest della Siria, mettono sempre più a rischio la prosecuzione dei negoziati di pace indiretti a Ginevra. Riad Hijab, l’ex primo ministro siriano ora coordinatore della delegazione delle opposizioni, l’Alto comitato negoziale (Hnc), ha confermato ieri che questa coalizione non parteciperà più agli incontri “formali”, lasciando nella città svizzera solo una delegazione “tecnica”. Intanto, l’Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria (Ondus) ha detto che sono almeno 44 i civili, tra cui tre bambini, uccisi ieri nei due raid aerei governativi nella provincia di Idlib. Uno a Maarrat Numaan, che ha provocato 37 morti, e uno nella località di Kafar Nubol, con sette vittime. In precedenza altri attivisti sul terreno avevano detto che a Maarrat Numaan il raid aveva colpito un mercato ortofrutticolo affollato di persone. Nuovi colpi di mortaio sparati da zone del nord della Siria controllate dal cosiddetto Stato islamico (Is) hanno raggiunto la provincia sudorientale turca di confine di Kilis, colpendo un edificio, che è andato a fuoco, e provocando feriti. Lunedì scorso altre cinque persone erano morte in un attacco analogo sulla stessa zona. I membri di rango più elevato dell’Alto comitato negoziale, che rappresenta la maggior parte delle forze di opposizione, hanno cominciato a lasciare Ginevra ventiquattro ore dopo aver deciso di sospendere la partecipazione formale ai colloqui, in segno di protesta contro le crescenti violazioni del cessate il fuoco e le restrizioni ai soccorsi di emergenza. Alcuni delegati rimarranno per garantire comunque una presenza alle riunioni di lavoro dedicate al- Nell’ultimo film di Julian Jarrold Il potere incontra il popolo EMILIO RANZATO A PAGINA 5 le questioni umanitarie e alla sorte dei prigionieri, oltre che per mantenere i contatti con l’inviato speciale delle Nazioni Unite, Staffan de Mistura, e con il suo staff: non nella sede ufficiale delle trattative, ma soltanto nell’hotel presso il quale alloggiano. Ma l’inviato speciale del- l’Onu ha tenuto a precisare che i negoziati sarebbero continuati e che solo venerdì si sarebbe «fatto il punto». La Russia ha reagito tramite il suo ambasciatore presso le organizzazioni internazionali a Ginevra, Alexiei Borodavkin, secondo il quale «la so- Bomba colpisce la città turca di Hit al confine con la Siria e spesso bersaglio dei jihadisti (Afp) spensione della partecipazione ai negoziati è la prova che all’interno dell’opposizione hanno vinto gli estremisti». Ma i negoziati di Ginevra per cercare una soluzione alla crisi siriana non sono congelati nonostante la maggiore coalizione dell’opposizione abbia deciso di non partecipare più agli incontri: lo ha dichiarato ieri sera il ministro degli Esteri russo, Serghiei Lavrov, precisando che Staffan de Mistura continua a incontrare i rappresentanti delle delegazioni del Governo di Damasco e dell’opposizione. Dopo il colloquio telefonico tra Obama e Putin, avvenuto ieri, la Casa Bianca ha comunicato che la cornice di dialogo resta aperta anche se i colloqui di pace saranno posticipati. Lo ha detto ieri sera il portavoce della Casa Bianca, Josh Earnest, nel suo briefing quotidiano. L’Amministrazione Obama, ha aggiunto, continuerà anche a fare pressione su tutte le parti perché sia rispettata la tregua. Migrante tra i binari nella stazione vicino al campo greco di Idomeni (Ap) BRUXELLES, 20. Progressi nell’attuazione dell’accordo tra Ue e Turchia sui migranti ci sono ma resta la questione delle tutele a profughi anche non siriani e il nodo dei visti. È quanto emerge, dopo il colloquio a Strasburgo tra il presidente della Commissione Juncker e il primo ministro turco Davutoğlu, nella nota sull’avanzamento dell’accordo pubblicata dall’esecutivo europeo. Viene ribadita la necessità di riconoscere le stesse tutele dei siriani anche ai profughi di altre nazionalità. Un elemento essenziale per procedere con i rimpatri delle migliaia di persone in attesa nei centri delle isole greche dell’Egeo. Il punto era risultato già una questione spinosa durante le trattative, prima dell’intesa a marzo. Ora Bruxelles si aspetta, e lo scrive nella nota, che Ankara metta in pratica quanto ha firmato. Per il momento la Turchia ha comunicato il cambiamento della sua legislazione con l’aggiunta di garanzie per i profughi siriani. Per le altre nazionalità resta una certa incognita. Intanto, i greci dovrebbero, entro pochi giorni, finire di trattare le prime richieste, con appello compreso, di profughi siriani da riaccompagnare in Turchia. Parliamo delle domande giudicate inammissibili. Si darebbe così il via all’applicazione del cosiddetto schema “uno a uno” alla base dell’accordo, cioè per ogni profugo siriano entrato illegalmente in Ue e riaccompagnato in Turchia, uno in attesa nei campi profughi viene reinsediato in Ue. Dall’entrata in vigore dell’accordo, sono solo due i profu- L’esortazione «Amoris laetitia» Segno chiaro di misericordia di ALBERTO SUÁREZ INDA bbiamo accolto con gratitudine l’esortazione di Papa Francesco sull’amore nella famiglia, riconoscendo lo sforzo di darci con prontezza la sua parola che è vero magistero. Si tratta di un ampio documento dove il Pontefice raccoglie le conclusioni dei due sinodi celebrati nel 2014 e 2015. In entrambe le assemblee, noi vescovi partecipanti abbiamo potuto parlare della situazione delle famiglie nel mondo attuale, allargare il nostro sguardo e ravvivare la nostra consapevolezza sull’importanza del matrimonio e della famiglia (cfr. Amoris laetitia, n. 2). Il Papa ha ascoltato attentamente le preoccupazioni e i suggerimenti dei padri sinodali e ora offre a tutta la Chiesa questo prezioso testo con il quale desidera orientare la riflessione, il dialogo, l’azione pastorale, e offrire incoraggiamento e aiuto alle famiglie nel loro impegno e nelle loro difficoltà (cfr. n. 4). A Nell’anno giubilare della misericordia, questa proposta appare molto opportuna perché le famiglie cristiane valorizzino i doni di Dio e mantengano «un amore forte e pieno di valori quali la generosità, l’impegno, la fedeltà e la pazienza». Incoraggia pure tutti noi a offrire con la nostra vicinanza un segno chiaro di misericordia «lì dove la vita familiare non si realizza perfettamente o non si svolge con pace e gioia» (n. 5). In una delle sue catechesi dello scorso anno, il Papa ha affermato che la famiglia «è stata sempre l’ospedale più vicino», dove si curano le ferite, si affrontano i mali e si applica la medicina preventiva per salvaguardare la vita umana e cristiana dei suoi membri. Nessuno può negare che oggi in molte famiglie si soffre e vi è bisogno, a volte con urgenza, di cure e di una terapia adeguata. Tutta la vita della famiglia è «un pascolo misericordioso», dove «ognuno è un pescatore di uomini che nel nome di Gesù getta le reti verso gli altri, o un contadino che lavora in quella terra fresca che sono i suoi cari, stimolando il meglio di loro» (n. 322). Sarà molto utile diffondere questa esortazione post-sinodale affinché le famiglie e noi agenti di pastorale ci impegniamo a curare con amore questo tesoro di Dio. «Le famiglie più che un problema sono un’opportunità», perché in esse si manifesta il mistero di Dio che è amore ed è lì che si imparano e si esercitano le virtù che ci possono portare alla santità. L’assimilazione di questo insegnamento pontificio richiederà pazienza nello studio e non se ne raccomanda una lettura generale e frettolosa, poiché vi vengono affrontati molti temi diversi e fondamentali. Concludendo con una bella preghiera alla santa Famiglia, il Papa ci invita a confidare nella forza della preghiera, nella grazia del Signore e nell’intercessione della Vergine Maria e del suo sposo san Giuseppe, perché «la famiglia che prega unita rimane unita». ghi siriani riaccompagnati dalla Grecia, su base volontaria. E sono in tutto 96 i rifugiati reinsediati in Europa, mentre a marzo l’agenzia Frontex, per il coordinamento del controllo delle frontiere europee, fa sapere di aver rimpatriato 325 migranti dalla Grecia. C’è poi il braccio di ferro tra Unione europea e Turchia sulla liberalizzazione dei visti. L’accordo fissa l’esenzione per i cittadini turchi che vogliano entrare in Europa a partire da giugno, a patto però che Ankara soddisfi tutti i requisiti previsti. La prossima relazione, che dovrebbe essere decisiva, è prevista per l’8 maggio, ma Davutoğlu ha ribadito che se non c’è il via libera alla esenzione dei visti, Ankara è intenzionata a far saltare tutto. Ricordiamo che il presidente turco Erdoğan ha promesso da tempo ai suoi elettori la sospensione dei visti. Da parte sua, il presidente della Commissione Juncker, dopo il faccia a faccia con il primo ministro turco, si limita a negare che ci siano toni ostili. Il nodo resta. E forse in qualche modo ha a che fare con la polemica tra Turchia e Germania. Il Governo di Berlino fa sapere di essere preoccupato per il divieto d’ingresso in Turchia al giornalista tedesco della tv pubblica Swr Volker Schwenk, respinto all’aeroporto di Istanbul. In casa europea, si guarda al consiglio dei ministri della Giustizia e degli Affari interni di giovedì a Lussemburgo, dove il ministro ungherese, Pinter, arriverà con il piano in dieci punti denominato “Schengen 2.0”, meglio noto come il piano di Orbán. Il primo ministro ungherese, infatti, lo ha già illustrato, nei suoi dieci punti, in una lettera alla Commissione e al Consiglio Ue. In sostanza, punta tutto sul rafforzamento delle frontiere esterne, supporta l’iniziativa delle guardie di frontiera Ue, ma boccia qualsiasi meccanismo di ricollocamento. Al di là di strategie e vertici, guardando alla Siria, le organizzazioni umanitarie denunciano condizioni sempre più allarmanti per i 100.000 rifugiati intrappolati tra le zone di conflitto e il confine turco. Corsa alle nomination Trump e Clinton vincono a New York All’Onu sessione sulla droga Una lotta sempre più difficile PAGINA 2 L’OSSERVATORE ROMANO pagina 2 giovedì 21 aprile 2016 L’Assemblea generale dell’Onu al Palazzo di Vetro di New York Tappa fondamentale nella corsa alle nomination per la Casa Bianca Trump e Clinton vincono a New York NEW YORK, 20. Trionfo di Donald Trump e netta affermazione di Hillary Clinton. Lo Stato di New York, nelle sue primarie in vista dell’elezione alla Casa Bianca, sul fronte repubblicano premia il discusso tycoon con il 60 per cento dei consensi e decine di punti di distacco sul governatore dell’Ohio John Kasich e il senatore Ted Cruz. Sul fronte democratico, promuove l’ex segretario di Stato con il 57 per cento dei voti, contro il 42 per cento di Sanders. A chiusura delle urne, i media parlavano di testa a testa ma l’illusione per il senatore del Vermont è durata poco. Ha registrato piuttosto una sconfitta pesante, visto il numero di delegati in palio, ma Sanders ritiene ancora di avere una chance per la vittoria. Il magnate newyorchese Trump festeggia nella sua Trump Tower nella Fifth Avenue e ribadisce la sua linea sostenendo che le aziende americane vanno all’estero, gli immigrati illegali sono spesso trattati meglio dei veterani, e che l’Obamacare, la riforma sanitaria, sarebbe un disastro. All’Hotel Sheraton di Times Square, festeggia con i suoi Hillary Clinton, affermando che gente come Trump e Cruz spinge verso un’America divisa e francamente pericolosa. Promette di abbattere le barriere piuttosto che costruire muri. Dopo le prime dichiarazioni di vittoria e di accuse all’avversario, in realtà, i due vincitori nella Grande Mela continuano i loro discorsi ormai da candidati alla presidenza, cioè come se ormai fosse scontata la rispettiva nomination. Per Trump è un successo anche superiore alle stime della vigilia, che gli consente di conquistare quasi tutti i 95 delegati in palio, avvicinandosi alla soglia di 1.237 rappresentanti che renderebbe automatica la sua nomination. E punta la sua attenzione sui temi dell’economia e della disoccupazione, in vista dell’appuntamento elettorale nei prossimi grandi Stati, come la Pennsylvania e il New Jersey. Al di là dei numeri, comunque decisivi, la vittoria colpisce anche perché inverte una tendenza che sembrava essersi imposta nelle ultime settimane, con le vittorie di Ted Cruz in Wisconsin, Colorado, Wyoming e la percezione che la campagna di Trump conoscesse le prime incrinature. Anche se sembra proprio che dietro le quinte del partito repubblicano in tanti continuino a sognare che un candidato finora rimasto fuori dalla corsa venga incoronato alla Convention di Cleveland. Per far questo bisognerebbe evitare che Trump arrivi alla quota di delegati che blinda la nomination. I media statunitensi parlano di strane regole del partito rispolverate per portare via a Trump delegati negli Stati dove ha vinto il voto popolare. Anche l’ex segretario di Stato, Clinton, sembra usare toni da candidata alla Casa Bianca. Dopo le accuse agli sfidanti repubblicani, si rivolge ai sostenitori di Bernie Sanders, affermando che «sono più le cose che uniscono di quelle che di- vidono», e chiedendo di ricompattare il partito e puntare insieme alle elezioni nazionali di novembre, senza continuare a danneggiarsi. Il successo della ex first lady è stato un po’ meno netto di quello di Trump, ma altrettanto significativo, perché ha fermato la serie di vittorie inanellate nelle ultime settimane dal suo sfidante, riprendendo il ruolo della favorita. Per batterla il senatore del Vermont dovrebbe vincere le prossime primarie con distacchi intorno al 15 o il 20 per cento. Sembrano risultati improbabili visti i numeri ottenuti finora. Da sottolineare quanto nel voto di New York Hillary abbia dimostrato di saper riconquistare il voto femminile, oltre a quello delle minoranze. Resta da dire della campagna elettorale straordinariamente appassionata condotta a New York. In particolare, gli analisti sottolineano che il senatore socialista Sanders è riuscito ad accendere entusiasmi tra i giovani che non si vedevano dai tempi di Barack Obama nel 2008. All’Onu sessione straordinaria sulla droga Una lotta sempre più difficile NEW YORK, 20. La lotta contro il traffico e l’abuso di droghe richiede ogni anno finanziamenti per 1000 miliardi di dollari. Nel complesso, il mercato degli stupefacenti nel mondo produce affari annui per almeno 300 miliardi: è il secondo mercato più ricco del mondo. Per fare un bilancio e tracciare le linee di una nuova strategia di attacco si è aperta ieri alle Nazioni Unite una sessione Almeno centocinquantamila bambini colpiti Si aggrava il bilancio del sisma in Ecuador QUITO, 20. Continua ad aggravarsi il bilancio delle vittime del devastante terremoto di magnitudo 7,8 della scala Richter che ha colpito la costa pacifica dell’Ecuador tra sabato e domenica, come ha reso noto il Governo ecuadoriano. Si contano almeno cinquecento morti, più di duemila feriti, duecentotrentuno dispersi, e danni per circa 3.000 milioni di dollari, stando ai dati del ministero coordinatore della sicurezza. Il presidente