RASSEGNA STAMPA - Associazione Agenti Allianz
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RASSEGNA STAMPA - Associazione Agenti Allianz
23 Settembre 2013 23 Settembre 2013 RASSEGNA STAMPA 24 Aprile 2015 Sede Milano – Corso Italia 22 Sede Trieste – Via Fabio Filzi 21/1 INDICE DAL MERCATO ASSICURATIVO ALLIANZ: NESSUNA RAGIONE DI CEDERE PIMCO SE LA POLIZZA È INSERITA NEL MUTUO VIGILANZA ATTENUATA SULLE CLAUSOLE MACROS CONSULTING: COMPARATORI, QUALE RUOLO NELLO SVILUPPO DEL MERCATO ONLINE? VENDITA POLIZZE "OCCULTE" IN INTERNET, IVASS E ANTITRUST ALL'ATTACCO. NEL MIRINO ANCHE LE COMPAGNIE ONLINE DEL GRUPPO UNIPOL E DI ZURICH L'ANIA NON CREDE NELLE COLLABORAZIONI, MALGRADO IL PROLIFERARE DEL FENOMENO, E PROFETIZZA: L'ADDETTO AL CALL CENTER SI TRASFORMERÀ IN UN VERO CONSULENTE ASSICURATIVO PREVIDENZA E DINTORNI PENSIONI DEGLI AGENTI DI ASSICURAZIONI E PENSIONI DEI DIRIGENTI DIREZIONALI, DUE PESI E DUE MISURE? AL DEBUTTO IL TFR IN BUSTA PAGA RISPARMIO GESTITO PAGAMENTI IN CONTANTI E PRELIEVI DI DENARO DAL CONTO, CAMBIANO ANCORA LE REGOLE. TUTTO PRONTO PER IL VIA LIBERA DEL GOVERNO AZIMUT IN BRASILE RILEVA IL 60% DI QUEST INVESTIMENTOS DAL MERCATO ASSICURATIVO ALLIANZ: NESSUNA RAGIONE DI CEDERE PIMCO Allianz non vede ragione di cedere o scorporare Pacific Investment Management Company nonostante il gestore di asset stia ancora subendo ingenti riscatti. È quanto ha precisato l'amministratore delegato prossimo alle dimissioni, Michael Diekmann, insieme al successore Oliver Baete, in un'intervista alla rivista mensile Manager Magazin. "Nonostante le difficoltà, Pimco è uno dei gestori di asset più redditizi al mondo e uno degli investimenti di maggiore successo nella storia della nostra società", ha spiegato Diekmann. La società californiana del gruppo assicurativo tedesco ha dovuto fare i conti con ingenti deflussi di capitali da quando il fondatore Bill Gross ha abbandonato la gestione del fondo obbligazionario il 26 settembre scorso. Assinews SE LA POLIZZA È INSERITA NEL MUTUO VIGILANZA ATTENUATA SULLE CLAUSOLE Obbligo attenuato di vigilanza per il consumatore che stipula un contratto di assicurazione che si inserisce in un insieme contrattuale con al centro un mutuo immobiliare. In questi casi non si può chiedere al consumatore la stessa attenzione sui rischi coperti dal contratto che invece dovrebbe avere se i due contratti fossero stati stipulati separatamente. La Corte Ue (causa C-96/14) segna un punto a favore dei consumatori. A chiamare in aiuto Lussemburgo è stato il Tribunale di Nimes per interpretare la direttiva 93/13 sulle clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, modificata dalla 2011/83 (recepita in Italia con Dlgs n. 21/2014). La vicenda ha preso il via da un’azione giudiziaria presentata da un consumatore che aveva stipulato un contratto di mutuo immobiliare con una banca aderendo, contemporaneamente, a un «contratto di assicurazione di gruppo». In caso di inabilità totale, il contraente avrebbe ottenuto una copertura pari al 75% delle rate. A causa di un incidente sul lavoro, il ricorrente era stato giudicato inabile permanente al lavoro, con un deficit pari al 72%. Di qui la decisione della compagnia di non coprire le rate. Primo nodo da sciogliere é la qualificazione della clausola. Per valutarne il carattere abusivo non basta verificare il dato formale e limitarsi ad accertare che sia comprensibile sul piano grammaticale perché così si avvallerebbe un'interpretazione limitata della nozione di clausola abusiva a svantaggio del consumatore, con pregiudizio dell’obiettivo di tutela perseguito nell’atto Ue a beneficio della parte debole. Ciò che conta, quindi, è che le clausole indichino in modo trasparente il funzionamento di copertura