L`interposizione fittizia di persona e l`“evasione elusiva”
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L`interposizione fittizia di persona e l`“evasione elusiva”
PAOLO GAETA - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Accertamento Cass., 15 ottobre 2014, n. 21794 L’interposizione fittizia di persona e l’“evasione elusiva”: spunti per la sistematizzazione della materia di Mauro Beghin La Corte di cassazione, con sentenza n. 21794 del 2014, evoca la “disciplina antielusiva” dell’interposizione chiarendo che, affinché l’elusione per interposizione prenda corpo, è sufficiente un “uso improprio, ingiustificato o deviante di un legittimo strumento giuridico”. Stando alla sentenza, dunque, interposizione ed elusione sarebbero la stessa cosa. Le cose non stanno tuttavia in questi termini, perché mentre attraverso l’interposizione si ottiene l’effetto del nascondimento al Fisco di operazioni reali, nell’elusione si manda a tassazione un’operazione (l’operazione elusa) che non si è mai realizzata. Il caso affrontato dalla sentenza della Corte di cassazione n. 21794 del 2014 (1) poteva essere risolto in modo molto semplice, sulla base di uno schema argomentativo lineare, senza scomodare l’elusione fiscale e senza affermare, in definitiva, che tra interposizione fittizia ed elusione esiste un rapporto di parentela, dimodoché entrambe le fattispecie sarebbero riconducibili alla stessa famiglia. È questo un momento nel quale i contribuenti (grandi e piccoli; imprenditori e non) necessitano di punti di riferimento stabili quanto alle conseguenze di carattere fiscale derivanti dalle operazioni poste in essere. Ma procediamo con ordine. La dinamica dei fatti è chiara. Nell’imminenza della vendita di un terreno edificabile, il contribuente donava il bene ai propri familiari e questi ultimi, a loro volta, lo cedevano a terzi a titolo oneroso senza dichiarare alcuna plusvalenza. Ciò in quanto, in virtù delle regole applicabili in punto di determinazione dei redditi diversi, il valore di carico del terreno presso i familiari corrispondeva al valore dichiarato, nella precedente donazione, ai fini dell’imposizione indiretta. L’atto di donazione scontava, così, la relativa imposta, ma il contratto gettava le basi per l’acquisizione, sul versante dell’IRPEF, di un valore fiscalmente riconosciuto da spendere, di lì a poco, proprio in occasione della vendita del cespite. In conclusione, l’imposta sulle donazioni “scacciava” l’imposta personale sul reddito, così come nel Medioevo, per la legge di Gresham, la moneta cattiva scacciava quella buona. La pianificazione della successione in ambito familiare Se l’operazione si fosse fermata qui e se i donatari si fossero limitati ad incassare, in occasione della compravendita, il prezzo dell’immobile, forse non ci sarebbero state conseguenze sul versante tributario. Infatti, la pianificazione della propria successione non costituisce operazione vietata dal nostro ordinamento. A nessuno è impedito di trasferire oggi, a favore dei propri congiunti e senza corrispettivo alcuno, i beni che in futuro, per le leggi di natura oltre che per le leggi civili, passerebbero comunque dal patrimonio del de cuius a quello degli eredi. Nemmeno vi sono vincoli alla donazione di un immobile che sia in procinto di essere venduto. In quest’ultimo caso, trasferire la proprietà dell’immobile significa scaricare sul donatario il problema (o l’opportunità) del realizzo del bene, vale a diMauro Beghin - Professore ordinario di Diritto tributario presso l’Università di Padova, Avvocato e dottore commercialista in Padova Nota: (1) Il testo della sentenza è riportato a seguire. 47/2014 3613 PAOLO GAETA - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Accertamento Cass., 15 ottobre 2014, n. 21794 re il problema (o l’opportunità) della sua monetizzazione. Significa altresì generare, sulla base del vigente art. 68 del T.U.I.R., i presupposti per ridurre, se non addirittura per azzerare, la plusvalenza in testa al donatario-venditore. L’obbiezione che il lettore potrebbe muovere è, a questo punto, prevedibile. Il proprietario dell’immobile può certamente scegliere se donare il bene (che potrebbe essere dipoi, entro breve tempo, alienato) o se donare il denaro ricavato in occasione della vendita. Egli diviene in qualche modo arbitro quanto all’emersione della plusvalenza, la quale potrebbe non vedere mai la luce. Infatti, con la donazione dell’immobile la plusvalenza non si realizza in testa al donante, con la conseguenza che sembra prodursi un vuoto d’imposizione (quanto all’IRPEF) in