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QUADERNO NUMERO 01 NOV 2015 SIRIA FORMAZIONI E SCHIERAMENTI IN CAMPO COMITATO DEL MARTIRE GHASSAN KANAFANI Il perché di questo approfondimento Partiamo da un concetto: a rendere finora intrattabile la “guerra alla Siria” è stata, principalmente, la quantità di soggetti armati, sia formali che informali, coinvolti nella destabilizzazione della Repubblica Araba Siriana, a cui va sommata la variabilità dei loro rapporti reciproci e, non ultimi, i collegamenti semi-occulti con le potenze straniere committenti. Per questo, la descrizione degli attori in campo, e dei relativi posizionamenti, ci è parsa un utile lavoro propedeutico ad altre necessarie riflessioni. Non ci siamo posti l’obiettivo di essere esaustivi sull’argomento “guerra in Siria”, ma anzi rinviamo ad altri futuri interventi il compito di entrare nel merito di questioni specifiche che pure ci stanno a cuore, come ad esempio “la questione palestinese all’interno dell’aggressione alla Siria”, o che reputiamo urgente affrontare, come ad esempio “il fenomeno dello Stato islamico – ISIS”. Al netto delle sbandate e della sostanziale sublimazione (o peggio) della sinistra occidentale sul fronte della lotta internazionalista all’imperialismo/sionismo, c’è da dire che la guerra stessa, sotto alcuni aspetti, è indubbiamente cambiata: all’intervento diretto militare sulla nazione-obiettivo si è sostituita la cosiddetta “proxy war”. La guerra per procura non è solamente la più distruttiva per i Paesi che la subiscono ma, come vedremo, anche la più rischiosa per i Paesi che la commissionano. Nel caso della Siria, il piano di porre fine al “regime Assad” attraverso un bombardamento NATO (stile Libia) è stato, nel febbraio 2012, sventato dal veto di Cina e Russia presso il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. In seguito a ciò, non essendo praticabile l’intervento via terra, dopo le disastrose avventure in Iraq ed Afghanistan, il teatro siriano è divenuto un pantano che, oltre a centinaia di migliaia di vittime, la distruzione dell’ultimo Stato arabo sovrano e solidale con il popolo palestinese, rischia di risucchiare tutto il resto del mondo in un conflitto definito “mondiale su scala regionale”. Tuttavia, nonostante le difficoltà incontrate, la criminale strategia dell’imperialismo rimane sostanzialmente immutata e continua a puntare “sull’organizzazione e l’armamento del dissenso -oramai pienamente eterodiretto- in Siria”. Però una cosa va detta, se la guerra è cambiata, tale trasformazione non è certamente causa necessaria e sufficiente a rendere indistinguibili “aggressore ed aggredito”. Per quanto complessi gli avvenimenti, per quanto fitta la cortina fumogena della disinformazione, pensiamo ci sia ancora la possibilità di riflettere criticamente sulla realtà che ci circonda. Del resto, chi sa leggere gli avvenimenti storici si renderà conto di una logica e conseguenziale evoluzione dei metodi utilizzati dal nemico di classe. A questo proposito, non desta particolare sorpresa la lettura delle parole del colonnello Lawrence, il quale, all’interno dei suoi «Ventisette articoli» del 1917, scolpiva ad uso britannico un comandamento di pregnante attualità: «Non cercare di fare troppo con le tue mani. Meglio gli arabi lo facciano accettabilmente che tu alla perfezione. E’ la loro guerra, e sei lì ad aiutarli, non a vincerla per loro». E così è stato! Iniziamo questo approfondimento proprio dalle forze “ribelli” siriane, tentando di sottolineare come i diversi Paesi coinvolti nella guerra per procura manovrino ognuno le proprie pedine su quell’incerto terreno comune che è l’opposizione al “regime” siriano. Incontreremo, quindi, la Turchia con il suo neo-ottomanesimo legato alla Fratellanza Musulmana (in un particolare rapporto che potremmo definire «commensale» nei confronti dell’amico Qatar), l’imperialismo USA che, messo in difficoltà dal multipolarismo, abbandona il suo vecchio progetto per un Medio Oriente detto “Allargato” a favore del c.d. Wright plan, la politica regionale dell’entità sionista e di casa Saud (entrambe, per motivi diversi, in contrasto con l’Iran dei colloqui di Vienna e degli accordi sul nucleare), la Francia che rincorre il sogno di un nuovo Sykes-Picot, ecc… Tratteremo poi la composizione delle «forze governative» e degli alleati del governo Assad, la longa manus dell’Iran nelle organizzazioni sciite scese in campo, l’intervento militare diretto della Russia di Putin, la posizione delle principali organizzazioni della Resistenza palestinese sulla “crisi siriana” e i curdi-siriani che con le loro organizzazioni sembrano rincorrere una propria progettualità, apparentemente slegata sia dal destino dell’opposizione siriana sia dalla resilienza del governo Assad. Infine, per non risultare eccessivamente scollati dai gravi fatti di questi giorni, diremo solo che, dopo 5 anni di stallo, si avverte chiaramente nel campo imperialista l’urgenza di intruppare la comunità internazionale, con annessa opinione pubblica, in un intervento militare diretto nel Levante. Abbiamo buona ragione di credere che, a questo scopo, l’appello globale alla lotta contro l’ISIS risulterà assolutamente funzionale, così come abbiamo ascoltato dalle televisioni di tutto il mondo a seguito dell’«attentato di Parigi» del 13/11/2015. Tuttavia, come già spiegato, riteniamo inutile interrogarsi su questi aspetti prima di una condivisione collettiva di una serie di ragionamenti che possiamo tranquillamente definire propedeutici. Comitato del Martire Ghassan Kanafani Indice L’opposizione in Siria…………………………………………………….. (1) Le fazioni armate dell’opposizione siriana……………………….. (8) Il sunnismo radicale nell’opposizione siriana…………………… (13) Il sostegno imperialista all’opposizione siriana………………… (19) Rivoluzione o aggressione imperialista?................................ (24) Il caso dei curdi-siriani………………………………………………….. (26) Le Forze Armate Siriane……………………………………………….. (27) Le formazioni paramilitari alleate………….….…………………... (29) Le milizie sciite a difesa della Siria………………………………... (32) Altre organizzazioni per l’unità della Siria……………………… (34) Le organizzazioni palestinesi e la loro posizione………….…... (35) La strumentalizzazione della sinistra palestinese……….……. (45) L’intervento russo e quello francese in Siria………….………... (48) Conclusioni: una bussola funzionante in una realtà mutevole……………. (55) L’opposizione in Siria Con l’inizio della guerra in Siria (mercenari, contractors, finanziamenti a pioggia e grande flusso di armi), il termine «opposizione siriana» smette di indicare l’inadeguato e troppo indipendente Coordinamento dei Comitati per un Cambiamento Democratico (CCCD; Fig.1), una coalizione di partiti di sinistra che osteggia fin da subito l’intervento esterno, finendo per riferirsi esclusivamente a quell’agglomerato politico-militare (i vari gruppuscoli, definiti «ribelli» o «anti-regime»; Fig.2) che gravita attorno alla cosiddetta Coalizione Nazionale Siriana (CNS; Fig.3). Salvo poi, come vedremo, tornare a dividersi in una mutevole nebulosa di coordinamenti e sigle. Fig.1 – Bandiera del CCCD Fig.2 – Bandiera dell’opposizione siriana Come già accaduto nei confronti della Libia con la creazione del Consiglio Nazionale di Transizione, anche in Siria (Fig.4) viene attuata la dottrina detta della «Responsabilità di proteggere R2P», secondo la quale «una nazione, se incapace di offrire protezione alla propria popolazione, deve cedere la Fig.3 – Bandiera della CNS propria sovranità a favore di un intervento diretto della Comunità Internazionale». Nicholas Sarkozy, il 25 marzo 2011, dà la sua personale interpretazione della dottrina «R2P» affermando: «Ogni governante – e in particolar modo ogni governante arabo– dovrebbe capire che da questo momento in poi la reazione 1 della Comunità Internazionale e dell’Europa sarà sempre la stessa: ci schiereremo dalla parte dei manifestanti pacifici, che non dovranno essere perseguitati in maniera violenta1». Guarda caso, le Nazioni Unite approvano la risoluzione 1973, con la quale viene istituita la No-Fly Zone sopra la Libia che poi permetterà il bombardamento NATO, mentre giungono le prime notizie di violenze insurrezionali a Daraa (Siria meridionale). I media ufficiali, come ad esempio Al Jazeera (che lo ammetterà solo in un secondo momento2), dipingono i ribelli armati come dei «pacifici dimostranti». Diversi manifestanti, ma anche agenti delle Forze di sicurezza, in questi primi mesi di conflitto (quelli descritti dai media come caratterizzati «da una contestazione non-violenta e popolare»), verranno cecchinati in situazione pubbliche, principalmente cortei funebri, da «ignoti appostati sui tetti». Stessa tecnica già vista in Thailandia, in Venezuela, in Ucraina, ecc… Organizzazioni come Human Rights Watch impiegheranno 12 mesi per denunciare gli abusi commessi dai “ribelli” in questi primi momenti che segnano la “crisi siriana3”. Fig.4 – La trasformazione dell’opposizione siriana 1 «Sarkozy ammonisce i legislatori arabi riguardo al precedente della Libia», Euobserver, 25 marzo 2011. 3 «Syria: Armed Opposition Groups Committing Abuses», Human Rights Watch, 20 marzo 2012. 2 «Nove morti ai cortei funebri in Siria, Al-Jazeera, 23 aprile 2011. (http://www.aljazeera.com/indepth/features/2011/09 /2011923115735281764.html). 2 Il Dipartimento di Stato americano, negli anni di supporto occulto ai gruppi dell’opposizione, trova nella Fratellanza Musulmana siriana (FM; Fig.5) un interlocutore privilegiato. Questo passaggio è importante per comprendere una serie di dinamiche: la violenza confessionale/clanico/tribale che infuria in Siria: sin dagli anni ’60 la FM accusa infatti di eresia le minoranze alawuita e sciita. Questo odio è sfociato in diversi attacchi terroristici, tra questi: il massacro di 32 cadetti militari siriani nel 1979 e, nel 2011, l’uccisione rivendicata di 44 persone a Damasco tramite un attacco suicida4; lo storico rapporto tra FM ed imperialismo occidentale (soprattutto i servizi segreti MI6 inglesi e la CIA): dopo la sconfitta subita dalla FM nel 1982 nella città di Hama, molti appartenenti a questa organizzazione hanno fatto base a Londra5, dove iniziano i rapporti con la galassia dell’«attivismo giovanile supportato dagli americani6»; le divisioni che, come vedremo, hanno tormentato l’Esercito Libero Siriano fin dalla sua creazione7; il ruolo della Turchia di Erdogan nell’addestramento e nel sostegno all’opposizione armata siriana8, chiaramente anche in funzione anti-curda9, oltre al ricorrente progetto di una «zona cuscinetto» al confine con la Siria (ribadita durante il G20 in Turchia del 15/11/2015); il ruolo della borghesia sunnita damascena ed aleppina contro il governo Assad. Fig.5 – Fratellanza Musulmana in Siria 4 «Partecipano a centinaia ad una cerimonia funebre siriana», Press TV, 24 dicembre 2011. 5 «La Fratellanza Musulmana siriana e il regime di Assad», Brandies University, dicembre 2010. 6 «Gruppi USA hanno aiutato l’attivismo giovanile all’interno delle Primavere arabe», The New York Times, 14 aprile 2011. 7 «L’Esercito Libero Siriano tormentato dalle divisioni», Global Post, 10 marzo 2012. 8 «Gli Stati Uniti aiutano ad addestrare e ad armare i mercenari islamici per combattere in Siria», The Examiner, 9 marzo 2012. 