“Curriculum verticale Italiano
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“Curriculum verticale Italiano
GRUPPO DI RICERCA LINGUA “PARLARE È INCONTRARSI” anno scolastico 2013-14 Introduzione a cura di Nadia Nanni - Docente Referente Gruppo di Ricerca Lingua “Curriculum verticale Italiano - Riflessione sulla Lingua” ( in allegato al Curriculum verticale I.C. Savignano sul R. “ Curiosità di conoscere e pensare”) Il lavoro condotto, è stato la prosecuzione del cammino intrapreso l’anno scorso nella formazione sulle Nuove Indicazioni per il Curricolo, svoltasi nel nostro Istituto, con il prezioso contributo della Prof.ssa Daniela Bertocchi dal titolo “Dalle Indicazioni Nazionali e dalle prove INVALSI alla pratica didattica: quale riflessione linguistica?”( il materiale è a disposizione sul sito del nostro Istituto Comprensivo nella sezione Ricerca - Lingua). I documenti che ci hanno orientato sono stati: - Le ” Nuove Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione”, 2012; - Il “ Sillabo di Riflessione sulla Lingua ” pubblicato dalla Provincia Autonoma di Bolzano – Alto Adige a cura di Maria Lo Duca e Claudia Provenzano; - Sentieri per cercare “ Curiosità di conoscere e pensare ” I.C. Savignano sul Rubicone, 2011 - Curriculum Verticale - Lingua . Va sottolineato che tutto il percorso del gruppo (con i docenti dei tre ordini di scuola che hanno condiviso ogni momento) è stato altamente formativo in quanto ciò ha offerto l’occasione di conoscere e di approfondire nel dettaglio come la scuola dell’infanzia, la primaria e la secondaria di primo grado lavorano, quali abilità vengono promosse, quali strategie/metodologie didattiche vengono messe in atto : tutto al fine di sviluppare quelle competenze per la vita che oggi tutti i documenti istituzionali, nazionali ed europei, auspicano in un’ottica di “continuità nella discontinuità”. Nel confronto fra docenti sono emerse le difficoltà che la scuola oggi incontra, le complessità e le contraddizioni che sempre di più appesantiscono e a volte soffocano il lavoro quotidiano con i nostri ragazzi. Questo va certamente inquadrato nella complessa realtà socio-economica che la scuola insieme alle famiglie sta vivendo: noi siamo immersi nella realtà, non costituiamo un’oasi avulsa dal contesto. Non dobbiamo dimenticare che: «I nostri studenti che vanno male (studenti ritenuti senza avvenire) non vengono mai soli a scuola. In classe entra una cipolla: svariati strati di magone, paura, preoccupazione, rancore, rabbia, desideri insoddisfatti, rinunce furibonde accumulati su un substrato di passato disonorevole, di presente minaccioso, di futuro precluso. Guardateli, ecco che arrivano, il corpo in divenire e la famiglia nello zaino. La lezione può cominciare solo dopo che hanno posato il fardello e pelato la cipolla. Difficile spiegarlo, ma spesso basta uno sguardo, una frase benevola, la parola di un adulto, fiduciosa, chiara ed equilibrata per dissolvere quei magoni, alleviare quegli animi, collocarli in un presente rigorosamente indicativo. Naturalmente il beneficio sarà provvisorio, la cipolla si ricomporrà all’uscita e forse domani bisognerà ricominciare daccapo. Ma insegnare è proprio questo: ricominciare fino a scomparire come professori» (Daniel Pennac) La scuola non può operare senza guardare negli occhi i ragazzi che ha davanti, senza sforzarsi di considerare la famiglia un alleato della sua opera educativa, senza ampliare e re-interpretare il suo ruolo di professionista. “Gli insegnanti sono i primi che devono rimanere aperti alla realtà - ho sentito le testimonianze dei vostri insegnanti; mi ha fatto piacere sentirli tanto aperti alla realtà - con la mente sempre aperta a imparare! Perché se un insegnante non è aperto a imparare, non è un buon insegnante, e non è nemmeno interessante; i ragazzi capiscono, hanno "fiuto", e sono attratti dai professori che hanno un pensiero aperto, "incompiuto", che cercano un "di