Ilaria Pertot
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Ilaria Pertot
L’impiego ottimale dei composti rameici in viticoltura Vantaggi e svantaggi connessi all’utilizzo dei formulati cuprici per la difesa della vite di Ilaria Pertot - Istituto Agrario S. Michele all’Adige (TN) L’impiego del rame in viticoltura può vantare una lunga tradizione, e ancor oggi si fa ampio ricorso a questo metallo, grazie ai numerosi vantaggi che esso è in grado di offrire nella lotta a molte patologie della vite. I suoi meccanismi d’azione lo rendono un fungicida di contatto ad ampio spettro, particolarmente utile contro Plasmopara viticola, Guignardia bidwelli e Phomopsis viticola. Tuttavia alcuni effetti collaterali, e in particolare la sua potenziale fitotossicità, hanno indotto l’Unione Europea a emanare un regolamento (Reg. CE n. 473/2002) che impone limiti ben precisi al suo utilizzo. L’uso del rame in viticoltura vanta una lunga tradizione poiché, oltre a essere stato uno dei primi fungicidi scoperti, questo metallo possiede numerose caratteristiche che ne favoriscono ancora oggi un ampio utilizzo nel settore. Le prime segnalazioni dell’efficacia del rame come fungicida risalgono agli inizi dell’Ottocento e riguardano una malattia del frumento (carie). Il suo impiego in viticoltura è però legato all’introduzione in Europa, alcuni decenni più tardi, di una delle più importanti e temibili malattie della vite: la peronospora. Il botanico francese Millardet professore dell’Università di Bordeaux (Francia) - osservò una riduzione dei danni causati da peronospora sui filari trattati con un composto a base di solfato di rame (usato dagli agricoltori per prevenire i furti d’uva). Prendendo spunto da queste osservazioni, dopo anni di ricerche e sperimentazioni, nacque la poltiglia bordolese. A partire dagli inizi del Novecento furono successivamente introdotti anche l’ossicloruro e gli ossidi di rame. L’utilizzo dell’idrossido in viticoltura è invece relativamente recente, e risale agli anni Settanta. I composti rameici: vantaggi I composti rameici utilizzati in viticoltura, oltre alla poltiglia bordolese (che non viene più preparata artigianalmente a livello aziendale) sono: - idrossido; - ossidi; - solfato tribasico; - ossicloruro di rame. I formulati cuprici in viticoltura vengono impiegati principalmente per la loro attività antiperonosporica (foto principale). L’efficacia dei vari composti rameici nei confronti di P. viticola è da considerarsi simile, mentre per quanto riguarda il rischio di fitotossicità (foto 1), le nuove formulazioni introdotte recentemente sul mercato si mostrano decisamente migliori rispetto a quelle del passato. In viticoltura i composti rameici mostrano efficacia nei confronti di Plasmopara viticola, Guignardia bidwelli e Phomopsis viticola, mentre, pur svolgendo un’azione sull’organismo patogeno, la protezione esercitata nei confronti di Botrytis cinerea, Uncinula necator e marciume acido non raggiunge livelli soddisfacenti. A differenza di quanto purtroppo ancora alcuni agricoltori credono, il rame non fornisce assolutamente alcun beneficio se applicato al terreno per prevenire marciumi radicali (Armillaria mellea, Rosellinia necatrix) o del colletto (Phytophthora cactorum). Nonostante siano state identificate numerose ed efficaci molecole di sintesi con azione fungicida, il rame conserva ancora un importante ruolo sia nella viticoltura convenzionale, sia in quella biologica, grazie a numerose qualità positive. Esso favorisce la maturazione dei tralci, è un ottimo antiperonosporico e presenta un’attività secondaria contro altre malattie della vite, quali il marciume nero, l’escoriosi o la botrite. Inoltre il suo prezzo contenuto e una buona persistenza sulla vegetazione in assenza di pioggia lo rendono competitivo rispetto ad altri fungicidi di recente