Con l`operazione di Pronti Contro Termine (PCT) si

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Con l`operazione di Pronti Contro Termine (PCT) si
FINANZA AZIEDALE A.M. Rinaldi – Integrazione 1 (9-6-4-3 CFU)
1- I PRONTI CONTRO TERMINE
Con l’operazione di Pronti Contro Termine (PCT) si stipula un contratto attraverso
il quale il cliente acquista dalla Banca un certo numero di titoli (solitamente Titoli di
Stato ed obbligazioni non convertibili italiane o estere) e la banca si impegna a
riacquistarli a scadenza (non superiore a 365 giorni) ad un prezzo solitamente più
alto. Questo tipo di operatività è stata introdotta in Italia nel 1979 ed i titoli sottostanti
sono, di solito, titoli di Stato o titoli monetari.
Il prezzo di vendita è fissato in base al valore nominale del titolo sottostante,
opportunamente maggiorato del rateo della cedola in corso se è un'obbligazione;
ovvero per le azioni maggiorato dell'eventuale dividendo di periodo atteso fra la data
a pronti e quella termine. Il prezzo di riacquisto è determinato in base al prezzo di
vendita e al tasso di interesse concordato tra le parti.
Qual è il rendimento?
La differenza tra il prezzo d’acquisto e il prezzo di rivendita rappresenta la
remunerazione per il cliente.
Normalmente non è consentita l’estinzione anticipata: il cliente che vuole rivendere i
titoli in anticipo dovrà pagare una penale.
Con questo tipo di operazione, quindi, il cliente acquista una serie di strumenti
finanziari di proprietà della banca e si impegna a restituirli nella stessa quantità alla
scadenza concordata (solitamente 2, 4, o 6 mesi, mai superiore ad 1 anno), ad un
prezzo di vendita predeterminato alla stipula del contratto. Questo implica che il
rendimento è definito all’inizio dell’operazione, esattamente come nei BOT.
L’operazione finanziaria di PCT può essere equiparata ad un prestito di denaro fatto
alla banca (venditore), per il quale viene riconosciuto un “tasso di interesse” fisso, ed
un prestito di titoli fatto al cliente (acquirente).
Chi può sottoscrivere i Pronti Contro Termine?
I soggetti che normalmente investono in questo tipo di operazione sono 4:
1) Risparmiatori – Obiettivo: investimento a breve termine a tassi di mercato.
2) Imprese - Obiettivo: smobilizzo del portafoglio titoli per ottenere finanziamenti a
breve termine.
3) Intermediari finanziari - Obiettivo: controllare la liquidità o incrementare la
raccolta.
4) Banca Centrale (BCE) - Obiettivo: indirizzare i tassi di interesse e controllare la
base monetaria assumendo il ruolo di venditore o acquirente, in base alla congiuntura
di mercato e alla politica di breve periodo.
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Come comprare i PCT ?
Il risparmiatore che vuole “acquistare e vendere” pronti contro termine deve essere
titolare di un conto corrente bancario (o conto corrente online) ed aprire un deposito
titoli. Questo naturalmente comporta dei costi aggiuntivi (imposta di bollo ed
eventuali spese accessorie) che normalmente non sono previsti nei conti corrente.
In genere, chi ha già un conto deposito può acquistare subito i Pronti Contro Termine.
Negli ultimi tempi le operazioni di pronti contro termine hanno conquistato la
fiducia di milioni di risparmiatori, complice anche il forte appeal degli ottimi
rendimenti e le varie campagne di informazione ad opera della banche online, in
controtendenza rispetto alle banche tradizionali che ancora oggi malvolentieri
propongono questo tipo di operazione ai propri clienti.
La riluttanza da parte delle banche tradizionali è da ricercarsi nella scarsa
redditività per la banca stessa, infatti, rispetto ad obbligazioni o fondi comuni, questo
tipo di investimento talvolta è vantaggioso più per il cliente che per la banca che lo
propone.