ragione della (pur legittima) mancata tassazione di un reddito che il contribuente avrebbe potuto produrre. Dato, poi, che nemmeno il donatario potrebbe essere costretto a dichiarare la plusvalenza (in ragione del nuovo valore fiscale dell’immobile, acquisito in occasione della donazione), il salto d’imposta qui sopra evocato diverrebbe definitivo. Alla fine, nessuno dei componenti della “famiglia” sconterebbe l’IRPEF. Sarebbe tuttavia errato ridurre il piano del ragionamento al contesto “familiare” ed affermare che, proprio per il tramite della donazione, si finisce per aggirare l’imposta progressiva sulla plusvalenza riguardante il terreno. Non si deve infatti dimenticare che la “famiglia” non è un soggetto passivo dell’imposta personale sul reddito e che il donante e il donatario, quand’anche legati da rapporti di parentela, affinità o di coniugio, non sono la stessa persona. Nessuno nega che alla famiglia possa essere riconosciuto il ruolo di entità economica unitaria e che, in alcuni settori della fiscalità (per esempio, quello legato agli accertamenti sintetici e redditometrici), l’esistenza di flussi monetari tra i componenti del nucleo possa essere d’aiuto per l’individuazione della ricchezza da tassare. Ma quando si parla di redditi personali e quando si ragiona, in particolare, sul versante di un’imposta che ha fatto della progressività il proprio segno di distinzione, ciascun componente della famiglia vive, nei confronti del Fisco, il proprio, 3614 47/2014 personale rapporto. La famiglia rappresenta pertanto, in questa prospettiva, soltanto una ideale sommatoria di tante soggettività passive quanti sono i componenti del nucleo medesimo. Il donante non è quindi tenuto al pagamento dell’IRPEF perché egli non realizza alcuna plusvalenza: non vende nulla e, de plano, nemmeno monetizza. Il donatario, a sua volta, non è tenuto al pagamento dell’IRPEF in quanto, attraverso la vendita, egli non fa emergere alcun incremento patrimoniale (non genera, dunque, reddito), dato che il corrispettivo della cessione e il valore di mercato del bene potrebbero eguagliarsi. A chi volesse comunque sostenere che, attraverso la donazione, i donatari incrementano il proprio patrimonio (in altre parole, si arricchiscono) sarebbe facile obbiettare che tale incremento non è affatto irrilevante nel nostro ordinamento. Infatti, l’acquisto di beni per atto inter vivos declina in presupposto per l’applicazione dell’imposta sulle donazioni, che nel caso affrontato dalla sentenza - se ben abbiamo compreso - è stata regolarmente versata. Nel muovere in questa direzione, è a nostro avviso corretto affermare che il donante non elude le disposizioni riguardanti l’imposizione sul reddito. Ribadiamo che quest’ultimo soggetto non matura il diritto a ricevere un corrispettivo, non realizza plusvalenze, non porta a casa denaro e, proprio per questo, rimane al di fuori del campo di applicazione della disciplina riguardante i redditi diversi. Non viene a trovarsi, in conclusione, in posizione analoga a quella del venditore. Non può esserci, pertanto, alcun aggiramento delle disposizioni sull’IRPEF: semplicemente, il donante non paga il tributo in quanto, in assenza di trasferimento a titolo oneroso (vendita, conferimento, permuta), egli non fa emergere il presupposto impositivo. A sua volta, nemmeno il donatario è tenuto a pagare l’imposta qualora il valore corrente del bene ricevuto eguagli il prezzo di vendita del bene acquistato a titolo gratuito. Il donatario non paga perché tra il momento dell’acquisto del bene per donazione e il momento della vendita del medesimo bene non v’è stato incremento patrimoniale. Qualora il citato donante vendesse al prezzo di 100 un bene che sia entrato nel suo patrimonio con un valore fiscalmente riconosciuto PAOLO GAETA - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Accertamento Cass., 15 ottobre 2014, n. 21794 di 100, non ci sarebbe novella ricchezza da assoggettare ad IRPEF. Mancherebbe, in definitiva, la materia imponibile. Arriviamo così al punto di svolta della vicenda esaminata attraverso la sentenza in rassegna, che potremmo sintetizzare in questo semplice interrogativo: il contribuente voleva per davvero donare? Pianificazione fiscale ed interposizione fittizia: un problema fattuale Leggiamo nella sentenza in rassegna che, in primo luogo, la sequenza negoziale più volte richiamata (donazione dal contribuente ai familiari - vendita dai familiari ad un terzo) si sarebbe perfezionata in un arco temporale assai esiguo (all’incirca un paio di mesi) e che, in secondo luogo, il