le interferenze fiscali nel bilancio d`esercizio
Transcript
le interferenze fiscali nel bilancio d`esercizio
Intervento A.N.T.I. del 7 luglio 2004 LE INTERFERENZE FISCALI NEL BILANCIO D’ESERCIZIO Paolo Moretti Presidente della Fondazione Luca Pacioli Indice Premessa ........................................................................................................................................ 2 1. Il collegamento del risultato fiscale al bilancio d’esercizio .......................................................... 2 2. Le soluzioni al problema dell’inquinamento fiscale del bilancio d’esercizio: l’appendice fiscale al conto economico ............................................................................................................................. 5 3. L’eliminazione dell’appendice fiscale e l’introduzione del comma secondo dell’articolo 2426 del Codice civile ................................................................................................................................... 7 4. I lavori della Commissione Mirone ed i successivi provvedimenti legislativi............................... 8 5. Gli effetti della recente Riforma fiscale sull’inquinamento del bilancio ..................................... 10 6. La natura delle disposizioni tributarie interessate dalla deducibilità extracontabile .................... 11 7. I componenti negativi di reddito deducibili indipendentemente dal transito al conto economico del bilancio d’esercizio ................................................................................................................. 12 8. Schema riepilogativo delle principali fattispecie di elementi negativi deducibili in via extracontabile................................................................................................................................ 16 9. Le modifiche al TUIR precedente conseguenti alla scelta del “doppio binario parziale” ............ 18 10. La parzialità del doppio binario introdotto dalla Riforma tributaria.......................................... 18 11. Il meccanismo delle “riserve a copertura”................................................................................ 19 12. Il trattamento delle interferenze fiscali iscritte prima dell’entrata in vigore della Riforma societaria per le imprese con esercizi a cavallo.............................................................................. 20 13. Disinquinamento dalle interferenze fiscali pregresse ............................................................... 22 13.1. Soluzione contabile da adottare............................................................................................ 23 14. Iscrizione in bilancio delle imposte differite o anticipate ......................................................... 25 15. Imposte differite ed anticipate nella nuova nota integrativa...................................................... 26 1 LE INTERFERENZE FISCALI NEL BILANCIO D’ESERCIZIO Premessa L’inserimento di poste di natura tributaria all’interno del bilancio d’esercizio era, fino a poco tempo fa, una prassi ricorrente. Tale operazione determinava un inquinamento fiscale del bilancio, cioè pregiudicava la sua natura civilistica. Le interferenze tra dati tributari e civilistici, manifestatesi nel bilancio, rappresentavano evidentemente un problema, che il Legislatore ha costantemente cercato di gestire e che con le recenti Riforme (del diritto societario e del sistema fiscale statale) ha trovato una significativa soluzione. Nella presente trattazione si tenterà di accennare all’origine delle interferenze fiscali ed alle sue manifestazioni nel tempo; si cercherà, quindi, di descrivere le varie soluzioni proposte dal Legislatore e di illustrare come la Riforma societaria e quella tributaria abbiano tentato di porre definitivamente fine all’inquinamento fiscale del bilancio. 1. Il collegamento del risultato fiscale al bilancio d’esercizio L’ordinamento tributario e quello civilistico rappresentano sistemi completamente distinti. I criteri ed i principi di ciascun ambito giuridico rispondono ad esigenze proprie e, in particolare, i risultati che tali differenti sistemi esprimono sono del tutto peculiari: il risultato civilistico, infatti, informa circa l’andamento economico, finanziario e patrimoniale di un’impresa, mentre il risultato tributario rappresenta la base imponibile in relazione alla quale un soggetto deve adempiere la propria obbligazione tributaria nei confronti dell’Amministrazione Finanziaria. Per questo motivo, i dati civilistici e quelli fiscali dovrebbero percorrere “binari” distinti e, dunque, essere completamente indipendenti. Nel nostro ordinamento tale separazione non ha mai incontrato i favori del Legislatore. 2 Infatti, fino ad oggi, l’ordinamento italiano ha costantemente accettato il legame tra bilancio civile e dichiarazione del risultato fiscale di società ed imprese, tanto che si è andato consolidando nel tempo un principio di dipendenza della determinazione dell’imponibile fiscale dal bilancio d’esercizio. A tale conclusione conducono già le disposizioni contenute nel R.D. 24 agosto 1877 (che desumeva il reddito imponibile, per i soggetti tenuti alla redazione del bilancio, dal bilancio e dal rendiconto) sia quelle contenute nel D.P.R. 5 luglio 1951 n. 573 (che obbligavano l’impresa alla presentazione della dichiarazione annuale corredata da bilancio o rendiconto) sia, infine, il Testo Unico del 1958 (che prevedeva in allegato alla dichiarazione dei redditi il bilancio ed il conto dei profitti e delle perdite). La Riforma fiscale del 1973 si mantenne su questo filone: il TUIR da essa prodotto, infatti, prevedeva che gli imprenditori commerciali dovessero allegare alla propria dichiarazione una copia del bilancio (inteso come stato patrimoniale) con il conto dei profitti e delle perdite. Infine, il TUIR del 1986 ha stabilito che il reddito d’impresa debba essere determinato apportando al risultato netto del conto economico, relativo all’esercizio chiuso nel periodo d’imposta, le variazioni in aumento o in diminuzione conseguenti all’applicazione dei criteri stabiliti dallo stesso TUIR: tale principio (più precisamente, tale dipendenza del risultato fiscale da quello civilistico) è stato integralmente accolto dal TUIR introdotto dal D. Lgs. 344/2003, attraverso il suo articolo 83. Dunque, il collegamento tra il risultato civilistico e quello tributario è stato costantemente presente nel nostro ordinamento ed ha rappresentato, in qualche modo, l’origine delle interferenze fiscali nel bilancio d’esercizio civilistico. Peraltro, nel TUIR del 1973 e, soprattutto, in quello del 1986 il principio di dipendenza appena illustrato fu, oltre che riconosciuto, anche sviluppato e, in qualche modo, “rovesciato”. Infatti, l’art. 74 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, stabiliva, al suo comma terzo, che i costi e gli oneri non erano ammessi in deduzione se non imputati al conto dei profitti e delle perdite allegate alla dichiarazione. In tal modo veniva, già, legittimato apertamente un inquinamento fiscale del bilancio. Anche il TUIR del 1986 ammise il principio di dipendenza del risultato civilistico da quello fiscale (dalla Dottrina definito di dipendenza rovesciata): infatti, l’art. 75 del D.P.R. 3 n. 917 del 1986 prescriveva, al suo comma 4, che le spese e gli altri componenti negativi di reddito non potevano essere dedotti se e nella misura in cui non risultassero imputati al conto dei profitti e delle perdite relativo all’esercizio di competenza. Il Testo Unico del 1986, quindi, non mutò il principio