rassegna

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rassegna
Anno VI - Numero 9-10
15-31 maggio 2005
sommario
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EUGÈNE
UGÈNE DEE BEAUHARNAIS
EAUHARNAIS, primo Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia ((doc.
doc. Serv.
Serv. Biblioteca
Biblioteca Naz.
Naz.))
in primo piano
Massoneria e diritto
Di nuovo a Strasburgo
Bicentenario
Napoleone e la massoneria
Manifestazioni
Mazzini e la massoneria
Franco D’Aspro:
artista cattolico e massone
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9
Attività internazionale
Il Grande Oriente a Vilnius
Nasce la massoneria bosniaca
Standing ovation per il GM Raffi
Incontri Servizio Biblioteca
Giornata
della Fratellanza Universale
attività Grande Oriente d’Italia
Notizie dalla comunione
DIREZIONE, REDAZIONE
AMMINISTRAZIONE:
Via di San Pancrazio, 8
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Tel. 06 5899344
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rassegna stampa storia e cultura
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rassegna stampa attualità
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14
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rassegna stampa
massoneria e diritto
in primo piano
massoneria e diritto
Ricorso europeo del Grande Oriente d’Italia
contro una legge liberticida del Friuli Venezia Giulia
Di nuovo a Strasburgo
C
on un ricorso depositato il 16 aprile
2002 e rubricato con il numero
26740/02, il Grande Oriente d’Italia ha
censurato, dinanzi alla Corte europea dei
diritti umani, la normativa dettata dall’art.
55 della legge del Friuli Venezia Giulia, n.
1/2000, che impone l’obbligo di dichiarare la propria appartenenza a Logge massoniche, “o comunque a carattere segreto”, per la nomina o designazione nei
consigli di amministrazione delle società
a partecipazione regionale, in quelli degli
enti regionali e nei comitati di nomina regionale, denunciando la violazione dell’art. 11 (libertà di associazione), dell’art.
14 (divieto di discriminazione) e dell’art.
13 (diritto ad un rimedio interno effettivo)
della Convenzione europea dei diritti
umani.
Si tratta di una normativa analoga a quella, adottata dalla Regione Marche, che la
stessa Corte europea ha già definitivamente accertato essere contraria al diritto alla libertà di associazione, tutelato
dall’art. 11 della Convenzione europea con
la sentenza del 2 agosto 2001, Grande
Oriente d’Italia di Palazzo Giustiniani c.
Italia, ricorso n. 35972/97.
Il 21 marzo 2005, il giudice relatore incaricato di istruire il ricorso ha deciso di disporne la notifica al Governo italiano, richiedendo a quest’ultimo di presentare,
entro il 13 giugno 2005, le proprie osservazioni sulla ricevibilità e sul merito dello
stesso. Si tratta del primo, fondamentale
passaggio procedurale che presuppone un
positivo vaglio preliminare circa la recivibilità del ricorso. Secondo la Corte, inoltre
il ricorso in oggetto rientra tra quelli che
si prestano ad un esame congiunto della
ricevibilità e del merito, con accorpamento delle due fasi e conseguente presumibile accelerazione dei tempi di trattazione.
Successivamente alla presentazione delle
difese del Governo italiano, il legale del
Grande Oriente d’Italia, l’avvocato Anton
Giulio Lana, avrà termine sino all’11 luglio
per il deposito di eventuali osservazioni
di replica, nonché per la quantificazione
dell’equa soddisfazione ai sensi dell’art.
41 della Convenzione.
bicentenario
bicentenario
MILANO / Terzo appuntamento del programma
di celebrazioni del Grande Oriente d’Italia
Napoleone
e la massoneria
N
el suggestivo salone degli Affreschi
della Società Umanitaria di Milano
si è svolto il 14 maggio il terzo appuntamento delle manifestazioni culturali che
celebrano il bicentenario del Grande
Oriente d’Italia. Dall’Illuminismo al periodo napoleonico è stato il filo conduttore
di questa intensa giornata di studi che ha
visto alternarsi illustri studiosi di varie
università italiane e straniere in un convegno intitolato “Ragione e ‘comodo pubblico’: Napoleone e la Massoneria”, rea-
Sede della Società Umanitaria
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lizzato con il patrocinio della Regione
lombarda, del Comune e della Provincia
di Milano.
Moderato da Arturo Colombo, professore
emerito dell’ateneo pavese, il convegno
si è caratterizzato per la presenza di relazioni su due ambiti storiografici diversi
ma strettamente collegati: il primo riguardante l’influsso che la presenza napoleonica ebbe in Italia e soprattutto a
Milano; il secondo invece sul ruolo della
massoneria bonapartista e la nascita del
Grande Oriente d’Italia.
Paolo Virginio Gastaldi, professore di storia del pensiero politico all’Università di
Pavia nonché presidente del Collegio circoscrizionale dei Maestri Venerabili della
Lombardia, ha tracciato uno stimolante
quadro sul concetto della tolleranza sostenendo che i liberi muratori considerano la prima virtù, in quanto permette a
uomini di condizioni diverse di sedere
fraternamente nei Templi e lavorare insie-
Il Gran Maestro Raffi nel corso dei lavori
me con reciproco rispetto, circostanza
che aprì spazi innovativi anche in campo
politico. Il moderno stato di diritto, infatti, implica che tutti i suoi componenti godano della piena uguaglianza giuridica,
civile e politica. Tale traguardo è stato
raggiunto con un processo storico difficile e, contrariamente a quanto comunemente si crede, la Rivoluzione francese
non è stata la prima a realizzare simile
riforma, né la sua realizzazione è stata
duratura.
Dell’influsso napoleonico nella società,
nella cultura e nelle arti se ne sono occupati rispettivamente Angelo Varni, Paolo
Bosisio, Ferdinando Mazzocca e Anna Finocchi.
Varni, ordinario di storia contemporanea
all’Università di Bologna, ha posto in evidenza gli straordinari mutamenti intervenuti nell’Italia napoleonica, come se l’arnumero 9-10 / 2005
bicentenario
bicentenario
rivo delle armate francesi avesse forzatamente trasferito la nostra società dalla secolare arretratezza
alla modernità della nuova civiltà europea. Gli esiti
più profondi e duraturi riguardarono il consolidamento delle strutture dello Stato moderno con il relativo formarsi di una burocrazia professionale e di
un consistente apparato militare. La Repubblica italiana e il Regno, rispettivamente dal 1802 e dal 1805,
consentirono lo sviluppo di una società “amalgamata” all’interno di un preciso quadro di riferimento istituzionale e amministrativo, cui certo fornì un
utile collante lo sviluppo della massoneria.
Bosisio, ordinario di Storia del teatro all’Università
Statale di Milano, con una brillante esposizione si
soffermato sulla nascita, nel periodo napoleonico,
di una nuova civiltà dello spettacolo, dominata dalla nuova funzione riconosciuta al teatro, che da puro divertimento, spesso concepito ad uso delle
classi più elevate, diviene strumento primario di
educazione civile e morale per il cittadino. In quel
periodo venne ripensata radicalmente l’organizzazione dei teatri, che si ritenne doveroso ricondurre
interamente nelle mani del governo, sottraendola
all’interesse commerciale di impresari e capocomici, riformulando la struttura della compagnia, che
da nomade dovette trasformarsi in stabile e nazionale, e venne rinnovata la figura dell’attore nelle cui
mani venne posto un compito didattico, culturale e
morale fra i più importanti. E ancora il teatro venne aperto gratuitamente a tutto il popolo e il repertorio ripensato in senso rivoluzionario e democratico. Da tale patrimonio di idee, per la prima
volta formulate in modo compiuto, nacque il moderno teatro.
Mazzocca, professore di Storia della Critica d’Arte
all’Università Statale di Milano, ha illustrato la vivace committenza privata e pubblica milanese, stimolata dal ritrovato orgoglio cittadino di essere
nuovamente capitale. Gli stilemi neoclassici, miranti alla razionalità dell’uso e al decoro funzionale, si
arricchirono di nuovi temi. A fianco delle allegorie
educative attinte dal patrimonio classico e illuministico, i nuovi ideali civili vennero coltivati per celebrare i fasti di Napoleone conquistatore e pacificatore. Fu un momento formativo nazionale importante anche perché gli artisti e gli intellettuali impegnati provenivano da tutte le regioni. Bossi, direttore di Brera, e il massone Andrea Appiani, pittore aulico, furono i protagonisti indiscussi.
numero 9-10 / 2005
PROCREAZIONE: Grande Oriente,
diseducativo invito astensione
Un appello ai cittadini affinché “esercitino il loro diritto-dovere” a votare ai referendum è stato lanciato dal Grande Oriente d’Italia. “Riteniamo fortemente
diseducativo ogni invito all’astensione che allontani i cittadini dalle Istituzioni
e che potrebbe suscitare nei giovani una disaffezione all’esercizio delle proprie
prerogative democratiche. Per questo motivo il Grande Oriente d’Italia esprime
il vivo auspicio affinché venga esercitato da tutti i titolari il diritto-dovere di votare”. L’appello è stato lanciato dal Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia di
Palazzo Giustiniani, Gustavo Raffi, a margine del Convegno internazionale di
studi “Ragione e ‘comodo pubblico’: Napoleone e la Massoneria” in corso a
Milano e che si svolge nell’ambito delle celebrazioni per il Bicentenario della
Istituzione. “Approssimandosi la scadenza istituzionale referendaria sulla procreazione assistita – afferma in una nota Raffi – il Grande Oriente d’Italia, portatore di una tradizione che ha espresso i valori fondanti dello Stato italiano ed
ha annoverato tra i suoi membri molti tra i più illustri Padri della Patria, formula un appello affinché la contrapposizione politica non indulga a comportamenti che sviliscano il rilievo costituzionale dell’Istituto di democrazia diretta”.
“Nel pieno rispetto della libertà di coscienza dell’individuo – aggiunge – il
Grande Oriente d’Italia non intende impartire alcuna indicazione di voto, bensì
sottolineare l’importanza di un pieno e civile confronto democratico tra opinioni discordanti. Il confronto, in una società laica e moderna, si deve esprimere attraverso gli strumenti offerti dalla Costituzione fra i quali si pone il referendum, con cui il cittadino concorre allo svolgimento di una funzione fondamentale dello stato, quella legislativa”. Il Convegno “Ragione e ‘comodo
pubblico’: Napoleone e la Massoneria” è il terzo degli appuntamenti culturali in
programma per i 200 anni della fondazione del Grande Oriente d’Italia. “Celebriamo il nostro Bicentenario – ha detto il Gran Maestro Raffi – senza imbalsamare il nostro passato, rivisitando criticamente la nostra storia. I nostri duecento anni sono stati spesi al servizio di nobilissimi ideali che hanno permesso di creare una società libera, moderna, democratica ed egalitaria, con religione e potere secolare separati e distinti. Sappiamo che la massoneria è stata ed è, per alcuni, una presenza imbarazzante: ma questo è per noi motivo di
orgoglio. Il fastidio che noi arrechiamo nasce, infatti, dai valori e non dagli interessi, dal desiderio di portare una voce costruttiva e non dall’ambizione di
costituire un potere “altro”. Il nostro spazio è quello della libertà e del confronto tra le varie diversità contro omologazioni e conformismi”.
Le dichiarazioni del Gran Maestro Raffi sono state riprese da numerosi
quotidiani nazionali, tra cui “La Repubblica” e “Il Messaggero”
Roma - 16 maggio 2005
PROCREAZIONE: Volontè, per una volta
d’accordo con Capezzone i cattolici non sono
integralisti
“Per una volta sono d’accordo con Capezzone. I cattolici non sono integralisti,
piuttosto da Severino a Veronesi c’è un ampio mondo ‘radical-chic’ che falsa
la propria origine. L’origine dell’uomo adulto è il giovane, il ragazzo, il fanciullo, il bimbo a 9 mesi, fin dall’unione di ovulo e spermatozoo. Ma a Capezzone
dà fastidio, fa ribrezzo la propria origine come ai tanti abrogazionisti”. Lo dichiara in una nota il presidente del gruppo UDC alla Camera. Luca Volontè.
“Non è tra cattolici e laici il confronto in atto, piuttosto è – rileva Volontè – tra
chi difende la realtà, la scienza, i diritti umani e la maternità e coloro che a questi valori umani contrappongono il proprio sogno di superpotenza. È la prima
volta che i radicali hanno a disposizione tutta la stampa e tutta la massoneria,
eppure combattono i diritti umani dell’embrione umano con la menzogna
scientifica più spietata”.
in primo piano
Il tavolo dei relatori
Milano - 14 maggio 2005
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bicentenario
in primo piano
bicentenario
Roma - 16 maggio 2005
PROCREAZIONE:
Volontè, straparla non
confondere articoli di fede
e articoli di legge
Daniele Capezzone, segretario dei Radicali, risponde
al capogruppo dell’Udc alla Camera, Luca Volontè,
per i quale “i radicali hanno a disposizione tutta la
stampa e tutta la massoneria” nella campagna referendaria. “Vedo che la prima calura estiva o pre-estiva già produce effetti devastanti su Volontè, che straparla di ‘massoneria’, ‘superpotenza’, e non so più di
cos’altro”, replica Capezzone, che poi si domanda: “a
quando la denuncia del ‘complotto demo-pluto-giudaico-massonico’?”. “La verità”, secondo Capezzone per il quale questa è “triste per Volontè, e per il
suo partito”, è che “i cattolici italiani, che sono dei liberali e non dei fondamentalisti, hanno ben poco da
spartire con queste tragicomiche sortitè”, e “non
hanno mai confuso articoli di fede e articoli di legge,
e anche stavolta, come su divorzio e aborto, voteranno dalla parte della libertà, se solo vi sarà – sempre
secondo Capezzone – un livello decente e civile di
informazione scritta e radiotelevisiva”.
Roma - 17 maggio 2005
PROCREAZIONE: Grande
Oriente Italia, astensione
incivile una sindrome da
quorum ha colpito l’onorevole
Volontè
Contro i nuovi appelli all’astensionismo interviene
oggi il Grande Oriente d’Italia: “all’onorevole Volontè,
nell’approssimarsi della scadenza referendaria –
dichiara il Gran Maestro Aggiunto, Giuseppe Anania –
è scattata la sindrome da quorum e con essa il timore
che la maggioranza dei cittadini possa recarsi alle
urne per esprimersi a favore o contro i quesiti
proposti”. Ieri il presidente del gruppo Udc alla
Camera, Luca Volontè, aveva rivendicato la scelta
astensionista, sottolineando come i radicali, pur
avendo a disposizione “tutta la stampa e tutta la
massoneria, combattono i diritti umani dell’embrione
con la menzogna scientifica più spietata”, con
implicito riferimento alla posizione già espressa dal
Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia, Gustavo
Raffi, e alla questione dell’identità dell’embrione. Il
Gran Maestro, ha spiegato Anania, aveva lanciato un
appello agli italiani affinché “esercitino il dirittodovere di voto, senza impartire indicazioni sulla
scelta da effettuare che riserva alla libera
determinazione di ogni elettore, e considerando
l’astensione una forma di diseducazione al voto, e di
violazione delle regole della religione civile”.
