Norme di sicurezza per l`utilizzo di gas medicali e tecnici

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Norme di sicurezza per l`utilizzo di gas medicali e tecnici
tratto dalle linee guida ISPESL
servizio prevenzione protezione -via Ospedale, 18-31033 Castelfranco Veneto (TV) tel. 0423/732082
fax 0423/732088 e mail: [email protected]
Indice
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PREMESSA
pag. 1
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LA FARMACOCINETICA DEGLI ANESTETICI
pag. 2
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SCHEDA SUGLI ASPETTI FARMACOLOGICI E TOSSICOLOGICI DEL
PROTOSSIDO DI AZOTO
pag.
4
SCHEDA SUGLI ASPETTI FARMACOLOGICI E TOSSICOLOGICI DEL
ISOFLURANO (FORANE, AERRANE, ISOFLURANO)
pag.
8
SCHEDA SUGLI ASPETTI FARMACOLOGICI E TOSSICOLOGICI DEL
SEVOFLURANO (SEVORANE)
pag.
14
ELEMENTI INFORMATIVI SULL’ESPOSIZIONE PROFESSIONALE AD
ANESTETICI – EFFETTI SULLA SALUTE DEGLI OPERATORI
• Premessa
• Effetti sulla funzione epatica
• Effetti sulla funzione renale
• Effetti sulla funzione emopoietica
• Effetti neuropsicologici
• Effetti sul sistema nervoso periferico
• Effetti citogenetici
• Effetti sulla funzione immunitaria
• Effetti vari
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2
SCHEDE RIASSUNTIVE
SUGLI ASPETTI FARMACOCINETICI E TOSSICOLOGICI
RELATIVI AL PROTOSSIDO DI AZOTO
E AGLI ANESTETICI ALOGENATI
1.
PREMESSA
La procedura anestesiologica, come oggi applicata, è il risultato di costanti studi riguardanti
vecchie e nuove sostanze utilizzabili; così, dalle prime esperienze fatte nel secolo scorso, si
è arrivati all’anestesiologia attuale che ha permesso alla chirurgia di raggiungere importanti
traguardi.
I metodi per la somministrazione degli anestetici volatili sono vari:
1.
2.
3.
4.
METODO APERTO;
METODO SEMIAPERTO;
METODO SEMICHIUSO;
METODO CHIUSO.
1.
ad ogni inspirazione viene messo a disposizione del paziente un
METODO APERTO:
nuovo volume respiratorio contenente l’anestetico. Ciò può essere ottenuto, ad esempio,
con una maschera appoggiata sul volto del paziente e collegata attraverso un tubo con
un apparecchio di anestesia o con un contenitore di gas; in alternativa si fa ricorso
all’insufflazione faringea o tracheale di un agente gassoso o del vapore di un anestetico
volatile, con un flusso così elevato da eliminare ogni possibilità di reinspirazione.
Tale metodo, infatti, non prevede alcuna riserva di anestetico né la reinspirazione del
gas.
2.
METODO SEMIAPERTO si caratterizza per la presenza di una valvola tra il pallone di
riserva della miscela anestetica e il paziente, in modo che ad ogni inspirazione venga
inalato un volume nuovo della miscela, e da un’altra valvola posta in modo che ad ogni
espirazione l’intero volume espiratorio venga disperso nell’atmosfera ambientale. In tale
metodo quindi le valvole impediscono che ogni reinspirazione dell’atmosfera ritorni nel
pallone di riserva.
3.
METODO SEMICHIUSO in questo metodo c’è una reinspirazione parziale, per cui si ha
un certo accumulo di anidride carbonica, ma parte del volume di ogni successiva
inspirazione è costituito da una nuova quantità di miscela anestetica. Viene in genere
utilizzata una valvola espiratoria.
4.
METODO CHIUSO
l’anidride carbonica, prodotta dall’attività metabolica del
paziente, viene assorbita dalla calce sodata che rappresenta la sostanza chimica interposta
nell’apparato anestetico. Non tutta l’anidride carbonica viene rimossa dall’atmosfera
respirata; questo è un metodo costoso, ingombrante e complesso. Ha però dei vantaggi,
quali la marcata riduzione delle dispersioni dei gas nel micro e macro ambiente e
l’utilizzo di quantità di gas molto ridotte, tanto da impedire il raggiungimento di livelli di
inquinamento superiore ai limiti di norma e da ridurre drasticamente l’inquinamento
atmosferico da protossido d’azoto e alogenati.
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L’uso degli anestetici si associa alla loro aerodispersione nel comparto operatorio e quindi
all’esposizione degli operatori, in particolare quelli della sala chirurgica. Ciò può
configurarsi come un’esposizione cronica continuata per la durata dell’attività professionale,
tenuto conto che numerosi studi hanno evidenziato la potenziale tossicità di queste sostanze
sia a carico degli organi deputati alla loro biotrasformazione ed eliminazione (fegato e rene),
sia a carico di altre strutture (sistema nervoso periferico e midollo osseo). In relazione a
questo rischio sono state emanate norme, linee guida e definiti limiti di esposizione per
prevenire l’esposizione professionale e tutelare la salute degli operatori.
2.
LA FARMACOCINETICA DEGLI ANESTETICI
La farmacocinetica degli anestetici per inalazione è stata studiata sia in modo diretto (ricerca
e dosaggio degli anestetici nell’aria alveolare e nel sangue durante le varie fasi
dell’assorbimento e dell’eliminazione), sia in modo analogico.
La somministrazione di anestetici per inalazione determina la distribuzione degli stessi nel
sistema nervoso centrale e negli altri tessuti dell’organismo. L’effetto ricercato è la
depressione del sistema nervoso centrale che si ottiene in rapporto alla concentrazione
raggiunta in questo tessuto. Essa è subordinata a vari fattori quali la quantità di anestetico
trasportata all’encefalo, la concentrazione o la pressione parziale raggiunta nella miscela
inspirata, nei polmoni e nel sangue.
I processi di assorbimento e di distribuzione nell’organismo degli anestetici per inalazione
sono simili per tutti i gas utilizzati e dipendono da fattori fisiologici e fisico-chimici. Fra
questi hanno particolare importanza:
•
•
•
•
•
La concentrazione dell’anestetico nella miscela inspirata o la relativa pressione
parziale (la cui regolazione avviene attraverso l’evaporatore o il flussometro);
La ventilazione polmonare, che determina il passaggio di gas dal circuito di anestesia
ai polmoni;
La ventilazione alveolare (frazione alveolare della ventilazione polmonare) che
determina la quantità di anestetico che ad ogni minuto entra negli alveoli ed è quindi
disponibile l’assorbimento;
Il coefficiente di distribuzione sangue/gas e il coefficiente di ripartizione
tessuto/sangue;
La gettata cardiaca.
I fattori che intervengono nella farmacocinetica di un anestetico gassoso possono essere
distinti in elementi che trasportano l’anestetico o “elementi conduttivi”, ed elementi che lo
assorbono o “elementi capacitivi”. La conduttanza di un organo viene espressa dal flusso di
perfusione dell’organo stesso per la solubilità dell’anestetico nel sangue, mentre la capacità
può essere espressa dal prodotto del suo volume per la solubilità in esso dell’anestetico.
Nel percorso seguito dai gas anestetici per giungere ai vari tessuti, la ventilazione polmonare
rappresenta il primo degli elementi conduttivi, la cui funzione è quella di trasportare
l’anestetico dal sistema di anestesia agli alveoli. Il secondo elemento conduttivo è
rappresentato dalla circolazione, responsabile del trasporto dell’anestetico dagli alveoli ai
tessuti.
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Gli elementi capacitativi sono rappresentati dai polmoni, dal sangue inteso come massa e dai
tessuti periferici. I vari organi sono caratterizzati da una diversa solubilità, diverso volume e
differente entità di flusso di perfusione (flusso ematico distrettuale). Sia pure in modo
approssimativo, è possibile distinguere tessuti ad alta perfusione e bassa capacità per
l’anestetico (encefalo, rene, cuore) da quelli ad alta capacità e bassa perfusione (muscoli,
tessuto adiposo). I primi presentano una costante di tempo bassa e quindi raggiungono
piuttosto rapidamente l’equilibrio con la pressione parziale di anestetico nel sangue arterioso
e negli alveoli. I secondi hanno un tempo di equilibrio più elevato.
Nella fase di eliminazione, quando la concentrazione di anestetico nella miscela inspirata è
pari a 0, l’anestetico diffonde dai tessuti al sangue: da questo è trasportato ai polmoni dai cui
capillari diffonde negli alveoli e da questi viene eliminato per mezzo della ventilazione
alveolare.