pagamento dell’acconto sul prezzo pattuito per la cessione del bene sarebbe stato incredibilmente effettuato, a donazione oramai conclusa, a favore del donante, non già a favore dei legittimi proprietari. È qui che si innestano i dubbi circa la reale natura del contratto: per quale ragione l’acquirente avrebbe dovuto versare l’acconto nelle mani di un soggetto che, in virtù dell’atto di donazione, si era spogliato del diritto di proprietà dell’immobile? Esisteva forse un contratto preliminare? Per quale ragione, poi, una volta incassato l’acconto, il donante lo avrebbe girato ai donatari? Il donante si era forse reso conto dell’inestetismo negoziale e della conseguente pericolosità della situazione, che avrebbe incrinato, agli occhi di un osservatore esterno, il teorema della donazione? È quest’ultimo il motivo per il quale, nella prospettiva di rimettere al loro posto i tasselli del mosaico, il donante avrebbe deciso, prima della stipulazione dell’atto di compravendita, di restituire ai donatari l’acconto impropriamente incassato? Non serve un Nobel per capire che, in un caso come questo, può annidarsi il sospetto che i donatari, legati al donante da rapporti di parentela e coniugio, si siano prestati al gioco e abbiano preso parte all’operazione quali soggetti fittiziamente interposti. Soggetti, dunque, del tutto estranei all’operazione effettuata: teste di paglia, pupazzi, figure inanimate inserite a bella posta tra il terzo acquirente e l’originario proprietario del terreno allo scopo di azzerare, in capo a quest’ultimo, l’IRPEF. C’era dunque da aspettarsi che l’Amministrazione finanziaria si sarebbe rivolta al donante al fine (a) di contestare la fattispecie di interposizione fittizia e, per conseguenza, al fine (b) di imputargli gli effetti giuridici della vendita del terreno solo formalmente effettuata dai donatari. Ciò in effetti è avvenuto, anche se, stando alla sentenza qui commentata, l’asserita interposizione è stata impiegata dall’Amministrazione finanziaria al fine di contestare il “carattere elusivo della donazione del terreno”. Per il Fisco, dunque, interposizione ed elusione sarebbero la stessa cosa. La confusione è davvero notevole se si considera che anche la sentenza di secondo grado, nell’annullare l’accertamento, sembra aver fatto erroneamente riferimento ad un “risparmio di imposta complessivo” da calare, tuttavia, su di una operazione “non elusiva”. L’aggettivo “complessivo” lascia pensare che i giudici di seconde cure abbiano svolto un ragionamento non già sul carico tributario gravante sul singolo contribuente, bensì su quello gravante - come abbiamo già detto - sulla “famiglia”. Si arriva così alla sentenza in rassegna, nella quale, in un crescendo di frasi fatte, l’interposizione fittizia è definitivamente risucchiata nel vortice dell’elusione. La sentenza evoca invero la “disciplina antielusiva” dell’interposizione. Chiarisce che, affinché l’elusione per interposizione prenda corpo, è sufficiente un “uso improprio, ingiustificato o deviante di un legittimo strumento giuridico”. Soggiunge che il fenomeno della simulazione relativa (al quale l’interposizione sarebbe riconducibile) non esaurisce il campo di applicazione dell’art. 37, comma 3, del D.P.R. n. 600/1973. Sottolinea, infine, che “lo scopo elusivo dell’intera operazione negoziale” ben può attuarsi nella “sequenza donazione-vendita”. La differenza tra interposizione fittizia (vale a dire evasione) ed elusione tributaria Si rendono qui opportune alcune considerazioni. L’interposizione funziona come una cortina fu47/2014 3615 PAOLO GAETA - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Accertamento Cass., 15 ottobre 2014, n. 21794 SOLUZIONI OPERATIVE del teorema accusatorio inmogena: non consente di Elusione centrato sull’art. 37-bis vedere il soggetto che si troAffinché possa configurarsi l’elusione, cit.), egli avrebbe dovuto va dall’altra parte e, dundiversamente da quanto si afferma realizzare (4). L’operazione que, nemmeno permette di nella sentenza della Corte di elusa non appartiene, perintercettare gli arricchimenti cassazione n. 21794 del 2014, non è tanto, alla realtà. Non fa che a quel soggetto siano, in affatto sufficiente il perfezionamento parte di “ciò che è”, ma di concreto, ascrivibili. Medella sequenza negoziale “donazione“ciò che avrebbe potuto esdiante l’interposizione si otvendita”. Serve un passaggio in più. È sere, ma non è stato”: “non tiene l’effetto del nascondinecessario che la sequenza si articoli è stato” in quanto il contrimento del reddito al Fisco. in “donazione-vendita-donazione”. buente