9 «Turchia: è probabile che gli Stati Uniti schierino i droni Predator», Associated Press, 24 settembre 2008. «Il summit di Istanbul prova ad aumentare la pressione sulla Siria», BBC, 1 aprile 2012. 3 La Coalizione Nazionale Siriana (CNS; Fig.6), fondata a Doha (Qatar) e con sede ad Istanbul (Turchia), è la coalizione dei gruppi di opposizione che comprende anche le formazioni militari che partecipano alla «guerra siriana» (Esercito Libero Siriano – ELS/FSA e successive incarnazioni). Tale coalizione ha conosciuto immediatamente una vita assai turbolenta con scissioni, fuoriuscite, scandali e fallimenti. Il suo attuale Presidente è Khaled Khoja. Nel luglio 2013 il Qatar, fino ad allora assoluto dominatore della Coalizione, deve accettare il presidente imposto dall’Arabia Saudita, Ahmad Assi Jarba, capo di una tribù della Siria orientale e fedele a Riyad. Nell’agosto 2015, tocca ai Comitati di Coordinamento Locali10 (CCL/LCCs; Fig.7), una residuale fazione definita «progressista», abbandonare la CNS. I CCL comprendevano circa 70 diversi comitati, per lo più composti da giovani media-attivisti non violenti ed apolitici. Questi stessi definiscono la CNS: «minata da conflitti interni e da ambizioni personali…formata da blocchi legati a forze straniere (Arabia Saudita, Qatar e Turchia, solo per rimanere nell’area)…ci vergogniamo nel vedere cosa sia successo nella Coalizione Nazionale Siriana». Purtroppo anche il «volto pulito ed etico» dell’opposizione (al pari delle varie ONG umanitarie filo-USA e dello stesso Osservatorio Siriano sui Diritti Umani con sede a Londra) è una creatura del Dipartimento di Stato americano, del Friends of Syria Group e dell’Open Society11. Fig.7 – Comitati di Coordinamento Locali Fig.6 – Rappresentanti della CNS 10 «Syria’s Local Coordination Committees: The Dynamo of a Hijacked Revolution», Knowledge Programme Civil Society in West Asia, 5 MAGGIO 2014 11 http://www.state.gov/documents/organization/186 661.pdf https://www.adoptrevolution.org/en/ 4 L’Esercito Libero Siriano (ELS/FSA; Fig.8) ha origine nel 2011 da un certo numero di disertori dell’Esercito Arabo Siriano (EAS/SAA), adeguatamente assistiti durante il cambio di casacca, ma arriva velocemente ad incamerare un numero sorprendente di disperati, mercenari e professionisti. L’ELS che, a dispetto del nome, non è mai stato un esercito classico12, secondo il suo statuto si pone la missione della «difesa dei civili e l’abbattimento del regime di Bashar al-Assad». Fin dai suoi esordi, tuttavia, paleserà i suoi reali intenti, modulandoli a seconda dell’evoluzione militare sul campo, della sempre più forte dipendenza nei confronti dei committenti (Paesi del Golfo, USA, Israele, Turchia e quindi il Friends of Syria Group) e sulla base dei rapporti a livello locale con le forze «islamiste» da una parte e curde dall’altra. In generale, perlomeno dal 2014, possiamo affermare che l’ELS/FSA esiste nella forma di una mutevole galassia di fazioni equipaggiate (per la maggior parte) dal Dipartimento di Stato americano, attraverso i confini giordani e turchi. 12 L’ELS ha operato nella guerra sia in contesti metropolitani che «naturali», principalmente nella regione nord-ovest della Siria (Idlib, Aleppo), nella regione centrale (Homs, Hama), nella zona di Damasco (nel campo di Yarmouk, assieme alla palestinese Aknaf Beit al-Maqdis, legata ad Hamas; Fig.9) e nel sud (Daraa e Houran). Fig.8 – Bandiera del ELS/FSA Fig.9 – Bandiera di Aknaf Beit al-Maqdis https://www.youtube.com/watch?v=mIyg7xaLGTY 5 Nelle aree con grande presenza curda si sono formate alleanze come la Syrian Democratic Forces (SDF; Fig.10), una formazione militare composta da arabi, cristiani, armeni, siriaci e curdi (YPG, YPJ), fondata nell’ottobre 2015 per espellere l’ISIS dal governatorato di ar-Raqqah (con il sostegno dell’occidente). Il Syrian Revolutionary Command Council (SRCC; Fig.11) è una alleanza di 72 fazioni (tra cui Harakat Nour al-Din al-Zenki; Fig.12) che prendono parte alla guerra in Siria e che si sono volute sottrarre alla gestione operata dalla CNS. E’ una struttura, più militare che politica, nata da un gruppo eterogeneo di fedeli ed attivisti della regione di Idlib (NW della Siria) che, in agosto 2014, lancia la campagna denominata “Watasimo Initiative”, con l’idea di subentrare al comando dell’ELS/FSA oramai allo sbando13. Fig.10 – Bandiera del SDF A novembre 2014, il SRCC tiene il suo primo congresso in Turchia (nella città di Gaziantep, dove il governo turco, membro NATO, ha intanto piazzato alcune batterie di missili Patriot verso i confini siriani), alla presenza di personaggi ben noti del sunnismo fondamentalista e di qualche esponente della “vecchia” CNS. Rispetto a quest’ultima, il SRCC prova inizialmente a mantenere una certa distanza dalle forze legate ad al-Nusra (al-Qaeda in Siria) e ad Ansar al-Din, anche se ed essere di fatto escluse dal coordinamento 13 «The Revolutionary Command Council: Rebel Unity in Syria?», CANERGIE Endowment for International Peace, 1 dicembre 2014. (https://www.facebook.com/waitasemo) 6 saranno solo le Unità Popolari di Protezione curde – YPG (vicine al PKK siriano). Tra i gruppi invece «ammessi» sin dalla fondazione, troviamo rappresentate quasi tutte le fazioni islamiste ad eccezione di ISIS ed al-Qaeda: l’Islam Army, il Movimento Hazm, Sham Legion, ecc... Anche il SRCC non supererà quindi indenne le proprie forti contraddizioni interne; questo ennesimo coordinamento dell’opposizione siriana si spacca di fatto in 3 fazioni: quella più legata all’ELS/FSA (che godono del diretto sostegno imperialista), il ramo siriano della Fratellanza Musulmana (legato quindi a Turchia e Qatar) e i gruppi che gravitano attorno al Fronte Islamico di orientamento salafita. Fig.12 Come si sarà notato, le forze d’opposizione a cui è delegato il compito di destabilizzare e dividere la Repubblica Araba siriana, non sono un’entità militare in senso classico. Tuttavia sarà premura dei Paesi confinanti ed ostili alla Siria (Giordania, Turchia ed Israele) compensare questi deficit strutturali. Si può dire, ad esempio, che sia Israele “l’aviazione dell’insurrezione”: dal 2013, l’entità sionista sferra infatti attacchi aerei ed incrementa la presenza militare sulle alture del Golan (oltre all’invio nei territori siriani di truppe, spie, veicoli e droni). Il coinvolgimento di Tel Aviv in Siria è chiaramente coordinato dall’amministrazione Obama, per la quale “…gli israeliani sono giustificati nell’aggredire la Siria e gli USA si coordinano con Tel Aviv contro il governo siriano…”. Fig.11– Bandiera del SRCC 7 Le fazioni armate dell’opposizione siriana Southern Front (Fig.13a) è una coalizione di 58 diversi gruppi di opposizione presenti nella provincia di Daraa e Quneitra. Orientamento non religioso/moderatamente religioso. Sostegno imperialista. Tra questi gruppi ricordiamo: Forqat Usood al-Sunnah (Fig.13b), Forqat 18 Adhar (Fig.13c), Liwa’ Tawhid alJunoub (Fig.13d), Forqat al-Hamza (Fig.13e), Al-Fauj al-Awwal Madfa’a (Fig.13f), Syria Revolutionaries Front – Southern Sector (Fig.13g), Faylaq al-Awwal (Fig.13h), Forqat Salah al-Din (Fig.13i), Tajammu Alwiyat alOmari (Fig.13l), Liwa’ Tawhid Kata’ib Horan (Fig.13 m), Liwa’ Shabab al-Sunnah (Fig.13n) e Yarmouk Army (il loro leader Bashar al-Zoubi è il capo dell’intero Southern Front; hanno il pieno sostegno dell’Arabia Saudita e sono equipaggiati con missili anticarro TOW; Fig.13o). Fig.13 8 Al-Rahman Legion (Fig.14) è un gruppo consistente di ribelli affiliati all’ELS/FSA che operano nella periferia di Damasco, Ghouta e parte orientale di Qalamoun. Membro dell’Unified Military Command in Ghouta, sotto il comando dell’Army of Islam. Dotati di missili TOW, sono in rapporto con formazioni islamiste e godono del sostegno imperialista. Forqat Fajr al-Tawhid (Fig.15) opera nel sud della Siria e nel tempo ha assorbito numerosi gruppi minori. Ha in dotazione missili TOW ATGM. Sostegno imperialista. 11th Special Forces Division (Fig.16) è una divisione affiliata all’ELS/FSA che opera a Damasco e nelle zone montuose di Qalamoun vicino al confine libanese; equipaggiati con missili TOW. Sostegno imperialista. Fig.14 Fig.15 Fig.16 9 13th Division (Fig.17), diretta emanazione della CNS e dei Friends of Syria (collettivo diplomatico al quale partecipano USA, Francia, Arabia Saudita, Italia, Qatar, ecc…). Sostegno imperialista. Knights of Justice Brigade (Fig.18) è un sottogruppo dell’ELS facente capo al SRCC. I mercenari di questo gruppo sono stipendiati mensilmente dalla CIA e il quartiere generale è in Kafranbel. Sostegno imperialista. Fig.17 Fig.18 1st Coastal Division (Fig.19) opera nella regione ovest di Idlib, nord di Latakia ed Hama. Ha circa 2.800 uomini, mezzi corazzati e missili TOW forniti dal Friends of Syria Group. Sostegno imperialista. Tajammu al-Izza (Fig.20) è un gruppo affiliato all’ELS/FSA che opera nella zona di Idlib e a nord di Hama. Nasce come unione di diversi gruppi locali come AlTamanah Martyrs’ Brigade e Ibn al-Jarrah Brigade. Dotati di missili TOW dal Dipartimento di Stato americano. Sostegno imperialista. Fig.19 Fig.20 10 The Central Division (Fig.21) è stata formata nel settembre 2015 da diversi gruppi prima separati –e già dotati di missili TOW- ed ha svolto un importante ruolo nella difesa dagli attacchi dell’EAS/Russia soprattutto a nord di Hama. Sostegno imperialista. 46th Division o Forqat 46 (Fig.22) è un fruppo dell’ELS/FSA formatosi nel febbraio 2015 che opera principalmente nella zona di Aleppo e a nord di Hama. E’ sotto il comando dell’ex ufficiale dell’EAS/SAA, Abu Taha. Uno degli ultimi gruppi ad essere stato dotato di missili TOW. Sostegno imperialista. Liwa’ Sultan Muad o Sultan Murat Tugay (Fig.23) è una formazione militare parte dell’ELS/FSA formata da turchi siriani che prende nome dal Sultano Murad II dell’impero ottomano. Sono attivi nella zona di Aleppo, ma anche a Idlib. Mantengono stretti rapporti con la Turchia e sono stati dotati di missili TOW ATGM. Sostegno imperialista. Kata’eb Thuwar al-Sham (Fig.24) sono delle brigate formatesi nell’aprile 2015 da fuoriusciti della Mujahideen Army che operano principalmente nella zona di Aleppo contro ISIS. Ha inviato proprie unità di combattenti anche per l’offensiva di Idlib condotta dall’Esercito della Conquista (che vedremo dopo). Rapporto con formazioni islamiste. Fig.21 Fig.22 Fig.23 Fig.24 11 Jarabulus Brigade, Al-Qassas Army e Dawn of Freedom Brigades (Fig.25a, b, c) sono gruppi minori attivi nella zona di Ayn al-Arab/Kobane (da cui si formerà in seguito l’SDF). Sostegno imperialista. Liwa Thuwwar al-Raqqa (Fig.26a) è un gruppo formatosi a Raqqa che, dopo numerose sconfitte subite da ISIS, è entrato nella coalizione Euphrates Volcano (EV; Fig26b) che a sua volta è una parte delle Syrian Democratic Forces (SDF). Sostegno imperialista. Revolutionary Army (Jaysh al-Thuwar; Fig.27) è una coalizione di forze “ribelli” che include i 7 maggiori gruppi dell’ELS/FSA. Molti dei suoi membri provengono dal defunto Hazm Movement e dal Fronte Rivoluzionario Siriano (FRS). Sostegno imperialista. Liwa al-Tawhid (Fig.28) è un gruppo attivo nella zona di Aleppo, legato al Qatar, balzato agli onori delle cronache per la vicenda del sequestro delle “cooperanti” italiane Greta Ramelli e Vanessa Marzullo. Sostegno imperialista. Liwa’ Suqour Jabal al-Zawiya (Fig.29 ) è un gruppo ribelle sostenuto direttamente dal Dipartimento di Stato americano che opera nel governatorato di Idlib. Prima parte del SRF, poi entrato nel 5th Corps, un’alleanza di 5 battaglioni che hanno ricevuto dagli USA missili TOW. Sostegno imperialista. Fig.25 Fig.26 Fig.27 Fig.28 Fig.29 12 Il sunnismo radicale nell’opposizione siriana In generale, è quantomeno difficile andare a tracciare una linea di demarcazione tra «ribelli moderati» e i combattenti di alQaeda14, entrambi sostenuti Ahrar ash-Sham (Movimento islamico degli uomini liberi del Levante, Fig.30a) e Jaysh al-Islam (Esercito dell’Islam, comandato da Zahran Alloush; Fig.30b) sono coalizioni di gruppi di orientamento salafita. Operano sotto la sigla del al-Jabha al-Islamiyya (Fronte Islamico; Fig.3oc): un gruppo definito “islamista ribelle” direttamente sostenuto ed armato dall’Arabia Saudita, parte della Coalizione militare chiamata al-Jabha al-Shamiyya (Fronte del Levante; Fig.30d). Alleati di al-Nusra (al-Quaeda in Siria) e in forte conflitto con tutte le anime legate alla Fratellanza Musulmana (FM), compresa la palestinese Hamas/Aknaf Beit alMaqdes. Numerose brigate dell’ELS/FSA sono confluite nel Fronte Islamico a partire dal 2013. Ajnad al-Sham (Unione Islamica dei Soldati del Levante; Fig.31) è un’alleanza di diversi gruppi islamisti attivi principalmente nella periferia di Damasco, dove hanno collaborato militarmente con fazioni dell’ELS/FSA contro l’EAS/SAA. Su posizioni ufficialmente separate da al-Nusra ma, nei fatti, alleati di al-Qaeda in Siria. dall’imperialismo occidentale. Dalla comparsa dell’ISIS in poi questo lavoro appare ancora più complicato, se non impossibile. Fig.30 a b c d Fig.31 14 «Petraeus: Use Al Qaeda Fighters to Beat ISIS»,The Daily Beast, 31 agosto 2015. 