parrocchia di san nicola da tolentino
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PARROCCHIA DI SAN NICOLA DA TOLENTINO Santa Croce, 265 - 30135 Venezia - tel. 041 5222160 - cell. 329 1561027 Orario Ss. Messe: quotidiana e prefestiva ore 18,30 - Domeniche e Feste 10.30 e 18,30 SS. Nome di Gesù (Caritas): quotidiana ore 8,30 - Domenica e Feste ore 9,30 IL DIARIO Anno III° - n. 143 - Domenica 11 ottobre 2009 Teilhard de Chardin Riconosco che è semplicemente temerario da parte mia tentare la sintesi della vita e dell’opera del grande paleontologo gesuita, un “gigante della fede”, anche se il suo pensiero non fu pacificamente accettato dalla Chiesa. Teilhard de Chardin, infatti, nel 1962 fu oggetto di un ammonimento da parte dell’ex Santo Uffizio. Pochi anni prima papa Pio XII, nell’Enciclica Humani generis, aveva messo in guardia rispetto all’ipotesi panteistica dell’universo soggetto a continua evoluzione. (Panteismo = dottrina filosofica secondo cui Dio non è fuori del mondo, ma è il mondo stesso). Mi faccio coraggio usufruendo di una intervista rilasciata ad AVVENIRE da J. Arnould, autore di una biografia del gesuita “proibito”, dal titolo: “Teilhard de Chardin, eretico o profeta?” (Lindau, pp. 470, € 28). Attraverso quest’opera conosciamo il Teilhard viaggiatore e pellegrino, “uomo pieno di nobiltà ed intelligenza, coraggio e generosità”, ma al tempo stesso “non privo di paure ed esitazioni, turbamenti ed errori”. Negli ultimi giorni di luglio, papa Benedetto, parlando ad Aosta, ha ricordato il grande teologoscienziato. Dopo aver auspicato che “il mondo stesso diventi ostia vivente, diventi liturgia”, il papa ha aggiunto: “E’ la grande visione che ha avuto anche Teilhard de Chardin: alla fine avremo una vera liturgia cosmica”. Non si trattava di un omaggio occasionale al religioso, perché il filo conduttore della riflessione di Benedetto XVI verteva sull’intervento di Dio nel mondo, diretto a trasformarlo “perché ci sia un fiume di bene più grande di tutto il male che può esistere”. Teilhard de Chardin aprì la teologia alle scienze naturali e fisiche, astronomia compresa, ed elaborò una concezione fondata sulla crescita della dimensione spirituale della vita dell’uomo e dell’universo e sul ruolo centrale che Cristo svolge nella rigenerazione della coscienza e nella storia. Egli muove dalla convinzione che “dalle origini del mondo fino a Lui (Cristo), la costituzione del “pleroma” (la pienezza dell’essere, secondo gli stoici) si rivela necessariamente alla nostra mente attraverso una progressiva marcia dello spirito”. In ogni novità scientifica che studiava, Teilhard trovava conferma della forza dello spirito che riempie la creazione, la anima, la dirige al bene, in un processo lungo e al tempo stesso veloce, con al centro l’evento di Cristo. Teilhard de Chardin era nato il 1 maggio 1881, quarto degli 11 figli di Emmanuel e Berte-Adèle. Della mamma egli scriverà, in una lettera del 7 febbraio 1936: “E’ a lei che devo la parte migliore di me stesso. Da lei ho ereditato l’amore per Dio e l’indipendenza spirituale di fronte alle avversità”. Bambino “prodigio”, scriverà sessant’anni dopo in Il cuore della materia: “Non avevo certo più di sei o sette anni quando ho iniziato a sentirmi attratto dalla Materia”. Nel maggio del 1892, cominciò a frequentare con successo gli studi presso il Collegio diretto dai Gesuiti Notre-Dame de Mongré ed alla vigilia del secondo baccalauréat Pierre annunciò alla famiglia il suo desiderio di entrare nella Compagnia di Gesù (Gesuiti). Il 20 marzo 1899 raggiunse la sede del noviziato della provincia di Lione. Nell’autunno del 1901, assieme ad un gruppo di confratelli, fratel Pierre si stabilirà nell’isola di Jersey in Inghilterra e dal 1902 al 1905 soggiornerà a St. Helier per il triennio di filosofia. Ritroviamo Teilhard de Chardin, nell’estate del 1905, in Egitto, al Cairo, per assumere la funzione di “lettore di chimica e fisica”. Egli approfittò del soggiorno egiziano per approfondire le conoscenze dell’Antico Egitto, visitando le piramidi, la Sfinge, le città di Eliopoli, Menfi, Luxor e divenendo membro dell’Istituto di egittologia. Ritornerà dall’Egitto nel settembre del 1908 ed in Inghilterra inizierà la formazione teologica. Il 24 agosto 1911, ad Ore Place, nel Sussex, Pierre Teilhard de Chardin venne ordinato sacerdote. Non è possibile seguirlo nei suoi innumerevoli viaggi. Nella biografia citata all’inizio, sono raccontate le sue peripezie in Cina durante la seconda guerra mondiale e, prima ancora, nella crociera Gialla, con temperature che scendevano a trenta sotto zero. A Shangai i suoi amici si commossero quando lo videro scendere dal treno, con la sua figura elegante, portando a fatica una valigia di cartone legata con lo spago. Qualcuno ha scritto di lui: “…Ha attraversato la vita a grandi passi, da un continente all’altro, dal deserto del Gobi alle foreste