Nella pratica clinica l’eliminazione dell’anestetico si identifica con il risveglio
dall’anestesia. La clerance polmonare degli anestetici (quantità di sangue venoso-misto
polmonare depurato dell’anestetico nell’unità di tempo) è un indice molto valido per
confrontare la velocità di eliminazione dei diversi anestetici (499) e, dato che il sangue
venoso-misto polmonare è la risultante del sangue venoso proveniente da diversi organi,
essa può essere considerata un indice dell’eliminazione di anestetico dall’intero organismo.
La clerance polmonare è definita dal rapporto tra la quantità di anestetico eliminata
nell’unità di tempo e la sua concentrazione nel sangue venoso-misto polmonare. La clerance
degli anestetici a solubilità relativamente elevata (ad es. metossiflurano) è governata in
modo prevalente dalla ventilazione alveolare ed è pressochè indipendente dal flusso
ematico polmonare e dalla gettata cardiaca. Gli anestetici a bassa solubilità, invece,
mostrano ampie fluttuazioni di clerance a ogni variazione sia di ventilazione alveolare sia di
gettata cardiaca.
Dei tre fattori principali che intervengono nell’eliminazione polmonare di un anestetico
(ventilazione alveolare, perfusione e solubilità) due sono direttamente controllabili
dall’anestesista (ventilazione alveolare e solubilità) il quale agisce sull’eliminazione
dell’anestetico attraverso modifiche della ventilazione controllata e la scelta in base alla
solubilità dello stesso.
Il meccanismo di azione degli anestetici per inalazione è ancora oggi sostanzialmente
sconosciuto. Considerando il rapporto fra caratteristiche anestetiche e grado di liposolubilità,
è ipotizzato che la loro azione sia legata alla modificazione della struttura lipidica delle
membrane biologiche a livello del sistema nervoso centrale.
Di seguito vengono riportate le SCHEDE del protossido di azoto, del forane e del sevorane:
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PROTOSSIDO DI AZOTO
1. FARMACOCINETICA
ASSORBIMENTO E DISTRIBUZIONE
Per via inalatoria N2O è rapidamente assorbito. L’inalazione intermittente (ogni 0,71 min.)
per 46 min. di una miscela al 50% di N2O e ossigeno determina una concentrazione
arteriosa di N2O di 20,15 mg/100 ml. Tali livelli dovrebbero corrispondere al
raggiungimento dell’equilibrio tra concentrazione inspirata e sangue per inalazione di N2O
al 26%.
Il coefficiente di ripartizione sangue/gas è basso: 0,47.
METABOLISMO
Per molto tempo N2O è stato considerato chimicamente inerte, non suscettibile di
significative biotrasformazioni nell’organismo. A livello di flora batterica intestinale, tuttavia
è presente l’enzima N2O-reduttasi che, in condizioni di bassa tensione endoluminale di O2
(al di sotto del valore fisiologico di 38 mm Hg) è in grado di metabolizzare N2O con
produzione di azoto molecolare (N2) e di un radicale libero idrossilico (OH°) secondo il
seguente schema:
N2O + [e-] = [N2O-]
[N2O-] + H2O = N2 + OH- + [OH°]
La quota di N2O che subirebbe questa trasformazione metabolica sarebbe pari allo
0,004% della dose assorbita.
ELIMINAZIONE
La maggior parte dell’ N2O viene rapidamente eliminato per via polmonare, mentre una
piccola parte è eliminata attraverso la cute. L’entità dell’escrezione nel latte materno non è
nota.
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TOSSICITA’
Le possibili implicazioni tossicologiche del metabolismo di N2O ad azoto molecolare [N2] e
radicale libero idrossilico (OH°) sono legate a quest’ultimo che, in carenza di scavengers
(glutatione ridotto, acido ascorbico, a-tocoferolo, etc., può legarsi alle macromolecole delle
strutture cellulari provocando effetti tossici (ad es. alchilazione di proteine, degradazione di
basi degli acidi nucleici, perossidazione di fosfolipidi di membrana).
L’effetto tossico più noto del N2O consiste nell’ossidazione del cobalto (Co) presente nel
gruppo prostetico della vitamina B12 con trasformazione del Co (I) attivo in Co (III) inattivi.
Una mole di N2O inattiva due moli di vitamina B12. L’ipovitaminosi B12.da esposizione
acuta, subacuta o cronica a N2O compare rapidamente ed è marcata e persistente.
All’inattivazione della vitamina consegue blocco dell’attività dei sistemi enzimatici che la
utilizzano come coenzima fra i quali la metionina-sintetasi. L’inibizione dell’attività di
questo enzima a livello epatico, renale, celebrale e midollare è irreversibile, e risulta
marcata e persistente anche per esposizioni brevi a concentrazioni relativamente basse di
N2O. L’attività della metionina-sintetasi epatica risulta ridotta del 50-75% dopo 30-240 min.
di esposizione (concentrazione di anestetico: 50-60%), del 27% dopo esposizione a 1.100
ppm per 8 gg. e si stima che possa essere del 50% dopo esposizione a 10.400 ppm per
12 h oppure a 5.400 ppm per un periodo di 2-28 gg. Al cessare dell’esposizione il recupero
è estremamente lento e l’attività della metionina-sintetasi risulta ancora depressa 4 gg
dopo l’esposizione.
L’inattivazione della metionina-sintetasi ha come conseguenza in primo luogo una
progressiva deplezione di metionina e folati demetilati per blocco della conversione di N-5metil-tetra-idrofolato e omocisteina a folato demetilato e metionina:
[CH3-H4-folato] + [omocisteina] = [H4-folato] + [metionina]
La carenza di folati demetilati compromette la sintesi di DNA e causa depressione di tutti i
cicli cellulari ad alto indice mitotico (tessuti embrionale, cellule midollari, etc.), con possibili
implicazioni cliniche quali anemia megaloblastica, leucopenia, effetti teratogeni, mutageni,
embriotossici. N2O non deve quindi essere utilizzato in soggetti affetti da patologie (ad es.
deficienza di diidropteridina reduttasi) e alterazioni metaboliche che causano deplezione di
folati.
La carenza di metionina secondaria a deficit di vitamina B12 , invece compromette e
rallenta tutte le reazioni di transmetilazione, fra cui la sintesi di mielina, con possibile
insorgenza di neuropatie demielinizzanti. Ciò può verificarsi dopo esposizione a N2O
specialmente in soggetti con malassorbimento di vitamina B12 da cause congenite o
acquisite, anche per esposizione di breve durata (circa 2 h) se è già presente un deficit
subclinico di vitamina B12.
Clinicamente, gli effetti tossici di N2O interessano vari organi e apparati.
Soppressione midollare si può verificare irreversibile della vitamina B12 e della metioninasintetasi, essenziali per il normale processo eritropoietico in casi di esposizione cronica a
N2O. Dopo somministrazione o esposizione continua a N2O per più di 24 h, così come
dopo somministrazioni ripetute, sono state descritte anemia megaloblastica e risposte
anomale al testi di soppressione con deossiuridina. L’esposizione professionale di medici
ha determinato casi di aplasia midollare. Leucopenia e alterazione della funzione
leucocitaria possono comparire dopo alcuni giorni di esposizione a N2O. In questi casi la
terapia con vitamina B12 risulta inefficace poiché il N2O interferisce con l’attività della
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vitamina stessa: il quadro midollare si normalizza in genere alcuni giorni dopo la
sospensione dell’esposizione all’anestetico.
Effetti tossici di N2O sulla meccanica miocardica e sulla dinamica cardiovascolare
(ipotensione, bradicardia, aritmie) sono controversi in quanto verificati da alcuni studi ed
esclusi da altri.
Numerosi casi di mielo-neuropatia si sono sviluppati in seguito a inalazione intermittente di
N2O per mesi o anni, specialmente in dentisti o per inalazione di N2O che si libera da
cartucce dispensatrici per panna montata, oppure a seguito di impiego professionale di
N2O in zone scarsamente ventilate. Spesso la sintomatologia esordisce con sensazione di
torpore, parestesie o diminuita sensibilità tattile a mani e gambe, atassia. Sintomi più
tardivi sono il segno di Lhermitte (indicativo di sclerosi multipla), parestesie alle braccia,
atassia, sensazione di torpore al tronco, impotenza, alterazioni comportamentali o
problemi di ideazione e, in alcuni casi, disartria. Normalmente, negli individui sani, i
depositi epatici e midollari di vitamina B12 compensano per circa 24 h la carenza indotta
durante anestesia con N2O. Il possibile deficit, almeno subclinico, di vitamina B12 espone
invece i vegetariani al rischio di una maggiore incidenza di neurotossicità. Le alterazioni
neurologiche da N2O possono mimare una degenerazione subacuta combinata del midollo
spinale, e portare a una paraparesi spastica.