dell’Ecuador, Rafael Correa, ha affermato che «sarà necessaria una lunga battaglia» per riportare il Paese alla normalità. Secondo l’Unicef, almeno centocinquantamila bambini sono stati colpiti dal sisma. Grant Leaity, La morte di Patricio Aylwin primo presidente del dopo Pinochet SANTIAGO, 20. È morto, all’età di novantasette anni, l’ex presidente cileno Patricio Aylwin, che guidò la transizione alla democrazia dopo diciassette anni di dittatura militare di Augusto Pinochet. Difatti fu il primo presidente eletto democraticamente nel suo Paese. Fra i fondatori del Partito democratico cristiano, deputato, senatore, divenne leader della coalizione dell’opposizione al regime «la Concertatión de Partidos por la democracia» — unione di centrosinistra formatasi intorno a socialisti e democristiani — obbligando Pinochet, nel 1988, a convocare elezioni che poi vinse diventando, l’11 marzo del 1990, presidente. Una carica che mantenne fino al 1994. Fra le sue prime azioni come capo di Stato, l’istituzione della Commissione nazionale per la verità e la riconciliazione per fare luce sulle gravi violazioni dei diritti civili avvenute durante il regime, sui 3.500 desaparecidos o uccisi e sulle 35 mila persone vittime di torture o altri abusi. Il presidente cileno, Michelle Bachelet, annunciando il funerale di Stato e tre giorni di lutto nazionale, ha dichiarato che «il Cile ha perso un grande esponente democratico, un uomo che sapeva sempre come anteporre l’unità alle divergenze e che ha reso possibile la ricostruzione di un Paese democratico». L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Città del Vaticano [email protected] www.osservatoreromano.va Soccorritori in azione tra le macerie del terremoto (Reuters) Dagli Stati Uniti timori sulla Brexit LONDRA, 20. Alla vigilia dell’arrivo a Londra, giovedì sera, di Obama, otto ex segretari al Tesoro statunitensi definiscono «rischiosa» l’eventuale uscita della Gran Bretagna dall’Ue. In una lettera aperta al Times, spiegano che un eventuale voto a favore della Brexit, nel referendum del 23 giugno, può «rimettere in questione il ruolo di Londra come ventre della finanza mondiale». Cento parlamentari britannici euroscettici parlano di ingerenza di Washington. GIOVANNI MARIA VIAN direttore responsabile Giuseppe Fiorentino vicedirettore Piero Di Domenicantonio Parigi proporrà l’estensione dello stato d’emergenza PARIGI, 20. Il Governo francese proporrà al Parlamento di prolungare di due mesi lo stato d’emergenza, instaurato dopo gli attentati del 13 novembre a Parigi, per coprire il periodo in cui si svolgeranno il campionato europeo di calcio, Euro/2016, e il Tour de France. Lo ha reso noto ieri il premier Manuel Valls. Lo stato d’emergenza era già stato prolungato di tre mesi a febbraio, fino al 26 maggio. Il Governo vuole ora estenderlo fino al 26 luglio. «Proporremo di estenderlo per altri due mesi, dalla fine di Servizio vaticano: [email protected] Servizio internazionale: [email protected] Servizio culturale: [email protected] Servizio religioso: [email protected] caporedattore Gaetano Vallini segretario di redazione rappresentante Unicef in Ecuador, ha dichiarato che in questa corsa contro il tempo «dobbiamo proteggere questi bambini da malattie e altri rischi comuni in questo tipo di emergenze». L’Unicef — le cui squadre sono presenti a Pedernales e Esmeraldas, due delle aree più colpite — si è detta preoccupata in particolare per la salute, l’acqua e le condizioni igienico-sanitarie nelle aree costiere, già considerate zone di contagio per zika, dengue, malaria e chikungunya. Il ministro degli Affari esteri, Guillaume Long, ha detto che in questi giorni sono arrivati nel Paese rinforzi e specialisti da Venezuela, Colombia, Perú, Messico, Cuba, Bolivia, Cile, Svizzera e Spagna. Il network dell’Oxfam, che si sta coordinando con la Croce rossa dell’Ecuador, ha inviato il primo carico di aiuti, che partirà da Madrid. Nel frattempo l’Unione europea ha annunciato che attiverà il suo meccanismo di protezione civile per aiutare l’Ecuador. Intanto i soccorritori proseguono gli intensi lavori di ricerca dei sopravvissuti, resi ancora più difficili dalle colate di fango. Dopo ore di scavi un gruppo di pompieri di Quito, inviati nella provincia di Manabi, la più colpita, è riuscito a ritrovare e trarre in salvo tre persone ancora in vita in mezzo alle macerie in Tarqui, quartiere della città di Manta. Servizio fotografico: telefono 06 698 84797, fax 06 698 84998 [email protected] www.photo.va maggio, in considerazione della minaccia» ha reso noto il premier Valls. E, intanto, sempre in tema di terrorismo, quasi con la maggioranza assoluta il Senato statunitense ha approvato oggi una legge che prevede maggiore sicurezza negli scali per scongiurare il rischio di attentati terroristici. Tra le misure previste, l’uso di squadre con agenti sotto copertura e maggiori fondi per addestrare persone in caso di sparatorie. Saranno rafforzati anche i controlli sul personale che ha accesso a zone di sicurezza. Segreteria di redazione telefono 06 698 83461, 06 698 84442 fax 06 698 83675 [email protected] Tipografia Vaticana Editrice L’Osservatore Romano don Sergio Pellini S.D.B. direttore generale straordinaria dell’Assemblea generale. Una tre giorni di discussioni sul «problema mondiale della droga» (si chiuderà il 21 aprile) per arrivare a una risoluzione che possa cambiare l’assetto della lotta agli abusi puntando sempre di più sul sociale e sulla prevenzione sanitaria. Il testo della risoluzione — in base alle anticipazioni diffuse da «Le Monde» — propone infatti «misure che puntino a ridurre al minimo le conseguenze nefaste dell’abuso di droga sulla sanità pubblica e sulla società». Espressioni che — commenta il quotidiano francese — fanno capire non solo come la lotta all’abuso di droghe sia molto cambiata negli ultimi decenni, ma anche come sia necessario ormai un cambio di passo. La politica nixoniana della “tolleranza zero” basata sulla repressione totale e l’utopia di un “mondo senza droga” hanno fallito: negli ultimi decenni il consumo e il traffico si sono diversificati, sono aumentati e hanno invaso nuovi ter- ritori. A confermarlo è stato anche un rapporto della London School of Economics, nel 2004, secondo cui «la strategia mondiale delle Nazioni Unite per arrivare a un “mondo senza droga” ha fallito. Perseguire questo scopo irraggiungibile si è rivelato dannoso per la sicurezza degli uomini e per lo sviluppo socioeconomico». Ed è stata la rivista «The Lancet», lo scorso marzo, a confermare questo amaro bilancio: la “tolleranza zero” ha causato gravi crisi dei sistemi sanitari pubblici — la diffusione dell’Hiv e delle malattie legate a esso — e non ha affatto fermato il traffico. Che dunque sia necessaria una nuova strategia è sotto gli occhi di tutti. Il grosso problema — ed è questo il nodo della sessione straordinaria all’Onu — è capire quali strategie alternative possano e debbano essere messe in campo. Già molti Paesi, come il Canada o l’Uruguay, hanno scelto la strada della legalizzazione della produzione, della distribuzione e del consumo di cannabis, e in Messico il presidente Enrique Peña Nieto ha aperto un dibattito su questa possibilità. In Europa, il Portogallo ha depenalizzato l’uso di cannabis e molti altri Paesi hanno scelto strade alternative per la prevenzione. La Francia ha fatto sapere di essere favorevole a una “politica dei piccoli passi” che sia al contempo prudente e pragmatica, che dia giusto peso alla repressione, alla cura e alla prevenzione, soprattutto guardando alle nuove generazioni. Secondo gli esperti, se la risoluzione Onu cambierà veramente le carte in tavola, questo dipende soprattutto da come verrà accolta e realizzata dai Paesi membri. Il cardinale Parolin nel novantesimo di Unidroit Passa dal diritto la difesa dei più deboli La difesa dei più deboli in vista di uno sviluppo che sia sostenibile, aperto e condiviso, nel nome di una giustizia non meramente economica. Questa la fondamentale missione di Unidroit (International Institute for the Unification of Private Law), come ha sottolineato il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato, intervenendo mercoledì mattina, 20 aprile, a una sessione speciale dell’Assemblea generale dell’istituto in occasione del novantesimo anniversario della sua fondazione. Nella sua storia l’Unidroit ha realizzato importanti strumenti giuridici in grado di unificare il diritto privato su scala internazionale. «A nome della Santa Sede — ha detto il cardinale — vorrei salutare la nobiltà di questo progetto che avvicina, in un’opera comune, Paesi di tutti i continenti, rappresentanti di sistemi giuridici, economici e politici, nonché di tradizioni culturali la cui diversità costituisce una ricchezza ed è propizia a un approfondimento della riflessione comune». A partire dalla sua fondazione nel 1926, l’Unidroit è stato anche un importante canale del dialogo politico internazionale nel nome di soluzioni votate al rispetto della persona umana. Tra i frutti più importanti di questo lavoro — ha spiegato Parolin — ci sono le numerose convenzioni adottate, tra cui soprattutto la Convenzione per una legislazione uniforme nel commercio internazionale «il cui impatto nel panorama giuridico contemporaneo e la cui influenza hanno certamente facilitato gli scambi internazionali, il rafforzamento della sicurezza giuridica, così come la costruzione e il consolidamento dei sistemi di diritto naziona- Tariffe di abbonamento Vaticano e Italia: semestrale € 99; annuale € 198 Europa: € 410; $ 605 Africa, Asia, America Latina: € 450; $ 665 America Nord, Oceania: € 500; $ 740 Abbonamenti e diffusione (dalle 8 alle 15.30): telefono 06 698 99480, 06 698 99483 fax 06 69885164, 06 698 82818, [email protected] [email protected] Necrologie: telefono 06 698 83461, fax 06 698 83675 li, in particolare nelle economie emergenti e nelle regioni in via di sviluppo». Un altro importante risultato indicato dal cardinale è stato lo sforzo dell’Istituto per la protezione e la conservazione dei beni culturali, «che rappresentano un considerevole patrimonio per tutta l’umanità e costituiscono un segno visibile della cultura che resta la base essenziale di tutta la civiltà». Questo immenso lavoro per la cultura e il dialogo dimostra l’apertura di vedute e di spirito che caratterizza l’Unidroit, sottolineando «l’attenzione portata alla parte più debole, alla protezione dei meno avvantaggiati o delle persone che sono nel bisogno, come lo straniero, il migrante, l’apolide, affinché le soluzioni, formulate o da formulare, tendano davvero verso questa giustizia sociale che è ancora troppo ostacolata da ciechi giochi economici». E per sottolineare ancora meglio questa vocazione, il cardinale ha voluto ricordare non solo l’appello di Pio XII nel 1950 per la protezione delle persone, dei loro diritti innati e per la semplificazione giuridica, ma anche le parole di Paolo VI nella Populorum progressio in vista di «uno sviluppo solidale dell’umanità che costituisce il nuovo nome della Pace». Desidero — ha concluso Parolin citando la Laudato si’ di Papa Francesco — «rendere un vibrante omaggio a tutta l’opera di Unidroit» e reiterare «questo appello a rinnovare instancabilmente tutti i mezzi a nostra disposizione per diffondere nel mondo intero questo messaggio universale di pace, di armonia e di concordia». Concessionaria di pubblicità Aziende promotrici della diffusione Il Sole 24 Ore S.p.A. System Comunicazione Pubblicitaria Ivan Ranza, direttore generale Sede legale Via Monte Rosa 91, 20149 Milano telefono 02 30221/3003, fax 02 30223214 [email protected] Intesa San Paolo Ospedale Pediatrico Bambino Gesù Società Cattolica di Assicurazione Credito Valtellinese L’OSSERVATORE ROMANO giovedì 21 aprile 2016 pagina 3 Sanzioni statunitensi per chi minaccia la sicurezza e la stabilità della Libia Slitta il voto di fiducia al Parlamento di Tobruk Obama in Arabia Saudita Washington rafforza il dialogo con Riad RIAD, 20. Politica estera, petrolio, nucleare e lotta al terrorismo globale: questi i nodi cruciali della visita, oggi, del presidente statunitense, Barack Obama, in Arabia Saudita, dove incontrerà Re Salman, prima tappa di un tour che lo vedrà nei prossimi giorni a Londra e a Berlino. L’attuale situazione dei prezzi petroliferi è senza dubbio la questione che più sta a cuore ai due Paesi. Il calo costante e prolungato dei prezzi del petrolio ha minato la capacità dell’alleato dell’America nel Golfo persico a reagire alle crisi. La visita di Obama arriva a pochi giorni di distanza dal fallimento del vertice di Doha che doveva trovare un accordo tra i massimi Paesi esportatori per congelare la produzione e impedire un ulteriore calo dei prezzi. A far naufragare le trattative è stato — dicono gli esperti — soprattutto il nodo iraniano. Riad ha posto una condizione chiara: nessun freno alla produzione, se Teheran non fa altrettanto. A Doha tuttavia non c’erano rappresentanti di Teheran, che in precedenza aveva comunque chiarito, senza possibilità di equivoci, che non avrebbe collaborato. Il ministro Bijan Zanganeh aveva addirittura definito «ridicola» la possibilità di un congelamento della produzione. L’altro grande tema sul tavolo dell’incontro tra Obama e Re Salman è il dossier nucleare. Anche in questo caso, c’è di mezzo l'Iran e la contrapposizione sciiti-sunniti che segna oggi tutto il Medio e Vicino oriente. Gli accordi di Vienna sono stati molto criticati dalla monarchia saudita, che più volte ha chiesto a Washington un maggiore monitoraggio delle attività di Teheran. Il terzo grande tema riguarda invece la situazione in Siria, dove Riad è un alleato chiave di Washington. In questo caso, il nodo principale riguarda il futuro del presidente siriano Assad e il rapporto con Mosca, che vuole farlo partecipare alla futura transizione politica. Riad da tempo contesta la legittimità del presidente Assad e si è detta pronta a inviare truppe di terra per contrastare l’avanzata del cosiddetto Stato islamico (Is). Ma l’Arabia Saudita può essere anche un importante alleato in vista di un rafforzamento del dialogo tra Washington e l’Egitto di Al Sisi, con il quale Riad ha di recente siglato importanti accordi. Kerry e Zarif s’incontrano a New York WASHINGTON, 20. Incontro a porte chiuse ieri all’Onu tra il segretario di Stato americano, John Kerry, e il ministro degli Esteri iraniano, Mohammad Javad Zarif dopo che Teheran ha chiesto agli Stati Uniti di rispettare lo storico accordo sul nucleare e allentare le sanzioni. I due si sono stretti la mano, stando ciascuno davanti alla bandiera dell’altro Paese, prima di iniziare un colloquio che proseguirà anche venerdì, come ha reso noto lo stesso Kerry. L’obiettivo, ha spiegato il segretario di Stato americano, è attuare l’accordo come concordato in origine. Zarif, dal canto suo, ha riferito di aver discusso con Kerry per essere sicuro che l’Iran ottenga i benefici previsti, in