assicurativa, consentendo al contraente di comprenderne la portata e di cogliere la differenza tra inabilità totale e parziale. Nell’interpretare le clausole, poi si deve tenere conto del contesto. Questo vuol dire che nei casi di contratti che fanno parte di un insieme contrattuale é necessario considerare che la vigilanza del consumatore é più limitata rispetto all'ipotesi in cui vengono conclusi due contratti distinti. Senza dimenticare che, in caso di dubbio, deve prevalere l’interpretazione più favorevole al consumatore. Spetta, però, ai giudici nazionali verificare se la clausola contrattuale relativa all’inabilità totale al lavoro rientri nella nozione di oggetto principale del contratto o se abbia carattere accessorio tenendo conto che, nel primo caso, la valutazione del carattere abusivo non può essere effettuata sulla definizione dell’oggetto principale o sulla perequazione tra prezzo e remunerazione. IL SOLE 24 ORE MACROS CONSULTING: COMPARATORI, QUALE RUOLO NELLO SVILUPPO DEL MERCATO ONLINE? “La distribuzione assicurativa sta conoscendo in questi ultimi anni una profonda rivoluzione. Dopo la bancassicurazione degli anni ’80 e le compagnie dirette degli anni ’90, i comparatori sono tra i nuovi protagonisti del web, in quanto sono diventati fonte di informazione per gli assicurati. In prospettiva, potrebbero diventare una minaccia per la distribuzione tradizionale? In particolare, quale ruolo potrebbero avere nello sviluppo della vendite assicurative on line?” Parte da queste considerazioni un recente studio di Macros Consulting sul mercato assicurativo italiano, nel quale è stato rilevato come solo alcune compagnie e reti di distribuzione considerino i comparatori come loro concorrenti o come elemento di disintermediazione. “Certamente sono parte delle nuove abitudini dei consumatori che confrontano sul web le diverse offerte di assicurazione prima di acquistare una polizza on line oppure in agenzia”, segnalano Angelo Paulli e Mara Tagliabue, Senior Consultants di Macros. Un’altra considerazione che emerge dalla ricerca riguarda il ruolo svolto negli ultimi anni dello sviluppo del business delle compagnie dirette, che stanno utilizzando i comparatori come intermediari: ormai quasi un terzo delle polizze sottoscritte on line passa proprio per i comparatori. “La questione centrale – osservano Paulli e Tagliabue – non è più considerare i comparatori come dei concorrenti, ma con quale strategia muticanale approcciare il cliente che è sempre più molecolare”. Lo studio rileva come i comparatori siano la maggior fonte di confronto dell’offerta assicurativa, tuttavia risulta ancora basso (4,16%) il tasso di conversione, evidenziando come la strada da percorrere sia ancora molto lunga. “C’è da chiedersi se il modello di business dei comparatori, basato esclusivamente sul prezzo, sia coerente con il mercato italiano”, commentano i Senior Consultants di Macros. In Europa, i comparatori sono nati con una dipendenza culturale dal modello inglese: Nel Regno Unito rappresentano una quota del 50% della Rc Auto e la loro importanza è determinata dalla forte crescita dell’assicurazione diretta negli anni ’80. Nel nostro Paese (così come in Francia o in Germania), la presenza di reti fisiche che offrono consulenza, servizi, assistenza ha diretta influenza sui clienti, che rimangono così legati alla prossimità dell’agenzia e alla relazione fisica con l’intermediario. “Il contesto evidenzia che, se la comparazione andasse oltre la focalizzazione del costo di un prodotto assicurativo, si potrebbero aprire nuove opportunità di sviluppo dei comparatori – sottolineano Paulli e Tagliabue –. Infatti un confronto solo sul prezzo di una polizza non offre un reale valore per il consumatore