"ANDATE IN GALILEA, LÀ MI VEDRETE" Missione di due a due per

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"ANDATE IN GALILEA, LÀ MI VEDRETE" Missione di due a due per
Fonte: Abba Padre, Neocatecumenali on line. 10/2004
Cari fratelli, la pace sia con voi!
Come la gran parte di voi già sa, alla fine di Agosto e agli inizi di settembre, gli iniziatori del Cammino Neocatecumenale hanno
convocato l'annuale convivenza degli itineranti, la prima convivenza dell'anno, che si è tenuta per la prima volta alla Domus
Galilææ. La convivenza è stata contrassegnata per i dieci giorni di esperienza che fecero duecento itineranti che furono inviati
per tutta l'Europa ad annunciare il Vangelo a due a due, senza bisaccia né sandali, solo con un biglietto di ritorno alla
convivenza. Ci è nota questa esperienza alla quale invita Kiko in momenti concreti, per il quale l'essere atipica crea un'attesa
inusitata, soprattutto per la Santa Sede, perché Monsignore Stanislaw Rylko, segretario di sua Santità il Papa, fu presente in tutta
la convivenza, informando il Santo Padre dell'evoluzione della stessa come dell'esperienza degli inviati. Riporto qui l'esperienza
di uno degli itineranti, Paco Reig, che da alcuni anni evangelizza in Angola (Africa) e che fu inviato a sorteggio in Olanda
insieme ad un altro presbítero venezuelano.
La seguente lettera, che pubblico di seguito, l’ha scritta a sua cugina che è una sorella della mia comunità, e che mi ha detto di
divulgare per la bellezza dell'avvenimento. Un saluto, e che serva!
(Jacob Bellido)
"ANDATE IN GALILEA, LÀ MI VEDRETE"
Missione di due a due per l'Europa
Per rispondere all'insistente appello del Santo Padre ad una nuova evangelizzazione della vecchia Europa, il
Cammino Neocatecumenale ha organizzato questa estate una missione per annunciare il vangelo andando a due a
due, "senza borsa e senza denaro", ai Parroci di un buon numero di città europee. Hanno partecipato 500 presbíteri
provenienti dai diversi Seminari Redemptoris Mater dell'Europa ed alcuni itineranti responsabili del Cammino nelle
nazioni. Con ciò non si pretendeva di fare proselitismo per il Cammino, era una missione escatologica, come quella
che appare nei Vangeli. Si è sviluppato in tre momenti: Preparazione ed invio dalla Galilea, Annuncio di "due in due"
per l'Europa ed incontro degli apostoli che "ritornavano contenti".
PREPARAZIONE ED INVIO DALLA GALILEA
Appena inaugurata, la Domus Galilææ, in Corazim, di fronte al lago di Tiberiade, in Galilea, è stata il punto di
incontro di tutti i partecipanti per questa missione. La convivenza è stata presieduta dal Vescovo polacco Mons.
Rylko, Presidente del Pontificio Consiglio per i Laici, che ha costantemente informato il Sacro Padre di tutto
l'accaduto. Ci siamo preparati con una Celebrazione Penitenziale, scrutando il testo di Matteo 28, 10: "Allora disse
loro Gesù: Non temete. Andate, annunziate ai miei fratelli che vadano in Galilea; là mi vedrete". Durante i tre giorni
dedicati ad organizzare le 300 equipes che sarebbero state inviate a tutte le nazioni d'Europa dalla Galilea, sono state
presenti diverse autorità religiose e civili. Sono stati con noi il Patriarca Sabbhat di Gerusalemme ed il Nunzio in
Israele, Mons. Sambi. Quest’ultimo ebbe parole ispirate nell’incoraggiare i partecipanti a non dubitare di annunciare
con forza e valentia il Vangelo. Troverete in Europa -disse il Nunzio- persone che hanno paura della morte, che non
trovano risposta a questo grande punto interrogativo dell'umanità. Persone che non sono state amate, che
dell'amore conoscono poco e soffrono" Ci fu anche il Ministro del Turismo d'Israele che, mosso dalla crisi di
pellegrini che attraversa il suo Stato e le buone relazioni che sta suscitandola Domus Galilææ tra la Chiesa e gli ebrei,
si sciolse in parole di gratitudine verso il Cammino Neocatecumenale. La sua presenza rappresenta un buon augurio
per le relazioni cattolico-ebraiche. Ci regalò perfino una "Dichiarazione di stima" nominandoci "Ambasciatori di
buona volontà dello Stato d'Israele". Rispondemmo col canto dello Shemá che ascoltò emozionato.