particolare nella cooperazione bancaria. TRIPOLI, 20. L’inviato dell’Onu per la Libia, Martin Kobler, ha lasciato Tobruk, nell’est del Paese nordafricano, dopo il mancato voto di fiducia della Camera dei rappresentanti (il Parlamento libico riconosciuto dalla comunità internazionale) al Governo di riconciliazione nazionale. Kobler ha avuto ieri una lunga riunione con il presidente del Parlamento, Aguila Saleh. Al termine dell’incontro, l'inviato Onu ha ricordato che «il terrorismo non deve essere parte della cultura democratica della Libia», chiedendo ancora una volta ai deputati «di restare uniti al servizio del Paese». Prima di lasciare la città, il diplomatico tedesco ha anche incontrato un gruppo di accademici e intellettuali della zona con cui ha discusso del ruolo della società civile nella crisi libica. Il tanto atteso voto di fiducia sarebbe stato un passo fondamentale per dare piena legittimità al premier incaricato Fayez Al Sarraj, l'uomo scelto dalle Nazioni Unite come tecnocrate per guidare il Consiglio di presidenza libico che si è recente- mente insediato a Tripoli. Per ben sette volte, infatti, la votazione è stata rimandata per il boicottaggio dei deputati libici fedeli al Governo transitorio «rivale», presente in Cirenaica, e al generale Khalifa Haftar, comandante dell’esercito libico nell’est del Paese. Secondo il deputato Abu Bakir Baira, il voto di fiducia al Parlamento di Tobruk non avverrà prima di lunedì prossimo. Il deputato ha inoltre sottolineato come ancora non sia stato trovato un accordo tra i parlamentari pro e anti Al Sarraj. Baira, ha precisato che proprio a causa della mancata intesa non c’è stata la prevista sessione della Camera dei rappresentanti. E intanto la commissione incaricata di sbloccare il dialogo politico (composta da sei parlamentari favorevoli al Governo di concordia nazionale e sei contrari) non ha ancora fatto proposte concrete per migliorare la situazione. Sul piano internazionale, il presidente statunitense, Barack Obama, ha autorizzato il Tesoro ad applicare sanzioni contro Khalifa Ghweil, ex premier del cosiddetto Governo di Tripoli (mai riconosciuto dalla comunità internazionale). Il nome di Ghweil è l’unico che figura espressamente nella decisione statunitense, ma il decreto di Obama riguarda anche tutti coloro che «minacciano la pace, la sicurezza o la stabilità della Libia», minando il Governo di Al Sarraj. Il provvedimento statunitense ricalca un’analoga decisione presa dall’Unione europea. Sul piano militare, l’esercito libico, guidato dal generale Haftar, ha riaperto ieri la strada di Al Hawari che collega la città di Bengasi con il villaggio di Al Nawaqiya, nella periferia. Il portavoce del consiglio comunale di Bengasi, Abdel Rawf Al Khadar, ha spiegato che «il sindaco Ani Al Majburi ha chiesto «una riunione con i vertici dell’esercito per avviare le operazioni di riapertura al transito dei civili della strada, ora saldamente nelle mani delle forze armate». Haftar si era recato ieri in visita a Bengasi per un incontro con i vertici militari. L’inviato dell’Onu Kobler (a sinistra) con il presidente del Parlamento di Tobruk Aguila Saleh (Afp) La polizia disperde una manifestazione a El Kef Rapporto dell’Unicef Smantellata in Tunisia una cellula terroristica Vita sempre più difficile per i bimbi afghani TUNISI, 20. Resta alta la minaccia terroristica in Tunisia. Unità della Guardia nazionale hanno tratto in arresto cinque persone appartenenti a una cellula jihadista di Ansar Al Sharia e attiva nella regione di Sidi Bouzid. Lo ha reso noto ieri il ministero dell’Interno in un comunicato nel quale si spiega che le indagini hanno preso il via in seguito alla scoperta di contatti tra un arrestato e un miliziano del cosiddetto Stato islamico (Is) rimasto ucciso negli scontri con l’esercito a Ben Guerdane nel marzo scorso e già implicato nell’attacco all’ambascia- ta statunitense a Tunisi nel 2012. E nel frattempo, ieri le forze dell’ordine tunisine hanno fatto ricorso all’uso di gas lacrimogeni a El Kef, nel nord-ovest del Paese, disperdendo una folla di manifestanti scesi in strada per protestare contro la visita dello scorso 14 aprile del premier, Habib Essid, e contro recenti misure economiche prese dal Governo. La manifestazione era stata indetta da un sindacato per denunciare la marginalizzazione della regione e il mancato avvio delle misure promesse per lo sviluppo della regione. Forze di sicurezza tunisine contro i dimostranti (Reuters) Sostegno di Merkel al dialogo israelo-palestinese TEL AVIV, 20. Il cancelliere tedesco, Angela Merkel, ha ricevuto ieri a Berlino il presidente palestinese, Mahmoud Abbas, per cercare di rilanciare i negoziati e il dialogo in Vicino oriente. Merkel ha ribadito la contrarietà della Germania agli insediamenti israeliani, definendola «una politica controproducente». Quello degli insediamenti rappresenta — dicono gli esperti — uno dei nodi cruciali del contenzioso tra israeliani e palestinesi; questi ultimi chiedono il completo e immediato stallo di tutte le attività edilizie in Cisgiordania e a Gerusalemme est quale condizione imprescindibile per la ripresa dei negoziati. Incontrando Abbas, Merkel ha quindi sottolineato la necessità di creare «due Stati che si rispettino tra loro». Abbas, dal canto suo, ha confermato che i palestinesi ricorreranno nuovamente all’Onu, pur consapevoli che si tratta di una via «molto difficile». Merkel si è detta favorevole «a ogni iniziativa diplomatica che possa favorire il dialogo». Recentemente il presidente russo, Vladimir Putin, ha annunciato di voler organizzare una conferenza internazionale sul Vicino oriente. Il dialogo tra le due parti è in stallo da almeno due anni. E ad alimentare questo stallo è anche il perenne clima di violenza: solo due giorni fa un attentato su un bus a Gerusalemme ha provocato 21 feriti e riportato il terrore nella città. Artificieri della polizia hanno stabilito che l’ordigno, del peso approssimativo di un chilogrammo, era di fattura «artigianale». L’attacco è stato condannato da Abbas, ma non da Hamas, il movimento islamico che controlla la Striscia di Gaza. KABUL, 20. I bambini in Afghanistan hanno sempre più difficoltà ad accedere ai servizi di prima necessità, come l'assistenza sanitaria e l'istruzione. A testimoniarlo è un rapporto realizzato da Unicef e Unama (la missione di assistenza dell’O nu in Afghanistan) secondo cui nel 2015 le violenze causate dal conflitto hanno provocato la parziale o totale chiusura di oltre 369 scuole, colpendo più di 139.000 studenti e 600 insegnanti. Sempre l’anno scorso sono stati documentati 125 incidenti a personale medico-sanitario — rispetto ai 59 del 2014 — con ripercussioni molto gravi sull’accesso alla salute: 20 operatori sanitari sono stati uccisi, 43 feriti e 66 sequestrati. Sono stati documentati anche 132 episodi che hanno colpito l’accesso all’istruzione e il personale scolastico: 11 operatori scolastici sono stati uccisi, 15 feriti e 49 rapiti. Questi dati sono «in forte aumento rispetto al 2014. Dei 257 episodi documentati, la maggior parte riguardavano minacce e intimidazioni, con un incremento rispetto al 2014 del 182 per cento» si legge in un comunicato dell'Unicef. «I dati del rapporto sono profondamente allarmanti. È inaccettabile che gli insegnanti, i medici e le infermiere siano soggetti a violenze o minacce e che le scuole e le strutture mediche siano utilizzate in modo diverso o attacca- te», ha detto Nicholas Haysom, rappresentante speciale in Afghanistan del segretario generale dell’O nu. «Tutte le parti devono attuare misure per proteggere le scuole e i servizi sanitari in Afghanistan». Nel 2015 i bambini «hanno avuto sempre più difficoltà nell’accedere ai servizi Inviato nordcoreano a Pechino PECHINO, 20. Il ministro degli Esteri nordcoreano, Ri Su Yong, è a Pechino, tappa intermedia del viaggio che lo porterà a New York per un evento in programma venerdì all’O nu, relativo alla firma dell’accordo sul cambiamento climatico di Parigi e alla quale parteciperanno oltre 130 Paesi. Quella di Ri Su Yong è la prima visita negli Stati Uniti di un capo della diplomazia di Pyongyang dal quarto test nucleare del 6 gennaio e potrebbe essere l’occasione per contatti informali con funzionari statunitensi. sanitari e scolastici in Afghanistan a causa dell’insicurezza e delle violenze legate al conflitto, ulteriormente aggravate da alti livelli di povertà cronica in tutto il Paese» ha spiegato Akhil Iyer, rappresentante dell’Unicef in Afghanistan. Il rapporto sottolinea in particolare le enormi difficoltà che spesso devono affrontare le ragazze, come attacchi, minacce, divieti espliciti per l’accesso all’istruzione. «Le violenze legate al conflitto non solo mettono i bambini afghani a rischio, ma limitano anche i loro diritti fondamentali all’istruzione e alla salute» ha osservato Danielle Bell, direttore dei Diritti umani Unama. E, intanto, a dimostrazione del clilma di tensione nel Paese, ieri un ordigno è esploso nel centro di Kabul, dopo l’attentato che in mattinata ha causato 64 morti, senza però causare alcuna vittima. Lo ha dichiarato il portavoce del ministero dell’Interno, Siddiq Siddiqi. La Francia e gli Stati Uniti hanno condannato nel modo più fermo l’attacco terroristico di ieri mattina nella capitale afghana. In particolare, il dipartimento di Stato americano, ha osservato che l’episodio evidenzia il danno che gli insorti talebani e altri estremisti violenti continuano a infliggere al popolo afghano e alle sue condizioni di vita. Ribelli huthi pronti a recarsi in Kuwait per i colloqui di pace sullo Yemen SANA’A, 20. I ribelli huthi e le milizie alleate fedeli all’ex presidente Ali Abdullah Saleh, si uniranno ai colloqui di pace sullo Yemen. Questi negoziati avrebbero dovuto iniziare lunedì in Kuwait, ma sono stati rinviati per la mancata partecipazione degli insorti. Lo ha confermato questa mattina il rappresentante degli huthi, Mahdi Al Mushat. «Confermiamo che partiremo per il Kuwait, portando con noi tutte le preoccupazioni, le ferite, le aspirazioni e le speranze del grande popolo yemenita» gli ha fatto eco sul proprio profilo Yahya Duwaid, ritenuto vicino all’ex presidente Saleh. La delegazione dei ribelli e i suoi alleati dovrebbe arrivare in Kuwait domani dopo essere transitata per Mascate, capitale dell’O man. Le violazioni della fragile tregua entrata in vigore il 10 aprile scorso sarebbero state la causa del mancato arrivo degli huthi al tavolo negoziale e il conseguente rinvio dei colloqui di pace. Secondo alcuni osservatori, sarebbero state le pressioni diplomatiche di alcuni attori regionali e internazionali a spingere gli huthi e le milizie alleate al tavolo dei colloqui con il legittimo Governo yemenita del presidente Abd Rabbo Mansour Hadi, appoggiato da una coalizione di Paesi guidata dall’Arabia Saudita. Nelle ultime ore il mediatore dell’Onu, l’inviato speciale Ismail Ould Cheikh Ahmed, già presente in Kuwait, ha moltiplicato i contatti con i protagonisti e i rappresentanti dei cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Questi ultimi hanno — secondo un diplomatico occidentale come riferisce l’agenzia Afp — indirizzato ieri sera un messaggio ai ribelli esortandoli a inviare rapidamente i loro rappresentanti ai colloqui di pace. Nel frattempo, in attesa che inizino i negoziati in Kuwait, si registrano una serie di combattimenti tra lealisti e ribelli huthi in violazione della tregua concordata. Le parti si accusano vicendevolmente di non aver rispettato il cessate il fuoco. Cinque soldati lealisti figurano tra le 13 vittime dei violenti scontri che si sono avuti nell’area della provincia occidentale di Marib, a est della capitale Sana’a. I combattimenti sarebbero iniziati quando un gruppo di ribelli huthi ha cercato di prendere delle postazioni tenute dalle forze lealiste e sono proseguiti a intermittenza per tutta la giornata di ieri. Altri sporadici scontri — riferisce ancora l’agenzia di stampa Afp — si sono registrati su altre linee del fronte, come a Nahm, a nord-est di Sana’a, o a Taiz, terza città del sud-ovest dello Yemen assediata dall’estate scorsa dai ribelli huthi. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 4 giovedì 21 aprile 2016 La facoltà di predicare di ENZO BIANCHI a pubblicazione sul mensile dell’Osservatore Romano «donne chiesa mondo», nel numero di marzo, di articoli nei quali ci si interrogava sulla possibilità per alcuni fedeli laici, abilitati dal carisma della predicazione riconosciuto dal vescovo a tenere l’omelia su invito del vescovo stesso, ha suscitato un certo dibattito e può forse aver creato confusione, anche a causa di abusi presenti in diverse occasioni liturgiche. C’è anche chi, da parte dei laici stessi (come, per esempio, Isabelle de Gaulmyn su «la Croix» dell’8 marzo scorso), ha paventato una clericalizzazione dei laici, in special modo delle donne. L «Predica di Ildegarda di Bingen» (pala d’altare, particolare, Bingen, Rochuskapelle) In verità, con nettezza in tutti i contributi si specificava che oggi la posizione della Chiesa al riguardo è molto chiara. Nel Codex iuris canonici (1983) si dichiara che nella liturgia eucaristica l’omelia «è riservata al sacerdote o al diacono» (canone 767, 1), posizione ribadita nel 1997 dall’Istruzione interdicasteriale su alcune questioni circa la collaborazione dei fedeli laici al ministero dei sacerdoti (Disposizioni pratiche, articolo 3). In questo testo si afferma che, essendo l’omelia parte della stessa liturgia, dunque riservata al sacerdote o al diacono, non deve essere affidata a laici né a seminaristi; si permettono però brevi didascalie per una maggior comprensione della divina liturgia celebrata ed eventuali testimonianze, in certe occasioni. Si apre anche alla possibilità di «dialogo» tra chi presiede e qualche fedele dell’assemblea, come mezzo espositivo da usare con prudenza. Anche l’istruzione Redemptionis sacramentum (n. 64-66) della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti nel 2004 e il Direttorio omiletico (n. 5), emanato nel 2014 dalla stessa congregazione, ribadiscono la medesima disciplina. Gli articoli del mensile non avevano alcuna intenzione di contraddire l’attuale disciplina ma, con profondo rispetto, osavano porre la domanda se sia possibile che la ricerca teologica e le disposizioni della Chiesa pervengano in futuro a posizioni che consentano di affidare la predicazione ai laici, uomini e donne preparati (carisma) e assolutamente scelti e abilitati, anche solo temporaneamente, dal vescovo (istituzione), mediante un mandatum predicandi, come avvenuto tante volte nella storia della Chiesa. Per questo si insisteva sul fatto che la presidenza liturgica della messa non deve essere ferita od offuscata e che l’intervento dei fedeli laici deve essere aperto e concluso dal presbitero. In sostanza, si chiedeva di «ordinare» ciò che talvolta avviene in forme ambigue, finendo per turbare l’ordo