e non mette in evidenza le garanzie e le qualità del prodotto. In alcuni paesi operano già comparatori focalizzati sulla qualità dell’offerta e che enfatizzano servizi aggiuntivi”. “Le ricerche realizzate da diversi istituti sui bisogni del cliente assicurativo evidenziano come il prezzo sia un criterio importante, soprattutto in questo periodo di crisi economica, ma non è il solo parametro sul quale il cliente opera la scelta di acquisto del prodotto assicurativo – aggiungono i Senior Consultants di Macros –. Elementi quali la customer experience e la consulenza hanno infatti sempre più una valenza decisiva nella scelta del cliente. Oggi i consumatori sono sempre più informati e quindi hanno un maggiore ‘potere’”. Lo studio riscontra quindi come l’industria assicurativa (e dunque anche la comparazione) debba adeguarsi ad un cliente molecolare che utilizza diverse modalità di accesso digitali: ciò comportera lo sviluppo di un’offerta più trasparente e di una semplificazione di prodotto. “Il tema della vendita online – concludono Paulli e Tagliabue – pone una questione: l’accesso alle informazioni non è una garanzia per il consumatore, anche se resta un’opportunità per il consumatore a fare una scelta più consapevole”. INTERMEDIA CHANNEL VENDITA POLIZZE "OCCULTE" IN INTERNET, IVASS E ANTITRUST ALL'ATTACCO. NEL MIRINO ANCHE LE COMPAGNIE ONLINE DEL GRUPPO UNIPOL E DI ZURICH Ci risiamo. Evidentemente la tentazione di fare numeri attraverso la vendita via internet di polizze non obbligatorie è ancora molto forte (malgrado i richiami delle Autorità competenti), se è vero che Ivass e Antitrust sarebbero ora sul piede di guerra ed avrebbero deciso un'azione comune in materia. Il fenomeno ha assunto proporzioni fin troppo elevate, tanto che negli ultimi mesi risulterebbero a decine di migliaia le segnalazioni dei consumatori. Secondo una stima dell'Ivass sarebbero 15 milioni gli italiani sottoscrittori di una cosiddetta "polizza occulta", abbinata a beni e servizi di vario tipo (e, in molti casi, senza saperlo). Sono state registrate oltre 1.500 formule "a pacchetto", frutto di specifici accordi commerciali tra Compagnie e aziende fra le quali agenzie di viaggi, concessionari auto, istituti bancari, fornitori di energia elettrica, gas e acqua, società di trasporto marittimo o aereo, produttori di beni di largo consumo, aziende delle telecomunicazioni, associazioni sportive. Sul banco degli imputati c'è soprattutto internet ed in particolare il perverso meccanismo chiamato di "opt-out", vale a dire la formula attraverso la quale è l’acquirente a dover eliminare dalla polizza le coperture non richieste, pena vedersele addebitate in toto. L'Istituto di Vigilanza e l'Antitrust in una nota rilevano come "alcune Imprese di assicurazione che operano attraverso internet, nel processo di preventivazione on line abbinino alla copertura RcAuto obbligatoria garanzie accessorie, come furto e incendio del veicolo, infortuni del conducente, assistenza stradale, tutela legale, attraverso un meccanismo di preselezione automatica. In tal caso e secondo tale formula, aggiungono le due Authority, "il consumatore, se non è interessato all'acquisto, ha l’onere di escludere tali garanzie”. Le Compagnie sotto esame sono numerose. Fra queste, Linear (Gruppo Unipol) e Zuritel (Zurich) che tuttavia - informa il Garante per la Concorrenza ed il Mercato - si sono impegnate a modificare la procedura di vendita per utilizzarne una in cui i prodotti saranno venduti solo se il consumatore ha espresso in modo esplicito la propria volontà di acquistarli selezionando con un click le relative caselle. Le due Compagnie si sarebbero anche impegnate a rendere più trasparenti i messaggi pubblicitari e la procedura di