L’abuso prolungato (2 h/die per alcuni mesi) può determinare confusione mentale,
disorientamento, agitazione, anomalie comportamentali, allucinazioni visive e delirio; tali
sintomi regrediscono lentamente nell’arco di alcune settimane dopo la fine
dell’esposizione. Reazioni psicotiche sono possibili anche dopo esposizione per anestesia.
In pazienti sottoposti ad anestesia con N2O (66% in ossigeno; 9-121/min) per interventi
neurochirurgici sono stati rilevati vasodilatazione cerebrale, aumento del flusso ematico
cerebrale e della pressione endocranica; il ritorno a livelli normali si ha dopo sospensione
di N2O. L’anestetico determina anche una maggiore distribuzione del flusso alle aree
frontali e il suo impiego può causare peggioramento dell’ischemia cerebrale per
deviazione del flusso da aree ischemiche a massima vasodilatazione ad altre regioni
cerebrali. Per tali effetti si ritiene oggi che l’impiego di N2O debba essere evitato nei
pazienti con ridotta compliance cerebrale.
In rari casi l’anestetico ha causato convulsioni in bambini, con rechallenge positivo.
N2O aumenta la pressione nell’orecchio medio ove si distribuisce attraverso la tromba di
Eustacchio.
Casi di epatotossicità con lieve aumento dei livelli di transaminasi sono descritti durante
anestesia con N2O, mentre è rara la comparsa di iperbilirubinemia.
L’abuso di N2O e le sue conseguenze sono ben noti. La produzione artigianale di N2O a
partire da nitrato d’ammonio (NH4NO3) può portare ad esposizione a prodotti intermedi
tossici (ossido nitrico – NO – e biossido d’azoto - N2O), che possono causare bronchiolite
acuta e vengono invece efficacemente eliminati nella fabbricazione industriale.
Casi di pneumomediastino ed enfisema sottocutaneo sono stati descritti alcune ore dopo
inalazione acuta di 6-10 cartucce di N2O per panna montata in giovani soggetti che
abusavano cronicamente di N2O: in altri casi sono stati descritti apnea e asfissia.
L’abuso cronico di N2O (personale sanitario, dentisti, persone che “sniffano” preparazioni
commerciali contenenti la sostanza, quali cartucce di propellente per panna montata)
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possono manifestare anemia megaloblastica, polineuropatia periferica, depressione
midollare, apnea, disturbi psicotici e alterazioni del sistema produttivo. Più specificamente,
i sintomi dell’abuso cronico includono sensazione di torpore o bruciore a braccia e gambe,
sensazione di scossa alla schiena e agli arti inferiori alla flessione del capo, iporeflessia
osteotendinea, diminuzione della destrezza delle dita, alterazioni del gusto, debolezza,
affaticamento, atassia estrema, alterazioni dell’equilibrio, episodi psicotici acuti, ridotta
fertilità e aborto spontaneo. I sintomi scompaiono in genere gradualmente nel tempo
(settimane, mesi) quando l’abuso viene interrotto. E’ stato ipotizzato che N2O possa
determinare dipendenza per interazione con il sistema oppioide ed è stata riportata la
comparsa di delirio dopo astinenza.
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ISOFLURANO (FORANE, AERRANE, ISOFLUORANO)
L’isoflurano (2-cloro-2,2,2-trifluoroetil-difluorometil-etere) è un potente anestetico
alogenato per via inalatoria. E’ un liquido chiaro, incolore, con odore di etere, non
infiammabile. E’ stabile senza conservanti e non reagisce con i metalli; può essere
conservato a temperatura ambiente (15-30° C) per più di 5 anni. Le proprietà fisiche
dell’isoflurano, sono simili a quelle dell’isomero enflurano a differenza della tensione di
vapore, che per l’isoflurano è circa il 30% più elevata di quella dell’enflurano a ogni
temperatura.
Esso è utilizzato nell’induzione e nel mantenimento dell’anestesia generale, ma il suo
preciso meccanismo d’azione non è noto.
1. FARMACOCINETICA
La farmacocinetica dell’isoflurano è stata ampiamente studiata.
ASSORBIMENTO E DISTRIBUZIONE
L’effetto anestetico compare 7-10 min dopo la somministrazione dell’isoflurano; la velocità
di induzione può essere influenzata dall’odore penetrante del farmaco, che provoca apnea
o tosse se somministrato troppo rapidamente. L’induzione e il mantenimento dell’anestesia
sono ottenute con concentrazioni tra 1,5% e 3% di isoflurano e in miscela al 50-70% di
N2O; se non viene utilizzato N2O, può essere necessario un ulteriore quantitativo di 11,5% di isoflurano.
La concentrazione alveolare minima (MAC) dell’isoflurano è 1,15% e il coefficiente di
ripartizione sangue/gas è di 1,4, inferiore a quello di enflurano (1,91) e alotano (2,46).
Data la bassa solubilità nel sangue e nei tessuti, l’isoflurano mostra un rapido afflusso ed
efflusso nel polmone, cui conseguono la rapidità di induzione e di fine dell’anestesia, con
una velocità comparabile a quella ottenuta con enflurano e lievemente più rapida di quella
dell’alotano.
La distribuzione del farmaco in cervello, cuore, rene e fegato è rapida per l’elevato flusso
sanguigno in questi distretti, mentre, per la minore irrorazione, è limitata nel tessuto
muscolare e bassa nel tessuto adiposo. Nel muscolo infatti la concentrazione d’equilibrio
viene raggiunta circa 2 h dopo la somministrazione dell’anestetico, mentre nel tessuto
adiposo l’isoflurano non raggiunge la concentrazione d’equilibrio durante gli usuali tempi di
durata dell’anestesia.
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METABOLISMO
L’isoflurano, grazie alla presenza nella sua struttura del gruppo trifluorometilico (-CF3)
terminale, risulta un anestetico molto stabile e scarsamente metabolizzato. Meno dell’1%
(lo 0,17% circa) della dose di isoflurano somministrata viene metabolizzata a livello
epatico per degradazione ossidativa (dealogenazione o o-dealchilazione) nei metaboliti
terminali acido trifluoroacetico (TFA) e fluoro inorganico, in rapporto tra loro di circa 2:1.
Il metabolismo è perciò inferiore di circa 1-2 ordini di grandezza rispetto ad altri anestetici
inalatori e l’induzione enzimatica non sembra aumentare il metabolismo in vivo.
Il metabolismo dell’isoflurano è promosso dall’isoforma 2B1 del citocromo P450 (CYP) e
procede a partire dall’attacco al carbonio in posizione a rispetto al legame etereo sul
radicale 1,1,1 – trifluoro – 2 – cloroetilico. Dall’attacco a questo carbonio possono seguire
due vie metaboliche distinte:
•
Nella prima di esse, dopo la rottura del ponte ossigeno etereo (o-dealchilazione) si
formano i residui difluorocarbonile (o fluofosgene, CF2O) e 1,1,1-trifluoro-2cloroetilico. Il difluorocarbonile, instabile in ambiente acquoso, si trasforma
spontaneamente in due equivalenti acidi, due ioni fluoruro e CO2. Dal radicale
1,1,1-trifluoro-2-cloroetilico, invece, il metabolismo procede con una declorurazione
a dare l’intermedio reattivo trifluoroacetaldeide [CF3CHO] che si trasforma
rapidamente in TFA;
•
La seconda via metabolica dell’isoflurano (declorurazione) procede a partire
dall’introduzione di un ossidrile in posizione 1 rispetto al gruppo etereo: ne segue la
rottura dell’etere e la corrispondente formazione prima dell’intermedio reattivo
trifluroacetilcloruro e quindi del diflurometanolo. Dal primo di questi due composti si
forma ancora, per idrolisi, TFA, mentre dal secondo vengono prodotti acido formico
e due equivalenti di ioni H+ e
fluoruro.
Il metabolismo ossidativo dell’isoflurano, pertanto, implica una declorurazione e una
parziale defluorurazione con distacco di due dei cinque atomi di fluoro posseduti dalla
molecola.