Molto spesso, si tratta quindi di uno strumento utilizzato per acquisire nuova
clientela, alla quale proporre altri tipi di investimenti allo scadere del contratto.
Vantaggi
- Per operare con i pronti contro termine è sufficiente avere un conto corrente ed un
deposito titoli. La maggior parte delle banche non addebita nessun costo di
sottoscrizione o altra spesa.
- Guadagno predeterminato: proprio come per i BOT, il cliente conosce fin da subito
l’importo che guadagnerà a scadenza. Questo consente di fare investimenti che non
risentono delle oscillazioni di mercato, differentemente dai titoli quotati.
- Grande liquidità: rappresentano la soluzione ideale per chi vuole fare investimenti a
breve termine: si parte da vincoli a 1 mese, per arrivare ad un massimo di 12 mesi.
Svantaggi
- Nessuna copertura dal FITD: a differenza delle somme depositate sul conto corrente
o in un conto deposito, le somme investite in PCT non sono garantite dal Fondo
Interbancario di Tutela dei Depositi (fino a 100.000,00 euro per correntista).
- Rischio emittente e rischio controparte: si tratta del rischio che la banca
(controparte) non sia in grado di adempiere alla sua obbligazione, e del rischio che
l’emittente dei titoli sottostanti sia insolvente.
- Vincolo investimento: nel caso in cui si decida di disinvestire anticipatamente si
perdono gli interessi maturati.
- Importo minimo di investimento: ogni banca prevede una soglia minima
(mediamente 5.000 euro) per poter effettuare operazioni di PCT.
- Nessuna agevolazione fiscale: In passato, differentemente dai conti correnti o dai
conti deposito, per i quali gli interessi maturati erano soggetti ad una diversa ritenuta
fiscale, le operazioni di PCT prevedevano un aliquota agevolata del 12,5% da
applicare sul guadagno (capital gain). Oggi la situazione è cambiata: la tassazione è
passata al 26% sia per i PCT che per i conti correnti o conti deposito.
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Rischio emittente – Come evitarlo ?
Si tratta del rischio di fallimento della società emittente i titoli sottostanti
l’operazione di pronti contro termine.
Caso pratico: il sottostante di un PCT è costituito da obbligazioni private di una
società che fallisce prima del riacquisto a termine da parte della banca.
In questo caso siamo di fronte ad una impossibilità sopravvenuta ad adempiere (la
società a causa del fallimento è impossibilitata a rimborsare il prestito
obbligazionario). Tale impossibilità comporta l’estinzione dell’obbligazione di
entrambe le parti del rapporto: società e banca. Pertanto, è solo il proprietario delle
obbligazioni, ovvero il cliente, ad accollarsi il rischio della perdita.
In definitiva, nel valutare tale rischio si consiglia di prendere in seria considerazione
la solidità patrimoniale e le prospettive economiche della società che emette gli
strumenti finanziari sottostanti.
Attenzione!
Il rischio emittente, pur essendo un rischio tipico dei PCT, non sempre è accollato
al cliente. Ad esempio qualche banca garantisce comunque il riacquisto di titoli. E’
importante, quindi, andare a verificare caso per caso attraverso l’attenta lettura dei
fogli informativi.
Rischio controparte – Anche la banca può fallire?
Si verifica quando la banca (controparte) è impossibilitata a riacquistare i titoli
venduti, ad esempio nel caso in cui fallisca.
Il rischio controparte si annulla qualora il sottostante sia rappresentato da Titoli di
Stato, infatti, anche se la banca fallisse, il cliente rimarrebbe proprietario di titoli
garantiti dallo Stato. Allo stesso modo, eventuali obbligazioni corporate che
rimangono di proprietà del cliente possono essere sempre vendute sul mercato,
tuttavia, non è garantito che il prezzo di vendita sia maggiore rispetto a quello di
acquisto, ovvero, il rischio è quello di perdere oltre agli interessi anche una parte del
capitale investito.