più", e così contagiano questo atteggiamento agli studenti. (Dal discorso di Papa Francesco nell’incontro con la scuola italiana - Roma, 10 maggio 2014 ) “ Così la scuola promuove un percorso di attività nel quale ogni alunno possa assumere un ruolo attivo nel proprio apprendimento, sviluppare al meglio le inclinazioni, esprimere curiosità, riconoscere ed intervenire sulle difficoltà, assumere sempre maggiore consapevolezza di sé, avviarsi a costruire un proprio progetto di vita” (Dalle Indicazioni Nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione 2012 , pag.31) “Il docente, nella veste di autore e regista, è preposto ad attivare un processo di apprendimento che non si risolva in una mera esecutività né in una relazione interlocutoria asimmetrica a suo favore, bensì si configuri come avventura, esplorazione, ricerca, conflitto cognitivo, scoperta correlata, in modo che la scuola possa assumere la fisionomia che le è propria, quella cioè di ambito di incontro democratico, luogo conviviale, mensa, in cui ciascuno porta qualcosa , nel quale si teorizzi l’esperienza e si rifletta su di essa, certi di essere accolti e capaci di porre domande.” ( Da “ Sentieri per cercare - Curiosità di conoscere e pensare” - Istituto Comprensivo di Savignano s/R. , agosto 2011) La costruzione di un curricolo di Riflessione sulla Lingua, a nostro avviso, troverebbe il suo completamento nella condivisione ed estensione con i Docenti facenti parte del Dipartimento di Lettere dell’Istituto Marie Curie in un’ottica di conoscenza reciproca al fine di creare un raccordo sul territorio fra ordini di scuole facenti parte del Ciclo obbligatorio di Istruzione (biennio dell'obbligo per la scuola secondaria di 2° grado). Il lavoro di ricerca-azione è, a nostro avviso, il modo migliore per confrontarci e dialogare sulla nostra professionalità, per condividere dubbi, per cercare strategie innovative, per continuare a d essere “studenti che insegnano” aperti al nuovo, con il “bagaglio” dell’esperienza , della cultura e della sensibilità che sempre ci accompagnano. Il senso del lavoro del nostro Gruppo di Ricerca, è stato quello di costruire una proposta didattica organica, coerente (pur nella discontinuità fra i vari ordini di scuola), il più possibile esaustiva, tale da consentire a tutti e a ciascuno, l’approdo ad un apprendimento significativo. Il Sillabo da noi costruito può sembrare un semplice elenco di argomenti in indice, ma non si tratta di questo perché è il frutto di una ragionata scelta di relazioni, che richiedono la ricerca di un’adeguata e condivisa prassi metodologico-didattica . Riprendo ora alcune riflessioni che la Prof.ssa Bertocchi ci ha offerto nei suoi interventi nel nostro Istituto e che ritengo utile riproporre ora, proprio per evitare il rischio di considerare il Sillabo, un “mero elenco” di argomenti . 1. La costruzione di un Sillabo e la realizzazione in classe di un Curricolo richiedono un’elevata competenza professionale: infatti l’insegnante propone agli allievi contenuti che, specie nei primi anni, possono anche sembrare frammentari e affrontati “in superficie”, ma deve sempre avere ben chiaro un modello di riferimento, che comprende: a. il modello di descrizione della lingua; b. la gradualità e ciclicità dei contenuti; c. un approccio didattico alla riflessione sulla lingua. 2. “ La riflessione sulla lingua, se condotta in modo induttivo e senza un’introduzione troppo precoce della terminologia specifica, contribuisce a una maggiore duttilità nel capire i testi e riflettere e discutere sulle proprie produzioni.” (IND. 12 pag. 39) 3. Assumere modalità induttive e ”laboratoriali” di riflessione sulla lingua contribuisce a sviluppare processi logici quali l’osservazione, la comparazione, la categorizzazione, la formulazione e la verifica di ipotesi, con una ricaduta positiva anche in altre discipline, in particolare quelle scientifiche. “… il ruolo probabilmente più significativo