formazione iniziazione comunicazione scritta
Transcript
formazione iniziazione comunicazione scritta
Oristano – 24 febbraio 2008 RISCOPERTA DEL VALORE ECCLESIALE DEL CATECHISTA Walther Ruspi 1. Grati per una “gioiosa” memoria 1.1. L’ Incontro regionale raccoglie e rilancia una delle più significative “ministerialità” della Chiesa: il catechista, accompagnatore, che prende per mano, che sa stare “sulla strada della vita” e fa risuonare all’orecchio la Parola eterna, per aprire il mistero di presenza e di amore della persona di Gesù. Oggi la liturgia quaresimale con il Vangelo della Samaritana ci presenta Gesù “acqua viva” che sta dinanzi a noi come il modello del catechista: Gesù in dialogo - egli guida alla verità piena e porta verso una vita rinnovata - Gesù ha sete ardente di suscitare la fede La liturgia pasquale ci riproporrà poi un'altra icona di Gesù catechista, in cammino “sulla strada di Emmaus”, mentre apre al senso delle Sacre Scritture i due discepoli increduli. 1.2. Fare “memoria” oggi è portare molti di noi a ripensare al “filo d’oro” della pastorale italiana di questi anni, ma è pure offrire a tanti di voi la possibilità di rendersi ragione oggi del percorso tracciato, a quarant’anni del rinnovamento catechistico italiano iniziato con il Documento base del 1970. Qual è stato il suo “dono”? Esso ha segnato la strada “italiana per accogliere e attuare il Concilio Vaticano II, assumendo le dimensione proprie delle quattro grandi Costituzioni: catechesi e Parola di Dio (Dei Verbum), catechesi e liturgia (Sacrosanctum Concilium), catechesi e soggettività della comunità ecclesiale (Lumen gentium) e finalmente catechesi e storia umana (Gaudium et spes). 1.3. Oggi in questo tornante nuovo di missione della Chiesa in Italia, siamo chiamati a sviluppare questa “memoria” di fronte a nuove sfide e compiti: l’ evangelizzazione o annunciare nuovamente il kerigma, la comunione ecclesiale o vivere la nostra responsabilità nella comunità, la solidarietà o nutrire una visione positiva del cammino della storia 1 Oristano – 24 febbraio 2008 2. Una linea formativa Il DB era stato essenziale, ma decisivo nel dire: “La esperienza catechistica moderna conferma ancora una volta che prima sono i catechisti e poi i catechismi; anzi, prima ancora, sono le comunità ecclesiali. Infatti come non è concepibile una comunità cristiana senza una buona catechesi, così non è pensabile una buona catechesi senza la partecipazione dell’intera comunità” (n. 200). Senza competenti catechisti, non ci può essere una buona catechesi; ma senza comunità cristiana è inefficace l’azione dei catechisti. E’ il punto di partenza: si tratta di mettere decisamente a tema la “responsabilità catechistica di tutta la comunità ecclesiale”. Voglio qui solo sottolineare in modo sintetico i contributi fondamentali che mi sembra provengano dall'Iniziazione Cristiana, nelle sue diverse tappe, per delineare la nuova identità del catechista e la sua formazione. Alcuni contributi mi sembrano una logica sintesi del percorso dell'Iniziazione ecclesiale, così da poterli enumerare: L' ecclesialità. La comunità cristiana, con la partecipazione di tutti i suoi battezzati, è chiamata a prendersi carico in modo solidale dell'accompagnamento dei nuovi credenti. L' accoglienza nel rispetto dell'azione dello Spirito e del cammino della persona. Riconoscere il primato dello Spirito non è solo un punto di partenza teorico, ma una reale atteggiamento in tutta l'azione catechistica. Essa è costantemente accompagnata dall'invocazione, dal discernimento dei segni della sua presenza, dal lasciare lo spazio di misterioso colloquio dell'animo, nel silenzio delle proprie indicazioni. Scoprire il cammino originale di ogni persona è saper valutare educazione e cultura, condizione spirituale, dubbi e pregiudizi, problemi e interrogativi, attesa paziente e accoglienza della proposta evangelica in modo coraggioso e convincente. L'esperienza vissuta raccontata da chi è giunto a termine di questo cammino Si possono raccontare non solo ciò che è stato per loro l'incontro con Cristo, ma come si presenta ora loro il discepolato di Cristo. I