acquisto online delle polizze. L’Ivass intanto ha ordinato a tutte le Imprese di assicurazione di “eliminare entro 90 giorni dai preventivi on line ogni eventuale abbinamento forzato di garanzie accessorie alla RcAuto, in quanto contrario ai principi di correttezza e trasparenza”. SNA CHANNEL L'ANIA NON CREDE NELLE COLLABORAZIONI, MALGRADO IL PROLIFERARE DEL FENOMENO, E PROFETIZZA: L'ADDETTO AL CALL CENTER SI TRASFORMERÀ IN UN VERO CONSULENTE ASSICURATIVO Che l'ANIA non avesse accolto con favore la decisione dell'Antitrust che ha sancito di fatto la libertà professionale degli agenti di assicurazioni è cosa nota a tutti; che le Imprese avessero da tempo organizzato canali alternativi alla rete tradizionale (via internet o telefono) non può essere sottaciuta da alcuno; ma che addirittura si arrivasse a profetizzare l'equiparazione dei semplici addetti del call center agli agenti di assicurazioni è sembrato alla maggior parte degli osservatori presenti alla lettura della Relazione annuale dell'ANIA 2014 quantomeno azzardato, per alcuni addirittura offensivo per la categoria agenziale. Il Presidente dell'ANIA ha dunque enunciato in tema di Distribuzione delle polizze i princìpi che guideranno le Imprese nel prossimo futuro. "La funzione dei modelli distributivi - scrive Minucci - è quella di ridurre la distanza che separa i produttori di beni e servizi dalla propria clientela potenziale. Nel mercato assicurativo italiano questo ruolo è storicamente svolto dalle reti agenziali che, con la loro capillare presenza sul territorio, garantiscono un rapporto diretto tra compagnie e assicurati. Questo modello continua a operare, sia pure con un lento ma progressivo ridimensionamento dovuto al rapido sviluppo dei canali bancari e postali e della vendita diretta tramite internet e telefono. Nelle assicurazioni auto, poi, il fenomeno si è accentuato in seguito alla diffusione dei comparatori dei prezzi, per i quali, peraltro, è sempre più evidente l’esigenza di una regolamentazione a tutela degli interessi degli assicurati e della trasparenza del mercato. A ciò si deve aggiungere che, per un crescente numero di Imprese, la multicanalità sta rappresentando il punto d’approdo di strategie volte a raggiungere nuovi clienti in modo differenziato e più efficace. In tale contesto, la vera sfida per la rete distributiva tradizionale è data dalla capacità di adeguare il proprio ruolo a una significativa evoluzione trainata dalla tecnologia. L’innovazione digitale, infatti, semplificando e riducendo le incombenze burocratico-amministrative, lascerà agli agenti più tempo per l’attività di consulenza a favore dei clienti". "Per le Compagnie Dirette, - aggiunge il Presidente dell'ANIA - la tecnologia determinerà un’evoluzione dei call center e delle funzioni di chi vi è occupato. Utilizzando infatti una chat o una video-chiamata come strumento di comunicazione, un operatore potrà diventare un punto di riferimento per l’assicurato, stabilendo con lui una relazione personalizzata. Non è lontano il tempo in cui l’addetto al call center si trasformerà in un vero consulente assicurativo, pronto a gestire un proprio portafoglio clienti. Comprendiamo le preoccupazioni dei Sindacati degli Agenti per queste profonde trasformazioni, che riducono lo spazio dell’intermediazione professionale e mettono a rischio le agenzie con minor fatturato o con un portafoglio concentrato nei rami auto. Ma è illusorio pensare che la soluzione di queste problematiche passi attraverso l’ampliamento delle cosiddette “collaborazioni”. Crediamo che il rilancio del ruolo dell’agente si basi sulla rinnovata capacità di individuare i bisogni di copertura assicurativa dei clienti, proponendo ad essi soluzioni innovative e “su