ultimo viaggio di ulisse
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ULTIMO VIAGGIO DI ULISSE • • TRATTO DAI POEMI CONVIVIALI, UN POEMETTO IN VENTIQUATTRO CANTI BREVI IL POETA IMMAGINA CHE ULISSE, DOPO AVER FATTO RITORNO A ITACA, RIPENSI AL SUO LUNGO VIAGGIO E SI CHIEDA SE GLI EPISODI CHE EGLI RICORDA SIANO STATI REALI O FRUTTO DI IMMAGINAZIONE. DECIDE COSÌ DI RIPRENDERE IL MARE E PERCORRERE TAPPA PER TAPPA IL VIAGGIO… • ULISSE RICORDA CORRISPONDE ALLA REALTÀ: CIRCE NON ESISTE, NELLA GROTTA DI POLIFEMO C’È UN INNOCUO PASTORE… SI RIVOLGE ALLORA ALLE SIRENE… MA ESSE NON RISPONDONO. NULLA DI CIÒ CHE E la corrente tacita e soave più sempre avanti sospingea la nave. E il vecchio vide che le due Sirene, le ciglia alzate su le due pupille, avanti sè miravano, nel sole fisse, od in lui, nella sua nave nera. E su la calma immobile del mare, alta e sicura egli inalzò la voce. "Son io! Son io, che torno per sapere! Chè molto io vidi, come voi vedete me. Sì; ma tutto ch’io guardai nel mondo, mi riguardò; mi domandò: Chi sono?" E la corrente rapida e soave più sempre avanti sospingea la nave. E il vecchio vide un grande mucchio d’ossa d’uomini, e pelli raggrinzate intorno, presso le due Sirene, immobilmente stese sul lido, simili a due scogli. "Vedo. Sia pure. Questo duro ossame cresca quel mucchio. Ma, cresca quel mucchio. Ma, voi due, parlate! Ma dite un vero, un solo a me, tra il tutto, prima ch’io muoia, a ciò ch’io sia vissuto!" E la corrente rapida e soave più sempre avanti sospingea la nave. E s’ergean su la nave alte le fronti, con gli occhi fissi delle due Sirene. "Solo mi resta un attimo. Vi prego! Ditemi almeno chi sono io, chi ero!" E tra i due scogli si spezzò la nave. [...] GABRIELE D’ANNUNZIO (1863- 1938) • BIOGRAFIA: PAGINE DI LETTERATURA, pag. 210 LA PIOGGIA NEL PINETO (PAGINE DI LETTERATURA, pag. 211) • • IL POETA SI RIVOLGE ALLA DONNA AMATA, ERMIONE, CHE È CON LUI SULLA SOGLIA DEL PINETO E LA INVITA AD ASCOLTARE A MUSICA DELLA PIOGGIA… LA PAROLA SI TRASFORMA IN MUSICA! LE GOCCE D’ACQUA PRODUCONO SUONI DIVERSI A SECONDA DEL TIPO DI VEGETAZIONE SU CUI CADONO… PANISMO = IDENTIFICAZIONE DEL SOGGETTO CON LA VITA VEGETALE! Taci. Su le soglie del bosco non odo parole che dici umane; ma odo parole più nuove che parlano gocciole e foglie lontane. Ascolta. Piove dalle nuvole sparse. Piove su le tamerici salmastre ed arse, piove sui pini scagliosi ed irti, piove su i mirti divini, su le ginestre fulgenti di fiori accolti, su i ginepri folti di coccole aulenti, piove su i nostri volti silvani, piove su le nostre mani ignude, su i nostri vestimenti leggeri, su i freschi pensieri che l'anima schiude novella, su la favola bella che ieri t'illuse, che oggi m'illude, o Ermione. Odi? La pioggia cade su la solitaria verdura con un crepitio che dura e varia nell'aria secondo le fronde più rade, men rade. Ascolta. Risponde al pianto il canto delle cicale che il pianto australe non impaura, né il ciel cinerino. E il pino ha un suono, e il mirto altro suono, e il ginepro altro ancora, stromenti diversi sotto innumerevoli dita. E immensi noi siam nello spirito silvestre, d'arborea vita viventi; e il tuo volto ebro è molle di pioggia come una foglia, e le tue chiome auliscono come le chiare ginestre, o creatura terrestre che hai nome Ermione. Ascolta, Ascolta. L'accordo delle aeree cicale a poco a poco più sordo si fa sotto il pianto che cresce; ma un canto vi si mesce più roco che di laggiù sale, dall'umida ombra remota. Più sordo e più