Scelte gestionali e diligenza degli amministratori

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Scelte gestionali e diligenza degli amministratori
7/2009
Il Caso
Scelte gestionali e diligenza degli amministratori
Scelte gestionali e diligenza degli amministratori
7 / 2009
IN BREVE
Una recentissima sentenza della Cassazione conferma il sistema della responsabilità
degli amministratori di società delineato nel codice civile dopo la riforma del diritto
societario. In particolare, viene in rilievo la distinzione tra obblighi che hanno un
contenuto specifico, già determinato dalla legge o dallo statuto, e l’obbligo generale di
amministrare con diligenza. Alla luce dei principi vigenti qualsiasi scelta di gestione –
anche discrezionale e come tale insindacabile dal giudice nel merito – può essere fonte
di responsabilità degli amministratori se questi l’abbiano adottata senza predisporre
misure e cautele necessarie ad evitare un pregiudizio alla società.
Ne consegue che, per andare esenti da responsabilità, gli amministratori non possono
limitarsi a provare di non aver violato alcuno specifico obbligo di legge o di statuto, ma
devono provare di aver adottato in concreto una condotta diligente.
IL COMMENTO
La decisione della Cassazione del 12 agosto 2009 n. 18231 condanna gli ex
amministratori di una società finanziaria a risarcire i danni provocati dalla negligente
esecuzione dell’incarico ricevuto. Il caso vede i due amministratori della società
finanziaria, successivamente fallita, deliberare la concessione di fidi a diverse società
senza pretendere adeguate garanzie. Condannati nei primi gradi di giudizio, gli
amministratori hanno proposto in Cassazione sul presupposto: a) di non aver violato
alcuna specifica disposizione di legge e di statuto; b) dell’andamento economico
sfavorevole del mercato. La Suprema Corte ha ritenuto invece sussistente la
responsabilità degli amministratori affermando che essa si fonda, non sulla violazione
di specifiche norme di legge o di clausole statutarie, bensì sull’inosservanza del criterio
generale di diligenza propria del mandatario nell’adempimento dei doveri.
Questa decisione fornisce l’occasione per tornare sulla distinzione tra violazione di
specifici obblighi di legge e violazione di regole di condotta generali, quali la regola di
diligenza, e per comprendere fino a che punto le scelte discrezionali degli
amministratori relative alla gestione dell’impresa siano effettivamente insindacabili dal
giudice.1.
Quanto al primo profilo si segnala la difficoltà, registrata da sempre, di dare un
contenuto specifico all’obbligo di diligenza degli amministratori, dal momento che
gestire l’impresa è un’attività complessa difficilmente sintetizzabile in comportamenti
tipici a cui fare riferimento. Ciò nonostante, nel tempo, soprattutto attraverso
1
In generale, sul tema dei principi di corretta gestione, v. Circolare Assonime 18/05.
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l’esperienza della giurisprudenza2, si è proceduto a individuare una serie di condotte
che possono essere sintomatiche di negligenza e, come tali, valutabili nel giudizio di
responsabilità3. Inoltre, non vi è dubbio che, specialmente dopo la riforma del diritto
societario, la formula dell’agire diligente degli amministratori ha acquisito una
connotazione più puntuale che in passato, essendo ora previsto dall’art. 2392 c.c. che
gli amministratori agiscano con la diligenza richiesta dalla ‘natura dell’incarico’ e dalle
‘proprie specifiche competenze’4.
In altri termini, la clausola generale della diligenza – che sta a indicare lo standard di
comportamento che gli amministratori devono osservare – va parametrata alla
professionalità dell’amministratore e alle vicende del caso concreto. Proprio la clausola
della diligenza amplia perciò il novero degli obblighi a cui è tenuto l’amministratore di
società, il quale ben può essere condannato per inadempimento anche nelle ipotesi in
cui la sua condotta non coincida con una specifica violazione di legge e dello statuto.
Ciò comporta che nella valutazione della responsabilità degli amministratori assume
rilievo anche, ad esempio, la valutazione del modo attraverso il quale questi
pervengano ad una determinata decisione.
Come chiarisce la giurisprudenza, tuttavia, il giudizio sul grado di diligenza utilizzato va
effettuato in via preventiva e non successiva, dovendosi prendere in considerazione le
circostanze oggettive e soggettive, esistenti al momento in cui si pone in essere l’atto
che ha determinato il pregiudizio della società: «operando in senso diverso si
arriverebbe sempre ad un giudizio di responsabilità degli amministratori per degli eventi
che avrebbero richiesto, con una valutazione successiva, una condotta differente»5.
Quanto al secondo aspetto, relativo all’insindacabilità da parte del giudice delle scelte
di gestione effettuate dagli amministratori, il caso affrontato dalla Cassazione mostra
come possa crearsi un delicato problema di demarcazione tra scelte discrezionali degli
amministratori, come tali non sindacabili nel merito dal giudice, e comportamenti
contrari al dovere di gestire con diligenza la società.