introduzione. Un altro aspetto molto interessante di questo elemento è rappresentato dalla sua ridotta tossicità nei confronti dei mammiferi e delle api. Il rame costituisce il partner ideale di molti fungicidi sistemici, poiché, grazie al suo meccanismo d’azione multisito, non ha mai sviluppato fenomeni di resistenza nelle popolazioni dei patogeni della vite. Lo si ritrova quindi nei formulati commerciali di molti fungicidi di nuova generazione. È apprezzata anche la sua azione di stimolo per la maturazione dei tralci. Viene utilizzato in alternativa a principi attivi più efficaci, nei periodi di bassa sensibilità alla peronospora in quanto il suo costo è piuttosto contenuto. In viticoltura biologica i composti rameici sono attualmente gli unici prodotti che presentano un’efficacia soddisfacente nei confronti di tutte le malattie della vite (con esclusione dell’oidio). L'impiego del rame come fungicida è considerato una pratica tradizionale, e perciò è stato incluso nell’allegato II del Regolamento CEE 2092/91, che disciplina in Europa le tecniche di agricoltura biologica. Meccanismo d’azione L’azione anticrittogamica del rame è legata agli ioni Cu2+ che, liberati in acqua, penetrano nella membrana semipermeabile e nella parete chitinosa dei funghi, in particolare nei conidi, spore e micelio. Questo metallo è molto tossico nei confronti del micelio, degli sporangi e delle zoospore degli oomiceti (per esempio peronospora). Esso può accumularsi nelle spore fungine con una concentrazione fino a 100 volte superiore a quella presente in soluzione. Il Cu agisce contro i funghi patogeni a più livelli: - interferisce con i processi respiratori; - ostacola la biosintesi delle proteine; - diminuisce l’attività della membrana cellulare con conseguente rallentamento nel trasferimento di ioni; - blocca i processi ossido-riduttivi; - svolge un’azione antagonista nei confronti degli altri elementi della parete chitinosa, sostituendosi a cationi come il calcio Ca2+, l’idrogeno H+ o il magnesio Mg2+. Questi meccanismi d’azione si traducono soprattutto in un blocco della germinazione di spore e conidi, e fanno del rame un fungicida di contatto ad ampio spettro, con sola attività preventiva. Effetti collaterali e fitotossicità Il rame non è tuttavia privo di effetti collaterali e può causare fenomeni di fitotossicità, che dipendono in particolare da: - condizioni climatiche; - concentrazioni d’uso; - stadio fenologico della pianta; - sensibilità del vitigno. Il Cu, essendo un metallo pesante, possiede un’elevata capacità di accumularsi nel suolo, poiché la sua traslocazione verticale, la biodegradazione e l’assorbimento da parte della pianta sono praticamente nulli. La sua presenza nel suolo diminuisce l’attività biologica di quest’ultimo: le popolazioni di lombrichi, gran parte dei funghi e dei batteri degradatori della sostanza organica e gli azoto fissatori vengono infatti notevolmente danneggiati. Inoltre il rame viene assorbito facilmente dagli organismi acquatici, nei confronti dei quali presenta un’elevata tossicità. Quando nel terreno vengono raggiunti livelli molto elevati di questo metallo, si può infine assistere a visibili fenomeni di fitotossicità sulle piante stesse, costituiti da crescita stentata e clorosi. Quest’ultimo effetto si può osservare molto facilmente qualora si sostituiscano altre colture alla vite, che invece è in grado di tollerare abbastanza bene l’eccesso di rame nel terreno. Quando il tempo di bagnatura fogliare si protrae per lunghi periodi (in particolare in presenza di temperature molto basse o eccessivamente elevate) e in presenza di vitigni suscettibili (per esempio il Marzemino), i prodotti a base di rame possono determinare fenomeni di tossicità sulle foglie della vite. I principali sintomi della fitotossicità sono rappresentati da: - clorosi; - arrossamenti; - necrosi