"SINAGOGHE E MOSCHEE"
In un dato momento Kiko annunciò che questa volta l'invio avrebbe avuto un'importante novità rispetto a quelli
anteriori, date le recenti caratteristiche della società europea che affronta un tragico scontro di culture tra
l’Occidente e l'Islam. La Chiesa cattolica nel suo annuncio del Vangelo deve seguire gli orientamenti del Vaticano II
espresse nella dichiarazione Nostra Ætate (1965) nella quale traccia le linee pastorali per cercare l'avvicinamento e le
relazioni col paese ebreo e l'Islam. Una delle chiavi, diceva Kiko, consiste nel mostrare al paese ebraico la nostra vera
amicizia. Per questo motivo, a mo’ di prova, ci era offerta la possibilità di andare alle Sinagoghe d'Europa come
portatori di questa amicizia ai loro rappresentanti, i rabbini ed anche alle Moschee. Kiko fece un sondaggio di animi
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chiedendo che si mettessero in piedi tutti quelli che fossero stati disposti ad andare alle Moschee che si
moltiplicano come funghi in tutta l'Europa. Si offrirono circa 70 volontari. Nell'Eucaristia di invio Mons. Rylko disse
che "questo invio missionario non consiste solo nel fare un'esperienza. Perché chi fa un'esperienza mette se stesso
come oggetto. Voi partite per una missione vera ed è Cristo che vi manda. La Parola che annuncerete è una
Parola vera, quella Parola che Cristo ha pronunciato qui nel bordo del lago di Galilea, la Parola che ha
cambiato nel corso di duemila anni la vita di milioni e milioni di persone, ha cambiato il mondo, ha cambiato
l'Europa, ha fatto dell’ Europa quello che è nel suo aspetto più bello e più affascinante. Le persone che troverete
non sono persone per fare un'esperienza, sono persone vere, persone con problemi veri alle quali Cristo vi manda
perché portiate la sua Parola, non la vostra, la sua. Parola che guarisce, la Parola che cura, la Parola che
cambia" presentammo lì al Signore le necessità di tutte le città alle quali eravamo inviati: Parigi, Londra, Mosca,
Lisbona, Porto, Amsterdam, Copenaghen, Milano, Bergamo, Tirana, Alicante, Barcellona, Oslo, Berlino, Lione,
Dublino, Tolosa, Marsiglia, Atene, Bucarest... ed un senza fine di popolazioni, più di 400, che ricevettero l'annuncio
salvifico del Vangelo. Un equipe mista, cattolico-ebraica, fu costituita ad experimentum tra un giovane presbítero
italiano che si sta formando nella Casa di Mambré a Gerusalemme, e Juan, un ebreo responsabile dell'Agenzia
israeliana che organizza i viaggi di fine Cammino. Essi andarono alle Sinagoghe di Londra. Quando già tutto era
pronto per l’invio potei ascoltare, in un intervallo, Mons. Rylko che diceva paternamente a Kiko: "Ora è arrivata l'ora
di pregare per loro affinché non gli accada niente di brutto".
LA MISSIONE IN EUROPA
Lunedì 30 agosto partimmo dalla Galilea verso Roma e da qui, ognuno, per il proprio paese di destinazione. A me
toccò in sorte la città di Maastricht, in Olanda, insieme a Padre Henry, un presbítero venezuelano che si è formato
nel Seminario Redemptoris Mater di Haarlem, Olanda, e che attualmente sta in una Parrocchia di Alkmaar, Olanda.
Quando seppi che era venezuelano tirai un sospiro di sollievo, per lo meno potevo comunicare con lui! Non ho mai
amato tanto quel paese d'America! Erano state designate nove equipes per realizzare la missione nella secolarizzata
Olanda.