neofiti vivono spesso il loro battesimo come una novità e una fragilità. Essi sono in costante preoccupazione di diventare dei cristiani ordinari, conoscendo l'aridità della lotta spirituale, la solitudine e la difficoltà di una continua conversione. A volte sono sconcertati della vita comunitaria che scoprono. L'anonimato delle assemblee e l'incoerenza dei cristiani tra parole e comportamenti sono solo le minori critiche che si sentono. Quale domanda giunge da loro? Quale sfida ai catechisti oggi? Senza dubbio i neofiti adulti, i ragazzi e i giovani delle nostre parrocchie, la nuove coppie di sposi, tutti mi sembra chiedano persone (forse tutti noi insieme, tutta la comunità) che li aiutino a vivere il mistero della Chiesa, incarnata in una comunità che ha nomi e volti precisi. 2 Oristano – 24 febbraio 2008 3. Per una formazione dei catechisti un intreccio pastorale: catechesi – missionarietà – formazione - evangelizzazione Se negli anni ’70 la spinta catechistica aveva aperto la strada al rinnovamento pastorale, successivamente sono le scelte pastorali di missionarietà a richiedere un adeguamento alle scelte della pastorale catechistica. Queste esigenze vengono rilanciate con alcuni documenti per la formazione dei catechisti. Il primo, intitolato La formazione dei catechisti nella comunità cristiana, è datato 25 marzo 1982. Si tratta di un documento programmatico. Il documento si incarica di delineare l’itinerario di formazione dei catechisti. Le mete della formazione sono presentate nella terza parte: esse devono conseguire come primo obiettivo una maturità umana e cristiana. Per essere “insegnanti della fede” si richiede una formazione biblico-teologica; per servire l’uomo si deve sviluppare una conoscenza dei dinamismi psicologici e sociologici del soggetto. La chiamata al servizio deve essere seguita da un cammino di formazione permanente e organico. L’itinerario di formazione deve prevedere “scuole di formazione”, che sono istituite a livelli diversi e con finalità complementari1. Volendo dare un ulteriore impulso alla formazione, l’UCN, forte anche della felice esperienza del convegno del 1988, pubblicò il sussidio pastorale Orientamenti e itinerari di formazione dei catechisti, 1991. Le due parti in cui il documento è diviso tracciano rispettivamente il quadro teorico della formazione dei catechisti e la proposta di itinerari specifici per le diverse categorie di catechisti. Questo testo che di fatto è il completamento del precedente, segna un salto di qualità. Vi si nota una maturazione nel concetto di formazione, in particolare quando presenta la duplice dimensione della formazione. La promozione di identità cristiane adulte e di persone con una competenza specifica per la comunicazione della fede. Si tratta di un orientamento stimolante e fecondo, destinato a durare. Lo spostamento del documento dall’asse dei contenuti teologici a quello della comunicazione della fede come specifico della competenza catechistica è l’elemento veramente nuovo. Appare qui per la prima volta l’espressione “laboratorio”2, che è diventata in questi anni la “parola guida” tra i responsabili della formazione. Il terzo documento3: La formazione dei catechisti per l’iniziazione cristiana dei fanciulli e dei ragazzi, 2006, vuole “offrire alcuni criteri per elaborare itinerari formativi per i catechisti dell’iniziazione cristiana dei fanciulli e dei ragazzi…”. Una proposta dovuta, perché il contesto culturale in cui si esercita la responsabilità catechistica della Chiesa è molto cambiato. In una società totalmente impregnata di cristianesimo, dove tutti i grandi atti e le tappe della vita erano collegati ai riti religiosi, dove le famiglie trasmettevano i gesti e le preghiere, un tipo di ecosistema cristiano offriva ai credenti un ambiente nutritivo. È compito della comunità offrirlo: quando si nutre della parola di Dio, quando si lascia condurre per gli itinerari di fede che la liturgia le fa vivere, quando attinge la sua dinamica dalla vita sacramentale, quando genera nel suo seno delle opportunità di condividere le questioni di fede. È compito dei formatori dei catechisti tenere alte queste attenzioni. Per tutte queste sollecitazioni “…è urgente ribadire la necessità, nelle nostre comunità ecclesiali, di dare più posto e più importanza alla formazione dei catechisti” (n. 36)4. Commissione episcopale per la dottrina delle fede, la catechesi e la cultura, La formazione dei catechisti nella comunità cristiana, 26. 