le interferenze fiscali nel bilancio d`esercizio

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le interferenze fiscali nel bilancio d`esercizio
Intervento A.N.T.I. del 7 luglio 2004
LE INTERFERENZE FISCALI NEL BILANCIO D’ESERCIZIO
Paolo Moretti
Presidente della Fondazione Luca Pacioli
Indice
Premessa ........................................................................................................................................ 2
1. Il collegamento del risultato fiscale al bilancio d’esercizio .......................................................... 2
2. Le soluzioni al problema dell’inquinamento fiscale del bilancio d’esercizio: l’appendice fiscale al
conto economico ............................................................................................................................. 5
3. L’eliminazione dell’appendice fiscale e l’introduzione del comma secondo dell’articolo 2426 del
Codice civile ................................................................................................................................... 7
4. I lavori della Commissione Mirone ed i successivi provvedimenti legislativi............................... 8
5. Gli effetti della recente Riforma fiscale sull’inquinamento del bilancio ..................................... 10
6. La natura delle disposizioni tributarie interessate dalla deducibilità extracontabile .................... 11
7. I componenti negativi di reddito deducibili indipendentemente dal transito al conto economico
del bilancio d’esercizio ................................................................................................................. 12
8. Schema riepilogativo delle principali fattispecie di elementi negativi deducibili in via
extracontabile................................................................................................................................ 16
9. Le modifiche al TUIR precedente conseguenti alla scelta del “doppio binario parziale” ............ 18
10. La parzialità del doppio binario introdotto dalla Riforma tributaria.......................................... 18
11. Il meccanismo delle “riserve a copertura”................................................................................ 19
12. Il trattamento delle interferenze fiscali iscritte prima dell’entrata in vigore della Riforma
societaria per le imprese con esercizi a cavallo.............................................................................. 20
13. Disinquinamento dalle interferenze fiscali pregresse ............................................................... 22
13.1. Soluzione contabile da adottare............................................................................................ 23
14. Iscrizione in bilancio delle imposte differite o anticipate ......................................................... 25
15. Imposte differite ed anticipate nella nuova nota integrativa...................................................... 26
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LE INTERFERENZE FISCALI NEL BILANCIO D’ESERCIZIO
Premessa
L’inserimento di poste di natura tributaria all’interno del bilancio d’esercizio era, fino
a poco tempo fa, una prassi ricorrente.
Tale operazione determinava un inquinamento fiscale del bilancio, cioè pregiudicava
la sua natura civilistica.
Le interferenze tra
dati tributari e
civilistici,
manifestatesi nel bilancio,
rappresentavano evidentemente un problema, che il Legislatore ha costantemente cercato di
gestire e che con le recenti Riforme (del diritto societario e del sistema fiscale statale) ha
trovato una significativa soluzione.
Nella presente trattazione si tenterà di accennare all’origine delle interferenze fiscali
ed alle sue manifestazioni nel tempo; si cercherà, quindi, di descrivere le varie soluzioni
proposte dal Legislatore e di illustrare come la Riforma societaria e quella tributaria abbiano
tentato di porre definitivamente fine all’inquinamento fiscale del bilancio.
1. Il collegamento del risultato fiscale al bilancio d’esercizio
L’ordinamento tributario e quello civilistico rappresentano sistemi completamente
distinti.
I criteri ed i principi di ciascun ambito giuridico rispondono ad esigenze proprie e, in
particolare, i risultati che tali differenti sistemi esprimono sono del tutto peculiari: il
risultato civilistico, infatti, informa circa l’andamento economico, finanziario e patrimoniale
di un’impresa, mentre il risultato tributario rappresenta la base imponibile in relazione alla
quale un soggetto deve adempiere la propria obbligazione tributaria nei confronti
dell’Amministrazione Finanziaria.
Per questo motivo, i dati civilistici e quelli fiscali dovrebbero percorrere “binari”
distinti e, dunque, essere completamente indipendenti.
Nel nostro ordinamento tale separazione non ha mai incontrato i favori del Legislatore.
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Infatti, fino ad oggi, l’ordinamento italiano ha costantemente accettato il legame tra
bilancio civile e dichiarazione del risultato fiscale di società ed imprese, tanto che si è
andato consolidando nel tempo un principio di dipendenza della determinazione
dell’imponibile fiscale dal bilancio d’esercizio.
A tale conclusione conducono già le disposizioni contenute nel R.D. 24 agosto 1877
(che desumeva il reddito imponibile, per i soggetti tenuti alla redazione del bilancio, dal
bilancio e dal rendiconto) sia quelle contenute nel D.P.R. 5 luglio 1951 n. 573 (che
obbligavano l’impresa alla presentazione della dichiarazione annuale corredata da bilancio o
rendiconto) sia, infine, il Testo Unico del 1958 (che prevedeva in allegato alla dichiarazione
dei redditi il bilancio ed il conto dei profitti e delle perdite).
La Riforma fiscale del 1973 si mantenne su questo filone: il TUIR da essa prodotto,
infatti, prevedeva che gli imprenditori commerciali dovessero allegare alla propria
dichiarazione una copia del bilancio (inteso come stato patrimoniale) con il conto dei
profitti e delle perdite.
Infine, il TUIR del 1986 ha stabilito che il reddito d’impresa debba essere determinato
apportando al risultato netto del conto economico, relativo all’esercizio chiuso nel periodo
d’imposta, le variazioni in aumento o in diminuzione conseguenti all’applicazione dei criteri
stabiliti dallo stesso TUIR: tale principio (più precisamente, tale dipendenza del risultato
fiscale da quello civilistico) è stato integralmente accolto dal TUIR introdotto dal D. Lgs.
344/2003, attraverso il suo articolo 83.
Dunque, il collegamento tra il risultato civilistico e quello tributario è stato
costantemente presente nel nostro ordinamento ed ha rappresentato, in qualche modo,
l’origine delle interferenze fiscali nel bilancio d’esercizio civilistico.
Peraltro, nel TUIR del 1973 e, soprattutto, in quello del 1986 il principio di
dipendenza appena illustrato fu, oltre che riconosciuto, anche sviluppato e, in qualche modo,
“rovesciato”.
Infatti, l’art. 74 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, stabiliva, al suo comma terzo,
che i costi e gli oneri non erano ammessi in deduzione se non imputati al conto dei profitti e
delle perdite allegate alla dichiarazione.
In tal modo veniva, già, legittimato apertamente un inquinamento fiscale del bilancio.
Anche il TUIR del 1986 ammise il principio di dipendenza del risultato civilistico da
quello fiscale (dalla Dottrina definito di dipendenza rovesciata): infatti, l’art. 75 del D.P.R.
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n. 917 del 1986 prescriveva, al suo comma 4, che le spese e gli altri componenti negativi di
reddito non potevano essere dedotti se e nella misura in cui non risultassero imputati al
conto dei profitti e delle perdite relativo all’esercizio di competenza.
Il Testo Unico del 1986, quindi, non mutò il principio secondo cui una posta negativa
di reddito poteva essere portata in deduzione dal contribuente solamente se iscritta nel conto
economico, cioè nel bilancio: in tal modo, il bilancio risultava subordinato ad esigenze di
carattere fiscale.
Evidentemente, in un tale contesto normativo veniva offerta al redattore del bilancio la
possibilità di inquinare tale documento con poste di natura esclusivamente tributaria, cioè
tutt’altro che civilistico - economica, al solo fine di ottenere una riduzione dell’importo
della propria base imponibile.
In questa situazione veniva inevitabilmente compromessa la veridicità del dato
risultante dal bilancio: infatti, il risultato civilistico che emergeva appariva in qualche modo
falsato dalla rilevanza di voci fiscali nel conto economico.
