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Chirurgia: responsabilità professionale o professione a rischio ?
In occasione della Tavola Rotonda intitolata “Chirurgia: responsabilità
professionale o professione a rischio?” ad un Congresso della Società Italiana di
Chirurgia, fu donato a me e ad altri Colleghi un libro: “La Scuola del Giovane
Medico” scritto nel 1838 dal Prof. Domenico Minichini Docente all’Università di
Napoli (vedi oltre il frontespizio del libro).
Chi, come me, ha letto con avido piacere questo libro, avrà certamente
scoperto, o ritrovato se volete, concetti che ritagliano una figura di medico non
proprio sovrapponibile a quella che oggi non raramente incontriamo.
L’immagine disegnata nel libro è quella di una persona, che quelli come me
premiati da una consistente dote anagrafica hanno ancora in mente a testimonianza di
un dato non letterario, ma reale: l’immagine cioè di una persona colta, preparata,
seria, conscia della sua posizione e responsabilità, continuativamente aggiornata,
indipendente, soprattutto fiera e soddisfatta del suo lavoro, della sua missione.
Oggi si leggono articoli nei quali è stato coniato un termine, “burn-out”, che
vuole esprimere il profondo e grave disagio di tutta la classe medica per l’affievolirsi,
fino all’annullamento in molti casi, di quell’immagine che poc’anzi ho tentato di
ridisegnare.
A pagina 68 Minichini scrive:” La Medicina è una specie di Magistratura”.
Pensate quale accostamento! come pare ardito ai nostri giorni!
Io avevo uno zio, un fratello di mio Padre, magistrato a Genova negli anni
30 - 40. La di lui persona, il di lui portamento erano tali che, quando parlava a noi
giovani sull’Amministrazione della Giustizia, egli ci appariva come un sacerdote e
quest’immagine è rimasta nella mia mente. Anche il nostro Medico di Famiglia aveva
un portamento analogo.
Medicina e Magistratura sembrano davvero un binomio con tante analogie.
Ritorniamo al nostro libro, che si rivela preziosa fonte di concetti. A pagina
70:” Molti vorrebbero che i Medici fossero responsabili degli errori commessi a
danno degli ammalati”. Questa tesi è discussa in questo paragrafo. Al tempo dei
Greci gli errori dei medici restavano impuniti, in ossequio a quanto personaggi illustri
sostenevano.
Platone: ”Medicus ab omni poena solutus esse debet, si is qui ab ipso curatur,
ipso invito, moritur”.
Ippocrate: ”Soli Medicinae poena nulla statuta est, praeterquam ignominiae”.
Compare cioè l’onta del fallimento.
A differenza dei Romani, presso i quali specialmente i chirurghi potevano per
cagione di danno al malato essere chiamati in giudizio, così come si legge in
Ulpiano:” Medicus imperite secans, actione ex lege Aquilia, conveniri potest”.
Ma il nostro Autore non è d’accordo con i Romani: ”E giusta le leggi vigenti
presso le diverse nazioni civilizzate, tranne il caso di dolo, gli errori de’ Medici non
s’imputano loro a delitto; altrimenti ogni giorno vi sarebbero giudizi di tal fatta.
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Ed i Medici, che sono i soli giudici competenti, non sarebbero sempre imparziali; né
potrebbero in ogni circostanza distinguere la verità dall’errore”.
Oggi prevale la legge dei Romani e sono sorprendenti queste affermazioni così
indulgenti verso il Medico, espresse in tempi relativamente recenti. Ma tra queste
affermazioni ve ne sono un paio che meritano una meditazione.
La prima: “….gli errori dei Medici non si imputano loro a delitto, altrimenti
ogni giorno vi sarebbero giudizi di tal fatta”. In questa frase ho sottolineato
ogni giorno: è ciò cui assistiamo oggi, la grande frequenza con cui s’innescano
procedimenti a carico dei Medici spesso fondati su motivazioni banali, errate o
capziose.
La seconda: “…i Medici che sono i soli giudici competenti non sarebbero
sempre imparziali”. Questa frase riguarda la competenza e l’imparzialità dei Medici
nel giudicare l’operato di altri medici: entriamo cioè nel campo dei Medici - Legali e
soprattutto dei Consulenti Tecnici d’Ufficio e di Parte.
Ecco un caso paradigmatico.