Viene al riguardo in rilievo la natura dell’atto che ha causato del danno. La concessione
di fidi da parte di una società finanziaria costituisce attività tipica di questa e, dunque,
rientra nella ‘scelta gestionale discrezionale’ degli amministratori stabilire quando, e a
quali soggetti, concedere fidi. Tuttavia, come osserva la Cassazione: «se è vero (…)
2
Sulla distinzione tra obblighi a contenuto specifico e obblighi a contenuto generico v. Cass. 23 marzo
2004, n. 5718.
3
Cfr. Bonelli, Gli amministratori di S.p.A, Milano, 2004, p. 179 ss.
4
Sul punto v. Circolare Assonime 18/05.
5
Trib. Palermo 20 febbraio 2009, in www.utetgiuridica.it , voce Società.
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che non sono sottoposte a sindacato di merito le scelte gestionali discrezionali, anche
se presentino profili di alea economica superiore alla norma, resta invece valutabile la
diligenza mostrata nell’apprezzare preventivamente i margini di rischio connessi
all’operazione da intraprendere, così da non esporre l’impresa a perdite altrimenti
prevedibili»6.
Nella vicenda, la violazione del canone di diligenza si sostanzia nell’omissione della
richiesta di garanzie, reali o personali, nei confronti delle società terze che si andava a
finanziare. Questo comportamento è sintomatico di negligente gestione alla stessa
stregua in cui, in passato, la giurisprudenza ha considerato negligente, ad esempio,
l’aver compiuto operazioni sproporzionate rispetto ai mezzi tecnici o finanziari della
società. A ulteriore prova della non corretta esecuzione dell’incarico, i giudici hanno
anche messo in evidenza la lacunosità della documentazione contabile, non essendo
stato neppure rinvenuto il libro – fidi7.
Alla luce di queste considerazioni si può osservare che il confine tra la autonomia
gestionale e la diligente esecuzione del mandato è, almeno in questo caso, tracciabile.
Si può ritenere che, in linea di principio, l’ambito del giudizio di diligenza non
comprende l’attività decisoria in sé considerata, ma riguarda il modo in cui la scelta
viene assunta e attuata. I singoli atti di gestione vanno giudicati sulla base di criteri
astratti e discrezionali di opportunità e convenienza e non sotto l’aspetto economico,
anche quando essi abbiano determinato perdite rilevanti per l’impresa.
L’amministratore però risponde del danno provocato quando si accerti l’avvenuta
omissione di quelle cautele, verifiche e informazioni che sono da ritenersi normalmente
necessarie per assumere scelte gestionali di quel determinato tipo e in quelle
circostanze. Viene, dunque, in rilievo il criterio di prevedibilità e prevedibilità delle
conseguenze pregiudizievoli.
Nel caso di specie, l’imprudente omissione della richiesta di garanzie, reali o personali,
nei confronti delle società che si andava a finanziare attiene al modo in cui gli
amministratori hanno adottato e attuato la decisione ed è un comportamento scorretto
6
Nello stesso senso v., tra le tante decisioni prima della riforma societaria, Cass. 28 aprile 1997, n. 3652;
Cass. 4 aprile 1998, n. 3483; Cass. 11 aprile 2001, n. 5443;.
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Osserva RORDORF, La responsabilità civile degli amministratori di S.p.A. sotto la lente della
giurisprudenza (I parte), in Le Soc., 2008, 1195 s., che: «ai fini dell’eventuale responsabilità
dell’amministratore, non rileva tanto ciò che egli fa, quanto il modo in cui lo fa: non, quindi, il grado di
rischio che assume prendendo una determinata iniziativa, ma l’eventuale mancata adozione delle verifiche
preventive occorrenti per valutare quel rischio in modo professionalmente adeguato (non, per esempio, il
fatto in sé che si sia deciso di acquisire la partecipazione in un’altra impresa matrimonialmente
pericolante, ma la circostanza che non si siano eventualmente prima passate al setaccio con la dovuta
diligenza le condizioni patrimoniali, finanziarie ed economiche di detta impresa».
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che è all’origine del pregiudizio economico sofferto dalla società finanziaria. Per
affermare la responsabilità degli amministratori è perciò irrilevante, come ha concluso
la Cassazione, che non si sia verificato alcun inadempimento specifico di legge o di
statuto.
INDICAZIONI BIBLIOGRAFICHE
AIELLO, Note in tema di obblighi (e di responsabilità) di amministratori e sindaci nella
società per azioni, in Giur. it., 2009, 887; BONELLI, Gli amministratori di Società per
Azioni, Milano, 1985; ID. Gli amministratori di S.p.A., Milano, 2004; CABRAS, La
responsabilità per l’amministrazione delle società di capitali, Torino, 2002; DACCO’, Il
sindacato del giudice nei confronti degli atti gestori degli amministratori, in Analisi
Giuridica dell’Economia, 2003; MINERVINI, Gli amministratori di società per azioni,
Milano, 1956; RORDORF, La responsabilità civile degli amministratori di S.p.A. sotto la
lente della giurisprudenza (I parte), in Le Soc., 2008, 1193 ss.; VISENTINI, La regola
della diligenza nel nuovo diritto societario, in Riv. dir. impr., 2004, 383 ss.;
WEIGMANN, Responsabilità e potere legittimo degli amministratori, Torino, 1974.
Assonime
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