Com`è facile, dottore, fare della filosofia sulla carta e com`è difficile

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Com`è facile, dottore, fare della filosofia sulla carta e com`è difficile
Com’è facile, dottore, fare della filosofia sulla carta
e com’è difficile essere filosofi nella realtà1
Anton Čechov, Il Gabbiano
Una filosofia non è mai una casa, è un cantiere.
La sua incompiutezza […] non si limita alle lacune
del pensiero, è su tutti i punti, su ciascun punto che si
manifesta l’impossibilità dell’assetto definitivo2
Georges Bataille, Teoria della Religione
Esercizi filosofici in frammenti foucaultiani
“La filosofia è il movimento per cui ci si distacca – con sforzi , esitazioni sogni ed illusioni- da ciò
che è acquisito come vero, per cercare altre regole del gioco. La filosofia è lo spostamento e la
trasformazione dei quadri di pensiero, il modificarsi dei valori ricevuti, tutto il lavoro che si fa per
pensare diversamente, per fare diversamente per diventare altro da ciò che si è.”3
“[…] è per questo […] che ho lavorato come un pazzo per tutta la vita. Non mi interessa in alcun
modo lo statuto universitario di quello che faccio, perché il mio problema è la mia trasformazione
[…]. Quella trasformazione di sé attraverso il proprio sapere è, credo, qualcosa che assomiglia
all’esperienza estetica. Perché un pittore farebbe quello che fa se non fosse trasformato dalla sua
pittura?”4
“Quando un lavoro non è anche, al contempo, un tentativo di modificare quel che si pensa, e persino
quel che si è, non risulta molto divertente”, lavorare in questo modo “significa cercare di pensare
diversamente rispetto a come si pensava in precedenza”5. Bisogna però fare attenzione ad un punto
su cui Foucault mette l’accento: “la cosa a cui tengo è che un simile cambiamento non assuma né la
1
I Capolavori di Antòn Čechov, Mursia, Milano, 1966 a cura di Eridano Bazzarelli, pp. 713
Georges Bataille, Teoria della religione, SE, Milano, 2002, pp. 15. Testo stabilito da Thadée Klossowski, traduzione
di Renzo Piccoli. Titolo originale: Théorie de la Religion, © Éditions Gallimard, 1973
3
Michel Foucault, Archivio Foucault 3, Interventi, colloqui, interviste, 1978-1985, Estetica dell’esistenza, etica,
politica, Feltrinelli, Milano, 1994, a cura di Alessandro Pandolfi, traduzione di Sabina Loriga pp. 143. Il filosofo
mascherato, 1980. L’intervista uscì anonima, Foucault scrisse accuratamente tutte le risposte.
4
Citato in Paul Veyne, Michel Foucault. Il pensiero e l’uomo, Garzanti, Milano, 2010. Traduzione di Laura Xella, pp.
148. Titolo originale, Foucault, Éditions Albin Michel, S.A., Paris, 2008.Citazione tratta da Dits et Écrits ©, vol., IV,
pp. 536, Gallimard, Paris, 1994
5
Michel Foucault, Il discorso, la storia, la verità. Interventi 1969-1984, Einaudi, Torino, 2001, pp. 333. A cura di
Mauro Bertani, traduzioni di Mauro Bertani, Alessandro Fontana, Pasquale Pasquino e Giovanna Procacci, saggi tratti
da Dits et Écrits © 1994, Gallimard, Paris. La cura della verità, intervista con F. Ewald, 1984.
2
forma di una illuminazione improvvisa, di quelle che ‘aprono gli occhi’, ma neppure di una
permeabilità a tutti i sommovimenti congiunturali. Vorrei, invece, che si trattasse di una
elaborazione di sé da parte di sé, di una trasformazione che si compie attraverso il lavoro, di una
modificazione lenta e difficile che si realizza grazie ad una cura costante per la verità”6,
“queste trasformazioni possono realizzarsi soltanto per mezzo di un lavoro del pensiero su se
stesso [corsivo mio]”, questo “è il principio della storia del pensiero come attività critica”7.
Si tratta di svolgere “un’analisi che si riferisce a ciò che siamo disposti ad accettare nel nostro
mondo; ad accettare, rifiutare e cambiare sia in noi stessi, sia nella nostra situazione”. Si tratta di
cercare “una filosofia critica che cerchi le condizioni e le indefinite possibilità per trasformare il
soggetto, per trasformare noi stessi”8.
“So che il sapere ha il potere di trasformarci, che la verità non è soltanto la maniera di decifrare il
mondo (e forse, addirittura, ciò che chiamiamo verità non decifra nulla), ma so che, se conosco la
verità, allora sarò trasformato. E forse salvato. Oppure morirò, ma in ogni caso credo che per me sia
la stessa cosa. […] il mio problema è la mia trasformazione” 9
“Ma che cosa è dunque la filosofia, oggi – voglio dire l’attività filosofica – se non è lavoro critico
del pensiero su se stesso? Se non consiste, invece di legittimare ciò che si sa già, nel cominciare a
sapere come e fino a qual punto sarebbe possibile pensare in modo diverso?”10
“[…] il motivo che mi ha spinto era molto semplice. Spero anzi che, agli occhi di qualcuno, possa
apparire sufficiente di per sé. È la curiosità: la sola specie di curiosità, comunque, che meriti
d’essere praticata con una certa ostentazione: non già quella che cerca di assimilare ciò che
conviene conoscere, ma quella che consente di smarrire le proprie certezze. A che varrebbe tanto
accanimento nel sapere se non dovesse assicurare che l’acquisizione delle conoscenze, e non, in un
certo modo e quanto è possibile, la messa in crisi di colui che conosce? Vi sono momenti, nella vita,
6
ivi. pp. 341-342
Michel Foucault, Archivio Foucault 3, cit. pp. 235. Prima versione, della prefazione alla Storia della sessualità, 1984.