Naarden
All'aeroporto di Amsterdam trovammo alcuni fratelli delle famiglie in missione che ci portarono fino ad una
Parrocchia nella città di Naarden. Questa parrocchia è stata affidata al Cammino Neocatecumenale. Lì le famiglie che
stanno in missione, circa dieci, ci ricevettero con un agape fraterna, nella quale ci fornirono alcune pertinenti
indicazioni, piani delle città e vie delle Parrocchie che dovevamo visitare. Quella notte Henry ed io fummo ospitati in
casa di Oreste ed Elsa, una famiglia italiana che quindici anni fa fu inviata dal Papa Giovanni Paolo II alla città di
Nieuwegein. Celebrammo con loro l'Eucaristia ed il giorno dopo ci portarono fino a Maastricht, circa 300 chilometri a
sud, equipaggiati con l'esiguo bagaglio che chiese il Signore ai suoi discepoli, cioè senza borsa né denaro.
Solamente un capo d'abbigliamento per ripararci (cappotto), la Bibbia, il salterio ed il rosario. Attualizzando questa
Parola -ci avvertì Kiko- che dovevamo andare anche senza telefono cellulare.
Maastricht
Nelle prime camminate che facemmo alla ricerca dei preti, Henry mi parlò della recente storia che la Chiesa in Olanda
visse dopo il Concilio e che sfociò in una profonda crisi caratterizzata da una virulenta secolarizzazione dottrinale,
liturgica e morale. Si chiusero i seminari, si diffusero teologie contrarie al credo e cristologie che offuscavano la
divinità di Cristo. Un forte dissenso verso Roma e il Papa la precipitarono sull'orlo dello scisma. Si liberò da questo
ciclone distruttivo soltanto la meridionale provincia di Limburgo -alla quale appartiene Maastricht
preponderantemente cattolica, che mantenne sempre aperto il suo Seminario di taglio tradizionale, in contrasto con
le posizioni adottate dalla gerarchia cattolica del nord dell’Olanda. Non appena la Chiesa rimase polarizzata e divisa,
la società si andò secolarizzando vertiginosamente e si collocò nell'avanguardia dei sistemi sociali più permissivi del
pianeta.
L’apostasia silenziosa
La antica Olanda cristiana accettava ora e diffondeva leggi sociali tanto ripugnanti ed aberranti come l'eutanasia,
l'aborto libero, la contraccezione, le unioni omosessuali.... Posizioni che hanno segnato la società olandese e hanno
portato ad una profonda secolarizzazione religiosa. Durante questi giorni di missione ho potuto constatare per me
stesso gli effetti demolitori nella società di questi progetti permissivi che la Chiesa, neanche in questa regione di
maggioranza cattolica, ha potuto contrastare e che ha condotto ad un sanguinante e doloroso flusso di cattolici che
hanno abbandonato la pratica della fede ed etica cristiana. Drammatica apostasia silenziosa nel cuore di quella che
fu una civiltà cristiana.
San Servasio, primo evangelizzatore
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Nella città di Maastricht, come in tutta Olanda, le orme cristiane sono presenti nelle sue monumentali e belle chiese
di origine romanico, mirabilmente conservate e che abbiamo trovato ovunque durante i giorni in cui l'abbiamo
percorsa da capo a coda, fino ad arrivare alla stessa frontiera con il Belgio. Molto vicino a Maastricht, in Erch, passò
i suoi ultimi giorni la Santa suora carmelitana Edith Stein, da dove fu condotta in treno verso le camere a gas in
Auschwitz. Realizzato un esorcismo sulla città dalla cima di una piccola collina, visitiamo la Basilica di San Servasio
e preghiamo nella cripta che conserva la sua tomba. Questo Vescovo armeno del secolo IV fu il primo
evangelizzatore che portò agli olandesi la luce della fede. Una placca commemorativa della visita che realizzò il Papa
Giovanni Paolo II nel 1985 riportava un significativo passo del discorso del Santo Padre: "Fa' che la Chiesa
olandese, per intercessione di San Servasio, mantenga viva la fede nella divinità di Cristo e la fedeltà al primato
di Pietro".Giorni prima, quando la papamobile percorreva le strade di Utrecht, fu ricevuto ed insultato con bombe ed
uova marce. Bene il Papa avrebbe potuto scuotersi la polvere dei suoi sandali.