13 Sham Legion (Fig.32a) è un’alleanza di gruppi islamici “ribelli” che appartengono allo Shields of the Revolution Council (Fig.32b), creatura militare della Fratellanza Musulmana siriana. Jabhat al-Asala wa-al-Tanmiya (Fronte per l’Autenticità e lo Sviluppo; Fig.33) che include disertori del EAS/SAA ed islamisti. Sostenuto dagli USA, presenta la bandiera dell’ELS/FSA nel logo ma non ne fa parte ufficialmente. Separati da al-Nusra. Jaysh al-Mujahedeen (Fig.34) è una coalizione di islamisti “ribelli” che nasce con lo scopo di contrastare ISIS; sono affiliati all’ELS/FSA all’interno del SRCC. Sostenuta da USA/CIA, interviene nella battaglia per Aleppo e manifesta aperta ostilità ai curdi del PKK (al fianco della Turchia di Erdogan). Separati da al-Nusra. Fig.32 Fig.33 Fig.34 Jabhat al-Nusra (Fig.35) è al-Qaeda in Siria e Libano. Si è autoproclamata “la fazione dell’opposizione armata di più grande successo (militare)”. Ufficialmente considerata “organizzazione terroristica” è apertamente sostenuta dalle petromonarchie del Golfo e dall’imperialismo occidentale attraverso invio di finanziamenti/armi alle fazioni dell’ELS/FSA con cui collabora. Dispone di missili TOW ATGM, alcuni dei quali ottenuti dopo aver sconfitto gruppi islamici avversari. Fig.35 14 Jabhat Ansar al-Din (Fig.36) è una alleanza jihadista di origine saudita neutrale rispetto al conflitto alNusra/ISIS. Non belligeranti con alNusra. Alwiyat al-Furqan (Fig.37) è un gruppo ribelle indipendente che partecipa alla guerra contro il governo siriano principalmente nella zona di Damasco, Quneitra e Daraa. Fino al 2014, erano il gruppo islamico più numeroso a combattere nel sud della Siria. Sono stati equipaggiati di missili TOW dagli USA attraverso il Military Operations Center (MOC) con sede ad Amman (Giordania), lo stesso MOC che rifornisce di armi il Southern Front dell’ELS/FSA. Muhajirin wa-Ansar Alliance (Fig.38) è una alleanza di gruppi salafiti attivi nell’aggressione imperialista alla Siria. Tra le molte milizie che coordina ricordiamo: Jund al-Aqsa (Fig.39a), Liwaa al-Umma (gruppo fondato da Mahdi al-Harati, già attivo nella guerra contro la Libia15; Fig.39b) e Liwa al-Haqq (Fig.39c). Fig.36 Fig.37 Fig.38 Fig.39 15 «Il combattente libico-irlandese si dimette da deputato capo del Consiglio militare di Tripoli», The Irish Times, 11 ottobre 2011. 15 Abbiamo scelto di pubblicare (Fig.40) una lettera di congratulazioni inviata da alcune fazioni dell’ELS/FSA (che riconoscerete tra quelle descritte) al Partito per la Giustizia e lo Sviluppo turco (AKP) di Erdogan, in occasione della recente vittoria nelle elezioni politiche in Turchia. Dovrebbero, a questo punto, apparire palesi le affinità ideologiche e le convergenze logistiche che legano una consistente parte dell’opposizione armata in Siria alla Fratellanza Musulmana turca. A proposito di sinergie e “scambi di favori”, ricordiamo anche le congratulazioni inviate, sempre dalle fila dell’opposizione siriana, a Netanyahu per la sua vittoria in marzo 2015 alle elezioni della Knesset, il parlamento israeliano16. Fig.40 16 http://www.albawaba.com/news/syrian-rebels-congratulate-netanyahu-election-victory-671478 16 Alcuni attenti osservatori delle dinamiche mediorientali affermano che, in seguito ad un accordo tra Erdogan e il re saudita Salman (marzo 2015), risulterebbero superate le precedenti distanze tattiche al fine di imporre nel nord Siria un «nuovo» soggetto belligerante dall’evocativo nome di Jaish al-Fatah (Esercito della Conquista; Fig.41). Tale esercito, risultato dell’unione traversale di diverse fazioni17 (Fig.42), dalla FM ad al-Nusra, avrebbe come obiettivo quello di combattere contemporaneamente curdi ed EAS/SAA, rinvigorire la FM turca rispetto la qatariota, rappresentare gli interessi di casa Saud nel contesto della pericolosa avanzata di ISIS. E’ questa è solo l’ultima forma assunta ufficialmente dall’opposizione siriana in ordine cronologico. Fig.41 Fig.42 – Composizione di Jaysh al-Fatah (tratta da: cartercenter.org) 17 http://www.eastjournal.net/archives/60849 http://www.dailymail.co.uk/wires/afp/article3058816/Army-Conquest-rebel-alliance-pressuresSyria-regime.html 17 Stato Islamico - al-Dawla alIslamiyya (Fig.43), comunemente chiamato Islamic State of Iraq and al-Sham (ISIS o Da’esh). Sono confluite nello Stato islamico diverse anime: principalmente quella fuoriuscita da al-Qaeda (e che poi ha ingaggiato in Siria una lotta con al-Nusra) e quella che proviene dalla Resistenza irachena dei tempi di Saddam Hussein (Ba’ath iracheno ed altre formazioni sunnite). Se in un primo momento ISIS ha stretto alleanze tattiche con diversi gruppi ribelli in Siria, all’inizio del 2014 la maggior parte di quest’ultimi ha dichiarato guerra al Califfato. Nel giugno del 2014, ISIS prende possesso di Raqqah (che diventa un pò la sua base operativa), Deir ezZor e la parte meridionale della regione di Hasakah. Prima dei bombardamenti russi e delle recenti controffensive curde, ISIS era arrivato a controllare circa un terzo della Siria e dell’Iraq. In combattimenti ad Homs e Qalamoun, ISIS ha catturato missili TOW ATGM. Lo Stato Islamico, la cui reale forza militare parrebbe essere sovrastimata, ha rivendicato, negli ultimi mesi del 2015, diversi attentati terroristici: abbattimento di un aereo russo nei cieli del Sinai, attentato a Beirut in un quartiere controllato da Hezbollah e la strage di Parigi del 13/11/2015 (Fig.44). Fig.43 Fig.44 18 Il sostegno imperialista all’opposizione siriana Secondo documenti statunitensi18, «fin dall’inizio del conflitto in Siria, un numero sempre crescente di fazioni dell’opposizione siriana ha ricevuto finanziamenti ed armi da diverse fonti». Esistono report pubblici che provano l’invio di armi, leggere e pesanti, da parte di Arabia Saudita e Qatar, sin dalla prima metà del 201219. Tuttavia, la rivalità tra Qatar e casa Saud ben presto ha alimentato due distinte anime dell’opposizione siriana, con il risultato che alcune potenze straniere (e relativi interessi) non si sentivano sufficientemente rappresentate nel conflitto siriano. Inizia così una corsa al «finanziamento privato» che renderà soddisfatte un po’ tutte le fazioni in guerra (ora anche ISIS). Gli USA certo non sono rimasti a guardare e, se in un primo momento dicono di aver sostenuto gli sforzi saudi-qatarioti, fornendo i famosi «aiuti non-letali», nel giugno 201320, spediscono ufficialmente i primi “aiuti letali” verso l’opposizione «armata» siriana. Con l’avanzata dell’ISIS, l’amministrazione Obama chiede al Congresso 500 milioni di dollari da investire in armamenti da consegnare sul campo e nell’addestramento diretto di uomini in Giordania e Turchia (tramite la CIA). Tre sono gli armamenti consegnati all’opposizione siriana che gli hanno consentito di confrontarsi con l’Esercito Arabo Siriano e le altre fazioni loro antagoniste: il lanciamissili RAK-12, i missili telecomandati anti-carro HJ-8 e i missili anti-carro TOW (Fig.45). 18 https://www.cartercenter.org/resources/pdfs/peace /conflict_resolution/syria-conflict/NationwideUpdateSept-18-2014.pdf 19 http://world.time.com/2012/09/18/syrias-secularand-islamist-rebels-who-are-the-saudis-and-theqataris-arming/ 20 http://www.bloomberg.com/news/articles/2013-0614/u-s-backs-syrian-rebel-military-aid-as-chemicalsused Fig.45 19 In questa semina di armamenti pesanti, un salto di qualità è stato impresso, dall’amministrazione USA, dal momento in cui si è deciso di utilizzare speciali strutture militari chiamate Military Operations Centers (MOCs)21, presenti in Giordania (MOC sud) ed in Turchia (MOC nord). Qui di seguito i documenti del Dipartimento di Stato USA dove vengono indicate le fazioni dell’ELS/FSA che hanno ricevuto armamenti pesanti dalle strutture sopraindicate (Fig.46, 47). Fig.46 (tratta da cartercenter.org) Fig.47 (tratta da: cartercenter.org) 21 http://www.bloomberg.com/news/articles/2013-0614/u-s-backs-syrian-rebel-military-aid-as-chemicalsused http://www.npr.org/sections/parallels/2014/04/23/30 6233248/cia-is-quietly-ramping-up-aid-to-syrianrebels-sources-say https://www.reddit.com/r/syriancivilwar/comments/3 tsanx/syrian_civil_war_atgm_weekly_111515112115/ 20 All’inizio del 2015, durante la ritirata dell’EAS/SAA dalle città di Idlib e Jisr al-Shougur, Jaish alFatah, in collaborazione con le milizie armate e finanziate dal MOC del nord (ELS/FSA), scalza le forze «governative». Durante quest'offensiva, le forze jihadiste fanno un larghissimo uso di missili anticarro, fra i quali i famigerati BGM71-TOW fabbricati negli Stati Uniti d'America. Le autorità statunitensi, venute a conoscenza dell'uso di missili TOW da parte di al-Nusra22 (ed altre fazioni jihadiste) negli attacchi attorno Idlib, interrompono temporaneamente il flusso di armi e cambiano strategia, decidendo di metter su una nuova milizia di ribelli siriani sulla quale avere pieno controllo. Nell'aprile 2015, il Senato statunitense stanzia 600 milioni di dollari per un piano che prevede l'addestramento di 15.400 ribelli siriani in 3 anni (circa 5.000 l'anno), per avere sul terreno una forza militare in grado di eseguire i propri ordini diretti in operazioni contro il governo siriano ed eventualmente contro lo Stato Islamico23. Il nome di questa milizia è Divisione 30 (Fig.48) e verrà assortita in Turchia, per passare la frontiera solo dopo due mesi di addestramento intensivo. Degli iniziali 1500 candidati, passeranno la frontiera (il 12 luglio 2015) appena 54 miliziani armati di fucili d'assalto M16, alla guida di 30 pickup dotati di mitragliatrici pesanti ed annunciati da un bombardamento aereo che spiana loro la strada fino alla città di Azaz (Fig.49). L'epilogo è però impietoso: questo gruppo non