Democrazia e liberalismo in Europa e negli Stati Uniti fra le due guerre

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Democrazia e liberalismo in Europa e negli Stati Uniti fra le due guerre
Democrazia e liberalismo in Europa e negli Stati Uniti fra le due guerre
Il declino politico ed economico dell’Europa
Negli anni precedenti il 1914, l’Europa era stata il centro economico del mondo. Il commercio mondiale si
basava sull’esportazione dei manufatti industriali europei nel resto del mondo e sull’importazione di materie
prime o di derrate alimentari sui mercati del Vecchio Continente. La guerra modificò radicalmente questa
situazione: Francia e Inghilterra avevano potuto sconfiggere gli Imperi Centrali solo con l’appoggio degli
USA, verso i quali si erano pesantemente indebitati.
La situazione economica in Inghilterra
Tra il 1913 e il 1925 le esportazioni britanniche erano diminuite del 25%. La Gran Bretagna restò, comunque,
tenacemente attaccata alla propria tradizionale politica di libero scambio e all’obiettivo di riportare la sterlina
al gold standard (la convertibilità della sterlina in oro). La sterlina pesante (rivalutata) rendeva ancora più
difficili le esportazioni e ostacolò gli interventi contro la crescente disoccupazione di massa. Per rendere
concorrenziali le merci britanniche si ricorse alla diminuzione dei salari, che di fatto fu all’origine
dell’acutissima conflittualità sociale.
La forza della democrazia inglese
Malgrado questo drammatico contesto sociale ed economico, la democrazia parlamentare della Gran
Bretagna non corse alcun pericolo, grazie al tenace attaccamento di tutti gli strati sociali del paese (della
borghesia, come del proletariato) al parlamentarismo. Va sottolineato come il Partito laburista (la principale
forza di sinistra del paese) fin dal suo apparire seguiva una linea riformista, socialdemocratica (anche perché, a
differenza di quanto era accaduto negli altri paesi, era il partito a nascere dal sindacato, dalle Trade Unions, più
attento al concreto e al sociale che alle questioni politiche, e non viceversa). I laburisti giunsero anche al potere
dopo la vittoria elettorale del 1923, ma ciò non fu percepito come un pericolo per l’ordine politico e sociale.
L’industria americana negli anni Venti
Negli anni Venti gli USA erano lo stato capitalista più forte del mondo, la sua economia si caratterizzava su
un altissimo livello di concentrazione industriale e finanziaria: un ristretto numero di banche controllava la
maggior parte del credito e poche gigantesche compagnie dominavano interi settori (acciaio, energia elettrica,
estrazione del petrolio). Oltre a questi colossi vi era una schiera di grandi industrie che servivano lo sterminato
mercato interno di beni di consumo, protetto da altissimi dazi doganali. Fra le industrie che andavano
assumendo un ruolo sempre più importante vi era quella dell’automobile. La prima utilitaria prodotta su vasta
scala fu il Modello T della Ford (il primo esemplare fu prodotto nel 1908 ed era accessibile a pochi, ma nel
1926 negli USA circolava un auto ogni 5 abitanti). Il calo verticale dei costi di produzione dilatò la platea dei
possibili compratori e l’auto da bene di lusso divenne un prodotto destinato al consumo di massa. Ciò fu reso
possibile dall’applicazione di nuovi sistemi di organizzazione del lavoro adottati da Henry Ford, in particolare
fu usata la catena di montaggio, introdotta per la prima volta nelle fabbriche automobilistiche di Detroit nel
1913.
Lo sviluppo dei consumi di massa fu reso possibile dall’enorme sviluppo della produzione, ma anche dalla
distribuzione incentrata sui grandi magazzini e dalle vendite rateali. Nella distribuzione nacquero veri e
propri colossi come la “A & P” che nel 1932 aveva una rete di 15000 negozi. Per quanto riguarda le vendite
rateali, si tenga presente per esempio che il 60% delle automobili era acquistato a rate. La pubblicità divenne un
mezzo sempre più diffuso, così come le trasmissioni radiofoniche e il cinema.
L’altra faccia dello sviluppo
Tra il 1922 e il 1928 i profitti aumentarono del 76%, ma i salari industriali solo del 30%. Più della metà
delle famiglie americane aveva un reddito appena sufficiente per sopravvivere. Inoltre, lo sviluppo degli “anni
ruggenti” si accompagnò con una ondata di xenofobia, intolleranza, e comportamenti reazionari. Segnali
vistosi di questo clima furono:
 I limiti posti all’immigrazione
 Il proibizionismo: la legge varata nel 1920 e rimasta in vigore fino al 1933, vietava la produzione e la
vendita di ogni tipo di bevanda alcolica. L’equazione alcol = immigrati, neri, comunisti, sfaccendati, e la
speranza puritana di sradicare per sempre il vizio portarono a dure risultati: a) la crescita del consumo di
alcolici (clandestini) del 10% e la proliferazione di locali che vendevano sottobanco birra e liquori; b)
l’aumento di bande criminali che controllavano il mercato degli alcolici (oltre che del gioco,
prostituzione, droga)
 La rinascita del Ku Klux Klan, che arrivò fino a 4 milioni di aderenti.