Caso limite si ha quando la banca propone pronti contro termine con sottostante
composto da obbligazioni emesse dalla banca stessa, ebbene, in questo caso il rischio
emittente ed il rischio controparte coincidono.
Se da un lato quindi, “eliminiamo” il rischio emittente, dall’altro, in caso di
fallimento della banca rimarremmo proprietari di titoli senza valore, dato che sul
mercato nessuno sarebbe disposto ad acquistare obbligazioni di una banca fallita.
Si tratta chiaramente di casi estremi che, normalmente, possono essere esclusi o
limitati se ci rivolgiamo a banche di primaria importanza e solidità.
Pertanto, prima di scegliere la banca a cui rivolgersi sarebbe utile controllare anche il
suo rating e quello della controparte che emette il sottostante.
In conclusione la garanzia principale dei Pronti Contro Termine è rappresentata dal
sottostante: se si tratta di Titoli di Stato possiamo stare più tranquilli, ma il
rendimento sarà inferiore rispetto a PCT con sottostante obbligazioni corporate.
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Come incidono i costi sui guadagni dei PCT
Tra la gamma dei prodotti di liquidità, i Pronti Contro Termine normalmente
offrono interessi maggiori, tuttavia, per calcolare il rendimento effettivo bisogna
considerare le varie voci di costo legate a questo tipo di operazione.
In primo luogo, le banche richiedono l’apertura di un conto corrente e di un deposito
titoli che, oltre a canone mensile e spese di gestione, sono soggetti entrambi ad un
imposta di bollo progressiva. Tali spese, tuttavia, possono essere ridotte optando per
l’apertura di un conto corrente online.
In secondo luogo, bisogna considerare altre tipologie di spese che variano da banca
a banca:
- Spese di acquisto o sottoscrizione, o spese periodiche di gestione e amministrazione
- Spese per operazione (a pronti e a termine)
- Imposte di bollo su dossier titoli
- Spese di annullamento anticipato
- Ritenuta fiscale sui guadagni = 26% (in passato era prima 12,5%, poi il 20%!)
Grazie alle banche online la maggior parte di questi costi possono essere annullati o
ridotti notevolmente, tuttavia è bene sottolineare che al diminuire della somma
investita aumenta l’incidenza dei costi fissi bancari sul rendimento effettivo.
Da cosa dipende il tasso di interesse pattuito?
Il tasso di interesse, e quindi il rendimento dell’operazione, dipende dai tassi di
interesse di mercato e viene concordato con il cliente alla stipula del contratto.
Naturalmente esso è influenzato in modo considerevole dal titolo sottostante: pronti
contro termine che inglobano Titoli di Stato avranno un rendimento inferiore rispetto
a quelli che incorporano obbligazioni corporate o bancarie.
Tassazione
Il rendimento viene tassato alla fonte. La legge finanziaria del dicembre 2011 ha
introdotto due differenti aliquote di tassazione, con riferimento alla differenza di
prezzo a pronti/termine, e agli interessi maturati sul titolo nello stesso periodo.
Contemporaneamente, ha uniformato la tassazione sulle rendite finanziarie,
aumentando quella dei pronti contro termine dal 20% al 26%, a prescindere dal titolo
sottostante.
Pertanto, l'aliquota del 26% tra la differenza fra prezzo a pronti e prezzo a termine,
dal 2014 si applica anche per i PCT su titoli di Stato (BOT, BTP, ecc.).
Resta al 12.5% la tassazione degli interessi maturati su sottostanti titoli di Stato,
mentre è adeguata al 26% la tassazione degli interessi su qualsiasi altro tipo di titolo
sottostante.
La perdita eventuale (prezzo a termine minore di quello a pronti) non è deducibile,
premesso che è un evento raro, perché di prassi il prezzo a termine è noto a priori, e
non indicizzato a qualche variabile finanziaria.