2 Ufficio Catechistico Nazionale, Orientamenti e itinerari di formazione dei catechisti, 2. 3 Ufficio Catechistico Nazionale, La formazione dei catechisti per l’iniziazione cristiana dei fanciulli e dei ragazzi, 2006. 4 Direttorio generale per la catechesi, 234. 1 3 Oristano – 24 febbraio 2008 4. La formazione e i suoi soggetti L’iniziazione compito della comunità L’insieme di queste sollecitazioni fanno convergere l’attenzione attorno alla richiesta di una rinnovata comunità di credenti. La catechesi è sempre stata vissuta in seno ad una comunità, questo luogo catechistico è stato sviluppato suscitando un reale dinamismo nella vita cristiana e comunitaria. Il problema è che è riuscito tanto bene che è bastato a se stesso. Oggi rivela due gravi carenze: il legame con la liturgia della Chiesa, particolarmente nella messa domenicale; seconda carenza il legame con una vita comunitaria più ampia, particolarmente a livello intergenerazionale. Aggiungiamo una novità vissuta da un numero sempre crescente di non battezzati e battezzati non catechizzati che chiedono di conoscere la fede cristiana. La loro richiesta rende ancor più viva la coscienza delle nostre mancanze e del legame necessario tra la catechesi e la Chiesa nel suo insieme, e rende vera l’affermazione che “L’iniziazione è espressione di una comunità che educa con tutta la sua vita… Il passaggio che si sta attuando promuove una comunità adulta nella fede: una comunità dalla fede “pensata” e capace di comunicarla” (n. 6)5. Il processo di iniziazione si fonda su una modalità di accompagnamento personale che permette di avanzare secondo il ritmo di ciascuno e di prendersi il tempo necessario per integrare tutto ciò che costituisce la specificità di ognuno. Proprio perché l’aspetto comune è sempre più fragile occorre valorizzare una catechesi attenta alla persona e capace di accogliere costantemente la presenza di Dio. In ogni catechesi, Dio è il protagonista principale. La sua azione è determinante, e la si scopre nell’esperienza della Parola, della celebrazione, della fraternità e della testimonianza (cf. n. 7). Risvegliare alla presenza di Dio e alla sua azione domanda dignità spirituale, tatto nella comunicazione, apertura di cuore e di mente alla vita, alla preghiera, alla liturgia. La cosa più complicata in questo compito è la capacità di essere semplici avendo alcune attenzioni. - La catechesi si deve inscrivere entro una traiettoria di “proposta della fede”. Oggi ognuno ha la capacità di diventare uno che usa la religione o matura una fede. In questo tempo l’istanza che unisce o ingloba, non è più la religione o l’istituzione, ma il soggetto individuale. È questo soggetto, ragazzo o adulto, con tutte le sue fluttuazioni esistenziali, che la pastorale deve incontrare e accogliere. Se la catechesi non vuole diventare una semplice struttura di fondo nell’esistenza del soggetto, è indispensabile che entri in dialogo con lui, che scopra la sua logica di soggetto, in particolare quella della sua individualità, della sua autonomia, e autodeterminazione. La partecipazione della famiglia, e la molteplice ministerialità sono modi concreti per valorizzare il soggetto trattandolo ad adulto (cf. nn. 9-10)6. - Se la fede è un processo che si sviluppa nel cuore del credente e dura tutta la vita, è necessario che la catechesi venga offerta al soggetto in ogni memento significativo della sua vita. È dentro questi momenti di autenticità esistenziale che l’individuo credente può approfondire quello che è e diventa. Questo chiede di “…prendere sul serio l’urgenza e il primato dell’evangelizzazione e della catechesi degli adulti; proseguire il cammino di rinnovamento pastorale in atto nella Chiesa italiana, passando ad un processo globale di iniziazione” (n. 8). - Perché si sviluppi una simile catechesi è importante che cresca una pastorale attenta a incontrare le persone sul terreno della loro individualità, entro una comunità ma soprattutto mediante un dispositivo di delicatezza e rispetto. 