Ciò, in particolare, conduceva ad un risultato di gestione minore rispetto a quello che
l’impresa avrebbe conseguito senza il transito nel conto economico di voci di natura
esclusivamente fiscale, proprio perché tali poste rappresentavano importi da sottrarre al
valore della produzione, e determinavano una - più o meno - significativa riduzione
dell’utile societario o, viceversa, un aumento della perdita.
L’inopportunità di tale situazione, peraltro, aveva come conseguenza il pregiudizio
all’immagine sul mercato dell’impresa, che, per effetto della rilevanza nel conto economico
di voci negative di natura non civilistica, ma fiscale, realizzava risultati meno floridi; questo
incideva irrimediabilmente sulle scelte degli investitori che, di norma, nell’impostare le
proprie strategie finanziarie danno notevole importanza ai risultati di gestione delle società.
Tutto ciò ha indotto il Legislatore a studiare efficaci rimedi contro le interferenze
fiscali nel bilancio d’esercizio ed a contrastare, quindi, il fenomeno dell’inquinamento
fiscale.
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2. Le soluzioni al problema dell’inquinamento fiscale del bilancio d’esercizio:
l’appendice fiscale al conto economico
Il problema delle interferenze fiscali nel bilancio d’esercizio fu avvertito dapprima a
livello comunitario, con la IV Direttiva CEE in tema di conti annuali delle società (Direttiva
25-7-1978, n. 78/660): essa esprimeva l’esigenza che i bilanci delle società fossero quanto
più possibile chiari, corretti e veritieri.
I principi della IV Direttiva furono accolti pressochè integralmente in Italia, con il D.
Lgs. 9 aprile 1991, n.127.
In ordine alle interferenze fiscali, in particolare, l’attuazione delle regole comunitarie
sul bilancio doveva confrontarsi con il dato interno rappresentato dal preesistente obbligo
tributario dell’imputazione dei costi al conto economico ai fini della relativa deduzione dalla
base imponibile, espresso dall’articolo 75 del TUIR del 1986.
Il Legislatore italiano ritenne opportuno risolvere questa delicata situazione creando
un’apposita area fiscale all’interno del conto economico del bilancio d’esercizio: la
cosiddetta appendice fiscale.
L’area in tal modo ritagliata avrebbe dovuto accogliere tutte le poste di natura
esclusivamente tributaria, il cui transito al conto economico del bilancio fosse richiesto dal
TUIR: in altri termini, si trattava di un ambito in cui far confluire elementi che non avevano
origine e natura propriamente civilistiche.
L’area fiscale in esame era collocata nelle voci n. 24 e n. 25 del conto economico del
bilancio: la voce n. 24 avrebbe accolto le rettifiche di valore operate in applicazione di
norme tributarie e la voce successiva – la n. 25 – avrebbe riportato gli accantonamenti
eseguiti in applicazione di norme tributarie.
Le rettifiche che venivano ammesse all’interno dell’appendice fiscale erano quelle che
sancivano un imponibile d’impresa inferiore all’utile d’esercizio pre-tasse: esse
consistevano, essenzialmente, in ammortamenti e svalutazioni, operati al fine esclusivo di
permettere al contribuente di fruire di opportunità fiscali.
Gli accantonamenti che potevano trovare collocazione nell’appendice fiscale
dovevano, invece, essere stati costituiti dal contribuente con l’intento di sfruttare la
possibilità, offerta dall’ordinamento tributario, di sottrarre alcuni componenti positivi
straordinari (ad esempio, le sopravvenienze attive) alla determinazione del reddito
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imponibile, ma a fronte dei quali non sussistesse una corrispondente norma civilistica a
giustificazione.
La struttura (“a scalare”) del conto economico avrebbe consentito l’indicazione alla
voce n. 23 del corretto risultato civilistico (individuato indipendentemente dai
condizionamenti di natura fiscale); al di sotto di tale voce, nelle voci n. 24 e n. 25,
avrebbero, quindi, trovato spazio le poste aventi esclusiva rilevanza tributaria.
Dal punto di vista pratico, l’effetto della contabilizzazione delle rettifiche di valore e
degli accantonamenti di derivazione esclusivamente fiscale avrebbe comportato l’inevitabile
riduzione del risultato civilistico dell’impresa.
Il D. Lgs. n. 127/1991 prescriveva altri accorgimenti: il conto economico doveva
contenere un’ulteriore voce – la n. 26 – che avrebbe indicato l’utile (o, eventualmente, la
perdita) di esercizio, determinato algebricamente con la somma tra la voce n. 23 (risultato
civilistico senza condizionamenti fiscali) e le rettifiche e gli accantonamenti (le voci n. 24 e
n. 25) fondati esclusivamente sull’applicazione di norme tributarie e, come indicazione di
completamento, la nota integrativa doveva riportare, alla voce n. 14, la composizione
analitica delle voci n. 24 e n. 25, con la menzione dei motivi delle scelte operate dai
redattori del bilancio.
In base a tali previsioni, dunque, il bilancio civilistico (e, in particolare, il conto
economico) poteva accogliere poste di carattere esclusivamente tributario, affinchè, nel
rispetto della regola fiscale dell’imputazione, il contribuente potesse dedurre dalla propria
base imponibile i costi transitati in bilancio.
Tali voci di natura fiscale risultavano di agevole individuazione, rimanendo isolate in
un’apposita area che, nelle intenzioni del Legislatore, doveva evitare che gli altri dati
puramente civilistici fossero contaminati da elementi di natura non strettamente economica,
e quindi diversa.
Malgrado l’apparente semplicità, l’appendice fiscale al conto economico si è rilevata
una soluzione di mero compromesso tra due sistemi normativi (quello civilistico e quello
tributario): essa creava un’evidente contrapposizione tra il risultato effettivo dell’esercizio –
come individuato dall’applicazione delle regole civilistiche, ed esposto alla voce n. 23 del
conto economico – e quello finale – che conseguiva all’applicazione delle rettifiche
tributarie ed era riportato nella sottostante voce n. 26 – senza che fosse chiaro quale dei due
dati dovesse essere considerato incontestabilmente vero.
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Da altro punto di vista, l’appendice fiscale (che, come accennato in precedenza, fu
introdotta in Italia con il D. Lgs. n. 127 del 1991) era una figura non contemplata dalla IV
Direttiva CEE.
Sono prevalse immediatamente, dunque, le critiche sulla inadeguatezza dello
strumento adottato ai fini della neutralità del bilancio e su un presunto contrasto con le
indicazioni della IV Direttiva.
In particolare, attraverso l’appendice fiscale sembravano legittimate le interferenze di
natura tributaria nel bilancio, e, dunque, il problema dell’inquinamento fiscale anziché
essere contrastato veniva, paradossalmente, favorito, essendo ammesso dal Legislatore il
transito di poste non civilistiche all’interno del bilancio d’esercizio.
3. L’eliminazione dell’appendice fiscale e l’introduzione del comma secondo
dell’articolo 2426 del Codice civile
Gli inconvenienti prodotti dal meccanismo dell’appendice fiscale al conto economico
convinsero il Legislatore a disporre rimedi: a tal fine, con l’articolo 2-bis del D.L. 29 giugno
1994 - convertito nella Legge 8 agosto 1994, n. 503 - furono soppresse le voci n. 23, n. 24 e
n. 25 del conto economico, fu aggiunto, in calce all’articolo 2426 del Codice civile –
relativo ai criteri di valutazione delle poste di bilancio – un ulteriore comma (il secondo) e
fu, infine, modificato il contenuto del n. 14 dell’articolo 2427 del Codice civile (relativo al
contenuto della nota integrativa).