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Calcolo interessi PCT
Se, ad esempio, un PCT dura 1 mese (30 giorni) ed a fronte di un esborso di 10.000
euro ne rimborserà 10.032,88 euro il suo rendimento sarà:
E' sufficiente utilizzare queste semplici formule:
i =(valore netto incassato a scadenza – esborso iniziale) * 36500/(esborso iniziale
* giorni di durata dell'operazione)
i =(10.032,88 – 10.000) * 36500/(10.000 * 30) = 4,00%.
Da tener conto che nel calcolo non sono state considerate le spese di deposito titoli
(da negoziare preventivamente) e le spese di imposte di bollo.
2- CORPORATE GOVERNANCE
All'interno di una società si definisce governo d'impresa o governo societario
(corporate governance) l'insieme di regole, di ogni livello (leggi, regolamenti etc.)
che disciplinano la gestione della società stessa.
Il termine governo d'impresa si riferisce a diversi ambiti della vita aziendale. Esso
può descrivere: i processi con cui le società sono dirette e controllate; le attività con
cui si incoraggiano le aziende a seguire dei codici (linee guida di governo societario);
le tecniche di investimento basate sul possesso attivo (fondi di corporate governance);
un campo dell'economia che studia i problemi che derivano dalla separazione della
proprietà dal controllo.
Più in generale, il governo societario abbraccia una serie di regole, relazioni,
processi e sistemi aziendali, tramite i quali l'autorità fiduciaria è esercitata e
controllata. Tra le regole rientrano le leggi del paese e le regole societarie interne. Le
relazioni includono quelle tra tutte le parti coinvolte nella società, come i proprietari,
i manager, gli amministratori (qualora esista un Consiglio di amministrazione), le
autorità di regolazione, nonché i dipendenti e la società in senso ampio. I processi e
sistemi hanno a che fare con i meccanismi di delega dell'autorità, la misurazione delle
performance, sicurezza, reporting e contabilità.
In questo modo, la struttura del governo societario esprime le regole e i processi
con cui si prendono le decisioni in una società. Fornisce anche la struttura con cui
vengono decisi gli obiettivi aziendali, nonché i mezzi per il raggiungimento e la
misurazione dei risultati raggiunti.
Un sistema di controlli di governo societario è utile per allineare le motivazioni del
management a quelle degli azionisti. Tutte le parti coinvolte nel governo societario
hanno un interesse, sia esso diretto o indiretto, nella performance della società.
Direttori, dipendenti e manager ricevono salari, benefici e reputazione; gli azionisti
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ricevono un ritorno monetario. I clienti ricevono beni e servizi; i fornitori ricevono
compensi per i loro beni o servizi. In cambio questi singoli individui apportano valore
in forma di capitale naturale, umano e sociale.
Un fattore chiave nella decisione di un singolo di partecipare ad una società (es.
apportando capitale o lavoro) è avere fiducia che riceverà una giusta parte del
risultato economico. Se alcune parti ricevono più del giusto (es. remunerazione
eccessiva alla dirigenza), i partecipanti potrebbero decidere di uscire, con la
possibilità di un collasso organizzativo (es. gli azionisti ritirano il loro capitale). Il
governo societario è lo strumento per mantenere un alto livello di fiducia tra e
portatori di interesse.
In tutti i principali paesi industrializzati si è alla costante ricerca di condizioni
ambientali e di assetti normativi e regolamentari in grado di accrescere la
competitività e l’efficienza delle imprese. L’integrazione dei mercati, che porta ormai
le imprese ad operare oltre i confini del paese di insediamento, accresce l’interesse
sul grado di efficienza dei diversi “sistemi paese” ed è ben più ampia dei confini
geografici stabiliti, ad esempio, dall’Unione europea e monetaria.