5 6 Conferenza Episcopale Italiana, Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia, 50. Direttorio generale per la catechesi, 255. 4 Oristano – 24 febbraio 2008 - Con le donne e gli uomini d’oggi è indispensabile essere accoglienti e accessibili. Questo suppone una relazione di vicinanza con le persone per conoscere le loro abitudini, i ritmi e le fatiche che segnano la loro vita. La comunità educa con tutta la sua vita L’iniziazione è espressione di una comunità che educa con tutta la sua vita e manifesta la sua azione dentro una concreta esperienza di ecclesialità. L’iniziazione cristiana non è quindi una delle tante attività della comunità cristiana, ma l’attività che qualifica l’esprimersi proprio della Chiesa nel suo essere inviata a generare alla fede e realizzare se stessa come madre 7. Il passaggio che si sta attuando promuove una comunità adulta nella fede: una comunità dalla fede "pensata" 8 e capace di comunicarla. La comunità è apostolica e missionaria, nella misura in cui alla radice è discepola ed evangelizzata, dentro un contesto preciso di relazioni umane, che si esprimono concretamente tra le case e in un territorio. In particolare sono da valorizzare alcune esperienze essenziali. Esperienza della parola di Dio: è il fondamento e la radice della comunità. Quando la parola di Dio è importante, si entra in essa, la si sente parola di vita; insieme la si ascolta e attraverso di essa si incontra Cristo risorto (Lc 24,32). Esperienza della celebrazione: essa si compie con diverse modalità (liturgia della Parola, della Riconciliazione…). La celebrazione dell’Eucaristia della domenica è punto di arrivo di un cammino catechistico e punto di partenza di un cammino mistagogico, che introduca al mistero di Cristo, procedendo dal visibile all’invisibile, dal significante a ciò che è significato. Essa esige gradualità e necessita di essere a misura delle persone, perché l’iniziazione avviene per gradi e tappe. Esperienza di fraternità e di comunione: attraverso di essa si esperimenta la bontà e la bellezza di essere cristiani insieme. La fraternità è la ricerca della propria vocazione in un luogo e in un tempo determinati, insieme ad altri fratelli. Esperienza della testimonianza nella carità e nel servizio: l’amore è il movente della missione, ed è anche l’unico criterio secondo cui il cristiano agisce. Ci sono problemi che interpellano e in alcuni casi chiedono di vestire i panni del buon Samaritano (Lc 10, 25-37). Queste esperienze hanno delle conseguenze per la comunità cristiana in ordine alla formazione del catechista. Per rispettare la completezza del percorso formativo e rendere visibile l'esperienza ecclesiale si chiede che ci siano figure di catechisti, di accompagnatori e di padrini per esprimere insieme la presenza della Chiesa a servizio di tutti nella complementarità di ministeri e compiti. «Iniziare» comporta un impegno che non può essere solo del catechista. È importante che ci sia interazione tra le diverse componenti della comunità, perchè essa diventi grembo della fede per le nuove generazioni. Questo richiede alcuni cambiamenti: passare da una catechesi riservata ai ragazzi ad una catechesi per tutti, come prevede il progetto catechistico italiano; prendere sul serio l'urgenza e il 7 8 Direttorio Generale per la catechesi, 257. Conferenza Episcopale Italiana, Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia, 50. 