della riflessione sulla lingua è quello metacognitivo: la riflessione concorre infatti a sviluppare le capacità di categorizzare, di connettere, di analizzare, di indurre e dedurre, utilizzando di fatto un metodo scientifico”. (IND.12 pag. 39) * “Dalle Indicazioni Nazionali e dalle prove INVALSI alla pratica didattica: quale riflessione linguistica?” Presentazione Prof.ssa Daniela Bertocchi - Savignano sul Rubicone 27/2/2013 A completamento di questa breve introduzione, reputo essenziale riportare nelle pagine seguenti, la sezione inerente il Curriculum di Lingua dell’Istituto Comprensivo di Savignano sul Rubicone “Sentieri per cercare – la curiosità di conoscere e pensare” ( da pa. 129 a 139) di cui il Curriculum verticale di Riflessione sulla lingua elaborato quest’anno , costituisce un’estensione e allegato. Finalità “I confini della mia lingua sono i confini del mio mondo” Wittgenstein “ lo scopo dell’insegnante “Maestro”, è rendere ogni soggetto libero, perché è nella libertà che risiede il desiderio di costruire.” (tratto dal P.O.F. I.C. Savignano s/R. ) Oggi è quanto mai importante recuperare la parola, spesso svilita a mero uso tecnico e funzionale per ridarle luce e possibilità di esprimere pensieri e emozioni. La lingua deve tornare a essere espressione di ciò che più di ogni altra cosa ci rappresenta, di una possibilità di incontro e di relazione fra le persone, di uno strumento di conoscenza e di studio, espressione cioè del nostro “essere” più autentico. È attraverso il nostro dire che agiamo nel mondo che ci circonda, che conosciamo noi stessi e gli altri, che acquisiamo e produciamo cultura nella sua accezione più ampia del termine. Particolare attenzione spetta dunque alla “parola”: essa crea e costruisce esperienze, identità e significati, rivela agli altri e a noi stessi il nostro essere possibile. (P.O.F.) Attivare educazione linguistica significa vivere la lingua nei vari contesti d’uso, con percezione di funzionalità, con espressività, con consapevolezza di sé e dei propri propositi comunicativi e di identità personale, quindi con chiara affermazione dei propri pensieri e dei propri voleri; è anche riflettere sull’uso delle scelte linguistiche, per valutarne appropriatezza e adeguatezza. Insegnare lingua non è mai un fatto scontato in quanto permette di inventare e creare cultura; la lingua è il luogo dove creatività ed immaginazione si incontrano, è Vita; essa è un potente mezzo per acquisire, costruire, connettere conoscenze; lingua e parola abitano la medesima casa e offrono, a chi le condivide e incontra, un senso di appartenenza. Siamo fatti per essere nel mondo parlando ( F. Frasnedi ) Quante più lingue parliamo, più mondi possiamo esplorare. Esse sono modi di respirare e di vivere insieme. Competenze Lo sviluppo di competenze linguistiche ampie e sicure è una condizione per la crescita della persona e per l’esercizio pieno della cittadinanza, per l’accesso critico a tutti gli ambiti culturali (Indicazioni Nazionali 2012 pag. 36 ) Il termine competenze indica la comprovata capacità di usare conoscenze, abilità e capacità personali, sociali e/o metodologiche, in situazioni di lavoro o di studio e nello sviluppo professionale e/o personale; esse sono descritte in termine di responsabilità e autonomia. I processi di insegnamento devono mirare necessariamente, ad uno sviluppo progressivo e verticale, sistemico e fortemente connesso e coerente, del più ampio spettro di competenze possibile, siano esse cognitive, metacognitive, relazionali, metodologiche, culturali e disciplinari. Tra di esse, tuttavia, un ruolo di primo piano spetta alla curiosità di apprendere, competenza somma fra le competenze. La curiosità intellettuale è infatti la molla dell’agire e come tale va suscitata, incentivata e sostenuta in quanto è propria delle menti in crescita e conduce i discenti ad assumere la veste di ricercatori perenni in ogni ambito del loro vivere. È