fa in tempo ad allestire una base operativa che viene assalito da una squadriglia di al-Nusra, con un bilancio catastrofico. Fig.48 Fig.49 22 http://www.almasdarnews.com/article/al-qaedamilitants-utilize-u-s-made-tow-missiles-in-idlib/ 23 http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/09/17/siriavertici-militari-usa-spesi-500-milioni-per-addestrare-5miliziani-anti-is/2043995/ 21 Le operazioni di addestramento proseguono, nonostante i fallimenti, nell'imbarazzo tangibile dei vertici della Difesa americana (Ashton Baldwin, Segretario della Difesa, e Lloyd J. Austin, comandante del Comando Militare Americano che sovrintende alle operazioni in Siria e Iraq). Il 22 settembre, passano così la frontiera altri 75 miliziani addestrati dalle forze USA, ma questa seconda impresa, se possibile, finisce anche peggio della precedente quando, incrociato il primo drappello di alNusra, i soldati della Divisione 30 cedono loro metà delle armi e dei mezzi, dichiarando ai jihadisti di aver partecipato al programma statunitense “solo per potersi accaparrare le dotazioni militari24”. Dopo l’ennesima disfatta, il programma viene chiuso e viene revocato il comando al Gen. Austin (che poi è lo stesso dell'accordo anti-PKK con la Turchia per l'utilizzo della base aerea di Inchirlik). Gli Stati Uniti, a questo punto, decidono di dirottare tutti i loro fondi verso delle forze più indipendenti ma sicuramente anche più efficaci sul campo. Considerata la “buona propensione al coordinamento con l'aviazione USA”, le Unità di Protezione Popolare curde (YPG) si candidano per una relazione privilegiata con la Coalizione Internazionale a conduzione statunitense25. Le forze YPG, durante l'offensiva di Tal Abijad, hanno intanto stretto un patto di collaborazione con alcune milizie tribali arabe ed un paio di brigate ex ELS/FSA (Fig.50). Fig.50 24 https://www.rt.com/news/316247-us-syrian-rebelssurrender-nusra/ 25 http://www.aljazeera.com/indepth/opinion/2015/06 /ypg-america-friend-isil-kurds-syria150627073034776.html 22 Tuttavia, in seguito all’intervento diretto russo, avviene l’ennesimo cambio di strategia da parte degli USA che, da una parte, hanno rilanciato con vigore la fornitura di missili anticarro alle milizie jihadiste (500 in arrivo solamente in ottobre 2015), dall'altra hanno spinto alla formalizzazione dell'alleanza fra forze curde dello YPG (75.000 unità circa), il Consiglio Militare Siriaco (approssimativamente 500 unità), il gruppo tribale al-Sanadeed (la cui forza militare conta 9.500 uomini), la brigata al-Jazeera, il gruppo Jaish al-Thuwar ed il battaglione Burkal el-Fyrat (in due circa 4000 unità), tutti sotto la sigla delle Forze Democratiche Siriane (SDF; Fig.51). Guardando i numeri e la composizione delle SDF26, appare ovvio come queste non siano nulla di nuovo rispetto alle YPG (dato che le compongono per più dell’80%) e che non siamo quindi di fronte ad una vera alleanza dei reduci dell’ELS/FSA con le forze curde. Non includiamo quindi le forze curde-siriane (YPG) nella descrizione dell’”opposizione armata siriana”. Rimane tuttavia aperta, come già sottolineato, la questione del sostegno imperialista alla lotta del popolo curdo siriano 26 http://www.cartercenter.org/peace/conflict_resoluti on/syria-conflict-resolution.html http://aranews.net/2015/11/syrian-democraticforces-official-we-fight-isis-in-coordination-with-u-sled-coalition-no-contact-with-russia/ contro l’ISIS e per l’ipotetica unità ed indipendenza di tutta la regione del c.d. Kurdistan siriano (Rojava). Questo è vero soprattutto se si pensa alla palese doppiezza dell’amministrazione americana che, comunque vada, dovrà tradire le aspettative o della Turchia, membro NATO e partner della Coalizione Internazionale antiISIS, o dei rappresentanti del partito curdo-siriano dell’Unione Democratica (PYD)27. Consideriamo poi lo storico sostegno USA ai peshmerga curdiiracheni28 legati al Kurdistan Regional Government (KRG) di Barzani e il c.d. Wright plan29 che consiste nello smembramento degli Stati di Siria ed Iraq a favore di entità confessionali, quali Sunnistan, Kurdistan, Schiitestan e Alawitestan. Fig.51 27 http://www.reuters.com/article/2015/10/28/usmideast-crisis-turkey-kurdsidUSKCN0SM2V620151028 28 http://www.nrttv.com/EN/Details.aspx?Jimare=4075 29 https://uprootedpalestinians.wordpress.com/2015/0 5/16/the-wright-plan-remodelling-the-middle-eastfor-israel/ http://www.nytimes.com/2013/09/29/opinion/sunda y/imagining-a-remapped-middle-east.html 23 Rivoluzione o aggressione imperialista? Di fatto, si fatica a riconoscere una presenza laica, progressista, marxista e/o rivoluzionaria nell’opposizione siriana, un campo dove sono stati sperimentati i rapporti di forza tra diverse cordate reazionarie arabe (FM vs Arabia Saudita vs ISIS), tutte opportunamente armate ed aizzate le une contro le altre dall’imperialismo occidentale. Una guerra settaria predetta, già nel 2007, dal leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah30. Le belle speranze dei sostenitori occidentali della «rivoluzione siriana» (nonostante la palese realtà dei fatti) sono ancorate alla presunta esistenza di micro-sette, assolutamente invisibili, di orientamento socialista rivoluzionario (come il Revolutionary Left Current in Syria-RLC; Fig.52). A ben vedere poi, queste organizzazioni dal lessico marxisteggiante sono composte da “tecnici occidentali”, come nel caso del PhD student di Losanna (Svizzera) Joseph Daher31 (Fig.53). Simili personaggi possono contare su di una fitta rete di bloggers ed attivisti che producono artigianalmente e diffondono una sistematica disinformazione in tutto il mondo su tematiche serie come la guerra imperialista, la causa palestinese, la solidarietà internazionale, ecc… Questo “network della menzogna” (tecnicamente chiamato soft power) ha esponenti anche qui in Italia che, puntualmente, usufruiscono di quegli spazi/canali negati invece alle organizzazioni antimperialiste di sinistra32. Fig.53 Fig.52 31 30 «Il cambio di rotta», The New Yorker, 5 marzo 2007. https://www.opendemocracy.net/author/josephdaher 32 http://www.rproject.it/?p=3238 24 Prendiamo ora in considerazione un altro “punto di riferimento” dei sostenitori occidentali della «rivoluzione siriana». Chiunque si occupi di seguire sui social network le vicende siriane si sarà imbattuto nella pagina del gruppo Kafranbel Media Center (KMC), che produce un’incessante propaganda antiregime apertamente filo-USA. L’attività principale del centro consiste nel mettere in scena piccole “proteste” che, ogni venerdì, coinvolgono massimo 3040 persone, rigorosamente fotografate e pubblicizzate su internet. Fin qui tutto nella norma, al netto di alcune bizzarre pratiche di questi “manifestanti professionisti”, tra cui l’abitudine di rivolgersi direttamente in inglese ai leaders occidentali (tra cui Obama, accusato Fig.54 di non essere “audace” quando l’ex Presidente Bush; Fig.54) o a personaggi del cinema hollywoodiano («Agelina Jolie hai il cuore di un angelo»). Il KMC è stato fondato nel 2011 da Raed Fares, uomo di Washington ed intimo di Ed Royce, Presidente della Commissione Affari Esteri della Casa Bianca, con l’intento di rappresentare “una voce democratica, laica e secolarista nell’opposizione siriana”. Tuttavia, dopo il presunto sequestro dello stesso Fares da parte di al-Nusra, l’ispiratore del KMC cambia radicalmente idea sul fondamentalismo islamico (alNusra, Ahrar al-Sham e Jaysh alFatah; Fig.55), mettendo in grande imbarazzo tutti i suoi sostenitori occidentali. Un altro pezzo della «rivoluzione» che viene meno. Fig.55 25 Il caso dei curdi-siriani Nella crisi siriana, un caso particolare è rappresentato dalle forze curde del c.d. Rojava, le Unità di Protezione Popolare (YPG; Fig.56), alle quali, se va riconosciuto un ruolo progressivo nel marasma descritto, va anche sanzionata una eccessiva leggerezza nel legarsi all’imperialismo occidentale33 e ai suoi mercenari. Fig.56 A tal proposito, utile ascoltare le dichiarazioni del FPLP palestinese e di diverse organizzazioni rivoluzionarie turche34. Tuttavia, le organizzazioni curde legate al partito PYD (PKK nel nord della Siria) godono, in questo momento, di un grande sostegno da parte dell’opinione pubblica occidentale che, soprattutto dopo la nascita delle SDF, è riuscito parzialmente a “rinnovare l’immaginario connesso all’opposizione armata siriana”. Del resto, i sostenitori della “rivoluzione siriana” non si fanno scrupoli nello strumentalizzare la causa curda, come quella palestinese. I curdi in Siria stringono alleanze con fazioni anche in guerra tra loro: se nella provincia NE di Hasaka e a Qamishli stanno al fianco dell’EAS/SAA contro l’ISIS, altrove hanno accettato di collaborare con battaglioni dell’ex ELS. Comunque, tra milizie YPG e gruppi affiliati all’ELS/FSA, non si sono fatte attendere accuse reciproche: nel luglio di quest’anno, 15 tra i più importanti gruppi dell’ELS/FSA, tra cui Ahrar alSham e Jaish al-Islam, accusano lo YPG/PYD di una “pulizia etnica ai danni di arabi e turcomanni nel nord della Siria” (Fig.57). 33 «Curdi siriani si uniscono all’assalto», The Jerusalem Post, 6 settembre 2011. 34 http://pflp.ps/english/2014/10/13/pflp-calls-forunified-revolutionary-front-of-solidarity-with-thestruggle-of-the-people-of-kobane-against-isis/ http://kanafani.it/?p=947 http://www.sinistra.ch/?p=3694 Fig.57 26 Le Forze Armate Siriane Le Forze Armate Siriane (FAS/SAF; Fig.58) sono le forze militari della Repubblica Araba Siriana e sono costituite dall’Esercito Arabo Siriano (EAS/SAA; Fig59a), dalla Marina Araba Siriana (MAS/SAN; Fig.59b) e dalle Forze Aeree Siriane (FAS/SAAF; Fig.59c). Fig.58 abbiamo descritto come “l’internazionalizzazione” della guerra per procura. Le FAS si sono quindi trovate in grossa difficoltà nell’esercizio del controllo e della repressione nei confronti dell’opposizione armata: gli stessi quadri militari siriani sono rimasti “sorpresi dalla ferocia e dalla brutalità dei ribelli”. Le FAS comprendevano (fino al 2014) circa 325 mila uomini in servizio attivo e 314 mila riservisti (oltre a circa 108 mila paramilitari legati al partito Ba’ath). Fig.59 Se la dirigenza è quasi interamente nelle mani della minoranza alawuita e dei capi dei tre gruppi di clan facenti capo ad Assad (alAssad, Salis e Maluf), la maggior parte delle unità provengono dalla popolazione a maggioranza sunnita e, quindi, dal servizio di leva obbligatorio. Nel tempo, gli sforzi delle FAS si sono concentrati principalmente nel fronteggiare la minaccia israeliana; a questa più di recente si è sommata l’aggressività turca, fino ad arrivare a quella che 27 E’ facile intuire che le defezioni enfatizzate dall’ELS/FSA siano in realtà renitenze da parte dei sunniti provenienti da alcune unità territoriali. L’Esercito Arabo Siriano (EAS) costituisce circa l’80% di tutte le forze armate; la Marina ha solo 4 mila effettivi; l’Aeronautica circa 40 mila. Gli armamenti a disposizione delle FAS sono per lo più di origine sovietica; la Russia è ancora oggi il primo fornitore di armi: dal 2011 al 2014 Damasco ha acquistato armamenti per 1 miliardo di dollari. Per fare un confronto, l’Arabia Saudita, che abbiamo visto in prima linea nel sostegno all’opposizione siriana, ha speso nel solo 2013 circa 60 miliardi di dollari nel settore militare35. Delle forze governative fanno parte anche gli addetti dell’Ufficio della