L’apertura internazionale pertanto si prospetta a livello mondiale per effetto del
processo di globalizzazione che di fatto determina cambiamenti assai significativi
nella struttura e nelle regole di funzionamento dell’economia reale e finanziaria. Già
da diverso tempo, nelle economie occidentali, alla concorrenza tra le imprese nel
senso più tradizionale, si è affiancata una nuova forma di competizione tra “sistemi
paese” che si confrontano sull’efficienza delle rispettive istituzioni e sulle regole che
governano l’economia, i cui effetti non possono che condizionare le imprese che tale
economia rappresentano.
E’ pertanto necessario per il sistema imprenditoriale di un paese, verificare la
struttura e i meccanismi di corporate governante che presidia il corretto
funzionamento delle società di capitali e proporne eventualmente azioni correttive al
fine di eliminare le disfunzioni più evidenti.
E’ evidente che laddove la gestione della società tecno-struttura è conferita ad una,
il management appunto, si consegue una situazione di completa separazione fra la
proprietà ed il controllo gestionale. Il “governo societario” non sarà dunque volto a
ricercare un equilibrio tra gli interessi dell’azionista imprenditore e l’azionista
investitore, bensì a risolvere la tensione tra l’obiettivo di massima remunerazione per
il capitale apportato dai soci, indistintamente considerati, ed il potere di gestione
assunto dagli amministratori della società.
In questa prospettiva, il sistema di corporate governance, riconduce ad un’unica
logica istituti e meccanismi societari e di mercato, quali:
l’assemblea della società per azioni e la tutela delle minoranze azionarie;
gli organi amministrativi e di controllo della società (consiglio d’amministrazione
ed il collegio sindacale);
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la società di revisione (responsabile della verifica contabile e della certificazione dei
conti annuali della società);
gli investitori istituzionali (che partecipano in misura crescente al governo delle
società in cui investono i patrimoni della clientela);
il controllo esercitato dalle banche;
il monitoraggio del mercato dei capitali;
la qualità dell’informazione che si fornisce al mercato;
l’azione di vigilanza esercitata dalle competenti autorità di controllo;
l’azione giudiziaria presso i tribunali che i risparmiatori possono adire per tutelare i
propri interessi.
La teoria economica più recente ritiene tema centrale della corporate governance
la ricerca di un bilanciamento tra l’interesse al profitto del socio ed il potere del
management, anche nel caso in cui esso non sia esercitato per il conseguimento di
finalità che divergono dagli obiettivi dell’azionariato da cui trae legittimazione. Tale
ricerca diviene di importanza prioritaria negli ordinamenti in cui è diffusa la public
company, ossia una società per azioni i cui titoli rappresentativi del capitale di rischio
quotati in borsa, sono diffusi fra il pubblico indistinto dei risparmiatori. In tale
circostanza la frammentazione della proprietà fra tanti piccoli azionisti accentua il
fenomeno della spersonalizzazione e per contro, concorre ad accrescere enormemente
il potere detenuto dai managers; questi ultimi privi di un referente nella struttura
proprietaria, hanno quale unico contrappeso alla loro azione il mercato delle imprese.
Infine, non può essere tralasciato l’importante ruolo che gli investitori istituzionali
svolgono nell’indirizzare le imprese verso l’adozione di adeguati sistemi di corporate
governance. Tali soggetti privilegiano nelle scelte d’investimento prevalentemente
quelle che assicurano gestioni trasparenti ed assetti di controllo equilibrati.