5 Oristano – 24 febbraio 2008 primato dell'evangelizzazione e della catechesi degli adulti; proseguire il cammino di rinnovamento pastorale in atto nella Chiesa italiana, passando ad un processo globale di iniziazione. La comunità promuove la partecipazione della famiglia La situazione delle famiglie esige da parte della comunità ecclesiale e dei suoi operatori una maggiore responsabilità per venire incontro alla diffusa crisi di incidenza educativa. E’ necessaria una azione di accompagnamento per rispondere a situazioni molto diverse tra loro. E’ indispensabile ricercare il coinvolgimento delle famiglie, di alcuni suoi membri o di persone strettamente legate ad esse 9. L’iniziare alla fede nella famiglia avviene attraverso la vita quotidiana: la fede passa nei rapporti affettivi, nei fatti di ogni giorno letti in ottica di grazia e di gratitudine, negli eventi familiari gioiosi e dolorosi interpretati come eventi abitati dalla presenza del Signore. La famiglia può anche divenire un luogo nel quale i genitori raccontano la fede e propongono momenti formativi per tutti. Su questo punto la parrocchia e la famiglia possono trovare un terreno di reciproco sostegno. I catechisti possono svolgere un compito di accompagnamento e di assistenza ai genitori senza lasciarli soli nella responsabilità di educare alla fede. 5. Il catechista dell’iniziazione cristiana L’identità del catechista dell’Iniziazione Cristiana Il catechista dell' Iniziazione Cristiana è un testimone di Cristo, mediatore della parola di Dio, "compagno di viaggio"10, educatore della vita di fede, uomo o donna pienamente inserito nella comunità cristiana e nel contesto culturale e vitale del mondo d'oggi. Il catechista non opera isolatamente. La trasmissione della Parola suppone una regolare riflessione nel gruppo dei catechisti e arricchita da idonei approfondimenti. E’ importante costituire un gruppo che si assume il ministero specifico dell’iniziazione nella comunità, non per sostituire la responsabilità della comunità e della famiglia, ma per mettersi al servizio della comunità e delle famiglie. Il catechista dell' Iniziazione Cristiana dei fanciulli e dei ragazzi si qualifica come: ° testimone esemplare della fede, che manifesta una fede "gioiosa"; disponibile a ripercorrere con i fanciulli il cammino dell' Iniziazione Cristiana e a esprimere con la vita la parola di Dio che annuncia ai fanciulli e ai ragazzi; ° amico dei fanciulli e dei ragazzi, capace di accoglierli, di ascoltarli, di mettersi al servizio della loro crescita umana e cristiana; ° maestro che, dopo aver assimilato la parola di Dio, la trasmette con un linguaggio comprensibile ai fanciulli e ai ragazzi e insegna loro a cogliere nella vita quotidiana i "segni" attraverso i quali Dio si manifesta e chiama; ° 9 educatore che aiuta i fanciulli e i ragazzi ad accogliere la parola di Dio e a rispondere con Direttorio Generale per la catechesi, 255. CF. Ufficio Catechistico Nazionale, Orientamenti e itinerari di formazione dei catechisti, 1991, n. 3. 10 6 Oristano – 24 febbraio 2008 la preghiera, con atteggiamento di stupore, ammirazione, lode, rispetto, amicizia; ° costruttore di comunione, inserito attivamente nella comunità ecclesiale, capace di promuovere rapporti di amicizia tra i fanciulli e tra i loro genitori e padrini e di educarli al senso di appartenenza ecclesiale. Competenze Le competenze di relazione, annuncio, lettura dei segni di Dio e promozione alla vita della comunità (cf. nn 25-35) sono il tracciato di un percorso che indica delle prospettive, alcune opinabili, e comunque non sempre immediatamente realizzabili, sono, però un indice che orienta e aiuta a muoversi correttamente in vista di proposte adeguate. Sostegni Tutte queste dimensioni evidenziano al fondo due grandi bisogni formativi: - il bisogno di sostegno, inteso nel suo aspetto più concreto di spinta a stare in piedi nella rinnovata situazione religiosa e sociale italiana, - il bisogno di accompagnamento che indica maggiormente la vicinanza e la relazione che il formatore dei catechisti instaura con loro in ogni momento del cammino. Il bisogno di sostegno rimane aperto in tutto il percorso formativo del catechista, va al di là della fase iniziale che permette di acquisire le abilità di base per compiere il servizio di educazione alla fede. Li richiamo in base alle competenze sottolineate dal documento. Sostegno spirituale. Lungo il cammino capita di perdere le motivazioni e le spinte iniziali che hanno segnato la partenza e l’impegno. Il bisogno formativo si dirige, a questo livello, verso l’area più profonda della personalità, quella dove si possono