auspicabile che nella scuola tutti, insegnanti e studenti, si dispongano in atteggiamento di curiosità e di ricerca, dimensioni costitutive della persona e motori imprescindibili della saggezza. Anche l’ascolto, gioco armonico tra parola e silenzio, risulta una competenza di base su cui, in un percorso verticale, la scuola è tenuta a investire; educare alla pazienza dell’attesta e alla scoperta della potenza comunicativa del silenzio, è premessa imprescindibile per lo sviluppo di qualsiasi relazione e attività didattica all’interno della classe. Saper ascoltare significa aver conquistato il tempo della ricezione e della rielaborazione, senza i quali non c’è alcuna progressione né sviluppo. Significa appropriarsi di un ordine che si traduce in metodo e, ancor più, in uno spazio-tempo democratico in cui a tutti è consentito esprimersi e interagire. Acquisire la competenza relazionale all’ascolto significa coltivare un terreno fertile, quale humus di ogni possibile apprendimento. Competenza di rilievo è inoltre la reading literacy (competenza di lettura sottesa alla prova INVALSI); essa va spiegata secondo i contenuti espressi dal Quadro di riferimento teorico 2006 IEA-PIRLS e intesa come abilità di capire e usare le forme di linguaggio scritto richieste dalla società e/o apprezzate dall’individuo, (…) saper costruire un significato da testi di vario tipo(…) Tale competenza è considerata come un insieme di conoscenze, abilità e strategie in continua evoluzione che gli individui sviluppano nel corso della vita, attraverso un processo di interazioni con i pari e i gruppi di cui fanno parte, seguendo le strade stimolanti che conducono a individuare le relazioni tra le parole, i significati nascosti, le organizzazioni logiche entro e oltre la frase, le connessioni tra più informazioni e concetti, l’efficacia comunicativa, lo scopo e la validità dell’argomentazione alla luce delle proprie esperienze e conoscenze. Altra competenza che gli alunni devono poter apprendere è il saper porre domande con piena chiarezza, individuando gli strumenti pertinenti per affrontare la complessità delle situazioni e attivando dinamiche cognitive che implichino i processi dell’evocare, dell’intuire, del porsi e del porre questioni, mettendo in relazione consapevolmente le nuove conoscenze con quelle già in loro possesso e pervenendo così a un “apprendimento significativo” (Novak). La competenza, in termini generali, non è mai disgiunta dalla capacità di definire, di saper mettere in relazione e di saper creare connessioni. Metodologie “ La scuola non è lo scibile possibile nelle teste degli studenti , ..è formativa, mira all’essenziale natura umana. Non deve dare ritagli, estratti, riassunti, pillole di cultura, ma saggiare l’intelligenza,… organizzarla piuttosto che indirizzarla, … deve dare metodo di lavoro,… l’esatta potenza dei nostri limiti.” (L. Lombardo Radice, Lezioni di didattica, 1913) “Ogni studente è una persona unica e diversa che apprende cose personali e non uniformi” (P. Vettorel) Posti come dati evidenti la natura “misteriosa” e “delicata” del processo di insegnamento-apprendimento (che, in quanto relazione dinamica, scardina continuamente gli equilibri raggiunti per poi costituirne di nuovi) e la natura multipla delle intelligenze, nonché la pluralità degli stili cognitivi, si ritiene qui che l’approccio didattico debba essere strutturato in modo tale da stimolare un significativo livello di domanda cognitiva e semantica, in quanto la motivazione, basata com’è sulle molle propulsive del bisogno, del dovere e del piacere, è potente motore nei processi di apprendimento e necessita di essere alimentata nelle dimensioni della novità, dell’attrattiva e della funzionalità. Essa va ricercata, attività dopo attività, tentando di incentivare il più possibile quelle forme che meglio si avvicinano alle dinamiche della scoperta e quindi sono costruttrici di un pensiero intellettuale, offrendo a