In base al nuovo comma 2 dell’articolo 2426 veniva “consentito effettuare rettifiche di
valore ed accantonamenti esclusivamente in applicazione di norme tributarie”.
La voce n. 14 dell’articolo 2427 prevedeva, invece, che nella nota integrativa fossero
indicati “i motivi delle rettifiche di valore e degli accantonamenti eseguiti esclusivamente in
applicazione di norme tributarie ed i relativi importi, appositamente evidenziati rispetto
all’ammontare complessivo delle rettifiche e degli accantonamenti risultanti dalle apposite
voci del conto economico”.
La più significativa innovazione che il comma 2 dell’articolo 2426 apportò, rispetto al
meccanismo dell’appendice fiscale, fu il fatto che diveniva facoltativo – e, dunque, non più
obbligatorio – dar conto delle rettifiche di valore e degli accantonamenti esclusivamente
fiscali.
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In tal modo il contribuente poteva scegliere di riportare o meno nel proprio bilancio
civilistico le voci con rilevanza esclusivamente tributaria: se egli si avvaleva di tale facoltà
non era vincolato alle preesistenti modalità di esposizione, potendo liberamente scegliere le
forme, nel rispetto delle regole di chiarezza e della rappresentazione veritiera e corretta.
Dunque, rispetto al sistema dell’appendice fiscale si trattava di un mero cambiamento
di situazione giuridica soggettiva.
La ratio del comma secondo dell’articolo 2426 rimaneva la volontà di consentire alle
imprese di sfruttare i benefici ammessi dalle norme fiscali, rappresentati, nella maggior
parte dei casi, dalla deduzione dal reddito d’impresa di elementi negativi forfetariamente
determinati dalle norme fiscali: in altri termini, la nuova disposizione avrebbe favorito il
transito all’interno del bilancio di poste di natura non civilistica, ma fiscale.
Ciò, evidentemente, comportava che il bilancio veniva subordinato nuovamente alle
esigenze tributarie, in quanto le voci fiscali accolte nel conto economico avrebbero influito
sulla determinazione del risultato civilistico dell’esercizio.
Dunque, anche con la soppressione dell’appendice fiscale e con l’introduzione del
nuovo comma secondo dell’articolo 2426 del Codice civile il problema dell’inquinamento
fiscale del bilancio veniva, in qualche modo, legittimato ed alimentato.
4. I lavori della Commissione Mirone ed i successivi provvedimenti legislativi
Sulla base delle considerazioni appena esposte, emerse la convinzione che fosse giunto
il momento di porre definitivamente fine all’inquinamento fiscale del bilancio civilistico,
senza, peraltro, pregiudicare gli interessi delle imprese, in quanto esse dovevano ancora
avere la possibilità di dedurre dal proprio reddito imponibile i costi affrontati durante
l’esercizio.
Al riguardo, nel luglio del 1998 fu istituita la “Commissione Mirone”, incaricata di
formulare una proposta per la Riforma del diritto societario (cd. Decreto Mirone).
Tale Commissione dedicò una parte del Decreto (precisamente, il suo articolo 6) alla
eliminazione delle interferenze fiscali nella redazione del bilancio d’esercizio.
In particolare, l’ultima versione dello schema assegnava al Governo il compito di
eliminare tali interferenze.
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La relazione di accompagnamento ne indicava le modalità, suggerendo espressamente
l’abrogazione del comma 2 dell’articolo 2426 del Codice civile ed il riconoscimento, in sede
di dichiarazione, dei componenti negativi del reddito forfetariamente misurati a fini fiscali,
ove essi eccedessero i costi effettivamente imputabili al conto economico e, perciò, a
prescindere dal conto economico stesso.
Tale soluzione, effettivamente, mostrava il pregio di semplificare i rapporti tra norme
civilistiche e fiscali relative al bilancio d’esercizio.
La validità e l’opportunità della proposta formulata dalla Commissione Mirone sono
state alla base della redazione dell’articolo 6, comma primo, lettera a), della Legge 3 ottobre
2001, n. 366, di delega al Governo per la Riforma del diritto societario: l’articolo in
questione dispone, genericamente, che uno dei criteri direttivi a cui si ispira la revisione
della disciplina del bilancio, nell’ambito della Riforma del diritto societario, è
l’eliminazione delle “interferenze prodotte nel bilancio dalla normativa fiscale sul reddito
d’impresa, anche attraverso la modifica della relativa disciplina”.
L’attuazione della delega è avvenuta con il D. Lgs. n. 6 del 17 gennaio 2003.
Il Decreto in parola – che ha completamente riscritto il titolo quinto del Codice civile,
innovando profondamente nelle regole per le società per azioni, le società a responsabilità
limitata e le cooperative – ha introdotto novità che interessano, in buona sostanza, tutte le
fasi della vita societaria.
Relativamente al problema delle interferenze fiscali, con tale provvedimento il
Legislatore ha soppresso definitivamente il comma secondo dell’articolo 2426 del Codice
civile che, come accennato, ammetteva la menzione delle rettifiche di valore e degli
accantonamenti di natura esclusivamente tributaria.
Nella relazione di accompagnamento al D. Lgs. n. 6/2003 si legge, in particolare, che,
è stata disposta l’eliminazione di qualunque riferimento a norme tributarie, in modo che “i
rendiconti economici e patrimoniali siano redatti in ottemperanza alle disposizioni del
Codice civile in quanto uniche disposizioni in materia”.
In altri termini, la Riforma societaria ha restituito al bilancio l’originaria funzione di
documento che, redatto secondo criteri civilistici, deve permettere esclusivamente la lettura
patrimoniale, economica e finanziaria dell’impresa.
Sebbene di grande rilevanza, l’eliminazione del comma secondo dell’articolo 2426
non sembrava sufficiente a contrastare adeguatamente il problema dell’inquinamento fiscale
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del bilancio: ciò, in particolare, in quanto l’articolo 75 del TUIR previgente costituiva
ancora un significativo ostacolo al mantenimento della “purezza” civilistica del bilancio,
continuando a legittimare l’iscrizione in esso, ai fini della relativa deduzione fiscale, di
poste rilevanti esclusivamente dal punto di vista tributario (ad esempio, gli ammortamenti
anticipati).
5. Gli effetti della recente Riforma fiscale sull’inquinamento del bilancio
Il fatto che con la soppressione del comma 2 dell’articolo 2426 del Codice civile il
redattore del bilancio non avesse più la facoltà di imputare a Conto economico poste di
carattere esclusivamente tributario non doveva significare in alcun modo per le imprese la
perdita del diritto alla deduzione degli elementi negativi di reddito.
Partendo anche da tale premessa, il Parlamento ha disposto la delega al Governo per la
Riforma del sistema tributario statale, con la Legge 7 aprile 2003, n. 80.
L’articolo 4 (relativo all’imposta sul reddito delle società), lettera i), di tale Legge ha
previsto la “deducibilità delle componenti negative di reddito forfetariamente determinate,
quali le rettifiche dell’attivo e gli accantonamenti a fondi, indipendentemente dal transito al
conto economico”.
In particolare, il Legislatore auspicava che gli elementi negativi con rilevanza
esclusivamente fiscale dovessero essere dedotti senza figurare tra i dati del bilancio.
La Legge delega per la Riforma del sistema fiscale statale è stata attuata con il D. Lgs.
n. 344 del 12 dicembre 2003.
L’articolo 109, comma 4, lettera b), del TUIR ha ammesso che i componenti negativi
di natura tributaria possano essere dedotti dalla base imponibile in via extracontabile, cioè
indipendentemente dal transito nel conto economico del bilancio d’esercizio.