Strumenti della corporate governance
Le deleghe di voto
Per gli effetti che ne conseguono, la rappresentanza per delega in assemblea è un
aspetto che tutti i principali ordinamenti si sono preoccupati di regolare sottraendo
l’argomento alla libera determinazione delle imprese azionarie in sede di statuto. In
Italia la disciplina in tema di sollecitazione e raccolta delle deleghe è stata
profondamente innovata con il Testo Unico delle disposizioni in materia di
intermediazione finanziaria. Nelle società con azioni quotate in mercati regolamentati
la sollecitazione di deleghe di voto è unicamente consentita ai soci, purché detengano
una partecipazione non inferiore all’1% del capitale sociale rappresentato da azioni
con diritto di voto ed a condizione che la titolarità sia certificata con l’iscrizione nel
libro soci nei sei mesi che precedono l’assemblea. Gli azionisti che soddisfano i
requisiti appena delineati non possono promuovere la sollecitazione autonomamente,
ma devono avvalersi di intermediari finanziari abilitati, i quali effettueranno la
richiesta di conferimento presso la generalità degli azionisti. Possono altresì
promuovere la raccolta di deleghe di voto le associazioni costituite tra gli azionisti di
una società quotata che siano composte da non meno 50 soci, ciascuno dei quali
titolare di una partecipazione azionaria non eccedente lo 0,1% del capitale sociale.
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Pertanto diversamente dai sistemi anglosassoni, i vari soggetti che a vario titolo
partecipano all’attività dell’impresa (amministratori, sindaci, dipendenti) non possono
in assenza di un legame partecipativo, rappresentare in assemblea gli azionisti della
società.
Voto per corrispondenza
Si tratta di uno strumento volto ad accrescere la tutela delle minoranze nelle società
con azioni quotate sui mercati regolamentati. Inizialmente previsto per le società
controllate dallo Stato o da enti pubblici, con il Testo Unico delle disposizioni in
materia di intermediazione mobiliare, il voto per corrispondenza è stato esteso a tutte
le società che fanno appello al pubblico risparmio, sempre che tale modalità di voto
in assemblea sia prevista nell’atto costitutivo. Nel caso quindi sia previsto, l’ordine
del giorno deve essere pubblicato e non può essere ne modificato ne integrato durante
lo svolgimento dell’assemblea. Spetta all’azionista far pervenire entro il termine
stabilito alla società la scheda di voto con specificate le indicazione dei voti che tali
titoli assicurano.
Patti di sindacato
L’assetto di controllo di una società può essere il frutto di un contratto negoziato tra
diversi azionisti, ciascuno dei quali non è ovviamente in grado singolarmente di
incidere sulle deliberazioni dell’assemblea. L’obiettivo di esercitare il controllo sulla
società è altresì conseguito per il tramite di accordi informali fra gli azionisti, in
questo caso non sempre resi noti al mercato ed alle autorità di controllo, nonostante la
CONSOB richieda espressamente che “qualunque patto o accordo che comporti per
gli aderenti limitazioni o regolamentazioni del diritto di voto, obblighi o facoltà
preventiva consultazione, deve essere comunicato preventivamente alla Consob entro
5 giorni dalla data di stipulazione”.
[Fino ad un recente passato questi patti di sindacato erano completamente segreti (si
mitizza sul fatto che Enrico Cuccia, presidente di Mediobanca, promotore dei più
importanti patti di sindacato italiani, li battesse a macchina personalmente per evitare
possibili fughe di notizie) - si dubitava persino della loro stessa validità, ma ai quali
gli aderenti, per consuetudine sociale, si sentivano comunque obbligati "sul loro
onore" - mentre ora la legge sulle società quotate del 1998, oltre a riconoscerne
l'ammissibilità, ne prevede però un onere di pubblicità attraverso il deposito presso il
registro delle imprese (Camera di Commercio) e presso la Consob, pena la nullità
degli stessi. Se un azionista in assemblea vota in violazione degli accordi assunti nel
patto di sindacato, il suo voto è valido ma è tenuto a risarcire i danni eventualmente
procurati agli altri aderenti al patto.]