ascoltare e accogliere le spinte di bene. Si tratta anche di chiarire il proprio impegno, di comprendere sempre meglio ciò che si annuncia e si vuol testimoniare. Il catechista, educatore alla fede, se ben guidato, non rimane bloccato nelle motivazioni originarie o nelle conoscenze certe e ortodosse, ma si pone in ascolto trasparente e autentico di sé e della realtà percependola come un invito a crescere, a maturare ulteriormente, nella libertà interiore e nella consapevolezza della propria fede e del proprio servizio. Sostegno culturale. I catechisti hanno bisogno anche di un sostegno culturale, teologico, biblico, insieme a un sostegno di tipo spirituale e motivazionale. Il catechista, mentre continua a motivare a se stesso il servizio che compie, l’azione di annuncio e di comunicazione della fede lo mette continuamente in gioco, sia a livello interiore, che a livello culturale. L’annuncio oggi va espresso in categorie nuove, e reclama una continua capacità critica e di inculturazione. È necessario far riferimento a una figura di formatore che dia sostegno, che si ponga accanto, non solo come esperto, ma come colui che aiuta a orientarsi nella ricerca di ciò che può contribuire a un arricchimento. Sostegno metodologico. Il sostegno a questo livello è operativo, è fatto per coloro che sanno mediare i grandi concetti perché diventino fruibili per le persone che li comunicano. Servono formatori capaci di incoraggiamento e aiuto a livello pratico e operativo, persone che sanno portare i pesi, capaci di aiutare, sorreggere, tenere alto e fermo il compito dei catechisti stessi. Questo deve avvenire sempre mentre si opera e ci si impegna in un servizio educativo preciso. In questo ambito non deve fare difetto la pazienza, la grande disponibilità e la creatività. 7 Oristano – 24 febbraio 2008 6. Accompagnamento Accanto al bisogno di sostegno, il catechista manifesta anche il bisogno di essere accompagnato. In genere, l’azione del sostenere indica un atteggiamento più statico teso a dare forza a colui che lo chiede. L’azione dell’accompagnare invece, rivela un movimento, un dinamismo compiuto insieme Accompagnare all’inizio. Chi scopre alcune capacità educative, riconosce motivazioni interiori che lo spingono a dare ragione della propria fede e sente anche l’esigenza di sperimentarsi con una guida, con una persona che condivide il suo cammino mentre muove i primi passi verso l’adesione a una meta personale ed ecclesiale. “Il catechista è chiamato… ad uscire da consuetudini stereotipate; a gestire eventuali situazioni conflittuali e svantaggiose…” (n. 27). Accompagnare nella difficoltà. Nei momenti difficili, senza una guida i catechisti sono tentati di lasciar perdere tutto, oppure tendono a colpevolizzarsi. Questi passaggi se sono debitamente guidati portano a una nuova scelta e alla maturazione di una nuova identità. Il formatore che accompagna questi passaggi è persona che aiuta ad accettarsi perché accetta e accoglie incondizionatamente colui che fa un tratto di strada con lui. Accompagnare verso la perseveranza. Tale compito può diventare comunitario e il gruppo dei catechisti nella comunità ecclesiale è il sostegno concreto di questa compagnia. Ognuno per non sentirsi solo ha bisogno degli altri, ecco allora che, con gli altri catechisti si confronta, rafforza il proprio impegno, verifica il modo di vivere ciò che annuncia. “Prima di essere qualcuno/a che comunica contenuti di fede, il catechista dell’iniziazione cristiana deve essere una persona capace di creare relazioni positive e profonde” (n. 26). Il gruppo è il luogo dove si celebra la fede, dove ci si ferma per poi ripartire, dove i vari “io” si armonizzano correttamente con un “noi” ecclesiale. 