Sicurezza Nazionale diretto da Ali Mamluk, che coordina tutte le agenzie d’intelligence. Le Forze Nazionali di Difesa (FND/NDF; Fig.60) nascono, durante l’estate del 2012, come una branca dell’esercito regolare siriano (EAS/SAA). Le FND sono sotto il controllo e la supervisione dell’EAS/SAA, ma agiscono in modo diffuso nei territori e sono formate in larga parte da volontari provenienti dai Comitati Popolari. Sorti spontaneamente come gruppi di vigilanza popolare nei quartieri con forte presenza cristiana, drusa, alawuita e sciita, queste milizie includono un consistente numero di sunniti. Le Kataib al-Ba’ath (legate alla difesa del partito Baath; Fig.61) sono costituite quasi interamente da sunniti e rappresentano la terza grande armata regolare delle forze cosiddette «governative». Fig.60 Fig.61 35 http://24o.it/links/?uri=http://www.iiss.org/en/publi cations/military%20balance/issues/the-militarybalance-2014-7e2c&from= 28 Le formazioni paramilitari alleate Vi sono una serie di formazioni paramilitari, milizie costituite da guerriglieri e volontari, che combattono al fianco del governo siriano e a difesa dell’unità territoriale della Repubblica Araba Siriana. Tali formazioni hanno un’ispirazione ideologica laico-secolarista: si va dal panarabismo, al nazionalismo arabo, al socialismo baathista, fino al marxismo-leninismo: al-Sa'iqa (Fig.62) è una fazione politica e militare formata da baathisti palestinesi facente parte dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP). Defense Companies (Fig.63a) è una forza paramilitare sotto il comando di Rifaat al-Assad, lo zio dell’attuale Presidente Bashar. Il simbolo riprende quello delle Guardie Repubblicane (Fig.63b), una divisione meccanizzata dell’EAS/SAA. Esistono altre élite legate all’esercito come Suqur al-Sahara. Palestine Liberation Army (Fig.64) è uno dei rami militari dell’OLP che tuttavia non è mai stata sotto il suo effettivo controllo. Storicamente vicini al Governo siriano. Fig.62 Fig.63 Fig.64 29 Arab Nationalist Guard (Fig.65) è una milizia di combattenti volontari che operano in Siria. Si ispirano al nazionalismo arabo, in netto antagonismo rispetto qualsiasi settarismo, etnicismo o fondamentalismo religioso. Vi partecipano nazionalisti provenienti da tutto il mondo arabo. Syrian Resistance (Fig.66) è un gruppo armato che opera nella regione NW della Siria, di ispirazione marxista-leninista. Fig.65 Fig.66 Liwa Dir’ al-Sahel (Fig.67) è una fazione armata attiva nella provincia di Latakia. Fig.67 Jaysh al-Tahrir al-Falastini (Fig.68) è un gruppo legato all’Esercito di Liberazione della Palestina. Nusur al-Zawba’a (Fig.69) porta nel logo il simbolo del partito a cui è legato, il partito Socialista Nazionale Siriano (SSNP), dall’ideologia molto distante dal baathismo e con un’importante componente cristiana al proprio interno. Katibat al-Jabal (Fig.70) è una divisione delle FDN/NDF nella provincia di Latakia che agisce soprattutto in difesa della popolazione civile rispetto gli attacchi jihadisti e dei cosiddetti “ribelli”. Fig.68 Fig.69 Fig.70 30 Jaysh al-Muwahhideen (Fig.71) è un gruppo druso che combatte principalmente nelle regioni di Suwayda, Deraa e Damasco. Dir' al-Watan (Fig.72) è la più recente tra le fazioni druse ad essere sorta nella provincia di Suwayda. Liwa Suqur al-Quneitra (Fig.73) comprende diverse milizie che combattono a sostegno del governo nella regione di Quneitra. Liwa al-Quds (Fig.74) è un gruppo armato di palestinesi siriani, quindi sunniti, pro-Ba’ath che provengono dal campo profughi di al-Nayrab; opera ad Aleppo in supporto all’EAS/SAA. Fronte Popolare di Liberazione della Palestina-Comando Generale (PFLPGC; Fig.75), scissione del PFLP marxista, gruppo palestinese storicamente alleato del Ba’ath siriano. Fatah al-Intifada (Fig.76; il simbolo è quello di Fatah) è una fazione militante palestinese (ma non esclusivamente) che si è separata dal Movimento di Liberazione Nazionale “Fatah” e non fa parte dell’OLP. Sootoro o Gozarto Protection Forces (Fig.77) è una milizia cristiana composta da siriaci ed armeni siriani che opera esclusivamente nella zona di Qamishli. Sono considerati un gruppo fuoriuscito dal Partito dell’Unione Siriaca, affiliato invece all’SDF. Fig.71 Fig.72 Fig.73 Fig.74 Fig.75 Fig.76 Fig.77 31 Le milizie sciite a difesa della Siria Hezbollah (Fig.78) è un gruppo sciita militante (ma con all’interno anche brigate cristiane e diversi membri sunniti) e partito patriottico antisionista con base in Libano. Per le vittorie riportate nella guerra siriana (es. Kuwayris36 e sud di Aleppo), Hezbollah viene colpita direttamente dal terrorismo dell’ISIS nel campo palestinese di Burj Barajne (periferia di Beirut) dove perdono la vita 40 persone37. Fig.78 Fig.79 Liwa Abu al-Fadl al-Abbas (Fig.79) è un gruppo sciita formato per la maggior parte da siriani che difendono la popolazione civile attorno ai siti di maggiore valore religioso. Asa'ib Ahl al-Haq (Fig.80a) è un gruppo paramilitare di sciiti iracheni che operano sotto il controllo dell’Esercito iraniano dei Guardiani della Rivoluzione Islamica (Fig.80b), appartenenti alle Forze Rivoluzionarie Iraniane, al cui interno troviamo anche le forze afgane al-Haydareyeen. Fig.80a Fig.80b 36 http://www.almasdarnews.com/article/sayyednasrallah-kuwayris-victory-is-a-major-achievement/ 37 https://www.facebook.com/almayadeen/videos/131 8260781532801/?__mref=message_bubble 32 Kata'ib Hezbollah (Fig.81) è un gruppo paramilitare sciita iracheno attivo fin dallo scoppio dell’invasione statunitense dell’Iraq. Badr Organization (Fig.82a) è un partito politico iracheno molto legato alle Forze di Mobilitazione Popolare (Fig.82b), attive in Iraq e Siria contro l’ISIS. Sayyid of Martyrs Battalions (Fig.83) è una milizia sciita irachena che difende i luoghi santi e ha stretti rapporti con la Badr Organization. Harakat Hezbollah al-Nujaba (HHN; Fig.83) è una formazione paramilitare sciita irachena, sotto assistenza iraniana (Quds Force), che ha combattuto nella zona di Aleppo e recentemente (11 novembre 2015) ha condotto una vittoriosa operazione a Latakia. Fig.81 Fig.82 Fig.83 Fig.84 33 Altre organizzazioni per l’unità della Siria Partito Comunista Libanese –PCL(Fig.85) in guerra contro ISIS e alNusra nella valle delle Beqaa38. Partito Comunista Siriano– Unificato (Fig.86) nato da una scissione del Partito Comunista Siriano e, seppur all’opposizione rispetto al partito Ba’ath prima del 2011, schierato apertamente per la difesa dell’unità dello Stato siriano39. Fig.85 Fig.86 38 http://www.aljazeera.com/news/2015/09/lebanesecommunist-fighters-gear-battle-isil150919100740425.html 39 https://www.youtube.com/watch?v=Jew1K-to5rU 34 Le organizzazioni palestinesi e la loro posizione Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP; Fig.87) è un’organizzazione-ombrello fondata nel 1964, riconosciuta a partire dal 1974 dalla Lega Araba come unico legittimo rappresentante del Popolo palestinese. Sin dal principio non ha espresso una chiara e netta posizione sugli eventi in Siria; questo può essere in parte ricondotto alla natura istituzionale dell'organizzazione che riunisce tutte le fazioni e i partiti laici palestinesi. In generale, l'OLP non si è spinta molto al di là dell'invitare le forze palestinesi a non prendere parte ai combattimenti in Siria e al mantenere una posizione di neutralità, sebbene le fazioni e i partiti appartenenti all'OLP abbiano rilasciato, singolarmente, comunicati e dichiarazioni sulla crisi siriana. Fig.87 Di seguito il posizionamento di ogni partito: Movimento di Liberazione Nazionale Palestinese -Fatah- (Fig.88) è la principale forza politica all'interno dell'Organizzazione per la Liberazione della Palestina, in termini numerici, e primo partito dell'Autorità Nazionale Palestinese (ANP). In un primo momento, esprime critiche ed attacca il governo della Repubblica Araba di Siria ma ha successivamente evitato di confermare tale posizione. Questo, molto probabilmente, è dettato dalle pessime relazioni politiche tra la Siria e Fatah sin dal periodo della Guerra Civile Libanese, per la precisione dal 1982 (data dell'invasione del Libano da parte Fig.88 35 dell'esercito sionista). I rapporti diplomatici tra Fatah e le autorità siriane sono stati riallacciati a partire da maggio 2015, dopo una visita di Abbas Zaki, membro del Comitato Centrale di Fatah, a Damasco40. Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina -FPLP- (Fig.89), rappresenta la seconda forza all'interno dell'OLP in termini numerici, nonché principale partito della sinistra palestinese. A partire dai primi tentativi “arrendisti” nei confronti dell'entità sionista, intrapresi da parte della corrente “arafatiana” di Fatah e dal Fronte Democratico per la Liberazione della Palestina (FDLP), il FPLP ha trovato in Damasco (e Baghdad) un valido alleato che appoggiasse il cosiddetto “Fronte del Rifiuto41”. Sempre a Damasco è presente la sede del FPLP sin dall'uscita delle forze palestinesi da Beirut dopo l'invasione del 1982. Il FPLP ha condannato in più occasioni l'aggressione imperialista alla Siria. Fronte Democratico per la Liberazione della Palestina -FDLP- (Fig.90) nasce come scissione del FPLP nel 1969, è considerato la seconda forza politica della sinistra palestinese in termini numerici. Ha sin dall'inizio condannato l'aggressione imperialista a cui viene sottoposta la Siria. In un comunicato Fig.89 Fig.90 40 Agenzia Stampa Araba Siriana – SANA, 30 maggio 2015. 41 Il Fronte del Rifiuto –FdR- , per esteso Fronte della Forze Palestinesi Contro le Soluzioni Arrendiste, rifiutava la soluzione dei “Due Stati” ed il “Programma dei Dieci Punti”. Era formato da FPLP, FPLP-CG, FLP, FLA, FLPP ed altri gruppi minori. 