Trauma in uomo di 65 anni: frattura dell’VIII costa Sinistra ed evidenza di lacuna
splenica sottocapsulare in aumento volumetrico. Splenectomia. 10 anni circa dopo
l’evento, il paziente cita per danni il Chirurgo. La motivazione principale è nella
perizia medico-legale dell’attore: ” Il chirurgo si è trovato nella necessità di estrarre
gli organi addominali per sondare la cavità con difficoltà di riposizionamento nelle
giuste sedi anatomiche. Da cui sovvertimento anatomo-topografico degli organi
addominali”. Questa perizia è firmata da un medico, che si fregia dei seguenti titoli:
neurologo, medico-legale, sessuologo, psicoterapeuta, Consulente Tecnico del
Tribunale.
Nella mia Consulenza Tecnica a favore del Chirurgo, invitavo chi di dovere a
rivedere il film “Totò Diabolicus”, dove sembra di vedere analogia con quanto
descritto dal succitato Medico Legale.
Per inciso: il procedimento si era concluso favorevolmente per il Chirurgo.
E’ constatazione molto frequente in tali frangenti avere a che fare con
Colleghi, che sono, a differenza di quanto il nostro Autore sostiene, non solo in mala
fede e certamente non imparziali, ma anche profondamente ignoranti e incompetenti.
E così si ritorna alle colpe e ai difetti proprio di noi Medici, ma si evince anche
l’ingenuità, se volete, di Magistrati e di Avvocati che si affidano a Consulenti
Tecnici del Tribunale o di Parte, come il plurititolato consulente, protagonista del
caso che ho prima raccontato.
Mentre sto vergando queste righe, mi giunge Genova Medica 4 aprile 2015,
il Bollettino Ufficiale dell’Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri
della Provincia di Genova, dove leggo con grande interesse l’Editoriale di
Enrico Bartolini, Presidente dell’Ordine, dal titolo “Società Aperta”.
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Tra i molti concetti così bene espressi dal Dottor Bartolini, ne emergono alcuni
che si inseriscono egregiamente nei pensieri esposti in questo scritto, che sto
preparando, nella cui compagine mi permetto di inserirli.
Così come per altre professioni, “per tappe successive è decaduta la
Medicina nell’opinione del mondo col volgere dei secoli. Il “mestiere” dei medici
oggi è groviglio di controverse opinioni e di pratici paradossi: ricevono dai grandi
della terra i supremi onori, ma sono nello stesso tempo considerati come servi..........
.......in teoria sono sempre lodati come i salvatori del mondo, nella pratica sono
frequentemente insultati dai pazienti con la messa in discussione delle diagnosi e
delle prescrizioni”.
E non soltanto in teoria i Medici ed in particolare i Chirurghi possono essere
considerati “salvatori del mondo”, se leggiamo i dati impressionanti pubblicati su
The Lancet 2015: circa 17 milioni di morti nel mondo sarebbero dovuti a mancate
cure chirurgiche adeguate.
Questi dati effettivamente ci fanno capire quanto soprattutto l’attività chirurgica sia
essenziale per la sopravvivenza di molti. Ma forse non abbiamo bisogno di questi
dati per confermare quanto bene possano fare i chirurghi. Quanti nostri Colleghi
conosciamo che svolgono con dedizione e passione il loro lavoro. Non possiamo
ignorare d’altra parte quante difficoltà essi possano incontrare nello svolgimento di
questa così bella, nobile ed entusiasmante professione. Mi riferisco ad esempio al
fenomeno via via ingravescente della progressiva diminuzione nei reparti del
personale di ruolo operante. E così molti chirurghi sono costretti a svolgere il lavoro
con turni di sala operatoria, di reperibilità e di guardia via via sempre più faticosi e a
rischio anche di possibili errori. Un esempio del tutto attuale: reparto chirurgico con
10 - 15 operatori di ruolo progressivamente ridotti a 5 operatori, con mantenimento
del numero di degenti in attesa di intervento.
E malgrado queste difficoltà, tanti Colleghi, che conosco e dei quali seguo il lavoro,
si mantengono degni del Giuramento un tempo pronunciato con tanta Fede.
Ecco perché è necessario continuare ad alimentare la stima per i Chirurghi e
contribuire a sollecitare chi ci governa a migliorare le condizioni di lavoro di questi
Colleghi.
La Chirurgia potrà restare ancora una professione a rischio per tanti motivi, ma
sarebbe salutare se, grazie al libro di Minichini e agli argomenti che ne sono scaturiti,
emergesse il concetto che rivalutare e potenziare la responsabilità professionale, non
solo dei chirurghi, potrebbe significare anche serenità e sicurezza per la nostra
professione.
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Il frontespizio del libro del Prof. Domenico Minichini
Docente all’Università di Napoli
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