secondo cui una posta negativa di reddito poteva essere portata in deduzione dal contribuente solamente se iscritta nel conto economico, cioè nel bilancio: in tal modo, il bilancio risultava subordinato ad esigenze di carattere fiscale. Evidentemente, in un tale contesto normativo veniva offerta al redattore del bilancio la possibilità di inquinare tale documento con poste di natura esclusivamente tributaria, cioè tutt’altro che civilistico - economica, al solo fine di ottenere una riduzione dell’importo della propria base imponibile. In questa situazione veniva inevitabilmente compromessa la veridicità del dato risultante dal bilancio: infatti, il risultato civilistico che emergeva appariva in qualche modo falsato dalla rilevanza di voci fiscali nel conto economico. Ciò, in particolare, conduceva ad un risultato di gestione minore rispetto a quello che l’impresa avrebbe conseguito senza il transito nel conto economico di voci di natura esclusivamente fiscale, proprio perché tali poste rappresentavano importi da sottrarre al valore della produzione, e determinavano una - più o meno - significativa riduzione dell’utile societario o, viceversa, un aumento della perdita. L’inopportunità di tale situazione, peraltro, aveva come conseguenza il pregiudizio all’immagine sul mercato dell’impresa, che, per effetto della rilevanza nel conto economico di voci negative di natura non civilistica, ma fiscale, realizzava risultati meno floridi; questo incideva irrimediabilmente sulle scelte degli investitori che, di norma, nell’impostare le proprie strategie finanziarie danno notevole importanza ai risultati di gestione delle società. Tutto ciò ha indotto il Legislatore a studiare efficaci rimedi contro le interferenze fiscali nel bilancio d’esercizio ed a contrastare, quindi, il fenomeno dell’inquinamento fiscale. 4 2. Le soluzioni al problema dell’inquinamento fiscale del bilancio d’esercizio: l’appendice fiscale al conto economico Il problema delle interferenze fiscali nel bilancio d’esercizio fu avvertito dapprima a livello comunitario, con la IV Direttiva CEE in tema di conti annuali delle società (Direttiva 25-7-1978, n. 78/660): essa esprimeva l’esigenza che i bilanci delle società fossero quanto più possibile chiari, corretti e veritieri. I principi della IV Direttiva furono accolti pressochè integralmente in Italia, con il D. Lgs. 9 aprile 1991, n.127. In ordine alle interferenze fiscali, in particolare, l’attuazione delle regole comunitarie sul bilancio doveva confrontarsi con il dato interno rappresentato dal preesistente obbligo tributario dell’imputazione dei costi al conto economico ai fini della relativa deduzione dalla base imponibile, espresso dall’articolo 75 del TUIR del 1986. Il Legislatore italiano ritenne opportuno risolvere questa delicata situazione creando un’apposita area fiscale all’interno del conto economico del bilancio d’esercizio: la cosiddetta appendice fiscale. L’area in tal modo ritagliata avrebbe dovuto accogliere tutte le poste di natura esclusivamente tributaria, il cui transito al conto economico del bilancio fosse richiesto dal TUIR: in altri termini, si trattava di un ambito in cui far confluire elementi che non avevano origine e natura propriamente civilistiche. L’area fiscale in esame era collocata nelle voci n. 24 e n. 25 del conto economico del bilancio: la voce n. 24 avrebbe accolto le rettifiche di valore operate in applicazione di norme tributarie e la voce successiva – la n. 25 – avrebbe riportato gli accantonamenti eseguiti in applicazione di norme tributarie. Le rettifiche che venivano ammesse all’interno dell’appendice fiscale erano quelle che sancivano un imponibile d’impresa inferiore all’utile d’esercizio pre-tasse: esse consistevano, essenzialmente, in ammortamenti e svalutazioni, operati al fine esclusivo di permettere al contribuente di fruire di opportunità fiscali. Gli accantonamenti che potevano trovare collocazione nell’appendice fiscale dovevano, invece, essere stati costituiti dal contribuente con l’intento di sfruttare la possibilità, offerta dall’ordinamento tributario, di sottrarre alcuni componenti positivi straordinari (ad esempio, le sopravvenienze attive) alla determinazione del reddito 5 imponibile, ma a fronte dei quali non sussistesse una corrispondente norma civilistica a giustificazione. La struttura (“a scalare”) del conto economico avrebbe consentito l’indicazione alla voce n. 23 del corretto risultato civilistico (individuato indipendentemente dai condizionamenti di natura fiscale); al di sotto di tale voce, nelle voci n. 24 e n. 25, avrebbero, quindi, trovato spazio le poste aventi esclusiva rilevanza tributaria. Dal punto di vista pratico, l’effetto della contabilizzazione delle rettifiche di valore e degli accantonamenti di derivazione esclusivamente fiscale avrebbe comportato l’inevitabile riduzione del risultato civilistico dell’impresa. Il D. Lgs. n. 127/1991 prescriveva altri accorgimenti: il conto economico doveva contenere un’ulteriore voce – la n. 26 – che avrebbe indicato l’utile (o, eventualmente, la perdita) di esercizio, determinato algebricamente con la somma tra la voce n. 23 (risultato civilistico senza condizionamenti fiscali) e le rettifiche e gli accantonamenti (le voci n. 24 e n. 25) fondati esclusivamente sull’applicazione di norme tributarie e, come indicazione di completamento, la nota integrativa doveva riportare, alla voce n. 14, la composizione analitica delle voci n. 24 e n. 25, con la menzione dei motivi delle scelte operate dai redattori del bilancio. In base a tali previsioni, dunque, il bilancio civilistico (e, in particolare, il conto economico) poteva accogliere poste di carattere esclusivamente tributario, affinchè, nel rispetto della regola fiscale dell’imputazione, il contribuente potesse dedurre dalla propria base imponibile i costi transitati in bilancio. Tali voci di natura fiscale risultavano di agevole individuazione, rimanendo isolate in un’apposita area che, nelle intenzioni del Legislatore, doveva evitare che gli altri dati puramente civilistici fossero contaminati da elementi di natura non strettamente economica, e quindi diversa. Malgrado l’apparente semplicità, l’appendice fiscale al conto economico si è rilevata una soluzione di mero compromesso tra due sistemi normativi (quello civilistico e quello tributario): essa creava un’evidente contrapposizione tra il risultato effettivo dell’esercizio – come individuato dall’applicazione delle regole civilistiche, ed esposto alla voce n. 23 del conto economico – e quello finale – che conseguiva all’applicazione delle rettifiche tributarie ed era riportato nella sottostante voce n. 26 – senza che fosse chiaro quale dei due dati dovesse essere considerato incontestabilmente vero. 6 Da altro punto di vista, l’appendice fiscale (che, come accennato in precedenza, fu introdotta in Italia con il D. Lgs. n. 127 del 1991) era una figura non contemplata dalla IV Direttiva CEE. Sono prevalse immediatamente, dunque, le critiche sulla inadeguatezza dello strumento adottato ai fini della neutralità del bilancio e su un presunto contrasto con le indicazioni della IV Direttiva. In particolare, attraverso l’appendice fiscale sembravano legittimate le interferenze di natura tributaria nel bilancio, e, dunque, il problema dell’inquinamento fiscale anziché essere contrastato veniva, paradossalmente, favorito, essendo ammesso dal Legislatore il transito di poste non civilistiche all’interno del bilancio d’esercizio. 