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ELIMINAZIONE
L’isoflurano nell’uomo è principalmente eliminata per via respiratoria. Esso è scarsamente
biotrasformato (0,17%) e solo piccole quantità della dose assorbita vengono escrete come
metaboliti urinari. Le concentrazioni urinarie di fluoro-ioni normalmente prodotte in corso di
anestesia sono comprese fra 3 e 30 µmoli/l.
TOSSICITÀ
L’uso dell’isoflurano è stato associato a numerosi effetti avversi comprendenti nausea,
vomito, ileo postoperatorio, leucocitosi, ipotensione, aritmie, convulsioni, nefrotossicità e
depressione respiratoria. In generale, il profilo degli effetti collaterali di alotano e isoflurano
è risultato simile in studi che hanno valutato comparativamente gli effetti emodinamici,
endocrini, metabolici, respiratori e renali dei due anestetici.
Le concentrazioni di isoflurano abitualmente usate in anestesia non provocano una
significativa depressione della funzione miocardica o una riduzione della gittata cardiaca e
della perfusione tessutale.
La riduzione delle resistenze periferiche e della pressione arteriosa sistemica è dosecorrelata: il ritmo cardiaco durante anestesia rimane stabile e il cuore non è sensibilizzato
agli effetti delle catecolamine esogene. E’ tuttavia stata ipotizzata una possibile
correlazione fra uso di isoflurano e ischemia miocardica in pazienti coronaropatici. In
pazienti con distrofia muscolare di Duchenne il farmaco può indurre rabdomiolisi,
ipocalcemia e arresto cardiaco. Anche i pazienti con miastenia grave mostrano una
maggiore sensibilità agli effetti tossici neuromuscolari dell’isoflurano.
Durante ventilazione normocapnica l’isoflurano provoca aumento della pressione del
liquido cerebrospinale. Esso può inoltre causare lievi alterazioni delle funzioni superiore
per due o tre giorni dopo anestesia. In pazienti pediatrici l’esposizione prolungata per più
di 24 h a concentrazioni anestetiche ha scatenato disfunzioni neurologiche, reversibili in
circa 72 h, quali atassia, agitazione, allucinazioni e confusione mentale. Normalmente, a
differenza dell’enflurano, l’isoflurano non causa attività convulsiva o alterazioni
elettroencefalografiche: in rari casi, tuttavia, l’esposizione alla miscela isoflurano - N2O ha
causato convulsioni all’induzione o alla fine della procedura anestesiologica.
Numerosi casi di ipertermia maligna sono stati associati all’uso dell’isoflurano. Sulla base
di meccanismi non chiariti e differentemente a quanto avviene negli adulti, nei bambini
l’isoflurano può determinare riduzione della temperatura corporea e inibire la risposta
termoregolatoria all’ipotermia intraoperatoria, anche se in misura minore rispetto
all’enflurano.
La quantità di fluoro inorganico prodotta in corso di anestesia non supera in genere 5
µmoli/l; solo per esposizioni di circa 20 MAC/h (ovvero previo accumulo cospicuo di
anestetico nei compartimenti a bassa perfusione) possono crearsi i presupposti di una
nefropatia da fluoro (poliuria a basso peso specifico vasopressina resistente). Benché
l’isoflurano a dosi anestetiche riduca, come gli altri anestetici volatili, il flusso ematico
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renale, la velocità di filtrazione glomerulare e la produzione di urina, non sono mai stati
osservati danni renali transitori o permanenti della funzionalità renale dopo anestesia.
Anche in caso di riscontro di elevate concentrazioni di fluoruri (con aumento da 4,03
µmoli/l fino a 13,57 µmoli/l per anestesie brevi e compreso fra 12 µmoli/l in pazienti critici
sedati fino a 7 gg) la funzione renale non risulta alterata o recupera completamente in 24
h.
La biodegradazione ossidativa dell’isoflurano porta alla formazione dello stesso intermedio
reattivo acilante (acido TFA) ritenuto responsabile, nel caso dell’alotano e dell’enflurano, di
sensibilizzazione crociata e di innesco di epatite acuta immuno-mediata. La minore quota
di biodegradazione di questo anestetico rispetto a enflurano e alotano (isoflurano <
enflurano < alotano), rilevata dalla minore quantità di adotti proteici trifluoroacetilati
immunoreattivi, giustifica le notevoli differenze di incidenza di epatotossicità nelle
condizioni di impiego clinico dei tre anestetici. I danni epatici talora evidenziati nel
postoperatorio non sembrano di fatto associati all’uso dell’isoflurano e non è fino ad oggi
stabilita una chiara relazione causa-effetto: anche il riscontro di basse concentrazioni
plasmatiche dell’enzima glutatione-S-transferasi sembra indicare che l’anestesia con
isoflurano non sia in grado di provocare alterazioni documentabili a carico dell’epatocita.
Studi effettuati su animali non hanno evidenziato nefrotossicità né epatotossicità associate
a trattamenti subacuti. Recenti segnalazioni di casi di necrosi epatica letale dopo
anestesia con isoflurano in pazienti consumatori di alcol e in terapia con farmaci
epatotossici (tra cui il paracetamolo), tuttavia, sembrano indicare che il farmaco possa
avere effetti epatotossici simili a quelli dell’alotano, anche se più raramente.
Non sono state registrate differenze significative negli esami pre e post-operatori (AST,
ALT, fosfatasi alcalina, bilirubina totale, creatinina, azotemia) in pazienti con
compromissione epatica o renale sottoposti ad anestesia con isoflurano e desflurano.
Interazioni farmaco-tossicologiche sono possibili con altri farmaci utilizzati in anestesia.
L’induzione del CYP 2E1 a opera dell’isoniazide realizza negli acetilatori rapidi un rilevante
incremento del metabolismo dell’isoflurano, ma non l’innesco di una nefropatia fluoromediata (stante la relativa rapidità della cinetica di eliminazione di questa sostanza).
Quanto meno nell’animale da esperimento, però, sembra che l’isoflurano funga da
substrato anche di altri isoenzimi CYP, visto che un incremento sensibile della quota di
biodegradazione si ottiene anche mediante pretrattamento con induttori dei CYP 2B1 e
2B2 (fenobarbitale) e con induttori del CYP 3A (pregnenolone). Dal momento che
quest’ultimo isoenzima interviene anche nel metabolismo di altri farmaci di uso
anestesiologico (midazolam, alfentanil, lidocaina), è possibile che in corso di anestesia
isofluranica si realizzi, qualora anche nella specie umana il 3A metabolizzi l’anestetico, un
rallentamento delle cinetiche di eliminazione di quei farmaci.
Come altri anestetici alogenati, l’isoflurano provoca una depressione respiratoria dosecorrelata, paragonabile a quella dell’alotano e inferiore a quella dell’enflurano. La
compliance polmonare e la capacità funzionale residua si riducono lievemente, mentre le
resistenze risultano aumentate.
L’isoflurano può causare dermatite da contatto, probabilmente su base immune, con un
incidenza inferiore allo 0,1%: eritema ed edema periorbitari monolaterali sono stati descritti
13
in casi in cui l’apparecchio di anestesia era posizionato da un lato dell’operatore. In questi
casi, nei quali vi è una correlazione con la durata dell’esposizione, la limitazione
dell’esposizione cutanea ai vapori e l’uso di maschere protettive porta a miglioramento dei
sintomi. La diagnosi di ipersensibilità è possibile mediante applicazioni di patch imbevuti di
1 ml di isoflurano, due volte al giorno per tre giorni, sulla superficie volare
dell’avambraccio.
L’assenza di rischio durante la gestazione e durante le procedure ostetriche non è
stabilita. Gli studi su animali hanno dimostrato alterazioni della fertilità, della performance
riproduttiva in generale, embriotossicità, teratogenicità ed effetti sulla lattazione a
concentrazioni dello 0,1-0,6%. Per il rischio in gravidanza, il farmaco è classificato in
categoria C dalla U.S. Food and Drug Administration e in categoria B3 dall’Australian Drug
Evalutation Committee.
14
SEVOFLURANO (SEVORANE)
Il sevoflurano è un anestetico volatile, non infiammabile, utilizzato per l’induzione e il
mantenimento dell’anestesia generale per via inalatoria. Si tratta chimicamente di un metiletil-etere fluorurato simile al desflurano: entrambi questi anestetici differiscono da alotano
e isoflurano per la minore solubilità nel sangue, proprietà conferita dall’alogenazione con
fluoro. Il sevoflurano può essere conservato a temperatura ambiente, a 15-30°C.