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Finocchi, docente presso la Facoltà di Architettura di Milano-Bovisa, ha ripercorso il profondo
processo di trasformazione della
città di Milano durante la breve
età napoleonica (1796-1815) e il
rinnovato impegno degli architetti
di “programmare” la trasformazione urbanistica ed edilizia della
Il pubblico in sala
città, destinata al ruolo di capitale, ideando degli spazi pubblici e dei servizi collettivi come protagonisti
della riorganizzazione della città moderna.
Sul ruolo della massoneria bonapartista in Europa e in Italia, e la nascita
del Grande Oriente d’Italia sono intervenuti Eric Saunier, Franco Della Peruta, Gian Mario Cazzaniga e Claudio Bonvecchio.
Saunier, professore in storia moderna all’Università di Le Havre, ha tracciato una interessante analisi della massoneria ai tempi del Grande Impero che fu uno strumento di mediazione e di trasformazione sociale. Dopo
un breve periodo di esitazione Bonaparte decise di fare delle Logge massoniche un apparato ideologico di Stato e uno strumento di controllo sociale che permetterà all’Obbedienza francese di conoscere un vorticoso
sviluppo. La nascita del Grande Impero fu perciò accompagnata all’emergenza di un Grande Oriente massonico il cui scopo sarà anche quello di
riuscire ad amalgamare la classe dirigente locale ai funzionari francesi. Fu
una politica riuscita? Secondo il relatore la fioritura di Logge ed officine
di alti gradi nel Grande Impero mascherò la realtà dello scacco di questa
strumentalizzazione che entrerà in contrasto con il cosmopolitismo massonico originario ma ciò non deve far dimenticare che questo fu anche momento cruciale di trasformazione per le società massoniche europee, in ragione della reazione che il progetto napoleonico suscitò tra i liberi muratori.
Della Peruta, ordinario di Storia del Risorgimento all’Università Statale di
Milano e soprannominato durante il convegno dal moderatore il “Gran
Maestro degli storici” per la sua straordinaria carriera, ha sottolineato con
efficacia il ruolo che Napoleone voleva svolgesse la massoneria e quello
effettivamente svolto dalla medesima anche dopo il crollo dell’impero.
Con gusto si è soffermato su un testo dimenticato del fratello Francesco
Salfi, intitolato “Iramo” (italianizzazione di Hiram).
Delle vicende che portarono alla nascita del Grande Oriente d’Italia ha parlato Cazzaniga, professore di Filosofia Morale all’Università di Pisa, affermando che tale evento costituì uno dei momenti salienti, e peraltro poco
rilevati, del processo di costruzione dell’unità nazionale italiana. La presenza di esuli meridionali a Milano e l’accordo fra il Grande Oriente di Milano e il Grande Oriente presso la Divisione del regno d’Italia attestata nel
regno di Napoli rappresentarono infatti una primo momento di unificazione del dibattito illuministico e massonico, che già aveva visto prefigurato
nella cultura italiana un superamento delle divisioni degli antichi stati italiani. La nascita di società segrete politiche (Raggi, Centri, Astronomia Platonica) a cavallo fra gli ultimi anni del ‘700 e i primi dell’800 costituì un
risvolto politico e organizzativo del dibattito culturale nelle Logge, aprendo un processo storico che, attraverso la massoneria del periodo napoleonico, la carboneria e le sette mazziniane, porterà alla nascita del Regno
d’Italia nel 1861.
Claudio Bonvecchio, ordinario di Filosofia delle Scienze Sociali dell’Università dell’Insubria (Varese), ha chiuso gli interventi dei relatori affermando che gli avvenimenti politici durante il periodo napoleonico mostrarono la fragilità dell’assetto politico-sociale uscito dalla Rivoluzione:
un assetto che non essendo legittimamente fondato necessitava di qualcosa che lo potesse fondare. Occorreva dar vita a un ordine simbolico in granumero 9-10 / 2005
bicentenario
bicentenario
do di costituire – tramite una legittimazione superordinata – il potere,
proteggendo i singoli e la collettività dalle spinte sempre ricorrenti provenienti dall’inconscio: la parte non razionale presente nell’uomo e su di lui
incombente. Quando venne meno, con la Rivoluzione, l’ordine simbolico
dell’antico regime senza che un altro ordine altrettanto coeso prendesse il
suo posto, si verificò un vuoto di potere ed il conseguente rischio di precipitare nel caos. Tale vuoto e tali rischi, nelle circostanze rivoluzionarie,
vennero, provvisoriamente, colmate dalle forme primordiali dell’inconscio
collettivo (o archetipi) che – prive di qualsivoglia controllo razionale – afferrarono singoli e collettività, inducendo comportamenti altrimenti incomprensibili. Tale situazione durò soltanto per un periodo limitato, lasciando
poi luogo, necessariamente, ad un nuovo ordine simbolico. Tuttavia il nuovo ordine napoleonico non risolse il problema iniziale – la legittimazione
– dando luogo ad una instabile e precaria stabilità che segnò il mondo
contemporaneo, nato dalla Rivoluzione, con conseguenze che giungono sino al presente.
Le conclusioni del convegno sono state affidate al Gran Maestro Gustavo
Raffi che ha evidenziato come la massoneria italiana sia sempre stata al
servizio del nostro Paese, ponendo le premesse della sua unificazione proprio nel periodo napoleonico. Ma più che l’unificazione materiale del territorio, l’obiettivo primario è stata l’unificazione civile dei suoi abitanti,
diffondendo ovunque i valori del cittadino consapevole dei suoi diritti, difensore della pari dignità di tutti e sempre partecipe attivo nelle scelte comuni della civile convivenza.
Le celebrazioni del Bicentenario sono sempre in primo piano nei siti in ternet del Grande Oriente d’Italia. GoiRadio (www.goiradio.it) propone,
nell’edizione aggiornata del suo telegiornale, una breve cronaca del
convegno di Milano. All’interno sono presenti anche le interviste al pro fessor Arturo Colombo, al Gran Maestro Onorario Massimo della Cam pa, presidente della Società Umanitaria, e al professor Paolo V. Gastal di che commenta una visita guidata al Museo del Risorgimento del ca poluogo lombardo. Da non perdere l’appello del Gran Maestro Gustavo
Raffi, espresso a margine della manifestazione, a partecipare al voto re ferendario di giugno.
Per avere altre notizie sul Bicentenario è possibile consultare
www.bicentenario-goi.it e www.grandeoriente.it.
manifestazioni
manifestazioni
Conferenza nella casa massonica di Trieste
Mazzini e la
Massoneria
a massoneria triestina ha ricordato, lo scorso 21
aprile, il bicentenario della nascita di Giuseppe
Mazzini con una manifestazione organizzata dal Circolo Gymnasium e dall’Associazione di Ricerche Storiche (Ars) di Trieste nella casa massonica di corso Umberto Saba. La storica Annamaria Isastia, dell’Università la Sapienza di Roma, ha trattato il tema “Giuseppe Mazzini e la Massoneria”, mentre il saggista Roberto Del Giglio ha riferito i risultati di una ricerca svolta sui mazziniani attivi nelle Logge triestine del Grande Oriente d’italia tra ‘800 e ‘900, attraverso la documentazione degli archivi triestini della
massoneria. Ha introdotto la serata il presidente dell’Ars, Luigi Milazzi, sotto-
numero 9-10 / 2005
Il piccolo formato della
scultura in una medaglia
del Bicentenario
La medaglia è stata un ornamento, un sigillo d’arte
minore. Rappresentava
una didattica “storica”.
Anche la medaglia
degli artisti diventa
una rappresentazione scultorea con le
caratteristiche di una
precisa visibilità moderna e contemporanea.
La mini scultura realizzata
dall'artista Giorgio Facchini per il
Bicentenario della Massoneria Italiana 1805-2005,
riflette nel definito labirintico simbolico, alcuni dettagli: luna,
sole, colonna, capitello, occhio, squadratura di un pavimento, terra, acqua,
che evidenziano una
capacità di liberarsi dalle limitazioni oggettive, in
un progetto di un nuovo interesse visivo.
La medaglia è coniata in 150 esemplari in bronzo con
bagno galvanico di doratura e sarà inserita in un contenitore di perspex con una custodia a libro nera.
Per ordinazioni: Giorgio Facchini,
Tel. 0721.802849 – Fax 0721.838609
E-mail: [email protected]
Giorgio Facchini
Nato a Fano nel 1947. Studia in Fano e Venezia. All’età di 10
anni frequenta la bottega orafa di un grande artigiano dove
apprende le conoscenze tecniche. Successivamente, l’incontro con lo scultore Mannucci, è determinante per la sua
formazione. Opera nelle Marche (nella sua città natale, Fano, ha lo studio) e Milano dove è docente di Discipline Plastiche all’Accademia di Belle Arti di Brera.
Straordinario quanto realizza nella piccola dimensione scultorea; gioielli, medaglistica, oggetti, un filo conduttore che
si unisce all’ampiezza della grande scultura.
MOLTE LE SUE ESPOSIZIONI
1969
Maison Pierre Cardin, Gioielli per collezione
autunno-inverno, Parigi.
1972 e 1981 Galleria Drummonds, Melbourne.
1977
Wichita Museum, Kansas, U.S.A.
1987
Il Governo italiano gli commissiona una
scultura in 21 esemplari per Venezia
(7 nazioni più grandi)
1995
Gioiello d’artista, Museo Nacional de Bellas
Artes, Buenos Aires
1997
Museo Archeologico, Milano.
2000
Gioiello D'Artista, Santiago del Cile
2001
“Arte del Gioiello d’Artista dal 1900 ad Oggi”,
Palazzo Pitti, Firenze
2004
XXIX Art Medal, Seixal, Portogallo.
in primo piano
L
L’opera dell’artista Giorgio Facchini
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manifestazioni
in primo piano
manifestazioni
lineando come l’Associazione dedichi ogni
anno una giornata di studio ad una particolare ricorrenza e che quest’anno era quindi
d’obbligo parlare di Mazzini. Dalla lucida e
approfondita analisi della Isastia è emersa la
contiguità di Mazzini con la massoneria italiana, grazie ai suoi rapporti personali con
eminenti esponenti della stessa, primo fra
tutti Ernesto Nathan, mentre non è storicamente provata l’avvenuta sua iniziazione. Se
è vero che Mazzini si è valso della massoneria ai nobili fini politici che egli stava perseguendo, è risultata altrettanto evidente la
sincera e profonda adesione dei massoni italiani al pensiero mazziniano. L’impegno di
Ernesto Nathan per l’adozione nelle scuole
italiane come libro di testo de “I doveri dell’uomo” e di Ettore Ferrari per l’ideazione e
la realizzazione, attraverso tante difficoltà e
resistenze, del monumento dedicato all’Apostolo dell’unità nazionale, sono due esempi
tra i tanti di quanto stretto sia stato questo
rapporto sul piano ideale. Dopo avere pre-
L’orgoglio di essere
italiani e massoni
Giuseppe Mazzini
Nato: Genova 22 Maggio 1805
Morto: Pisa 10 Marzo 1872
200mo anniversario
della nascita
Il monumento a Giuseppe
Mazzini a Central Park, New
York, opera di Giovanni Turini
(1841-1899). Dedicato dai
cittadini italo-americani
La Mazzini Lodge F.& A. M.
della Gran Loggia dello Stato
di New York ha celebrato lo
storico anniversario lo scorso
22 maggio a Central Park
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sentato le diverse tesi sostenute nel tempo
da eminenti studiosi a favore o contro
un’appartenenza di Mazzini all’istituzione
muratoria, fra cui quella del nostro Carlo
Gentile, la professoressa Isastia ha concluso di non poter suffragare questa appartenenza sia sulla base di un’ampia documentazione, che rifacendosi a rapporti epistolari delle stesso Mazzini, che meglio di ogni
altro documento illustrano il suo pensiero
nei confronti della massoneria sempre chiaramente espresso senza possibilità di equivoci.
Del Giglio ha invece riferito sulla presenza
dei giovani mazziniani triestini nel movimento irredentista, all’interno della storica Loggia “Alpi Giulie” che operava segretamente a
Trieste durante la dominazione austriaca, e
di come Felice Venezian, guida del partito liberal nazionale e Maestro Venerabile della
Loggia abbia saputo contemperare l’entusiasmo all’azione di questi giovani con l’esigenza di una strategia a lungo respiro che
mirasse al risultato finale: l’unione di Trieste
alla Patria. Con la redenzione della città e la
ripresa della attività massoniche viene costituita accanto alle “Alpi Giulie” la “Guglielmo
Oberdan” cui aderiscono numerosi mazziniani fra cui il giornalista e storico Enzo Scocchi e Gabriele Foschiatti, combattente per la
libertà, membro del CLN giuliano che morirà
a Dachau a fine 1944. Egli ha quindi riferito
sulle vicende della Gran Loggia del Territorio Libero costituita durante l’occupazione
Alleata di Trieste d’intesa con il Grande
Oriente d’Italia, onde evitare il pericolo di
insediamento di altre Obbedienze straniere,
con la partecipazione attiva dei fratelli mazziniani della Oberdan, ed ha voluto concludere con il discorso pronunciato dal suo
Oratore, l’avvocato Ugo Volli, eminente
esponente dei Repubblicani triestini, al momento in cui esaurito il compito della Gran
Loggia del Territorio Libero le Logge triestine potevano rientrare in seno al Goi.
Interessanti sono stati gli interventi a segui-
Da sinistra: Luigi Milazzi,
Anna Maria Isastia, Roberto Del Giglio
Il pubblico presente alla Conferenza
to delle due relazioni con l’apporto di ulteriori testimonianze, come quella dell’avvocato Enzio Volli, figlio di Ugo, presidente onorario della Mazziniana, che ha sottolineato
con commozione la partecipazione attiva dei
massoni mazziniani e repubblicani per la redenzione prima ed il ritorno poi di Trieste alla Madrepatria.
Numerosi gli ospiti e le signore presenti alla
conferenza insieme ai fratelli di Trieste e del
Friuli, fra cui il vicepresidente della Associazione Mazziniana triestina, Carlo Bertossi, il
presidente Roberto Dal Pan nello scusarsi per
l’assenza ha voluto esprimere per iscritto il
suo compiacimento per l’iniziativa, il presidente del Collegio dei Maestri Venerabili del
Friuli Venezia Giulia, Pasquale Tigani Sava, il
presidente del Consiglio dei Maestri Venerabili di Trieste, Enzo Pellegrini, il presidente
del Circolo Gymnasium, Onorato Pugliese. Il
presidente della Provincia di Trieste, Fabio
Scoccimarro, ha invato il suo saluto, scusandosi di non poter essere presente.
(l.m.)