3. L’eliminazione dell’appendice fiscale e l’introduzione del comma secondo dell’articolo 2426 del Codice civile Gli inconvenienti prodotti dal meccanismo dell’appendice fiscale al conto economico convinsero il Legislatore a disporre rimedi: a tal fine, con l’articolo 2-bis del D.L. 29 giugno 1994 - convertito nella Legge 8 agosto 1994, n. 503 - furono soppresse le voci n. 23, n. 24 e n. 25 del conto economico, fu aggiunto, in calce all’articolo 2426 del Codice civile – relativo ai criteri di valutazione delle poste di bilancio – un ulteriore comma (il secondo) e fu, infine, modificato il contenuto del n. 14 dell’articolo 2427 del Codice civile (relativo al contenuto della nota integrativa). In base al nuovo comma 2 dell’articolo 2426 veniva “consentito effettuare rettifiche di valore ed accantonamenti esclusivamente in applicazione di norme tributarie”. La voce n. 14 dell’articolo 2427 prevedeva, invece, che nella nota integrativa fossero indicati “i motivi delle rettifiche di valore e degli accantonamenti eseguiti esclusivamente in applicazione di norme tributarie ed i relativi importi, appositamente evidenziati rispetto all’ammontare complessivo delle rettifiche e degli accantonamenti risultanti dalle apposite voci del conto economico”. La più significativa innovazione che il comma 2 dell’articolo 2426 apportò, rispetto al meccanismo dell’appendice fiscale, fu il fatto che diveniva facoltativo – e, dunque, non più obbligatorio – dar conto delle rettifiche di valore e degli accantonamenti esclusivamente fiscali. 7 In tal modo il contribuente poteva scegliere di riportare o meno nel proprio bilancio civilistico le voci con rilevanza esclusivamente tributaria: se egli si avvaleva di tale facoltà non era vincolato alle preesistenti modalità di esposizione, potendo liberamente scegliere le forme, nel rispetto delle regole di chiarezza e della rappresentazione veritiera e corretta. Dunque, rispetto al sistema dell’appendice fiscale si trattava di un mero cambiamento di situazione giuridica soggettiva. La ratio del comma secondo dell’articolo 2426 rimaneva la volontà di consentire alle imprese di sfruttare i benefici ammessi dalle norme fiscali, rappresentati, nella maggior parte dei casi, dalla deduzione dal reddito d’impresa di elementi negativi forfetariamente determinati dalle norme fiscali: in altri termini, la nuova disposizione avrebbe favorito il transito all’interno del bilancio di poste di natura non civilistica, ma fiscale. Ciò, evidentemente, comportava che il bilancio veniva subordinato nuovamente alle esigenze tributarie, in quanto le voci fiscali accolte nel conto economico avrebbero influito sulla determinazione del risultato civilistico dell’esercizio. Dunque, anche con la soppressione dell’appendice fiscale e con l’introduzione del nuovo comma secondo dell’articolo 2426 del Codice civile il problema dell’inquinamento fiscale del bilancio veniva, in qualche modo, legittimato ed alimentato. 4. I lavori della Commissione Mirone ed i successivi provvedimenti legislativi Sulla base delle considerazioni appena esposte, emerse la convinzione che fosse giunto il momento di porre definitivamente fine all’inquinamento fiscale del bilancio civilistico, senza, peraltro, pregiudicare gli interessi delle imprese, in quanto esse dovevano ancora avere la possibilità di dedurre dal proprio reddito imponibile i costi affrontati durante l’esercizio. Al riguardo, nel luglio del 1998 fu istituita la “Commissione Mirone”, incaricata di formulare una proposta per la Riforma del diritto societario (cd. Decreto Mirone). Tale Commissione dedicò una parte del Decreto (precisamente, il suo articolo 6) alla eliminazione delle interferenze fiscali nella redazione del bilancio d’esercizio. In particolare, l’ultima versione dello schema assegnava al Governo il compito di eliminare tali interferenze. 8 La relazione di accompagnamento ne indicava le modalità, suggerendo espressamente l’abrogazione del comma 2 dell’articolo 2426 del Codice civile ed il riconoscimento, in sede di dichiarazione, dei componenti negativi del reddito forfetariamente misurati a fini fiscali, ove essi eccedessero i costi effettivamente imputabili al conto economico e, perciò, a prescindere dal conto economico stesso. Tale soluzione, effettivamente, mostrava il pregio di semplificare i rapporti tra norme civilistiche e fiscali relative al bilancio d’esercizio. La validità e l’opportunità della proposta formulata dalla Commissione Mirone sono state alla base della redazione dell’articolo 6, comma primo, lettera a), della Legge 3 ottobre 2001, n. 366, di delega al Governo per la Riforma del diritto societario: l’articolo in questione dispone, genericamente, che uno dei criteri direttivi a cui si ispira la revisione della disciplina del bilancio, nell’ambito della Riforma del diritto societario, è l’eliminazione delle “interferenze prodotte nel bilancio dalla normativa fiscale sul reddito d’impresa, anche attraverso la modifica della relativa disciplina”. L’attuazione della delega è avvenuta con il D. Lgs. n. 6 del 17 gennaio 2003. Il Decreto in parola – che ha completamente riscritto il titolo quinto del Codice civile, innovando profondamente nelle regole per le società per azioni, le società a responsabilità limitata e le cooperative – ha introdotto novità che interessano, in buona sostanza, tutte le fasi della vita societaria. Relativamente al problema delle interferenze fiscali, con tale provvedimento il Legislatore ha soppresso definitivamente il comma secondo dell’articolo 2426 del Codice civile che, come accennato, ammetteva la menzione delle rettifiche di valore e degli accantonamenti di natura esclusivamente tributaria. Nella relazione di accompagnamento al D. Lgs. n. 6/2003 si legge, in particolare, che, è stata disposta l’eliminazione di qualunque riferimento a norme tributarie, in modo che “i rendiconti economici e patrimoniali siano redatti in ottemperanza alle disposizioni del Codice civile in quanto uniche disposizioni in materia”. In altri termini, la Riforma societaria ha restituito al bilancio l’originaria funzione di documento che, redatto secondo criteri civilistici, deve permettere esclusivamente la lettura patrimoniale, economica e finanziaria dell’impresa. Sebbene di grande rilevanza, l’eliminazione del comma secondo dell’articolo 2426 non sembrava sufficiente a contrastare adeguatamente il problema dell’inquinamento fiscale 9 del bilancio: ciò, in particolare, in quanto l’articolo 75 del TUIR previgente costituiva ancora un significativo ostacolo al mantenimento della “purezza” civilistica del bilancio, continuando a legittimare l’iscrizione in esso, ai fini della relativa deduzione fiscale, di poste rilevanti esclusivamente dal punto di vista tributario (ad esempio, gli ammortamenti anticipati). 