tutti i discenti la possibilità di esprimere compiutamente i propri interessi, bisogni, desideri e curiosità. Comunicare per apprendere non è alzare la mano, ma partecipare a un’agorà dialogante, capire cioè che si è parte di “un ambiente educativo” in cui si può comprendere quello che l’altro dice ed esprimere il proprio pensiero in un contesto di relazione fondato sullo scambio, sulla condivisione, sulla trasparenza, sulla fiducia, sulla chiarezza e sull’efficacia, nonché sulla piacevolezza dello stimolo, in un processo di negoziazione dei significati in cui quest’ultimi vengono ristrutturati attivamente, messi costantemente in relazione lungo un asse di progressivo incremento della partecipazione cognitiva e affettiva. Il docente, nella veste di autore e regista, è preposto ad attivare un processo di apprendimento che non si risolva in una mera esecutività né in una relazione interlocutoria asimmetrica a suo favore, bensì si configuri come avventura, esplorazione, ricerca, conflitto cognitivo, scoperta correlata, in modo che la scuola possa assumere la fisionomia che le è più propria, quella cioè di ambito di incontro democratico, “luogo conviviale, mensa in cui ciascuno porta qualcosa” (A. Murcio Maghei), nel quale si teorizzi l’esperienza e si rifletta su di essa, certi di essere accolti e capaci di porre domande. Il processo di apprendimento-insegnamento richiede tempi distesi che concedano spazio ai processi fondamentali del riprendere, del collegare, del sedimentare. Il tempo educativo è necessariamente un “tempo globale e diffuso” che scaturisce in controtendenza rispetto al vivere quotidiano, dalla sostituzione del criterio di velocità con “il modello di pazienza, tranquillità e lentezza”. Vanno rispettati i momenti di indugio, di esitazione dell’allievo, in quanto espressioni di un pensiero che ha avviato un processo di strutturazione che, per compiersi, necessita di tempi ampi e mai forzati: “devono essere le attività a definire il tempo occorrente e non il contrario, (…) l’obiettivo non è perdere, ma guadagnare in profondità, estensione ed efficienza” (C. Scurati) Procedere per tempi distesi, seguendo il principio dell’”educazione lenta”, non significa disperdere o perdere tempo e mancare così al compito fondamentale di guidare i discenti all’acquisizione di una competenza del tempo. Premesso che quest’ultimi, nativi digitali, vivono oggi calati in un contesto socio-culturale-multimediale di vistosa distorsione della categoria temporale nella direzione opposta e contraria di eccessiva contrazione e dilatazione, impegno imprescindibile della scuola deve essere quello di alfabetizzare i discenti a “un’eccellenza del tempo”, a una “giusta misura” da intendersi come la capacità di concludere un progetto, raggiungere una finalità, in un tempo dato, dichiarato a priori, perché ritenuto quantitativamente misurato e qualitativamente adeguato. Il tempo non è sfumatura trascurabile e non può essere costantemente “corretto” pur richiedendo di essere modulato sulle esigenze di ciascun discente; esso ha, in quanto kairos, una sua natura qualitativa e, in quanto cronos, una sua argine quantitativo; questi suoi due volti, quando non trascurati, concorrono alla perfetta conciliazione tra azione ed efficacia. Dal momento che insegnare significa stipulare un patto-alleanza che ha come finalità ultima la competenza della persona, si ritiene assolutamente necessario, in un’ottica di responsabilizzazione del discente che diventa così consapevole e corresponsabile del proprio processo di apprendimento, esplicitare o favorire, attraverso processi inferenziali, il raggiungimento della consapevolezza delle clausole fondanti del patto-alleanza che lo coinvolge e lo rende protagonista: - che cosa devo apprendere? perché devo affrontare un determinato contenuto? quanto e come lo posso comprendere? a che cosa mi potrà servire tale apprendimento? come posso usare quello che ho appreso? Come