L’episodio più noto di questo clima d’intolleranza e xenofobia fu la condanna di Nicola Sacco e Bartolomeo
Vanzetti, due italiani emigrati negli USA che nel 1921 vennero accusati di aver ucciso due persone durante una
rapina. Malgrado le numerose prove di innocenza e la massiccia mobilitazione pubblica, furono uccisi sulla
sedia elettrica nel 1927. A loro sfavore giocò il fatto che erano stranieri e di sinistra (anarchici), che in quegli
anni equivaleva quasi a dire antiamericani e delinquenti. Nel 1977 il governatore del Massachussets li riabilitò
pubblicamente.
L’inizio della grande depressione
La situazione era più critica nel settore dell’agricoltura. Esso aveva registrato un vertiginoso incremento
durante la guerra mondiale, allorché i contadini europei erano al fronte e non potevano coltivare i loro campi.
Ma dopo il 1920 l’agricoltura europea aveva ripreso gradualmente a funzionare, così i prezzi dei prodotti
agricoli USA subirono un pesante ribasso e il mercato andò incontro ad una crisi di sovrapproduzione. Molti
agricoltori, che al tempo della prosperità si erano indebitati, andarono in rovina, e non potendo più pagare le
rate, persero la propria terra. Con il passare degli anni, la crisi agricola innescò quel processo di contrazione
dei consumi che sta alla base della grande depressione.
Il disastro cominciò a manifestarsi in tutta la sua ampiezza nell’ottobre 1929; la Borsa di New York (sita in Wall
Street), dopo un periodo di forsennata speculazione finanziaria, registrò un brutale ribasso del valore dei titoli,
in quanto le aziende non possedevano più un livello di prosperità effettivamente corrispondente all’elevata
quotazione in Borsa delle loro azioni. Il 24 ottobre 1929 (giovedì nero) Wall Street crollò: in preda al panico,
gli operatori finanziari (molti si suicidarono) presero a vendere, pur di liberarsi di titoli che perdevano valore di
minuto in minuto. Nel giro di un mese il valore dei titoli si abbassò del 40%.
Un regime economico basato sull’aumento costante della produzione si stava scontrando con una stasi della
domanda, con l’incapacità del mercato di assorbire l’emissione sempre crescente dei prodotti sfornati dalle
fabbriche.
Le cause della crisi del 1929
 Si trattò di una crisi di sovrapproduzione. Una parte troppo alta del reddito nazionale andava ad una
ristretta cerchia di persone, impedendo così a operai, contadini, impiegati di incrementare i consumi.
 I prodotti americani trovarono minori sbocchi all’estero, perché le economie dei paesi europei
tornarono a produrre e la politica protezionistica degli USA spingeva gli altri paesi ad adottare misure
analoghe.
 Negli anni Venti l’enorme facilitazione creditizia e la diffusione delle vendite rateali fece crescere
l’indebitamento nei confronti delle banche da parte di imprese e privati. Con il crollo della Borsa, le
banche chiusero i “rubinetti” del credito, causando una catena di fallimenti di imprese, di contadini che
si videro portare via la terra e di tutti coloro che si erano indebitati per comprare a rate casa e
automobile.
 La prospettiva dei guadagni rapidi aveva alimentato la speculazione, facendo salire artificiosamente i
prezzi dei titoli azionari e degli immobili.
 La crisi americana ebbe una ricaduta disastrosa sull’Europa, in particolare sulla Germania, che si era
rialzata dalla crisi del dopoguerra grazie agli aiuti americani.
Dimensioni e significato storico della crisi
Scoppiata in un settore specifico, quello finanziario, la crisi si manifestò in tutti gli altri comparti, fino a
travolgere l’intera economia, negli USA e poi in tutti i paesi industrializzati.
Nel 1931 gli effetti raggiunsero l’Inghilterra, che si ritrovò costretta a modificare radicalmente i pilastri
della propria economica: abolì la parità aurea (svalutando la sterlina), introdusse pesanti dazi
protezionistici, in modo da difendere il proprio mercato interno (si avviava a conclusione l’epoca del liberismo
economico).
Il New Deal
Presidente degli Stati Uniti nel 1929 era il repubblicano Herbert Hoover, profondamente legato alla dottrina
del liberismo economico classico, fiducioso nella capacità del mercato di autoregolarsi, e convinto che ogni
intervento dello stato nella sfera economica equivalesse ad un opprimente socialismo nemico dell’individuo e
della sua libertà di iniziativa. Il paese venne dunque lasciato a se stesso mentre la vita di milioni di americani
passava brutalmente dalla prosperità degli anni Venti alla drammatica miseria dei primi anni Trenta.