misura”. In questo scenario, avevamo ripreso lo scorso anno gli incontri con i Sindacati degli Agenti. Il tavolo di lavoro, tuttavia, ha fatto registrare pochi progressi. L’istruttoria aperta dall'Autorità Antitrust, in merito alla asserita elusione del divieto di monomandato conseguente ad alcune clausole inserite nei mandati agenziali, ha infatti sostanzialmente bloccato il confronto. Alla luce degli esiti del procedimento – conclusosi peraltro senza applicazione di alcuna sanzione – e dei conseguenti impegni assunti dalle imprese, appare difficile che rimangano spazi per la contrattazione collettiva di categoria a livello nazionale. Siamo comunque convinti - conclude Minucci - che, nel rispetto dei sopra citati impegni, vi siano ancora possibili aree di confronto tra Associazione e Sindacati degli Agenti, quale ad esempio la tematica della previdenza complementare, al fine di trovare soluzioni che consentano un’evoluzione verso un più efficiente modello gestionale". PREVIDENZA E DINTORNI PENSIONI DEGLI AGENTI DI ASSICURAZIONI E PENSIONI DEI DIRIGENTI DIREZIONALI, DUE PESI E DUE MISURE? Parto da lontano, dal referendum sulla "scala mobile" del 1988. Dopo la vittoria dei si nel giro di pochi mesi lo scenario dei tassi di interesse italiani mutò profondamente, passando da due cifre a una e poi continuando a scendere negli anni successivi. Questo significò la vittoria dell’economia reale nei confronti dell’economia di carta, ma fece molte vittime. In particolare, tutti coloro che avevano investito per anni in titoli di stato lucrando interessi enormi e caricando le conseguenze di questo pseudo strozzinaggio sull’economia reale. Compreso il nostro Fondo Pensione, allora a guida Generali (di provenienza Generali era il direttore Ermanno Libardo e alto dirigente delle Generali era il vicepresidente e uomo forte del fondo, l’avvocato Prosperini). Pensando di poter lucrare per decenni sugli interessi dei titoli di stato questi signori avevano elargito più volte aumenti di rendita a soggetti che avevano versato pochissimo e per pochi anni. Nel 1998 il guaio era ormai fatto. La nuova dirigenza mise tutti al corrente e provvide a togliere di mezzo quanti, pur sapendo, avevano fatto finta di nulla. Nel contempo venivano presi tutti i provvedimenti per tamponare il buco, in attesa che le parti sociali ne prendessero atto e e agissero di conseguenza, cosa che si è realizzata nel 2002, ma solo parzialmente. L’ANIA, che fino a quel momento aveva versato i due terzi della contribuzione complessiva, pretese di ridurre proporzionalmente la sua nuova contribuzione, mentre agli agenti venne chiesto di raddoppiarla. Non bisogna essere attuari per capire che se l’ANIA avesse triplicato la nuova contribuzione, contro un raddoppio da parte degli Agenti, oggi avremmo un patrimonio di gran lunga superiore, valutabile, con i rendimenti via via ottenuti, intorno ai duecento/duecentocinquanta milioni di euro. Ma quello era l’importo su cui contare e il Fondo ogni anno ha continuato a prendere provvedimenti sempre più restrittivi, cercando di non spaventare gli agenti con riduzioni immediate e pesanti, ben sapendo che l’arco di tempo a disposizione per giungere al pareggio era stato stimato dagli attuari in una ventina d’anni. Poi è giunto il decreto MEF del 2012 che ha stravolto tutto. Perché tutta questa premessa? Sembra che gli unici a non aver saputo prevedere i cambiamenti siano stati gli amministratori del Fondo Pensione Agenti. E allora vogliamo parlare del Fondo Pensione dei dirigenti di Aziende Industriali (INPDAI)? Era un fondo sostitutivo di quello dell’INPS, quindi con una responsabilità molto maggiore di un fondo complementare come il nostro, dotato di un patrimonio enorme, gestito