Migliore ricevimento avemmo noi che, camminando chilometri e chilometri, trovammo molte chiese chiuse o vuote,
ma i Parroci che trovavamo ci ascoltavano molto e qualcuno ci invitò perfino a mensa e ci offrì un letto per riposare.
Accoglievano con sorpresa e gratitudine la Buona Notizia, però (questo sì) un tanto scoraggiati per la fuga di
cattolici alla quale neanche questa diocesi, ben organizzata e di clero tradizionalista, si era potuta sottrarre. Davanti
all'annuncio salvifico che dirigevamo loro facevano quasi sempre la stessa domanda: “E che cosa possiamo fare
affinché la gente venga alla Chiesa?” Chiaro, i più svegli stanno seguendo il loro Vescovo che ha saputo chiedere
aiuto per evangelizzare il neo-paganesimo vigente. Questo ha suggerito ai suoi preti di fare il Cammino nelle
Parrocchie della sua Diocesi e ha incominciato già con alcune comunità piccoline di fratelli olandesi (in tutto sette).
Tutto un miracolo. Ha aperto anche un Seminario Redemptoris Mater e chiesto tre giovani famiglie che hanno
appena iniziato la loro missione.
Così, abbiamo rilevato sostanzialmente tre modi di reagire dei presbiteri. Quelli che apertamente ci hanno mandato a
quel paese, quelli che scoraggiati ci ascoltavano e si rallegravano, ma rimanevano in una posizione di amara
rassegnazione: “Dobbiamo imparare -dicevano- ad accettare la sconfitta ed il fallimento. Saper perdere" e quelli che
sono speranzosi per le proposte del loro Vescovo al rinnovamento della diocesi con i carismi che suscita lo Spirito
Santo. In questa città ebbi la gioia di potere annunciare Gesù Cristo nella dolce lingua portoghese ad un Parroco
Mariano che fu missionario in Brasile. Che consolazione Dio mio! Con gli altri curati ci capivamo grazie all'olandese
di Henry che è da anni apostolo di queste terre e gli è costato impararlo grazie ai suoi buoni sacrifici e che
cortesemente ed orgogliosamente riferiva alla fine di ogni incontro. Egli mi traduceva e così continuavamo a tirare,
perché io non passassi da "bedack". La missione in Maastricht si interruppe per un raffreddore che prese Henry e
che ci portò a dovere chiedere aiuto alla famiglia italiana di Massimo e Patrizia, che ci accolsero per due giorni nella
loro casa. Essi stanno iniziando la loro missione in quella città quale rara avis, coi loro cinque figli e quello che ne
segue.
Fedeltà, indissolubilità del matrimonio e procreazione sono tre sorelle che gli olandesi hanno portato da tempo al
museo paleontologico. Queste virtù, incarnate nelle famiglie che il Papa inviò, sono un importante fermento e punto
di riferimento.
Heerlem e Kerkrade
Ristabilito Henry dal suo raffreddore, abbandonammo Maastricht ed andammo fino alla città di Heerlem a circa
40chilometri a est. È un po’ piccola, ma anche in lei sono ostensibili le orme di un'importante civiltà cristiana, con
triste e segnata tendenza a sparire. Monumentali chiese vuote o chiuse disegnano un patetico e desolante panorama
perla Chiesa cattolica, che rimane in piedi grazie ad un clero tradizionalista, ma impotente ed incapace di trovare una
risposta pastorale che apra gli orecchi chiusi di questo paese.
Uno dei parroci che meglio ci ricevette, nella Parrocchia di San Francesco, quando eravamo già disposti a partire ci
disse: No! Voi ancora non ve ne andate via da qui. Voglio che mi diciate che cosa devo fare per iniziare il Cammino
nella mia Parrocchia. Gli spiegammo… e quella notte ci offrì una succulenta pizza e un letto per riposare. Gli dicemmo
che ci sembravano eccessive le attenzioni che ci dispensava, ma lui aggiunse: "L'operaio merita il suo salario" (cfr.