Infatti, la norma in parola ha stabilito che “gli ammortamenti dei beni materiali ed
immateriali, le altre rettifiche di valore e gli accantonamenti” aventi esclusiva rilevanza
tributaria “sono deducibili se in apposito prospetto della dichiarazione dei redditi è indicato
il loro importo complessivo, i valori civili e fiscali dei beni e quelli dei fondi”.
Dunque, per i componenti negativi tassativamente indicati dalla norma (a differenza
che per gli altri elementi negativi di reddito) la deducibilità fiscale non è più subordinata
alla previa iscrizione nel conto economico del bilancio d’esercizio, in quanto si tratta di
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elementi disciplinati dalla norma tributaria in modo autonomo rispetto a quella civilistica:
ciò che al redattore del bilancio viene richiesto, affinché i componenti negativi
esclusivamente fiscali possano essere dedotti dalla base imponibile, è una segnalazione dei
medesimi in un apposito prospetto 1, allegato alla dichiarazione, che ne costituisce parte
integrante.
Tale previsione legittima e riconosce, quindi, la possibilità di una deduzione
extracontabile – cioè, attraverso una iscrizione all’infuori del bilancio – di poste aventi
rilevanza meramente tributaria.
Evidentemente, la Riforma fiscale ha delineato una separazione (per la verità, e come
sarà osservato più avanti, non completa) tra i dati civilistici e quelli fiscali: si tratta, in buona
sostanza, di un regime di “doppio binario parziale”.
Tale separazione avrebbe la finalità di rendere il bilancio d’esercizio completamente
“depurato” da ingerenze di natura non civilistico – economica, ma fiscale.
6. La natura delle disposizioni tributarie interessate dalla deducibilità extracontabile
Dalla Relazione illustrativa del D. Lgs. n. 344 del 12 dicembre 2003 si evince che le
disposizioni che legittimano l’imputazione di rettifiche di valore ed accantonamenti solo
fiscali sono non solamente quelle “aventi esplicita finalità sovvenzionale”, ma anche quelle
che prescrivano “regimi di determinazione forfetaria dei componenti negativi e, in
particolare, quelli a carattere estimativo”: attraverso tale scelta, il Legislatore della Riforma
fiscale ha accolto i suggerimenti proposti dalla Commissione di esperti, presieduta dal
Professor Franco Gallo, istituita nel novembre 2002 ed incaricata del delicato compito di
coordinare le novità della Riforma societaria con le norme fiscali.
Dunque, il riferimento non è solo alle norme agevolative in senso stretto, cioè
finalizzate al rafforzamento, alla razionalizzazione ed all’efficienza dell’apparato produttivo
dell’impresa.
Tale conclusione è stata accettata dal Legislatore della Riforma per tre differenti
motivi.
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Va precisato che le ipotesi che devono trovare spazio all’interno del prospetto extracontabile sono solamente quelle
che, per effetto di norme esclusivamente tributarie, determinano un importo eccedente rispetto alla corrispondente voce
civilistica: in sostanza, nel nuovo documento non possono essere iscritte voci che dal punto di vista fiscale risultino di
importo inferiore rispetto alla misura iscritta in bilancio secondo i criteri del Codice civile
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Il primo è l’assenza di una precedente prassi applicativa secondo la quale la via della
deduzione extracontabile dovesse trovare applicazione solo in caso di norme sovvenzionali
e non anche di carattere estimativo.
La seconda motivazione è rappresentata dalla considerazione che le imprese non
obbligate a redigere il proprio bilancio o, comunque, tenute a redigerlo indipendentemente
dal rispetto della IV Direttiva, hanno potuto dedurre dalla propria base imponibile anche le
rettifiche di valore e gli accantonamenti previsti e disciplinati da norme di natura forfetaria.
Infine, e soprattutto, “le misure di forfetizzazione, pur non essendo agevolative in
senso stretto, costituiscono pur sempre opportunità o vantaggi offerti dal Legislatore e
hanno comunque la funzione di eliminare controversie su una materia altrimenti di difficile
definizione quale, appunto, quella delle valutazioni” perché “esse rispondono ad un
interesse fiscale di portata più generale e operano a vantaggio sia dei contribuenti (laddove
risultino di importo superiore a quello effettivamente imputabile a Conto Economico), sia a
vantaggio del Fisco, laddove limitino svalutazioni e rettifiche di entità economica più
consistente rilevate in bilancio”.
L’estensione del campo di applicazione della lettera b) dell’articolo 109, comma 4, del
nuovo TUIR agli ammortamenti, alle rettifiche di valore ed agli accantonamenti effettuati in
applicazione di norme tributarie non solo sovvenzionali, ma anche forfetarie, fa in modo che
venga ammessa la deduzione extracontabile di ogni rettifica ed accantonamento che, ante
Riforma, doveva essere imputato a conto economico in forza dell’abrogato comma 2
dell’articolo 2426 del Codice civile.
7. I componenti negativi di reddito deducibili indipendentemente dal transito al conto
economico del bilancio d’esercizio
Sulla base delle premesse appena svolte, pare che saranno numerosi i componenti
negativi di reddito deducibili indipendentemente dal transito al conto economico, essendo
sufficiente una loro previa segnalazione nel nuovo prospetto extracontabile.
Essi, evidentemente, devono essere compresi in una delle macroclassi espressamente
citate dall’articolo 109, comma quarto, lettera b), del nuovo TUIR.
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Tali categorie sono individuate in modo preciso, ma generico: “ammortamenti dei beni
materiali ed immateriali”, “altre rettifiche di valore” ed “accantonamenti”, eseguiti in
applicazione di disposizioni fiscali.
Il Legislatore della Riforma, dunque, ha inteso riferirsi a macroclassi, cioè a categorie
generali di componenti negativi: di conseguenza, risulta opportuno interrogarsi su quali
siano, in concreto, tali elementi negativi. 2
Al riguardo, è certo che gli ammortamenti anticipati (art. 102, comma terzo, del nuovo
TUIR) costituiscano componenti negativi di reddito che possono essere dedotti
indipendentemente dal previo transito al conto economico: per tale fattispecie, la sola
segnalazione nel prospetto allegato alla dichiarazione dei redditi legittima la deduzione
fiscale.
La ragione per cui gli ammortamenti anticipati - chiaro e, probabilmente, unico
esempio di norma sovvenzionale presente attualmente nell’ordinamento tributario rientrano con certezza nel campo di applicazione del nuovo regime di “doppio binario
parziale” consiste nel fatto che essi rappresentano per il contribuente un vantaggio previsto
e disciplinato da una norma esclusivamente fiscale: infatti, la possibilità di usufruire di una
quota di ammortamento maggiore per l’esercizio, rispetto a quella individuata
civilisticamente, risulta finalizzata a favorire una maggiore deduzione e, quindi, un
alleggerimento del carico fiscale di entità maggiore rispetto a quello risultante
dall’applicazione di norme meramente civilistiche (infatti, la quota di ammortamento
deducibile a titolo di ammortamento anticipato corrisponde al doppio di quella individuata
civilisticamente).
Dunque, essendo la misura dell’ammortamento anticipato eccedente rispetto a quella
ammessa dal Codice civile ed essendo essa disciplinata da una norma fiscale in modo
autonomo, può essere regolarmente dedotta dal reddito del contribuente, ma a condizione
che non risulti iscritta all’interno del bilancio civilistico d’esercizio, avendo una
giustificazione non economica, ma tributaria.