dall’élite industriale di questo Paese. Eppure guarda caso, nello stesso anno, il 2002, dichiara default. Quindi, vista l’attuale reazione dell’ANIA nei nostri confronti si può presumere che altrettanta fermezza sia stata applicata ai percettori di rendite INPDAI, tra cui, lo ricordiamo, ci sono anche i dirigenti delle Compagnie di Assicurazione, riducendo i loro compensi fino anche al 70%, se necessario. Manco per sogno: nello stesso anno 2002 un provvedimento ad hoc obbliga l’INPS a farsi carico delle rendite dei dirigenti delle aziende industriali. Attenzione: vennero fatti salvi tutti i diritti maturati al 31.12.2002, mentre a partire dall’1.1.2003 le rendite successive vennero cumulate attraverso il sistema contributivo. Esattamente quello che chiediamo noi oggi, pronti però a fare sacrifici che lor signori si sono ben guardati dall’accettare. SOPPRESSIONE DELL'ISTITUTO INPDAI L'art. 42 della legge n. 289 del 27 dicembre 2002" (Circolare n. 44 del 26.2.2003) dispone la soppressione, con effetto dal 1 gennaio 2003, dell'INPDAI e il trasferimento di tutte le strutture e le funzioni all'INPS. Con effetto dalla medesima data, sono iscritti all'Assicurazione generale obbligatoria i titolari di posizioni assicurative e di trattamenti pensionistici con evidenza contabile separata. l'effetto più rilevante è costituito dall'abolizione del massimale contributivo e pensionabile. La legge n. 243 del 23 agosto 2004, pubblicata sulla G.U. del 21 settembre 2004, (entrata in vigore il 6.10.2004) attua la nuova riforma del sistema previdenziale anche per i dirigenti di azienda (Circ. n. 105 del 19.09.2005). CONTRIBUZIONE UTILE A PENSIONE FINO AL 31.12.2002 Contribuzione obbligatoria fino alla data di cessazione dal servizio periodi riscattati nell'INPDAI (D.P.R. n. 596 del 23.3.1968), riscatto della laurea contribuzione ricongiunta (leggi n. 29 del 7.2.1979 e legge n. 45 del 5.3.1990), periodi di prosecuzione volontaria trasferimento gratuito della contribuzione AGO (art. 5 legge 44/1973), periodi figurativi per servizio militare (art. 49 legge n. 153/1969), contribuzione riconosciuta per lo svolgimento di cariche pubbliche elettive o sindacali (legge n. 300 del 20.5.1970). CONTRIBUZIONE UTILE A PENSIONE DAL 1.1.2003 Tutta la contribuzione precedente ed inoltre: contribuzione versata nella gestione autonoma COM - ART- CD/CM benefici per i lavoratori non vedenti (legge n. 113/1985 e legge n. 120/1991), benefici per i lavoratori esposti all'amianto (legge n. 257 del 27.3.1992 e legge n. 271/1993), benefici per i lavoratori sordomuti o con invalidità superiore al 74% (legge 388/2000), astensione per maternità art.1 legge n.104 del 24.2.2006 (circolare n. 76 del 23.5.2006). RISCATTI, RICONGIUNZIONI E ACCREDITO FIGURATIVO Di fondamentale importanza è la data di presentazione della domanda di: riscatto laurea, riscatti nel fondo, ricongiunzione, accredito servizio militare. Se presentata entro il 31.12.2002 la contribuzione entra a far parte dell'INPDAI; se presentata dal 1.1.2003 sarà considerata contribuzione INPS. LE PENSIONI DEL FONDO Per le pensioni con decorrenza anteriore o pari al 1 gennaio 2003 si applica la disciplina vigente presso l'INPDAI. Per le decorrenze dal 01 febbraio 2003 il regime pensionistico è uniformato a quello degli iscritti al fondo INPS. Di particolare importanza è l'accertamento dei requisiti per il diritto alla pensione essendo utilizzata tutta la contribuzione assicurativa versata. I periodi di contribuzione accreditati nelle gestioni dei lavoratori autonomi, possono essere utilizzati per la liquidazione di un'unica pensione, il cui diritto deve essere accertato secondo la disciplina di predette AL DEBUTTO IL TFR IN BUSTA PAGA Al via l'operazione Tfr in busta