Le campagne si riempirono di vagabondi (vedi il romanzo Furore di John Steinbeck) e alla periferia delle
metropoli si ammassarono baraccopoli improvvisate.
Nel 1932 venne eletto il democratico Franklin Delano Roosevelt, il quale capì che per affrontare la gravità
della situazione bisognava violare l’ortodossia liberista. Nonostante le critiche accademiche, egli si circondò di
un Brain Trust (concentrazione di cervelli) che elaborò una serie di metodi nuovi. Innanzitutto, come primo
passo del New Deal (Nuovo Corso), si abbandonò la convertibilità del dollaro in oro e il vincolo del
pareggio del bilancio, scegliendo di andare incontro a un deficit nei conti dello stato, pur di far ripartire il
meccanismo inceppato dell’economia. L’idea centrale del New Deal consisteva nel far intervenire lo stato
nella vita economica (nel 1936 questa idea trovò un’ufficializzazione scientifica nell’opera Teoria generale
dell’occupazione, dell’interesse e della moneta, del grande economista inglese John Maynard Keynes). In
questo modo un numero crescente di individui avrebbe di nuovo avuto a propria disposizione delle risorse, del
denaro da spendere in beni di consumo o in derrate alimentari. Così, l’intero meccanismo avrebbe ripreso a
funzionare, sia le fabbriche che gli agricoltori avrebbero di nuovo avuto un mercato. A tal fine
l’amministrazione Roosevelt intraprese una grande campagna di lavori pubblici (come le grandi dighe e i
rimboschimenti). All’inizio del 1934, lo stato era riuscito a trovare un impiego a più di 4 milioni di disoccupati,
negli anni seguenti furono creati due milioni di posti di lavoro all’anno. Inoltre, la Federal Bank Reserve
accentrò il controllo delle banche, furono garantite assicurazioni sui depositi bancari e fu introdotta una riforma
fiscale per una più equa distribuzione delle ricchezze.
Nel 1937 la produzione industriale era tornata ai livelli del 1929. Malgrado ciò nel 1939 il paese contava
ancora 9 milioni e mezzo di disoccupati. Solo lo scoppio della seconda guerra mondiale, con il rilancio
della produzione per sostenere lo sforzo bellico, pose fine alla grande depressione.
STATO LIBERALE
STATO TOTALITARIO
Garantisce la libertà di pensiero e il confronto
Presuppone che una data ideologia incarni la
delle diverse opinioni
verità assoluta
Permette l’esistenza di molti partiti e garantisce
Esiste un unico partito, che controlla
libere elezioni
completamente lo stato
Garantisce la libertà di stampa e di espressione
Reprime come pericolosa ogni forma di
dissenso ideologico e politico
L’ordinamento dello stato poggia sul principio
Il potere legislativo e il potere giudiziario sono
della separazione dei poteri
controllati dal governo
Il potere della polizia è limitato e regolato dalla
Il potere della polizia (emanazione del governo)
legge
è assoluto
DEFINIZIONE
FIGURA DI
RIFERIMENTO
AMBIGUITÀ E
RISCHI
LIBERISMO
Dottrina economica: lo
stato non deve
intralciare la dinamica
dell’economia
Adam Smith
LIBERALISMO
Dottrina politica: lo
stato deve garantire i
diritti dell’uomo
John Locke
Lo stato si disinteressa Lo stato tutela gli
dei cittadini più deboli, interessi solo dei
in tempo di crisi
cittadini proprietari di
beni
DEMOCRAZIA
Dottrina politica: lo
stato deve garantire a
tutti i cittadini un
livello di vita dignitoso
J.J. Rousseau
Lo stato limita in
modo eccessivo la
libertà d’azione dei
cittadini (democrazia
totalitaria)
La nuova organizzazione del lavoro
Anche nelle società non soggette a regime totalitario, vi fu un pericolo di massificazione degli esseri umani, a
causa di una rigida organizzazione del lavoro, in cui la creatività personale cessava e lasciava il posto alla
meccanica esecuzione delle precise istruzioni ricevute. La catena di montaggio era il simbolo della
spersonalizzazione del lavoratore nel mondo contemporaneo. Essa portò a termine il processo di divisione
del lavoro che l’applicazione della macchina al processo produttivo aveva introdotto nell’Inghilterra della fine
del Settecento. Nella catena di montaggio, il processo produttivo era scomposto in un numero
elevatissimo di operazioni elementari (secondo il modello taylorista) e il lavoratore era
chiamato a compiere sempre e solo il medesimo movimento (vedi il film del 1936, Tempi
moderni di Charlie Chaplin).
Inoltre, la società contemporanea portava al conformismo dei comportamenti e alla
massificazione dei gusti, influenzati anche da moderni mezzi di comunicazione di massa.