la scala di Bristol

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la scala di Bristol
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05-11-2011
14:31 Leggere al gabinetto. Fa bene alla salute?
redazione
Dai confini dell'Universo ai sex-club, nessun luogo sfugge alla scienza. I gabinetti
non fanno eccezione. Li' dove il re e' convinto di essere solo, i ricercatori gli fanno
compagnia. I numerosi aspetti delle abitudini defecatorie sono stati analizzati per
determinare il loro impatto su problemi sanitari come costipazione o emorroidi. Ma
una di queste abitudini ha per lungo tempo sofferto di un deficit di attenzione da
parte del mondo scientifico: leggere al gabinetto.
Un piccolo dibattito, nel 1989, si era sviluppato sulle colonne della prestigiosa
rivista medica The Lancet. Un articolo accusava la lettura perche' condizionava lo
sforzo per evacuare. L'intelletto non deve interferire con le necessita' fisiche
primarie: non bisogna leggere a tavola, al gabinetto, facendo l'amore o giocando a
pallone. Un altro articolo sosteneva il contrario.
Uno studio israeliano del 2009 pubblicato sulla rivista Neurogastroenterology &
Motility ha voluto andare a fondo. Un'équipe di sei medici ha inviato un
questionario ad un campione rappresentativo della popolazione israeliana di 500
adulti. Vi si domandava se leggevano al gabinetto, i tempi che passavano sul
water, quante volte lo facevano, il vigore delle loro sedute, le condizioni del loro
ano, una descrizione delle loro feci grazie alla famosa scala di Bristol dove
vengono dati dei punteggi da 1 a 7 rispetto al tipo di produzione fecale.
Il risultato di questa indagine un po' particolare e'... di estrema banalita'. La meta'
del campione considera il gabinetto come un luogo di lettura. Mediametne si tratta
di un uomo piuttosto giovane, diplomato e non-religioso. Al contrario, le donne, le
persone di una certa eta', gli agricoltori, gli operai e i religiosi ferventi sono meno
inclini alla lettura in questo luogo. Ma potrebbe solo essere una banale differenza
delle abitudini di lettura degli uni rispetto agli altri. Insomma: “leggere al gabinetto
fa bene alla salute?”, lo studio risponde: “ne' si' ne' no”. Un po' meno stitichezza
per i lettori, ma un po' più di emorroidi. Niente di significativo per gli autori che
hanno ipotizzato che la lettura abbia effetti rilassanti, per trattare la costipazione
con Proust o Joyce.
Ma hanno dovuto concludere che un libro o un giornale non ha in quel contesto
delle virtu' terapeutiche ma serve unicamente a passare il tempo. Hanno
confermato cio' che pensava Lord Chesterfield che, nelle Lettere ai suoi figli,
scriveva: “un uomo era cosi' attento all'economia dei propri tempi che non voleva
perdere quei piccoli spazi in cui la natura lo obbligava ad aprire e cercare nel
guardaroba; impegnava tutti quei momenti per ripassarsi i poeti latini. Comprava,
per esempio, un'edizione economica di Orazio, da cui strappava alcune pagine e
se le portava con se' in quel luogo (ndr gabinetto), cominciava a leggerle e poi le
usava per pulirsi (...) Era tutto tempo guadagnato; vi raccomando con forza di
seguire questo esempio. Questa occupazione è il meglio di cui, in quei momenti,
non possiamo assolutamente fare a meno”.
Grazie per essere arrivati alla fine di questa cronaca escatologico-letteraria. Non
dimenticate di tirare la catena.
(articolo di Pierre Barthélémy, pubblicato su Le Monde del 05/11/2011)
1
Bristol stool scale
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Le informazioni qui riportate hanno solo un fine illustrativo: non costituiscono e non
provengono da prescrizione né da consiglio medico. Wikipedia non dà consigli medici:
leggi le avvertenze.
La Bristol Stool Scale o Bristol Stool Chart o Scala delle feci di Bristol è uno strumento
medico diagnostico, usato sia in ambito clinico[1] che sperimentale[2][3], creato allo scopo di
classificare in categorie la forma e consistenza delle feci umane; la scala prevede sette
categorie distinte.
Nel Regno Unito viene talvolta anche chiamata "Scala di Meyers". Sviluppata in Inghilterra da
Heaton e Lewis dell'University Department of Medicine, Bristol Royal Infirmary, fu proposta dagli
autori come strumento di valutazione clinica in una pubblicazione del 1997 sulla rivista
Scandinavian Journal of Gastroenterology[4], dopo che un precedente studio prospettico,
condotto nel 1992 su un campione di popolazione (838 uomini e 1059 donne), aveva
evidenziato una inaspettata prevalenza di disturbi della defecazione legati a forma e tipologia
delle feci.[5]
La forma e la consistenza delle feci dipendono dal tempo di permanenza delle stesse nel colon
con buona correlazione statistica.[4][5]
Interpretazione della scala
I sette tipi di feci sono:
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Tipo 1: Grumi duri separati tra loro, come noci/nocciole (difficili da espellere); dette
anche:feci caprine.