posso partecipare ad altri quello che apprendo? Altro aspetto metodologico rilevante è la dimensione dell’oralità come modalità di apprendimento. L’interazione verbale riveste, all’interno della classe, il ruolo di cornice complessiva per la costruzione del sapere, per la crescita culturale e sociale dell’alunno. In una prospettiva interculturale, attenta ai punti di partenza e rispettosa delle peculiarità di ciascuno, è auspicabile che la dimensione narrativa orale del sé e del noi e l’interlocuzione dialogante trovino ampio spazio in classe, in quanto strade privilegiate per la costruzione di un’autostima e di una corretta percezione del sé e dell’esser-Ci, nella certezza di essere accolti e accompagnati nel proprio cammino di conoscenza del mondo e nel mondo. Assumere l’analisi del testo, intesa come attraversamento del testo stesso quale ricerca delle continue e più svariate interrelazioni e di tutti i nessi possibili, è da ritenersi una percorrenza metodologica privilegiata che consente di dare senso di appartenenza culturale a quanto si dice, si legge, si scrive e di costruire correlazioni e approfondimenti di tipo semantico, nel pieno rispetto e nella chiara valorizzazione delle strutture sintattiche della lingua, in un contesto contenutistico non astratto, ma intessuto di concretezza sempre nuova e dinamica. Compito imprescindibile della scuola è anche l’attivazione di una didattica metodologica attenta alla costruzione di un ampio e solido panorama culturale in termini interdisciplinari, quindi di un sapere tutt’altro che frammentario e costituito di porzioni irrelate o, nella migliore delle ipotesi, di un reticolo di connessioni casuali o idiosincratiche. La scuola dovrà farsi carico di indirizzare i discenti all’acquisizione di una serie di coordinate linguistico-storico-culturali entro cui collocare di volta in volta i nuovi contenuti, collegandoli e mettendoli in rapporto, e anche di una mappa che sappia condurre a una visione critica e interpretativa, sempre più ricca e più ampia, dei testi e dei fatti letterari. Contenuti “Tutti gli usi della parola a tutti, non perché tutti siano artisti, ma perché nessuno sia schiavo”. (G. Rodari) La scelta dei contenuti da utilizzarsi in classe per l’apprendimento della lingua assume un’importanza essenziale per la costruzione di un curricolo di apprendimento linguistico che abbia anche fondamenti pragmatici, comunicativi e interculturali. Ciò a cui si aspira è la costruzione di una competenza linguistica e comunicativa adeguata a contesti situazionali reali e multietnici. “Il conoscere richiede l’essere cosciente di ciò che si impara e si vive. È la capacità di rappresentare mondi, di condividere, di ricostruire, di ri-creare nuovi saperi. Conoscere è la capacità di cogliere con uno sguardo complessivo i fili della trama del sapere e creare relazioni per rappresentarsi la realtà e ricreare nuovi saperi. Implica la pratica dell’unitarietà delle discipline e la contestualizzazione dei saperi.” ( dal P.O.F.) La scelta dei contenuti pertanto deve rispondere a criteri scaturiti non dalla casualità, bensì da un’intenzionalità pedagogica rigorosa e competente, diretta a percorrenze privilegiate nella direzione duplice della comprensibilità, della proponibilità e della sostenibilità; deve inoltre porsi lontana da ogni ridondanza e ipertrofia di contenuti per muoversi verso contenuti significativi e rilevanti sul piano formativo. Le vigenti indicazioni indirizzano, lungo la verticalità del curricolo, all’incontro di opere e autori via via sempre più impegnativi, “atti a costruire una solida base culturale” e orientano a un’acquisizione precoce della capacità di interrogare i testi, per cercare in essi risposte che contribuiscano all’arricchimento culturale e alla maturazione della personalità dell’uomo, quale premessa di una buona educazione linguistica e letteraria da consolidarsi nel tempo. A questo proposito si ritiene