Amministratori indipendenti
Il consiglio d’amministrazione di una società può essere composto di
amministratori esecutivi (soggetti a cui sono conferite le principali funzioni
direttive dell’impresa) ed amministratori non esecutivi, in genere numericamente
superiori e sprovvisti d’incarichi gestionali. Tra gli amministratori non esecutivi si
individuano, con sempre maggiore frequenza, soggetti che si caratterizzano per
un’accentuata indipendenza personale ed operativa. Nella prospettiva della corporate
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governance, gli amministratori indipendenti assumono una particolare rilevanza,
poiché con il ricorso a tali profili professionali si incide direttamente sulla struttura e
sulle competenze del consiglio di amministrazione di una società. Nelle imprese
caratterizzate da una accentuata frammentazione della proprietà, gli azionisti non
sono spesso in grado d’indirizzare e soprattutto di valutare l’azione dell’organo
gestionale. E’ opinione prevalente che la presenza nel consiglio d’amministrazione di
amministratori non esecutivi , ma dotati di potere d’iniziativa su specifici compiti
possa assicurare agli amministratori esecutivi un supporto professionale
estremamente valido.
Poteri Speciali nelle società pubbliche privatizzate
Di diritti speciali si parla in particolar modo in relazione alla privatizzazione di
imprese del settore pubblico. Nel nostro ordinamento sono state predisposte cautele a
presidio a quelli che sono considerati interessi collettivi in società che perseguono
obiettivi nazionali. Pertanto dove lo Stato perda il controllo di imprese di pubblici
servizi può inserire clausole riguardanti l’attribuzione di diritti speciali così da
mantenere il controllo nelle decisioni più delicate nella gestione aziendale.
Lo Stato pertanto può intervenire:
-imponendo per legge un limite massimo al possesso di azioni al fine di agevolare la
formazione di public company;
-individuando azionisti di riferimento al fine di costituire noccioli duri che
garantiscano stabilità nella conduzione della società;
-prevedendo il voto per corrispondenza per tutelare le minoranze;
-riservando diritti speciali al ministero dell’economia (golden share). Tale potere
viene ad esempio esercitato con la facoltà di veto in alcune decisioni assembleari o
con la designazione di soggetti nel consiglio d’amministrazione.
3- LA QUOTAZIONE IN BORSA
L'operazione di quotazione consiste nell'offerta agli investitori delle azioni di una
società come atto conclusivo di un processo che porta alla quotazione dell'emittente
in uno o più mercati. Gli attori coinvolti in una operazione, oltre alla società
emittente, sono: gli investitori istituzionali e individuali, gli azionisti che partecipano
all'offerta vendendo azioni possedute, gli advisor e le banche del sindacato di
collocamento, la società di gestione del mercato di quotazione, l'autorità di controllo
che autorizza l'offerta.
L’ammissione alla quotazione in borsa
La quotazione in borsa è in generale un'operazione molto complessa per l'elevato
numero di scelte che una società deve affrontare, come l'obbligo di rispettare i vincoli
e le procedure previste dalle normative e dagli organi di controllo (CONSOB). E'
inoltre necessario che la società che intende quotarsi, ricorra alla collaborazione di
intermediari finanziari professionisti specializzati per individuare il mercato più
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adatto, per ripartire i rischi dell'operazione nonché per determinare il prezzo di
collocamento ed a quale tipologia di investitori rivolgere l'offerta di titoli.
Il fine principale di una qualsiasi quotazione è quello di ampliare le fonti finanziarie
e diffondere l'immagine aziendale consentendo l'ingresso di nuovi soci nel capitale
azionario. Entrando sul mercato un'azienda si espone al confronto con le altre società
già presenti sul listino sottoponendo se stessa al giudizio della comunità finanziaria
riguardo alle proprie capacità reddituali e finanziarie.
Quindi le motivazioni che spingono una società a quotarsi sono molteplici, ma
fondamentalmente riconducibili a tre tipi:
- Istituzionali: creando un mercato pubblico per i propri titoli si fornisce un prezzo di
riferimento e si permette ai soci in essere di liquidare più facilmente le proprie quote;
- Finanziarie: con la raccolta di nuove e più articolate forme diversificate di
finanziamento a minor costo;
- Strategiche: il listino accresce la trasparenza e la visibilità e pertanto favorisce le
relazioni di marketing e di rapportarsi con l'esterno.