ha scelto un diffeTizio, interposto, si presenta Soltanto quest’ultimo percorso rente percorso. agli occhi dell’Amministranegoziale consente, infatti, al Lo schema impositivo qui zione finanziaria come titoproprietario dell’immobile di sopra rapidamente descritlare di redditi che non gli acquisire, sotto forma di liberalità, to, desumibile - lo si sottoappartengono, mentre Caio, una somma di denaro corrispondente linea ancora - dall’art. 37interponente, si presenta al corrispettivo di vendita. bis cit., poggia tuttavia su quale soggetto sfornito di un elemento che non può ricchezza, anche se quella essere trascurato: la similitudine tra il risultato ricchezza, in concreto, gli appartiene. L’interponente nasconde, dunque, redditi reali, mentre l’interposto espone redditi non propri Note: (2), in quanto riconducibili - come detto - al pa- (2) Nel caso affrontato dalla sentenza, ammesso che si ritenga ditrimonio di altro soggetto. Nell’interposizione mostrata l’interposizione, ci troveremmo di fronte ad un interpofittizia il rapporto è trilatero (3): il terzo contra- sto che non ha dichiarato nulla. Ha posto in essere l’operazione ente conosce la situazione ed è al corrente del in luogo dell’interponente, ma ha beneficiato, in occasione della determinazione della plusvalenza, del maggiore costo fiscalmente fatto che, nel momento in cui conclude l’accor- riconosciuto fissato attraverso il trasferimento del terreno per do, sta facendo affari con l’interponente, non già atto gratuito inter vivos. (3) Nell’interposizione fittizia il terzo deve essere consapevole con l’interposto. Nel caso esaminato dalla sentenza in rassegna - che gli effetti del negozio, nonostante le risultanze formali, si pronei riguardi del soggetto interponente, non già nei riguarsi badi - il terzo acquirente aveva versato il de- ducono di del soggetto interposto. Sul punto, per tutti, F. Gazzoni, Manuanaro a titolo di acconto nelle mani del donante, le di diritto privato, Napoli, 2011, pag. 950, per il quale “L’adesione anche se quest’ultimo, per l’intervenuta dona- del terzo è necessaria perché costui deve essere consapevole zione, non era più il proprietario del bene for- della funzione meramente figurativa del contraente interposto e pertanto la volontà di contrarre con l’interponente. mante l’oggetto della compravendita. Ciò lasce- manifestare In difetto di adesione, pur nella conoscenza dell’accordo tra inrebbe pensare, appunto, al fatto che il terzo con- terponente ed interposto, non vi è contrasto tra volontà e ditraente fosse a conoscenza della simulazione e, chiarazione e quindi gli effetti si producono tra le parti contraensegnatamente, dell’operazione che, nonostante ti, sicché si tratterà solo di stabilire se l’accordo stesso valga cole apparenze, si era in concreto perfezionata tra me mandato senza rappresentanza o come negozio fiduciario o come negozio di accertamento”. l’apparente donante e l’acquirente, senza il coin- In giurisprudenza, cfr. Cass., Sez. III, 7 novembre 2002, n. 15633, volgimento dei donatari. secondo la quale “Il giudizio avente ad oggetto l’interposizione Nell’elusione, però, lo scenario è completamen- fittizia di persona, che costituisce una ipotesi di simulazione relativa, deve svolgersi, a pena di nullità, nel contraddittorio dell’inte diverso. terposto, dell’interponente e del terzo, in quanto oggetto del Attraverso l’art. 37-bis del D.P.R. n. 600/1973, giudizio è l’accertamento dell’accordo simulatorio tra i tre sogl’Amministrazione finanziaria è stata dotata del getti, che può tradursi anche nell’adesione successiva da parte potere di mandare a tassazione un’operazione del terzo all’intesa già raggiunta dai primi due, contenente la ma(l’operazione elusa) che non si è mai realizzata. nifestazione di volontà di assumere diritti ed obblighi discendenti dal contratto, direttamente nei confronti dell’interponente”. NelL’operazione elusa è quella che il contribuente lo stesso senso, Cass., Sez. II, 18 maggio 2000, n. 6451. non ha mai posto in essere, ma che, nella pro- (4) Rinvio, per approfondimenti, a M. Beghin, L’elusione fiscale e il spettiva del Fisco (e, dunque, nella prospettiva principio del divieto di abuso del diritto, Padova, 2013, passim. 