paga. Chi fa domanda entro il 30 aprile, prima scadenza utile, avrà diritto a ricevere la Quir (quota integrativa della retribuzione, cioè la quota maturanda mensile di Tfr) da maggio 2015 a giugno 2018 con erogazione sui cedolini paga degli stessi mesi. Dovranno aspettare la busta paga di agosto, invece, i dipendenti di datori di lavoro che occupano fino a 49 addetti e accedono al finanziamento garantito Inps, perché in tal caso l'erogazione (solo l'erogazione) è posticipata di tre mesi: a chi fa domanda entro fine mese, la Quir sarà erogata sui cedolini relativi ai mesi da agosto 2015 (Quir maggio 2015) a settembre 2018 (Quir giugno 2018). La domanda va presentata al datore di lavoro che ha il compito di verificare la sussistenza di requisiti e condizioni per ricevere il Tfr in busta paga. Lo precisa, tra l'altro, l'Inps nella circolare n. 82 di ieri. Tfr in busta paga. L'operazione, introdotta dalla legge Stabilità 2015, doveva operare per 40 mesi, cioè da marzo 2015 a giugno 2018. Il ritardo della pubblicazione del dpcm attuativo (si veda ItaliaOggi del 20 marzo), però, ha fatto slittare il tutto di due mesi. Insomma, i mesi di Quir che si possono avere sono massimo 38: da maggio 2015 (non prima) a giugno 2018. Requisiti e condizioni. L'operazione interessa solo i lavoratori dipendenti del settore privato (esclusi domestici e agricoli), in possesso d'anzianità aziendale di almeno sei mesi e che non abbiano disposto il Tfr a garanzia di un finanziamento. Invece, non è ostativa l'eventuale iscrizione alla previdenza integrativa, in forma esplicita o implicita. L'accertamento della sussistenza di condizioni e requisiti, soggettivi e oggettivi, per il diritto alla liquidazione mensile della Quir, spiega l'Inps, è compito che spetta al datore di lavoro, anche con riferimento all'esistenza di pattuizioni che vincolano il Tfr a garanzia di contratti di finanziamento, purché gli siano state notificate dal lavoratore ovvero dall'ente mutuante. L'anzianità di sei mesi. L'opzione per la Quir può essere esercitata dai lavoratori dipendenti (titolari, cioè, di un contratto di lavoro subordinato) con diritto al Tfr che siano in possesso di anzianità aziendale di almeno sei mesi. A riguardo, l'Inps precisa «che si tratta di anzianità di lavoro minima maturata presso il medesimo datore di lavoro, per cui la successione di rapporti di lavoro azzera l'anzianità di servizio e rende inefficace la pregressa istanza finalizzata alla liquidazione della Quir». Ciò significa, in altre parole, che l'anzianità semestrale si matura solo in presenza di un unico rapporto di lavoro della durata di almeno sei mesi, mentre non è possibile sommare più rapporti di lavoro (per esempio due rapporti a termine di tre mesi, con soluzione di continuità). Alla regola fanno eccezione le fattispecie nell'ambito delle quali, pur mutando il datore di lavoro, il rapporto prosegue senza soluzione di continuità (cessione del contratto di lavoro in forma individuale, variazioni di datore di lavoro per cessione d'azienda o ramo di azienda ecc.). Allo stesso modo, aggiunge l'Inps, i periodi di sospensione del rapporto per cause che non prevedano la maturazione del Tfr (per esempio, aspettativa non retribuita) non rilevano ai fini dell'anzianità di servizio; mentre rilevano i periodi durante i quali si matura il Tfr (infortunio, malattia, gravidanza e puerperio). Si parte da maggio (e agosto). Relativamente ai termini di decorrenza, spiega l'Inps, poiché il dpcm n. 29/2015 di attuazione è entrato in vigore il 3 aprile, il primo periodo di paga utile per l'accesso alla Quir coincide con il periodo di paga di maggio 2015 (e fino a giugno 2018, considerato che la scelta, una volta fatta è irrevocabile). In particolare, i