La speranza oltreoceano

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La speranza oltreoceano
Alle radici della storia dell’emigrazione trentina in Argentina.
All’inizio furono agricoltori, braccianti stagionali, poi lavoratori nella costruzione
delle ferrovie e della città di La Plata
La speranza oltreoceano
Un gruppo di emigrati da Lasino nel 1920. Sono Vigilio Chisté, Cornelio Trentini, Giacomo Trentini, Gisella Bassetti, Maria Canevala con il figlio
di Paola Mazzalai
“La Repubblica Argentina è una
Madre buona e misericordiosa, che
apre le braccia a tutti coloro che qui
vengono in cierca di Pane e Lavoro”: così scriveva Salvatore Zulberti
in una lettera pubblicata dal giornale di Trento “Il Popolo” datata 10
marzo 1912.
Si può dire infatti che tra i paesi
di destinazione dell’emigrazione
trentina, l’Argentina fu uno tra i paesi più ospitali dove i trentini riuscirono generalmente ad inserirsi in modo
positivo nella società ospitante.
IL TRENTINO
Agricoltori. Possiamo testimoniare una prima emigrazione di
trentini verso questo paese del Sud
America a partire dal 1870 quando,
in seguito alla legge Avellaneda del
1876, si offrivano vantaggiose condizioni agli emigranti disposti a trasferirsi nella Repubblica Argentina
per acquistare lotti di terra con condizioni di pagamento vantaggiose,
abitazione, vitto, alloggio e animali
da lavoro. Questi primi arrivi organizzati erano costituiti principalmente da famiglie che in patria avevano venduto tutto nella speranza
di realizzare il sogno americano
della terra in proprietà spesso negato nel paese d’origine. Significativo appare il commento di Juan
Dillon, commissario generale per
l’emigrazione, che così si esprimeva a proposito del reclutamento di
300 famiglie tirolesi nel 1878: “Gli
abitanti del Tirolo costituiscono una
razza forte e vigorosa disposta ad
emigrare e che conviene dirigere
verso il nostro paese”.
Don Guetti. Ma quanti trentini
effettivamente sentirono in quegli
anni il richiamo dell’Argentina? La
statistica di don Lorenzo Guetti ci
può aiutare a capire, anche da un
punto di vista quantitativo, l’entità
del fenomeno negli anni 1870-1890.
Il sacerdote trentino attestava l’emigrazione trentina sui 25.000 espatri
verso il Sud America, ma ragionevolmente possiamo affermare che
furono tra i 5.000 e gli 8.000 i trentini
giunti in Argentina in quel periodo.
Lavoratori stagionali. Ma già
alla fine dell’800 l’emigrazione verso l’Argentina assumerà anche connotazioni diverse, trattandosi spesso di un’emigrazione sostanzialmente maschile che trovava lavoro
nel bracciantato agricolo dei raccolti
stagionali (anche due o tre in un
anno) e che faceva ritorno in patria
dopo qualche anno. L’emigrazione
delle “golondrinas”, ovvero rondini, fu descritta già da Don Lorenzo
Guetti e riguardava in particolare le
zone del Lomaso, Bleggio e Banale.
Era un’emigrazione di richiamo di
parenti e conoscenti che si trovavano già in Argentina e che nella maggior parte dei casi anticipavano il
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EMIGRAZIONE
prezzo del biglietto ai loro compaesani.
Operai. Verso la fine del secolo
altre opportunità di lavoro in Argentina erano costituite dalle grandi
opere pubbliche che quel paese si
accingeva a mettere in atto, in particolare i lavori sulle strade ferrate (lavoro degli “aisenponeri”) per la costruzione della rete ferroviaria
argentina e la richiesta di manodopera operaia per la costruzione della città di La Plata.
Nel 1883 l’agenzia marittima
Colajanni pubblicizzava infatti la
decisione del governo argentino di
costruire una nuova capitale, La Plata, e di conseguenza si reclutavano
lavoratori per questo scopo. Le condizioni erano particolarmente vantaggiose in quanto il biglietto veniva anticipato dallo stesso governo
locale e per chi si fosse “ben comportato” vi era anche la possibilità
di ricevere un lotto di terra a condizioni favorevoli.
Si può dire che questa prima fase
dell’emigrazione trentina in Argentina che abbraccia il periodo 18701890 fu un fenomeno per così dire
“vario”: emigrazione familiare e
agricola ma anche emigrazione di
uomini soli, impiegati spesso oltre
che nel settore agricolo anche come
operai nei lavori pubblici oppure
nelle città in occupazioni del settore
artigianale e commerciale.
Scoppia la guerra. L’emigrazione trentina proseguì ininterrottamente anche negli anni precedenti
la prima guerra mondiale e tra le due
guerre, seguendo, però, l’andamento economico e le vicissitudini della
politica argentina. Una statistica dell’Ufficio per la Mediazione del Lavoro attestava come annate dell’emigrazione trentina il periodo 1895-97
e il biennio 1910-11 con rispettivamente 107 e 575 emigranti .Mentre
nel periodo compreso tra 1918 e
1939, ebbero come destinazione la
Repubblica argentina tra gli 8.000 e
i 10.000 trentini. Si può affermare
che erano perlopiù lavoratori senza
una specifica professionalità e che
spesso si adattavano a qualsiasi lavoro trovassero in Argentina (in qualità di braccianti agricoli, ma anche
di operai generici, muratori, manovali).
Dove abitavano i trentini? La
concentrazione maggiore di trentini
in questo periodo si ebbe in particolare a Buenos Aires e nella sua provincia, Rosario, Cordoba, Santa Fè,
nelle province di Entre Rios, Chaco,
Rio Negro, La Rioja provenienti un
po’ da tutto il Trentino.
È di questo periodo la nascita di
circoli trentini quali il Circolo Trentino di Buenos Aires e il Circolo
Trentino di La Plata: le finalità di queste associazioni
erano il mutuo soccorso e il
ricreare l’ambiente culturale trentino. Molto spesso
questi circoli davano anche
la possibilità di un contatto
per la ricerca di un posto di
lavoro, funzionando quindi
quasi come uffici di collocamento
locali.
Nel secondo dopoguerra furono le famiglie degli emigrati trentini
in Argentina ad aiutare chi era rimasto nella madrepatria e viveva in
un paese che doveva risollevarsi
dalla guerra che aveva sconvolto
l’Europa. Erano lettere con qualche
banconota americana oppure pacchi dono contenenti vestiario e generi di prima necessità. E, ancora,
v’era il richiamo dei connazionali
effetto di quella catena migratoria
che ha caratterizzato negli anni
l’emigrazione trentina verso l’Argentina.
E’ difficile stabilire con esattezza, anche se si tratta di un fenomeno recente, le dimensioni dell’emigrazione trentina nel secondo dopoguerra. Chi emigrò in Argentina in
questo periodo trovò principalmente lavoro nel settore industriale e nel
terziario anche perché, in generale,
i trentini disponevano spesso di una
specializzazione di settore. Ci fu anche chi riuscì a diventare un piccolo
imprenditore e a creare quindi una
propria azienda. Il resto è storia recente.
Vedute di Rosario, una delle mete preferite dai trentini diretti in Argentina
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IL TRENTINO