ecclesiae. Resta vero, in ogni caso, che già oggi la disciplina canonica lascia spazio alla predicazione di alcuni laici autorizzati anche in liturgie non eucaristiche, oltre che nei contesti catechetici. La Chiesa cattolica e il comunismo nell’Europa uscita dalla seconda guerra mondiale Storia di una persecuzione di JAN MIKRUT opo il 1945 il territorio dell’Europa centrale entrò nell’orbita della dominazione sovietica. Le decisioni, prese durante le Conferenze di Yalta e Potsdam, crearono una nuova divisione di questa parte dell’Europa. La politica sovietica di annessione spezzò l’antica struttura dell’Europa centrale: la Lituania, la Lettonia e l’Estonia, nonché i territori orientali della Polonia inglobati all’Urss, persero la loro indipendenza; una parte dell’Impero asburgico, la Bucovina e Bessarabia, passò sotto l’impero sovietico; fu divisa anche la Germania. Il termine Europa centrale sparì dalle mappe e dal linguaggio diplomatico e fu sostituito con quello di “Europa centro-orientale”. Per la prima volta sia Praga e Budapest che Lipsia e Berlino vennero a far parte dell’Est. Dal punto di vista geopolitico, dopo il 1945, l’Europa centrale diventò la parte esterna dell’impero sovietico, contenendo i Paesi satelliti dell’Urss: la Polonia, la Cecoslovacchia, l’Ungheria e la Germania Orientale (Ddr). Alla “parte interna” dell’Urss furono invece incorporate la Lituania, la Lettonia, l’Estonia, l’Ucraina, la Bielorussia e la Moldova. Questa divisione è molto importante riguardo alla politica confessionale, poiché il modo di agire del potere di fronte alle comunità dei credenti era diverso nella parte interna o in quella esterna dell’impero. Nelle Repubbliche sovietiche la mancanza di qualsiasi indipendenza politica di queste permetteva ai comunisti di applicare soluzioni radi- D fessata in modo privato o in clandestinità. Nella parte esterna dell’impero esisteva, invece, un certo margine-spazio per dimostrare la propria indipendenza e anche, talvolta un’efficace resistenza. Il cesaropapismo staliniano presupponeva la superiorità del potere laico su quello ecclesiastico, l’imposizione della visione atea del mondo all’intera popolazione e l’uso strumentale della legge contro la Chiesa. Con forte determinazione quindi si portò avanti il programma della distruzione della religione in Unione Sovietica: qui dopo il 1945 le repressioni, specialmente contro la Chiesa cattolica, furono molto crudeli. I nuovi Paesi annessi al blocco sovietico, A un convegno dei partiti comunisti tenutosi in Polonia nel 1947 il russo Andriej Ždanov presentò un piano di eliminazione per tutti i Paesi del blocco sovietico finora legati alla cultura occidentale, dovettero fare un’inversione di marcia e creare un apparato politico-militare orientato al combattimento dell’influenza religiosa, non solo delle Chiese cristiane, ma anche, (come per esempio in Albania) della religione, nonché della tradizione musulmana. Questa forma di governo, già ben sperimentata in Unione Sovietica e dopo il 1945 proposta in quasi tutti i Paesi del blocco sovietico, ha espresso in Albania, soprattutto nell’ambiente religioso, una forma di particolare brutalità. La vita reIl 21 aprile alle 17.30 viene presentato il volume ligiosa di tutte le comunità curato da Jan Mikrut La Chiesa cattolica e il religiose, non solo cristiacomunismo in Europa centro-orientale e in Unione ne, fu sottoposta a una duSovietica (San Pietro in Cariano, Gabrielli ra persecuzione. Il concetEditori, 2016, pagine 797, euro 48). to politico di Josef Stalin Intervengono, tra gli altri, il cardinale Miloslav chiedeva una sottomissione Vlk, arcivescovo emerito di Praga, che ha della Chiesa al potere dello firmato la prefazione, monsignor Cyril Vasil’, Stato e utilizzava il potere segretario della Congregazione per le Chiese per obbligare tutti i cittaorientali, lo storico gesuita Nuno da Silva dini all’accettazione del siGonçalves e il curatore del libro di cui stema ateo. Questo principubblichiamo in questa pagina stralci della pio fu perseguito con una presentazione. Il progetto editoriale prevede particolare crudeltà sui teraltri due volumi che analizzeranno «la raffinata ritori dei nuovi Stati inserie multiforme battaglia dei comunisti contro la ti nel territorio dell’Urss: religione in generale e, in modo particolare, Lituania, Lettonia, Estonia, contro la Chiesa cattolica». In particolare, il Bielorussia, Ucraina, Molsecondo volume sarà dedicato alle dova: la religione fu ancotestimonianze dei cristiani in Europa centrora per un certo periodo orientale, mentre il terzo tratterà interamente tollerata, come un relitto della storia della Chiesa cattolica sul territorio dei tempi vecchi, ma dovedell’Unione Sovietica. va essere eliminata dallo Stato moderno e decisamente cancellata dalla vita della società. L’anno 1948 costituisce un punto di svolta cali, rendendo impossibile qualsiasi forma di nello sviluppo dei rapporti Chiesa-Stato in resistenza. Infatti, la dimensione della repressione di- Europa: in quell’anno iniziò tra Oriente e pendeva dal luogo in cui viveva la comunità Occidente un confronto ideologico, tale da cristiana. L’appartenenza alla parte interna provocare un aumento della tensione in tutdell’impero rendeva impossibile qualsiasi to il mondo. Il Movimento comunista interforma di resistenza e le repressioni erano co- nazionale decise di rompere con la politica sì violente che lasciavano spazio soltanto a di tolleranza verso qualsiasi forma di opposidue atteggiamenti: eroica perseveranza e zione politica e di costruire un sistema di tomartirio, oppure totale sottomissione o addi- tale controllo sulla vita sociale, economica e rittura apostasia. La fede poteva essere con- spirituale delle nazioni: tra le priorità di questo programma situò la lotta contro la Chiesa cattolica. Al Convegno dei partiti comunisti a Szklarska Poręba in Polonia, dal 22 al 27 settembre 1947, il rappresentante russo Andriej Aleksándrovic Ždanov (18961948) presentò un piano di eliminazione della Chiesa cattolica in tutti i Paesi del blocco sovietico. Il suo progetto si basava sul modello sovietico applicato negli anni Venti nell’Urss e consisteva nella distruzione delle gerarchie e poi dei più eminenti tra sacerdoti e laici. Nella prima fase dovevano essere arrestati i vescovi, eliminando così la guida della Chiesa, e si dovevano isolare le persone apprezzate dai credenti. Allo stesso tempo, bisognava creare gruppi di laici collaborazionisti, fedeli al regime e avversari della gerarchia. Nei Paesi dove i governi avevano collaborato con il Terzo Reich durante la seconda guerra mondiale, come Bulgaria, Croazia, Slovacchia, Ungheria e Romania, le persecuzioni della Chiesa iniziarono subito dopo la fine della guerra, già nel 1945, con la pretesa di combattere un comune nemico ostile all’intero popolo. Le persecuzioni che la Chiesa subì negli anni Quaranta e Cinquanta, nell’Europa dominata dal potere sovietico, distrussero tante delle sue strutture fondamentali, ma non riuscirono a sradicare la religione dalla coscienza popolare. Fallì il tentativo di creare un’alleanza atea nel cuore dell’Europa cristiana. Le azioni contro la Chiesa avevano il carattere di una campagna politica, legata a contingenti problemi interni e l’efficienza di quelle azioni dipendeva dalla determinazione dell’élite comunista nella lotta contro la religione, dalla resistenza sociale e infine dalla posizione che la Chiesa occupava dentro ciascuna nazione. Prigionieri di un gulag al lavoro Dopo il 1956, si formò definitivamente un modello di rapporti Chiesa-Stato, un modello totalitario, tendente verso il pieno controllo della vita ecclesiale. Presupponeva anche l’ateizzazione forzata di larghe fasce sociali e le repressioni contro i dissidenti. Si possono individuare due modi di agire dei comunisti nei confronti della Chiesa. Il primo si formò negli anni Cinquanta e rimase in vigore fino agli anni Ottanta in Cecoslovacchia, Romania e Bulgaria. Consisteva principalmente nella liquidazione delle gerarchie, limitazione dei contatti con la Santa Sede, stretta sorveglianza di ogni forma di attività pastorale, divieto di associarsi per i laici. In questa situazione, aumentavano le strutture illegali riunite intorno a vescovi e sacerdoti ordinati clandestinamente. L’altro modello, in diverse varianti, lo troviamo in Ungheria, Jugoslavia e Ddr. Si caratterizzava per una più ampia tolleranza verso la Progetto in tre volumi La biografa di Caterina di Russia «Voleva che almeno i suoi libri tornassero in Spagna» spiega Susana Torres a Manuel Morales, giornalista di «El País», in un articolo pubblicato il 19 aprile scorso. «Esiliata e dimenticata» titola il giornale spagnolo, ricordando la figura e l’opera di Isabel de Madariaga — figlia dell’intellettuale e politico Salvador de Madariaga, studiosa di Caterina di Russia e della sua epoca — e la scarsa attenzione che le ha dedicato la sua patria finché era in vita. Isabel è morta il 14 giugno di due anni fa a Londra; Susana Torres, slavista come lei e dal 2010 presidente dell’associazione scientifica di studi sulla Russia medievale, ha raccolto il testimone della sua ricerca e si è preoccupata di salvare dalla dispersione la sua ricchissima biblioteca. Dopo molte visite a casa di Isabel e un accurato lavoro di catalogazione, cinquanta casse di libri e riviste sono tornate in Spagna: trecento volumi alla Biblioteca Nacional e centinaia di altri libri alla IE University di Isabel de Madariaga Madrid. Grazie alla sua conoscenza delle lingue (parlava francese, italiano, tedesco e russo oltre allo spagnolo) aveva lavorato come traduttrice alla Bbc durante la seconda guerra mondiale; era stata la prima donna a laurearsi in slavistica a Londra. Chiesa. Le autorità di questi Paesi ammettevano l’esistenza della gerarchia, delle strutture ecclesiastiche e non impedivano contatti con il Vaticano. Creavano, invece, numerosi ostacoli di carattere amministrativo, specialmente per l’educazione religiosa e l’attività Vennero distrutte molte strutture fondamentali ma non si riuscì a sradicare la religione dalla coscienza dei popoli sociale della Chiesa. Il caso della Polonia non rientra in nessuna di queste categorie e le ragioni sono diverse, non ultima il fatto che la fase più dura della persecuzione staliniana in Polonia fu molto breve. Al progetto [editoriale] hanno collaborato più di cinquanta studiosi, provenienti da diversi Paesi, sicché ciascuno può essere considerato non solo autore dell’articolo, ma anche e soprattutto testimone degli eventi che ha raccontato. Trattandosi di storici, il lavoro è basato su una seria ricerca archivistica e documentale. Gli autori sono in gran parte o professori universitari o docenti presso i seminari delle loro diocesi. I contributi sono stati scritti nelle diverse lingue degli autori e tradotti in italiano, che da molti anni è diventata la lingua più parlata nella Chiesa, man mano che si è dimenticato il latino. In tal modo, si spera di dare all’opera una più ampia diffusione. Nei diversi articoli [del libro] sono presentati molti personaggi che, a ragione della loro fede, vennero perseguitati, imprigionati e uccisi. Molti di loro, grazie alla sensibilità e all’attenzione di Giovanni Paolo II, sono stati riconosciuti come martiri dalla Chiesa e per molti altri il cammino verso la beatificazione è ancora in corso. Infatti, è grazie all’esperienza vissuta in prima persona dall’uomo e sacerdote Karol Wojtyła, ancor prima di essere Papa, figlio della terra polacca, che questi martiri dei tempi moderni sono stati conosciuti dal mondo intero, facendo emergere le brutalità del regime comunista. Giovanni Paolo II, un Papa polacco, ha avuto personalmente una grande importanza nello storico crollo del comunismo. La sua esperienza e sensibilità politica, il grande coraggio e la conoscenza personale delle debolezze ideologiche ebbero grande successo nelle relazioni con i Paesi governati dai governi comunisti. L’OSSERVATORE ROMANO giovedì 21 aprile 2016 pagina 5 Jack Reynor e Sarah Gadon nei panni del soldato Jack e della principessa Elizabeth nel film «Una notte con la regina» La monarchia britannica nel cinema dell’ultimo decennio Se i reali tornano di moda ifficile non pensare che per la figura di Giorgio VI negli ultimi anni sia nata una vera e propria moda. Ora sono infatti almeno tre i film che in pochi anni l’hanno tratteggiata da varie angolazioni. In Una notte con la regina il suo personaggio è un comprimario di lusso, ma ne Il discorso del re, anche grazie alla grande interpretazione di Colin Firth, il ritratto è ben più complesso, nonché rappresentativo di un’epoca storica. I suoi noti problemi di balbuzie diventano il sintomo di una corona ricevuta improvvisamente e dapprima controvoglia. Mentre il suo lungo processo di guarigione dai risvolti anche psicanalitici è il simbolo di un’Europa che cerca in se stessa la forza di liberarsi dall’oppressione nazista. In A royal weekend (Roger Michell, 2012), invece, la presenza del re è in gran parte strumentale, perché serve a far emergere per contrasto la personalità disinvolta ma in fondo altrettanto tormentata del presidente americano Roosevelt, vero protagonista del film. La produzione è però britannica, e mantiene dunque un occhio di riguardo per il monarca, raccontando una presa di coscienza di sé e del proprio ruolo sulla falsariga del film di Hooper. Al di là di come sono andate D Colin Firth interpreta Giorgio VI nel film «Il discorso del re» lare, si risolve in un prodotto tecnicamente sin troppo curato, come potrebbe esserlo uno spot o un videoclip, ma di sostanza ce n’è poca. Ed è un peccato perché sulla carta il film poteva sviluppare almeno un tema importante come quello fra monarchia e media moderni. Elisabetta ormai regina, interpretata con autorevolezza davvero regale da Helen Mirren, è Sono almeno tre i film invece protagonista di che in pochi anni hanno tratteggiato The Queen (2006). Il reda varie angolazioni gista Stephen Frears firma un racconto coragla complessa figura di Giorgio VI giosamente informale e in più momenti addirittura irriverente nei condavvero le cose, l’incontro fra i due fronti dei reali, soprattutto quando sul grande schermo non riserva viene adottato lo sguardo del neomolte sorprese, ma la soluzione del eletto premier Blair, inizialmente loro rapporto in direzione di una sconcertato dalla freddezza dei posizione un po’ paternalistica di Windsor alla notizia della morte di Roosevelt, ben accettata dall’altro, Lady Diana. Nella prima parte del serve a sintetizzare i rapporti film, infatti, Elisabetta viene dedell’epoca fra Stati Uniti e Regno scritta come un personaggio a dir Unito, e più in generale la tipica e poco altero e distaccato, intenzionafisiologica irriverenza di un’ex colo- to a sminuire il più possibile il clania nei confronti di quella che era more per la scomparsa dell’ex prinla madre patria. cipessa del Galles, a partire dall’auSi concentra