I vantaggi principali del sevoflurano rispetto agli altri anestetici volatili sono proprio il basso
coefficiente di solubilità sangue/gas (che conferisce precisione nel controllo dell’anestesia
nonché rapidità di induzione e risveglio) e l’assenza di effetto pungente-irritativo (tipico di
desflurano e isoflurano) che ne permette l’uso per l’induzione rapida dell’anestesia.
Nonostante questa caratteristica, tosse all’induzione può essere presente nel 12% dei
casi. Il sevoflurano ha inoltre un punto di ebollizione di 58°C, simile a quello di isoflurano,
alotano ed enflurano (ciascuno approssimativamente di 50°C), per cui può essere
somministrato attraverso evaporatori standard. Poiché il punto di ebollizione del desflurano
è invece di 24° C, e la sua pressione di vapore è superiore a quella di tutti gli altri
anestetici volatili, la somministrazione di questo anestetico richiede uno speciale
vaporizzatore pressurizzato e riscaldato.
Per l’induzione il sevoflurano viene somministrato in concentrazione del 1,8-5% in miscela
di N2O e ossigeno; concentrazioni comprese fra 0,5% e 3% vengono utilizzate per il
mantenimento dell’anestesia. Per inalazione di concentrazioni convenzionali (1,8-5%) in
miscela di ossigeno/ N2O, il sevoflurano produce un’induzione rapida (meno di 2 min). Con
la tecnica di inalazione rapida utilizzando sevoflurano al 4,5% in N2O, il tempo di induzione
di abbrevia a meno di 60 s. L’induzione con sevoflurano a concentrazioni superiori (8%)
consente maggiori successi nel posizionamento della maschera laringea e nell’induzione.
Per il mantenimento il sevoflurano viene normalmente utilizzato in concentrazioni del 13%. La profondità dell’anestesia può essere variata rapidamente e il risveglio è rapido (fra
4 e 14 min dopo la sospensione della somministrazione del farmaco).
In anestesia pediatrica il sevoflurano viene utilizzato per l’induzione in miscela di ossigeno
o in ossigeno/ N2O e per il mantenimento in miscela al 60% di N2O.
I principali svantaggi del sevoflurano sono determinati dall’apprezzabile metabolismo a
fluoruri inorganici e dalla degradazione nella calce sodata/baralyme a composti
potenzialmente tossici: ciononostante a tutt’oggi non sono descritti casi di tossicità
d’organo da sevoflurano.
15
1. FARMACOCINETICA
Il sevoflurano ha un basso coefficiente di ripartizione sangue/gas che consente una rapida
induzione dell’anestesia (2 min.) e un rapido risveglio (4-14 min.)
La concentrazione alveolare minima (MAC) del sevoflurano nei giovani e adulti è di 1,62,3% media 2%). La potenza del farmaco è quindi simile a quella dell’enflurano (MAC
1,7%), lievemente inferiore a quella di isoflurano (MAC 0,7-0,8%) e maggiore di quella di
desflurano (MAC 7,3%) e N2O (MAC 100%). MAC superiori (2,5-3,3%) sono riportate nei
bambini, mentre negli anziani vengono utilizzate MAC inferiori (1,48%).
L’aggiunta di N2O al 50% riduce la MAC negli adulti di circa 50-60% e nei bambini del
25%.
ASSORBIMENTO E DISTRIBUZIONE
Il coefficiente di ripartizione sangue/gas del sevoflurano è di 0,6-0,7, lievemente superiore
a quello del desflurano (0,4) e di N2O (0,5), ma inferiore a quello di alotano (2,5), enflurano
(2,1), isoflurano (1,5), e metossiflurano (15,4). Ciò consente rapida induzione e rapido
risveglio dall’anestesia.
I coefficienti di ripartizione tessuti/sangue del sevoflurano sono simili a quelli di alotano e
isoflurano; quello cervello/sangue è di 1,7 (alotano: 1,9; isoflurano: 1,6) mentre quello
lipidi/sangue è pari a 46-48 (48 per alotano e 51 per isoflurano). Il desflurano mostra
coefficienti di ripartizione tessuti/sangue più bassi (es. cervello/sangue: 1,3) e una bassa
solubilità nel sangue.
METABOLISMO
La molecola del sevoflurano presenta tre caratteristiche che la distinguono dagli anestetici
alogenati finora trattati:
(a) grado di fluorurazione più elevato rispetto ai precedenti;
(b) assenza di alogeni diversi dal fluoro;
(c) struttura di etere metil-isopropilico.
Il metabolismo del sevoflurano avviene nel fegato: la defluorurazione porta a formazione di
fluoruri inorganici e fluoruri organici (esafluoroisopropanolo ed esafluoroisopropanologlucuronide). Quando la concentrazione ematica di sevoflurano raggiunge le 400-600
µmoli/l, i livelli di fluoruri inorganici si avvicinano o superano le 50 µmoli/l, livello
considerato potenzialmente nefrotossico. Livelli superiori si possono avere in pazienti
obesi.
Dopo l’assorbimento il sevoflurano subisce a livello epatico una modesta
biotrasformazione (1-4% della dose assorbita) promossa prevalentemente all’isoenzima
CYP 2E1. Questo isoenzima catalizza l’introduzione di un OH sul carbonio del gruppo
fluorometilico: tale gruppo, dopo l’ossidrilazione è o-dealchilato e si trasforma dapprima in
fluoroformaldeide e, infine, in acido formico con l’espulsione di fluoro inorganico e di uno
ione H+.
16
L’altro radicale dell’etere sevofluranico, l’esafluoroisopropanolo, è una molecola che
mantiene un certo carattere lipofilo e, permanendo a livello epatico, subisce la
coniugazione con acido glucuronico a opera delle uridindifosfoglucuronosiltransferasi
(UDPGT) per formare il metabolita di fase II più popolare e quindi più facilmente eliminato
con le urine. L’esafluoroisopropanolo è epatotossico in concentrazioni talmente elevate
(300-600 mg/kg nel topo) da risultare difficilmente raggiungibili anche in caso di ridotta
attività glucuronil-transferasica. La glucuronoconiugazione è una caratteristica metabolica
propria del sevoflurano, dal momento che nessuno degli altri anestetici inalatori qui trattati
da luogo a metaboliti aventi struttura o stabilità adatte a subire la coniugazione con acido
glucuronico.
Degradazione non metabolica del sevoflurano
Il sevoflurano presenta la caratteristica di essere poco stabile a contatto con alcali quali
calce sodata e baralyme (specie se disidratata e ad alta temperatura) usati nei filtri come
assorbenti per la CO2. A contatto con basi forti, infatti, il sevoflurano subisce degradazione
spontanea mediante defluorurazione e idrolisi del legame etereo. L’estrazione di uno ione
H+ dal radicale isopropilico, contemporaneamente all’eliminazione di uno ione fluoruro e
alla formazione di un doppio legame, porta alla formazione del cosiddetto “composto A” o
fluorometil-2,2-difluoro-1-(trifluorometil)-viniletere, un alchene volatile tossico e misurabile
in concentrazione di poche decine di ppm.
Il “composto A” può risultare nefrotossico attraverso una bioattivazione multifasica che
prevede:
•
•
•
•
•
•
•
coniugazione epatica con glutatione;
idrolisi del GSH-coniugato in cisteina-coniugato a opera di peptidasi biliari,
intestinali e renali;
uptake renale attivo da parte del tubulo prossimale ad opera di un anione organico
carrier;
detossificazione per N-acetilazione da parte della N-acetil-transferasi renale ed
escrezione di corrispondenti mercapturati;
in alternativa, attivazione a tiochetene e tionoacil-fluoruro a opera del sistema
enzimatico renale della ß-liasi;
scomposizione in fluoro inorganico e derivati tio-acilanti;
alchilazione di proteine mitocondriali e innesco di tubulo-necrosi della giunzione
cortico-midollare.
17
ELIMINAZIONE
In volontari sani circa il 40% della dose stimata assorbita viene escreta immodificata per
via polmonare e la quota metabolizzata a fluoruri inorganici è maggiore rispetto al
desflurano. Dopo 1 h di esposizione la concentrazione arteriosa di fluoruri inorganici è di
circa 22 µmoli/l e quella di fluoruri organici è di 9,1 mg/l (o 61,3 µmoli/l). I fluoruri organici
(esafluoroisopropanolo ed esafluoroisopropanolo-glucuronide) vengono poi eliminati per
escrezione urinaria relativamente rapida,principalmente durante le prime 24-48 h dopo
anestesia. Nelle urine delle prime 90 h di soggetti sani sottoposti a 1 h di anestesia con
sevoflurano (2-3%) vengono escrete 0,9 mmoli di fluoruri inorganici e 1,43 mmoli di fluoruri
organici (primariamente esafluoroisopropanolo).