36 rilasciato il 24/02/2012, definisce i miliziani anti-governativi “forze appoggiate dall'occidente e da settori della reazione araba”. Partito del Popolo Palestinese -PPP(Fig.91) è l'ex-Partito Comunista che, con la caduta del Blocco Orientale, è stato rinominato Partito del Popolo ed ha “rimandato la priorità della lotta di classe in Palestina, dando precedenza alla lotta di liberazione nazionale”. Il PPP ha, tramite dichiarazioni di Hanna 'Amire, membro del suo Ufficio Politico, condannato l'aggressione alla Siria e dichiarato che il presunto uso di armi chimiche in Siria è stata una mera menzogna propagandistica, non diversa da quella delle “armi chimiche irachene”. Unione Democratica Palestinese -FIDA(Fig.92) è nata nel 1990 come scissione del FDLP e rappresenta la corrente più “social-democratica” tra le organizzazioni della sinistra palestinese. Assieme a Fatah, è parte dell'Autorità Nazionale Palestinese (ANP) . FIDA ha condannato l'aggressione alla Siria con un comunicato di Mohammad Badwan, membro del Comitato Centrale, pubblicato su Ma'an News in data 10 settembre 2013. Fig.91 Fig.92 Fig.93 Fronte di Liberazione Palestinese -FLP(Fig.93) viene fondato inizialmente da Ahmad Jibril nel 1959. Nel 1967 si fonde col Movimento dei Nazionalisti Arabi e la Gioventù della Vendetta, formando il FPLP. Nel 1968, Ahmad Jibril porta avanti una scissione del FPLP che andrà a formare il FPLP-CG. Nel 1977 una parte del FPLP-CG si sgancia per 37 riformare il Fronte di Liberazione Palestinese. Questo ha, in più occasioni, espresso la sua condanna all'attacco portato avanti ai danni della Siria. In un incontro tra il FLP e AMAL (Movimento dei Diseredati) tenutosi il 30 agosto 2013, il FLP rilasciò un comunicato titolato “L'aggressione alla Siria prende di mira tutta la Nazione Araba”. Fronte di Liberazione Arabo -FLA(Fig.94) è una fazione palestinese da sempre referente del Partito Ba'ath iracheno, sin dall'inizio della crisi siriana ha mantenuto una posizione poco chiara. Questo è riconducibile alle storiche divergenze tra la dirigenza del Ba'ath siriano e quella del Ba'ath iracheno. Tuttavia, il FLA si è espresso durante le celebrazioni del suo 46° anniversario, tenutesi nel campo profughi di alRashidiyye il 12 aprile 2015, con la voce di Ahmad Fahed Abu Ibrahim, Segretario del FLA a Sidone: “l'aggressione imperialista alla Siria va condannata come quella allo Yemen e alla Libia”. Fig.94 Fig.95 Fronte Arabo Palestinese -FAP- (Fig.95) nasce nel 1993 da una scissione del Fronte di Liberazione Arabo. Mentre il FLA ha condannato e boicottato gli Accordi di Oslo, la corrente che si è scissa ed è andata a formare il FAP appoggiava la linea politica di Arafat. In un comunicato rilasciato il 28/08/13, il FAP e la sua organizzazione giovanile, la Gioventù d'Avanguardia, hanno definito gli eventi una “campagna imperialista contro il Popolo siriano”, ed hanno invitato tutte le organizzazioni 38 palestinesi a far fronte in modo unitario al tentativo di distruzione della sovranità della Siria. Alleanza delle Forze Nazionali Palestinesi -AFNP- è un'alleanza venutasi a formare all'interno del campo profughi palestinese al-Yarmouk e costituita da due partiti politici palestinesi appartenenti all'OLP e da Fatah al-Intifada e il FPLP – CG, il cui ruolo all'interno dell'OLP resta incerto. Qui di seguito la loro posizione: Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina -Comando Generale -FPLP CG- (Fig.96) viene a formarsi da una scissione del 1968 del FPLP guidata da Ahmad Jibril, ex-leader del FLP. Questo partito è sempre stato filo-siriano, anche nel periodo della Guerra Civile Libanese (si scontrò a Tripoli con le forze filoArafat nel 1983 durante la contrapposizione Siria-Fatah). Il braccio armato del FPLP – CG, conosciuto con il nome di Brigate del Martire Jihad Jibril, combatte sin dagli inizi della crisi contro le milizie della c.d. opposizione siriana. Fig.96 Fig.97 Fronte di Lotta Popolare Palestinese FLPP- (Fig.97) viene fondato nel 1967 da una scissione del FPLP guidata da Bahjat Abu Gharbiya. Inizialmente mantiene una linea politica molto vicina a Fatah ma poi, con il “Programma dei Dieci Punti”, si unisce al Fronte del Rifiuto (FdR). Nel 1991, accetta la Risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite 242 e torna a far parte dell'OLP. I combattenti del FLPP prendono parte attiva agli scontri contro le forze 39 della c.d. opposizione siriana nei campi profughi palestinesi in Siria, all'interno dell'Alleanza delle Forze Nazionali Palestinesi (AFNP). Movimento di Liberazione Nazionale Palestinese -Fatah al-Intifada- (Fig.98) nasce nel 1983 da una scissione di Fatah di tendenza più socialista e viene sostenuto dalla Siria contro la linea politica “arafatiana” tesa al raggiungimento di una trattativa con l'entità sionista. Fatah al-Intifada ha mantenuto lo stesso simbolo e lo stesso nome di Fatah e si riconosce come “legittimo erede del Movimento”. I militanti di Fatah al-Intifada prendono parte attiva ai combattimenti contro la c.d. opposizione siriana nei campi profughi palestinesi in Siria, in special modo nel campo al-Yarmouk. Partito delle Avanguardie di Guerra Popolare -Forze al-Sa'iqa- (Fig.99) è considerato il partito dei ba'athisti palestinesi filo-siriani. Nasce infatti a seguito del Nono Congresso Nazionale del Partito della Rinascita Araba Socialista (Ba'ath) che ha stabilito l'adozione della “guerra di popolo” contro l'entità sionista. Le Forze al-Saiqa prendono parte attiva all'interno dell'Alleanza delle Forze Nazionali Palestinesi nel combattere contro i miliziani della c.d. opposizione siriana nei campi profughi palestinesi in Siria. Fig.98 Fig.99 Fig.100 Partito Comunista Palestinese – Rivoluzionario -PCP – R- (Fig.100) viene fondato il 22 novembre 1981 e si considera il legittimo portatore dell'eredità dello storico Partito Comunista Palestinese. 40 Con un comunicato rilasciato il 29 novembre 2011, il partito definisce gli eventi in Siria un “complotto statunitense, sionista e reazionario”, sottolineando la piena fiducia sul fatto che “la Siria Araba, con al fianco il suo glorioso Popolo, la sua saggia dirigenza, con la presa di posizione delle forze di lotta e resistenza, con i Popoli arabi, con le forze onorevoli e lottatrici, le forze della giustizia e del bene nel mondo, riuscirà a superare questo attacco”. Partito Comunista Palestinese –PCP(Fig.101) fondato nel 1919 e poi rifondato nel febbraio 1982 sotto spinta del Partito Comunista Giordano. Durante il secondo congresso tenutosi a fine 1990, una corrente si stacca formando il Partito del Popolo Palestinese (PPP), mentre un piccolo gruppo anti-riformista e anti-revisionista decide di mantenere il nome e la linea politica dello storico PCP. In un comunicato rilasciato dal Comitato Centrale del Partito il 14 dicembre 2012, il partito constata che “...riguardo agli accadimenti in Siria, il Partito crede che la Siria e il suo Popolo siano vittima della più grande aggressione imperialista, spietata e diretta dalla reazione araba e regionale, con alla testa il Qatar, l'Arabia Saudita e la Turchia che partecipano al finanziamento e all'invio di terroristi in Siria con lo scopo di abbattere lo stato siriano e di dividere la Siria in linea con la teoria del “Caos Creativo” statunitense che mira alla creazione di piccole entità su base etnica e religiosa...”. Fig.101 41 Organizzazioni islamiche palestinesi: Le organizzazioni dell'Islam politico in Palestina non fanno parte dell'Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP), in quanto esse, al contrario delle fazioni progressiste che hanno come obiettivo lo stabilimento di uno Stato laico, mirano come fine ultimo, una volta terminata la fase di liberazione nazionale, all’edificazione di uno Stato dalle connotazioni religiose. Di seguito, le posizioni delle principali forze islamiste palestinesi: Movimento di Resistenza Islamica Hamas- (Fig.102) considerata la sezione palestinese della Fratellanza Musulmana (FM), ufficialmente è stato fondato nel 1987 ed ha avuto fino a prima della crisi siriana ottime relazioni con la Repubblica Islamica dell'Iran, Hezbollah e la Repubblica Araba di Siria. Basti pensare che, dopo la cacciata di Hamas dalla Giordania, la Siria è stata l'unico paese disposto ad ospitarne la sede e la dirigenza (a Damasco). Con lo scoppio della crisi siriana, Hamas ha iniziato ad appoggiare apertamente l'Esercito Libero Siriano (ELS/FSA) e i settori della Fratellanza Musulmanaa siriana. Molti sostengono che vi sia una spaccatura all'interno dell'Ufficio Politico riguardo alla questione siriana, in quanto Mahmoud al-Zahhar, da sempre vicino alle posizioni iraniane, sarebbe considerato filo-governativo, mentre Khaled Mesha'al, e la sua corrente, appoggerebbero la partecipazione al conflitto contro le autorità siriane. Fig.102 42 Purtroppo non vi sono comunicati a riguardo, essendo Hamas un movimento che mantiene la capacità di muoversi come “entità unica”, al di là delle contraddizioni interne. Ufficialmente, Hamas nega di combattere contro le autorità siriane, ma sta di fatto che tutti i suoi membri nel campo profughi alYarmouk a Damasco hanno preso parte ai combattimenti fianco a fianco dell’ELS/FSA sotto la sigla di Aknaf Beit al-Maqdes –ABM- (Fig.103). ABM è un gruppo formatosi agli inizi della crisi siriana e composto da militanti di Hamas residenti nel campo profughi alYarmouk (e nei quartieri limitrofi). A partire dal dicembre 2012, ha combattuto al fianco delle forze del c.d. ELS/FSA contro il FPLP – CG e l'Esercito Arabo Siriano (EAS/SAA). Hamas non ha mai rivendicato questi combattenti, senza tuttavia negarne l'affiliazione. A partire dal 19 aprile 2015, con l'ingresso del cosiddetto “Stato Islamico”(ISIS) nel campo di al-Yarmouk, costretto tra due fuochi, il gruppo si è arreso alle forze “lealiste” ed i suoi miliziani sono confluiti nelle formazioni antiopposizione. Fig.103 Fig.104 Movimento del Jihad Islamico in Palestina -MJIP- (Fig.104) è stato fondato a fine anni settanta da Fathi alShiqaqi e da altri esponenti palestinesi della Fratellanza Musulmana (FM). Ha sempre mantenuto una linea politica vicina a quella iraniana e di Hezbollah. In un comunicato rilasciato il 29 agosto 2013, ha dichiarato la sua condanna all'aggressione alla Siria, sottolineando che “stando alla nostra Fede, non accettiamo 43 aiuto dall'imperialista occidentale contro i figli della nostra Patria e Nazione, qualunque possano essere le condizioni”. Comitati di Resistenza Popolare -CRP(Fig.105), fondati nel 2000 da membri fuoriusciti da Fatah e dalle Brigate dei Martiri di al-Aqsa, hanno sempre mantenuto stretti rapporti con Hezbollah e la Siria. In un'intervista pubblicata il 10 settembre 2013 sul giornale al-Akhbar, Abu Mujahed, il portavoce ufficiale dei Comitati ha dichiarato “dobbiamo aspettarci il peggio dal nemico: è evidente che vi sia uno stretto legame tra il piano d'aggressione statunitense alla Siria e i piani dell'occupante sionista di metter fine alla resistenza nella Striscia di Gaza”. I CRP hanno più volte condannato l'aggressione imperialista alla Siria. Altre formazioni palestinesi nonpartitiche: Fig.105 Fig.106 Vi sono inoltre una serie di formazioni palestinesi, che non sono formalmente partiti o organizzazioni tradizionali, formate comunque da palestinesi che combattono in Siria. Tra queste: Esercito al-Quds; l’Esercito di Liberazione della Palestina -ELP, la Brigata al-Quds -BaQ(Fig.106, b, c) e i Comitati Popolari Palestinesi. 