Convegno a Cagliari
Franco D’Aspro: artista
cattolico e massone
S
abato 9 aprile, nelle sale di rappresentanza della casa massonica cagliaritana, si è svolta una interessante tavola rotonda dal titolo “Fonti cristianomassoniche nell’arte di Franco D’Aspro”,
nel decennale della morte dello scultore.
La manifestazione, patrocinata dal Collegio circoscrizionale dei Maestri Venerabili della Sardegna e realizzata dall’Associazione Culturale Karalis Onlus, ha visto la
numero 9-10 / 2005
manifestazioni
manifestazioni
private e musei europei e
partecipazione di un vasto
americani. Don Rosario
pubblico di fratelli e profani.
Esposito si è infine sofferHa aperto i lavori il fratello
mato sul processo di dialoAndrea Allieri, presidente
go tra Chiesa e Massoneria
del Collegio sardo, che nel
degli ultimi quarant’anni alla
suo saluto di benvenuto, ha
luce del Concilio Vaticano II.
ringraziato gli autorevoli reIl famoso studioso ha ribalatori, le autorità e il qualifidito che non è corretto parcato pubblico, tra i quali la
lare di dialogo tra Chiesa e
signora Immacolata Giorgi,
Massoneria poiché tra quevedova dell’artista. L’inge- Opera di Franco d’Aspro
ste non vi è nessuna congner Giorgio Bertorino ha
tracciato il profilo artistico del massone trapposizione. Il religioso – che, insieme
D’Aspro, napoletano di origine ma sardo al Gran Maestro del Grande Oriente d’Itadi adozione, che ha lasciato un grande lia Giordano Gamberini, fece parte di una
patrimonio di opere dall’alto significato commissione per la revisione del Codice
simbolico. Sue opere sono presenti sia di Diritto Canonico – ha sottolineato che
nei Templi della Casa massonica di Ca- non solo è stata eliminata qualsiasi sangliari, sia in numerosissime chiese, piaz- zione per i cattolici appartenenti alla
ze e vie cittadine della Sardegna. Maria massoneria, ma la stessa parola “massoFrancesca Porcella ha in seguito presen- neria” non compare più nel Codice di Ditato la biografia e illustrato le opere del- ritto Canonico.
lo scultore, con particolare riferimento al- Alla manifestazione era presente anche
la vasta produzione di soggetto religioso. Armando Corona, già Gran Maestro del
L’excursus artistico di Franco D’Aspro è Goi che, per l’occasione, ha donato al
stato invece analizzato da Maria Passero- Collegio, una prestigiosa opera di Franco
ni che ha descritto le opere di carattere D’Aspro, realizzata nel 1982 e intitolata “Il
profano presenti in numerose collezioni Gran Maestro in papillon”.
Esposizione storica a
Roma sulla prima guerra
mondiale
Nel catalogo
anche il Grande
Oriente d’Italia
È in corso a Roma, presso la GATE Termini Art Gallery, una mostra su “A 90
anni dalla Grande Guerra. Arte e Memoria”. Nel catalogo, oltre a numerosi saggi brevi sugli aspetti storici, militari, artistici e letterari di questo importante periodo della nostra storia, un interessante
apparato iconografico. Segnaliamo – tra
gli altri – l’intervento del Gran Maestro
Gustavo Raffi, dedicato a “Massoneria e
Interventismo”. L’esposizione chiuderà i
battenti il 31 luglio prossimo.
attività internazionale
attività internazionale
Gran Loggia della Lituania
Il Grande Oriente
a Vilnius
N
numero 9-10 / 2005
Oriente d’Italia, che sin dall’inizio di questo percorso, non hanno fatto mancare il
loro sostegno alla crescita della massoneria in questa area geografica in cui solo
recentemente sono rinate officine.
Il Gran Maestro Aggiunto Bianchi, nel suo
intervento nel Tempio, ha ricordato l’importanza di un’Europa libera e solidale
che possa vantare come punti di riferimento i valori della massoneria vecchi di
tre secoli. Negli incontri internazionali, ha
aggiunto, si coglie l’aspirazione ad una
sempre maggiore capacità di comunicazione e di collaborazione tra le Gran Logge, siano o meno di antica tradizione. Per
questo il Grande Oriente d’Italia, negli ultimi anni, sta tentando di sensibilizzare le
varie Comunione sull’opportunità di incentivare l’impegno comune a sostegno
delle attività umanitarie rivolte, soprattutto, ad eventi di particolare gravità.
in primo piano
ei locali del Museo nazionale di Vilnius si è svolta dal 15 al 17 aprile
l’assemblea annuale della Gran Loggia
della Lituania. Il Grande Oriente d’Italia
ha partecipato ai lavori con il Gran Maestro Aggiunto Massimo Bianchi che ha
portato ai fratelli il saluto del Gran Maestro Gustavo Raffi. Erano presenti delegazioni massoniche delle Gran Logge di:
Danimarca, Estonia, Finlandia, Germania,
Lettonia, Olanda, Polonia, Russia, Svezia
e Svizzera.
Nel corso della tornata Il Gran Maestro lituano ha tracciato un bilancio dell’attività
della sua Obbedienza, risorta dopo una
lunga e drammatica dittatura, che vive
una stagione di particolare successo, con
ottimi rapporti con le autorità della Repubblica baltica. Particolare considerazione e ringraziamento ha rivolto a quelle massonerie europee, tra cui il Grande
7
attività internazionale
in primo piano
attività internazionale
Il Grande Oriente d’Italia a Sarajevo
Nasce la massoneria bosniaca
A
nche in Bosnia la massoneria ha innalzato le colonne. La cerimonia ufficiale, officiata dal Gran Maestro della
Gran Loggia d’Austria Michael Kraus, che
ha “portato la luce” coadiuvato dal Gran
Maestro della Gran Loggia di Slovenia
Miran Rems, si è svolta lo scorso 16 aprile a Sarajevo alla presenza di rappresentanze massoniche provenienti dalla Repubblica Ceca, Croazia, Germania, Serbia, ed Ungheria. Anche il Grande Oriente d’Italia ha preso parte alla manifestazione con i fratelli Giovanni Cecconi, Roberto Rosini, Riccardo Aldegheri e Carlo
Tomaso Parmegiani.
Nel portare i saluti del Gran Maestro Gustavo Raffi, il fratello Cecconi ha evidenziato l’importanza della presenza della delegazione massonica italiana in Bosnia.
“Siamo onorati di essere a Sarajevo – ha
detto Cecconi –, città martoriata e simbo-
lo di una guerra piena di odio, fatta di genocidi e di esasperazioni delle diversità di
razza, poiché si è assistito alla nascita di
una nuova vita: la libertà fatta di fratellanza, uguaglianza e tolleranza, perché la vita è una con gli altri, una vita per gli altri”.
Il Gran Maestro della Gran Loggia di Bosnia ed Erzegovina, Edwin Dervisevic, ha
ringraziato i presenti e ha messo in risalto che, per sempre, nel cuore della massoneria bosniaca ci sarà un posto particolare per il Grande Oriente d’Italia che
ha voluto sostenere la nuova Comunione
in vari modi, tra l’altro donando ai fratelli i paramenti per i lavori rituali.
New York/La 224esima riunione di Gran Loggia
Standing ovation
per il Gran Maestro Raffi
L
a 224ª assemblea della Gran Loggia
di New York, che si è svolta dal 2 al
3 maggio, ha offerto al Gran Maestro –
accompagnato dal Grande Ufficiale Salvo
Pulvirenti, dal Consigliere dell’Ordine
Carlo Petrone e dai Garanti d’Amicizia Enzo Viani ed Eglio Martini – anche l’occasione di incontrare, nei giorni precedenti,
i fratelli italo-americani delle Logge “Garibaldi” e “Mazzini” ed, in particolare, i
fratelli Vincent Libone, Gran Tesoriere,
Biagio Valenti, Grande Ufficiale della Gran
Loggia di New York, Michele Spagnuolo e
Giuseppe Ventimiglia, rispettivamente Garante d’Amicizia ed ex Garante del Grande Oriente d’Italia nella Grande Mela.
Questi rapporti, come quelli intrattenuti
8
dal Grande Oriente con i fratelli di origine italiana nel mondo, costituiscono un
obiettivo strategico per la nostra obbedienza, perché consentono di mantenere
un legame culturale e affettivo con la comunità degli italiani all’estero.
Il Gran Maestro ha avuto colloqui con i
principali esponenti della Gran Loggia: il
Gran Maestro Trosin, il Deputy Bidnick e
il Gran Segretario Savitzky. Nell’occasione il Segretario Esecutivo della Conferenza Mondiale delle Gran Logge Thomas
Jackson, lo ha invitato personalmente a
recarsi quanto prima a Philadelphia, sua
città di residenza.
La splendida sede massonica della 23esima strada ha ospitato l’assemblea della
Gran Loggia di New
York in un clima di
grande armonia, registrando la presenza
di 23 delegazioni
estere. Nel corso dei
lavori il Gran Maestro
Raffi ha preso la parola suscitando l’entusiasmo dei fratelli
presenti (per ben cinque volte è stato interrotto da calorosi
applausi), che gli
hanno tributato una lunga standing ovation.
Il Gran Maestro ha così esordito: “Dove
eravamo rimasti? Per me essere a New
York è come trovarmi a casa”… “Le nostre
obbedienze marciano unite, vivono nella
storia e avvertono il grido di dolore che
promana dalla società ogni qual volta
vengano lese la dignità e la libertà dell’Uomo. Per questo operano insieme a difesa della democrazia e dei diritti delle
genti” … “Attualizziamo i nostri valori, –
è stata la sua conclusione – facciamoli
pulsare all’interno delle nostre Logge ma,
soprattutto, diffondiamoli nella società in
cui viviamo, affinché la speranza di un’umanità più felice non rimanga un mero
desiderio, ma un progetto concreto, fatto
non solo di idee, ma di grandi azioni”.
Il magazine di “America Oggi”, l’unico
quotidiano in lingua italiana stampato negli Stati Uniti, ha pubblicato il 15 maggio,
in una pagina intera, una versione ridotta
del discorso tenuto dal Gran Maestro Gustavo Raffi in occasione dell’ultima Gran
Loggia di Rimini. L’articolo viene diffuso
su www.oggi7.info .
numero 9-10 / 2005
Incontri Servizio Biblioteca
Il 24 giugno serata sotto le stelle a Villa ‘Il Vascello’
Giornata della
Fratellanza Universale
U
na serata all’insegna
dell’arte e della cultura
celebrerà il prossimo 24 giugno a Villa ‘Il Vascello’ la
Giornata della Fratellanza
Universale che dallo scorso
anno – su delibera della Conferenza Mondiale delle Grandi Logge,
adottata nell’ultimo meeting di Santiago del Cile – viene festeggiata dalle massonerie regolari dei cinque
continenti.
Nel parco della sede nazionale del
Grande Oriente d’Italia, il Servizio
Biblioteca del Grande Oriente d’Italia ha organizzato, per le ore 20, un
incontro con il regista Luigi
Magni, conosciuto per i suoi
film storici di carattere risorgimentale, al quale parteciperanno Franco Abbina,
artista poliedrico, noto per
le sue attività letterarie, pittoriche, musicali e teatrali, e Bruno
Battisti D’Amario, musicista di fama
internazionale, nonché Presidente
del Collegio Circoscrizionale dei
Maestri Venerabili del Lazio, che
eseguirà brani dei film di Luigi Magni
dei quali è stato interprete musicale.
Il Gran Maestro Gustavo Raffi chiuderà gli interventi in programma.
Il Gran Maestro Gustavo Raffi, con decreto n. 84/GR del 6 maggio 2005, ha nominato il fratello Bernardino Fioravanti, Gran Bibliotecario del Grande Oriente d’Italia. A fortiori, il fratello Fioravanti conserva l’incarico operativo di responsabile
del Servizio Biblioteca del Goi.
notizie dalla comunione
notizie dalla comunione
C
IRENZE – Due appuntamenti della serie “Lettere e Simboli” – le
conversazioni mensili d’arte, letteratura e cultura condotte da Guido
D’Andrea e Vittorio Vanni – hanno rinnovato a maggio le attività del salotto
letterario delle Giubbe Rosse (piazza
della Repubblica, 13-14/R).
Lunedì 9 maggio, alle ore 21,30, il giornalista e scrittore Alfredo Scanzani ha
F
numero 9-10 / 2005
tenuto una conferenza su “L’incantesimo
delle ninne-nanne”, introducendo il pubblico nel mondo della favola, del folklore e della semplice ed innocente magia
popolare; giovedì 12 maggio, alle stessa
ora, è stata invece la volta degli archeologi Mario Pagni e Fabrizio Trallori
che hanno affrontato l’argomento “Rennes Le Chateaux. Verità ed inganni nel
neotemplarismo”. Esperti di tematiche
cosiddette “tradizionali”, i due studiosi
hanno analizzato, con razionalità scientifica ed intuizione metafisica, uno dei
temi più dibattuti dai mass-media negli
ultimi decenni.
ROSSETO – L’ormai tradizionale Festa delle Rose sarà celebrata il prossimo 24 giugno
(ore 12) nella splendida cornice della
campagna maremmana, a Giuncarico di
Grosseto, presso la pittoresca dimora –
la Tenuta Valpazza – del fratello Gianni
Dormi, Maestro Venerabile della Loggia
“Intelligenza e Lavoro” (717) di Prato,
l’officina che ogni anno celebra ritualmente questa cerimonia e che si è fatta
promotrice di divulgarla ed estenderla a
G
Un’immagine del film “In nome del popolo sovrano”
diretto dal regista Luigi Magni
Il Gran Segretario
informa
• Dal 1° giugno 2005 la settimana lavorativa
della sede nazionale del Grande Oriente d’Italia (via di San Pancrazio, 8 – Roma) si articolerà dal lunedì al venerdì adottando un
nuovo orario che sarà identico per tutti gli
uffici: dalle ore 9,30 alle ore 13 e dalle 14 alle 18.
A partire dalla stessa data sarà inoltre attivata, in modo permanente, una segreteria
telefonica, fatta eccezione dalle ore 11,30 alle 13 e dalle 16,30 alle 18. Tale disposizione
è rivolta a limitare le interferenze durante
l’orario di lavoro e, di conseguenza, migliorare l’efficienza delle singole funzioni.
• Saranno editi nel 2007 – anno in cui ricorre il 200º anniversario della nascita di Giuseppe Garibaldi – quattro volumi del Gran
Maestro Onorario Aldo Chiarle.
Il primo sarà dedicato a Garibaldi massone,
il secondo a Garibaldi generale della libertà
e dell’Unità d’Italia, il terzo conterrà le fotografie dei monumenti più significativi dedicati all’Eroe dei due Mondi in Italia e all’estero e il quarto alle Logge “Garibaldi” di
tutti i continenti.