Le concentrazioni urinarie più elevate di fluoruri inorganici che variano da 52 a 2368
µmoli/l, si osservano durante la somministrazione di sevoflurano e nelle prime 24 h dopo
anestesia: il ritorno a valori normali (4 µmoli/l) si ha solitamente 24 h dal termine della
somministrazione di anestetico.
L’emivita di eliminazione dei fluoruri inorganici è di 34 h dopo un h di anestesia con
sevoflurano, mentre diventa di 58 h dopo somministrazione prolungata per 13 h.
TOSSICITÀ
I principali effetti collaterali del sevoflurano sono la depressione respiratoria e
cardiovascolare dose-correlate, i movimenti eccitatori all’induzione (6-18% dei casi), la
nausea e il vomito nella fase postoperatoria. Convulsioni e casi di ipertermia maligna sono
stati correlati all’uso di sevoflurano. Non è invece riportata nefrotossicità nonostante gli
elevati livelli serici di fluoruri inorganici. L’inalazione di composti potenzialmente tossici
(composto A) derivati dalla degradazione del sevoflurano in presenza di adsorbenti di CO2
(calce sodata, baralyme) non sembra associata a comparsa di tossicità d’organo
nell’uomo.
A differenza dell’isoflurano e del desflurano non sensibilizza il miocardio alle catecolamine.
La stabilità cardiovascolare è soddisfacente, benché si possano verificare bradicardie
persistenti, talvolta associate a ipotensione arteriosa, probabilmente per diminuita
sensibilità dei barocettori vasali. Gli effetti sulla pressione sono simili a quelli di desflurano
e isoflurano.
Nel 30% delle induzioni con sevoflurano si osservano effetti eccitatori con movimenti
spontanei o volontari: questo effetto collaterale è meno frequente utilizzando il metodo di
induzione rapida e una miscela di sevoflurano al 4,5% con ossigeno oppure con
N2O/ossigeno. Attività convulsiva di tipo tonico-clonico è possibile all’induzione così come
nel periodo immediatamente successivo all’anestesia con sevoflurano in N2O/ossigeno.
Nei casi di ipertermia maligna da imputare a sevoflurano il trattamento con dantrolene si è
rilevato efficace in due terzi dei casi.
Tossicità renale per uso di anestetici volatili è stata osservata in seguito ad anestesia con
metossiflurano ed enflurano ed è stata associata a valori di fluoruri plasmatici superiori a
50 µmoli/l per un tempo relativamente prolungato. L’uso del sevoflurano può determinare
livelli serici di fluoruro inorganico che si avvicinano o superano il 50 µmoli/l, senza tuttavia
18
che questo si associ nell’uomo agli effetti nefrotossici descritti negli studi su animali di
laboratorio, probabilmente per la rapida eliminazione del fluoruro inorganico che si verifica
nell’anestesia con sevoflurano rispetto a quella con metossiflurano e altri anestetici volatili.
E’ tuttavia possibile che la somministrazione pre-intervento di farmaci in grado di indurre i
sistemi enzimatici implicati nel metabolismo del sevoflurano possa esporre a un maggiore
rischio di nefortossicità. Pertanto, finché non saranno disponibili ulteriori dati, gli elevati
livelli di fluoruri osservati in alcuni pazienti trattati con sevoflurano richiedono un attento
monitoraggio della funzionalità renale, specie in corso di interventi di lunga durata (più di 3
h) ovvero quando vengono usate elevate concentrazioni di anestetico.
Anche la nefrotossicità correlata a formazione (in presenza di calce sodata/baralyme) del
vinil-etere denominato “composto A” non è completamente chiarita e necessita di ulteriori
valutazioni. Studi su animali dimostrano che il “composto A” è nefrotossico. Per contro,
dopo più di 20 milioni di anestesie sevofluraniche condotte in tutto il mondo anche in
condizioni favorenti la produzione di “composto A”(circuito chiuso, alte concentrazioni,
lunghe esposizioni, disidratazione della calce sodata, alte temperature del canestro) non
sono stati registrati eventi avversi renali riconducibili a questo aloalchene.
Varie ipotesi spiegano questa differenza. Ad esempio, ciò può essere correlato con
che nel ratto (specie dotata di un’attività β-liasica almeno 10 volte più efficiente di
della specie umana) la soglia nefrotossica (NC50) è di 700 ppm x 1 h o 250 ppm
anche se alcuni ricercatori indiano valori inferiori. Il picco massimo di composto A
registra in corso di anestesia clinica nell’uomo è almeno 6 volte più basso.
il fatto
quella
x 3 h,
che si
In ogni caso, per minimizzare la formazione, il ricircolo e l’inalazione di “composto A” il
sevoflurano dovrebbe essere utilizzato con flussi di gas freschi di almeno 2 l/min. Tra
l’altro la quota di degradazione del sevoflurano a “composto A” può essere ridotta dello
80% semplicemente spruzzando 100 ml di acqua distillata/kg di calce sodata.
La funzionalità epatica non risulta alterata in modo significativo in seguito ad anestesia con
sevoflurano anche dopo somministrazione prolungata; incrementi della bilirubina indiretta
di significato statistico ma non clinico sono stati riportati da alcuni ricercatori.
In modo analogo agli altri composti volatili, il sevoflurano determina una depressione dosedipendente dei centri respiratori, superiore a quella determinata da alotano, con aumento
di PaCO2 e diminuzione nella risposta ventilatoria all’aumento di PaCO2.. L’effetto irritativo
sulle vie respiratorie è minimo e, di fatto non si registrano in genere tosse, laringospasmo
e apnea.
Il sevoflurano è classificato nella categoria B della U.S. Food and Drug Administration.
19
ELEMENTI INFORMATIVI SULL’ESPOSIZIONE
PROFESSIONALE AD ANESTETICI
EFFETTI SULLA SALUTE DEGLI OPERATORI
Premessa:
Gli effetti dei gas anestetici sebbene dimostrati in maniera evidente a livello
sperimentale e su soggetti sottoposti ad anestesia, non trovano conferme univoche di
tipo epidemiologico sugli operatori sanitari professionalmente esposti a basse dosi.
La maggior parte degli studi effettuati non considerano separatamente il protossido di
azoto (N2O) e gli alogenati, ma sono stati condotti quasi sempre su soggetti con
esposizioni miste.
Gli effetti farmacodinamici dei gas anestetici sui vari sistemi corporei sono di tipo
deprimente e in genere dose-dipendenti: gli organi bersaglio sono fondamentalmente il
fegato e il rene depurati alla biotrasformazione ed eliminazione di queste sostanze. Il
midollo emopoietico e il sistema nervoso dove le interferenze sono di sicuro significative.
Tuttavia l’azione epato-renale e sul midollo emopoietico dei gas anestetici, dimostrata da
numerosi autori a livello sperimentale e su soggetti sottoposti ad anestesia, non trova
univoco riscontro nei dati relativi al personale professionalmente esposto, in particolare
dove siano presenti concentrazioni dei gas relativamente basse. Anche le evidenze di
effetti neurocomportamentali precoci, sebbene dimostrate, risultano di difficile attribuzione
al solo fattore di rischio rappresentato dai gas anestetici.
Si riportano di seguito i principali effetti evidenziati a livello di vari organi e apparati
dall’esposizione professionale a gas anestetici.
EFFETTI SULLA FUNZIONE EPATICA
Gli effetti sul fegato da parte degli anestetici volatili sono suggeriti dal fatto che queste
sostanze vengono metabolizzate a livello epatico.
Studi epidemiologici sulle categorie professionalmente esposte (chirurghi, anestesisti,
infermieri, ferristi) non hanno tuttavia mai evidenziato effetti, come epatiti o alterazione
delle transaminasi, attribuibili alla cronica esposizione a N2O o a isoflurano; ne vi sono
segnalazioni relative a tali effetti indotti da sevoflurano (sevorane) e desflurano, (suprane)
recentemente introdotti nella pratica anestesiologica: il primo dei due viene anche usato in
pazienti con ridotta funzionalità epatica, per cui è da supporre che non determini danni
epatici nei soggetti professionalmente esposti.
20
Altrettanto però non si può dire se la sostanza chiamata in causa è l’alotano (non utilizzato
attualmente presso l’A.S.L.) che determina, se pur raramente, l’ormai nota “epatite da
alotano”. Inoltre l’esposizione a concentrazioni ambientali di metossiflurano inferiori a 1
ppm di N2O tra 280 e 520 ppm è ritenuta responsabile di un significativo aumento dei
valori medi di amminotransferasi valutato dopo tre giorni di esposizione, aumento che
risulta correlato alla durata dell’esposizione cumulativa.