44 La strumentalizzazione della sinistra palestinese Si continua a speculare sulla posizione della sinistra palestinese rispetto l’aggressione imperialista alla Siria, anche in virtù di quell’immaginario, tipicamente occidentale e politicamente corretto, che vorrebbe i palestinesi (tutti, sempre) dalla «parte giusta». Allora vogliamo ricordare, a scanso di equivoci, che il popolo palestinese è stato cacciato dalla propria terra nel 1948 (e poi nel ‘67 ed ancora un po’ tutti i giorni) e che la Resistenza contro l’invasore sionista ha conosciuto nel tempo, come ovvio, una sua evoluzione (che a più di qualcuno procura, per così dire, un certo smarrimento). La storia della Resistenza palestinese vede nel «campo profughi» (all’interno ed all’esterno dei territori occupati) un centro propulsivo, un laboratorio dove studiare, teorizzare e praticare quelle forme di lotta che mirano al «ritorno». Non è un caso che tutte le avventure imperialiste in Medio Oriente abbiano avuto come obiettivo (secondario?) la cacciata dei palestinesi dai campi profughi della diaspora42. Così è stato in Iraq, così in Libano, così in Libia, così in Siria. Pensiamo che basti questo per intuire la posizione della sinistra palestinese rispetto all’aggressione imperialista alla Repubblica Araba Siriana ma, se non bastasse, sono disponibili una grande quantità di dichiarazioni ufficiali delle principali organizzazioni della sinistra rivoluzionaria palestinese (Fig.107; FPLP in testa43). Fig.107 – Manifestazione a Gaza del FDLP e FPLP 42 http://www.ondarossa.info/newstrasmissioni/sullarr esto-khalida-jarrar-e-sul-campo-yarmouk 43 http://kanafani.it/?p=411 http://kanafani.it/?p=406 45 La disinformazione sviluppatasi sul ruolo dei campi profughi palestinesi all’interno della «crisi siriana» e, in particolare, la strumentalizzazione di quanto accaduto nel quartiere damasceno di Yarmouk, un ex-campo profughi palestinese fondato nel 1957 (Fig.108), ci costringe a dedicargli un piccolo spazio in questo approfondimento. Proprio a Yarmouk, infatti, quell’incapacità nel saper/voler distinguere fra le diverse fazioni armate coinvolte negli scontri o fra i diversi interessi politici dei partiti palestinesi, ha facilitato la diffusione di una narrazione distorta degli avvenimenti, nella quale la popolazione civile palestinese è stata, alternativamente, compatita come «vittima del regime siriano» o accusata di essere «collaborazionista» dello stesso. Il campo di Yarmouk (Damasco) è definito ancora oggi «la capitale della diaspora» o anche «la capitale della Resistenza palestinese». Fin dall’inizio della sua storia, questo campo profughi infatti si candida a divenire una patria d’adozione per quei palestinesi reduci della pulizia etnica; qui per loro sarà possibile (grazie ad una Legge siriana risalente al 1956) autodeterminarsi ed autogestirsi attraverso le proprie organizzazioni e i propri rappresentanti. Da un confronto anche superficiale della situazione dei profughi palestinesi in Siria rispetto a quella negli altri Paesi arabi, si vedrebbero immediatamente molte tragiche differenze, basti pensare alle condizioni ancora oggi vigenti nel vicino Libano (situazione in cui la stessa UNRWA denuncia: «…una diffidenza ed una totale assenza di Fig.108 46 collaborazione, perlomeno dal 1967»). La volontà di trascinare i palestinesi di Yarmouk nella guerra contro la Siria e la conseguente cancellazione del campo profughi sono crimini contro la stessa causa palestinese, indissolubilmente legata al «diritto al ritorno». Degli oltre 160 mila palestinesi censiti nel campo prima dell’occupazione da parte delle milizie anti-siriane, si stima siano rimasti meno di 18.000 individui, quasi tutti combattenti. La volontà da parte palestinese di rimanere neutrali, sostenuta e promossa con forza fino all’ultimo, è stata un estremo tentativo di non essere coinvolti nel conflitto contro lo Stato siriano, per evitare quindi la trasformazione di Yarmouk in un campo di battaglia occupato da assassini. E’ banale dimostrare come Yarmouk non sia mai stato un obiettivo militare per l’Esercito Arabo Siriano (EAS/SAA) che, al contrario, ha sempre avallato la scelta palestinese di continuare in autonomia la gestione del campo. Tuttavia, la vicinanza con il centro di Damasco e, soprattutto, l’invadente presenza delle milizie ribelli dell’ELS/FSA (provenienti da aree limitrofe) hanno costretto gli abitanti del campo alla fatale scelta di fuggire o difendersi (Fig.109). Fin dal 16 dicembre 2012, complici alcuni gruppi interni (legati alla Fratellanza Musulmana palestinese), il campo è stato occupato da una galassia di gruppi armati fondamentalisti ai quali, dal primo aprile 2015, si è aggiunto l’ISIS. Fig.109 47 L’intervento russo e quello francese in Siria Nei primi giorni di ottobre (2015), la Russia entra pesantemente nello scenario siriano con un intervento militare diretto. Precedentemente, Mosca si era limitata a fornire armi e mezzi militari, compresa una decina di aerei di epoca sovietica, fra Mig29 e Mig31, dispiegando la sua aviazione a sostegno dell'Esercito Arabo Siriano (EAS/SAA) e delle forze alleate. Proviamo ad inquadrare politicamente ed economicamente questo nuovo intervento ed a quantificarne l'effettiva portata. Anche se in periodo di crisi, la Russia sta investendo 84 miliardi l’anno in spese militari, per un peso sul prodotto interno lordo annuale pari al 3,7%. A quanto sostiene l’emittente araba al-Mayadeen44, la Russia si sarebbe vista forzare la mano non solo dalla pericolosa scia di sconfitte dell'esercito siriano nei primi 6 mesi del 2015, ma anche dall’accordo USA- Turchia sulla creazione di una no-fly-zone nel nord della Siria, accompagnata da un pesante intervento (boots on the ground) dell’esercito turco al fine di creare una “zona cuscinetto" lungo il confine. Stiamo parlando dello stesso accordo con il quale gli USA hanno ottenuto l’utilizzo della base aerea di Inchirlik e il governo turco “mano libera” per l’annientamento dei militanti curdi del PKK (oltre ad altre organizzazioni rivoluzionarie comuniste turche). Questa “zona cuscinetto” sarebbe stata, nei piani della Turchia, sottoposta all’amministrazione dei dirigenti della Coalizione Nazionale Siriana (CNS)45, con le fazioni armate dell’ELS/FSA (in coordinamento con il MOC del Nord) nel ruolo di controllori. L’intervento russo di ottobre, quindi, avrebbe preso la NATO in contropiede, occupando i cieli siriani con la propria aviazione e superando senza fatica alcuni piccoli incidenti, come l’invasione dello spazio aereo turco da parte di un Su30, l’agganciamento da parte dell'antiaerea siriana di F16 turchi ed una serie di presunti fronteggiamenti fra Mig29 e F16 turchi. Per finanziare quest’impresa militare, la Russia starebbe attingendo ad un fondo d’emergenza di 60 miliardi, accumulati nel periodo di “vacche 44 http://espanol.almayadeen.net/news/external_news -e_DISd5zaEKKu6UpAGKCGg/the-financial-times– rusia-abort%C3%B3-creaci%C3%B3n-de-zona-deexclus 45 http://aranews.net/2015/08/president-of-syrianinterim-government-we-will-run-a-safe-zone-free-ofisis-nusra-and-pyd/ 48 grasse” fra il 2001 ed il 2013, durante il quale il prezzo degli idrocarburi è schizzato alle stelle46. Risulta ovvio l’ineliminabile fattore di rischio sotteso a queste “scommesse russe” che, in caso di scenari negativi, costringerebbero Mosca ad un lento logoramento una volta esauriti i fondi d’emergenza. In Siria è impiegata la 76° divisione d’assalto aviotrasportata di Pskov, i reparti congiunti della 15° Brigata di Samara, nonché unità speciali cecene che hanno già prestato servizio nelle forze speciali “Ovest” ed “Est” del GRU (Comando dei Servizi Segreti Militari). Il giornale Novoja Gazeta47 sottolinea che la divisione aviotrasportata di Pskov è una delle “più pronte ai combattimenti dell’esercito russo”. I suoi ufficiali, sottufficiali e soldati hanno preso parte alle operazioni di mantenimento della pace in Kosovo nel 1999-2001, a entrambe le guerre in Cecenia (1994-1996 e 19992007) e alla guerra contro la Georgia dell’agosto 2008. Dal 2004, la 1° Divisione dell’esercito russo è 46 http://www.aljazeera.com/programmes/countingth ecost/2015/10/russia-economy-war-syria151003113105759.html 47 http://times.altervista.org/russia-reparti-pronti-perla-guerra-in-siria/ http://nvo.ng.ru/nvo/2012-0606/1_siria.html composta di soli professionisti. Per quanto riguarda i soldati ceceni, come ricorda il quotidiano, furono introdotti nel 2006-2007 dall’allora Ministro della Difesa Sergei Lavrov, portando a termine con successo missioni di pace in Libano e distinguendosi nelle operazioni di guerra contro la Georgia in Ossezia del Sud nell’agosto del 2008. Il personale militare sbarcato in Siria non dovrebbe (almeno ufficialmente) essere direttamente impiegato in operazioni sul campo, ma sarebbe al servizio delle missioni di guerra aerea e nello spionaggio elettromagnetico48, mediante due aerei spia Ilyushin-20 e 9 mezzi corazzati di terra MT-LB, dotati di sistemi di guerra elettronica Borisoglebsk 2. Le operazioni aeree russe sono svolte da circa 60 velivoli fra aerei ed elicotteri49 di stanza a Latakia, in sostegno all’offensiva dell'Esercito Arabo Siriano (EAS/SAA), non esclusivamente contro ISIS, ma in qualunque scenario di guerra l'EAS abbia bisogno di supporto aereo 48 http://www.debka.com/article/24976/Russiaoverrides-Middle-East-cyber-waves 49 http://times.altervista.org/russia-reparti-pronti-perla-guerra-in-siria/ 49 aggiuntivo. L’intervento militare russo in Siria avrebbe portato nell’arco di un mese e mezzo alla distruzione di circa il 60% delle postazioni strategiche dell’ISIS e di Jabhat al-Nusra. Gli elicotteri dispiegati in Siria dall'aviazione russa sono circa 26, tra questi i pesanti e corazzati (ma non facilmente manovrabili) Mi24 (Fig.110), usati per la prima volta in Afghanistan negli anni '80 ed i multiruolo Mi8 ed Mi17, impiegabili sia per operazioni offensive che per il trasporto di truppe, fino ad una trentina di uomini circa. La flotta aerea si compone anche di 34 caccia fra cui 12 Sukhoi Su24M e 12 Su25, cacciabombardieri pesanti, più o meno equivalenti agli F15 statunitensi. Sono stati dispiegati anche 4 Su34 (Fig.111), modello entrato in ruolo solamente nel 2014 e che quindi sta venendo testato in un'operazione di guerra per la prima volta, come anche le bombe a guida satellitare che equipaggia. Un altro aspetto importante dell'intervento russo in Siria è quindi la possibilità di sfruttamento commerciale della guerra da parte delle industrie belliche di Mosca, per mostrare ai propri partner commerciali le alte prestazioni sul campo degli apparecchi russi (ricordiamo ad esempio che la Cina ha appena concluso un accordo per l'acquisto di 24 Sukhoi Su-3550, ed altri accordi di questo genere potrebbero seguire). Fig.110 Fig.111 Oltre ai bombardieri nell'aeroporto di Latakia, sono di stanza anche 6 caccia da superiorità aerea Su30, che, assieme al dispiegamento del 50 https://www.rt.com/news/322659-china-russiasu35-deal/ 50 sistema antiaereo Pantsir S1 con 64 missili S300, sono evidentemente atti ad impedire la messa in piedi della tanto decantata no-fly-zone da parte della Turchia e ad assicurare alla Russia il pieno controllo dei cieli del Nord-Ovest della Siria (la zona di Latakia, Idlib ed Aleppo). Una discussione a parte andrebbe dedicata ai bombardamenti della marina russa di stanza nel Mar Caspio tramite missili da crociera SS-N-30A Kalibr verso obiettivi siriani situati fra i 1000 ed i 2000 km di distanza51. In una guerra in cui non ci sono grandi infrastrutture da colpire, infatti, l'uso di tali ordigni risulta quantomeno fuori misura. Utilizzando armi, come i bombardieri dell'epoca della guerra fredda Tupolev Tu95MS e Tu16052 (Fig.112), la Russia in Siria sta quindi flettendo i muscoli di fronte la comunità internazionale. Non scordiamo il tragico evento dell'abbattimento dell'aereo turistico russo sopra il Sinai, rivendicato dallo Stato Islamico. Queste azioni, nello scenario siriano, non vogliono infatti solamente mostrare la capacità di 51 http://www.aljazeera.com/news/2015/10/analysisrussia-flexing-missiles-syria-151007184604543.html 52 http://sputniknews.com/military/20151119/103036 9215/russia-strategic-bomber-tu160-tu95-a321.html rappresaglia della Russia, ma anche essere il crocevia di un processo finalizzato alla sua riabilitazione, come importante partner politico, e questo principalmente agli occhi di quelle nazioni europee con le quali i rapporti si sono enormemente complicati a seguito della guerra in Ucraina. Fig.112 Tuttavia, per non banalizzare queste nostre considerazioni sull’intervento russo in Siria, va detto che nel novero degli obiettivi perseguiti da Mosca vanno inseriti anche elementi di tipo ideologico. In Russia c’è una comunità musulmana di 25 milioni di persone con le quali l’amministrazione Putin sta tentando di mantenere, al netto di qualche oggettiva difficoltà, un canale di dialogo aperto: la più grande moschea d’Europa è stata recentemente (settembre 2015) inaugurata proprio 51 a Mosca. I russi, impegnati anche sul fronte “occidentale” dell’Ucraina, dimostrano di aver ben compreso il cui prodest di un fondamentalismo islamico alleato degli Stati Uniti d’America. C’è infatti grande preoccupazione per quei 2.000 individui con passaporto russo che si sono arruolati tra le fila del Califfato e per le, potenzialmente catastrofiche, sinergie tra certi sentimenti antirussi (diffusi dalla NATO in gran parte dell’Europa dell’est) e il jihadismo sunnita made in USA, che alcune fonti descrivono già come esistenti ed operative53. Abbiamo fin qui avuto modo di analizzare gli interessi dei diversi attori regionali ed internazionali che si intersecano nel paese levantino. Questo quadro non sarebbe però completo senza un cenno al ruolo della Francia all'interno del conflitto Siriano, ruolo che è divenuto centrale dopo l'assalto al cuore di Parigi da parte di miliziani dell’ISIS provenienti dal vicino Belgio. Dal 2011, la Francia ha inaugurato una nuova fase di interventismo militare nei territori delle sue ex 53 http://www.nytimes.com/2015/07/08/world/europe /islamic-battalions-stocked-with-chechens-aidukraine-in-war-with-rebels.html?