5. Gli effetti della recente Riforma fiscale sull’inquinamento del bilancio Il fatto che con la soppressione del comma 2 dell’articolo 2426 del Codice civile il redattore del bilancio non avesse più la facoltà di imputare a Conto economico poste di carattere esclusivamente tributario non doveva significare in alcun modo per le imprese la perdita del diritto alla deduzione degli elementi negativi di reddito. Partendo anche da tale premessa, il Parlamento ha disposto la delega al Governo per la Riforma del sistema tributario statale, con la Legge 7 aprile 2003, n. 80. L’articolo 4 (relativo all’imposta sul reddito delle società), lettera i), di tale Legge ha previsto la “deducibilità delle componenti negative di reddito forfetariamente determinate, quali le rettifiche dell’attivo e gli accantonamenti a fondi, indipendentemente dal transito al conto economico”. In particolare, il Legislatore auspicava che gli elementi negativi con rilevanza esclusivamente fiscale dovessero essere dedotti senza figurare tra i dati del bilancio. La Legge delega per la Riforma del sistema fiscale statale è stata attuata con il D. Lgs. n. 344 del 12 dicembre 2003. L’articolo 109, comma 4, lettera b), del TUIR ha ammesso che i componenti negativi di natura tributaria possano essere dedotti dalla base imponibile in via extracontabile, cioè indipendentemente dal transito nel conto economico del bilancio d’esercizio. Infatti, la norma in parola ha stabilito che “gli ammortamenti dei beni materiali ed immateriali, le altre rettifiche di valore e gli accantonamenti” aventi esclusiva rilevanza tributaria “sono deducibili se in apposito prospetto della dichiarazione dei redditi è indicato il loro importo complessivo, i valori civili e fiscali dei beni e quelli dei fondi”. Dunque, per i componenti negativi tassativamente indicati dalla norma (a differenza che per gli altri elementi negativi di reddito) la deducibilità fiscale non è più subordinata alla previa iscrizione nel conto economico del bilancio d’esercizio, in quanto si tratta di 10 elementi disciplinati dalla norma tributaria in modo autonomo rispetto a quella civilistica: ciò che al redattore del bilancio viene richiesto, affinché i componenti negativi esclusivamente fiscali possano essere dedotti dalla base imponibile, è una segnalazione dei medesimi in un apposito prospetto 1, allegato alla dichiarazione, che ne costituisce parte integrante. Tale previsione legittima e riconosce, quindi, la possibilità di una deduzione extracontabile – cioè, attraverso una iscrizione all’infuori del bilancio – di poste aventi rilevanza meramente tributaria. Evidentemente, la Riforma fiscale ha delineato una separazione (per la verità, e come sarà osservato più avanti, non completa) tra i dati civilistici e quelli fiscali: si tratta, in buona sostanza, di un regime di “doppio binario parziale”. Tale separazione avrebbe la finalità di rendere il bilancio d’esercizio completamente “depurato” da ingerenze di natura non civilistico – economica, ma fiscale. 6. La natura delle disposizioni tributarie interessate dalla deducibilità extracontabile Dalla Relazione illustrativa del D. Lgs. n. 344 del 12 dicembre 2003 si evince che le disposizioni che legittimano l’imputazione di rettifiche di valore ed accantonamenti solo fiscali sono non solamente quelle “aventi esplicita finalità sovvenzionale”, ma anche quelle che prescrivano “regimi di determinazione forfetaria dei componenti negativi e, in particolare, quelli a carattere estimativo”: attraverso tale scelta, il Legislatore della Riforma fiscale ha accolto i suggerimenti proposti dalla Commissione di esperti, presieduta dal Professor Franco Gallo, istituita nel novembre 2002 ed incaricata del delicato compito di coordinare le novità della Riforma societaria con le norme fiscali. Dunque, il riferimento non è solo alle norme agevolative in senso stretto, cioè finalizzate al rafforzamento, alla razionalizzazione ed all’efficienza dell’apparato produttivo dell’impresa. Tale conclusione è stata accettata dal Legislatore della Riforma per tre differenti motivi. 1 Va precisato che le ipotesi che devono trovare spazio all’interno del prospetto extracontabile sono solamente quelle che, per effetto di norme esclusivamente tributarie, determinano un importo eccedente rispetto alla corrispondente voce civilistica: in sostanza, nel nuovo documento non possono essere iscritte voci che dal punto di vista fiscale risultino di importo inferiore rispetto alla misura iscritta in bilancio secondo i criteri del Codice civile 11 Il primo è l’assenza di una precedente prassi applicativa secondo la quale la via della deduzione extracontabile dovesse trovare applicazione solo in caso di norme sovvenzionali e non anche di carattere estimativo. La seconda motivazione è rappresentata dalla considerazione che le imprese non obbligate a redigere il proprio bilancio o, comunque, tenute a redigerlo indipendentemente dal rispetto della IV Direttiva, hanno potuto dedurre dalla propria base imponibile anche le rettifiche di valore e gli accantonamenti previsti e disciplinati da norme di natura forfetaria. Infine, e soprattutto, “le misure di forfetizzazione, pur non essendo agevolative in senso stretto, costituiscono pur sempre opportunità o vantaggi offerti dal Legislatore e hanno comunque la funzione di eliminare controversie su una materia altrimenti di difficile definizione quale, appunto, quella delle valutazioni” perché “esse rispondono ad un interesse fiscale di portata più generale e operano a vantaggio sia dei contribuenti (laddove risultino di importo superiore a quello effettivamente imputabile a Conto Economico), sia a vantaggio del Fisco, laddove limitino svalutazioni e rettifiche di entità economica più consistente rilevate in bilancio”. L’estensione del campo di applicazione della lettera b) dell’articolo 109, comma 4, del nuovo TUIR agli ammortamenti, alle rettifiche di valore ed agli accantonamenti effettuati in applicazione di norme tributarie non solo sovvenzionali, ma anche forfetarie, fa in modo che venga ammessa la deduzione extracontabile di ogni rettifica ed accantonamento che, ante Riforma, doveva essere imputato a conto economico in forza dell’abrogato comma 2 dell’articolo 2426 del Codice civile. 7. I componenti negativi di reddito deducibili indipendentemente dal transito al conto economico del bilancio d’esercizio Sulla base delle premesse appena svolte, pare che saranno numerosi i componenti negativi di reddito deducibili indipendentemente dal transito al conto economico, essendo sufficiente una loro previa segnalazione nel nuovo prospetto extracontabile. Essi, evidentemente, devono essere compresi in una delle macroclassi espressamente citate dall’articolo 109, comma quarto, lettera b), del nuovo TUIR. 12 Tali categorie sono individuate in modo preciso, ma generico: “ammortamenti dei beni materiali ed immateriali”, “altre rettifiche di valore” ed “accantonamenti”, eseguiti in applicazione di disposizioni fiscali. Il Legislatore della Riforma, dunque, ha inteso riferirsi a macroclassi, cioè a categorie generali di componenti negativi: di conseguenza, risulta opportuno interrogarsi su quali siano, in concreto, tali elementi negativi. 2 Al riguardo, è certo che gli ammortamenti anticipati (art. 102, comma terzo, del nuovo TUIR) costituiscano componenti negativi di reddito che possono essere dedotti indipendentemente dal previo transito al conto economico: per tale fattispecie, la sola segnalazione nel prospetto allegato alla dichiarazione dei redditi legittima la deduzione fiscale. La ragione per cui gli ammortamenti anticipati - chiaro e, probabilmente, unico esempio di norma sovvenzionale presente attualmente nell’ordinamento tributario rientrano con certezza nel campo di applicazione del nuovo regime di “doppio binario parziale” consiste nel fatto che essi rappresentano per il contribuente un vantaggio previsto e disciplinato da una norma esclusivamente fiscale: infatti, la possibilità di usufruire di una quota di ammortamento maggiore per l’esercizio, rispetto a quella individuata civilisticamente, risulta finalizzata a favorire una maggiore deduzione e, quindi, un alleggerimento del carico fiscale di entità maggiore rispetto a quello risultante dall’applicazione di norme meramente civilistiche (infatti, la quota di ammortamento deducibile a titolo di ammortamento anticipato corrisponde al doppio di quella individuata civilisticamente). Dunque, essendo la misura dell’ammortamento anticipato eccedente rispetto a quella ammessa dal Codice civile ed essendo essa disciplinata da una norma fiscale in modo autonomo, può essere regolarmente dedotta dal reddito del contribuente, ma a condizione che non risulti iscritta all’interno del bilancio civilistico d’esercizio, avendo una giustificazione non economica, ma tributaria. 