Mt. 10,10). Aveva riconosciuto evangelicamente, nelle nostre povere persone, Cristo che lo visitava. Dovemmo
essere per lui come l'asino che Gesù montava entrando a Gerusalemme e lo festeggiò come il suo Signore cosicchè,
chiaramente, noi ricevemmo beneficio da ciò.
Percorrendo le strade di Heerlem avemmo l’opportunità, anche, di visitare una Moschea che trovammo per caso e
così portammo all’Iman il messaggio salvifico. Era un tipo che ci guardava dall’alto ed ascoltava, infoderato nella
sua tunica verde, senza battere ciglio. Al termine delle nostre parole disse: "Benvenuti e grazie". Come inizio non era
male.
L'ultimo giorno lo dedicammo a percorrere la città di Kerkrade, nella frontiera con la Germania. Visitammo cinque
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Chiese. Ricevemmo di tutto, rifiuti ed anche accoglienza, in una Parrocchia che ha iniziato recentemente il Cammino.
Il suo Parroco è speranzoso in questo rinnovamento e fu ospitale. E così, mettemmo fine alla missione.
Riflessioni
Mi sembra che ci sia stata una chiave importante, che ci è servita per essere ascoltati meglio dai preti, e questa è
stata la missione in Angola. Ogni volta che presentandoci a loro io dicevo che da anni stavo come missionario lì,
allora aprivano espressamente gli occhi e gli orecchi. Alcuni si prodigavano in mille domande sui luoghi comuni
africani relazionati con la fame, le guerre e le malattie. Il fatto è che in questa prospera Olanda esiste un tale scandalo
della sofferenza e una tale paura della morte che li ha portati, da una povera antropologia, a prendere posizioni
paternalistiche o di falsa commiserazione verso il terzo mondo, dimenticando quasi completamente lo specifico della
missione della Chiesa, cioè l'annuncio del Vangelo, che ormai non si sa molto bene in che cosa consiste. E così,
quelli che per secoli di evangelizzazione si prodigarono inviando missionari per il mondo intero, ora hanno ridotto
questo impegno a semplice compito umanitario di invio di elemosine, cibo e medicine. Per questo motivo, presentare
la missione del Cammino, che evangelizza un paese distrutto dalla guerra come è l’Angola, ci diede l’opportunità di
annunciare con autorità che esiste una tragedia ancora più grande della guerra, della fame e della miseria del Terzo
Mondo e cioè la tragedia che vive ogni uomo che non conosce Gesù Cristo, sia in Olanda che in Angola!
In Naarden, l’8 settembre, ci trovammo a celebrare il compleanno della Vergine Maria con una Eucaristia nella quale
presentammo le nove equipes che avevamo percorso l'Olanda. Portammo commoventi e bei racconti dei posti
percorsi: Amsterdam, Utrecht, Hertogenbosch, Roermond, L'Aia, Breda, Rotterdam... e insieme a noi, avidi di notizie,
le famiglie in missione che tenacemente hanno preparato durante questi ultimi quindici anni il terreno per la semina
del Vangelo con la devozione sacrificata e silenziosa delle loro vite, resistendo impervi allo scoraggiamento. Lavoro
pastorale che hanno potuto svolgere in stretta collaborazione col Seminario Redemptoris Mater di Haarlem.
Seminario, questo, che è diventato incoraggiante punto di riferimento del rinnovamento ecclesiale per tutta la Chiesa
olandese. Dopo anni di sterilità pastorale sorgono i primi frutti: un episcopato e clero che si va aprendo al Cammino.
RITORNARONO I “72” PIENI DI GIOIA
Conclusa la missione ci ritrovammo tutte le equipes a Porto San Giorgio (Italia) e come è scritto nel Vangelo
ritornammo “pieni di gioia”, narrando un'infinità di storie, fioretti e momenti nel quale il Signore si era fatto presente
nella sua provvidenza. Con mille dettagli di amore, di cure e del potere che cura le ferite del peccato nell'uomo.