7. Orientamenti per la formazione: uno stile laboratoriale o “Imparare facendo”. I modi concreti per gestire la formazione sono molti, il documento indica il modello “laboratorio”, esso è la bottega-scuola dove si impara facendo, si vive quello che si studia, la riflessione procede insieme alla teoria, i vari elementi del sapere si integrano e ogni scelta nuova è verificata. L’immagine del maestro di bottega che insegna ai più giovani i segreti della sua arte e che li rende padroni del mestiere esprime molto bene il concetto di un luogo dove si impara facendo e dove le conoscenze diventano progressivamente abilità ( cf. n 39). Lo scopo di una formazione in laboratorio è perciò soprattutto quello di rendere le persone capaci di operare in un determinato settore, con una convinzione che è passata attraverso la coscientizzazione personale. Una formazione basata unicamente sulla ripetizione o sull’apprendimento meccanico è inefficace, perché non considera che si impara facendo. Prima di tutto facendo propri i contenuti del percorso di formazione. E’ possibile che con la ripetizione o la memorizzazione alla fine impari, ma quanto apprende in questo modo finisce per costituire un intralcio al suo equilibrato sviluppo. Questa proposta rende onore al progetto catechistico italiano capace, a distanza di anni, di lasciarsi sollecitare dalle nuove situazioni per cercare i cammini della vera fedeltà al Vangelo e della formazione adeguata dei catechisti. Anche le esperienze in atto nelle nostre diocesi dicono con chiarezza che sta cambiando profondamente il modo di “fare i cristiani”, e lasciano intuire anche alcune prospettive e piste sulle quali lavorare. 8 Oristano – 24 febbraio 2008 Ciò che si sente nell’aria di questo tempo è una disponibilità a rivisitare il fatto della fede con una rinnovata freschezza, congiunta alla ricerca di una migliore umanità e qualità di vita. Il compito dell’evangelizzazione consiste nel contare sui dinamismi culturali attuali e nel mettersi al servizio dei “cominciamenti” della fede che già esistono. 8. Verso un cambiamento Questa proposta rende onore al progetto catechistico italiano capace, a distanza di anni, di lasciarsi sollecitare dalle nuove situazioni per cercare i cammini della vera fedeltà al Vangelo e della formazione adeguata dei catechisti. Anche le esperienze in atto nelle nostre diocesi dicono con chiarezza che sta cambiando profondamente il modo di “fare i cristiani”, e lasciano intuire anche alcune prospettive e piste sulle quali lavorare. - Ripensare l’iniziazione cristiana non significa pensare a una prospettiva di catechesi per persone che hanno già la fede, ma al coraggio di un percorso di un primo annuncio, del racconto della pasqua del Signore per suscitare la fede. Proprio questa prospettiva può diventare la dimensione capace di dare forza a tutte le iniziative di catechesi e farci uscire da un modello di pastorale e di iniziazione propria di una società che non c’è più. - Far scoprire che la vita, nelle sue necessità e domande, cerca un senso e trova nel Vangelo una risposta di grazia, che permette di vivere la vita nei suoi aspetti gioiosi come nei suoi aspetti più faticosi e dolorosi come manifestazione della paternità di Dio e della sua salvezza. - Mettere i catechisti nella condizione di accettare che la dottrina e la catechesi, la liturgia e diverse forme celebrative, la prassi cristiana e il patrimonio etico, si confrontano con la sfida dell’inculturazione, perché il vangelo e le sue forme espressive diventino davvero la buona notizia per la vita. - Ricollocare al centro il fatto che, aiutando le persone di oggi a diventare cristiane, le dobbiamo mettere nella condizione di fare un’esperienza di Chiesa dove prima di tutto si incontra Cristo. - Credere che ci prepara a qualcosa di nuovo, anche se non si sa che cosa sarà. È come se si fosse sulla linea di partenza. Questa percezione invita ad essere sensibili ai luoghi e alle domande nei quali la fede comincia o ricomincia, tanto dentro, quanto fuori dalle comunità cristiane esistenti. Ciò che si sente nell’aria di questo tempo è una disponibilità a rivisitare il fatto della fede con una rinnovata freschezza, congiunta alla ricerca di una migliore umanità e qualità di vita. Il compito dell’evangelizzazione consiste nel contare sui dinamismi culturali attuali e nel mettersi al servizio dei “cominciamenti” della fede che già esistono. A tutti noi auguro di andare incontro con fantasia e creatività al nuovo che ci attende, per preparare catechisti capaci di missionarietà. 9