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Peraltro, esistendo il vincolo espresso che limita l’operatività del nuovo prospetto agli ammortamenti, alle altre
rettifiche di valore ed agli accantonamenti, sono escluse altre poste, che non rientrano nell’ambito di queste tre categorie
di costi e che dunque affrontano la deduzione solo se segnalate nel conto economico, secondo la regola generale
contenuta nell’articolo 109, comma quarto, primo periodo del nuovo TUIR. E’ il caso, ad esempio, degli oneri
pluriennali, quali: i costi di start-up, le spese di pubblicità, quelle di propaganda e di rappresentanza, i costi di impianto
ed ampliamento, le spese relative a studi e ricerche (ipotesi contemplate dall’articolo 108)
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Oltre agli ammortamenti anticipati, esistono altre indicazioni, relative al meccanismo
degli ammortamenti, che sono ammesse nel prospetto indicato dall’articolo 109 del nuovo
TUIR.
Non va dimenticato, infatti, che tale disposizione si riferisce alla tipologia degli
ammortamenti materiali ed immateriali, intesa in senso generale.
Per tale ragione, debbono trovare spazio all’interno del prospetto (e, dunque, devono
esser dedotte indipendentemente dal transito al conto economico del bilancio) tutte le ipotesi
in cui la quota di ammortamento fiscale ordinario del costo dei beni materiali (disciplinato
dall’articolo 102 del TUIR) risulti differente (in base al DM 31 dicembre 1988) rispetto a
quella che viene calcolata dall’impresa ai fini civilistici.
A tal proposito, non pare difficoltoso individuare i casi in cui la quota di
ammortamento individuata secondo i principi civilistici (cioè, “in relazione alla residua
possibilità di utilizzazione del bene”) non risulti di eguale misura rispetto alle quote fiscali,
determinate dall’applicazione al costo del bene delle aliquote previste dalla tabella dei
coefficienti di ammortamento.
Un’ulteriore ipotesi per cui può essere iscritta una quota di ammortamento
esclusivamente fiscale diversa rispetto alla quota calcolata in bilancio riguarda i beni
immateriali (articolo 103 del nuovo TUIR).
Ogni volta, infatti, che la quota di ammortamento del costo di immobilizzazioni
immateriali risulta di ammontare quantitativamente differente rispetto a quello calcolato ai
fini e secondo i criteri civilistici, l’eventuale differenza può essere legittimamente dedotta
dal reddito dell’impresa-contribuente, attraverso una sua (necessaria) segnalazione non già
all’interno del conto economico, ma nel prospetto allegato alla dichiarazione dei redditi.
Anche in tal caso, quindi, non trova spazio all’interno del bilancio civilistico un dato (nella
fattispecie considerata, la quota di ammortamento fiscale del costo di un bene immateriale,
eccedente rispetto a quella civilistica) ammessa da norme non civilistiche, ma tributarie.
Sempre in relazione alla tipologia degli ammortamenti, anche l’ammortamento del
valore dell’avviamento (art. 103 del TUIR, comma 3), per l’eventuale differenza tra la
misura massima fiscale e la quota di entità inferiore imputata a conto economico, deve
essere dedotto dall’impresa-contribuente in via extracontabile (a questa conclusione,
peraltro, conduce anche il fatto che il quadro EC del recente modello Unico - Società di
capitali, ossia il “prospetto allegato alla dichiarazione dei redditi” a cui fa riferimento
14
l’articolo 109 del nuovo TUIR, ospita uno spazio apposito dedicato all’ammortamento
dell’avviamento).
Anche l’ammortamento integrale, nell’esercizio in cui il relativo costo è stato
sostenuto, dei beni di valore unitario non superiore a 516,46 Euro (su cui art. 102, comma 5)
è una fattispecie rientrante nel campo di applicazione dell’articolo 109, comma 4, lettera d),
del nuovo TUIR. Infatti, nel caso in cui l’ammortamento integrale in questione non
rispetterà il principio civilistico della residua possibilità di utilizzazione del bene scatterà
l’applicabilità del nuovo prospetto allegato alla dichiarazione dei redditi.
Per quanto riguarda la categoria delle “altre rettifiche di valore” (da intendersi,
inequivocabilmente, come svalutazioni) le più rilevanti ipotesi in cui si verificherà una
deduzione extracontabile - in ragione della natura esclusivamente fiscale della relativa
disciplina - risultano le svalutazioni dei crediti dell’impresa (art. 106 del nuovo TUIR) e le
svalutazioni delle rimanenze finali (articolo 92): anche in questi casi la condizione per la
deducibilità extracontabile è che la misura della svalutazione individuata a fini tributari (e,
dunque, ammessa da norme esclusivamente tributarie) risulti differente rispetto alla
corrispondente quota calcolata civilisticamente.
In questa circostanza, dunque, l’impresa può dedurre regolarmente dalla propria base
imponibile elementi negativi (dall’individuazione fiscalmente autonoma rispetto ai principi
civilistici), senza, peraltro, inquinare in alcun modo con poste di natura non economica il
bilancio d’esercizio.
Infine, tra i più rilevanti “accantonamenti” deducibili in via extracontabile, e dunque
attraverso una segnalazione nel documento allegato alla dichiarazione dei redditi, vanno
ricompresi quelli per lavori ciclici di manutenzione e revisione delle navi ed aeromobili
(articolo 107 del nuovo TUIR, comma 1) e quelli per oneri derivanti da operazioni e
concorsi a premio (art. 107, comma 3), oltre agli accantonamenti per rischi contrattuali su
opere, forniture e servizi di durata ultrannuale (art. 93, comma 3, del nuovo TUIR), agli
accantonamenti derivanti dal sostenimento di imposte deducibili (il cui riferimento
normativo è l’art. 99 del nuovo TUIR) ed a quelli a fronte delle spese di ripristino e
sostituzione dei beni gratuitamente devolvibili
3
(art. 107, comma 2) – ovviamente, per la
3
Per le imprese concessionarie della costruzione e dell’esercizio di opere pubbliche e le imprese subconcessionarie di
queste
15
parte in cui la relativa misura sia differente, e, in particolare, ecceda, quella civilisticamente
necessaria.
8. Schema riepilogativo delle principali fattispecie di elementi negativi deducibili in via
extracontabile
A questo punto, è possibile fornire uno schema dal quale evincere quali siano le più
rilevanti voci negative che possono dar luogo a variazioni da immettere, necessariamente,
nel nuovo prospetto di cui all’articolo 109 del nuovo TUIR:
FATTISPECIE
Ammortamenti anticipati
ARTICOLO
TRATTAMENTO CONTABILE
DEL TUIR
PER LA DEDUZIONE
Articolo 102
Segnalazione nel prospetto di cui alla lettera
b), comma quarto, dell’articolo 109 del
nuovo TUIR
Ammortamento di immobilizzazioni
materiali ed immateriali
(ove la quota fiscale risulti diversa
rispetto alla quota civilistica)
Articolo 102
Segnalazione nel prospetto di cui alla lettera
ed
b), comma quarto, dell’articolo 109 del
nuovo TUIR
articolo 103
Ammortamento
del valore
di avviamento
Segnalazione nel prospetto di cui alla lettera
Articolo 103
Ammortamento
di beni di valore unitario
non superiore a
b), comma quarto, dell’articolo 109 del
nuovo TUIR
Segnalazione nel prospetto di cui alla lettera
Articolo 102
b), comma quarto,
dell’articolo 109 del nuovo TUIR
516,46 euro
16
Svalutazioni di crediti per cessioni di
beni e prestazioni di servizi
Articolo 106
Segnalazione nel prospetto di cui alla lettera
b), comma quarto, dell’articolo 109 del
nuovo TUIR
Segnalazione nel prospetto di cui alla lettera
Svalutazioni delle rimanenze finali
Articolo 92
b), comma quarto, dell’articolo 109 del
nuovo TUIR
Accantonamenti
a fronte di spese
Articolo 107
per lavori ciclici
Accantonamenti
da operazioni o concorsi a premio
b), comma quarto, dell’articolo 109 del
nuovo TUIR
di manutenzione e revisione
per spese derivanti
Segnalazione nel prospetto di cui alla lettera
Segnalazione nel prospetto di cui alla lettera
Articolo 107
b), comma quarto, dell’articolo 109 del
nuovo TUIR
Accantonamenti
per rischi contrattuali
su opere, forniture e servizi
Segnalazione nel prospetto di cui alla lettera
Articolo 93
di durata ultrannuale
nuovo TUIR
Segnalazione nel prospetto di cui alla
Accantonamenti derivanti
dal sostenimento
Articolo 99
di imposte deducibili
Accantonamenti al fondo spese
ripristino e sostituzione beni
gratuitamente devolvibili
b), comma quarto, dell’articolo 109 del
lettera b), comma quarto, dell’articolo 109
del TUIR
Segnalazione nel prospetto di cui alla lettera
Articolo 107
b), comma quarto, dell’articolo 109 del
TUIR
17
9. Le modifiche al TUIR precedente conseguenti alla scelta del “doppio binario
parziale”
La scelta di consentire la deduzione in via extracontabile di ammortamenti, rettifiche
di valore ed accantonamenti non imputabili a conto economico ha determinato, per il
Legislatore, la riformulazione delle norme del precedente TUIR che subordinavano la
deduzione dei predetti componenti di reddito alla condizione che fossero stati accantonati ad
apposita riserva o fondo del passivo. Come emerge dalla Relazione illustrativa del D. Lgs.