2 Peraltro, esistendo il vincolo espresso che limita l’operatività del nuovo prospetto agli ammortamenti, alle altre rettifiche di valore ed agli accantonamenti, sono escluse altre poste, che non rientrano nell’ambito di queste tre categorie di costi e che dunque affrontano la deduzione solo se segnalate nel conto economico, secondo la regola generale contenuta nell’articolo 109, comma quarto, primo periodo del nuovo TUIR. E’ il caso, ad esempio, degli oneri pluriennali, quali: i costi di start-up, le spese di pubblicità, quelle di propaganda e di rappresentanza, i costi di impianto ed ampliamento, le spese relative a studi e ricerche (ipotesi contemplate dall’articolo 108) 13 Oltre agli ammortamenti anticipati, esistono altre indicazioni, relative al meccanismo degli ammortamenti, che sono ammesse nel prospetto indicato dall’articolo 109 del nuovo TUIR. Non va dimenticato, infatti, che tale disposizione si riferisce alla tipologia degli ammortamenti materiali ed immateriali, intesa in senso generale. Per tale ragione, debbono trovare spazio all’interno del prospetto (e, dunque, devono esser dedotte indipendentemente dal transito al conto economico del bilancio) tutte le ipotesi in cui la quota di ammortamento fiscale ordinario del costo dei beni materiali (disciplinato dall’articolo 102 del TUIR) risulti differente (in base al DM 31 dicembre 1988) rispetto a quella che viene calcolata dall’impresa ai fini civilistici. A tal proposito, non pare difficoltoso individuare i casi in cui la quota di ammortamento individuata secondo i principi civilistici (cioè, “in relazione alla residua possibilità di utilizzazione del bene”) non risulti di eguale misura rispetto alle quote fiscali, determinate dall’applicazione al costo del bene delle aliquote previste dalla tabella dei coefficienti di ammortamento. Un’ulteriore ipotesi per cui può essere iscritta una quota di ammortamento esclusivamente fiscale diversa rispetto alla quota calcolata in bilancio riguarda i beni immateriali (articolo 103 del nuovo TUIR). Ogni volta, infatti, che la quota di ammortamento del costo di immobilizzazioni immateriali risulta di ammontare quantitativamente differente rispetto a quello calcolato ai fini e secondo i criteri civilistici, l’eventuale differenza può essere legittimamente dedotta dal reddito dell’impresa-contribuente, attraverso una sua (necessaria) segnalazione non già all’interno del conto economico, ma nel prospetto allegato alla dichiarazione dei redditi. Anche in tal caso, quindi, non trova spazio all’interno del bilancio civilistico un dato (nella fattispecie considerata, la quota di ammortamento fiscale del costo di un bene immateriale, eccedente rispetto a quella civilistica) ammessa da norme non civilistiche, ma tributarie. Sempre in relazione alla tipologia degli ammortamenti, anche l’ammortamento del valore dell’avviamento (art. 103 del TUIR, comma 3), per l’eventuale differenza tra la misura massima fiscale e la quota di entità inferiore imputata a conto economico, deve essere dedotto dall’impresa-contribuente in via extracontabile (a questa conclusione, peraltro, conduce anche il fatto che il quadro EC del recente modello Unico - Società di capitali, ossia il “prospetto allegato alla dichiarazione dei redditi” a cui fa riferimento 14 l’articolo 109 del nuovo TUIR, ospita uno spazio apposito dedicato all’ammortamento dell’avviamento). Anche l’ammortamento integrale, nell’esercizio in cui il relativo costo è stato sostenuto, dei beni di valore unitario non superiore a 516,46 Euro (su cui art. 102, comma 5) è una fattispecie rientrante nel campo di applicazione dell’articolo 109, comma 4, lettera d), del nuovo TUIR. Infatti, nel caso in cui l’ammortamento integrale in questione non rispetterà il principio civilistico della residua possibilità di utilizzazione del bene scatterà l’applicabilità del nuovo prospetto allegato alla dichiarazione dei redditi. Per quanto riguarda la categoria delle “altre rettifiche di valore” (da intendersi, inequivocabilmente, come svalutazioni) le più rilevanti ipotesi in cui si verificherà una deduzione extracontabile - in ragione della natura esclusivamente fiscale della relativa disciplina - risultano le svalutazioni dei crediti dell’impresa (art. 106 del nuovo TUIR) e le svalutazioni delle rimanenze finali (articolo 92): anche in questi casi la condizione per la deducibilità extracontabile è che la misura della svalutazione individuata a fini tributari (e, dunque, ammessa da norme esclusivamente tributarie) risulti differente rispetto alla corrispondente quota calcolata civilisticamente. In questa circostanza, dunque, l’impresa può dedurre regolarmente dalla propria base imponibile elementi negativi (dall’individuazione fiscalmente autonoma rispetto ai principi civilistici), senza, peraltro, inquinare in alcun modo con poste di natura non economica il bilancio d’esercizio. Infine, tra i più rilevanti “accantonamenti” deducibili in via extracontabile, e dunque attraverso una segnalazione nel documento allegato alla dichiarazione dei redditi, vanno ricompresi quelli per lavori ciclici di manutenzione e revisione delle navi ed aeromobili (articolo 107 del nuovo TUIR, comma 1) e quelli per oneri derivanti da operazioni e concorsi a premio (art. 107, comma 3), oltre agli accantonamenti per rischi contrattuali su opere, forniture e servizi di durata ultrannuale (art. 93, comma 3, del nuovo TUIR), agli accantonamenti derivanti dal sostenimento di imposte deducibili (il cui riferimento normativo è l’art. 99 del nuovo TUIR) ed a quelli a fronte delle spese di ripristino e sostituzione dei beni gratuitamente devolvibili 3 (art. 107, comma 2) – ovviamente, per la 3 Per le imprese concessionarie della costruzione e dell’esercizio di opere pubbliche e le imprese subconcessionarie di queste 15 parte in cui la relativa misura sia differente, e, in particolare, ecceda, quella civilisticamente necessaria. 8. Schema riepilogativo delle principali fattispecie di elementi negativi deducibili in via extracontabile A questo punto, è possibile fornire uno schema dal quale evincere quali siano le più rilevanti voci negative che possono dar luogo a variazioni da immettere, necessariamente, nel nuovo prospetto di cui all’articolo 109 del nuovo TUIR: FATTISPECIE Ammortamenti anticipati ARTICOLO TRATTAMENTO CONTABILE DEL TUIR PER LA DEDUZIONE Articolo 102 Segnalazione nel prospetto di cui alla lettera b), comma quarto, dell’articolo 109 del nuovo TUIR Ammortamento di immobilizzazioni materiali ed immateriali (ove la quota fiscale risulti diversa rispetto alla quota civilistica) Articolo 102 Segnalazione nel prospetto di cui alla lettera ed b), comma quarto, dell’articolo 109 del nuovo TUIR articolo 103 Ammortamento del valore di avviamento Segnalazione nel prospetto di cui alla lettera Articolo 103 Ammortamento di beni di valore unitario non superiore a b), comma quarto, dell’articolo 109 del nuovo TUIR Segnalazione nel prospetto di cui alla lettera Articolo 102 b), comma quarto, dell’articolo 109 del nuovo TUIR 516,46 euro 16 Svalutazioni di crediti per cessioni di beni e prestazioni di servizi Articolo 106 Segnalazione nel prospetto di cui alla lettera b), comma quarto, dell’articolo 109 del nuovo TUIR Segnalazione nel prospetto di cui alla lettera Svalutazioni delle rimanenze finali Articolo 92 