invece sul fratello di spicio per un funerale strettamente Giorgio, Edoardo VIII, e in partico- familiare e non pubblico. Ma sarà lare sulla sua relazione con l’ameri- proprio in una dimensione insolitacana Wallis Simpson, il film W. E. mente domestica e familiare che la Edward e Wallis (2011), diretto dalla regina mostrerà gradualmente popstar Madonna. Un complicato l’umanità nascosta sotto la corazza racconto fra realtà e presente che istituzionale, nonché il taciuto affetcoinvolge anche un’altra coppia per to per la principessa scomparsa. certi versi analoga e per altri specu- (emilio ranzato) di EMILIO RANZATO ondra, sera dell’8 maggio 1945. Alla fine della guerra re Giorgio VI (Rupert Everett) è impegnato a preparare un discorso radiofonico alla nazione, non prima di aver concesso alle giovanissime figlie Elizabeth e Margaret (Sarah Gadon e Bel Powley) di uscire a festeggiare all’hotel Ritz, accompagnate e soprattutto controllate da due ufficiali. Solo in teoria, però, perché i due militari si riveleranno alquanto distratti dai festeggiamenti. E così per le due sorelle si paventa l’occasione non solo di prolungare la serata, ma anche di perdersi nei quartieri più periferici e malfamati della città, fra divertimenti, pericoli e incontri. Come quello fra Elizabeth e Jack (Jack Reynor), soldato semplice amareggiato da una guerra che gli ha riservato non pochi traumi e da un mondo militare e istituzionale che l’ha deluso. Attraverso una tenera amicizia i due impareranno ognuno qualcosa di importante del mondo dell’altro. La sceneggiatura di questo Una notte con la regina (A royal night out), firmata da Trevor De Silva e Kevin Hood, parte da un episodio reale — l’uscita serale delle giovani sorelle Windsor da Buckingham Palace per festeggiare la fine della guerra e la vittoria sulla Germania nazista — per poi sviluppare un racconto tacitamente ma evidentemente tutto inventato. E che possiamo supporre si ispiri a ciò che l’immaginario collettivo dei sudditi della corona vorrebbe intravedere in quella notte di pace e di festa ma non per questo meno cruciale per i destini del Paese e del mondo intero. Una notte letteralmente di redde rationem, in cui le ragioni di tutti si esplicitano e inevitabilmente, almeno in L Il cinema d’oltremanica viene spesso salvato da un senso della misura che gli impedisce di tracimare nel cattivo gusto parte, si scontrano. In particolare, lo script si concentra su una dialettica semplice ma non per questo meno efficace. Quella che vede contrapposti il potere da una parte, rappresentato ovviamente dalle due sorelle, in particolare dalla più grande Elizabeth, già vicina a essere responsabilizzata dai «Una notte con la regina» di Julian Jarrold Il potere incontra il popolo primi incarichi istituzionali, e il popolo dall’altra, che troverà nel soldato semplice Jack un credibile portavoce. Il film sembra volersi ricollegare a Il discorso del re (Tom Hooper, 2010) — anche se lì si trattava della dichiarazione di guerra — quando Jack fa un commento sprezzante sul discorso di re Giorgio, sottolineando come le parole non abbiano granché importanza rispetto alle giovani vite che sono state spese per l’impresa antinazista. Nel pub dove il soldato fa questa uscita riceve insulti da parte di altri avventori e altri soldati. Ma significativamente sarà la stessa Elizabeth, dapprima indignata, a cercare di comprendere le sue motivazioni. Soprattutto per lei, infatti, questo viaggio nella notte sarà un percorso di maturazione e di presa di coscienza attraverso gli umori più veri del suo popolo, qualcosa di propedeutico per il futuro di principessa e regina. Anche agli altri due protagonisti, d’altronde, la sceneggiatura riserva un piano metaforico. Dal sapore vagamente schnitzleriano, anche se condotto con toni molto leggeri, quello dell’adolescente Margaret, a contatto con un’atmosfera di rilassatezza un po’ lasciva da cui è incuriosita; quasi una sorta invece di anabasi è quella che si prepara per Jack, intenzionato a disertare quanto meno formalmente in segno di protesta per l’indifferenza che avverte nelle alte sfere, e dunque impegnato a tornare a casa per poi espatriare sfuggendo però alle autorità militari. Si tratta di suggestioni incorniciate in un contesto da commedia che ovviamente un po’ le annacqua, tuttavia il film sa trovare i giusti momenti di quiete e di riflessione, come durante uno spostamento in barca lungo un Tamigi circondato da palazzi sventrati, attraverso cui la coppia di giovani intravede famiglie che continuano a viverci. O come quando Elizabeth, nella piazza gremita e in festa, si guarda bene attorno e riesce a scorgere anche sguardi carichi di stanchezza e sofferenza. D’altronde il registro spensierato funziona altrettanto bene, anche perché la regia sa amministrare con un ritmo sufficientemente brioso, quasi da pochade, i momenti in cui il racconto si fa più corale. Poi, si sa, le storie che hanno come protagoniste delle principesse finiscono spesso per strizzare l’occhio alla favola, un sottotesto che qui è sin dall’inizio latente nell’esibita e divertita invenzione del racconto. Capita così che alla lunga gli autori cadano puntualmente nella tentazione di suggerire un prosieguo romantico per la coppia protagonista. Ci si poteva magari risparmiare una coda con cena dei due giovani a casa di lei, in presenza dei reali, situazione che ricorda un po’ troppo un certo tipo di dimenticabile commedia italiana anni Ottanta. Anche perché l’incontro intergenerazionale fra padri e figli non suscita momenti memorabili, complice un’interpretazione troppo rigida di Everett e di Emily Watson nei panni della regina. Però in questi casi il cinema britannico viene spesso salvato da un in- vidiabile senso della misura, che gli impedisce di tracimare nel cattivo gusto. Ed è così anche stavolta. Pur restando con un piede nella favola, il film si avvia dunque verso un vero Finita la seconda guerra mondiale le giovanissime figlie del sovrano Elizabeth e Margaret escono per festeggiare in strada Faranno incontri inattesi epilogo più fresco e convincente. Il regista Julian Jarrold, che si era fatto notare con un altro ritratto in parte ritoccato con l’immaginazione, Becoming Jane (2007), sulla vita di Jane Austen, conferma una mano equilibrata che sa inquadrare lo spirito di un’epoca, e contemperare con gusto, realtà e fantasia nonché registri diversi. È morto Fulvio Roiter Pulitzer per la fotografia agli scatti che documentano il dramma dei profughi e dei migranti di GAETANO VALLINI Ci sono foto che in qualche modo hanno contribuito a cambiare la storia perché capaci di inquietare le coscienze, di suscitare l’indignazione dell’opinione pubblica, e quindi di influire sulla politica. Non sappiamo se le nuove immagini di profughi e immigrati premiate con il Pulitzer e che raccontano la cronaca di questi giorni difficili — troppo spesso segnati da tragedie, con carrette del mare che affondano portandosi dietro decine, a volte centinaia di vite — serviranno a convince- Uno scatto di Daniel Etter La forza delle immagini re i governi del vecchio continente a riaprire le frontiere, a operare per approntare canali umanitari sicuri, offrendo accoglienza senza fare troppi calcoli. Di sicuro finora testimoniano dinanzi alla storia l’ipocrisia di un’Europa debole e tutt’altro che unita. Ma testimoniano anche come il dramma di profughi e migranti resti centrale nel racconto dell’oggi. Non è un caso che proprio alcuni di questi scatti — strazianti e ciononostante capaci di esprimere bellezza pur nella tragedia — siano diventati simboli. Perché nulla più di una foto riesce a rendere la drammaticità della realtà di bambini, anziani, uomini, donne in fuga da guerre e povertà, situazioni così disperate da non esitare a mettere a rischio la loro stessa vita. L’Europa e il mondo intero si erano commossi davanti alla foto del piccolo Aylan, del suo corpicino senza vita — sembrava dormisse — lambito dalle onde sulla spiaggia di Bodrum, in Turchia. E da lì la prima presa di coscienza da parte della comunità internazionale del dramma che si stava consumando nel Mediterraneo nella quasi totale indifferenza. Ma nazionalismi e interessi particolari hanno presto frenato quell’estemporaneo seppure importante moto di accoglienza. L’Europa, che non aveva brillato quanto a solidarietà con i Paesi in prima linea sul fronte dell’emergenza, ha fatto un ulteriore passo indietro, addirittura alzando muri qua è la, chiudendo e blindando le frontiere. Ma che cosa può fermare chi non ha più nulla da perdere? Niente. Lo raccontano altre foto catturate lungo i confini della rotta balcanica. E una in particolare, scattata da Warren Richardson Hope, premiata qualche mese fa con il World Press Photo, restituisce la forza della disperazione di chi fugge in cerca di futuro: di notte un uomo passa a un’altra persona un neonato sotto il filo spinato al confine tra la Serbia e l’Ungheria. Anche questa è una delle immagini simbolo di quella che Papa Francesco ha definito la più grande catastrofe umanitaria dalla fine della seconda guerra mondiale. Immagini a cui si vanno ad aggiungere quelle di un altro prestigioso riconoscimento giornalistico, il Pulitzer, che ha premiato gli scatti dei fotoreporter del «New York Times» e dell’agenzia Reuters sul dramma che si sta consumando nel Mediterraneo e nei Balcani. A far vincere il quotidiano sono state soprattutto le foto di Tyler Hicks, Daniel Etter, Mauricio Lima e Sergey Ponomarev. In particolare quelle su una famiglia siriana, i Majid, in fuga dalla guerra. Lima e Ponomarev hanno accompagnato i Majid per 40 giorni, viaggiando con loro in treno, autobus e barca, e soprattutto a piedi. Il team fotografico della Reuters è stato invece premiato per le toccanti immagini di sbarchi di migranti sulle isole della Grecia. Foto che raccontano la paura e la sofferenza di un viaggio pericoloso ed estenuante, l’angoscia davanti a un reticolato presidiato dalla polizia, ma anche le lacrime di gioia nel giungere su una spiaggia, la gratitudine per una mano che ti salva, la tenerezza di un abbraccio a un figlio impaurito. C’è da augurarsi che in futuro non ci siano altre foto di profughi e migranti da premiare. Perché significherebbe aver trovato una soluzione al problema. Ma è inutile farsi troppe illusioni, almeno per l’immediato futuro. La realtà purtroppo resta drammatica. Come confermano le decine di fotografie che le agenzie continuano a inviare quotidianamente dalle coste del Mediterraneo e dalle frontiere balcaniche. E che costituiscono altrettanti atti d’accusa alla fortezza Europa. Nel mondo della fotografia dire Venezia significa dire Fulvio Roiter. E proprio nella città lagunare il grande fotografo è morto ieri, martedì, a 89 anni. Il suo libro Essere Venezia (1977) resta un caso editoriale unico, con il milione di copie vendute, l’inusuale — per l’epoca — formato rettangolare delle immagini al pari del colore in un mondo fotografico dominato dal bianco e nero. Ma Roiter era un reporter vero e come tale ha viaggiato, documentando eventi e raccontando culture, dall’Africa all’America. Nel 1956 vinse il prestigioso premio Nadar. Pur lavorando per importanti testate ha sempre prediletto il libro come forma espressiva. Molti critici non amavano i suoi scatti di maniera. Ma lui non se n’è mai fatto un problema, perché piacevano alla gente. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 6 giovedì 21 aprile 2016 Prima riunione del quattordicesimo consiglio della segreteria generale del Sinodo SANTIAGO DEL CILE, 20. La soluzione del conflitto mapuche nella regione dell’Araucanía insieme alle altre emergenze legate soprattutto alla tratta delle persone, al narcotraffico e all’emarginazione: sono queste le principali sfide che sono chiamati ad affrontare i religiosi e le religiose del Cile. È quanto viene messo in evidenza nel comunicato finale dell’assemblea che nei giorni scorsi ha visto radunati a Padre Hurtado, piccolo centro non distante dalla capitale, i superiori e le superiori maggiori delle principali congregazioni religiose del Paese con l’obiettivo di verificare e aggiornare il piano globale per gli anni 2015-2018. «In un sistema che proclama che la salvezza sta nel potere, nella ricchezza, nel monopolio del sapere — si legge nel comunicato — ci sono situazioni che gridano. La realtà ci sfida ed è fondamentale per noi: il traffico di esseri umani, il conflitto in Araucanía, le relazioni disumanizzanti, la situazione dei migranti, i giovani in situazioni vulnerabili, il traffico di droga, la violenza, questo dovrebbe segnare la nostra risposta, anche se a volte sperimentiamo una certa impotenza e smarrimento». La conferenza dei religiosi e delle religiose del Cile si è svolta nel clima particolare dell’anno santo straordinario della misericordia, assumendo come immagine-chiave l’icona evangelica della Visitazione (in cui, come è noto, la Vergine Maria si mostra sollecita ad aiutare la cugina Elisabetta, che attendeva di diventare madre). «Accettiamo la sfida di promuovere la cultura dell’incontro partendo dalla Parola del Vangelo, che è esperienza ed evento in chiave di misericordia. Siamo pronti a vivere l’intercongregazionalità nella comunione missionaria, dove la vita grida dinanzi alla situazione dell’Araucanía, al traffico di esseri umani, dei migranti. Noi, come Maria nel Magnificat, vogliamo riflettere la nostra convinzione che la salvezza viene da Dio e sta Collegialità e servizio papale Religiosi del Cile con la popolazione nativa Sfidati dal grido dei mapuche operando, che la sua azione è nascosta nei poveri, ma è efficace e provoca la gioia», è scritto nella nota. Anche i religiosi e le religiose cileni, dopo che nei giorni scorsi si era espressa la conferenza episcopale, hanno dunque manifestato preoccupazione per l’escalation di violenza che da mesi si registra in Araucanía, la regione centromeridionale in cui è consistente la presenza del popolo mapuche. Violenza che ha già provocato alcune vittime e attentati incendiari che non raramente prendono di mira chiese e altri luoghi di culto. Il cosiddetto “conflitto Mapuche” contrappone dagli anni Novanta del secolo scorso il più grande e importante gruppo etnico del Paese agli agricoltori e agli imprenditori della regione a causa della proprietà delle terre. Sulla questione pochi giorni fa erano intervenuti, con un appello pubblico, anche una decina di religiosi che vivono e lavorano nel territorio mapuche, i quali, denunciando lo sfruttamento selvaggio del territorio, hanno lanciato l’allarme per il ripetersi di scontri sempre più violenti e per la violazione dei più elementari diritti umani. Si tratta di una questione — ha sintetizzato l’arcivescovo di Concepción, Fernando Natalio Chomalí Garib — che le istituzioni devono riconoscere come un «problema politico». Per il presule, infatti, il Governo, la polizia, i pubblici ministeri e i giudici «sono molto informati sugli eventi specifici