n. 344, è stato eliminato il riferimento a tale condizione, contenuto, nel precedente TUIR,
nel comma terzo dell’articolo 67 – in relazione agli ammortamenti anticipati – nel comma 2bis dell’articolo 70 – che ammetteva la deduzione di un importo pari al 3 % delle quote di
accantonamento annuale al TFR destinato a fondi pensione – nei commi 1 e 3 dell’articolo
71 – sugli accantonamenti al fondo rischi su crediti – e, infine, nel comma terzo dell’articolo
73 – relativo agli accantonamenti per gli oneri derivanti da operazioni a premio e da
concorsi a premio.
10. La parzialità del doppio binario introdotto dalla Riforma tributaria
Il regime di doppio binario introdotto dalla recente Riforma fiscale attraverso il
riconoscimento della deducibilità in via extracontabile di ammortamenti, altre rettifiche di
valore ed accantonamenti esclusivamente fiscali, non può essere definito “puro”, ma
“parziale”.
Infatti, è stato mantenuto, come caposaldo del nuovo modello di tassazione delle
imprese, il fondamentale principio della dipendenza parziale del reddito imponibile dalle
risultanze contabili, dal momento che il nuovo TUIR, ricalcando il disposto del “vecchio”
articolo 52, prevede che il reddito complessivo sia determinato apportando al risultato del
conto economico le variazioni – in aumento o in diminuzione – prescritte dal TUIR. In
sostanza, la Riforma non ha ammesso un doppio binario totale, o puro, in base al quale
l’imponibile fiscale risulti totalmente svincolato dalle risultanze civilistiche.
Sebbene sia stato introdotto il meccanismo del prospetto allegato alla dichiarazione
dei redditi, in cui far confluire, ai fini della relativa deduzione fiscale, componenti negativi
di reddito aventi esclusiva rilevanza tributaria, non pare ancora riscontrabile, dopo la
18
Riforma, un regime di totale separazione tra i dati di natura civilistica e quelli di natura
esclusivamente tributaria: sembra che sia
solo sul piano - formale - della mera
contabilizzazione che il nuovo documento favorisce una completa
separazione tra
imponibile fiscale e risultato civilistico, mentre sul piano sostanziale il collegamento tra i
due elementi citati pare non essere stato oggetto di modifiche da parte del Legislatore.
Ad ogni modo, resta il fatto che la deviazione del “transito” di poste tributarie
negative dal conto economico al nuovo prospetto extracontabile rappresenta un significativo
tentativo per contrastare l’inquinamento fiscale del bilancio d’esercizio e riconoscere
l’originaria “purezza” civilistico – economica di tale documento.
11. Il meccanismo delle “riserve a copertura”
Per evitare che la deduzione dal reddito d’impresa di elementi negativi non
imputabili a conto economico consenta la distribuzione di utili che non abbiano affrontato
l’imposizione, l’articolo 109, comma quarto, lettera b), del nuovo TUIR ha introdotto uno
specifico regime di sostituzione d’imposta.
Infatti, la disposizione citata stabilisce che “In caso di distribuzione, le riserve di
patrimonio netto e gli utili d’esercizio, anche se conseguiti successivamente al periodo
d’imposta cui si riferisce la deduzione, concorrono a formare il reddito se e nella misura in
cui l’ammontare delle restanti riserve di patrimonio netto, diverse dalla riserva legale, e dei
restanti utili portati a nuovo risulti inferiore all’eccedenza degli ammortamenti, delle
rettifiche di valore e degli accantonamenti dedotti rispetto a quelli imputati a conto
economico, al netto del fondo imposte differite correlato agli importi dedotti” 4 .
In base a quanto si legge nella Relazione illustrativa del D. Lgs. n. 344, la soluzione
che è stata scelta dal Legislatore della Riforma è la risultante del contemperamento delle
due opposte soluzioni che erano state proposte originariamente, cioè quella di consentire la
fruizione di opportunità fiscali “sulla base della loro segnalazione in apposito prospetto,
senza porre vincoli di sospensione d’imposta neanche sulle riserve del patrimonio netto, al
4
Anche se precisa e dettagliata, la norma appena riportata non sembra in grado di risolvere un dubbio: se, cioè, le
riserve di patrimonio netto – diverse dalla riserva legale – siano da considerarsi distribuite anche ove vengano
impiegate, da una società, al solo scopo di aumentarne il capitale. In questo caso, probabilmente, non si assiste ad una
effettiva distribuzione di utili da parte della società a favore dei soci e dunque l’impiego di riserve ai fini dell’aumento
di capitale non dovrebbe violare la regola della necessaria copertura dell’eccedenza di elementi negativi dedotti
extracontabilmente rispetto all’ammontare di quelli imputati al conto economico del bilancio
19
fine di evitare la permanenza di interferenze fiscali sul bilancio” ovvero quella di
“condizionare la fruizione dell’opportunità e, quindi, della detassazione dell’utile, al
mantenimento dell’utile stesso nell’economia dell’impresa e di evitare così la distribuzione
di dividendi che non hanno subito alcun prelievo”.
Ciò, in particolare, per il fatto che, con l’opzione prescelta, “i benefici fiscali possono
essere fruiti da tutte le imprese, quindi anche da quelle che non hanno utili o riserve da
vincolare”.
La Relazione, tuttavia, precisa che “laddove esistano utili o riserve, questi devono
essere mantenuti nell’economia dell’impresa fino a concorrenza delle deduzioni forfetarie
non imputate a conto economico”: tutto questo significa che l’impresa può, senz’altro,
distribuire ai propri soci utili e riserve eccedenti, ma dovrà affrontare l’imposizione “di
recupero” se tali distribuzioni intaccano il livello di patrimonio netto della società che deve
coprire i benefici fiscali non ancora riassorbiti.
In altri termini, il meccanismo appena descritto assegna alle imprese l’onere di
vincolare in riserve diverse da quella legale un importo che risulti pari a quello dei
componenti negativi di reddito portati in deduzione dalla base imponibile in via
extracontabile, al netto del fondo imposte differite correlato agli importi dedotti: quindi, se
tali imprese distribuiscono utili di esercizio o riserve, gli utili e le riserve distribuiti
concorreranno alla formazione del reddito imponibile per un ammontare pari all’eccedenza
netta dell’importo dei predetti componenti negativi di reddito rispetto alle restanti riserve di
patrimonio netto (diverse dalla riserva legale).