che, accanto ai testi classici che - come dice Calvino - non finiscono mai di dire e si configurano come equivalenti dell’universo, sempre nuovi, inaspettati e inediti, un’efficace risorsa glottodidattica si possa individuare nel testo pubblicitario, in quanto coinvolge in modo integrato, emozionale e simultaneo, attivando interazioni e interconnessioni, codici comunicativi diversi, verbali, visivi, sonori. Esso si presta esemplarmente a essere oggetto di riflessione linguistica a fini didattici, consentendo un potenziamento della consapevolezza linguistica, dello stretto rapporto fra lingua, spesso in questo caso ricchissima anche dal punto di vista stilistico-retorico, e fenomeni sociali e culturali sottesi. In un contesto metodologico che vede il lavoro sul-dal-nel testo, le osservazioni linguistiche e stilistiche avviano e rinsaldano anche le conoscenze delle strutture formali della lingua, cioè della grammatica, che , in quanto “oggetto che non si vede” richiede di essere descritto, messo in risalto e “agito”; una ricognizione costante e contestuale della grammaticalità dei testi, secondo una prassi metodologica di scoperta e di laboratorietà, permette di capire di più e meglio, promuove, tra creatività e rigore, un’intenzionalità d’uso efficace, sollecita apprezzamenti della forma, costruendo solide competenze e abilità linguistiche. Si segnalano, come fondamentali percorrenze della conoscenza grammaticale: orale *Lingua e comunicazione *Registri linguistici: - diversificazioni geografiche - modulazioni - specializzazione - contestualità e ruolo degli interlocutori *Costruzione di Frase e Enunciato *Lessico: - scelte - correlazioni ( iperonimie/iponimie) - frequenze - arricchimenti - variazioni ( sinonimie, antinomie) - sostituzioni - metafore scritta * Classificazioni e forma: - nomi - articoli - aggettivi - pronomi - verbi - avverbi * Variazioni morfologiche: - preposizioni - congiunzioni Interiezioni * Struttura e economia della lingua: - monemi - fonemi - prefissi - suffissi - derivazioni ( es. da nome a aggettivo/ da aggettivo a nome a nome /da nome a verbo) * Verbi: - persona - numero - modo - tempi - aspetti - funzioni ( transitivi-intransitivi/direzione/attivo/passivo) Si ritiene inoltre particolarmente formativa quell’attività didattica capace di condurre alla scoperta dei cambiamenti lessicali a cui storicamente la lingua è soggetta, comprese le derivazioni etimologiche (ad es. dal greco, dal latino, dall’arabo, dalle lingue europee, dalla italianizzazione di forme dialettali, ecc.…). Altro percorso didattico rilevante sarà lavorare sulle forme, gli aspetti e le direzioni del verbo, sui funzionali-connettivosubordinanti di tipo temporale, causale, finale, concessivo, consecutivo, condizionale, dichiarativo, modale, comparativo. Quanto alla sintassi, proficuo sarà il procedere sull’enunciato e le sue parti, considerate nelle loro forme e nelle loro funzioni, in particolare quelle del soggetto, le sue determinazioni e le sue espansioni. Non si può trascurare inoltre che la lingua vive nelle intonazioni globali di fondo, nei ritmi espressivi che segnalano stupore, meraviglia, certezza, rabbia, indifferenza, solidarietà, compassione, amore, odio….; essa risuona vitale, direbbe Merleau-Ponty, nella fisionomia e nell’intensità d’uso dei suoi interpretanti, nelle caratteristiche fonologiche di ritmi affrettati o distesi, nelle peculiarità fonetiche che ci inducono a percepirla nella dolcezza, asprezza, altezza dei suoi suoni (L. Murcio Maghei). L’emozione del comprendere si coniuga con la semantica di ciò che devo dire e capire perché ho capito diventa processo emozionante, vivo e profondo. In allegato il Curriculum di Riflessione sulla Lingua che il gruppo ha costruito con passione e forte motivazione, credendo davvero che la scuola possa essere il luogo in cui si costruisce la comunità di uomini e donne del domani. Docente referente Gruppo di Ricerca Ins. Nadia Nanni