8
Michel Foucault, Sull’origine dell’ermeneutica del sé, Cronopio, Napoli, 2012, a cura di “mf / materiali foucaultiani”,
sono due conferenze al Dartmouth College, pp. 38. Titolo originale: Subjectivity and Truth e Christian and Confession,
© Denys Foucault.
9
Michel Foucault, Follia e psichiatria, cit. pp. 277. Un intervista a Michel Foucault di Stepehen Riggins, Toronto 1982
9
Michel Foucault, Il discorso, la storia, la verità, cit. pp. 200. Potere e sapere, intervista con S. Hasumi, 1976
10
Michel Foucault, L’uso dei L’uso dei piaceri – Storia della sessualità 2, Feltrinelli, Milano, 2011, traduzione di
Laura Guarino, pp. 14. Titolo origninale, L’usage des plaisirs, Gallimard, 1984
7
in cui la questione del sapere se si può pensare e vedere in modo diverso da quello in cui si pensa e
si vede, è indispensabile per continuare a guardare o riflettere.”11
Curiosità…“eppure la parola mi piace. Mi suggerisce una cosa affatto diversa: evoca la ‘cura’,
l’attenzione che si presta a quello che esiste o potrebbe esistere; un senso acuto del reale, che però
non si immobilizza mai di fronte ad esso [corsivo mio]; una prontezza a giudicare strano e singolare
quello che ci circonda; un certo accanimento a disfarsi di ciò che è familiare e a guardare le stesse
cose diversamente; un ardore di cogliere quello che accade e quello che passa; una disinvoltura nei
confronti delle gerarchie tradizionali tra ciò che è importante e ciò che è essenziale”. Sì, “sogno una
nuova età della curiosità”.12
“in un certo senso, sono un moralista nella misura in credo che uno dei compiti, uno dei significati
dell’esistenza umana – l’origine della libertà umana – sia di non accettare niente come definitivo,
intoccabile, ovvio e immobile. Non dovremmo permettere a nessun aspetto della realtà di divenire
una legge definitiva e disumana” dunque “i tre elementi della mia morale […] sono: 1) il rifiuto di
accettare come autoevidenti le cose che ci sono proposte; 2) la necessità di analizzare e conoscere,
perché non possiamo realizzare nulla senza riflessione e comprensione – dunque, il principio della
curiosità; e 3) il principio di innovazione: individuare nella nostra riflessione quelle cose che non
sono mai state concepite o immaginate. Quindi: rifiuto, curiosità, innovazione”13
“[…] fin dalle origini della filosofia e in fondo, forse, fino a oggi ancora e nonostante tutto,
l’Occidente ha sempre ammesso che la filosofia stessa non sia dissociabile da un’esistenza
filosofica e che la pratica della filosofia debba essere sempre, più o meno, una sorta di esercizio di
vita. E in questo che la filosofia si distingue dalla scienza” ma “la filosofia occidentale […] ha
progressivamente eliminato, trascurato e tenuto ai margini il problema della vita filosofica”, così “la
questione della vita filosofica non ha mai smesso di essere […] trascurata […] di sembrare qualcosa
di troppo rispetto […] a un discorso filosofico sempre più penetrato al modello scientifico” e ciò
“ha reso possibile il fatto che il rapporto con la verità possa ora manifestarsi ed essere convalidato
solo in termini scientifici”14.
11
Ibidem.
Michel Foucault, Archivio Foucault 3, cit. pp. 141-142. Il filosofo mascherato 1980
13 13
Michel Foucault, Il potere, i valori morali e l’intellettuale. Un’intervista con Michel Foucault, di Michael Bess, a
Berkeley, 1980, traduzione dall’inglese a cura di “mf / materiali foucaultiani”: L. Cremonesi, Orazio Irrora, Daniele
Lorenzini, Marina Tizzioli pp. 137-138; vol I n.2 luglio-dicembre 2012
14
Michel Foucault, Il coraggio della verità. Il governo di sé e degli altri II. Corso al Collège de France (1984),
Feltrinelli, Milano, 2011, edizione stabilita da Fréderic Gros sotto la direzione di François Ewald e Alessandro, pp. 226228.Traduzione di Mario Galzigna (collaborazioni di Pier Paolo Ascari, Luca Paltrinieri, Enrico Valtellina) edizione
12
Insistiamo sul fatto che “è nel rapporto a sé, nel lavoro di sé stessi su sé stessi […] che il reale della
filosofia sarà in effetti manifestato e attestato […] il lavoro di sé su se stessi è il reale della
filosofia”15
Annotazioni:
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italiana a cura di Mario Galzigna: Titolo originale “Le courage de la verité. Le gouvernement de soi et des autres II –
Cours au Collège de France 1984, Sauil / Gallimard, 2009.
15
Michel Foucault, Il governo di sé e degli altri – Corso al Collège de France (1982-1983), Feltrinelli, Milano, 2009,
edizione stabilita da Fréderic Gros sotto la direzione di François Ewald, Alessandro Fontana.Edizione italiana a cura di
Mario Galzigna, pp. 234. Titolo originale: “Le gouvernement de soi et des autres” Collège de France 1982-1983, Sauil
/ Gallimard, 2008.