lavoratori che hanno presentato o presenteranno la domanda (secondo l'allegato al dpcm) dal 3 al 30 aprile, otterranno la Quir che matura con il periodo di paga di maggio 2015, con la liquidazione nell'ambito delle competenze retributive dello stesso mese di maggio, nel caso in cui il datore di lavoro non ricorra al finanziamento garantito. Altrimenti, nel caso in cui il datore di lavoro faccia ricorso al finanziamento avranno sempre la Quir che matura con il periodo di paga di maggio 2015, ma con erogazione nell'ambito delle competenze retributive del mese di agosto 2015 ITALIA OGGI. RISPARMIO GESTITO PAGAMENTI IN CONTANTI E PRELIEVI DI DENARO DAL CONTO, CAMBIANO ANCORA LE REGOLE. TUTTO PRONTO PER IL VIA LIBERA DEL GOVERNO Il Governo Renzi ha annunciato una drastica modifica all'uso del contante. E' oramai questione di pochi giorni. Al varo dell'Esecutivo la rettifica degli importi pagabili cash. Si dovrebbe passare dall'attuale limite di 1.000 euro a quello ben più corposo di 3.000 euro. La norma sarà operativa confermano ambienti di Palazzo Chigi - contestualmente alla riforma elettronica del fisco. Riforma che porterà progressivamente alla scomparsa di fatture, ricevute e scontrini cartacei ma anche dei famigerati registri Iva e dei clienti-fornitori. Il denaro contante, dopo alterne vicende (negli ultimi anni la soglia è cambiata per ben cinque volte, ndr), torna di moda. Cerchiamo allora di fare il punto della situazione. Intanto va detto che i limiti imposti dalla normativa sono riferiti ai pagamenti e non ai prelevamenti presso sportelli bancari o postali. Tuttavia, qualora gli importi dovessero essere elevati, l'istituto di credito potrebbe (teoricamente) segnalare l'operazione alle Autorità competenti. Teoricamente, visto che a quanto pare le denunce rispetto all'ammontare delle movimentazioni bancarie per contanti sono risultate negli ultimi mesi del tutto irrilevanti. Forse non tutti sanno che - sempre in linea teorica - sarebbe illegale trasferire più di mille euro in contanti ad un proprio figlio (se minore e privo di posizione fiscale autonoma); la norma restrittiva non si applica invece nel caso dei coniugi, purché in regime di comunione dei beni. AZIMUT IN BRASILE RILEVA IL 60% DI QUEST INVESTIMENTOS Azimut raddoppia la sua presenza in Brasile rilevando il 60% di Quest Investimentos, che gestisce risparmi per 2 miliardi di real (615 milioni di euro), principalmente in prodotti azionari, e vanta performance competitive. È stata fondata nel 2001 da Luiz Carlos Mendonça de Barros, ex ministro delle tlc ed ex presidente della Banca nazionale di sviluppo. Il prezzo dell'operazione, basato sull'utile 2014 e sul totale delle masse in gestione di Quest, equivale a 21,5 milioni di euro. Il management manterrà l'indipendenza nelle decisioni e di investimento ma sarà vincolato a restare in azienda per almeno altri otto anni. Inoltre una parte dei proventi della vendita saranno reinvestiti nella società e nel reclutamento di nuovi professionisti per sviluppare e diversificare l'offerta di fondi di alta qualità. Azimut gestisce in Brasile circa 1,5 miliardi di real che dopo questo deal diventeranno 3,6 (1,1 mld di euro). A fine 2014 l'industria del risparmio gestito in Brasile contava masse per 750 miliardi di euro. Il fondatore Mendonça de Barros, la banca d'investimento Btg Pactual e il team di gestione venderanno il 35%, il 15% e il 10% del capitale di Quest. La strategia di crescita di Azimut fuori dall'Italia dovrebbe conoscere una nuova tappa nelle prossime settimane, nel mirino c'è ora l'Australia. Quanto all'Italia, si guarda alle opportunità di alleanze strategiche nell'ambito dell'asset management che possono nascere dall'aggregazione tra gruppi bancari.