b), comma quarto, dell’articolo 109 del nuovo TUIR Accantonamenti a fronte di spese Articolo 107 per lavori ciclici Accantonamenti da operazioni o concorsi a premio b), comma quarto, dell’articolo 109 del nuovo TUIR di manutenzione e revisione per spese derivanti Segnalazione nel prospetto di cui alla lettera Segnalazione nel prospetto di cui alla lettera Articolo 107 b), comma quarto, dell’articolo 109 del nuovo TUIR Accantonamenti per rischi contrattuali su opere, forniture e servizi Segnalazione nel prospetto di cui alla lettera Articolo 93 di durata ultrannuale nuovo TUIR Segnalazione nel prospetto di cui alla Accantonamenti derivanti dal sostenimento Articolo 99 di imposte deducibili Accantonamenti al fondo spese ripristino e sostituzione beni gratuitamente devolvibili b), comma quarto, dell’articolo 109 del lettera b), comma quarto, dell’articolo 109 del TUIR Segnalazione nel prospetto di cui alla lettera Articolo 107 b), comma quarto, dell’articolo 109 del TUIR 17 9. Le modifiche al TUIR precedente conseguenti alla scelta del “doppio binario parziale” La scelta di consentire la deduzione in via extracontabile di ammortamenti, rettifiche di valore ed accantonamenti non imputabili a conto economico ha determinato, per il Legislatore, la riformulazione delle norme del precedente TUIR che subordinavano la deduzione dei predetti componenti di reddito alla condizione che fossero stati accantonati ad apposita riserva o fondo del passivo. Come emerge dalla Relazione illustrativa del D. Lgs. n. 344, è stato eliminato il riferimento a tale condizione, contenuto, nel precedente TUIR, nel comma terzo dell’articolo 67 – in relazione agli ammortamenti anticipati – nel comma 2bis dell’articolo 70 – che ammetteva la deduzione di un importo pari al 3 % delle quote di accantonamento annuale al TFR destinato a fondi pensione – nei commi 1 e 3 dell’articolo 71 – sugli accantonamenti al fondo rischi su crediti – e, infine, nel comma terzo dell’articolo 73 – relativo agli accantonamenti per gli oneri derivanti da operazioni a premio e da concorsi a premio. 10. La parzialità del doppio binario introdotto dalla Riforma tributaria Il regime di doppio binario introdotto dalla recente Riforma fiscale attraverso il riconoscimento della deducibilità in via extracontabile di ammortamenti, altre rettifiche di valore ed accantonamenti esclusivamente fiscali, non può essere definito “puro”, ma “parziale”. Infatti, è stato mantenuto, come caposaldo del nuovo modello di tassazione delle imprese, il fondamentale principio della dipendenza parziale del reddito imponibile dalle risultanze contabili, dal momento che il nuovo TUIR, ricalcando il disposto del “vecchio” articolo 52, prevede che il reddito complessivo sia determinato apportando al risultato del conto economico le variazioni – in aumento o in diminuzione – prescritte dal TUIR. In sostanza, la Riforma non ha ammesso un doppio binario totale, o puro, in base al quale l’imponibile fiscale risulti totalmente svincolato dalle risultanze civilistiche. Sebbene sia stato introdotto il meccanismo del prospetto allegato alla dichiarazione dei redditi, in cui far confluire, ai fini della relativa deduzione fiscale, componenti negativi di reddito aventi esclusiva rilevanza tributaria, non pare ancora riscontrabile, dopo la 18 Riforma, un regime di totale separazione tra i dati di natura civilistica e quelli di natura esclusivamente tributaria: sembra che sia solo sul piano - formale - della mera contabilizzazione che il nuovo documento favorisce una completa separazione tra imponibile fiscale e risultato civilistico, mentre sul piano sostanziale il collegamento tra i due elementi citati pare non essere stato oggetto di modifiche da parte del Legislatore. Ad ogni modo, resta il fatto che la deviazione del “transito” di poste tributarie negative dal conto economico al nuovo prospetto extracontabile rappresenta un significativo tentativo per contrastare l’inquinamento fiscale del bilancio d’esercizio e riconoscere l’originaria “purezza” civilistico – economica di tale documento. 11. Il meccanismo delle “riserve a copertura” Per evitare che la deduzione dal reddito d’impresa di elementi negativi non imputabili a conto economico consenta la distribuzione di utili che non abbiano affrontato l’imposizione, l’articolo 109, comma quarto, lettera b), del nuovo TUIR ha introdotto uno specifico regime di sostituzione d’imposta. Infatti, la disposizione citata stabilisce che “In caso di distribuzione, le riserve di patrimonio netto e gli utili d’esercizio, anche se conseguiti successivamente al periodo d’imposta cui si riferisce la deduzione, concorrono a formare il reddito se e nella misura in cui l’ammontare delle restanti riserve di patrimonio netto, diverse dalla riserva legale, e dei restanti utili portati a nuovo risulti inferiore all’eccedenza degli ammortamenti, delle rettifiche di valore e degli accantonamenti dedotti rispetto a quelli imputati a conto economico, al netto del fondo imposte differite correlato agli importi dedotti” 4 . In base a quanto si legge nella Relazione illustrativa del D. Lgs. n. 344, la soluzione che è stata scelta dal Legislatore della Riforma è la risultante del contemperamento delle due opposte soluzioni che erano state proposte originariamente, cioè quella di consentire la fruizione di opportunità fiscali “sulla base della loro segnalazione in apposito prospetto, senza porre vincoli di sospensione d’imposta neanche sulle riserve del patrimonio netto, al 4 Anche se precisa e dettagliata, la norma appena riportata non sembra in grado di risolvere un dubbio: se, cioè, le riserve di patrimonio netto – diverse dalla riserva legale – siano da considerarsi distribuite anche ove vengano impiegate, da una società, al solo scopo di aumentarne il capitale. In questo caso, probabilmente, non si assiste ad una effettiva distribuzione di utili da parte della società a favore dei soci e dunque l’impiego di riserve ai fini dell’aumento di capitale non dovrebbe violare la regola della necessaria copertura dell’eccedenza di elementi negativi dedotti extracontabilmente rispetto all’ammontare di quelli imputati al conto economico del bilancio 19 fine di evitare la permanenza di interferenze fiscali sul bilancio” ovvero quella di “condizionare la fruizione dell’opportunità e, quindi, della detassazione dell’utile, al mantenimento dell’utile stesso nell’economia dell’impresa e di evitare così la distribuzione di dividendi che non hanno subito alcun prelievo”. Ciò, in particolare, per il fatto che, con l’opzione prescelta, “i benefici fiscali possono essere fruiti da tutte le imprese, quindi anche da quelle che non hanno utili o riserve da vincolare”. La Relazione, tuttavia, precisa che “laddove esistano utili o riserve, questi devono essere mantenuti nell’economia dell’impresa fino a concorrenza delle deduzioni forfetarie non imputate a conto economico”: tutto questo significa che l’impresa può, senz’altro, distribuire ai propri soci utili e riserve eccedenti, ma dovrà affrontare l’imposizione “di recupero” se tali distribuzioni intaccano il livello di patrimonio netto della società che deve coprire i benefici fiscali non ancora riassorbiti. In altri termini, il meccanismo appena descritto assegna alle imprese l’onere di vincolare in riserve diverse da quella legale un importo che risulti pari a quello dei componenti negativi di reddito portati in deduzione dalla base imponibile in via extracontabile, al netto del fondo imposte differite correlato agli importi dedotti: quindi, se tali imprese distribuiscono utili di esercizio o riserve, gli utili e le riserve distribuiti concorreranno alla formazione del reddito imponibile per un ammontare pari all’eccedenza netta dell’importo dei predetti componenti negativi di reddito rispetto alle restanti riserve di patrimonio netto (diverse dalla riserva legale). 