Per migliorare, aggiornare ed accrescere la
raccolta, i fratelli che sono in possesso di cartoline o di fotografie con monumenti di Garibaldi sono invitati ad inviarli a: Aldo Chiarle
c/o Grande Oriente d’Italia, Via di San Pancrazio 8 - 00152 Roma.
In molte città italiane esistono monumenti mai
riprodotti in cartolina. Si invitano i fratelli di
tali località ad inviarne le foto precisando la
città e la piazza in cui si trovano.
I quattro libri avranno la prefazione del Gran
Maestro Gustavo Raffi.
attività Grande Oriente d’Italia
ATANIA – Sulla scia del processo di apertura alla società civile
voluto dal Gran Maestro Gustavo Raffi, continuano le iniziative volte
ad una migliore conoscenza della nostra
Istituzione da parte del mondo profano.
Organizzate dal Rotary Club Etna SudEst e dallo Yachting Club di Catania – in
collaborazione con il fratello Salvo Pulvirenti, Grande Ufficiale di Gran Loggia
– si sono svolte due conferenze sulla
storia della massoneria del Grande Oratore Aggiunto Bent Parodi di Belsito.
Nella rubrica “Rassegna Stampa” abbiamo pubblicato i due articoli del quotidiano “La Sicilia” relativi alle conferenze
dello scorso aprile
in primo piano
Incontri Servizio Biblioteca
9
notizie dalla comunione
attività Grande Oriente d’Italia
notizie dalla comunione
tutte le Logge della Toscana. All’iniziativa
della “Intelligenza e Lavoro”, patrocinata dal
Collegio circoscrizionale toscano, hanno
aderito sei Logge della regione: la “Citius”
(825) di Firenze, l’“Arbia” (138) di Siena, la
“Vetulonia” (123) e la “Giustizia e Libertà”
(823) di Massa Marittima, la “Niccola Guerrazzi” (665) di Follonica, la “Ombrone” (122)
di Grosseto. Un’agape bianca a conclusione
dei lavori chiuderà la manifestazione la cui
partecipazione è aperta a tutti i fratelli del
Grande Oriente d’Italia.
Per informazioni:
Collegio circoscrizionale dei Maestri Venerabili della Toscana, tel. 055 2340543.
Tenuta Valpazza, Giuncario (Gr)
MPERIA – Si è svolto il pomeriggio dello
scorso 23 aprile, nella sala Polivalente di
Piazza Duomo, il convegno dal titolo “Milizia sacra e Terzo Millennio. Missione e spiritualità nuova nella vocazione cavalleresca
templare”, promosso dall’Antico e Primitivo
Rito di Memphis e Misraim, dall’Ordine cavalleresco dei Cavalieri Beneficenti della Città
Santa e dall’Accademia de Filateti, con l’organizzazione del Circolo Concordia e il patrocinio del Comune e della Provincia d’Imperia.
Il tema di particolare interesse, la partecipazione di relatori noti a livello nazionale ed internazionale – tra cui Gabriel Mandel dell’Università di Bruxelles e Manrico Murzi dell’Università di Genova – hanno attirato una
grande partecipazione di persone, massoni e
non, che hanno affollato la sala, i corridoi e
le sale adiacenti. Il saluto del Gran Maestro
Gustavo Raffi è stato portato dal Gran Maestro Aggiunto Giuseppe Anania che si è complimentato con i promotori e gli organizzatori per la lodevole iniziativa tesa a diffondere
cultura storica ed iniziatica, creando, oltretutto, occasioni d’incontro e dibattito fra la
massoneria e il grande pubblico.
Alla manifestazione era presente anche il
Gran Jerophante del Rito, Giancarlo Seri.
I
10
Il giorno successivo, domenica 24 aprile, i
fratelli di molte Logge liguri, insieme alle loro famiglie e agli amici, hanno potuto visitare Il Principato di Seborga, nell’entroterra di
Bordighera, territorio ricco di antichissime
tradizioni cistercensi e bernardine. Durante
la visita al Palazzo del Governo, hanno visitato la Sala Capitolare dei Cavalieri di San
Bernardo, guidati dal Principe di Seborga
Giorgio I che ha illustrato ai presenti il Principato e le sue tradizioni cavalleresche.
Alle significative parole del fratello Chiarle,
che hanno sottolineato i meriti massonici e
culturali universalmente riconosciuti al neo
Gran Maestro Onorario Sessa, hanno fatto
coro le felicitazioni espresse da parte dei numerosi Maestri Venerabili di Roma, del vicepresidente del Collegio del Lazio, dei Consiglieri dell’Ordine e dei Giudici della Corte
Centrale della circoscrizione, di molti grandi
rappresentanti, del Grande Ufficiale Giuseppe Seganti ed infine, dal Gran Segretario
Giuseppe Abramo.
ALERMO – Il 18 marzo scorso, il capitolo DeMolay “Fortitudo” di Palermo, costituito ufficialmente dal DeMolay Internazionale il 2 dicembre 2004, ha
installato i propri ufficiali e advisors, nonché
accolto quattro nuovi membri.
Hanno partecipato alla cerimonia anche il fratello Domenico Maniaci, deputy italiano delle Stelle d’Oriente, e l’Ufficiale Esecutivo in
Italia dell’Ordine DeMolay, Luciano Critelli.
Con queste quattro iniziazioni il capitolo
“Fortitudo”, in soli 4 mesi, dopo essere stato inaugurato con i 15 membri previsti dal regolamento, risulta composto da 19 ragazzi
ed ha la certezza di crescere ancora nei
prossimi mesi.
P
Il Gran Maestro Onorario Luigi Sessa
IENA – La Loggia senese “Montaperti” (722) ha compiuto 35 anni. Oltre
settanta fratelli provenienti da tutta
la Toscana hanno festeggiato la ricorrenza
con una tornata alla quale hanno preso parte, tra gli altri, il Gran Maestro Aggiunto
Massimo Bianchi, il Gran Maestro Onorario
Mauro Lastraioli, il presidente circoscrizionale toscano Arturo Pacinotti, i consiglieri
dell’Ordine Stefano Bisi (membro dell’Officina), Cesare Bindi e Renzo Cappellini. “Quando una Loggia raggiunge un traguardo importante, come quello della “Montaperti” –
ha scritto il Gran Maestro Gustavo Raffi nell’introduzione di “745 anni da Montaperti, 35
anni di Montaperti”, opuscolo sulla storia
dell’officina – l’intero Grande Oriente d’Italia se ne arricchisce. L’Oriente di Siena è tra
i più attivi della Toscana e si è reso protagonista di iniziative importanti, come la visita a Siena del premio Nobel per la pace Rigoberta Menchù Tum, che è solo uno dei segni dei fiorire di idee, della volontà di esportare i valori della massoneria al di fuori del
Tempio, di coinvolgersi e coinvolgere la società civile”.
La “Montaperti” fu fondata il 16 ottobre 1970
per volere di un gruppo di fratelli senesi e
fiorentini che vollero unirsi nel nome dell’antico luogo dove si combattè la sanguinosa battaglia di Montaperti, cantata da Dante
Alighieri nella Divina Commedia.
S
Il fratello Critelli, portando anche i saluti del
Gran Maestro Aggiunto Massimo Bianchi, ha
espresso la soddisfazione per il lavoro svolto in Italia a favore dell’Ordine paramassonico DeMolay, auspicando un’ulteriore crescita del capitolo “Fortitudo” che potrebbe farsi promotore di nuovi capitoli in tutta la Sicilia.
OMA – Lo scorso 13 aprile, la Loggia
romana “Giustizia e Libertà” (767) ha
tenuto una tornata rituale in onore
del fratello Luigi Sessa, acclamato Gran Maestro Onorario il 2 aprile a Rimini, in occasione dell’ultima Gran Loggia. Momenti di commozione hanno pervaso i partecipanti, riuniti, per l’occasione, nel Tempio “Garibaldi”,
allorché il fratello Aldo Chiarle, anch’egli
Gran Maestro Onorario, in rappresentanza
del Gran Maestro Gustavo Raffi che lo aveva
appositamente delegato, lo ha rivestito delle
insegne della carica.
R
numero 9-10 / 2005
rassegna stampa
13 aprile 2005
Massoneria tra pregiudizio e realtà
Bent Parodi al Rotary Club Etna Sud-Est
La massoneria fra pregiudizio e realtà è stato il
tema che Bent Parodi di Belsito, “grande oratore
aggiunto” del Grande Oriente d’Italia, ha svolto in
una conversazione sulla storia e sulla situazione
attuale della massoneria. La Massoneria moderna
è nata a Londra, nella Bettola dell’Oca e della
Graticola, il 24 giugno 1717 espandendosi presto in
Europa e negli Stati Uniti dove, per capire il ruolo che svolse nella costituzione della federazione
americana, basta guardare alla simbologia sulla
banconota da un dollaro. Della Massoneria fecero parte personaggi illustri come Einstein, Fermi,
Liszt, Mozart, Washington, Franklin, uniti tutti da
una ricerca della verità: una via laica alla trascendenza basata sul credere nell’esistenza di un
grande architetto dell’universo.
Lungi dall’essere atea e caratterizzata da forte
simbologia – ha detto Parodi – la massoneria è
fatta di rituali fra i quali ha ricordato la consegna
di due paia di guanti bianchi, uno per l’iniziato e
uno che egli consegnerà, se e quando crederà, alla donna che egli più stima al mondo e che rappresenta la sua perfetta polarità complementare.
Circa 16100 i massoni italiani, dei quali il 10% in
Sicilia, riuniti in logge di circa 30 soci ciascuna,
fanno capo a Palazzo Giustiniani, l’unica masso-
neria riconosciuta internazionalmente. Esistono
altre associazioni massoniche, delle quali la più
nota è quella di Palazzo Vitelleschi. Ma nessuna
di queste ha ricevuto riconoscimento internazionale. Numerose – ha detto Parodi – le opere filantropiche del Grande Oriente d’Italia di Palazzo
Giustiniani, guidato dal Gran Maestro Gustavo
Raffi, ma tutte svolte con grande riservatezza
perché “non sappia la destra quel che fa la sinistra”, ha affermato l’oratore che ha concluso dicendo che il motto della Massoneria, per sottolinearne la sete di ricerca della verità, può essere “Dubito ergo sum”.
rassegna stampa
23 aprile 2005
Parodi spiega la massoneria al
pubblico dell’Auto Yachting Club
Bent Parodi, giornalista e scrittore, si è presentato al pubblico, folto e interessato, dell’Auto Yacthing Club in una veste inedita: quella di Grande Oratore del Grande Oriente d’Italia, ossia la massoneria di Palazzo Giustiniani.
E per dire appunto di questa associazione un
po’ misteriosa, presente in tutta Europa e negli Stati Uniti, che molti considerano con diffidenza e magari con sospetto, mentre si tratta
di una libera società laica, legata a una tradizione antica e volta a tutelare i valori morali e
di libertà in questo nostro mondo così distratto e confuso.
Proprio questo ha voluto sottolineare Parodi,
dopo un ampio excursus iniziale di carattere
storico e erudito sui culti segreti dell’antichità,
i misteri pitagorici, orfici e eleusini a cui si rifà
alla lontana la massoneria; così come si riporta ai Templari, ai Rosacroce e ad altre correnti spirituali e libertarie che nei secoli si sono
battute contro l’ortodossia confessionale e
l’oppressione che ne era la concreta espressione nella vita sociale.
Rifondata nel primo Settecento, la massoneria
si diffuse e si moltiplicò in tutta Europa: ebbe
nelle file personaggi di prim’ordine, pensatori,
ricercatori come gli alchimisti precursori della
chimica d’oggi, uomini di stato e di governo.
Ed ebbe una gran parte nel Risorgimento italiano, temutissima dai sovrani assoluti di quel
tempo e dai Papi ancora investiti del potere
temporale: Garibaldi, per fare un nome solo,
ne fu attivo e popolarissimo esponente, con
Cavour, Mazzini, D’Azeglio.
Un capitolo dolente, ha accennato rapidamente l’Oratore, fu quello del difficile rapporto fra
massoneria e fascismo, negli anni della dittatura, che videro i massoni spostarsi da una
posizione di attesa e di blando appoggio a
un’opposizione attiva e convinta, ricambiata
dal regime di allora con la legge che sopprimeva le società segrete e con la persecuzione
dei loro adepti, che portò alla devastazione
delle Logge e alla dispersione di un prezioso
patrimonio storico.
Risorta, la massoneria oggi è largamente diffusa
e aperta agli apporti della società: vi si approda attraverso una selezione rigorosa, ma le sue
manifestazioni sono sempre più aperte, intese
alla difesa dei valori morali e di libertà, oltre che
ad interventi benefici. Riservata ai soli uomini, in
memoria di una tradizione che risale ai culti solari dell’Egitto, la massoneria oggi “apre” alle
donne con l’associazione delle “Stelle d’Oriente”; mostra rispetto anche per la Chiesa, che in
passato l’ha osteggiata; in quanto depositaria di
valori morali, si presenta come una forza attiva
e responsabile nel mondo d’oggi.
L’Oratore, presentato dal segretario del club
dott. Franco Ballati e dal vicepresidente dott.
Antonio Mirabile, è stato ripetutamente applaudito.
L. P.
rassegna stampa
L’UNIONE SARDA 24 aprile 2005
Grembiulini in guanti bianchi
I massoni: ecco chi siamo
“Wojtyla? Era un uomo di certezze, noi coltiviamo il dubbio”
In Sardegna sono ottocento. Selezionatissimi.
Oltre la metà sta a Cagliari e una volta la settimana si ritrova a conversare in uno dei tempietti allestiti nel vecchio palazzo Sanjust,
piazza Indipendenza. Prima di varcare la soglia
numero 9-10 / 2005
del Tempio, dove sta scritto audi vidi tace
(ascolta, vedi e sta’ zitto) devono indossare un
grembiulino (simbolo del lavoro) e guanti
bianchi (mani pulite). Per il rito di iniziazione
transitano in una camera di riflessione grande
quanto una cabina balneare: dentro, la luce è
fioca; sulla parete vigila un teschio e un’istruzione per l’uso: se tieni alle distinzioni umane,
vattene. A volerci ridere sopra, è una versione
lugubre del confessionale del Grande Fratello.
rassegna stampa
Parla Andrea Allieri, presidente degli 800 iscritti al Grande Oriente in Sardegna
11
rassegna stampa
12
I massoni erano e restano un caso a parte.
Quelli più accreditati fanno capo a un’istituzione che si chiama Grand’Oriente d’Italia.
Giurano di credere in un Essere Supremo, che
non è necessariamente il Dio dei cristiani. Lo
definiscono, con enfasi edilizia, Grande Architetto dell’Universo.
Idealisti di un ente inutile o truppa in carriera? Una risposta netta è impossibile, oltreché
ingiusta. Uno dei dirigenti ha comunque detto
che la categoria si divide in due tronconi: gli
iscritti alla massoneria e i massoni.