che stanno accadendo, ma mancano di riconoscere che questo è un problema politico, che richiede una definizione dello Stato sul trattamento del popolo mapuche». Presieduta da Papa Francesco si è svolta lunedì 18 e martedì 19 aprile la prima riunione del quattordicesimo consiglio ordinario della segreteria generale del Sinodo dei vescovi. I lavori sono stati aperti dal cardinale segretario generale Lorenzo Baldisseri, che ha ringraziato il Pontefice per la sua presenza e per la recente pubblicazione dell’esortazione apostolica postsinodale Amoris laetitia. A queste parole si sono associati tutti i membri del consiglio, testimoniando l’ampia accoglienza ricevuta dal documento da parte delle Chiese particolari di tutto il mondo. Successivamente, sono stati presi in considerazione i risultati della consultazione promossa per individuare il tema della prossima assemblea generale ordinaria presso i dicasteri della curia romana, le conferenze episcopali, le Chiese orientali e l’Unione dei superiori generali. Dopo un ampio dibattito, sono state individuate alcune proposte di temi da sottoporre al Papa per la sua valutazione. Infine, i membri del Consiglio si sono confrontati sulla revisione dell’Ordo synodi episcoporum, ultimo punto all’ordine del giorno. A questo riguardo il vescovo Fabio Fabene, sottosegretario del Sinodo dei vescovi, ha tenuto una relazione sul seminario di studio appositamente organizzato dalla segreteria generale, a seguito del discorso pronunciato dal Pontefice il 17 ottobre 2015. I membri del Consiglio hanno approfondito il tema suddividendosi in circoli minori e hanno infine presentato in sessione plenaria una relazione sui lavori svolti. Dalle relazioni dei gruppi è emerso tra l’altro che la valorizzazione della sinodalità e della collegialità deve sempre coniugarsi con l’esercizio del ministero del vescovo di Roma, in modo da congiungere fruttuosa- La Chiesa in Ecuador In prima linea nell’aiuto ai terremotati QUITO, 20. La solidarietà della Chiesa cattolica verso il popolo ecuadoriano non si è fatta attendere: una colletta nazionale e migliaia di volontari sono stati mobilitati per dare aiuto alle popolazioni colpite dal terribile sisma (7,8 gradi Richter) di giovedì scorso. Il tragico bilancio delle vittime continua ad aggravarsi come informa il ministero della Sicurezza. Papa Francesco al Regina caeli di domenica 17 aprile ha inviato a tutta la popolazione un messaggio di solidarietà, invocando l’aiuto di Dio e dei fratelli per la popolazione in difficoltà. Come accennato, la Chiesa ha immediatamente promosso una colletta attraverso Caritas Ecuador. Il segretario esecutivo dell’organizzazione, Pedro Sánchez, ha confermato al Sir l’impegno dell’ente caritativo in coordinamento con la pastorale sociale. Si stanno coinvolgendo le Caritas delle diocesi colpite per rilevare i bisogni più urgenti. A causa delle piogge, molte strade sono inagibili ed è difficile raggiungere le zone colpite. «La Caritas — ha spiegato Sánchez — sta mobilitando i suoi Per i bambini disabili in Perú Nuova fase della causa per la canonizzazione di Dorothy Day Un sms che vale tanto Grande americana TARQUINIA, 20. Raccogliere fondi per ammodernare il centro riabilitativo per bambini disabili Hogar María de Nazareth a Yurimaguas, capoluogo della provincia di Alto Amazonas, nel dipartimento di Loreto, in Perú: questo l’obiettivo della campagna lanciata da Semi di Pace, associazione umanitaria con se- Hogar Emaús per tutte le persone più vulnerabili Accompagnamento, sostegno psicologico e spirituale ai malati e ai loro familiari, ma soprattutto aiuto alle persone vulnerabili e con poche risorse: questo, in estrema sintesi, è quanto svolge l’istituzione cattolica messicana Hogar Emaús, fondata tre anni fa dal sacerdote Salvador Carrera Pulido e benedetta dall’arcivescovo di Morelia, cardinale Alberto Suárez Inda. «Aiutiamo i malati e i familiari dei pazienti ospedalizzati — ha spiegato la direttrice della fondazione, Karen Ortiz Mora — con cibo e offrendo loro un vero focolare domestico». Il Papa ha invitato tutte le diocesi del mondo a realizzare un’opera di misericordia concreta e duratura. Hogar Emaús, presentato lo scorso 15 aprile al Pontefice dal porporato, rappresenta una risposta. «Per noi costituisce una grande gioia e benedizione e conferma il nostro impegno per servire Gesù che si manifesta attraverso i più bisognosi e i malati che si rivolgono alla nostra fondazione» ha sottolineato la direttrice dell’istituzione. de a Tarquinia (Viterbo) nata nel 1980 dall’esperienza di un gruppo di giovani. Pace, fratellanza e unità tra i singoli e i popoli sono i valori che hanno ispirato il cammino in tutti questi anni. “Dove la solidarietà mette radici” è lo slogan dell’associazione, all’interno della quale persone appartenenti a diverse confessioni religiose e culture si riconoscono nella passione comune del mettersi al servizio dei più bisognosi. La campagna è sostenuta attraverso il Progetto Vita Gianni Astrei: per i bambini che hanno una disabilità e appartengono alle fasce più povere della popolazione «il centro Hogar María de Nazareth rappresenta un luogo protetto di accoglienza, amicizia e integrazione. Le condizioni di vita in una regione come l’Amazzonia sono infatti difficili. La disabilità e la povertà aggravano questa situazione e rendono quasi impossibile la vita per i piccoli» spiega la responsabile, Rossella Mignanti. Per vivere un’intensa esperienza di vita e per rafforzare la collaborazione con le suore missionarie di Gesù attive nell’Hogar María de Nazareth, l’associazione ha animato nel settembre scorso un’iniziativa alla quale hanno partecipato due fisioterapisti e un ingegnere biomedico. Il viaggio ha poi avuto un altro importante obiettivo: quello di fare il punto della situazione a distanza di alcuni anni dall’inizio del progetto, in modo da rimodularlo sulla base delle necessità delle comunità locali. NEW YORK, 20. Nuova importante tappa sulla strada verso gli altari per Dorothy Day, la cattolica statunitense fondatrice del Catholic Worker Movement (il movimento dei lavoratori cattolici) scomparsa nel 1980 e che, come si ricorderà, ha avuto il singolare privilegio di essere annoverata da Papa Francesco tra le figure dei quattro «grandi americani» che con la loro testimonianza di vita hanno saputo incarnare valori fondamentali per la costruzione di un «futuro migliore». L’arcidiocesi newyorkese, attraverso il suo sito in rete, ha infatti reso noto che il cardinale Timothy Michael Dolan ha aperto la tradizionale inchiesta canonica per la raccolta di testimonianze relativa alla vita e alle opere della Day per determinare l’esistenza delle necessarie “virtù eroiche”. Conclusa l’indagine, l’arcidiocesi di New York, che sostiene la causa di beatificazione e canonizzazione, ne presenterà i risultati alla Congregazione delle cause dei santi e a Papa Francesco, cui spetterà ogni futura decisione. «A partire dalla prossima settimana — ha fatto sapere il postulatore, monsignor Gregory A. Mustaciuolo — inizieremo ad ascoltare i testimoni oculari, in tutto una cinquantina di persone, che hanno seguito da vicino l’esperienza di Dorothy Day». Nei prossimi mesi, inoltre, sempre il cardinale arcivescovo di New York provvederà a nominare una commissione storica che sarà incaricata di ricostruire il contesto culturale in cui ha operato la Day, mentre degli esperti teologi avranno il compito di vagliarne la vasta produzione pubblicistica. Donna di grande spessore umano, culturale e spirituale, Dorothy Day, nata a New York l’8 novembre 1897, è stata una giornalista e attivista sociale divenuta celebre soprattutto per le sue campagne in difesa dei poveri e dei senza casa. L’anno fondamentale per la sua vita è il 1927, quando si converte al cattolicesimo. Da allora, la fede cristiana corroborerà tutta la sua esperienza sociale e politica, iniziando così un’importante presenza con i lavoratori che la porterà a fondare nel 1933, insieme a Peter Maurin, il Catholic Worker Movement. Da qui anche la nascita di «case di ospitalità» per i poveri che rapida- mente primato, collegialità e sinodalità. Concludendo i lavori, Papa Francesco ha ringraziato i membri del Consiglio per i loro contributi e per lo spirito di comunione fraterna vissuto nel corso della riunione. mente si diffusero anche oltre i confini statunitensi. Nel discorso al Congresso degli Stati Uniti, il 24 settembre 2015, Papa Francesco ha associato la figura di Dorothy Day a quella di altri tre statunitensi — il presidente Abraham Lincoln, il leader antirazzista Martin Luther King, il monaco Thomas Merton — che «hanno dato forma a valori fondamentali che resteranno per sempre nello spirito del popolo americano». volontari e organizzando la solidarietà della Chiesa verso il popolo ecuadoriano. Oltre alle vittime e ai feriti, sono moltissimi gli edifici, i ponti e le strade lesionati. I dati ufficiali parlano di 370 immobili distrutti, di altri 151 edifici e 26 scuole danneggiati. Il comune di Pedernales è il più colpito; in pratica è totalmente devastato ed è rimasto solo un cumulo di macerie. Si tratta — ha aggiunto il segretario esecutivo di Caritas — di zone tra le più povere dell’Ecuador. La popolazione delle province di Manabí e di Esmeraldas vive di turismo, commercio, pesca e piccola imprenditoria locale, dentro un’economia di mera sussistenza. Esmeraldas e gli altipiani andini della vicina provincia di Imbabura sono tra le regioni più sismiche dell’Ecuador. Per ridurre la vulnerabilità della popolazione in caso di catastrofi naturali, la Caritas aveva avviato negli ultimi anni progetti di preparazione alle emergenze, attività di prevenzione e piani di evacuazione che sono stati presentati anche nelle scuole. La Conferenza episcopale si è rivolta al Paese attraverso un comunicato esprimendo l’intenzione dei vescovi di «far arrivare al popolo ecuadoriano una parola di fiducia nel Signore». In particolare ai «fratelli delle province di Manabí e di Esmeraldas, che sembrano essere le zone più colpite. Invitiamo tutti a unirsi a una colletta nazionale in favore delle persone più colpite, al fine di soccorrerle nelle loro necessità più immediate». Per la carità del Pontefice Sarà devoluto all’Elemosineria apostolica il ricavato dell’annuale cena di beneficenza organizzata dall’associazione Santi Pietro e Paolo per raccogliere fondi a favore di iniziative caritative. L’appuntamento per i soci e per gli amici dello storico sodalizio è per la sera di venerdì 22 aprile, alle 19.30, presso l’istituto romano Villa Flaminia, in viale del Vignola 56. E nell’ambito delle iniziative per la carità del Papa si inserisce anche l’esposizione di oggetti regalo, arredi e articoli estivi promossa dal Circolo San Pietro dall’11 al 14 maggio. Come ogni anno il sodalizio ha organizzato la vendita nella sede di Palazzo San Calisto, per destinarne il ricavato ai poveri di Roma. L’OSSERVATORE ROMANO giovedì 21 aprile 2016 pagina 7 Pellegrinaggio giubilare della diocesi di Ozieri Per crescere nella comunione Alla squadra di sci austriaca il Papa richiama i valori dello sport Integrazione e accoglienza Impegno, perseveranza, determinazione, correttezza, solidarietà, spirito di squadra: sono questi «i valori rappresentati dallo sport» che il Papa ha ricordato a un centinaio tra atleti e dirigenti della Federazione austriaca di sci, ricevuti prima dell’udienza generale mercoledì mattina, 20 aprile, nell’auletta dell’Aula Paolo VI. Guidavano il gruppo, che ha anche varcato la porta santa giubilare della basilica vaticana, il presidente federale Peter Schröcksnadel e il direttore sportivo Hans Pum; l’arcivescovo di Salisburgo, Franz Lackner, e il responsabile per la pastorale degli sportivi olimpionici, padre Johannes Paul Chavanne. All’inizio dell’incontro Francesco è stato salutato in tedesco quindi gli è stato offerto il ricavato di una colletta per opere caritative da destinare a bambini africani bisognosi. Di seguito le parole pronunciate dal Pontefice. Cari amici, sono lieto di accogliervi qui in Vaticano quest’oggi. Quando penso all’Austria con le sue montagne alpine, mi viene in mente anche lo sport invernale. Lo sci ha una grande importanza e tradizione nel vostro Paese, e tutta la popolazione è in grande fermento quando voi sostenete delle gare avvincenti. Voi siete modelli soprattutto per molti giovani. Ma siete anche figure di integrazione, non solo per le prestazioni sportive, ma per le virtù e i valori rappresentati dallo sport: impegno, perseveranza, determinazione, correttezza, solidarietà, spirito di squadra. Con il vostro esempio contribuite alla formazione della società. Siate sempre messaggeri della forza unitiva dello sport e dell’accoglienza! E, ritornando alla ricchezza naturale del vostro Paese, siate messaggeri della salvaguardia dell’ambiente e della bellezza della creazione di Dio. Grazie per la vostra visita! Il Signore vi benedica tutti. «Il pellegrinaggio aiuta a uscire dalla quotidianità, a considerare le realtà che davvero contano nella vita», ed «è un tempo di ripensamento interiore e una presa di coscienza di se stessi e del proprio impegno nella società e nella Chiesa». È quanto ha sottolineato l’arcivescovo Angelo Becciu, sostituto della Segreteria di Stato, martedì sera, 19 aprile, all’altare della cattedra della basilica vaticana celebrando la messa per i cinquecento fedeli della diocesi di Ozieri, in questi giorni a Roma in pellegrinaggio giubilare. Momento culminante è stata la partecipazione all’udienza generale di mercoledì 20 in piazza San Pietro, dove i pellegrini sardi hanno ricevuto il saluto di Papa Francesco. «Siamo qui per esprimere l’unità della diocesi — ha spiegato il vescovo Corrado Melis — e portare il nostro abbraccio al Santo Padre per dirgli che siamo solleciti al suo magistero e insegnamento». In precedenza hanno compiuto un significativo itinerario spirituale con tappe nel monastero delle trappiste a Vitorchiano, nel Viterbese (dove è sepolta la beata Maria Gabriella Sagheddu, religiosa nativa di Dorgali, apostola dell’unità dei cristiani, morta a soli 25 anni), ad Assisi, a Cascia e infine in San Pietro, dove hanno partecipato alla celebrazione eucaristica presieduta dall’arcivescovo Becciu, anch’egli originario della diocesi, e varcato la porta santa. «La meta vera di questo vostro pellegrinaggio — ha detto all’omelia il presule — oltre Roma e la tomba di san Pietro, è la persona stessa di Gesù, “via, verità e vita”. È una tappa che vi aiuta a considerare la tappa finale della vostra vita: il Paradiso, che in questi giorni potrete quasi pregustare contemplando la bellezza della città eterna e sentendo la vicinanza e la testimonianza dei martiri e dei santi che a migliaia hanno qui vissuto e testimoniato il Vangelo». Inoltre, ha aggiunto il sostituto della segreteria di Stato, «il pellegrinaggio è anche occasione per condividere il cammino della vita con gli altri. È un’opportunità per