12. Il trattamento delle interferenze fiscali iscritte prima dell’entrata in vigore della Riforma societaria per le imprese con esercizi a cavallo Sebbene sia stato decisivo per il contrasto all’inquinamento fiscale del bilancio (avendo imposto l’eliminazione del comma 2 dell’articolo 2426 del Codice civile) il D. Lgs. n. 6 del 2003 non ha previsto un trattamento per gli ammortamenti, le altre rettifiche di valore e gli accantonamenti iscritti in conto economico per ragioni esclusivamente tributarie prima dell’entrata in vigore della Riforma societaria. Infatti, l’articolo 223 – undecies si limita a stabilire che “I bilanci relativi agli esercizi chiusi prima del 1° gennaio 2004 sono redatti secondo le leggi anteriormente 20 vigenti. I bilanci relativi agli esercizi chiusi fra il 1° gennaio 2004 e il 30 settembre 2004 possono essere redatti secondo le leggi anteriormente vigenti o secondo le nuove disposizioni. I bilanci relativi ad esercizi chiusi dopo la data del 30 settembre 2004 dono redatti secondo le nuove disposizioni”. In questa situazione, pare corretto ritenere che le rettifiche di valore e gli accantonamenti esclusivamente fiscali imputati a conto economico in esercizi precedenti – ai sensi del previgente comma 2 dell’articolo 2426 del Codice civile – debbano essere stornati. Al riguardo, la lettera h) dell’articolo 4 delle “Disposizioni varie, transitorie e finali” (D. Lgs. 344/2003) ha reso applicabile il comma 4 dell’articolo 109 del D. Lgs. 344/2003 anche agli “ammortamenti, alle altre rettifiche di valore ed agli accantonamenti operati: 1) in esercizi precedenti a quello di entrata in vigore del D. Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6 per effetto dell’abrogato articolo 2426, secondo comma, del Codice civile ed eliminati dal bilancio in applicazione delle disposizioni di tale decreto; 2) nell’esercizio in corso al 31 dicembre 2003 che termina successivamente alla medesima data”. A titolo esemplificativo, la disposizione appena richiamata trova applicazione nel caso di una società con esercizio, ad esempio, al 30 giugno 2004: essa, applicando (avendone la facoltà) il nuovo Codice civile, si sarebbe trovata a non poter imputare a conto economico ammortamenti, altre rettifiche di valore ed accantonamenti soltanto fiscali, rimanendo peraltro vincolata al TUIR precedente - che condizionava la deduzione all’imputazione al conto economico del bilancio d’esercizio - dato che le nuove norme fiscali opereranno dai periodi d’imposta che iniziano il 1° gennaio 2004. Pertanto, è stata opportuna l’anticipazione del “doppio binario parziale” per i soggetti con esercizio in corso al 31 dicembre 2003, ma che termina successivamente a tale data. In definitiva, i soggetti con esercizio a cavallo del 1° gennaio 2004 e che redigono il bilancio secondo il nuovo Codice civile (così, in particolare, le Istruzioni alla bozza del modello Unico – SC e la logica, anche se questa condizione non è scritta espressamente nella norma): 21 - applicano in tutto e per tutto il vecchio TUIR (compresa, ad esempio, la spettanza del credito d’imposta sui dividendi riscossi nell’esercizio); - utilizzano, del nuovo TUIR, soltanto la norma sul doppio binario parziale. 13. Disinquinamento dalle interferenze fiscali pregresse Come anticipato, a decorrere, in generale, dall’esercizio 2004 non sarà più consentito inquinare il bilancio d’esercizio con appostazioni di natura esclusivamente tributaria, prive di qualsiasi giustificazione economico-civilistica. Ciò posto, va osservato che resta tuttavia aperta la questione in ordine alla sorte riservata alle rettifiche di valore e agli accantonamenti imputati a conto economico esclusivamente in applicazione di norme tributarie prima dell' entrata in vigore della riforma del diritto societario. Invero, il d.lgs. n. 6/2003 non contiene alcuna espressa indicazione circa le modalità secondo cui procedere a disinquinare i bilanci dalle interferenze fiscali pregresse. In altri termini, dal novellato quadro normativo civilistico non si evince quale debba essere il trattamento contabile da riservare ai “valori fiscali residui” derivanti dall’applicazione della previgente disciplina, dal momento che questi, sulla scorta dei principi generali di redazione del bilancio d’esercizio e della finalità sottese alla riforma, non potranno più trovare albergo nei nuovi schemi legali di bilancio. Una indicazione sul tema è ritraibile dalle disposizioni di natura transitoria previste dal d.lgs. n. 344/2003, le quali si prefiggono, però, l’intento di fornire unicamente dettagli sui riflessi fiscali della menzionata eliminazione contabile. Come già rilevato, più in particolare, al fine di evitare che il disinquinamento dei bilanci dalle interferenze fiscali pregresse potesse comportare una loro rilevanza impositiva, nel corso del periodo d' imposta in cui viene operato, l’art. 4, lett. h), num. 1), dec.cit., consente l’applicazione del regime di deduzione extracontabile di cui al comma 4 dell' art. 109 del nuovo t.u.i.r. anche agli ammortamenti, alle altre rettifiche di valore e agli accantonamenti operati “in esercizi precedenti a quello di entrata in vigore del D. Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6 per effetto dell' abrogato articolo 2426, secondo comma, del codice civile ed eliminati dal bilancio in applicazioni delle disposizioni di tale decreto”. 22 13.1. Soluzione contabile da adottare Orbene, nel valutare l’esatta rilevazione contabile delle rettifiche conseguenti alla eliminazione delle interferenze fiscali pregresse, occorre muovere i passi dalla considerazione secondo cui, ove dette rettifiche fossero imputate al conto economico, si rischierebbe di frustrare lo spirito della riforma, atteso che il risultato dell’esercizio di riferimento sarebbe ancora una volta influenzato da appostazioni che sottendono pur sempre una “natura esclusivamente fiscale”, producendo un effetto distorsivo sulla rappresentazione veritiera e corretta dello stesso. Vale notare, inoltre, che, in favore della rilevazione al conto economico, non sembra convincente il richiamo a ragioni di simmetria (in base alle quali tale rilevazione nascerebbe dall’opportunità di individuare un trattamento contabile che realizzi una simmetria tra l’operazione di disinquinamento e le appostazioni effettuate in precedenti esercizi). Invero, contrariamente all’originaria iscrizione al conto economico delle poste di natura esclusivamente fiscale, supportata da disposizione di legge (seppure discutibile), manca ora una analoga copertura legislativa. Né, in tale mancanza, può invocarsi l’analogia con il trattamento dei “ripristini di valore” (ove la simmetria contabile opera invece correttamente), giacché tale fattispecie risulta sostanzialmente diversa da quella di che trattasi. In via argomentativa, deve sottolinearsi che, sulle base delle statuizioni contenute nei principi contabili internazionali, che, a partire dal 1° gennaio 2005, dovrebbero presidiare anche alla redazione dei bilanci delle imprese nazionali (specie banche e società quotate), l’approccio contabile rilevante risulterebbe essere quello favorevole all’imputazione al patrimonio netto del disinquinamento pregresso. Più in particolare, attesa l’assimilazione del disinquinamento al mutamento di principi contabili, detta conclusione si ritrae dalle indicazioni contenute nello IAS 8, (Utile (perdita) d’esercizio, errori determinanti e cambiamenti di principi contabili), il quale, nella versione “improved” da ultimo licenziata, prevede unicamente la possibilità di rilevare gli effetti del cambiamento dei criteri contabili come rettifica ai saldi di apertura degli utili portati a nuovo (trattamento contabile di riferimento) 5. Dunque, per recuperare al bilancio la sancita finalità di rappresentazione 5 Invero, nell’opera di revisione degli standards internazionali recentemente attuata, è stato eliminato il trattamento contabile alternativo consentito, che permetteva la predetta rilevazione direttamente al conto economico. 