Un recente studio di mortalità, compiuto su una coorte di 20.000 specialisti nel servizio
sanitario britannico, ha messo in luce un eccesso di mortalità per epatopatie negli
anestesisti a fronte di un ridotto o assente consumo di bevande alcoliche.
E’ ipotizzabile che l’esposizione cronica agli anestetici volatili provochi induzione
enzimatica del sistema microsomiale a livello epatico; gli studi a riguardo hanno
prodotto risultati non univoci, anche perché spesso indeboliti da carenze metodologiche.
Comunque, a fianco di lavori che evidenziano l’aumento di un indicatore indiretto di
induzione enzimatica quale la clerance dell’antipirina, altri non rilevano questo effetto, né
modificazioni nella biotrasformazione di alotano marcato con C-14.
L’induzione enzimatica è stata rilevata nel corso di esposizione sia a concentrazioni non
note di alotano ed N2O sia a concentrazioni prossime a 20 ppm di alotano, ma non a
concentrazioni di alotano inferiori a 7 ppm.
Non è stato dimostrato tuttavia che N2O, isoflurano ed etrano siano responsabili di
alterazioni epatiche, anche se è stato segnalato un aumento dell’eliminazione di acido Dglucarico urinario in esposti a concentrazioni di N2O inferiori a 100 ppm e di isoflurano
attorno a 1 ppm; ciò suggerisce che il fegato possa costituire uno degli organi bersaglio.
La responsabilità diretta ed esclusiva dell’isoflurano nell’indurre il sistema microsomiale
non è però provata, poiché l’aumento dell’acido D-glucarico potrebbe essere espressione
della risposta dell’organismo a uno o più fattori di rischio presenti in sala operatoria, che in
diversa misura potrebbero essere responsabili di una risposta biologica che si concretizza
attraverso un’aumentata escrezione di questo metabolita.
In un recente studio è stato evidenziato un aumento statisticamente significativo
dell’escrezione di acido D-glucarico in soggetti con esposizione a N2O e isoflurano
comportanti livelli urinari dei due gas anestetici rispettivamente superiori a 27 µg/l e 1 µg/l;
per esposizione contemporanea a tali livelli dei due gas anestetici vi era un ulteriore
incremento del rischio di aumentata escrezione di acido D-glucarico.
21
EFFETTI SULLA FUNZIONE RENALE
L’azione nefrotossica dei gas anestetici è stata ipotizzata poiché tutti gli alogenati,
anche in misura diversa, sono in grado di liberare durante il loro metabolismo lo
ione fluoro il quale si accumula a livello renale per essere poi eliminato. Tale ione
però è in grado di chelare molti cationi bivalenti tra cui il calcio, il rame, lo zinco e il
magnesio, alcuni dei quali attivano enzimi implicanti nella glicolisi e nel ciclo di Krebs.
Alterazioni di questi processi possono causare un’inibizione della capacità di
riassorbimento tubulare (soprattutto a livello della porzione ascendente dell’anse di Henle
e del tubulo collettore) a causa della ridotta disponibilità energetica renale per i
meccanismi di trasporto attivo.
Nel personale esposto a etrano sono state osservate concentrazioni di fluoruri inferiori a 2
µmoli/l: questo valore è di molto inferiore alla concentrazione sierica di fluoruri, pari a 20
µmoli/l, che corrisponde alla soglia delle alterazioni funzionali renali. Per l’etrano non si è
quindi riscontrata alcuna evidenza di danno renale, ne in animali né in pazienti, nemmeno
in caso di insufficienza renale preesistente; si ritiene quindi che non abbia effetti renali
neanche nei soggetti professionalmente esposti. Concentrazioni sieriche di fluoruri ancora
più basse sono state osservate dopo esposizione a isoflurano, verosimilmente a causa
della minore metabolizzazione di quest’ultimo.
Al contrario invece, il metossiflurano ha azione nefrotossica per l’animale e per l’uomo ed
è stato segnalato un aumento reversibile dei livelli di azotemia e di uricemia in soggetti
professionalmente esposti per tre giorni a 3,3-0,8 ppm di questo gas anestetico, il cui uso
tuttavia è ormai praticamente abbandonato.
Studi con gli altri anestetici alogenati hanno escluso la capacità nefrotossica di tali
sostanze sia per gli animali sia per l’uomo (paziente o figura professionale esposta)
anche se già affetto da patologia renale. In operatori esposti a isoflurano (forane) e
N2O non sono state rilevate variazioni significative di azotemia creatininemia e
uricemia.
Non vi sono studi sugli effetti nefrotossici del sevorano (sevorane) e desflurano per
soggetti professionalmente esposti.
Gli ioni fluoro raggiungono velocemente un picco plasmatico che tuttavia declina
rapidamente dopo somministrazione di sevorano, per cui finora non sono stati riportati casi
di nefrotossicità in seguito al trattamento con questo anestetico alogenato; è stato infatti
ampiamente utilizzato in pazienti con insufficienza renale cronica e in quelli sottoposti a
trapianto renale.
Tuttavia alcuni studi, i cui risultati sono peraltro considerati molto controversi, hanno
evidenziato lieve disfunzione renale dopo anestesia con sevorano, per cui attualmente si
raccomanda attenzione nell’uso di sevorano in pazienti con malattie renali concomitanti.
Un problema tuttora aperto è quello riguardante la possibilità che il sevorano, quando
entra in contatto con la calce sodata, determini la formazione di una sostanza con
probabile azione tossica per il rene. Il gas anestetico, infatti, subisce una degradazione
non enzimatica a vinil-etere che poi raggiunge, grazie alla circolazione ematica, il rene
22
dove diventa substrato della β-liasi renale; si ha così la formazione di un composto
tiacilfluoridrico.
E’ stato dimostrato che il “composto A” è nefrotossico per i ratti e, ad alte dosi, anche per i
primati non umani, causando necrosi del tubulo prossimale. Gli effetti renali del “composto
A” prodotto durante l’anestesia con il sevorano sono stati analizzati in pazienti chirurgici e
in volontari sani valutando vari marcatori della funzione renale: l’analisi dei dati ottenuti
utilizzando basso flusso di sevorano, basso flusso di isoflurano e alto flusso di sevorano
non hanno evidenziato disturbi renali associati al “composto A”.
Non esiste attualmente, tuttavia, alcuna evidenza che la produzione di “composto A”,
durante l’anestesia chirurgica, determini alterazioni cliniche o subcliniche tossiche tissutali.
Ciò è spiegabile con il fatto che la produzione stessa di “composto A” nel canestro di calce
sodata è un processo autolimitante per diversi motivi: perché raggiunge un picco dopo 1 h
e poi la produzione si stabilizza, in quanto difficilmente si raggiungono temperature elevate
e perché l’enzima responsabile della produzione del metabolita tossico, la β-liasi tubulare
umana, è circa 10 volte meno attiva di quella del ratto. Durante l’anestesia chirurgica la
produzione di “composto A” rimane a concentrazioni inferiori a 20 ppm, sovrapponibili a
quelle prodotte da altri anestetici alogenati (alotano, isoflurano, desflurano).
EFFETTI SULLA FUNZIONE EMOPOIETICA
Gli anestetici alogenati, secondo gli studi effettuati, non sono in grado di
determinare effetti sul midollo osseo, a differenza di N2O che può invece causare
leucopenia, tanto che in passato questo gas anestetico è stato utilizzato per la terapia
della leucemia mieloide. Recenti studi non hanno rilevato, per bassi livelli di
esposizione a gas anestetici, alcuna alterazione dei parametri ematologici.
EFFETTI NEUROPSICOLOGICI
Nei soggetti professionalmente esposti in sala operatoria gli anestetici volatili sono
in grado di determinare disturbi come cefalea, astenia, sonnolenza pomeridiana,
insonnia, ansia, crisi depressive, perdita della memoria, alterazioni della capacità di
concentrazione e di attenzione, disturbi neurovegetativi, il che fa pensare a un
coinvolgimento delle strutture nervose superiori con possibile riduzione delle prestazioni
psicomotorie e psicologiche.
Tuttavia si è anche puntata l’attenzione sui molteplici fattori che sono in grado di
influire, sia in senso favorevole che negativo, sul livello di preformance degli
operatori delle sale chirurgiche, quali le condizioni di salute fisica e psichica, l’uso
di farmaci stimolanti o sedativi, le condizioni microclimatiche, la motivazione, lo
stato di allerta e l’affaticamento.