12. Il trattamento delle interferenze fiscali iscritte prima dell’entrata in vigore della
Riforma societaria per le imprese con esercizi a cavallo
Sebbene sia stato decisivo per il contrasto all’inquinamento fiscale del bilancio
(avendo imposto l’eliminazione del comma 2 dell’articolo 2426 del Codice civile) il D. Lgs.
n. 6 del 2003 non ha previsto un trattamento per gli ammortamenti, le altre rettifiche di
valore e gli accantonamenti iscritti in conto economico per ragioni esclusivamente tributarie
prima dell’entrata in vigore della Riforma societaria.
Infatti, l’articolo 223 – undecies si limita a stabilire che “I bilanci relativi agli
esercizi chiusi prima del 1° gennaio 2004 sono redatti secondo le leggi anteriormente
20
vigenti. I bilanci relativi agli esercizi chiusi fra il 1° gennaio 2004 e il 30 settembre 2004
possono essere redatti secondo le leggi anteriormente vigenti o secondo le nuove
disposizioni. I bilanci relativi ad esercizi chiusi dopo la data del 30 settembre 2004 dono
redatti secondo le nuove disposizioni”.
In questa situazione, pare corretto ritenere che le rettifiche di valore e gli
accantonamenti esclusivamente fiscali imputati a conto economico in esercizi precedenti –
ai sensi del previgente comma 2 dell’articolo 2426 del Codice civile – debbano essere
stornati.
Al riguardo, la lettera h) dell’articolo 4 delle “Disposizioni varie, transitorie e finali”
(D. Lgs. 344/2003) ha reso applicabile il comma 4 dell’articolo 109 del D. Lgs. 344/2003
anche agli “ammortamenti, alle altre rettifiche di valore ed agli accantonamenti operati:
1)
in esercizi precedenti a quello di entrata in vigore del D. Lgs. 17 gennaio 2003,
n. 6 per effetto dell’abrogato articolo 2426, secondo comma, del Codice civile ed eliminati
dal bilancio in applicazione delle disposizioni di tale decreto;
2)
nell’esercizio in corso al 31 dicembre 2003 che termina successivamente alla
medesima data”.
A titolo esemplificativo, la disposizione appena richiamata trova applicazione nel
caso di una società con esercizio, ad esempio, al 30 giugno 2004: essa, applicando
(avendone la facoltà) il nuovo Codice civile, si sarebbe trovata a non poter imputare a conto
economico ammortamenti, altre rettifiche di valore ed accantonamenti soltanto fiscali,
rimanendo peraltro vincolata al TUIR precedente - che condizionava la deduzione
all’imputazione al conto economico del bilancio d’esercizio - dato che le nuove norme
fiscali opereranno dai periodi d’imposta che iniziano il 1° gennaio 2004.
Pertanto, è stata opportuna l’anticipazione del “doppio binario parziale” per i soggetti
con esercizio in corso al 31 dicembre 2003, ma che termina successivamente a tale data.
In definitiva, i soggetti con esercizio a cavallo del 1° gennaio 2004 e che redigono il
bilancio secondo il nuovo Codice civile (così, in particolare, le Istruzioni alla bozza del
modello Unico – SC e la logica, anche se questa condizione non è scritta espressamente
nella norma):
21
-
applicano in tutto e per tutto il vecchio TUIR (compresa, ad esempio, la spettanza del
credito d’imposta sui dividendi riscossi nell’esercizio);
-
utilizzano, del nuovo TUIR, soltanto la norma sul doppio binario parziale.
13. Disinquinamento dalle interferenze fiscali pregresse
Come anticipato, a decorrere, in generale, dall’esercizio 2004 non sarà più consentito
inquinare il bilancio d’esercizio con appostazioni di natura esclusivamente tributaria, prive
di qualsiasi giustificazione economico-civilistica.
Ciò posto, va osservato che resta tuttavia aperta la questione in ordine alla sorte
riservata alle rettifiche di valore e agli accantonamenti imputati a conto economico
esclusivamente in applicazione di norme tributarie prima dell'
entrata in vigore della riforma
del diritto societario.
Invero, il d.lgs. n. 6/2003 non contiene alcuna espressa indicazione circa le modalità
secondo cui procedere a disinquinare i bilanci dalle interferenze fiscali pregresse.
In altri termini, dal novellato quadro normativo civilistico non si evince quale debba
essere il trattamento contabile da riservare ai “valori fiscali residui” derivanti
dall’applicazione della previgente disciplina, dal momento che questi, sulla scorta dei
principi generali di redazione del bilancio d’esercizio e della finalità sottese alla riforma,
non potranno più trovare albergo nei nuovi schemi legali di bilancio.
Una indicazione sul tema è ritraibile dalle disposizioni di natura transitoria previste
dal d.lgs. n. 344/2003, le quali si prefiggono, però, l’intento di fornire unicamente dettagli
sui riflessi fiscali della menzionata eliminazione contabile. Come già rilevato, più in
particolare, al fine di evitare che il disinquinamento dei bilanci dalle interferenze fiscali
pregresse potesse comportare una loro rilevanza impositiva, nel corso del periodo d'
imposta
in cui viene operato, l’art. 4, lett. h), num. 1), dec.cit., consente l’applicazione del regime di
deduzione extracontabile di cui al comma 4 dell'
art. 109 del nuovo t.u.i.r. anche agli
ammortamenti, alle altre rettifiche di valore e agli accantonamenti operati “in esercizi
precedenti a quello di entrata in vigore del D. Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6 per effetto
dell'
abrogato articolo 2426, secondo comma, del codice civile ed eliminati dal bilancio in
applicazioni delle disposizioni di tale decreto”.
22
13.1. Soluzione contabile da adottare
Orbene, nel valutare l’esatta rilevazione contabile delle rettifiche conseguenti alla
eliminazione delle interferenze fiscali pregresse, occorre muovere i passi dalla
considerazione secondo cui, ove dette rettifiche fossero imputate al conto economico, si
rischierebbe di frustrare lo spirito della riforma, atteso che il risultato dell’esercizio di
riferimento sarebbe ancora una volta influenzato da appostazioni che sottendono pur sempre
una “natura esclusivamente fiscale”, producendo un effetto distorsivo sulla rappresentazione
veritiera e corretta dello stesso.
Vale notare, inoltre, che, in favore della rilevazione al conto economico, non sembra
convincente il richiamo a ragioni di simmetria (in base alle quali tale rilevazione nascerebbe
dall’opportunità di individuare un trattamento contabile che realizzi una simmetria tra
l’operazione di disinquinamento e le appostazioni effettuate in precedenti esercizi). Invero,
contrariamente all’originaria iscrizione al conto economico delle poste di natura
esclusivamente fiscale, supportata da disposizione di legge (seppure discutibile), manca ora
una analoga copertura legislativa. Né, in tale mancanza, può invocarsi l’analogia con il
trattamento dei “ripristini di valore” (ove la simmetria contabile opera invece
correttamente), giacché tale fattispecie risulta sostanzialmente diversa da quella di che
trattasi.
In via argomentativa, deve sottolinearsi che, sulle base delle statuizioni contenute nei
principi contabili internazionali, che, a partire dal 1° gennaio 2005, dovrebbero presidiare
anche alla redazione dei bilanci delle imprese nazionali (specie banche e società quotate),
l’approccio contabile rilevante risulterebbe essere quello favorevole all’imputazione al
patrimonio netto del disinquinamento pregresso. Più in particolare, attesa l’assimilazione del
disinquinamento al mutamento di principi contabili, detta conclusione si ritrae dalle
indicazioni contenute nello IAS 8, (Utile (perdita) d’esercizio, errori determinanti e
cambiamenti di principi contabili), il quale, nella versione “improved” da ultimo licenziata,
prevede unicamente la possibilità di rilevare gli effetti del cambiamento dei criteri contabili
come rettifica ai saldi di apertura degli utili portati a nuovo (trattamento contabile di
riferimento) 5. Dunque, per recuperare al bilancio la sancita finalità di rappresentazione
5
Invero, nell’opera di revisione degli standards internazionali recentemente attuata, è stato eliminato il trattamento
contabile alternativo consentito, che permetteva la predetta rilevazione direttamente al conto economico.