puntiformi o reticolate; - disseccamenti; - filloptosi anticipata. La nuova vegetazione e i fiori della vite sono particolarmente sensibili al rame ed è quindi consigliato, nelle prime fasi della stagione, l’utilizzo di formulati cuprici caratterizzati da basso rischio di fitotossicità. La sensibilità successivamente decresce nella fase di post- fioritura. La perdita di superficie fotosintetica causata dai fenomeni di fitotossicità può determinare una riduzione della produzione e un peggioramento qualitativo delle uve prodotte. Riduzione del dosaggio A causa dei suoi effetti negativi e per ridurre i danni da accumulo nel terreno, l’Unione Europea ha fissato alcuni limiti nell’impiego del rame. Per quanto riguarda la protezione fitosanitaria mediante l’utilizzo di prodotti rameici, è entrato in vigore in Italia - con la circolare n.1 del 4 aprile 2002 - il Regolamento CE n. 473/2002 del 15 marzo 2002. Si tratta di un’importante modifica degli allegati I, II e IV del Regolamento n. 2092/91. Tale circolare prevede i seguenti criteri d’uso del rame: 1) per le colture annuali è consentito l’uso del rame, fino al 31 dicembre 2005, entro il limite massimo di 8 kg/ha/anno, e dal 1 gennaio 2006 entro il limite massimo di 6 kg/ha/anno; 2) per le colture perenni si può adottare, in deroga, un limite d’impiego complessivo che nel quinquennio 23 marzo 2002 -31 dicembre 2006 non dovrà superare la misura di 38 kg/ha/anno, mentre nei quinquenni successivi il limite massimo consentito è determinato come riportato di seguito: - dal 1 gennaio 2003 al 31 dicembre 2007 l’impiego di rame non dovrà superare i 36 kg/ha; - dal 1 gennaio 2004 al 31 dicembre 2008 l’impiego di rame non dovrà superare i 34 kg/ha; - dal 1 gennaio 2005 al 31 dicembre 2009 l’impiego di rame non dovrà superare i 32 kg/ha; - dal 1 gennaio 2006 al 31 dicembre 2010 l’impiego di rame non dovrà superare i 30 kg/ha. Per tutti gli anni successivi l’impiego di rame non dovrà superare il limite di 30 kg/ha ogni 5 anni. Ottimizzazione dei trattamenti I prodotti fitoiatrici alternativi al rame disponibili sul mercato per l’agricoltura biologica sono pochi e non garantiscono una protezione della vite sufficiente nelle zone con forte pressione della malattia o nel caso dei vitigni più suscettibili. Sono in corso sperimentazioni per l’impiego sia di microrganismi antagonisti, sia di surfattanti di origine naturale, ma attualmente non sembrano esserci promettenti soluzioni per l’immediato futuro. Risulta necessario quindi adottare accorgimenti di vario genere per ridurre le dosi di rame e mantenersi al di sotto delle soglie fissate dall’Ue. In primo luogo gli interventi agronomici, come la potatura verde e un’oculata concimazione, aiutano a ridurre la suscettibilità della vite nei confronti dei patogeni. Si possono ridurre i dosaggi e allungare gli intervalli tra i trattamenti quando la pressione del patogeno lo permette. A causa del ritmo di crescita della vegetazione (circa 2-2,5 foglie nuove la settimana) e della mancata disponibilità in agricoltura biologica di prodotti ad azione sistemica o curativa, l’intervallo tra i trattamenti in determinati periodi invece deve ridursi e prevedere l’utilizzo di dosi ridotte di rame (50 g/hL). Uno studio effettuato per cinque anni in Trentino, presso l’Istituto Agrario di S. Michele all’Adige (TN), ha dimostrato che gli interventi pianificati in funzione dell’accrescimento, delle piogge e dello stadio fenologico della pianta, con dosaggi di rame metallo che variano tra i 30 e i 70 g Cu2+/hL (con un volume di applicazione di 12 hL/ha) permettono di ottenere un controllo della malattia ottimale, mantenendosi entro la media dei 6 kg/ha/anno. Per l’ottimizzazione dei trattamenti con prodotti rameici risultano necessari: - adeguati modelli di previsione della malattia; - solide