Tipo 2: A forma di salsiccia, ma formata da grumi uniti tra loro.
Tipo 3: Come un salame, ma con crepe sulla sua superficie.
Tipo 4: Come una salsiccia o un serpente, liscia e morbida.
2
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•
•
Tipo 5: Pezzi separati morbidi con bordi come tagliati/spezzati; chiara (facile da
evacuare).
Tipo 6: Pezzi soffici/flocculari con bordi frastagliati, feci pastose.
Tipo 7: Acquosa, nessun pezzo solido. Completamente liquida.
I Tipi 1 e 2 sono espressione di stipsi; i Tipi 3 e 4 rappresentano la forma/consistenza ideale, in
particolare il tipo 4, in quanto sono i più facili da defecare. I Tipi 5 e 6 sono progressivamente
tendenti alla diarrea, che è manifesta nel Tipo 7.
Nello studio iniziale è interessante notare come, nella popolazione esaminata con questa scala,
le feci di tipo 1 e 2 fossero prevalenti nella popolazione femminile, mentre le feci di tipo 5 e 6
erano prevalenti negli uomini; inoltre, l'80% dei soggetti che riferivano tenesmo (urgenza a
defecare) avevano feci di tipo 7. Questi e altri dati hanno permesso di validare la scala così
come proposta.[6]
La scala di Bristol, inoltre, è molto sensibile ai cambiamenti dei tempi di transito intestinale
provocato dai farmaci, come l'antidiarroico loperamide o dalla senna, sostanza ad effetto
lassativo.[7]
Versioni
La stessa scala è validata anche in una versione in lingua spagnola,[8][9] ed inoltre è stata di
recente studiata e validata una versione adattata alla pediatria.[10]
Utilizzi studiati
Nel 2007, presso la Mayo Clinic College of Medicine di Rochester (USA), è stata condotta una
originale ricerca epidemiologica, su una popolazione di 4196 persone risedenti in una cittadina
selezionata, Olmsted County (Minnesota), a cui era chiesto di compilare un questionario basato
sulla Bristol Stool Scale.[11] I risultati della ricerca indicano che circa 1 persona su 5 presenta un
transito rallentato (feci di tipo 1 e 2), mentre 1 su 12 presenta un transito accelerato (feci di tipo
5 e 6). Inoltre, la natura delle feci è influenzata dall'età, dal sesso, dal BMI, dalla colecistectomia
e da eventuali componenti psicosomatiche (somatizzazione); al contrario, non sono emerse
influenze derivanti da fattori come il fumo, l'alcool, lo stato civile, il livello di istruzione, una storia
di appendicectomia o di familiarità a malattie gastrointestinali, né l'uso di contraccettivi orali.
Ricerche condotte sulla sindrome dell'intestino irritabile (IBD) negli anni 2000[12][13],
sull'incontinenza fecale[14][15][9][16] e sulle complicanze gastroenteriche dell'HIV[17] si sono servite
della Scala di Bristol come strumento diagnostico di facile utilizzo; anche in ricerche che si sono
protratte per 77 mesi.[18]
Va inoltre sottolineato che questa è attualmente l'unica scala di valutazione delle feci che sia
raccomandata dal gruppo di consenso (consensus goup) del Kaiser Permanente Medical Care
Program, San Diego, California per la raccolta dei dati sulla malattia intestinale funzionale o
FBD.[19]
In uno studio è stata utilizzata anche per titolare più finemente la dose di un farmaco
(colestiramina) in soggetti con diarrea e incontinenza fecale.[20]
In un RCT[21] si è usata la scala per studiare la risposta a due lassativi: Macrogol (glicole
polietilenico) versus il Psyllum (Ispaghula Husk) su 126 pazienti maschi e femmine per un
periodo di 2 settimane di trattamento; riuscendo a dimostrare la più rapida risposta e la
maggiore efficacia del primo sul secondo. Nello studio venivano misurati come outcome primari:
il numero defecazioni settimanali, la consistenza delle feci secondo i tipi della Bristol Stool cale,
il tempo di defecazione, l'efficacia complessiva, la difficoltà nel defecare e la consistenza delle
feci.
Note
3
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Bibliografia
4
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