In uno studio è stato dimostrato che l’esposizione a 50 ppm di N2O causa alterazioni delle
prestazioni nel 5% dei soggetti esposti e che la contemporanea esposizione degli stessi a
1 ppm di alotano causa alterazioni nel 10% dei casi. Ricerche sperimentali eseguite su
volontari esposti per periodi relativamente brevi a concentrazioni elevate di N2O da solo o
in miscela con alotano o etrano, hanno evidenziato una diminuzione, statisticamente
23
significativa rispetto ai controlli, delle preformances audiovisive, motorie e di memoria;
nessun effetto si aveva a concentrazioni di 25 ppm di N2O più 0,5 ppm di alotano.
Questi risultati non furono successivamente confermati da numerosi altri studi: due
ricerche hanno evidenziato alterazioni dei tests neurocomportamentali solo per esposizioni
superiori a 500 ppm di N2O; in un recente studio nessuna evidenza di riduzione della
preformances è emersa in soggetti professionalmente esposti in sale operatorie con livelli
di inquinamento variabili da 0 a 43,7 ppm di alotano e da 23 a 1200 ppm di N2O.
Altri studi hanno tuttavia evidenziato come anche dosi inferiori a 50 e 100 ppm di N2O
possono determinare lievi alterazioni a carico della vigilanza/attenzione e della risposta
psicomotoria.
Nella realtà occupazionale alterazioni dei tempi di reazione sono state riscontrate a
fine turno lavorativo e al termina della settimana lavorativa anche per esposizioni a
concentrazioni ambientali medie inferiori a 100 ppm. Tuttavia, data l’assenza di una
reazione dose-risposta tra l’esposizione agli anestetici e la riduzione dell’efficienza
psicomotoria, le alterazioni rilevate sono da condurre verosimilmente oltre che
all’esposizione ai gas anestetici, anche ad altri fattori legati allo stress e all’organizzazione
del lavoro; per questi autori non sono presenti differenze tra esposti e controlli all’inizio
settimanale del turno di lavoro e ciò escluderebbe la presenza di effetti cumulativo-cronici.
A favore degli effetti cumulativo-cronici viene invece riportata elevata sintomatologia
soggettiva e significativo scarso rendimento ai tests neurocomportamentali in rapporto
all’anzianità e all’entità dell’esposizione.
Nel 1997 è stato pubblicato uno studio multicentrico, coordinato dalle Università di Milano
e Brescia, che ha cercato di valutare la sintomatologia neuropsichica, la velocità di
risposta psicomotoria e i livelli di stress soggettivo nelle persone professionalmente
esposte a basse concentrazioni di anestetici volatili (precisamente di N2O e isoflurano).
Questo studio ha esaminato, con diverse metodiche, due gruppi di lavoratori, uno esposto
a gas anestetici e uno non esposto, appartenenti a 10 ospedali italiani e ha dimostrato che
i due gruppi esaminati non differivano tra loro in nessun parametro considerato. Si è quindi
potuto concludere che i valori limite biologici di esposizione, pari a 13 µg/l per N2O urinario
ed a 1,8 µg/l per l’isoflurano urinario (questi limiti biologici corrispondono alla
concentrazione atmosferica di 25 ppm per N2O e di 0,5 ppm per l’isoflurano), sembrano
essere adeguati affinché sia mantenuta un’integrità delle funzioni neuropsichiche
esplorate. Per livelli d’esposizione superiori a tali valori si ha un evidente rallentamento
dell’attività psicomotoria del personale sanitario esposto; ciò è stato notato maggiormente
alla fine delle sedute operatorie degli ultimi giorni della settimana, mentre non sono
apprezzabili alterazioni prima dell’inizio del turno lavorativo (per cui queste alterazioni
sembrano essere temporanee e reversibili).
In un altro studio contemporaneo è stato evidenziato che non si manifestano effetti
neurocomportamentali fino a livelli di esposizione a N2O pari a 50 ppm (comportanti una
escrezione urinaria media di 27 µg/l di N2O).
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EFFETTI SUL SITEMA NERVOSO PERIFERICO
A carico del sistema nervoso periferico si possono riscontrare polineuropatie sensoriali,
per lo più legate ad abuso voluttuario di N2O o per inquinamenti ambientali particolarmente
elevati: effetti sulle vie sensitivo-motorie sono stati riportati per concentrazioni ambientali
superiori a 100-150 ppm di N2O con alterazioni dei parametri elettromiografici, in
particolare della velocità di conduzione sensitiva e motoria del nervo ulnare.
EFFETTI CITOGENETICI
Le numerose ricerche epidemiologiche effettuate in passato per valutare gli effetti
della esposizione a gas anestetici hanno dato risultati non univoci per cui sono stati
condotti studi che hanno rivalutato criticamente i risultati delle ricerche precedenti. Come
conclusione generale si può affermare che esiste un rischio aumentato di aborti
spontanei nelle donne esposte a N2O durante la gravidanza; l’evidenza è minore per
le donne che hanno abbandonato il lavoro durante la gravidanza o per le mogli dei
soggetti esposti. Non esiste invece accordo sulla possibilità di una maggior frequenza di
malformazioni congenite nella prole di soggetti esposi né sugli eventuali effetti
cancerogeni. Inoltre le migliorate condizioni ambientali delle sale operatorie hanno
avuto un ruolo determinante nella riduzione del rischio di aborti e malformazioni del
prodotto del concepimento.
I sospetti che anestetici alogenati, come l’alotano, l’isoflurano e l’etrano, possono essere
cancerogeni, sono significati dal fatto che essi hanno una struttura molecolare simile a
quella di sostanze note per essere cancerogene per l’uomo (come bisclorometilmetiletere).
Alcuni studi retrospettivi di mortalità tra gli anestesisti dal 1947 al 1966 hanno evidenziato
un aumento dell’incidenza di neoplasie del sistema linfatico ed endoteliale, mentre altri
autori hanno rilevato un’alta incidenza di leiomiosarcomi, di carcinomi epatocellulari e
pancreatici; altri studi invece negano qualsiasi associazione tra l’esposizione a gas
anestetici ed il rischio di sviluppare neoplasie.
Al riguardo l’International Agency for Research on Cancer nel 1987 ha classificato gli
anestetici volatili tra i composti a “inadeguata evidenza” di cancerogenicità sia per
l’animale che per l’uomo.
Tuttavia è opportuno ricordare che sperimentalmente è stato dimostrato un effetto
sinergico tra N2O e le radiazioni ionizzanti in soggetti esposti a questi due agenti, con
aumento delle aberrazioni cormosomiche. Un aumento delle aberrazioni cromosomiche è
riportato anche in personale di sale operatorie esposto probabilmente a concentrazioni
piuttosto elevate di anestetici (alotano, N2O ed etere) e di cui non è specificata l’eventuale
concomitante esposizione a radiazioni ionizzanti. Risultano negativi viceversa tutti gli studi
sugli scambi tra cromatidi fratelli.
Dagli studi fino ad ora effettuati è risultato che isoflurano, etrano e sevorano non sono né
mutageni né cancerogeni; solo il “composto A” induce un lieve aumento degli scambi tra
cromatidi fratelli, ma le implicazioni di questo studio eseguito in vitro non sono
sufficientemente chiare.
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EFFETTI SULLA FUNZIONE IMMUNITARIA
Ricerche sulla valutazione della funzionalità immunitaria in operatori sanitari
professionalmente esposti a N2O non hanno dato risultati univoci; uno studio
effettuato su personale di sala operatoria con diversa anzianità lavorativa (media e DS =
5,6 e 4,2 anni) ed esposto a concentrazioni medie di N2O pari a 500-800 ppm non ha
dimostrato differenze statisticamente significative del numero di linfociti T e B rispetto a un
gruppo di operatori sanitari non esposti; in un altro studio su anestesisti con attività
lavorativa di almeno 5 anni, esposti ad anestetici non specificati, è stata invece rilevata
una diminuzione statisticamente significativa dei linfociti T totali, dei T-helper e del
rapporto T4/T8; non sono state infine osservate differenze del numero di linfociti in
soggetti con anzianità espositiva molto varia.
EFFETTI VARI
In operatori sanitari è stata segnalata anche un’eruzione acneiforme: la patogenesi
sarebbe attribuibile ad allergia ad alotano.
servizio prevenzione protezione -via Ospedale, 18-31033 Castelfranco Veneto (TV) tel. 0423/732082 fax
0423/732088 e mail: [email protected]
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