previsioni meteorologiche; - una buona conoscenza del territorio; - una scelta varietale oculata. Inoltre la taratura dell’atomizzatore e un suo corretto funzionamento costituiscono i cardini fondamentali per garantire un’ottima azione del rame. I vari composti cuprici hanno evidenziato - nel corso di numerose prove e sperimentazioni - un comportamento simile tra loro, relativamente all’efficacia e al dilavamento. I nuovi sistemi di produzione del rame e le formulazioni più innovative garantiscono un’efficacia ottimale, anche senza l’utilizzo di veicolanti o vettori di varia natura. Con i nuovi formulati rameici non si ottiene quindi una vistosa riduzione dei dosaggi, bensì un consistente beneficio in termini di diminuzione del rischio di tossicità nei confronti della vite stessa. La messa a punto di precisi e affidabili modelli di previsione e/o sistemi di supporto alle decisioni potrebbe giocare in futuro un ruolo fondamentale nella progressiva riduzione dell’impiego di rame. E’ importante proteggere adeguatamente la vegetazione sin dalle prime infezioni in primavera. Negli ambienti dell’Italia settentrionale e nel caso di vitigni sensibili alla malattia, è opportuno intervenire in modo preventivo non appena la pianta raggiunge lo stadio in cui è suscettibile alla malattia (germoglio della lunghezza di 10 cm). Per i dosaggi e gli intervalli tra i trattamenti è opportuno considerare sia la crescita della pianta (e quindi delle nuove foglie che risultano prive di copertura), sia le piogge cadute e le previsioni meteorologiche. La crescita fogliare può essere monitorata scegliendo 20 germogli nel vigneto e contandone - a intervalli bisettimanali - le nuove foglie sviluppate. Dosaggi più limitati (per esempio 360 g Cu/ha) sono utilizzabili nel caso di basso rischio di precipitazioni e di interventi frequenti. Con l’impiego di 600 g Cu/ha generalmente si ottiene una protezione sufficiente in periodi di crescita media e precipitazioni non abbondanti. Quando sono previste precipitazioni abbondanti e/o più giorni di pioggia, soprattutto nelle fasi d’elevata sensibilità della pianta, è meglio scegliere dosaggi cautelativi di 800-1000 g Cu/ha. Le previsioni meteorologiche - nel caso in cui si segua un piano di riduzione del dosaggio di rame - sono di estrema importanza e vanno verificate giornalmente. Nel caso di mancanza di copertura rameica della vegetazione (per crescita o dilavamento) e in presenza di piogge inaspettate vengono ritenuti efficaci dalla pratica empirica trattamenti con 180-200 g Cu/ha effettuati all’inizio della precipitazione potenzialmente infettante. Per attuare correttamente una difesa fitosanitaria basata su una consistente riduzione dell’uso di rame è necessario possedere un’organizzazione e una capacità aziendale tali da permettere un’esecuzione tempestiva dei trattamenti in qualunque giorno della settimana. Conclusioni In conclusione, in viticoltura biologica è possibile ridurre i dosaggi di rame seguendo opportune precauzioni, nell’attesa che il mondo della ricerca sviluppi e renda disponibili sul mercato nuove alternative. Nel lungo periodo, il miglioramento genetico tradizionale (ma assistito mediante l’utilizzo di marcatori molecolari per i geni di resistenza) per vitigni resistenti e/o tolleranti alle malattie potrebbe offrire nuove e interessanti opportunità per la riduzione dell’uso del rame, grazie a una minore sensibilità della pianta nei confronti del patogeno. Analizzato nel suo complesso, il rame non andrebbe quindi demonizzato come lo è stato negli ultimi anni. Una riduzione del suo utilizzo in viticoltura è indubbiamente imprescindibile, ma un uso limitato e mirato potrebbe risultare accettabile e presentare anche alcuni apprezzabili aspetti positivi. La bibliografia è disponibile su richiesta all’Autore tramite la Redazione di Phytomagazine.