Dedicammo due giornate ad ascoltare i racconti delle equipes che continuavano ad uscire a sorteggio. Le distinte
equipes itineranti responsabili di ogni nazione europea presentarono interessanti riassunti che avevamo elaborato
con le nostre esperienze. Rispondendo essenzialmente a due domande: -Come è stata l'accoglienza data dai
presbíteri al kerigma e agli inviati? -Che cosa ha arrecato alla tua vita questa missione?
Ricapitolando mi sembra che, in generale, ci sia stata migliore accoglienza che nelle ultime spedizioni realizzate nel
1984 e nel 1994. Questa volta, una Europa più secolarizzata, nella quale la Chiesa agonizza in tanti paesi, ha fatto più
umile il cuore di molti presbiteri. Soprattutto in paesi di tradizionale rifiuto ed ostili a questo modo di evangelizzare,
come sono la Francia, Belgio, Olanda, Germania, Inghilterra...
La perfetta letizia
Tuttavia, altri hanno potuto sperimentare la perfetta letizia francescana in tutto il suo splendore; e così, c’è stato chi
ha passato tutta la missione dormendo senza potersi coprire o coprendosi con cartoni nelle stazioni dei treni, nelle
cabine telefoniche o in altri ingegnosi rifugi che la provvidenza metteva a disposizione. Alcuni hanno fatto
lunghissime camminate in giornate interminabili senza mangiare un boccone né spegnere la sete. E non sono
mancatigli incarceramenti, gli assalti, i furti di breviari mentre dormivano negli ospizi con i vagabondi, i fermi della
polizia, pompieri che invadevano la casa dove erano stati accolti, coliche renali, frontali rifiuti al messaggio
evangelico e come conseguenza il proverbiale “scuotere la polvere dai sandali”, nel più puro stile di San Vincenzo
Ferrer in Cullera.
Fioretti
Altri fecero conoscere momenti commoventi. Come quello che si riferiva ad un presbítero che in quel giorno, nel più
profondo della sua crisi personale, aveva deciso di togliersi la vita. E chiedendo un ultimo segno a Dio, suonò
proprio in quel momento il campanello della sua casa e trovò gli apostoli che lo salutavano con la pace di Cristo e gli
annunciavano l'amore di Dio. La casa, divenuta un porcile, rivelava la gravità del dramma vissuto da quel sacerdote
che, mettendosi a piangere, aprì il suo cuore agli itineranti e chiese di confessarsi.
Ma ci furono anche Vescovi che, pieni di emozione ed inginocchiati, chiesero la benedizione agli itineranti. A noi ci
fu un vicario generale che, dopo averci sentiti, ci disse che si era dovuto grattare due volte dietro l'orecchio per dare
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credito a quello che stava vedendo. E non mancarono le numerose richieste per il Cammino, i rabbini ospitali e
curiosi con questo nuovo fare della Chiesa Cattolica e persone per la via che, mettendo Dio al nostro incontro,
ricevevano il tocco della grazia dopo avere sentito il kerigma.
Di un bel fioretto fu protagonista un parroco olandese che partecipò alla missione nel proprio paese. Era da quasi un
anno che aveva iniziato il Cammino e volle vivere questa missione di due in due. Fino a qui niente di particolare. Ma
la cosa curiosa consiste nel fatto che, come egli stesso raccontò, quando anni addietro lo visitarono gli itineranti in
una missione simile, li cacciò via. Ora uno al quale ordinò “di fare gargarismi” è il Rettore del nuovo Seminario di
Roermond, del quale Seminario questo parroco olandese è il direttore spirituale!
In quanto alla mia esperienza, penso che quella che ho fatto non è stato altro che raccogliere i frutti di quelli che
hanno sofferto in Olanda prima di me. Soprattutto il frutto delle famiglie in missione ed i seminaristi e presbíteri del
SRM di Haarlem. Riconosco che andai alla missione con un po’ di pigrizia e poca voglia di soffrire privazioni
epovertà; ma ora vedo, con gioia e gratitudine, come la missione mi ha purificato e fortificato interiormente.
In lode di Cristo.
Paco Reig, presbitero itinerante del Cammino Neocatecumenale in Angola
1ª Comunità di Nostra Signora del Carmelo in Valencia (Spagna)
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