fioco s'allenta, si spegne. Sola una nota ancor trema, si spegne, risorge, trema, si spegne. Non s'ode su tutta la fronda crosciare l'argentea pioggia che monda, il croscio che varia secondo la fronda più folta, men folta. Ascolta. La figlia dell'aria è muta: ma la figlia del limo lontana, la rana, canta nell'ombra più fonda, chi sa dove, chi sa dove! E piove su le tue ciglia, Ermione. Piove su le tue ciglia nere sì che par tu pianga ma di piacere; non bianca ma quasi fatta virente, par da scorza tu esca. E tutta la vita è in noi fresca aulente, il cuor nel petto è come pesca intatta, tra le palpebre gli occhi son come polle tra l'erbe, i denti negli alveoli son come mandorle acerbe. E andiam di fratta in fratta, or congiunti or disciolti ( e il verde vigor rude ci allaccia i melleoli c'intrica i ginocchi) chi sa dove, chi sa dove! E piove su i nostri volti silvani, piove su le nostre mani ignude, su i nostri vestimenti leggeri, su i freschi pensieri che l'anima schiude novella, su la favola bella che ieri m'illuse, che oggi t'illude, o Ermione. GIUSEPPE UNGARETTI (1888-1970) • BIOGRAFIA: PAGINE DI LETTERATURA, pag. 224 LA GUERRA SI RIVELA IN TUTTO L’ORRORE DELLA SUA CRUDELTÀ… • POESIE SULL’ANTOLOGIA, PAG. 246-247 VEGLIA • DUE STROFE DI DIVERSA LUNGHEZZA, LA PRIMA DI 13 VERSI, CHE INSISTE IN MODO IMPLACABILE SULLA CRUDEZZA DELLA SITUAZIONE: LA VICINANZA CON IL CADAVERE SFIGURATO E DEFORMATO DI UN COMPAGNO CADUTO, NELLA NOTTE SCONVOLTA. • … DALL’ORRORE, DAL DOLORE, DALLA MORTE NASCE ALLE FINE UNA PROTESTA,UN ATTACCAMENTO ALLA VITA, LA RISCOPERTA DELL’AMORE, COME UNA PREPOTENTE RIAFFERMAZIONE DI UN ISTINTO NATURALE. Un’intera nottata buttato vicino a un compagno massacrato con la sua bocca digrignata volta al plenilunio con la congestione delle sue mani penetrata nel mio silenzio ho scritto lettere piene d’amore Non sono mai stato tanto attaccato alla vita SAN MARTINO • … GLI EFFETTI DELLA DISTRUZIONE SULLE COSE, UNO SQUALLIDO PAESAGGIO DI MACERIE E DI ROVINE • DAL PAESAGGIO IL PENSIERO SI SPOSTA SUI MOLTI COMPAGNI CADUTI; DI LORO, A DIFF. DELLE CASE, NON È RIMASTO PIÙ NULLA. UNA DISTRUZIONE BEN PIÙ DOLOROSA E PROFONDA… • A IMPEDIRE CHE VENGANO DEL TUTTO CANCELLATI RESTA SOLO LA PIETOSA MEMORIA DI CHI È SOPRAVVISSUTO, UN RICORDO FATTO DI TANTE CROCI CHE TRASFORMANO IL CUORE IN UNA SORTA DI CIMITERO. ANALOGIA TRA PAESE E CUORE (PAESE PIÙ STRAZIATO) • CALCOLATE SIMMETRIE E PARALLELISMI Di queste case non è rimasto che qualche brandello di muro Di tanti che mi corrispondevano non è rimasto neppure tanto Ma nel cuore nessuna croce manca È il mio cuore il paese più straziato SOLDATI • POESIA FORMATA DA UN COMPL. DI PARAGONE: LA VITA DEL SOLDATO È ASSIMILATA ALLA FRAGILITÀ DI UNA FOGLIA D’AUTUNNO • PRECARIETÀ DATA ANCHE DALLA SEQUENZA SPEZZATA Si sta come d’autunno sugli alberi le foglie FRATELLI AL FRONTE, NELLA NOTTE, DUE GRUPPI DI SOLDATI SI INCROCIANO: POCHE PAROLE TREMANTI NEL BUIO BASTANO A CREARE UN SENSO DI PIETÀ RECIPROCO, DI SOLIDARIETÀ… Di che reggimento siete, fratelli? Parola tremante nella notte Foglia appena nata Nell’aria spasimante involontaria rivolta dell’uomo presente alla sua fragilità Fratelli DESTINO PERCHÉ IL DOLORE SE DIO CI HA CREATI?... SOFFRIAMO PERCHÉ SIAMO PARTE DI UNA NATURA DOLENTE, COME QUALSIASI ALTRA CREATURA… Volti al travaglio come una qualsiasi fibra creata perché ci lamentiamo noi? SALVATORE QUASIMODO (1901- 1968) • BIOGRAFIA: PAGINE DI LETTERATURA, pag. 232 ALLE FRONDE DEI SALICI (ANTOLOGIA, PAG. 