23 veritiera e corretta della situazione patrimoniale-finanziaria e del risultato economico dell’esercizio sarebbe opportuno che lo storno del saldo residuo delle voci inficiate dalla pregressa interferenza fiscale fosse rilevato direttamente nel patrimonio netto. E’, poi, di notevole interesse osservare che l’orientamento patrimoniale è pienamente compatibile con il principio di continuità dei bilanci. Ed invero, nell’attuale contesto normativo e regolamentare italiano e comunitario, tale orientamento risulta conforme ed assolutamente in sintonia con la corretta interpretazione dell’art. 31, par. 1, lett. f), della IV Direttiva Cee, secondo cui “lo stato patrimoniale di apertura di un esercizio deve corrispondere allo stato patrimoniale di chiusura dell’esercizio precedente”. Tant’è che detta compatibilità è stata, di recente, definitivamente avvalorata dall’Efrag (European financial reporting advisory group) 6 e dalla stessa Commissione europea, la quale, avallando il metodo contabile previsto dal citato IAS 8, ha ritenuto quest’ultimo non configgente con la IV Direttiva Cee 7. Pertanto, nulla osta a che i saldi contabili di apertura del patrimonio netto (all’1/1/2004) possano essere rettificati a seguito dello storno delle interferenze fiscali pregresse, con conseguente rilevazione – ove necessario – della relativa fiscalità differita. L’impostazione patrimoniale appare, peraltro, uniforme e coerente con il trattamento contabile raccomandato dal Principio contabile n. 25 (Imposte sul reddito) allorché si è trattato di eliminare le interferenze fiscali in occasione della effettuazione di ammortamenti anticipati. Del resto, giova evidenziare che lo stesso Ministero dell’economia e delle finanze, in sede di chiarimenti alla compilazione dei modelli di dichiarazione (8), ai fini del disinquinamento, senza effetti fiscali, dell’importo delle rettifiche e degli accantonamenti operati per ragioni esclusivamente fiscali nei bilanci precedenti, consente espressamente l’imputazione ad aumento del patrimonio netto dell’importo di tali rettifiche ed accantonamenti stornato dalle scritture contabili. Senza contare, infine, che la rilevazione diretta a patrimonio netto è ora anche prevista dal novellato art. 42, par. 2, della IV Direttiva Cee relativamente, ad esempio, alle variazioni di fair value degli strumenti finanziari disponibili per la vendita e che, inoltre, la 6 Rappresenta l’organo tecnico-consultivo che assiste la Commissione UE nel recepimento degli standards contabili internazionali. 7 In questo senso, la Relazione accompagnatoria al progetto di Direttiva 2003/51/Ce. (8) Cfr. istruzioni al modello Unico 2004-SC, commento al quadro EC. 24 nuova previsione di un prospetto delle variazioni delle voci di patrimonio netto permette, ancor di più, di soddisfare l’esigenza informativa inerente alla consequenzialità dei bilanci. E’, da ultimo, evidente che, in merito all’operazione di disinquinamento, la nota integrativa dovrà fornire una adeguata informativa, il più dettagliata possibile, al fine di consentire al lettore del bilancio di ottenere una illustrazione esaustiva circa le interferenze fiscali pregresse eliminate, le modalità contabili seguite per effettuare l’eliminazione, gli effetti sulla rappresentazione di bilancio, eccetera. Alla luce delle precedenti considerazioni, non può che concludersi nel senso di ritenere la soluzione contabile favorevole all’imputazione al patrimonio netto degli effetti conseguenti alla eliminazione delle interferenze fiscali senz’altro preferibile (se non, addirittura, l’unica perseguibile). 14. Iscrizione in bilancio delle imposte differite o anticipate Il disinquinamento fiscale del bilancio è, indubbiamente, un’operazione rilevante. Del medesimo rilevo, peraltro, risulta la disciplina dell’informativa da fornire, negli schemi di stato patrimoniale e conto economico, in relazione alla contabilizzazione delle imposte differite ed anticipate. L’articolo 2424 del nuovo Codice civile aggiunge, per quanto riguarda lo schema di stato patrimoniale, alle componenti da indicare separatamente tra i crediti – voce C) II – due voci specifiche: - 4-bis) crediti tributari - 4-ter) imposte anticipate e Le passività costituite dai debiti tributari e dalle imposte differite devono essere stanziate, rispettivamente, nei debiti tributari alla voce D)12, e, nell’apposito fondo imposte differite, alla voce B)2. 25 Al riguardo, la Relazione che accompagna il D. Lgs. n. 6/2003 ha precisato che per le imposte anticipate 9, per la loro natura (“che non è esattamente quella di un credito riscuotibile, quanto piuttosto di minori imposte da pagare in futuro”) l’indicazione “imposte anticipate” non è assolutamente preceduta dal termine “crediti” né dalla preposizione “per”. Quanto alle imposte differite 10 la medesima Relazione Ministeriale spiega che “si è ritenuto sufficiente integrare la dizione della voce B (2): fondi per imposte con la precisazione “anche differite”; infatti le imposte differite non sono debiti effettivi da pagare quanto piuttosto maggiori imposte da pagare in futuro”. Allo stesso modo, l’articolo 2425, in relazione allo schema di conto economico, prescrive la voce 22 (imposte sul reddito) con la dizione “imposte sul reddito dell’esercizio, correnti, differite e anticipate”. 15. Imposte differite ed anticipate nella nuova nota integrativa Al n. 14 dell’articolo 2427 del nuovo Codice civile la nota integrativa dovrà includere un apposito prospetto dal quale risultino i seguenti dati: a) la descrizione delle differenze temporanee che hanno comportato la rilevazione di imposte differite ed anticipate, con la specificazione dell’aliquota applicata e delle variazioni rispetto all’esercizio precedente, gli importi accreditati o addebitati a conto economico oppure a patrimonio netto e le voci escluse dal computo e le relative motivazioni; b) l’ammontare delle imposte anticipate contabilizzato in bilancio attinenti a perdite dell’esercizio o di esercizi precedenti e le motivazioni dell’iscrizione, l’ammontare non ancora contabilizzato e le motivazioni della mancata iscrizione. 9 Le imposte anticipate si creano nel caso in cui le differenze temporanee tra utile economico e reddito imponibile determinano il pagamento di imposte da parte dell’impresa in un momento anteriore rispetto a quello della loro effettiva rilevanza 10 Le imposte differite sorgono nel momento in cui le imposte di competenza dell’esercizio risultano di ammontare inferiore rispetto a quello delle imposte da pagare (in altri termini, il risultato di bilancio è superiore rispetto al reddito imponibile) 26 Infine, nella nota integrativa devono essere indicate (sebbene ciò non sia normativamente previsto) le motivazioni del mancato stanziamento delle eventuali imposte differite sugli utili non distribuiti dalle società controllate e collegate, nel caso in cui esse siano interessate dalla valutazione secondo il metodo del patrimonio netto. 27