3616 47/2014 PAOLO GAETA - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Accertamento Cass., 15 ottobre 2014, n. 21794 SOLUZIONI OPERATIVE cessario, per le ragioni che raggiunto attraverso l’opePlusvalenza su terreno edificabile abbiamo già esposto, che la razione elusiva e il risultato La plusvalenza su terreno edificabile sequenza si articoli in “doche si sarebbe raggiunto può essere tassata quando il bene sia nazione - vendita - donazioqualora fosse stata realizzaceduto a titolo oneroso. Non è ne”. Quest’ultimo percorso ta l’operazione elusa. sufficiente che la plusvalenza sia negoziale (“donazione-venDeve trattarsi di risultati che maturata: serve la monetizzazione. Ma dita-donazione”) consente si assomigliano dal punto di se tale monetizzazione non c’è stata, infatti al proprietario delvista economico-giuridico, nessuna disposizione può dirsi l’immobile di acquisire, perché, in caso contrario, aggirata. C’è una differenza abissale sotto forma di liberalità, nessuna comparazione satra la situazione riconducibile al una somma di denaro corrirebbe possibile. Solamente “mancato realizzo della plusvalenza” spondente al corrispettivo attraverso questa comparae quella riconducibile alla “elusione”. di vendita. La seconda dozione si può determinare il Con riguardo alla prima fattispecie nazione, tuttavia, non fa vantaggio fiscale (risparmio (mancato realizzo), il contribuente parte del caso affrontato d’imposta) che dell’elusione non è tassabile perché non riceve dalla sentenza. costituisce il presupposto. denaro. Con riguardo, invece, alla Si noti che, nel contesto Detto altrimenti, attraverso seconda (elusione), il contribuente dell’elusione, non c’è nal’elusione il contribuente incamera il denaro e, tuttavia, “salta” il scondimento di ricchezza. Il raggiunge il medesimo obtributo in virtù del percorso negoziale percorso elusivo è tutto alla biettivo che egli avrebbe adottato. luce del sole e i contratti conseguito se avesse seguito perfezionati (donazioneil percorso corrispondente vendita-donazione) non sono affatto simulati, all’operazione elusa. Con riferimento al caso esaminato dalla senten- ma reali. Il donante è un donante. Il donatario, za, pertanto, è corretto affermare che, attraverso un donatario. Il venditore, infine, un reale venla donazione dell’immobile ai propri congiunti, ditore. il contribuente non realizza alcun salto d’impo- La fenomenologia dell’elusione s’incentra sul sta sulla plusvalenza. Non lo realizza in quanto risultato raggiunto (vantaggio fiscale), non sul il donante non solo non incassa il corrispettivo, percorso abbracciato dal contribuente. Se non ma nemmeno incassa somme di denaro che a ta- c’è vantaggio (risultato), di elusione non si può le corrispettivo possano, in qualche modo, asso- parlare. In questo schema di ragionamento, il migliare da un punto di vista economico-giuridi- percorso è rilevante in quanto su di esso sono determinati i carichi fiscali. Ma nulla di più. Erco. L’aggiramento della disposizione riguardante la ra, pertanto, la sentenza in rassegna nel punto in tassazione della plusvalenza avrebbe potuto rea- cui ritiene sufficiente, al fine dell’attivazione lizzarsi nel caso in cui, attraverso la sequenza della disciplina antielusiva dell’interposizione, negoziale posta in essere dal donante, questi che vi sia stato un “uso improprio o ingiustificafosse comunque riuscito ad assicurarsi, alla con- to di un legittimo strumento giuridico”. Cosa siclusione dell’iter negoziale, una somma corri- gnifica “uso improprio”? E quando, poi, l’uso è spondente al prezzo di vendita dell’immobile. ingiustificato? Non può forse il contribuente diCiò sarebbe accaduto, per esempio, qualora i fa- sporre dei propri beni, in vista della pianificamiliari del contribuente, una volta conclusa la zione della propria successione, anche se si tratvendita, avessero retrocesso, con una seconda ta di beni facilmente esitabili sul mercato o per i quali, al limite, sia già stato identificato un podonazione, il corrispettivo incamerato. Insomma, diversamente da quanto si afferma tenziale compratore? Dove starebbe poi l’elusionella sentenza in rassegna, affinché possa confi- ne della “applicazione del regime fiscale che cogurarsi l’elusione non è affatto sufficiente il per- stituisce il presupposto d’imposta”? fezionamento della sequenza negoziale “dona- Ribadiamo che la plusvalenza sul terreno edifizione-vendita”. Serve un passaggio in più. È ne- cabile può essere tassata solamente quando il 47/2014 3617 PAOLO GAETA - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Accertamento Cass., 15 ottobre 2014, n. 21794 SOLUZIONI OPERATIVE avrebbe dovuto dimostrare bene sia ceduto a titolo oneOnere della prova che il percorso seguito dal roso. Non è sufficiente che Qualora ci si trovi di fronte ad contribuente gli aveva conla plusvalenza sia maturata: un’interposizione fittizia, spetta sentito di raggiungere