birmane, con in testa un berretto, un casco coloniale o un turbante, un po’ Marco Polo e un po’ Ricci, ardito, sorridente e cortese, un piccone o un martello in mano, una parabola sulle labbra e venti storie nella testa, umano troppo umano, saldamente legato ad una catena liberamente accettata e al tempo stesso sempre in rotta con le autorità, profeta abbattuto e continuamente risorgente” (J.Lacouture, I Gesuiti, PM, Casale Monferrato 1993-94). Gli ultimi anni di padre Pierre furono affaticati da varie prove: un infarto, affezioni polmonari, una forma di depressione. Egli insisteva nella preghiera: “Dio, aiutami a finire bene la mia vita; vorrei morire nel giorno della Risurrezione”. La sua esistenza di “eterno nomade”, “pellegrino del futuro”, “uomo dalle suole di vento”, si chiuse a New York, alle sei del pomeriggio del 10 aprile 1955, giorno di Pasqua. Chiedo scusa per la lacunosa sintesi ed invito alla lettura del testo citato. D.M. Confidenze Da “Appunti di viaggio in Nepal” di M.R. “20 novembre 1974. Magnifica giornata di viaggio. Percorsi circa 1400 km di deserto in terra afgana. Mi ha colpito la fierezza della gente. Mentre negli altri paesi, per esempio, tutti chiedono l’autostop, qui niente. Gli uomini portano in testa un turbante che termina con una fascia per avvolgersi il viso. Viaggiamo a circa 2000 metri di altitudine, fa quindi freddo anche quando c’è il sole. La gente sta seduta davanti alle casette fatte di fango, imbacuccata in vecchi pastrani, a prendere il sole. Qualcuno zappa la terra; si vedono molti pastori con carovane di dromedari: bellissimo. La città di Kandahar sorge dal deserto, fatta tutta di terra. Ad un distributore di benzina si è avvicinato un ragazzetto sui dieci anni per chiedere l’elemosina. Un vecchio cappotto gli copriva il capo e le spalle. Batteva i denti dal freddo, pur essendoci un bel sole. Mi ha fatto pena: gli ho regalato i guanti di lana e poi sono scappato via perché uno stormo di altri bimbi mi era addosso. Dopo il “pranzo”, si è avvicinato un altro ragazzo: tutto felice perché non lo cacciavamo via… Avevamo usato dei piatti di carta per mangiare della carne in scatola. Naturalmente piatti e scatole vuote erano finiti, dopo l’uso, in mezzo alla sabbia. Ci chiese con gli occhi se poteva raccoglierli, poi se ne andò ringraziandoci, augurandoci la pace di Hallah, felice di una mela, di un paio di piatti di carta, di un bicchiere ed una scatoletta di carne, vuota! Alla sera siamo arrivati a Kabul. Mentre scrivo, ci stiamo dirigendo verso la frontiera pakistana, dopo aver percorso circa 6.700 km in sei giorni esatti. Non ho mai scritto che viaggiamo giorno e notte senza pause. Un certo problema lo avremo in Pakistan-India-Nepal, perché bisognerà viaggiare tenendo la sinistra, eredità dei coloni inglesi. Questa mattina ho visto alcuni uomini inginocchiati sul ciglio della strada; addirittura un camion si era fermato ed il guidatore era sceso per fare la preghiera rivolto verso oriente. I cimiteri sono caratteristici: sulla cima di una collina sventola uno straccio legato ad un palo; un pezzo di pietra, di roccia, sopra un cumulo: tutto lì. Arriviamo alla frontiera afgano-pakistana, ma è chiusa: si dorme tutti e due”. Itinerario: Confine afgano- Herat, km 120; HeratKandahar, km 573; Kandahar-Kabul, km 486; Kabul-confine afgano, km 223. (continua) Briciole * Domenica scorsa è stata molto simpatica la cerimonia della benedizione degli animali. In uno splendido pomeriggio, il campo dei Tolentini ha visto la pacifica e festosa invasione di tanti amici a quattro zampe (c’era anche un pesce!), convenuti per ricordarci che il mondo sarebbe meno bello senza la loro presenza. Sono stati raccolti € 310,94 destinati alla adozione a distanza di alcuni bambini. ** Sabato 17 ottobre alle ore 19.15 in Patronato di san Simeon, incontro con padre Vincenzo Pavan, prete veneziano del PIME, missionario in Brasile. *** Domenica 18 ottobre: GITA in PULLMAN a PRAGLIA. Sono a disposizione ancora alcuni posti. Partenza da Piazzale Roma alle ore 12, dopo la messa parrocchiale. Pranzo in ristorante, visita alla Abbazia, partecipazione ai Vespri (ore 18,30), rientro previsto per le ore 20,30. **** Fondo di solidarietà. Nella scorsa settimana (4/10-10/10): entrati € 225,74 e usciti € 260.- Fede, speranza, carità - son le vie per l’eternità. Intenzioni delle Messe della settimana Lunedì 12 + Francesca e def. fam. Bardelle Martedì 13 + Don Giovanni Cristofoli (+ 13/10/1969), parroco ai Tolentini dal 1962. Mercoledì 14 + Luigi e Silvano \\ + Armando Giovedì 15 + Cornelio Venerdì 16 + Narciso e Lucia Sabato 17 + Decio, Luisa, Piero e Sandro Domenica 18 ore 10,30 + Gaetano e Clementina ore 18,30 Ai “parrocchiani” di S. M. Maggiore “Non litigate mai. L’uomo che voglia dare il meglio di sé, non può perdere tempo in contese personali. Meglio cedere il passo ad un cane, che farsi mordere da esso”. (A. Lincoln)