23
veritiera e corretta della situazione patrimoniale-finanziaria e del risultato economico
dell’esercizio sarebbe opportuno che lo storno del saldo residuo delle voci inficiate dalla
pregressa interferenza fiscale fosse rilevato direttamente nel patrimonio netto.
E’, poi, di notevole interesse osservare che l’orientamento patrimoniale è pienamente
compatibile con il principio di continuità dei bilanci. Ed invero, nell’attuale contesto
normativo e regolamentare italiano e comunitario, tale orientamento risulta conforme ed
assolutamente in sintonia con la corretta interpretazione dell’art. 31, par. 1, lett. f), della IV
Direttiva Cee, secondo cui “lo stato patrimoniale di apertura di un esercizio deve
corrispondere allo stato patrimoniale di chiusura dell’esercizio precedente”. Tant’è che
detta compatibilità è stata, di recente, definitivamente avvalorata dall’Efrag (European
financial reporting advisory group)
6
e dalla stessa Commissione europea, la quale,
avallando il metodo contabile previsto dal citato IAS 8, ha ritenuto quest’ultimo non
configgente con la IV Direttiva Cee 7. Pertanto, nulla osta a che i saldi contabili di apertura
del patrimonio netto (all’1/1/2004) possano essere rettificati a seguito dello storno delle
interferenze fiscali pregresse, con conseguente rilevazione – ove necessario – della relativa
fiscalità differita.
L’impostazione patrimoniale appare, peraltro, uniforme e coerente con il trattamento
contabile raccomandato dal Principio contabile n. 25 (Imposte sul reddito) allorché si è
trattato di eliminare le interferenze fiscali in occasione della effettuazione di ammortamenti
anticipati.
Del resto, giova evidenziare che lo stesso Ministero dell’economia e delle finanze, in
sede di chiarimenti alla compilazione dei modelli di dichiarazione (8), ai fini del
disinquinamento, senza effetti fiscali, dell’importo delle rettifiche e degli accantonamenti
operati per ragioni esclusivamente fiscali nei bilanci precedenti, consente espressamente
l’imputazione ad aumento del patrimonio netto dell’importo di tali rettifiche ed
accantonamenti stornato dalle scritture contabili.
Senza contare, infine, che la rilevazione diretta a patrimonio netto è ora anche
prevista dal novellato art. 42, par. 2, della IV Direttiva Cee relativamente, ad esempio, alle
variazioni di fair value degli strumenti finanziari disponibili per la vendita e che, inoltre, la
6
Rappresenta l’organo tecnico-consultivo che assiste la Commissione UE nel recepimento degli standards contabili
internazionali.
7
In questo senso, la Relazione accompagnatoria al progetto di Direttiva 2003/51/Ce.
(8) Cfr. istruzioni al modello Unico 2004-SC, commento al quadro EC.
24
nuova previsione di un prospetto delle variazioni delle voci di patrimonio netto permette,
ancor di più, di soddisfare l’esigenza informativa inerente alla consequenzialità dei bilanci.
E’, da ultimo, evidente che, in merito all’operazione di disinquinamento, la nota
integrativa dovrà fornire una adeguata informativa, il più dettagliata possibile, al fine di
consentire al lettore del bilancio di ottenere una illustrazione esaustiva circa le interferenze
fiscali pregresse eliminate, le modalità contabili seguite per effettuare l’eliminazione, gli
effetti sulla rappresentazione di bilancio, eccetera.
Alla luce delle precedenti considerazioni, non può che concludersi nel senso di
ritenere la soluzione contabile favorevole all’imputazione al patrimonio netto degli effetti
conseguenti alla eliminazione delle interferenze fiscali senz’altro preferibile (se non,
addirittura, l’unica perseguibile).
14. Iscrizione in bilancio delle imposte differite o anticipate
Il disinquinamento fiscale del bilancio è, indubbiamente, un’operazione rilevante.
Del medesimo rilevo, peraltro, risulta la disciplina dell’informativa da fornire, negli
schemi di stato patrimoniale e conto economico, in relazione alla contabilizzazione delle
imposte differite ed anticipate.
L’articolo 2424 del nuovo Codice civile aggiunge, per quanto riguarda lo schema di
stato patrimoniale, alle componenti da indicare separatamente tra i crediti – voce C) II – due
voci specifiche:
-
4-bis) crediti tributari
-
4-ter) imposte anticipate
e
Le passività costituite dai debiti tributari e dalle imposte differite devono essere
stanziate, rispettivamente, nei debiti tributari alla voce D)12, e, nell’apposito fondo imposte
differite, alla voce B)2.
25
Al riguardo, la Relazione che accompagna il D. Lgs. n. 6/2003 ha precisato che per le
imposte anticipate 9, per la loro natura (“che non è esattamente quella di un credito
riscuotibile, quanto piuttosto di minori imposte da pagare in futuro”) l’indicazione “imposte
anticipate” non è assolutamente preceduta dal termine “crediti” né dalla preposizione “per”.
Quanto alle imposte differite
10
la medesima Relazione Ministeriale spiega che “si è
ritenuto sufficiente integrare la dizione della voce B (2): fondi per imposte con la
precisazione “anche differite”; infatti le imposte differite non sono debiti effettivi da pagare
quanto piuttosto maggiori imposte da pagare in futuro”.
Allo stesso modo, l’articolo 2425, in relazione allo schema di conto economico,
prescrive la voce 22 (imposte sul reddito) con la dizione “imposte sul reddito dell’esercizio,
correnti, differite e anticipate”.
15. Imposte differite ed anticipate nella nuova nota integrativa
Al n. 14 dell’articolo 2427 del nuovo Codice civile la nota integrativa dovrà
includere un apposito prospetto dal quale risultino i seguenti dati:
a)
la descrizione delle differenze temporanee che hanno comportato la rilevazione
di imposte differite ed anticipate, con la specificazione dell’aliquota applicata e delle
variazioni rispetto all’esercizio precedente, gli importi accreditati o addebitati a conto
economico oppure a patrimonio netto e le voci escluse dal computo e le relative
motivazioni;
b)
l’ammontare delle imposte anticipate contabilizzato in bilancio attinenti a
perdite dell’esercizio o di esercizi precedenti e le motivazioni dell’iscrizione, l’ammontare
non ancora contabilizzato e le motivazioni della mancata iscrizione.
9
Le imposte anticipate si creano nel caso in cui le differenze temporanee tra utile economico e reddito imponibile
determinano il pagamento di imposte da parte dell’impresa in un momento anteriore rispetto a quello della loro effettiva
rilevanza
10
Le imposte differite sorgono nel momento in cui le imposte di competenza dell’esercizio risultano di ammontare
inferiore rispetto a quello delle imposte da pagare (in altri termini, il risultato di bilancio è superiore rispetto al reddito
imponibile)
26
Infine, nella nota integrativa devono essere indicate (sebbene ciò non sia
normativamente previsto) le motivazioni del mancato stanziamento delle eventuali imposte
differite sugli utili non distribuiti dalle società controllate e collegate, nel caso in cui esse
siano interessate dalla valutazione secondo il metodo del patrimonio netto.
27