332) • LA POESIA SI APRE CON UNA LUNGA DOMANDA ANGOSCIOSA SUL SIGNIFICATO DELLA POESIA IN UN MONDO SCONVOLTO E DISTRUTTO DALLA GUERRA. LA RISPOSTA NEGLI ULTIMI TRE VERSI È NEGATIVA… LA POESIA NON PUÒ CHE OFFRIRE IL SILENZIO, NELL’IMMAGINE DELLE CETRE CHE OSCILLANO “ALLE FRONDE DEI SALICI”, UN ALBERO CHE RAPPRESENTA IL PIANTO E IL DOLORE. • POESIA PERVASA DA UN SENTIMENTO DI COMMOZIONE RELIGIOSA IMMAGINI DI SACRIFICIO E MARTIRIO RELIGIOSE, BIBLICHE. E come potevamo noi cantare con il piede straniero sopra il cuore, fra i morti abbandonati nelle piazze sull'erba dura di ghiaccio, al lamento d'agnello dei fanciulli, all'urlo nero della madre che andava incontro al figlio crocifisso sul palo del telegrafo? Alle fronde dei salici, per voto, anche le nostre cetre erano appese oscillavano lievi al triste vento. (CFR. SALMO 136), MOLTE LE UOMO DEL MIO TEMPO (ANTOLOGIA, PAG. 258) • CONSTATAZIONE DELLA CRUDELTÀ DELL’UOMO CHE A DISTANZA DI TANTI SECOLI È RIMASTO PRIMITIVO, BESTIALE, CRUDELE… IL PROGRESSO DELLA CIVILTÀ NON È SERVITO A FARNE UN UOMO MIGLIORE E OGGI SI COSTRUISCONO ARMI SEMPRE PIÙ DEVASTANTI… • IL POETA INVITA LE NUOVE GENERAZIONI A DIMENTICARE LE VIOLENZE DEI PADRI … Sei ancora quello della pietra e della fionda, uomo del mio tempo. Eri nella carlinga, con le ali maligne, le meridiane di morte, - t’ho visto - dentro il carro di fuoco, alle forche, alle ruote di tortura. T’ho visto: eri tu, con la tua scienza esatta persuasa allo sterminio, senza amore, senza Cristo. Hai ucciso ancora, come sempre, come uccisero i padri, come uccisero gli animali che ti videro per la prima volta. E questo sangue odora come nel giorno quando il fratello disse all’altro fratello: - Andiamo ai campi. - E quell’eco fredda, tenace, è giunta fino a te, dentro la tua giornata. Dimenticate, o figli, le nuvole di sangue salite dalla terra, dimenticate i padri: le loro tombe affondano nella cenere, gli uccelli neri, il vento, coprono il loro cuore. SPECCHIO Ed ecco sul tronco si rompono gemme: un verde più nuovo dell’erba che il cuore riposa: il tronco pareva già morto, piegato sul botro. E tutto mi sa di miracolo; e sono quell’acqua di nube che oggi rispecchia nei fossi più azzurro il suo pezzo di cielo, quel verde che spacca la scorza che pure stanotte non c’era. ELEGIA • PAGINE DI LETTERATURA, pag. 233 Gelida messaggera della notte, sei ritornata limpida ai balconi delle case distrutte, a illuminare le tombe ignote, i derelitti resti della terra fumante. Qui riposa il nostro sogno. E solitaria volgi verso il nord, dove ogni cosa corre senza luce alla morte, e tu resisti. EUGENIO MONTALE (1896-1921) • BIOGRAFIA: PAGINE DI LETTERATURA, pag. 227 • SPESSO IL MAL DI VIVERE HO INCONTRATO (ANTOLOGIA, pag. 480) • IL POETA ESPRIME IL MALE DI VIVERE, CHE PRENDE “CORPO” NELLA REALTÀ…- “HO INCONTRATO”: IL RIVO STROZZATO CHE GORGOGLIA, L’INCARTOCCIARSI DELLA FOGLIA RIARSA, IL CAVALLO STRAMAZZATO. • IN OPPOSIZIONE AD ESSO NON VI È ALTRO ‘BENE’ CHE L’ATTEGGIAMENTO DI DISTACCO E DI ‘INDIFFERENZA’ RAPPRESENTATO CON STUDIATO PARALLELISMO DA TRE ELEMENTI: LA STATUA, LA NUVOLA, IL FALCO. Spesso il male di vivere ho incontrato: era il rivo strozzato che gorgoglia, era l'incartocciarsi della foglia riarsa, era il cavallo stramazzato. Bene non seppi, fuori del prodigio che schiude la divina Indifferenza: era la statua nella sonnolenza del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato. • FELICITA’ RAGGIUNTA (PAGINE DI LETTERATURA, pag. 229) … IL VOLTO DELLA FELICITÀ: UN