Per stupire, fumogeni ad effetto garantito, ricorrono spesso a grandi nomi dell’album di
famiglia, nomi pescati nella soffitta della Storia: Mozart, Goethe, Garibaldi, Mazzini,
Freud, Roosevelt, Confalonieri (Federico, patriota ottocentesco).
I massoni sono divisi in Logge: ne funzionano
sedici a Cagliari, altre dodici sparse per l’Isola. Per un tempo infinito Grand’Oriente d’Italia
è stato sinonimo di Armandino Corona, repubblicano, ex presidente del Consiglio regionale, intelligenza sottile e mai sbracata, all’epoca approdato addirittura sul trono nazionale, capo riconosciuto dei quindicimila fratelli
italiani. Da anni si è messo in sonno, che è un
modo elegante per andar via: dicono sia in
dissenso col nuovo corso, che la generazione
emergente non lo appassioni.
Oggi il leader dei grembiulini sardi è un ingegnere cagliaritano di 53 anni. Si chiama Andrea
Allieri, un figlio (che non è massone) e nessuna familiarità con l’istituzione. Presidente del
Collegio circoscrizionale dei Maestri Venerabili
della Sardegna, Allieri è un uomo schivo, felice
di navigare nell’anonimato. Accetta di essere
intervistato nel segno dell’apertura all’esterno,
verso quello che viene detto mondo profano.
Con lo stesso spirito di servizio, o di martirio,
subisce gli scatti del fotografo per spazzare il
campo dal peccato originale del Grand’Oriente:
riservatezza che sconfinava nella clandestinità.
Libero professionista, si occupa di ambiente:
tra le altre, c’è anche la sua firma nel gigantesco piano di bonifica della laguna di Santa Gilla. È in massoneria da undici anni.
Com’è successo?
“All’università studiavo con un amico massone. Parlava di alta idealità”.
E lei rispose anch’io.
“Prima di accettare, ho riflettuto a lungo. Tre
anni di solitudine e di confronto con me stesso”.
Bilancio: ne valeva la pena?
“Sicuramente. È migliorato il mio rapporto col
prossimo. La massoneria è una straordinaria
palestra di vita”.
Benefici?
“Arricchimento interiore”.
Parcelle?
“Mai”.
Poco solidali, i fratelli.
“Le mie aspettative erano altre. Non mi sono
iscritto per far crescere la mia clientela”.
Un ritorno della P2 è possibile?
“Credo proprio di no. Abbiamo un buon servizio ispettivo. La P2 operava in un clima degradato”.
E aveva grande seguito in Sardegna.
“Siamo inevitabilmente portatori sani di deviazionismi, come qualunque altro settore della società. Adesso però il livello di controllo è
molto alto”.
Chi è il massone sardo?
“Tentiamo un identikit: circa quarant’anni, un
figlio, posizione sociale decorosa, cultura medio-alta”.
Professione?
“Beh, le più varie. Avvocati, medici, professori universitari, studenti”.
Proletari, quelli di Marx, manco uno?
“No”.
E, secondo lei, perché non ci sono?
“Chi approda alla massoneria è in genere un
uomo che si è liberato da preoccupazioni di
altra natura”.
Il Rotary club è una vostra anticamera?
“No, ma è un’associazione vicina. Come i
Lions”.
Dareste ai giornali l’elenco degli iscritti?
“No. Ma chi ha titolo può consultarli liberamente. Sono depositati presso la sede del
Grand’Oriente”.
Logge coperte.
“Non ne esistono più. Non solo: i massoni
debbono essere iscritti nelle Logge delle città
dove abitano”.
Operazione trasparenza?
“Precisamente. Dopo lo scandalo P2, abbiamo
passato anni infernali, zavorrati di pregiudizi
e diffidenza. Ora invece c’è anche la possibilità di conclamare l’appartenenza alla massoneria, prima non era possibile”.
Fratelli imboscati.
“Riservati, non imboscati. Durante il fascismo
mettevamo all’occhiello un fiore particolare
per riconoscerci a distanza”.
Quale fiore?
“Il non ti scordar di me”.
C’è crisi delle vocazioni?
“Direi il contrario. Da diverso tempo soffia un
vento nuovo. I tempi d’attesa per entrare variano da tre a cinque mesi. Il 2-3 per cento
delle domande di adesione viene respinta”.
Espulsioni?
“Quando occorre. Due negli ultimi otto mesi”.
Si trattava di fratelli poco idealisti e molto
materiali?
“Diciamo che si sono comportati scorrettamente”.
Dove cercate le nuove reclute?
“Non facciamo proselitismo. Chi è interessato
si fa avanti. Abbiamo molti giovani”.
Massoni juniores?
“Il fenomeno si spiega facilmente con la confusione attuale, il caos delle idealità, la nebbia
dei valori. I giovani, i nostri giovani, vogliono
approfondire certe tematiche. Per questo vengono da noi”.
Lei personalmente, quanti iscritti ha procurato?
“Forse dieci”.
Mai chiesta intercessione per un appalto?
“Mai. Noi ci muoviamo, con discrezione, verso altro genere di bisogni: povertà, salute”.
Fatebenefratelli.
“Non siamo dame di carità. La solidarietà e la
fratellanza sono cardini della nostra istituzione”.
Avete pianto la morte di Papa Wojtyla?
“Quando è successo, stavamo ascoltando il
concerto di Noah. Ci siamo uniti in raccoglimento. Il Gran Maestro ha detto che Wojtyla
era un uomo di certezze, il massone è un uomo di dubbio”.
Ma poi, in fondo in fondo che ve ne importa
del Papa?
“Abbiamo fratelli cattolici. Cattolici e praticanti”.
Preti?
“No”.
Comunisti pentiti?
“Abbiamo avuto comunisti che hanno scelto la
massoneria”.
Ratzinger vi preoccupa?
“Non ci tocca. Noi non possiamo parlare di
politica e di religione. A preoccuparci, in ogni
caso, è chi porta verità assolute di carattere
dogmatico”.
Cioè il Papa.
“Anche il Papa. Ma i nostri rapporti con la
Chiesa sono ottimi”.
Sì, ma il vostro Architetto non è il loro Dio.
“Il nostro Architetto richiama uomini di diverse credenze. Si tratta di capire in quale accezione si vuole intendere la parola Dio”.
Faccia uno spot: perché entrare in massoneria?
“Per riscoprire la centralità dell’uomo, per
trovare il senso profondo della vita. Per educarsi al dialogo e al confronto”.
Soru. Inteso come presidente della giunta re gionale.
“È questione che non ci riguarda in quanto
politica. Chi vuole, lo vota. Oppure no. Non fa
differenza. Fuori dalla Loggia poi, ciascuno di
noi sceglie come e dove impegnarsi”.
Chi vi detesta?
“Tutti quelli che hanno verità da vendere. Noi
rifiutiamo le certezze assolute, l’ho detto”.
Siete una lobby d’affari.
“Sbagliatissimo”.
Siete per caso una lobby di ideali?
“Precisamente. Alti ideali”.
Non siete una catena di sant’Antonio per car riere veloci?
“Neanche lontanamente. Chi punta a promozioni o ad affari ha maggiori opportunità altrove”.
In Loggia, no? Coi fratelli medio-ricchi mediocolti, no?
“Non sono dentro la testa di ogni singolo fratello. Ma qui esistono divieti precisi. Se hai
secondi fini, va a finire che ti escludi da solo,
ti metti ai margini”.
Bancari, medici, militari: perché hanno il dna
massone?
“Se è per questo, anche avvocati, ingegneri,
parlamentari. Comunque sia, non siamo una
corsia preferenziale”.
Quanti sono i massoni in sonno?
“Una ventina”.
Mai avuto il sospetto d’essere fuori dalla Storia?
“Mi sono posto il problema quando Montanelli accusò la massoneria di essere anacronistica. In quel periodo, tra l’altro, io non ero
ancora iscritto”.
numero 9-10 / 2005
Però.
“Però ho capito che Montanelli sbagliava.
Massoneria è vigore della idealità, pienezza
della forza. L’uomo ha necessità di perfezionare se stesso e impegnarsi per il progresso
dell’umanità”.
Lontano da appalti & affari.
“Anni luce”.
Insomma, siete missionari?
“No. Uomini visibili...”
Neanche tanto.
“Visibili per lealtà, correttezza, dignità”.
Che ne dicono le vostre mogli?
“In qualche caso pensano che quello trascorso in Loggia sia tempo sottratto alla famiglia”.
Scusi, ma perché le donne no?
rassegna stampa
“Le donne non possono entrare in massoneria
perché lo impone uno dei due grandi imperativi della nostra società iniziatica: il Grand’Oriente è solare, le donne hanno un ruolo lunare”.
E quando lo dite, nessuna che vi ride in faccia?
“Capita, capita”.
Giorgio Pisano
14 maggio 2005
I “fratelli” riuniti nel 1805 da Napoleone. Convegno alla Società Umanitaria
Il Grande Oriente da 200 anni a Milano
Anche a Milano, nei primissimi dell’800, c’erano gruppi di massoni, divisi in varie “Logge”,
“Officine” e “Obbedienze”, spesso fra loro in
rapporti tutt’altro che amichevoli.
Ecco perché, esattamente duecento anni fa,
nella primavera del 1805, Napoleone – che
nella nostra città comandava attraverso il
principe Eugenio di Beauharnais – decide di
riunire questi “fratelli”, dando vita al Grande
Oriente d’Italia, di cui faranno subito parte
personaggi destinati a diventare famosi: dal
poeta Carlo Porta (sì, proprio l’autore de “La
Ninetta del Verzée”) a Gian Domenico Romagnosi (il maestro di Carlo Cattaneo), dal pittore Andrea Appiani a Federico Confalonieri
(uno dei fondatori de “il Conciliatore”), al
filosofo Melchiorre Gioia, che aveva già dato
vita al giornale “Il Monitore italiano” insieme
al grande Ugo Foscolo. Che a sua volta aderirà alla massoneria del Grande Oriente, insieme a altri “nomi”, che hanno contato parecchio durante il Risorgimento, e dopo: da Vincenzo Monti a Silvio Pellico, a De Amicis, il
fortunato autore del libro “Cuore”, ad Arrigo
Boito, il librettista dell’“Otello” di Verdi, a Garibaldi.
Per ricordare questo storico bicentenario stamane, alle ore 9.30, si apre il convegno internazionale di studi proprio su “Napoleone e la
Massoneria”. Il convegno, promosso dal Grande Oriente d’Italia, ha luogo in via Daverio 7,
nel Salone degli Affreschi della Società Umanitaria, la benemerita istituzione milanese nata
nel 1893 per volontà di un altro massone, Prospero Moisé Loria, e attualmente presieduta da
Massimo della Campa, Gran Maestro Onorario
della massoneria di Palazzo Giustiniani.
A illustrare il ruolo svolto in vari settori – dal
teatro all’educazione, dalle arti figurative al
rinnovamento urbanistico – si alterneranno
esperti e studiosi, come Franco Della Peruta,
Ferdinando Mazzocca, Angelo Varni, Paolo
Gastaldi, Claudio Bonvecchio, Anna Finocchi,
Paolo Bosisio.
Così, il convegno odierno – che sarà concluso
nel pomeriggio dall’attuale Gran Maestro, avvocato Gustavo Raffi – offrirà un’occasione
preziosa per verificare il ruolo culturale e civile svolto da un’istituzione come la massoneria, che oggi in Italia conta oltre sedicimila
iscritti, dei quali 1270 sono i massoni operanti
in Lombardia (oltre un terzo sono proprio qui,
a Milano).
Arturo Colombo
rassegna stampa - storia e cultura
20 aprile 2005
Il “Corpus Hermeticum”
Le rivelazioni dell’ermetismo
Una visione del mondo alternativa a quella dell’Illuminismo
numero 9-10 / 2005
nella concezioni che cercavano “la vera tradizione”; per salvaguardare quest’ultima autori
quali René Guenon o Julius Evola scrivono le
loro pagine più forti contro la modernità.
E non soltanto. Lo stesso Evola nella Metafisica
del sesso (pubblicata dalle Edizioni Mediterranee) crea un ponte tra la natura e lo spirito, un
nesso che si trova in alcune parti del Corpus.
La sessualità è interpretata come elemento di
iniziazione e l’idea piacque molto a una lettrice raffinata come Marguerite Yourcenar, che
l’apprezzò ne Il tempo, grande scultore (tradotto per Einaudi). La “donna interna”, un
“metapiacere” per iniziati, di cui vi sono tracce nei testi alchemici e magici del Rinascimento — si scopre nei trattati criptici della vasta
raccolta di Jean-Jacques Manget, Bibliotheca
chemica curiosa, Ginevra 1702) – si riflette anche nelle pagine in questione. E non si creda
che l’influenza sia limitata a un certo ambito. Il
Corpus passa nelle opere di Simone Weil, di un
mistico laico come Emanuel Swedenborg che
dà il via alla chiesa della “Nuova Gerusalemme”, di un cabbalista cristiano come il ge-
suita Athanasius Kircher, il quale nell’Oedipus
aegyptiacus mescola l’esoterismo ebraico a
quello del Corpus, assecondando l’idea che le
rivelazioni contenute in esso siano di origine
egizia, anche se noi le leggiamo attraverso la
mediazione greca.
Dopo l’infatuazione rinascimentale, il Corpus
trova nel calvinista Casaubon – siamo nel 1614
– il castigatore: da quel momento si poteva
credere che questi scritti fossero non una seconda rivelazione ma un insieme di frammenti
gnostici confusi, concepiti nei primi secoli della nostra era. Non si pensi, però, che la condanna coincidesse con la loro sfortuna, anzi.
Gli autori che abbiamo citato provano, caso
mai, il contrario: il Corpus diventa fonte di linguaggi segreti, materia di ricerca per teologi e
filosofi che studiano lo scontro intellettuale tra
paganesimo e cristianesimo, prezioso riferimento per tentare l’inventario di tutto quello
che ha navigato nell’oceano del neoplatonismo.
Per la prima volta quanto è rimasto del Corpus
Hermeticum è stato pubblicato, a cura di Ilaria
Rarnelli, in italiano (il volume esce oggi, con
rassegna stampa
Nella raccolta di testi filosofici e religiosi
chiamata Corpus Hermeticum, risalente al tardo ellenismo, vi sono le basi dell’esoterismo
occidentale. È una sorta di rivelazione pagana
che entusiasmò, dopo la traduzione di Marsilo
Ficino, la Firenze rinascimentale e lascia tracce
consistenti in personaggi quali Giovanni Pico
della Mirandola e Giordano Bruno; la sua influenza inoltre si comincia a ritrovare Oltralpe
in figure come Paracelso. Ma è difficile tentare
l’inventario delle contaminazioni e della fortuna di questo Corpus. La “divina rivelazione” di
Ermete Trismegisto (identificato con il dio egizio Thot, colui che ha donato la scrittura agli
uomini, o con il Mercurio dei latini) ha condizionato il linguaggio di coloro che desideravano rivolgersi agli “iniziati”. Ma non si possono
escludere gli adepti di società quali i Rosacroce o la massoneria e nemmeno quegli intellettuali che hanno cercato, in pieno ‘900, le
motivazioni per resistere al dominio della ragione.