_r=0 colonie (ma non solo), organizzando, coordinando e sostenendo con la propria aviazione l'attacco alla Libia54 ed intervenendo poi nel Sahel. Numerose indicazioni suggeriscono che gli apparati militari francesi siano stati molto attivi anche nel formare ed armare gruppi di combattenti siriani già dai primi anni di conflitto55. Negli ultimi quattro anni, la Francia è stata sicuramente una delle nazioni europee che maggiormente ha spinto per un regime change in Siria a favore della CNS; a questo proposito, indicativo il fatto che il vessillo scelto per l’ipotetica Siria post-Assad sia stata proprio la bandiera del mandato coloniale francese sul Paese arabo. Il calcolo politico francese, che voleva il tiranno Bashar al-Assad abbattuto in breve tempo (magari con una bella esecuzione senza processo, come nei casi di Ceaucescu, Saddam, Gheddafi…) e l'apertura di un tavolo di trattativa fra i vincitori per la definizione del nuovo corso, è stato tuttavia disturbato dalla nascita, nel luglio 2014, dell'entità statale di 54 http://www.almonitor.com/pulse/originals/2015/06/libya-gadhafifrench-spies-rebels-support.html# http://www.almonitor.com/pulse/originals/2015/06/libya-gadhafifrench-spies-rebels-support.html# 55 http://www.voltairenet.org/La-guerre-secrete-de-laFrance http://www.voltairenet.org/article189275.html#nb11 https://www.rt.com/news/256085-hollande-armssyrian-rebels/ 52 ISIS/Daesh. La Francia, quindi, è costretta a coordinarsi con gli Stati Uniti iniziando, a partire dal 19 settembre dello stesso anno, una campagna di bombardamenti contro ISIS in Iraq con 6 Mirage 2000 (di stanza in Giordania; Fig.113), 6 Rafale ed 1 aereo da pattugliamento Atlantique 2 (posizionati negli Emirati Arabi). Le missioni, però, non vengono estese al territorio siriano poiché, come hanno avuto a dire numerosi esponenti del governo francese, “bombardare l’ISIS in Siria avrebbe significato aiutare indirettamente il governo siriano”. Fig.113 La situazione cambia il 27 settembre 2015, quando Hollande dichiara unilateralmente la volontà di ampliare il raggio dei bombardamenti aerei anche al territorio levantino, contro “tutto ciò che minacci la Francia56”. Molte possono essere state le considerazioni che hanno spinto il governo transalpino alla decisione dell’intervento diretto. Di certo ha pesato il fatto che, a seguito delle sconfitte nei primi 6 mesi del 2015 (Idlib, Jisr al-Shougur e Palmira), il “perimetro d'azione delle forze lealiste” si sia ridotto permettendo così “il bombardamento di ISIS senza chance di fornire aiuti indiretti all’Esercito Arabo Siriano”. In quest’ottica, l'intervento russo ha avuto la capacità, come abbiamo visto, di ribaltare la situazione, ponendo in essere lo scenario futuro di un tavolo di trattative post-bellico con Assad (o comunque il governo confermato dalla popolazione) ancora in carica. A questo punto la Francia ha iniziato a far pesare sul “tavolo” qualche tonnellata di bombe sganciate sul nemico pubblico internazionale ISIS, seppur in preda alla crescente apprensione57 per la formazione di cellule fondamentaliste islamiche costituite di cittadini francesi ed, eventualmente, in grado di importare la guerra in patria. Abbiamo potuto tristemente 56 http://www.lemonde.fr/procheorient/article/2015/09/18/jean-yves-le-drian-il-existedes-centres-de-formation-des-combattants-etrangersen-syrie_4762295_3218.html 57 http://www.lemonde.fr/lesdecodeurs/article/2015/09/27/5-questions-sur-lesfrappes-francaises-en-syrie_4773838_4355770.html 53 constatare, dalle stragi parigine del 13 novembre 2015, come questo calcolo non fosse campato in aria e come lo slogan “le vostre guerre, i nostri morti” riassuma bene l’attuale situazione (Fig.114). La Francia, a seguito degli attentati di Parigi, ha intensificato il suo impegno militare, con la mobilitazione della sua nave ammiraglia, aggiungendo alla flotta i 26 jet imbarcati sulla Charles de Gaulle (18 Rafale e 8 Super Étendard)58. Tutto questo comporterà delle spese aggiuntive per lo stato transalpino di circa un miliardo di euro che il governo di Hollande ha annunciato saranno stanziati attraverso misure di deficit, in violazione del patto di stabilità europeo. Questa accelerazione ha portato anche all'inedita collaborazione militare franco-russa, attraverso attacchi coordinati di aviazione e marina dei due paesi ed un'ampia collaborazione di intelligence. Resta da capire a che tipo di accordi politici sul campo siriano porterà questa temporanea convergenza di obiettivi, dato che fino a pochi mesi prima le due cordate (Friends of Syria Group e Russia-Cina-Iran) avevano prospettive apparentemente inconciliabili sul futuro della Siria. Fig.114 58 http://www.internazionale.it/notizie/2015/11/18/sir ia-bombardamenti-russia-francia-raqqa 54 Una bussola funzionante in una realtà mutevole A questo punto dell’aggressione imperialista alla Siria, con le notizie dei bombardamenti francesi su Raqqa e le recenti prese di posizione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, confermiamo quanto suggerito nella parte introduttiva al presente lavoro: la reale linea di demarcazione tra le forze in campo e gli schieramenti passa attraverso la difesa dell’integrità politica e territoriale della Repubblica Araba Siriana. Molte organizzazioni della sinistra marxista e rivoluzionaria araba, turca, persiana, bolivariana, europea (…), alle quali non può essere certamente imputato un sostegno “tradizionale” (o “genetico”) a favore del partito Ba’ath siriano e/o alla famiglia Assad, non a caso hanno rimodulato le loro posizioni a seguito dello scoppio della “guerra per procura” nel 2011. Esempio più emblematico di quanto appena detto sono proprio le organizzazioni e i partiti comunisti siriani che, vittime di una pesante limitazione delle libertà personali e politiche fin dai tempi di Hafez al-Assad, con ancora molti militanti nelle patrie galere (o in esilio) durante l’amministrazione del figlio Bashar, non hanno mai tentennato di fronte alla prioritaria necessità di resistere all’invasione imperialista. Tale comportamento è, nel migliore dei casi, incomprensibile per una sinistra occidentale oramai (con pochissime eccezioni) totalmente assuefatta alla maledizione del Male Minore, incapace di descrivere la realtà attraverso categorie politiche (alle quali vengono preferite di gran lunga quelle di estrazione etico-morale) e sconfitta da tempo sul terreno dell’egemonia culturale. I comunisti schierati con il popolo curdo, con quello palestinese e dalla parte di qualsiasi popolo che resiste all’imperialismo (compresi quelli dimenticati: siriani, libanesi, yemeniti, libici, iracheni, ecc...) si domandano con preoccupazione che tipo di solidarietà potrà mai esprimere questa sinistra (a-comunista) capace solo di provare empatia proporzionalmente a quanto di sé stessa riconosce nell’altro. Non parliamo di organizzazioni di classe, ma di gruppi che potremmo definire di opinione (o di consumo specializzato), gruppi di “intellettuali” che ancora non riescono a cogliere i legami esistenti tra le manifestazioni secondarie della guerra imperialista (i “flussi migratori” o il “terrorismo”) e quello stesso imperialismo di cui i governi europei rimangono affidabili esecutori. Tale tendenza si manifesta pericolosamente anche nell’atto di dimenticare, se non addirittura negare, l’esistenza stessa di forme e modelli di lotta non “affini” allo standard imposto dall’immaginario collettivo. 55 Quest’ultimo del resto appare sempre più fatalmente condizionato dalla propaganda borghese ed imperialista, alla quale va riconosciuta la schiacciante vittoria di averci traghettato, in poche decine di anni, dall’internazionalismo e la lotta di classe, all’attuale attivismo di orientamento liberal-democratico. Tra i casi più eclatanti di “esclusione e gerarchizzazione delle forme di lotta”, c’è sicuramente quello della Resistenza libanese, per ben due volte vittoriosa sull’entità sionista, la cui esistenza viene semplicemente ignorata. Anche i compagni turchi di diverse organizzazioni comuniste e rivoluzionarie, ai quali il governo Erdogan ha dichiarato guerra, sono rimasti vittime di questa “solidarietà selettiva” rimanendo, sostanzialmente, sconosciuti ai movimenti “antagonisti” europei. La Resistenza palestinese stessa, che vanta una lunga storia di relazioni politiche fuori il mondo arabo (e quindi una gloriosa memoria di lotta internazionalista al fianco di compagni e compagne di mezzo mondo), deve fare i conti con tale dinamica ogni qual volta valica, inconsapevolmente, quei confini invisibili che delimitano i nostri “corretti” valori occidentali di “pace, libertà, democrazia, progresso e-perché nolaicità” (la sentite la Marsigliese in sottofondo?). Per altri versi, siamo invece al cospetto di una malattia in uno stadio più avanzato, una sorta di “campismo rovesciato”: se l’alleanza tra forze patriottiche, marxiste, nazionaliste e religiose per la difesa della Repubblica Araba Siriana viene condannata senza appello come un crimine (una “contaminazione da contatto con elementi reazionari”), l’alleanza tra la realtà “eletta” a rappresentare i nostri comuni valori occidentali di sinistra e l’imperialismo USA è giudicata (orribile dictu) con leggerezza, quando non orgogliosamente rivendicata (magari in nome di una realpolitik che però non si è capito bene in quali occasioni sia lecito invocare). In ogni caso, non si tratta di determinare un “bene” ed un “male”, magari invertendo la polarità a seconda della tendenza o della pressione esercitata dagli opinion leaders di turno. Quello che serve è un cambio di paradigma, di metodo: l’inchiesta, l’analisi di classe, la costruzione di rapporti onesti tra organizzazioni rivoluzionarie ed antimperialiste sono (perché la compongono) la bussola che ci permette di non smarrire definitivamente, in questa grande confusione, la nostra “parte” e di rimanere lucidi dinanzi al “compito” che ci spetta, come comunisti ed internazionalisti, nel nostro presente. 56 22/11/2015 Approfondimento a cura del Comitato del Martire Ghassan Kanafani Contatti: kanafani.it [email protected] 57