ATTIMO TALMENTE BREVE, SFUGGENTE, LABILE, DELICATO CHE PUÒ DISSOLVERSI IMPROVVISAMENTE NEL NULLA COME SE NON FOSSE MAI ESISTITO… Felicità raggiunta, si cammina per te sul fil di lama. Agli occhi sei barlume che vacilla, al piede, teso ghiaccio che s'incrina; e dunque non ti tocchi chi più t'ama. Se giungi sulle anime invase di tristezza e le schiari, il tuo mattino e' dolce e turbatore come i nidi delle cimase. Ma nulla paga il pianto del bambino a cui fugge il pallone tra le case. UMBERTO SABA (1883-1957) • BIOGRAFIA: PAGINE DI LETTERATURA, pag. 230 LA CAPRA UN ANIMALE COMUNE DIVIENE SIMBOLO DI UN SENTIMENTO UNIVERSALE > DAL DOLORE DELL’INDIVIDUO, AL DOLORE ETERNO CHE SI INCARNA INFINE NELLA CRUDELTÀ DELLA STORIA VICENDA DEL POPOLO EBRAICO). Ho parlato a una capra. Era sola sul prato, era legata. Sazia d'erba, bagnata dalla pioggia, belava. Quell'uguale belato era fraterno al mio dolore. Ed io risposi, prima per celia, poi perché il dolore è eterno, ha una voce e non varia. Questa voce sentiva gemere in una capra solitaria. In una capra dal viso semita sentiva querelarsi ogni altro male, ogni altra vita. (LA RITRATTO DELLA MIA BAMBINA • IMPORTANZA DEGLI AFFETTI FAMILIARI PER IL POETA • BAMBINA PARAGONATA A DELICATE IMMAGINI DELLA NATURA La mia bambina con la palla in mano, con gli occhi grandi colore del cielo e dell’estiva festicciola: “Babbo - mi disse – voglio uscire oggi con te”. Ed io pensavo: Di tante parvenze che s’ammirano al mondo, io ben so a quali posso la mia bambina assomigliare. Certo alla schiuma, alla marina schiuma che sull’onde biancheggia, a quella scia ch’esce azzurra dai tetti e il vento sperde; anche alle nubi, insensibili nubi che si fanno e disfanno in chiaro cielo; ed altre cose leggere e vaganti. TRIESTE • … TRA I TEMI IN ASSOLUTO PIÙ CARI A SABA, LA SUA CITTA’ , CHE AMA, NELLE SUE CONTRADDIZIONI • TRIESTE BRULICA DI VITA INTENSA, APERTA… , ED È RISERVATA E DIFFIDENTE COME L’ANIMO DEL POETA Ho attraversata tutta la città. Poi ho salita un'erta, popolosa in principio, in là deserta, chiusa da un muricciolo: un cantuccio in cui solo siedo; e mi pare che dove esso termina termini la città. Trieste ha una scontrosa grazia. Se piace, è come un ragazzaccio aspro e vorace, con gli occhi azzurri e mani troppo grandi per regalare un fiore; come un amore con gelosia. Da quest'erta ogni chiesa, ogni sua via scopro, se mena all'ingombrata spiaggia, o alla collina cui, sulla sassosa cima, una casa, l'ultima, s'aggrappa. Intorno circola ad ogni cosa un'aria strana, un'aria tormentosa, l'aria natia. La mia città che in ogni parte è viva, ha il cantuccio a me fatto, alla mia vita pensosa e schiva. ULISSE • … IL POETA ESALTA L’UOMO che si spinge al largo, IN CONTINUA RICERCA • AL CENTRO IL TEMA DEL VIAGGIO: NELLA PRIMA PARTE IL POETA RICORDA LA GIOVINEZZA CON LE SUE BELLEZZE E INSIDIE, NELLA SECONDA IL POETA PASSA ALLA SITUAZIONE PRESENTE, AL SUO “NON DOMATO SPIRTO”… • … E AL “DOLOROSO AMORE” , IL SENSO DELLA VITA PER IL POETA, CON I SUOI ASPETTI CONTRASTANTI Nella mia giovinezza ho navigato lungo le coste dalmate. Isolotti a fior d’onda emergevano, ove raro un uccello sostava intento a prede, coperti d’alghe, scivolosi, al sole belli come smeraldi. Quando l’alta marea e la notte li annullava, vele sottovento sbandavano più al largo, per fuggirne l’insidia. Oggi il mio regno è quella terra di nessuno. Il porto accende ad altri i suoi lumi; me al largo sospinge ancora il non domato spirito, e della vita il doloroso amore.