Con un esempio, diremo che il “principio superiore” presente in questi trattati si ritrova
13
rassegna stampa
testo originale e traduzione nella collana “Il
pensiero occidentale”, diretta da Giovanni Reale per la Bompiani, pp. 1632, Euro 35). L’opera
contiene, oltre i 18 trattati e l’Ascelpio, anche
frammenti diversi e quelli estratti da Stobeo,
nonché le parti ritrovate in copto nei codici di
Nag Hammadi, vale a dire lo scritto Sull’Ogdoade e l’Enneade, il testo utilizzato è
quello di Nock e Festugière (4 volumi nelle
Belles Lettres); di esso è stato tradotto anche
l’importante commentario. Per la parte copta,
invece, iI lavoro si deve a Ilaria Ramelli.
Un’opera che in questi tempi di lumi di luna fa
onore all’editoria italiana, una raccolta di testi
in cui si possono scoprire folgoranti intuizioni.
Così, tra le molte possibilità, il lettore ritrova
qui una via da percorrere che parte dalla
nozione del Dio inconoscibile mediante la ragione che si trova nel Pamienide platonico: gli
ermetici fanno cadere l’accento sul nous,
sull’intelletto, che per loro diventa una facoltà
conoscitiva e allo stesso tempo un dono di Dio,
anzi la conoscenza viene intesa come rivelazione. Sono trattati che contengono un vero e
proprio laboratorio di teologia negativa – Dio
è ineffabile, invisibile, privo di immagine sensibile, di corpo e di nomi, non ha luogo né bisogni – ma allo stesso tempo emerge Dio come creatore e padre dell’universo. In questo
senso, identificandosi con il prodotto della sua
creazione, diviene visibile e conoscibile proprio attraverso il mondo, anzi Egli stesso desidera essere conosciuto dall’uomo. I possibili
paralleli con il logos, il Verbo che apre il Vangelo di Giovanni, sono inevitabili.
Che aggiungere? In un’opera come questa le
sorprese sono infinite. Si può anche scoprire
che l’uomo è dotato della medesima natura di
Dio, anzi addirittura ha anche un aspetto simile
a Lui. Perché, come si legge nel Pimandro, il
primo trattato del Corpus: “Dio si innamorò
della propria forma e le affidò tutte le sue
creature”.
Armando Torno
L’articolo di “MondOperaio” sulla massoneria italiana sarà pubblicato sul prossimo numero di “Erasmo Notizie”
rassegna stampa - attualità
10 aprile 2005
L’opinione di un laico
In ricordo di Karol Wojtyla
Karol Wojtyla, il Pontefice dei cattolici, è morto e dinanzi alla morte, io che ho avuto con lui
molti incontri e molti scontri (forse più scontri
che incontri) mi inchino reverente.
Quando sentivo Wojtyla gridare forte con voce
commossa e compenetrata contro la inciviltà
della violenza e che la società non può e non
deve tollerare fame, omicidi, violenza, miseria
e morte, non potevo non essere, e con grande
entusiasmo, al suo fianco.
Ma quando lo sentivo parlare con faccia truce
e fanatica di aborto, eutanasia, divorzio e castità, il sottoscritto, divorzista, abortista, eutanasista e non casto, spegneva il televisore.
Ma sui grandi problemi della società, i veri
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grandi problemi, come la fame e le malattie ero
d’accordo con lui e più volte ho scritto sui
giornali che io, laico anticlericale risorgimentale, massone e lui Pontefice di cattolici, io e lui
insieme, tenendoci per mano, e tenendoci per
mano con qualsiasi altro uomo di qualsiasi credo politico e religioso che condivide la necessità di debellare dal mondo le immense piaghe
sociali, tutti assieme e tutti concordi dobbiamo
essere pronti a lottare per dare alla umanità,
una società basata sul sacro trinomio della libertà, della eguaglianza e della fratellanza.
Ora i giornali sono pieni di articolisti che si interrogano su chi sarà il nuovo pontefice. Il problema non mi interessa.
Karol Wojtyla è morto e con lui se ne è andato un pezzo della Umanità, un pezzo della mia
Umanità. Non sono andato ai suoi funerali. Al
suo funerale hanno partecipato molte centinaia
di migliaia di persone ed è giusto che sia stato
così perché tanto era l’amore della gente, specialmente degli umili, verso di lui.
Vorrei però pregare questa folla immensa di
persone in delirio, quando per strada incontrerà un carro funebre avviarsi verso il cimitero senza neppure una persona dietro, di accodarsi senza domandare chi ha ottenuto l’eterno
riposo. Rispondo io: un figlio dell’Umanità, come voi, come me e come Wojtyla.
Aldo Chiarle
numero 9-10 / 2005
rassegna stampa - attualità
21 aprile 2005
Papa Lambertini, Benedetto XIV, fu alle prese con l’Europa dei lumi
L’altro Benedetto
che parlava con Voltaire
già per il suo bel volto, ma per le sue virtù e
per la sua scienza”. Non per il volto, dunque,
ma per la sua testa, il conclave durò sei mesi,
ma per il secolo del Lumi serviva una mente
brillante e i cardinali scelsero il bolognese Prospero Lambertini, che il 17 agosto 1740 divenne
Benedetto XIV.
La fede religiosa era stato il motivo che aveva
condotto alla rottura drammatica dell’unità europea e il dogma aveva soffocato la nuova
scienza nell’abiura di Galileo e nel rogo di Giordano Bruno. Con Benedetto XIV (in carica fino
alla morte, nel 1758) si inaugura una stagione
diversa nei rapporti tra fede e ragione.
L’interesse di Prospero Lambertini per la scienza sperimentale e la cultura illuminista, la sua
propensione per la comprensione più che per la
condanna, fanno del suo pontificato un luogo
d’incontro di dottrine e linguaggi che si erano
combattuti per quasi due secoli. Questa fiducia
nella ragione contraddistingue anche la sua
opera di canonista, che, proprio in questa
prospettiva, tocca il suo acme più significativo
nell’opera “De servorum Dei beatificatione et
beatorum canonizatione”. Scritta prima della
elezione al soglio pontificio, essa costituisce un
singolare atto di fede in quella razionalità che
si inscrive nelle geometrie del diritto; in quello
strumento giuridico che Lambertini piega sino a
cogliere, con le regole dettate dal procedure
dei tribunali ecclesiastici il mistero che si disvela nel dono della santità.
Lo straordinario paradosso che percorre le pagine dei cinque volumi nei quali si articola il
“De servorum Dei beatificatione et beatorum
canonizatione”, stampati a Bologna tra il 1734 e
il 1738, sta tutto in questo tentativo di rendere
percepibile e dimostrabile in foro esterno il dono, tutto divino e meta-giuridico, di una vita
volta al raggiungimento di un ideale tutto spirituale. Un testo attuale, anche perché
Lambertini sostenne che se il martirio è provocato intenzionalmente, non è vero martino. Per
quanto riguarda le dispute religiose si mantenne equanime nelle controversie nei confronti
del giansenismo, mentre condannò duramente
la massoneria (bestia nera anche di Ratzinger)
rassegna stampa - attualità
con la “Providas Romanorum”.
Nel 1757, grazie all’intervento di padre Ruggero
Boscovich dell’Osservatorio astronomico di Brera il “De rivolutionisbus” di Galileo fu tolto dall’Indice dei libri proibiti, della Inquisizione di cui
Lambertini era il capo (così come Ratzinger lo è
stato della Congregazione della dottrina della
fede). Emblematico del nuovo clima nel rapporto tra fede e ragione, rimane il fatto che Voltaire abbia dedicato proprio a Benedetto XIV il
suo “Maometto o del fanatismo”. Voltaire, che
pure nel racconto “Pot-pourri” (1765) aveva
messo in scena una parodia di Cristo addirittura rappresentato da Pulcinella, rifiuta drasticamente l’ateismo del barone d’Holbach o di Diderot a cui contrappone il proprio razionalismo
deista. L’idea stessa che non esista un Dio – sostiene – verrebbe a sconvolgere irrimediabilmente un tessuto sociale fortemente differenziato mostrando l’effettiva pericolosità di chi
nega ogni essere supremo. Così “l’ateo povero
e violento – scrive Voltaire – sicuro dell’impunità” finirà per derubare e assassinare. “Rotti
tutti i legami della società”, “i delitti segreti”
inonderanno la terra e “il popolino non sarà che
un’orda di briganti”.
Con Voltaire, Benedetto XIV aveva intrattenuto
una fitta corrispondenza epistolare. Rievocata
– ha notato il commentatore del Financial Times, Harold James – dall’incontro, svoltosi all’inizio dell’anno scorso, tra il cardinale Ratzinger e il filosofo razionalista Habermas: “il
Cardinale Ratzinger – ricorda James – ha concluso l’incontro con la necessità di una polifonica correlazione tra ragione e fede. Ognuna ha
bisogno dell’altra (…). Allo scontro di civiltà si
deve pone fine con il dialogo. È necessario conclude Ratzinger – non solo rigettare le patologie religiose ma anche le patologie razionaliste”. Ma in gioco non c’è solo Islam e Occidente. C’è soprattutto fede e ragione. Lo scontro di civiltà è anche interno all’Europa, dove
all’apparente regredire della fede c’è un avanzamento di richieste etiche che nella fede
potrebbero trovare un faro. Se solo quel faro,
non potendo venire incontro alla nave, almeno
mostrasse segnali di vita.
13 maggio 2005
Non molto tempo fa la Chiesa era
anche contro il parto cesareo
Nel 1833, a Bologna, su sollecitazione della
Curia della città, si aprì un celebre processo
contro un giovane medico accusato di aver
numero 9-10 / 2005
procurato la morte di una donna intervenendo con taglio cesareo. Il medico fu assolto
perché nuscì a dimostrare che si era trattato
di cesareo post-mortem nel tentativo di salvare il nascituro, anch’esso comunque nato morto. La chiesa, ancora per qualche decennio,
rassegna stampa
Lo sostiene anche la genetica. La trasmissione
dei caratteri spesso si manifesta saltando una
generazione. Così, più che a Benedetto XV, colui che condannò l’orribile strage della prima
guerra mondiale, il carattere ereditario connaturato alla scelta onomastica del cardinale Joseph Ratzinger, nuovo Papa Benedetto XVI, potrebbe rivelarsi essere quello di Benedetto XIV.
Il Papa che di fronte alla regressione della fede, nell’Europa dei Lumi, seppe dialogare con
la filosofia e costruire argini ‘canonici’ per la
piena atea che ebbe l’onda più lunga, in Europa, con l’epopea di Napoleone. Fu il primo a
scagionare il libro di Galilei e promosse le
scienze sperimentali ad altissimo livello. Ma chi
era costui? Un uomo assai colto e di fede combattiva, il Papa certo più erudito del suo secolo
e anch’egli illuminato. Istituì cattedre di fisica,
chimica e matematica presso l’Università di Roma, diede nuovo impulso all’attività accademica di Bologna. Per la cattedra di Geometria analitica, propose clamorosamente Maria Gaetana
Agnesi (1718-1799), autrice di un interessante
saggio relativo agli studi delle donne e dell’opera “Instituzioni Analitiche ad uso della gioventù italiana”. Attivò una moderna scuola di
chirurgia e favorì la diffusione, nello Stato Pontificio dove rese libero il commercio, dell’antivaiolo di origine umana (che però si rivelò meno efficace di quello di origine animale che
venne introdotto da Jenner nel ‘96 e fu osteggiato proprio dagli ambienti ecclesiastici). Promosse gli scavi a Roma e cooperò con il
Winckelman alla fondazione dell’Accademia archeologica, nel 1740.
Ma era anche umanissimo e a suo modo assai
terreno. Benedetto XIV era infatti noto anche
per le sue frasi piene di arguzia, oltre a frequenti bestemmie. Celebre la battuta che fece
ad una dama scollata. “Il crocifisso d’oro che
porta è molto bello ma ancora più bello è il calvario”. Mentre Alexandcr Dumas ricordava che
“Benedetto XIV Lambertini aveva l’abitudine di
bestemmiare ma siccome s’era reso illustre per
molte opere di un merito reale, il valore dell’uomo faceva passar sopra a questa particolarità. Egli era arrivato al Pontificato, non
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rassegna stampa
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tentò di riservarsi il diritto di far intervenire il
prete prima o al posto del medico. La dottrina corrente prediligeva la salvezza dell’anima
del nascituro alla vita della madre: alla puerpera era richiesto di accettare esplicitamente
e “liberamente” la sua certa morte per permettere al bambino di nascere onde venir
battezzato o al prete di introdurre in utero un
marchingegno atto a versare acqua battesimale sul feto ancora vitale. La dottrina del
Limbo – considerata degna di fede sino al
Concilio Vaticano II – relegava le anime dei
morti in fase perinatale, non battezzati, in
una condizione eterna di non salvezza. Quest’impostazione dottrinale, finché possibile
tradotta anche in vincolo giuridico, si è confrontata per più di due secoli, dalla fine del
Seicento in avanti, con un conflitto interno alla medicina, tra i fautori del taglio cesareo e
i suoi detrattori, fautori del parto spontaneo,
o comunque ottenuto senza aiuti chirurgici
radicali. Quale metodo dava una maggior
probabilità di sopravvivenza della madre e
del bambino? Francesco Rizzoli, un nome ben
noto anche ai bolognesi di oggi, a seguito
dell’episodio traumatico che aveva messo a
rischio tutta la sua vita professionale, si impegnò nella ricerca di metodi alternativi a
quello chirurgico e mise a punto quella manovra manuale di rivolgimento del feto, ancor
oggi usata, che chiamò “parto artificiale
istantaneo”. Questo è uno dei tanti episodi
della storia della medicina in cui, attorno alla
vita nascente e sul corpo della donna, si
scontrano da una parte due o più ipotesi di
ricerca e di cura prodotte dalla comunità
scientifica, dall’altra la dottrina della chiesa.
Per quel che riguarda la medicina, sappiamo
oggi che ambedue le strade erano necessarie
per impostare correttamente la scienza e la
pratica ostetrica. Come Rizzoli, molti medici
praticarono cesarei con risultati alterni per le
madri e i nascituri e, allo stesso tempo, si impegnarono per migliorare le metodiche del
parto naturale, anche qui con alterni risultati.
Scienziati e medici dimostrarono, anche attraverso feroci polemiche scientifiche sulle differenti opzioni, che successi e insuccessi lastricano sempre la via della ricerca scientifica e
delle pratiche di cura dei corpi: un terreno
dove non si confrontano verità assolute, bensì ipotesi sperimentali e probabilità concrete
di successo.