rendere più concreto il legame d’unità tra i fedeli e tra fedeli e pastori della Chiesa locale, per crescere nella comunione fraterna. Non siamo soli nel cammino della vita, possiamo sostenerci e aiutarci gli uni gli altri». Infine, soffemandosi in particolare sulla tomba di Pietro, il celebrante l’ha definita «la testimonianza dell’infinita misericordia di Dio verso di noi», perché — ha spiegato — il pescatore di Galilea «era un peccatore. Come lo siamo tutti noi. Ma Gesù non si allontana da Si- mone. Gli rimane vicino tutta la vita». Di più «Pietro è amico di Gesù, che tra pubblicani e peccatori aveva i suoi amici». E proprio per questo stesso motivo «Pietro ha vissuto nel desiderio di rispondere a tanto amore con il suo. Così è giunto a dare la vita nel martirio», perché «amore chiama amore». Da qui l’attualità dell’esempio del principe degli apostoli, che «invita oggi anche a noi ad accogliere la misericordia di Dio», con la conseguente consegna a rinnovare «presso la sua tomba questa fede, anche senza vedere con gli occhi. Una fede che Pietro — ha concluso monsignor Becciu — ci invita a tradurre in vita, testimoniando la carità». Simposio dello Schülerkreis sull’ecumenismo Ut unum sint Ut unum sint: saranno incentrati su una tematica ecumenica i lavori del prossimo simposio promosso dal Neue Schülerkreis von Kardinal Ratzinger / Papst Benedikt XVI., il circolo che riunisce gli ex allievi di Joseph Ratzinger. Si svolgerà venerdì 22 aprile in Austria, presso l’Istituto internazionale teologico di Trumau, e tra i relatori avrà i cardinali Christoph Schönborn, arcivescovo di Vienna, e Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, e il metropolita greco-ortodosso per l’Austria, Arsenios. Il simposio si aprirà con la concelebrazione eucaristica presieduta dal cardinale Koch, il quale subito dopo parlerà sul tema «Servizio alla piena e visibile unità. La comprensione dell’ecumenismo di Joseph Ratzinger / Papa Benedetto XVI». Successivamente il cardinale Schönborn e il metropolita Arsenios interverranno rispettivamente su «visione per il futuro dell’ecumenismo» e su «cinquanta anni di dialogo di amore e verità». Quindi l’abate Maximiliam Heim parlerà del rapporto tra «monachesimo ed ecumenismo». Gruppi di fedeli in piazza San Pietro All’udienza generale di mercoledì 20 aprile, in piazza San Pietro, erano presenti i seguenti gruppi. Da diversi Paesi: Religiose dell’Unione Superiore Maggiori d’Italia - USMI Pie Discepole del Divin Maestro; Partecipanti al Congresso Europeo “Terapia del dolore e cure palliative”; Gruppo ex-alunni di Viva la Gente. Dall’Italia: Pellegrinaggio della Diocesi di Biella, con il Vescovo Gabriele Mana; Pellegrinaggio dell’Arcidiocesi di Pesaro, con l’Arcivescovo Piero Coccia; Pellegrinaggio della Diocesi di Nicosia, con il Vescovo Sal- vatore Muratore; Pellegrinaggio della Diocesi di Ozieri, con il Vescovo Corrado Melis; Gruppi di fedeli dalle Parrocchie: San Nicolò, in Monfalcone; Santa Maria Regina della pace, in Vicenza; San Tiziano, in Stretti di Eraclea; Santi Felice e Fortunato, in Limena; San Michele, in Brendola; Santo Stefano, in Sale di Gussago; San Martino, in Calolzio di Calolziocorte; Santissima Trinità, in Monza; San Giorgio martire, in San Giorgio; San Vittore, in Albavilla; San Siro, in Soresina; Beata Vergine Consolata, in Collegno; Maria Vergine Incoronata, in Castelletto Stura; Santa Maria Maggiore, in Imperia; San Nicolò, in Argenta; Regina Pacis, in Reggio Emilia; Santi Nazario e Celso, in Vignola; Santi Simone e Giuda, in Empoli; San Giovanni Evangelista, in Santa Maria a Monte; Santa Maria Assunta, in Melano di Fabriano; Santi Urbano e Michele, in Apiro; San Gabriele, in Teramo; Maria Santissima Assunta in cielo, in Bassano Romano; Santa Emerenziana, in Roma; San Clemente, in Velletri; San Leonardo, in Roccasicura; San Sabino, in Bari; San Marco, in Locorotondo; San Nicola, in Palagiano; Regina del Rosario, in Palagianello; San Sossio, in Somma Vesuviana; Spirito Santo, in Marano di Napoli; Maria Santissima di Costantinopoli, in Nocera Superiore; Santissima Trinità, in Sala Consilina; Santa Maria di Gesù, in Caltagirone; Santa Lucia, in Enna; Santi Alfio, Filadelfo e Cirino, in Trecastagni; Santa Maria Maggiore, in Mazzarino; Maria Immacolata, in Villa Rosa; Comunità pastorale Santa Maria, di Suello; Comunità pastorale Maria Santissima Regina dei Martiri, di Missaglia; Comunità pastorale Maria Madre dell’ascolto, di Sovico, Biassono e Macherio; Unità pastorale del Tesino; Decanato Gallaratese; Vicariato di AmegliaArcola; gruppi di fedeli dalle Parrocchie di Marzeno, Rivalta, Sarna, Terzigno, San Giuseppe Vesuviano, Uditore; Pellegrinaggio del Movimento Apostolico; Confraternita Maria Santissima Immacolata, di Barcellona Pozzo di Gotto; Comunità missionaria di Villaregia, di Pordenone; Ufficiali e Militari dell’Arma del Genio; Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili, di Taranto; Circolo Unicredit Banca di Roma; Consiglio comunale dei ragazzi, del Comune di Ascoli Piceno, con il Vescovo Giovanni D’Ercole; Associazione Biancazzurra, di Teramo; Associazione Asso È, di Afragola; Associazione ANFFAS, di Modena; Associazione Santissimo Redentore, di Canicattì; Associazione Madonna dell'Arco, di Striano; Associazione pensionati agricoltori Alta Lombardia; Fondazione Madonna del Soccorso, di Fauglia; Fondazione Aiutiamoli a vivere, di Terni; Centro Don Bosco, di Treviglio; Centro Villa Lais, di Roma; gruppo dell’Unitalsi; gruppo dell'Ospedale Santobono, di Napoli; Polo tecnico professionale, di Lugo; Cooperativa Armonia, di Sant’Antonio Abate; Cooperativa Il sogno, di Roma; Lavoratori di Almaviva Contact, di Roma; Gruppi di studenti: Liceo Jommelli, di Aversa; Liceo Bertolucci, di Parma; Liceo Pitagora, di Isili; Istituto Vittorio Veneto - Minozzi, di Castrovillari; Istituto Marconi, di Pontedera; Istituto Pellico, di Lettere; Istituto Casola, di Napoli; Istituto comprensivo, di Albano-Cecchina; Istituto Scaruffi-Levi-Tricolore, di Reggio Emilia; Istituto Sirani Aldini, di Bologna; Istituto I promessi sposi, di Forìo; Istituto Oriani, di Faenza; Istituto San Pio V, di Roma; Istituto Lapi, di Apecchio; Istituto Meucci, di Firenze; Scuola Ambrosi, di Pescara; Scuola Santa Maria Vetere, di Andria; Scuola Montessori, di Crotone; Scuola Madonnina del Duomo, di Oggiono; Scuola secondaria, di Ales; Asilo, di Praia a Mare; Gruppi di fedeli da: Mentana, Inveruno, Palermo, Noci, Rho, Vignate, Ciampino, Varese, Montesilvano, Pescara, Pozzolo, San Benedetto del Tronto, Omate Brianza, Carmignano di Brenta, Castel San Giorgio, Marradi, Città della Pieve, Verbania. Dalla Svizzera: Parrocchia Santa Maria degli Angioli, in Lugano gruppo di fedeli da Chiasso; Missione cattolica italiana, di Berna. Dalla Germania: Missione cattolica italiana, di Dortmund, e di VillingenSingen. Coppie di sposi novelli. Gruppi di fedeli da: Ucraina; Russia; Bielorussia; Croazia; Ungheria; Lituania; Repubblica Ceca; Slovacchia; Bosnia ed Erzegovina. I polacchi: Pielgrzymi z parafii: Wniebowzięcia Najświętszej Maryi Panny z Lidzbarka, św. Mikołaja z Lisowa, Wniebowzięcia Najświętszej Maryi Panny z Dulska, Świętej Rodziny z Radomia, Najświętszego Serca Jezusowego ze Skarżyska-Kamiennej, Wszystkich Świętych z Tarnowa Podgórnego, Podwyższenia Krzyża Świętego z Pszczyny, św. Klemensa z Rusocina, św. Anny z Szewc, Nawiedzenia Najświętszej Maryi Panny z Ratajów, Najświętszej Maryi Panny Anielskiej z Dąbrowy Górniczej, Najświętszego Serca Jezusowego z Radomia; grupa osób niewidomych z opiekunami, z Kielc; Wydawnictwo Apostolstwa Modlitwy z Krakowa; pielgrzymki: z diecezji zamojsko-luba- czowskiej, Zespołu Szkół Zakonu Pijarów z Poznania, Związku Zawodowego Kontra przy Kopalni Węgla Kamiennego Knurów-Szczygłowice; grupy turystyczne z Warszawy i Mielca; pielgrzymi indywidualni. De France: Pèlerinage de servants d’autel du diocèse de Périgueux, avec S.Exc. Mgr Philippe Mousset; groupe de pèlerins du diocèse de Lyon; groupe de diacres du diocèse du Mans, avec S.Exc. Mgr Yves Le Saux; séminaire de la Société Jean-Marie Vianney, d’Ars-sur-Formans; Paroisse Notre-Dame d’Alliance, de Paris; paroisse Notre-D ame-de-l’Assomption, de Paris; paroisse Saint-Hugues, de Marcigny; Paroisse Sainte-Benilde en Limagne, d’Aigueperse; Paroisse du SacréCœur, de Fréjus; groupe de pèlerins des paroisses de Strasbourg, Herrlisheim, Villeurbanne sud, Revel, Mende, Enghien-les-Bains, Pont-de-Veyle; aumônerie Notre-Dame-de-La-Salette, de Paris; aumônerie Avance au large, de Marcigny-en-Bourgogne; Doyenné du Marais; Ensemble paroissial de Sommières; Communauté de paroisses Saint-Privat, Metz sud; groupe Etoile Notre-Dame, de Mayenne; Groupe “Joie d'Evangile”, du diocèse de Grenoble-Vienne; Externat Bon accueil, de Toulon; Mouvement chrétien des retraités, de Marseille; groupe “Le Refuge” - Les Fours, de Les Vastres; Guides et scouts d’Europe, de la région grenobloise; groupe Armor Saint-Pierre, de Saint-Brieuc et Tréguier; lycée Saint-Vincent-de-Paul, de Beauvais; lycée Lamennais, de Ploermel; Lycée Teilhard de Chardin, de Saint-Maurdes-Fosses; Collège Lasallien, de Coudekerque-Braniche; Collège Saint Joseph, de Lectoure; Collège Saint-Michel, de Château Gantier; Collège du Grand Lemps; groupe de l’enseignement catholique, de Perpignan. De Belgique: secteur pastoral de Bertogne. From various Countries in Europe: Mernbers of the Anglican — Roman Catholic “Malines Conversations Group”; A group of Vietnamese pilgrims. From Croatia: Pilgrims from St Martin Parish and St Mary Magdalene Parish, Diocese of Varazdin. From Norway: Priests of the Missionaries of the Holy Family; Theological students and professors from Fjellhaug Lutheran University College, Oslo. From Australia: Students, staff and parents from Christian Brothers High School, Lewisham, New South Wales. From Singapore: A group of pilgrims. From the Philippines: Alumni from Silliman University College of Nursing class 1977, Dumaguete City. From the United States of America: Pilgrims from the following dioceses: San Bernardino, California; Owensboro, Kentucky; Lafayette, Louisiana; Manchester, New Hampshire, accompanied by Bishop Peter Libasci; Pilgrims from the following parishes; St Louis de France, Washington, D C; St Thomas More, Boynton, Florida; St Mary, Wrentham, Massachusetts; St Gabriel, Saddle River, New Jersey; St Joseph, Sylvania, Ohio. Aus der Bundesrepublik Deutsch- land: Pilgergruppen aus den Pfarrgemeinden St. Justinus, Alzenau; Pfarreiengemeinschaft Apolda, Jena, Camburg und Bad Sula; Maria Himmelfahrt, Bad Aibling; Pfarrverband Stiftsland Berchtesgaden; St. Severus, Boppard; St. Michael, Bruchsal; St. Gertrud, Dingelstädt; St. Georg, Eiterfeld; St. Laurentius, Essen; St. Georg, Fulda; St. Martin, Hutthurm; Pfarreiengemeinschaft Knetzgau; St. Peter und Paul, Lindenberg; St. Sebastian, Magdeburg; St. Jakobus, Mannheim; Beata Maria Virgo, Neuzelle; St. Peter und Paul, Owingen; St. Jakob, Schrobenhausen; St. Bartholomäus, Schwarzenholz; St. Joseph, Sindelfingen; St. Antonius, Wuppertal-Barmen; Pilgergruppen aus dem Erzbistum Freiburg; Bistum Hildesheim; Erzbistum München-Freising; Bistum Münster; Erzbistum Paderborn; Bistum Trier; Pilgergruppen aus: Drolshagen; Glonn; Hanhofen; Trier; Pilgerreise der Stiftung «Ecclesia mundi»; Katholischer Frauenbund Berchtesgadener Land und Traunstein; Überdiözesanes Seminar und Studienhaus St. Lambert, Burg Lantershofen; Italienische Katholische Mission, Dortmund; Missionsgemeinschaft Mariä Aufnahme in den Himmel, Gaimersheim; Evangelische Kirchengemeinde Recklinghausen-Süd; Italienische Katholische Mission, Villingen-Singen; LWL-Kliniken, Marsberg; Mittelbayerische Leserreisen, Regensburg; Leserreise Traunsteiner Tagblatt; Bayerische Schulamtsdirektoren. Aus der Republik Österreich: Pilgergruppen aus den Pfarreien St. Nikolaus, Frankenmarkt; St. Veit, St. Veit im Pongau; Pilgergruppen aus Mellau; Katholische Jugend aus Dornbirn-Hatlerdorf zum 50-jährigen Jubiläum; Schülerinnen, Schüler und Lehrer aus dem Gymnasium Bertha von Suttner – Schulschiff, Wien. Aus der Schweizerischen Eidgenossenschaft: Pilger aus der Pfarreiengemeinschaft Schaffhausen; Pilgergruppe aus Gretzenbach; Firmlinge aus folgenden Pfarren: Seelsorgeverband Birmenstorf, Gebenstorf und Turgi; St. Peter und Paul, Leuggern und St. Antonius, Kleindöttingen; Ministranten aus folgenden Pfarren: Seelsorgeeinheit Diepoldsau-Schmitter; St. Maria Magdalena, Untereggen; St. Johannes der Täufer, Walchwil. De España: grupo de sacerdotes de la Archidiócesis de Madrid; Parroquia San Juan Crisóstomo, de Madrid; Parroquia San Mateo, de Pozuelo de Alarcón; Colegio San José, de León; Colegio San Antonio Abad, de Canals; Instituto Las Brenas, de Tenerife. De México: Equipo organizador de la visita del Santo Padre a Ciudad Juárez. De Argentina: grupos de peregrinos. Do Brasil: Comunidade Obra de Maria; Paróquia de São José, de São João da Boa Vista. Lutto nell’episcopato Monsignor Rubén Héctor Di Monte, arcivescovo emerito di Mercedes-Luján, in Argentina, è morto martedì mattina, 19 aprile, all’età di 84 anni. Il compianto presule era nato a Luján il 12 aprile 1932 e aveva ricevuto l’ordinazione sacerdotale il 5 dicembre 1954. Eletto alla Chiesa titolare di Giomnio e al contempo nominato ausiliare di Avellaneda il 13 giugno 1980, aveva ricevuto l’ordinazione episcopale il 16 agosto successivo, nella basilica di Luján da monsignor Antonio Quarracino, allora vescovo di Avellaneda. Il 24 marzo 1986 era stato trasferito alla sede residenziale di Avellaneda e il 7 marzo 2000 era stato promosso arcivescovo di MercedesLuján. Il 27 dicembre 2007 aveva rinunciato al governo pastorale dell’arcidiocesi. Le esequie sono state celebrate, mercoledì mattina 20 aprile, nella basilica di Nostra Signora di Luján. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 8 Giovanni Andrea Sirani, «La cena in casa del fariseo» (1652, particolare) All’udienza generale Francesco parla delle lacrime della peccatrice che ottengono il perdono Dalla parte della donna che piange «Tra il fariseo e la donna peccatrice, Gesù si schiera con quest’ultima», perché è «libero da pregiudizi che impediscono alla misericordia di esprimersi». È quanto ha sottolineato Papa Francesco all’udienza generale di mercoledì 20 aprile, proseguendo con i fedeli presenti in piazza San Pietro, le riflessioni sulla tematica giubilare riletta alla luce del vangelo. Cari fratelli e sorelle, buongiorno! Oggi vogliamo soffermarci su un aspetto della misericordia ben rappresentato dal brano del Vangelo di Luca che abbiamo ascoltato. Si tratta di un fatto accaduto a Gesù mentre era ospite di un fariseo di nome Simone. Questi aveva voluto invitare Gesù a casa sua perché aveva sentito parlare bene di Lui come di un grande profeta. E mentre si trovano seduti a pranzo, entra una donna conosciuta da tutti in città come una peccatrice. Questa, senza dire una parola, si mette ai piedi di Gesù e scoppia in pianto; le sue lacrime bagnano i piedi di Gesù e lei li asciuga con i suoi capelli, poi li bacia e li unge con un olio profumato che ha portato con sé. Risalta il confronto tra le due figure: quella di Simone, lo zelante servitore della legge, e quella dell’anonima donna peccatrice. Mentre il primo giudica gli altri in base alle apparenze, la seconda con i suoi gesti esprime con sincerità il suo cuore. Simone, pur avendo invitato Gesù, non vuole compromettersi né coinvolgere la sua vita con il Maestro; la donna, al contrario, si affida pienamente a Lui con amore e con venerazione. Il fariseo non concepisce che Gesù si lasci “contaminare” dai peccatori. Egli pensa che se fosse realmente un profeta dovrebbe riconoscerli e tenerli lontani per non esserne macchiato, come se fossero lebbrosi. Questo atteggiamento è tipico di un certo modo di intendere la religione, ed è motivato dal fatto che Dio e il peccato si oppongono radicalmente. Ma la Parola di Dio ci insegna a distinguere tra il peccato e il peccatore: con il peccato non bisogna scendere a compromessi, mentre i peccatori — cioè tutti noi! — siamo come dei malati, che vanno curati, e per curarli bisogna che il medico li avvicini, li visiti, li tocchi. E naturalmente il malato, per essere guarito, deve riconoscere di avere bisogno del medico! Tra il fariseo e la donna peccatrice, Gesù si schiera con quest’ultima. Gesù, libero da pregiudizi che impediscono alla misericordia di esprimersi, la lascia fare. Lui, il Santo di Dio, si lascia toccare da lei senza temere di esserne contaminato. Gesù è libero, perché vicino a Dio che è Padre misericordioso. E questa vicinanza a Dio, Padre misericordioso, dà a Gesù la libertà. Anzi, entrando in relazione con la peccatrice, Gesù pone fine a quella condizione di isolamento a cui il giudizio impietoso del fariseo e dei suoi concittadini — i quali la sfruttavano — la condannava: «I tuoi peccati sono perdonati» (v. 48). La donna ora può dunque andare “in pace”. Il Signore ha visto la sincerità della sua fede e della sua conversione; perciò davanti a tutti proclama: «La tua fede ti ha salvata» (v. 50). Da una parte quell’ipocrisia del dottore della legge, dall’altra parte la sincerità, l’umiltà e la fede della donna. Tutti noi siamo peccatori, ma tante volte cadiamo nella tentazione dell’ipocrisia, di crederci migliori degli altri e diciamo: “Guarda il tuo peccato...”. Tutti noi dobbiamo invece guardare il nostro peccato, le nostre cadute, i nostri sbagli e guardare al Signore. Questa è la linea di salvezza: il rapporto tra “io” peccatore e il Signore. Se io mi sento giusto, questo rapporto di salvezza non si dà. A questo punto, uno stupore ancora più grande assale tutti i commensali: «Chi è costui che perdona anche i peccati?» (v. 49). Gesù non dà una esplicita risposta, ma la conversione della peccatrice è davanti agli occhi di tutti e dimostra che in Lui risplende la potenza della misericordia di Dio, capace di trasformare i cuori. La donna peccatrice ci insegna il legame tra fede, amore e riconoscenza. Le sono stati perdonati «molti peccati» e per questo ama molto; «invece colui al quale si perdona poco, ama poco» (v. 47). Anche lo stesso Simone deve ammettere che ama di più colui al quale è stato condonato di più. Dio ha racchiuso tutti nello stesso mistero di misericordia; e da questo amore, che sempre ci precede, tutti noi impariamo ad amare. Come ricorda san Paolo: «In Cristo, mediante il suo sangue, abbiamo la redenzione, il perdono delle colpe, secondo la ricchezza della sua grazia. Egli l’ha riversata in abbondanza su di noi» (Ef 1, 7-8). In questo testo, il termine “grazia” è praticamente sinonimo di misericordia, e viene detta “abbondante”, cioè oltre ogni nostra attesa, perché attua il progetto salvifico di Dio per ognuno di noi. Cari fratelli, siamo riconoscenti del dono della fede, ringraziamo il Signore per il suo amore così grande e immeritato! Lasciamo che l’amore di Cristo si riversi in noi: a questo amore il discepolo attinge e su di esso si fonda; di questo amore ognuno si può nutrire e alimentare. Così, nell’amore riconoscente che riversiamo a nostra volta sui nostri fratelli, nelle nostre case, in famiglia, nella società si comunica a tutti la misericordia del Signore. Nel trentennale della tragedia di Chernobyl il Papa rilancia la colletta di domenica prossima per l’Ucraina Conflitto dimenticato «La popolazione dell’Ucraina soffre per le conseguenze di un conflitto, dimenticato da tanti»: lo ha detto il Papa al termine dell’udienza generale, salutando i vari gruppi linguistici presenti. Il Pontefice ha di nuovo invitato la Chiesa in Europa a sostenere domenica prossima, 24 aprile, la colletta da lui indetta «per venire incontro a tale emergenza umanitaria». Nella circostanza ha anche ricordato due avvenimenti luttuosi: il trentennale della tragedia nucleare di Chernobyl e, in spagnolo, il terremoto che ha devastato l’Ecuador. Sono lieto di accogliervi, cari pellegrini di lingua francese, particolarmente i Diaconi di Mans e i ministranti di Périgueux con i loro vescovi, il seminario di Ars e il gruppo Gioia del Vangelo di Grenoble, come pure i numerosi pellegrini di Francia e Belgio. In questo tempo di Pasqua, lasciamo che l’amore misericordioso di Dio si diffonda nei nostri cuori affinché noi stessi sappiamo accogliere con amore i nostri fratelli e le nostre sorelle. Che Dio vi benedica! Saluto i visitatori di lingua inglese presenti all’odierna Udienza, specialmente quelli provenienti da Croazia, Norvegia, Svezia, Australia, Singapore, Taiwan, Filippine e Stati Uniti d’America. Nella gioia del Signore Risorto, invoco su di voi e sulle vostre famiglie l’amore misericordioso di Dio nostro Padre. Il Signore vi benedica! Do un caloroso benvenuto ai pellegrini di lingua tedesca. Saluto in particolare i seminaristi del Seminario interdiocesano Sankt Lambert di Burg Lantershofen, nonché i membri ed amici della Fondazione Ecclesia mundi. Cari fratelli e sorelle, Dio ci ha amati per primo (cfr. 1 Gv 4, 19): rispondiamo con il nostro amore verso il Signore e verso gli altri, così possiamo trasformare il mondo. Di cuore vi benedico tutti. Saludo cordialmente a los peregrinos de lengua española, en particular a los grupos provenientes de España y América latina. Queridos hermanos, en Cristo, que perdona los pecados, brilla en Él la fuerza de la misericordia de Dios, capaz de transformar los corazones. Abrámonos al amor del Señor, y dejémonos renovar por Él. En esta lengua que nos une a España y Latinoamérica, Hispanoamérica, quiere decir también a nuestros hermanos del Ecuador, nuestra cercanía, nuestra oración, en este momento de dolor. Gracias. Di cuore saluto i pellegrini brasiliani della Comunità Obra de Maria e tutti i presenti di lingua portoghese. Benvenuti! Nulla vi impedisca di vivere e crescere nell’amicizia del Signore Gesù, e testimoniare a tutti la sua grande bontà e misericordia! Scenda generosamente la sua Benedizione su di voi e sulle vostre famiglie. Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua araba, in particolare a quelli provenienti dal Medio Oriente! Cari fratelli e sorelle, essere apostoli di misericordia significa toccare e accarezzare le piaghe, presenti nel corpo e nell’anima di tanti nostri fratelli e sorelle; e curando queste piaghe professiamo Gesù, lo rendiamo presente e vivo; permettiamo agli altri di toccare con mano la sua misericordia. Il Signore vi benedica! Do un cordiale benvenuto ai pellegrini polacchi. Cari fratelli e sorelle, siamo riconoscenti del dono della fede, ringraziamo il Signore per il suo amore! Lasciamo che l’amore di Cristo si riversi in noi: a questo amore il discepolo attinge e su di esso si fonda; di questo amore ognuno si può nutrire e alimentare. Così, nell’amore riconoscente che riversiamo a nostra volta sui nostri fratelli, nelle nostre case, in famiglia, nella società si comunica a tutti la misericordia del Signore. Dio vi benedica! Saluto i pellegrini venuti dall’Ucraina e dalla Bielorussia, in occasione della conferenza internazionale nel 30° anniversario della tragedia di Chernobyl. Mentre rinnoviamo la preghiera per le vittime di quel disastro, esprimiamo la nostra riconoscenza ai soccorritori e per tutte le iniziative con cui si è cercato di alleviare le sofferenze e i danni. Saluto di cuore i fedeli venuti dalla Federazione Russa, in particolare i pellegrini della diocesi di San Clemente a Saratov, accompagnati dal loro Vescovo Mons. Clemens Pickel. Che il Signore vi benedica abbondantemente in questo Anno della Misericordia, facendovi tutti testimoni della sua carità! La popolazione dell’Ucraina soffre da tempo per le conseguenze di un conflitto armato, dimenticato da tanti. Come sapete, ho invitato la Chiesa in Europa a sostenere l’iniziativa da me indetta per venire incontro a tale emergenza umanitaria. Ringrazio in anticipo quanti contribuiranno generosamente all’iniziativa, che avrà luogo domenica prossima, 24 aprile. Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. Sono lieto di accogliere con particolare affetto i fedeli delle Diocesi di Pesaro, Biella, Nicosia e Ozieri, accompagnate dai rispettivi Vescovi Mons. Coccia, Mons. Mana, Mons. Muratore e Mons. Melis: auspico che il vostro pellegrinaggio giubilare susciti in voi il desiderio di diventare sempre più testimoni di misericordia e rendere le vostre comunità ricche del dinamismo della fede e di spirito missionario. Saluto i medici partecipanti al Congresso Europeo “Terapia del dolore e cure palliative”; il pellegrinaggio del Movimento Apostolico; le religiose dell’Unione Superiore Maggiori d’Italia e la Fondazione “Aiutiamoli a vivere” di Terni. Un saluto particolare porgo ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli. Domani ricordiamo Sant’Anselmo di Aosta, vescovo e dottore della Chiesa. Il suo esempio di vita spinga voi, cari giovani, specialmente voi ragazzi di Aversa e di Ascoli Piceno, a vedere in Gesù misericordioso il vero maestro di vita; la sua intercessione ottenga per voi, cari ammalati, la serenità e la pace presenti nel mistero della croce; e la sua dottrina sia un incoraggiamento per voi, cari sposi novelli, a diventare educatori dei vostri figli con la sapienza del cuore. giovedì 21 aprile 2016 Quel bacio sulle mani È con un bacio sulle mani che Francesco ha accolto stamani don Ernest Simoni, il sacerdote albanese che ha passato ventotto anni in prigione: il Papa, commosso, lo aveva già abbracciato il 21 settembre 2014 a Tirana, dopo aver ascoltato la storia della sua persecuzione. «Per undicimila giorni don Ernest è stato sottoposto a torture e lavori forzati» racconta Mimmo Muolo, giornalista di «Avvenire» che ha scritto il libro Don Ernest Simoni. Dalla persecuzione all’incontro con Francesco. Ed è stato proprio il sacerdote a consegnarne stamani una copia nelle mani del Papa. Con lui anche suor Marisa, rappresentante delle edizioni Paoline che hanno pubblicato il volume. «La mia persecuzione — dice don Simoni — è iniziata nella notte di Natale del 1963 quando, per il semplice fatto di essere prete, sono stato arrestato e messo in cella di isolamento, torturato e condannato a morte». Al suo compagno di cella ordinarono di registrare «la prevedibile rabbia» del sacerdote contro il regime: ma don Ernest ebbe solo parole di perdono e di preghiera per i suoi aguzzini. E così la pena venne commutata in venticinque anni di lavori forzati, nelle miniere e nelle fogne di Scutari. «In prigionia — ricorda — ho celebrato la messa a memoria in latino e ho anche distribuito la comunione». Finalmente il 5 settembre 1990 è arrivata la libertà e don Ernest ha ricominciato la sua attività pastorale che, confida, in realtà non aveva mai interrotto, «ma solo vissuto in un contesto speciale». E il suo primo atto è stato quello di confermare il perdono ai suoi aguzzini: «per loro — precisa — invoco costantemente la misericordia del Padre». Alla inevitabile domanda su come abbia potuto resistere a una tale persecuzione senza piegarsi, don Ernest risponde con un sorriso prima di rivelare il suo segreto: «Ma io non ho fatto nulla di straordinario, ho sempre pregato Gesù, ho sempre parlato di Gesù». Accanto a don Simoni c’era una significativa rappresentanza dei cosiddetti «liquidatori di Chernobyl»: sono coloro che trent’anni fa, il 26 aprile 1986, cercarono in ogni modo di contenere gli effetti di quel tragico incidente nucleare, pagandone di persona le conseguenze. «Sono vigili del fuoco, soldati, minatori e volontari che davvero eroicamente hanno provato a salvare la vita di tante persone, prestando i primi soccorsi e rimanendo esposti al contagio» spiega l’arcivescovo di Lviv dei latini, monsignor Mieczysław Mokrzycki, che ha accompagnato il gruppo venuto dall’Ucraina. Al Papa hanno voluto dire grazie anche per la colletta da lui indetta per il 24 aprile proprio per ricordare e venire incontro all’emergenza umanitaria causata dal conflitto tutt’ora in corso. Sempre per mantenere viva la memoria del disastro di Chernobyl, all’udienza era presente anche l’arcivescovo di Minsk-Mohilev, monsignor Tadeusz Kondrusiewcz, con una delegazione bielorussa. «Siamo qui — dice — anche per ricordare coloro che, in questi anni, sono morti proprio per gli effetti diretti e devastanti delle radiazioni». Ricordare quanto è accaduto a Chernobyl, aggiunge ancora monsignor Mokrzycki, «significa rilanciare anche l’impegno per un vero rispetto dell’uomo e del creato» secondo le indicazioni suggerite da Papa Francesco nella Laudato si’. Con ucraini e bielorussi erano presenti in piazza San Pietro i rappresentanti della fondazione «Aiutiamoli a vivere», nata a Terni nel 1992 espressamente per aiutare i bambini ammalati della regione di Chernobyl. Finora ne sono stati accolti in Italia oltre seicentomila mentre centinaia di volontari italiani passano le ferie estive in Bielorussia per ristrutturare case e ospedali: praticamente dal nulla hanno realizzato il reparto di pediatria a Slovgorod. Con tanto di fascia tricolore, Carlotta Mazzocchi, tredici anni, iscritta alla terza media, ha guidato il vivace “consiglio comunale” di Ascoli Piceno composto da soli ragazzi. Con lei il vero primo cittadino, Guido Castelli, il vescovo Giovanni D’Ercole e soprattutto i quarantaquattro ragazzi che compongono il consiglio, assessori compresi, «per occuparsi soprattutto delle questioni che riguardano la scuola e i disagi giovanili». Con il pellegrinaggio diocesano di Ascoli anche un gruppo di migranti che sono stati accolti a braccia aperte nella casa del clero, presso la residenza del vescovo, e nella struttura dell’Unitalsi. A Francesco è stato consegnato inoltre «un decalogo che impegna i medici a curare il dolore dei pazienti e a farsi carico delle sofferenze». A promuovere l’iniziativa, scaturita da un convegno a Roma, Paolo Cherubino, presidente della Società di ortopedia e traumatologia e Antonio Corcione, presidente della Società anestesia analgesia.