un riserve la monetizzazione. Ma all’Amministrazione finanziaria sultato analogo a quello che se tale monetizzazione non provare che vi è stata evasione egli stesso avrebbe potuto si verifica, nessun presupd’imposta. Qualora, invece, la linea di conseguire se avesse venduposto può dirsi aggirato. accusa sia quella dell’elusione, to il bene. Il risultato analoPer rimanere sul piano degli l’Agenzia delle entrate deve go, in questo caso, consisteesempi, si consideri che il dimostrare che il percorso seguito dal va nella definitiva acquisisoggetto il quale non acquicontribuente gli ha consentito di zione di una somma di desti le sigarette non elude il raggiungere un risultato analogo a naro equivalente al corrimonopolio sui tabacchi. quello che egli stesso avrebbe potuto spettivo della vendita effetSemplicemente, non realizconseguire se avesse venduto il bene. tuata dai donatari. Avrebbe za il fatto imponibile. C’è dovuto altresì dimostrare una differenza abissale tra la situazione riconducibile al “mancato realizzo che il risparmio d’imposta così ottenuto era, suldel presupposto” e quella riconducibile alla la base dell’art. 37-bis, comma 1, del D.P.R. n. “elusione”. Con riguardo alla prima fattispecie 600/1973, “indebito”, vale a dire disapprovato (presupposto non realizzato), il contribuente non dal sistema. Qui si manda a tassazione un’operaè tassabile perché non s’impossessa delle siga- zione (la vendita diretta del terreno edificabile) rette e, di conseguenza, nemmeno può fumare. che il contribuente non ha posto in essere, ma Con riguardo, invece, alla seconda, il contri- che, stando alla linea di accusa, egli avrebbe dobuente riesce ad ottenere le sigarette (e, per con- vuto realizzare. seguenza, a fumare) senza pagare il tributo. Le Ma delle due, l’una. O il Fisco contesta l’evadue situazioni di arrivo non sono affatto simili sione. Oppure contesta l’elusione. Non può tuttavia contestare, ad un tempo, l’una e l’altra, co(5). me pare sia accaduto nel caso di specie. Non può esserci, insomma, la botte piena e la moglie Rapide conclusioni Arriviamo così alla conclusione del nostro di- ubriaca. Un provvedimento dotato di siffatta scorso. Può anche darsi che, nel caso esaminato dalla Nota: sentenza, ci si potesse trovare di fronte ad un’in- (5) Nella prospettiva della comparazione di cui abbiamo detto terposizione fittizia. Se questa fosse stata la li- sopra, destano qualche perplessità le osservazioni di M. Cicala, fiscale, evasione fiscale, abuso di diritto, fra legislazione nea di accusa, l’Amministrazione finanziaria “Elusione dello Stato e normativa comunitaria. Cenni di giurisprudenza delavrebbe dovuto provare che v’era stata evasione la Cassazione”, in F. Amatucci - F.M. D’Ippolito, Sistema di garanzie d’imposta. Tale dimostrazione doveva necessa- e ordinamento tributario, Napoli, 2008, pag. 19. L’Autore, nel tentariamente passare attraverso la dimostrazione re di definire la fattispecie elusiva, si esprime infatti nei seguenti della connotazione trilatera del rapporto, nel termini: “La elusione in sé non è connotabile negativamente, anzi in certi casi è voluta, è incoraggiata dallo Stato per fini sociali. Un senso che abbiamo messo in luce sopra. Insom- esempio banale: l’alta tassazione su alcuni beni (come i tabacchi) ma, non può esserci interposizione fino a quan- ha anche lo scopo di ridurne il consumo e quindi l’obiettivo polido non si prova che, alla conclusione dell’opera- tico (almeno a quanto dichiarato) della tassazione sul tabacco è zione, il prezzo sia finito nelle mani dell’appa- che l’imposta non renda nulla, che la tassa sia elusa attraverso il mancato consumo della sostanza nociva”. A nostro avviso, l’Autorente donante (in realtà, effettivo venditore del re confonde la questione dell’elusione con quella dell’impiego del terreno). Qui si manda a tassazione l’operazione tributo per finalità extrafiscali. Poiché nell’elusione è essenziale concretamente effettuata, non quella desumibile l’ottenimento di vantaggi contrari al sistema, tale fattispecie (la dagli atti. Si tassa la sostanza, non l’involucro fattispecie elusiva) potrebbe configurarsi laddove, stante l’acquisto del bene, l’operazione sfuggisse al prelievo fiscale in virtù del giuridico. peculiare percorso negoziale adottato. Ma se l’acquisto non è poSe invece la linea di accusa fosse stata quella sto in essere, il presupposto non si realizza e di elusione - noi dell’elusione, allora l’Agenzia delle entrate crediamo - non si può in alcun modo parlare. 