Requisiti per accedere alla quotazioni
I requisiti per l'accesso alla quotazione in borsa possono essere sintetizzati in
requisiti formali e requisiti sostanziali.
- Requisiti formali stabiliti dal regolamento d'ammissione determinati dalla CONSOB
e dalla Borsa Italiana quali la Certificazione del bilanci con la pubblicazione e
deposito degli ultimi 3 esercizi annuali e dalla redditività: la società deve esercitare
un'attività capace di generare ricavi.
- Requisiti sostanziali quali che la società svolga un'attività che garantisca una
crescita costante e che possa dimostrare la capacità di produrre reddito attraverso la
distribuzione futura di dividendi ai soci.
La preparazione alla quotazione richiede l'assistenza di consulenti specializzati, il
più importante dei quali è lo sponsor. Lo sponsor, previsto dai regolamenti della
Borsa Italiana, è un intermediario finanziario che assiste la società nell'intero
processo di quotazione e nel periodo successivo. Una sorta di garante che funge da
controllore-tutor all'operazione di quotazione e che tuttavia s'impegna a seguirla
anche dopo. Provvede a creare successivamente alla quotazione, che gli scambi siano
sufficienti a determinare la fissazione di un prezzo.
Struttura dell'operazione
Il collocamento può essere rivolto al pubblico, in modo che tutti possano avere
accesso all'acquisto dei titoli, oppure in forma privata, cioè che l'operazione sia
rivolta solo ad un gruppo di investitori istituzionali contattati da canali privati.
L'offerta pubblica, che presenta per sua natura e struttura i costi maggiori proprio
per i più rigidi obblighi previsti dalla legge e per i maggiori impegni pubblicitari e
prende nome di IPO (Initial Public Offering).
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(L’operazione di IPO richiede solitamente tempi piuttosto lunghi, in molti casi si
conclude tra i 9 e i 12 mesi.)
Nell'ambito delle IPO possiamo individuare delle diverse modalità strutturali nel
collocamento:
- Tramite Offerta Pubblica di Sottoscrizione (OPS), ovvero la possibilità data agli
investitori di sottoscrivere azioni di nuova emissione. In questo caso la liquidità
generata affluisce totalmente nelle casse societarie;
- Tramite Offerta Pubblica di Vendita (OPV), ovvero l'alienazione di azioni già
esistenti e possedute dagli azionisti. In questo caso la liquidità affluisce agli azionisti
e nulla nelle casse societarie;
- Tramite Offerta Pubblica di Vendita e di Sottoscrizione (OPVS), ovvero lo
sfruttamento congiunto delle due modalità precedenti e la liquidità generata dal
collocamento affluisce una parte nelle casse della società e l'altra ai vecchi azionisti.
Consorzi di collocamento e garanzia
Come detto, i collocamenti sui mercati regolamentati avvengono con l’intervento di
intermediari specializzati. Tali intermediari normalmente si organizzano costituendo
consorzi o sindacati di collocamento e garanzia. Essi intervengono a sostegno delle
imprese quando:
- una società quotata in borsa effettua un aumento di capitale di tipo oneroso o misto;
in questo caso la garanzia si attua attraverso l’acquisto dei diritti di opzione non
esercitati al termine del periodo di offerta;
- una società procede ad una O.P.V. (offerta pubblica di vendita), ossia quando la
società interessata si rivolge al consorzio per la vendita sul mercato di azioni già
emesse.
I consorzi vengono diversamente costituiti a seconda delle finalità che attraverso
questi si intende perseguire, ma comunque la forma più ricorrente è quello in cui i
consorziati si obbligano al classamento dei titoli e solo in via residuale, a
sottoscrivere l’eventuale invenduto.
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