Attorno a loro, e al letto (man mano al lettino
da parto) della donna, fiorirono le polemiche
filosofiche, teologiche e politiche: sull’immutabilità o meno delle leggi naturali, sul diritto
di decidere e sui limiti della vita e della morte, sul pericolo della corruzione dei costumi
per l’invasione del medico e della sua tecnica
nel campo riservato alla disciplina delle anime, sulla necessità di far prevalere la salute
dei corpi o la salvezza delle anime.
Lo stato moderno, in Occidente, ha impiegato
qualche secolo a diventar garante della salute
dei cittadini appropriandosi della giurisdizione sui corpi dei vivi, dei morenti e dei morti, mentre i cittadini hanno guadagnato sempre più diritti nel campo delle decisioni e del-
le scelte relative. Sul piano giuridico la
medicina ha sottratto alla chiesa il diritto (in
termini di legislazione positiva) di stabilire
chi, come e con cosa si debba intervenire nei
parti pericolosi e in tutte le contingenze del
rischio di morte: le legislazioni sull’inizio e la
fine della vita hanno subito, e preannunciato,
le vicissitudini della separazione tra stato e
chiesa, tra le competenze di cura dei corpi e
quelle delle anime.
Nel tempo, l’intreccio tra tecnologie della vita, etica del trattamento dei limiti della vita e
della morte, rapporti tra la libertà del singolo, diritti di salute e di cura, e regole giuridiche, si è caricato di nuovi contenuti, e il dibattito si è allargato anche a cerchie di non
addetti ai lavori: siamo in una società dell’informazione (talvolta della dis-informazione) e i cittadini sono sempre più riflessivi,
competenti e decisi ad assumersi la responsabilità delle proprie scelte (talvolta più manipolati).
Gli ambiti delle questioni di frontiera, mediche, morali e giuridiche, sulla vita e la morte,
l’informazione, la decisione e le competenze
sulle regole, si sono dilatati, ma i nodi restano quasi gli stessi. La ricerca medica e la medicina pretendono oggi, parlando attraverso
organismi internazionali ad hoc (Oms), che
salute significhi non solo assenza di malattia
ma anche benessere psicofisico, cercano l’alleanza dei malati o dei clienti potenziali delle
tecnologie di cura per estendere le sfere d’intervento e la loro credibilità. La Santa Sede in
quegli stessi organismi contrasta fieramente le
concettualizzazioni estensive delle competenze mediche e dei diritti individuali che, soprattutto nell’ambito dei diritti riproduttivi, invaderebbero il campo della cura delle anime
e/o di ciò che la chiesa cattolica ritiene esser
pertinenza della morale naturale, rispecchiata
nella sua dottrina.
Se confrontiamo la parabola della storia del
cesareo con il dibattito sulla Legge 40 e il relativo referendum, non è difficile prevedere
che, per quel che riguarda la ricerca sulle cellule staminali e la fecondazione assistita, tra
trent’anni, o forse prima, i nostri nipoti sorrideranno più o meno amaramente ricordando
un’altra storica occasione persa dalla chiesa
per distinguere, nel suo messaggio, la salute
del corpo dalla salvezza delle anime. Presentando all’obbedienza dei fedeli e alla riflessione razionale dei laici, come fossero contenuti
della fede e argomentazioni incontrovertibili,
quelli che sono paradigmi filosofici e teologici contingenti (ieri la teoria del limbo, oggi
una teoria pseudo-evoluzionista che considera l’ovulo appena fecondato come persona
umana), la chiesa pretende di farsi garante,
allo stesso tempo, dei mezzi di salvezza delle anime e delle ipotesi di cura dei corpi. È
normale che una religione, o comunque un sistema di credenze, si impegni a convincere i
singoli, l’opinione pubblica e i legislatori, della necessità di proteggere valori superiori a
quelli del bene del corpo, della salute fisica e
persino della vita: la capacità di morire per la
propria fede, e di trascendere le proprie con-
tingenze, è propria della moralità intrinseca
dell’essere umano.
Perciò appaiono giusti la riflessione e il confronto costante sul senso del limite nell’affrontare i temi dell’inizio della vita e della
morte, come pure la sollecitazione a non tradurre la cura di sé in un narcisismo autoreferenziale ignaro dei bisogni dell’altro più debole (il nascituro, il povero che non può permettersi cure costose...). Ma la storia dimostra
che non giova alla religione voler imporre, attraverso le leggi dello stato, una dottrina filosofica, una ipotesi scientifica, e persino un
metodo di cura tra i molti in campo. Come il
no al cesareo di ieri, quelli di oggi – alla
pillola, al preservativo, alla fecondazione
assistita, alla ricerca sugli embrioni – fanno
toccar con mano che tutte le volte che la chiesa è scesa nel dettaglio del dibattito sulla salute riproduttiva e sulla sperimentazione sul
corpo, dalle sue prescrizioni dottrinali sono
emersi soprattutto i pregiudizi antiscientifici
degli uomini di chiesa e la diffidenza verso
l’assunzione di responsabilità morale da parte
delle donne e degli uomini rispetto ai dilemmi
loro vita affettiva, personale, riproduttiva.
Il timore dei rischi della libertà si confonde così con la paura della presa di responsabilità da
parte dei singoli e della società. L’allarme per
la caduta dei valori e per l’incombente catastrofe della morale pubblica e privata, specialmente relativa alla famiglia, alla sessualità e
alla procreazione, si ripresenta in ogni epoca
di forti cambiamenti sociali, economici e geopolitici, avvicinando i conservatori di ogni tendenza ideale, religiosa e politica.
Il dibattito pubblico, il confronto di opinioni,
l’informazione non ideologizzata, sono, soprattutto in democrazia, antidoti alla paura e,
anche, garanzie per una vita spirituale più capace di purificarsi dalle scorie del conformismo e dalla soggezione a verità preconfezionate.
Per questi motivi i cittadini, i politici, i partiti,
le chiese, dovrebbero preferire la fatica del
dialogo sui principi e la negoziazione amorevole sulle regole, piuttosto che il taglio dei nodi di Gordio attraverso la spada della legge.
Per questi stessi motivi, la chiesa cattolica
avrebbe fatto meglio ad assumersi la responsabilità di spingere soprattutto i credenti a
partecipare al voto sul referendum, interpretandolo come momento forte di confronto con
“il mondo” e le sue pretese.
Il calcolo politico sull’astensionismo potrebbe
far vincere a chi si considera un cattolico ortodosso “verace” la guerricciola sulla legge
40, ma non potrà fermare né la ricerca né lo
sviluppo di nuove tecnologie della salute. Sicuramente l’astensionismo farà perdere ai cristiani del no e del sì una occasione per testimoniare, anche da fronti opposti, che la loro
unità sui principi etici di fondo, ispirati dalla
fede nella Resurrezione, resta salda al di là
delle loro opzioni politiche, delle divisioni
sulle contingenze dei costumi sessuali, e dei
normali conflitti attorno alle sempre opinabili
ipotesi che si dibattono in campo scientifico.
Franca Bimbi
numero 9-10 / 2005
rassegna stampa - attualità
15 maggio 2005
Appello di 77 Nobel
Sì alla ricerca sulle
staminali embrionali
Ai 77 Nobel che hanno firmato l’appello all’Onu
pubblicato qui in esclusiva, andrebbero idealmente aggiunti i due italiani Renato Dulbecco e
Rita Levi Montalcini, che insieme a Umberto Veronesi e a decine di altri scienziati italiani hanno
sottoscritto un analogo documento italiano.
L’appello dei Nobel è stato promosso dall’Associazione Luca Coscioni e dal Partito radicale
transnazionale, e presentato presso la sede delle Nazioni Unite di New York insieme al Genetics
Policy Institute, la Coalition for the Advancement
of Medical Research e la Christopher Reeve
Foundation. Molte le firme di biologi (Guillemin,
Nuesslein-Volhard, Arber, Hartwell, Greengard,
De Duve, Sulston, Cohen, Thomas, Benacerraf,
Lauterbur, Blobel, Horvitz, Roberts, Baltimore,
Varmus, Kornberg) ma anche di chimici, fisici,
economisti (tra cui Kenneth Arrow) e del romanziere Josè Saramago.
Noi sottoscritti, cittadini di tutto il mondo, personalità della scienza, della cultura e della politica ci uniamo per dare corpo e voce a una spe-
ranza di vita e di salute che oggi passa per la libertà della ricerca scientifica e che rifiuta vecchi
e nuovi proibizionismi anti-scientifici e ideologici. Grazie al rapido progresso della ricerca scientifica, e in particolare agli incoraggianti risultati
dalle sperimentazioni sulle cellule staminali embrionali umane, esistono oggi speranze concrete
che da tale ricerca si possa giungere alla scoperta di cure per malattie come il diabete, le malattie cardiovascolari, il morbo di Parkinson,
l’Alzheimer, la sclerosi, la distrofia e molte altre
che colpiscono centinaia di milioni di esseri umani in tutto il mondo. Le potenzialità concrete di
tale settore di ricerca impongono l’urgenza di regole adeguate, che possano garantire il rispetto
della dignità umana e consentire il governo dei
processi in corso, fuori da imposizioni di natura
etica o religiosa. Considerato l’Articolo 15 (3) del
Patto Internazionale sui Diritti Economici Sociali e
Culturali che impegna gli Stati ratificatori a “rispettare la libertà indispensabile per la ricerca
scientifica”; l’Articolo 12 che stabilisce il “diritto
di ciascuno al godimento al miglior livello e qua-
rassegna stampa - attualità
lità raggiungibile di salute fisica e mentale”; il
commento numero 14 a tale articolo che stabilisce l’obbligo degli Stati “di rispettare, proteggere e realizzare” tali diritti. Noi sottoscritti, ci appelliamo al Segretariogenerale e agli Stati membri dell’Onu affinché respingano ogni proposta
volta a proibire la ricerca scientifica sulle cellule
staminali embrionali, sia per quanto riguarda l’utilizzo di embrioni sovrannumerari (comunque
destinati alla distruzione) che per la tecnica del
trasferimento del nucleo cellulare finalizzata alla
produzione di cellule staminali. Tale proibizione,
se approvata a livello mondiale come proposto
da decine di Paesi già in occasione della 58esima
sessione dell’Assemblea generale del 2003, rappresenterebbe una condanna a un’esistenza priva di speranza per milioni persone nel mondo
che vivono nell’attesa di una cura per le loro malattie. Ci appelliamo dunque a voi, perché si possano trovare regole che affermino il diritto alla
vita e alla salute garantendo libertà di scienza,
coscienza e conoscenza.
Seguono le firme di 77 premi Nobel
16 maggio 2005
Le idee
Perché l’embrione-persona
è la negazione dell’uomo
Nuovo intervento di Emanuele Severino nel
dibattito lanciato dal Corriere sulla fecondazione assistita in vista del referendum del 12 e
13 giugno. Secondo il filosofo, che ribatte alle
tesi di monsignor Sgreccia, la posizione della
Chiesa porta a una conclusione che contraddice la realtà.
numero 9-10 / 2005
entri, esiste qualcosa di unitario che ha la capacità di entrarvi e che è appunto quell’uomo
durante la sua vita terrena. (Non sono la testa, le gambe, o parti della psiche, in quanto
tra loro separate, ad avere quella capacità:
non sono cioè i pezzi dell’uomo ad averla). Se
non esistessero la capacità del blocco di marmo di diventare statua e la capacità dell’uomo
di andare in Cielo, l’esistenza di statue di marmo e di beati sarebbe impossibile. E pertanto,
ritornando al nostro caso, se, prima della nascita dell’essere umano, non esistesse qualcosa di unitario, avente la capacità di diventare
un uomo (se cioè non esistesse un uomo “in
potenza”), la nascita di uomini sarebbe impossibile. Orbene, per la Chiesa, l’embrione è,
sin dal momento della fecondazione, uomo,
persona; e il principio spirituale (l’“anima razionale”) per il quale l’uomo non è animale è
creato da Dio. Per la Chiesa, cioè, Dio crea tale principio sin dal momento della fecondazione, cioè dell’unione del gamete maschile e
femminile. E siamo al punto. La domanda che
rivolgo alla Chiesa (e ad altri) è: se un uomo
può nascere solo se prima di esso esiste un
rassegna stampa
L’articolo di monsignor Sgreccia pubblicato
martedì 10 maggio sul Corriere mi induce a riproporre un tratto del mio discorso sull’embrione – lasciando anche questa volta da parte il mio pensiero filosofico e la mia critica del
concetto di “capacità”, e indicando solo quali
conseguenze scaturiscono dalla dottrina della
Chiesa sull’embrione. Invito cioè la Chiesa a
pensare con attenzione al contenuto del mio
articolo apparso sul Corriere del 24 febbraio
2005. Nel marzo scorso monsignor Sgreccia
mi aveva criticato dicendo tra l’altro che, per
me, affermare (come la Chiesa afferma) che
l’embrione è sin dall’inizio un essere umano
«è come affermare che l’uomo è “capace di
entrare nel Regno dei Cieli”». Santo cielo! Se
io avessi scritto queste strampalerie monsi-
gnor Sgreccia avrebbe il diritto di considerarmi uno sciocco. Ma non avendole scritte è
sorprendente che un esponente così autorevole e competente della Chiesa abbia così
frainteso il mio discorso. Che dunque ripropongo con alcune considerazioni relative al
nuovo articolo di Sgreccia. Secondo la filosofia a cui (anche) la Chiesa si ispira, un uomo
può nascere solo se, prima di esso, esiste
qualcosa che ha la capacità (o “potenza” ) di
diventare uomo. Si badi: qualcosa di unitario.
Tale principio vale anche per altre forme di
“generazione”. E così: una statua può essere
prodotta solo se, prima di esserlo, esiste, poniamo, un blocco di marmo capace di diventare una statua (per opera dello scultore). Se
il blocco fosse in frantumi, nessuno di essi, e
nemmeno il loro insieme, avrebbe la capacità
di diventare quella statua. Per produrre quella statua bisogna che le parti del blocco non
siano frantumi, ma unite; ossia, bisogna che il
blocco sia qualcosa di unitario. Altro esempio:
un uomo può entrare nel Regno dei Cieli (può
esistere cioè quel processo che è la “generazione” di un beato) solo se, prima che egli vi
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rassegna stampa
qualcosa di unitario che ha la capacità di diventare un essere umano, e se sin dal momento della fecondazione l’embrione è essere
umano “in atto”, che cosa è e dove è mai il
qualcosa di unitario che ha la capacità di diventare uomo e senza di cui nessun uomo potrebbe nascere? Dov’è l’uomo “in potenza”?
La Chiesa non può rispondere a questa domanda. Infatti, prima dell’unione dei gameti
(con la quale, per la Chiesa, esisterebbe già
sin dall’inizio un uomo “in atto”), i gameti sono separati e nessuno dei due, in quanto separato, può avere la capacità di diventare uomo. (Come nessuno dei frammenti del blocco
di marmo ha la capacità di diventare una statua; né sono i pezzi di un uomo ad avere la
capacità di andare in Cielo). E come l’insieme
dei frammenti del blocco di marmo non ha la
capacità di diventare statua, nemmeno l’insieme dei due gameti separati ha la capacità di
diventare uomo. E, per la Chiesa, prima della
loro unione non può nemmeno intervenire Dio
a infondere in essi l’“anima razionale”. Che
cosa segue da tutto questo? Un assurdo: sostenendo che fin dal momento della fecondazione esiste un uomo “in atto”, la Chiesa viene a negare (contro le proprie intenzioni) l’esistenza della capacità, da parte di qualcosa
di unitario, di diventare un uomo; e da questa
negazione segue ciò che anche per la Chiesa
è un assurdo, ossia che non potrebbe nascere
alcun uomo. Ma gli uomini nascono. Dunque
ciò che provoca questo assurdo è impossibile, ossia è impossibile che sin dall’inizio l’embrione sia un uomo. Monsignor Sgreccia mi ricordava che “i due gameti hanno la capacità
di generare un individuo ratto allo stato embrionale, che poi si sviluppa e diviene adulto
proprio perché esiste una capacità, una potenzialità che si attua nel momento dell’unione”. Ma, replico, questa capacità di diventare
adulto è quella che si costituisce quando l’embrione ha già incominciato ad esistere: non è
quella di cui stiamo parlando, che è la capacità di qualcosa di diventare embrione umano
(o animale) – la capacità, cioè, che cessa di
esistere quando l’embrione incomincia ad esistere. Per uscire dall’assurdo ora indicato è
dunque necessario negare che sin dall’inizio
l’embrione sia un essere umano in atto; e dunque è necessario che Dio infonda l’anima ra22 maggio 2005
zionale dopo che l’embrione ha incominciato
a esistere, ossia è necessario affermare che
ciò che ha la capacità di diventare uomo sia
costituito, perlomeno, dallo stato iniziale dell’embrione, per quanto breve esso sia. Per la
scienza non sappiamo quando l’embrione incominci a essere persona. Ma, sulla base dell’argomentazione ora indicata, la Chiesa, per
evitare l’assurdo, deve dire che all’inizio della sua esistenza l’embrione non è persona.
È poco, ma è decisivo. (È poco, perché rimane aperto il problema, per la Chiesa, di accertare l’estensione di quell’inizio, cioè se Dio
crei l’anima razionale subito dopo l’unione dei
gameti, oppure dopo qualche tempo). Non è
meglio che la Chiesa, anche qui, ritorni a san
Tommaso, per il quale “il feto è animale prima di essere uomo”? (Il mio riferimento a
Tommaso è stato poi ripreso da altri). Uscirebbe dal vicolo cieco in cui si è cacciata. O
almeno da questo – altri ancora essendocene,
ancora più ciechi; e non solo per la Chiesa.
Nell’articolo pubblicato sul Corriere monsignor Sgreccia parla invece da scienziato. Ma,
rispetto a quanto sopra abbiamo mostrato,
sfonda una porta aperta. Richiama infatti che
per la biologia (e anche per biologi non credenti) l’embrione ha, “fin dal momento della
fecondazione” un’“identità” biologica, genetica e organica. Un cane, dice, è cane sin dal
momento della fecondazione e rimane cane fin
quando è vecchio e prossimo alla morte. E
aggiunge: “Pensiamo che la stessa biologia
valga anche per qualsiasi animale superiore,
compreso l’uomo”.
Ora, non v’è dubbio che i biologi siano perlopiù d’accordo su questo avvicinamento di cani e uomini. Ma monsignor Sgreccia qualche
dubbio dovrebbe averlo. La dottrina della
Chiesa non è adeguatamente rappresentata da
scritti come questo di Sgreccia. I biologi, infatti, non hanno difficoltà ad affermare che un
organismo materiale si evolva e divenga mente, coscienza, ragione, cioè essere umano –
come, perlopiù, essi non hanno difficoltà ad
affermare l’evoluzione delle specie, quella
evoluzione, cioè, per la quale l’uomo proviene dalla scimmia. Ma la Chiesa può starsene
tranquilla come lo è monsignor Sgreccia? La
Chiesa esclude perentoriamente che la vita
umana e il suo inizio possano essere adegua-
tamente intesi dalla scienza e dalla biologia.
Per la Chiesa la spiegazione adeguata si può
raggiungere – abbiamo detto sopra – solo introducendo l’azione di Dio, che crea lui, direttamente, ciò che vi è di propriamente umano nell’uomo. In questo articolo monsignor
Sgreccia ha invece l’aria di sostenere che per
risolvere il problema dell’inizio della vita
umana basti la scienza. La Chiesa non è adeguatamente rappresentata da un discorso come questo di monsignor Sgreccia che lascia
così vistosamente da parte quel sapere filosofico al quale invece la Chiesa – con Giovanni
Paolo II e Benedetto XVI – dà una così rilevante importanza.
Ho detto che, rispetto all’argomentazione sopra sviluppata, monsignor Sgreccia sfonda
una porta aperta, perché tale argomentazione
parte proprio dalla supposizione che l’embrione sia, sin dall’inizio, vita umana (e lo sia
nel senso voluto dalla Chiesa, non dalla sola
biologia); e così partendo – ossia pur concedendo tutto ciò che sta a cuore alla Chiesa e
a monsignor Sgreccia – tale argomentazione
mostra a quale assurdo quella supposizione
conduca. Come dice monsignor Sgreccia, la
coscienza morale proibisce che si spari verso
un cespuglio se appena si dubita che dietro di
esso, invece di una lepre, ci sia un bambino.
Ma quell’argomentazione mostra che la dottrina della Chiesa sull’embrione conduce alla
conclusione (certo non voluta dalla Chiesa)
che dietro il cespuglio non può essersi venuto a trovare nessun bambino – appunto perché, come si diceva, quella dottrina porta a
negare la capacità di diventare un essere umano (ossia un bambino dietro il cespuglio).
E dico tutto questo condividendo le preoccupazioni per la manipolazione e mercificazione
dell’uomo. Se prima di un essere umano non
esistesse qualcosa di unitario che ha la capacità di diventare uomo, ne risulterebbe che
nessun uomo potrebbe nascere
Emanuele Severino
rassegna stampa - attualità
Il voto italiano sulla fecondazione assistita
L’etica e il diritto
Confermare o abrogare la legge? Prossimi al
voto referendario, era prevedibile ed utile che
su questioni etiche e religiose così importanti
si sviluppasse un dibattito, talora anche acceso, nel quale intervenissero pure eminenti studiosi nel campo delle scienze mediche e di
bioetica ed alte autorità religiose.
Vi sono, tuttavia, anche questioni giuridiche di
non poco conto; al punto che molti intervenu-
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ti (anche fra i difensori della legge che invitano alla conferma sia pure con lo strumento
dell’astensionismo) ritengono che essa non sia
appagante e che pur nel caso probabile che
non si raggiunga la soglia necessaria per l’efficacia del referendum, la legge andrebbe riscritta dal Parlamento.
La contraddizione più evidente, messa in luce
da molti, è il divieto di selezione “a scopo eunumero 9-10 / 2005
ni, studiosi di bioetica svalutano l’antica concezione aristotelico-tomistica sulla vita in potenza e quella in atto e sottolineano i grandi
passi avanti della biologia, la capacità delle
cellule embrionali di moltiplicarsi e svilupparsi
ed obbiettano che l’anima non si può vedere al
“microscopio” per stabilire il momento del suo
ingresso. Noti giornalisti ed esponenti di “movimenti per la vita” qualificano gli embrioni
“persone” “individui” “uomini” “bambini” in
ossequio e sintonia con i dettami di una altissima autorità religiosa che quanto all’embrione
ritiene che si possa trattare “di un essere umano individuale che ha la dignità di figlio e di
persona”. La legge sembra aderire a quest’opinione consentendo “l’adozione” degli embrioni
e richiamando in proposito le stesse regole stabilite per le persone (Legge n. 184 del 1983).
Le opinioni però vanno portate alle estreme
conseguenze anche per collaudarle. Nessuno
ha finora detto che se è così i coniugi o i conviventi potrebbero chiedere il battesimo dell’embrione, ma non in caso di imminente sua
perdita, il sacramento dell’estrema unzione che
si potrebbe amministrare soltanto a colui che
abbia raggiunto l’uso di ragione (Diritto Canonico 1004, paragrafo 1).
Franzo Grande Stevens
25 maggio 2005
Il “comandante Silvio” delle Fiamme verdi camune
È morto Giulio Mazzon
Giulio Mazzon, il comandante Silvio delle
Fiamme verdi camune, è scomparso nella tarda serata dell’altro ieri, dopo una malattia
che gli aveva impedito, negli ultimi mesi, di
assolvere, com’era uso fare con costanza e
puntualità, i molti impegni dovuti alla carica
di segretario nazionale dell’Anpi (Associazione nazionale partigiani d’Italia); carica che ricopriva da molti anni, godendo della stima di
tutti i rappresentanti delle varie anime della
Resistenza. I funerali verranno celebrati oggi, alle 16, a
Tarquinia. Giulio
Mazzon era nato a
Brescia il 20 gennaio 1920. Insegnante di matematica, aveva al suo attivo una lunga militanza nel Partito
socialista italiano,
del quale era stato
dirigente locale e
nazionale. Nel 1946
aveva contribuito a
fondare il settimanale “Val Camonica
Socialista”, del quale era divenuto direttore,
così come, nei primi anni del Dopoguerra,
aveva diretto il periodico della federazione
socialista bresciana “Brescia nuova”. Attualmente era condirettore del quindicinale “Patria Indipendente”, periodico dell’Anpi. Impegnato culturalmente su molti fronti, con particolare predilezione per quello storico, Mazzon nel 1964 aveva ricevuto il “Premio della
Cultura” dalla Presidenza del Consiglio dei
ministri. A Brescia il suo impegno pubblico lo
aveva visto svolgere negli anni Cinquanta gli
incarichi di consigliere provinciale e di consigliere del Comune di Manerbio. Più recente-
mente, alla fine degli anni Novanta, la Provincia gli aveva affidato il compito di presiedere l’Opera pia dei bresciani in Roma, città
nella quale abitava ormai da anni, anche se
nei momenti liberi preferiva l’isolamento nel
suo “pensatoio” di Tarquinia. Membro del Bureau della Federazione internazionale della
Resistenza, Mazzon ha avuto una vita letteraria intensa, pubblicando volumi significativi
sulla Resistenza, sulle Dieci Giornate di Brescia, sull’esperienza
camuna, condotta in
gioventù, quando
guidava il reparto
C1 delle Fiamme
verdi. Mazzon si è
esercitato
anche
nella poesia, conseguendo, tra gli altri
riconoscimenti, una
medaglia d’oro al
premio nazionale
“Cardarelli”.
Non va, infine, dimenticata, la sua
lunghissima militanza nelle file massoniche, prima come
semplice affiliato del Grande Oriente d’Italia e
del Rito scozzese antico ed accettato e poi,
via via, con gradi sempre più alti, fino a giungere ai vertici della Massoneria italiana. Negli
ultimi anni aveva dato vita ad una formazione
autonoma, la Comunione dei Liberi Muratori,
della quale era Gran Maestro. Il suo lungo
cammino sui sentieri della vita si è concluso,
ma di lui, quanti lo hanno conosciuto, ricorderanno - più che le opere - l’impegno, la dedizione alla causa della democrazia e della libertà, la rettitudine del pensiero e dell’agire e
la capacità di essere, davvero, amico.
Silvano Danesi
"Anche se le nostre strade si erano divise,
restano immutati il nostro affetto e la nostra stima"
rassegna stampa
genetico” degli embrioni da impiantare nella
donna sicché questa è obbligata a ricevere anche embrioni che preludano ad esseri malformati. Tuttavia poi la donna nei 90 giorni dal
concepimento può interrompere la gravidanza
“per anomalie o malformazioni del concepito”
(art. 4 della legge 194 del ‘78). Quale ragione
logica, etica, religiosa si può dare ad una protezione dell’embrione maggiore di quella del
feto? E con gravi ed inutili traumi per la donna? È agevole prevedere che questa regola,
per la evidente disuguaglianza, sarebbe sottoposta al vaglio di legittimità della Corte Costituzionale. La legge consente la procreazione
medicalmente assistita soltanto ai coniugi ed ai
conviventi, ma non indica criteri di durata e
stabilità della convivenza e non potendosi rimettere ai medici l’accertamento relativo, in
pratica la consente ad ogni coppia che dichiari di convivere anche per breve tempo. La legge vieta la procreazione assistita di “tipo eterologo” e stabilisce che, in caso di violazione,
il marito o convivente che vi abbia consentito
“con atti concludenti” (?) non possa disconoscere il figlio nato né il padre naturale possa
mai riconoscerlo od avere nei suoi confronti diritti od obblighi sicché egli è considerato figlio
dei coniugi o conviventi. Ma questo “figlio”
raggiunta la maggiore età, o prima con l’assistenza di un curatore speciale, può contestare
l’esistenza di “atti concludenti” e quindi la sua
posizione di figlio legittimo invocando il riconoscimento del “padre naturale”? Con i conseguenti obblighi di quest’ultimo? Il dibattito sull’opportunità della legge si è svolto principalmente nei campi delle scienze mediche, di
bioetica o religiosi ed un intervento attendibile
richiederebbe competenze tecniche specifiche
molto approfondite.
Alcuni scienziati medici negano che si possa
considerare l’embrione un essere vivente, insomma un individuo e sottolineano che solo
dopo un certo tempo in esso si formano le cellule cerebrali. Saltando in un altro campo ricordano poi che la concezione aristotelica conciliata da San Tommaso con la dottrina cristiana non attribuisce l’anima (immortale) all’embrione e distingue fra l’essere in potenza e
l’essere in atto. Sottolineano l’utilità per la
scienza di effettuare ricerche sull’embrione
perché soltanto quelle cellule – e non le staminali adulte – consentirebbero la cura di gravi malattie. Aggiungono che queste ricerche
sono permesse nel resto del mondo sicché noi
dovremmo dipendere da esse od esportare i
nostri ricercatori. Ed, infine, che chi ha i mezzi finanziari può all’estero fare ed ottenere
quello che non può in Italia. Dall’altra parte si
sostiene invece che la vita umana è un continuum dalla fecondazione in avanti e non c’è
modo di fissare un momento, di tirare una linea; e poi l’assenza di una struttura cerebrale
non sarebbe un parametro: forse che i malati
di Alzheimer non sarebbero persone? A quest’ultimo argomento si può obbiettare che, da
un punto di vista religioso, essi avrebbero avuto l’anima e questa, essendo immortale, non
sarebbe certo venuta meno insieme alla funzione cerebrale. A sostegno di queste posizionumero 9-10 / 2005
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Periodico informativo culturale
Anno VI • Numero 9-10 • 15-31 maggio 2005
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