3618 47/2014 PAOLO GAETA - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Accertamento Cass., 15 ottobre 2014, n. 21794 motivazione, con il quale, in definitiva, si contesti una “evasione elusiva” dovrebbe a nostro avviso reputarsi contraddittorio e, alla fine, non motivato. Insomma, un mostro giuridico del quale - noi crediamo - il nostro sistema non ha, in questo momento, alcun bisogno. LA SENTENZA Cassazione, Sez. trib., Sent. 15 ottobre 2014 (16 luglio 2014) n. 21794 - Pres. Cappabianca - Rel. Federico La disciplina antielusiva dell’interposizione non presuppone necessariamente un comportamento fraudolento da parte del contribuente, essendo sufficiente un uso improprio o ingiustificato di un legittimo strumento giuridico, che consenta di eludere l’applicazione del regime fiscale che costituisce il presupposto d’imposta. Svolgimento del processo L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, avverso la sentenza della CTR della Lombardia n. 13/5/09 che, confermando la sentenza di primo grado, ha annullato l’accertamento notificato al contribuente con cui, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37, era stata recuperata a tassazione la plusvalenza, prevista dall’art. 81, comma 1, lett. b) TUIR derivante da cessione a titolo oneroso di terreni edificabili, per L. 520.201.000, avendo l’Ufficio attribuito carattere elusivo alla donazione del terreno da parte di C.M. alla moglie ed alle due figlie, pochi mesi prima della vendita, poi effettuata dalle donatarie, ritenute fittiziamente interposte. La CTR affermava che l’atto di donazione era fondato su motivazioni pienamente legittime: il contribuente aveva infatti ottenuto un risparmio complessivo di imposta, ma non poteva per ciò solo presumersi che l’operazione fosse elusiva, posto che tale risparmio era stato realizzato concludendo un’operazione perfettamente ammessa dalla normativa fiscale. B.M., C.C. ed A., quali eredi del signor C.M., hanno resistito mediante controricorso ed hanno altresì proposto ricorso incidentale. Motivi della decisione Deve anzitutto procedersi alla riunione del ricorso principale e di quello incidentale ai sensi dell’art. 335 c.p.c. Deve poi preliminarmente esaminarsi l’eccezione di inesistenza del ricorso principale, sollevata dai resistenti, e fondato sul fatto che il ricorso è stato indirizzato a soggetto defunto e notificato presso il domicilio eletto dallo stesso. Tale eccezione è infondata. Il ricorso per cassazione dell’Agenzia delle entrate è stato effettivamente notificato presso il domicilio eletto dal de cuius successivamente al decesso di questi, intervenuto dopo la pubblicazione della sentenza della CTR, presso il domicilio eletto dallo stesso. Tale vizio della vocatio in ius non può peraltro qualificarsi come inesistenza, bensì come nullità della notifica. La costituzione degli eredi ha dunque determinato la sanatoria della nullità ex tunc (vale a dire dalla notifica del ricorso), applicandosi alla fattispecie in esame l’art. 164 c.p.c., nella nuova formulazione, successiva alle modifiche apportate dalla L. n. 353 del 1990 (ex multis Cass. n. 776/2011; Cass. n. 23522/2010). Ciò posto, conviene esaminare anzitutto il ricorso incidentale, proposto dagli eredi del contribuente, che riveste carattere di pregiudizialità, in quanto con esso si censura la sentenza per aver omesso di dichiarare l’inammissibilità dell’appello per genericità dei motivi. Il ricorso è inammissibile per violazione del principio di autosufficienza poiché la parte ha omesso di riportare, nel loro impianto specifico, i motivi di appello. Il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione - che trova la propria ragion d’essere nella necessità di consentire al giudice di legittimità di valutare la fondatezza del motivo senza dover procedere all’esame dei fascicoli di ufficio o di parte vale anche in relazione ai motivi di appello rispetto ai quali si denuncino errores in procedendo da parte del giudice di merito. Ne consegue che, ove il ricorrente denunci la violazione e falsa applicazione dell’art. 342 c.p.c., conseguente alla mancata declaratoria di nullità dell’atto di appello per genericità dei motivi, deve riportare nel ricorso, nel loro impianto specifico, i predetti motivi formulati dalla controparte. Siffatta esigenza appare ispirata al principio secondo cui la responsabilità della redazione dell’atto difensivo fa carico esclu47/2014 3619 PAOLO GAETA - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Accertamento Cass., 15 ottobre 2014, n. 21794 sivamente al ricorrente (principale o incidentale) e non può dunque essere supplita dal giudice, onde evitare il rischio di un’inammissibile sostituzione di questi nell’individuazione degli atti, o parti di essi, rilevanti in relazione alla formulazione della censura (Cass. n. 86/2012). Si perviene cosi all’esame del ricorso principale. Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate deduce la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37 comma 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3). L’Agenzia formula al riguardo il seguente quesito di diritto: Dica codesta Suprema Corte se - in presenza di un atto di donazione di terreni edificabili (in data 21.12.1998), successivamente venduti a terzi (in data 1.3.1999), ed in cui l’acquirente non abbia versato l’acconto del prezzo direttamente alle donatarie - proprietarie bensì al donante e questi, in data successiva alla donazione dei terreni (5.2.1999) abbia trasferito il denaro ricevuto alle donatarie - erri la sentenza che non riconosca la strumentante della donazione dei terreni, al fine di evitare il pagamento delle imposte gravanti sulla plusvalenza maturata dal donante, e ritenga inapplicabile la disposizione di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37, comma 3. La censura è fondata. La sentenza della CTR ha affermato che l’atto di donazione verso i familiari da parte del contribuente è riconducibile a motivazioni pienamente legittime di spostamento del proprio patrimonio in favore degli eredi ed inoltre che non può presumersi che l’operazione sia elusiva per il solo fatto di esprimere finalità del tutto evidenti che non il mero risparmio della fiscalità complessiva, perfettamente ammesse dalla vigente normativa fiscale. Tali affermazioni appaiono in contrasto con la corretta interpretazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37, comma 3. Come questa Corte ha già avuto modo di affermare la disciplina antielusiva dell’interposizione, prevista dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37, comma 3, non presuppone necessariamente un comportamento fraudolento da parte del contribuente, essendo sufficiente un uso improprio, ingiustificato o deviante di un legittimo strumento giuridico, che consenta di eludere l’applicazione del regime fiscale che costituisce il presupposto d’imposta: ne deriva che il fenomeno della simulazione relativa, nell’ambito della quale può ricomprendersi l’interposizione fittizia di persona, non esaurisce il campo di applicazione della norma, ben potendo at- 3620 47/2014 tuarsi lo scopo elusivo dell’intera operazione negoziale posta in essere, nella sequenza donazionevendita. (Cass. 25671/2013). Orbene nella fattispecie il fatto che il contribuente abbia corrisposto tutte le imposte afferenti la donazione, come riferito dal primo giudice e che il ricavato della vendita sia rimasto nella disponibilità delle eredi non appare idoneo, ad escludere l’inopponibilità all’Amministrazione finanziaria in applicazione del principio generale antielusivo dell’art. 53 Cost. - i benefici fiscali derivanti dalla combinazione di operazioni a ciò volte. Nel caso di specie risulta anzitutto la vicinanza temporale tra i due atti (donazione stipulata il 21.12.1998 e vendita l’1.3.1999) e la circostanza che l’acconto del prezzo, pari ad oltre 2/3 del corrispettivo, sia stato direttamente percepito dal donante, ing. C., e non anche dalle donatarie - venditrici. Risulta inoltre, nei primi giorni di febbraio, il trasferimento di L. 310.000.000 dal conto corrente intestato all’ing. C. ed alla moglie a quello delle donatane, spostamento che risulta privo di giustificazione, salvo la sua riconducibilità all’operazione di donazione e vendita dei terreni edificabili, per le quali, come si è detto l’acconto sul prezzo, prima del rogito di vendita, seppure in data successiva alla donazione, risulta essere stato acquisito direttamente dal donante. L’accoglimento del primo motivo del ricorso principale assorbe e rende superfluo l’esame del secondo. La sentenza della CTR della Lombardia va dunque cassata, con rinvio, anche per la liquidazione delle spese della presente fase, ad altra sezione della medesima CTR, che si atterrà al seguente principio di diritto: “La disciplina antielusiva dell’interposizione non presuppone necessariamente un comportamento fraudolento da parte del contribuente, essendo sufficiente un uso improprio o ingiustificato di un legittimo strumento giuridico, che consenta di eludere l’applicazione del regime fiscale che costituisce il presupposto d’imposta”. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della medesima CTR, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio.