FONDAMENTI DI PROGETTAZIONE MECCANICA

Transcript

FONDAMENTI DI PROGETTAZIONE MECCANICA
Politecnico di Milano
Facoltà del Design
Anno Accademico 2009/2010
FONDAMENTI DI PROGETTAZIONE MECCANICA
(Prof. F. Fossati)
AZIONI DI CONTATTO
1. CONCETTI GENERALI SULL’ATTRITO
Ci si occuperà delle azioni di contatto che si hanno tra solidi e solidi e tra solidi e fluidi. Nel primo
caso parleremo più propriamente di attrito ed escluderemo interazioni di tipo elettromagnetico,
fluidodinamico ed in ogni caso la presenza di lubrificante tra le pareti a contatto.
Il concetto di attrito sta ad indicare i diversi tipi di forze che tendono ad impedire o ad ostacolare il
moto relativo fra due corpi a contatto. Se vi è una condizione statica, si parla di attrito statico o di
aderenza. Se vi è movimento si parla di attrito radente o cinematico o dinamico ovvero di attrito
volvente o di rotolamento quando uno dei due corpi rotola sull’altro nel movimento relativo.
1.1. Contatto fra superfici - interpretazione microscopica dell’attrito
Se si effettua un’analisi microscopica di due superfici a contatto si può osservare come anche la più
liscia delle superfici presenti microscopicamente una successione di corrugazioni consistenti in una
successione di creste ed avvallamenti in modo vario e frastagliato (Figura 1). Il contatto tra le due
superfici non avviene sulla loro estensione effettiva, bensì su di un area di contatto Ac più limitata
che risulta essere la somma di tante minuscole areole Ai. Se alle superfici è applicato un sistema di
forze, può accadere che la risultante verticale N, agendo su un’area limitata e causando pertanto una
pressione ps elevata, determini delle micro-saldature tra le due superfici (c, d, e in Figura 1).
N
T
c
d e
f
A
B
A
B
A
A
A
B
N
A B
T
Figura 1 - Aspetto delle superfici a contatto e teoria delle micro-saldature.
B
B
A
A
B
B
Con riferimento alla Figura 1, considerando in prima approssimazione costante la pressione ps che
si viene a generare su ciascuna delle areole d’appoggio Ai, si ottiene per la risultante normale:
(1)
p
A =p A =N
s
∑
i
s
c
i
Per rompere le saldature affinché vi sia un moto relativo tra le superfici è necessaria un’azione
tangenziale T sufficiente a vincere la resistenza al taglio Rt, di modulo pari a:
(2)
T = Rt Ac
In tal caso, le micro-saldature vengono rotte, provocando in definitiva delle perdite di energia
secondo lo schema riportato in Figura 1. Il rapporto tra l’azione tangenziale e quella normale risulta:
1
(3)
T Rt Ac Rt
=
=
N ps Ac ps
A tale effetto microscopico viene associato comunemente il concetto d’attrito. Il semplice modello
presentato mette in evidenza che è possibile scrivere una relazione tra le azioni normali e
tangenziali nella forma:
(4)
T = f N
dove il coefficiente f risulta indipendente:
• dal carico N;
• dall’area complessiva di contatto;
• dalla velocità di strisciamento.
Tuttavia il semplice modello illustrato presenta alcuni difetti; in primo luogo non prende in
considerazione la velocità relativa tra i due corpi, accenna solamente alla possibilità che questi si
muovano tra di loro. In secondo luogo, le superfici a contatto nella realtà sono soggette a fenomeni
più complessi, che comprendono il distacco di parti di materiale, la formazione di elementi
interposti tra le superfici, la presenza di usura. A ciò va aggiunta la non perfetta omogeneità dei
materiali delle superfici a contatto. Se si analizzasse una sezione superficiale, questa si
presenterebbe come in Figura 2.
Strato superficiale:
− gas adsorbiti
− sostanze contaminanti
Strati di ossidi
Strato superficiale del materiale
con inclusioni
Materiale base
Figura 2 - Sezione superficiale di un materiale.
Il modello a livello microscopico dovrebbe pertanto tener conto di altri fattori quali:
• effetti dovuti a strati superficiali con valori di Rt bassi per la presenza di ossidi;
• effettiva estensione dell’area di contatto che è in realtà diversa da N ps ;
• fenomeni di interazione plastica su contatti laterali (f in Figura 1);
• presenza di elementi estranei (che spesso sono esiti dell’usura);
• presenza di lubrificante.
Vista la complessità dei fenomeni da considerarsi che appartengono a differenti settori scientifici, si
ricorre a modelli su scala macroscopica che traggono la loro origine da osservazioni sperimentali.
1.2 Modelli macroscopici - Aderenza e attrito statico
Si consideri un corpo appoggiato sopra una superficie (Figura 3). Si immagini ora di applicare al
corpo una forza tangenziale F ed una normale P (ad es. il peso).
2
P
F
T
N
R
Figura 3 - Forze agenti su un corpo appoggiato ad una superficie.
Nascerà allora una reazione R agente dal piano d’appoggio verso il corpo in questione che sarà utile
scomporre secondo una componente normale al piano stesso N ed una tangenziale T. Imponendo le
due equazioni di equilibrio alla traslazione orizzontale e verticale del corpo, si ottiene:
∑ Fn = 0

∑ Ft = 0
P − N = 0

F − T = 0
(5)
Finché la forza tangenziale non supera un valore limite, il corpo rimarrà in equilibrio statico, ossia
tra i due corpi non vi sarà moto relativo. Il valore massimo della reazione tangenziale risulta
limitato dalla disequazione
(6)
T ≤ fa N
La reazione tangenziale T risulta perciò limitata in funzione della reazione normale N e di un
coefficiente di attrito statico o di aderenza fa. Tale coefficiente viene talvolta pure indicato con la
sigla fs.
Si presti ancora attenzione al significato della (6) che essendo una disequazione non permette il
calcolo della T nota la N. Ciò che è solamente possibile è effettuare una verifica dell’aderenza
mediante il calcolo separato della T e della N.
Quando invece la forza tangenziale T raggiunge e supera il valore limite fa N, corrispondente allo
strisciamento incipiente, l’equilibrio non è più possibile ed inizia il moto relativo tra i due corpi.
Un caso estremamente interessante relativo all’aderenza è il rotolamento senza strisciamento di
ruote su superfici (Figura 4), nel quale lo spostamento del centro della ruota e la sua rotazione non
sono fra loro indipendenti, ma sono legate dalla relazione:
(7)
∆x = r ∆ϑ
Pertanto il vincolo di puro rotolamento risulta essere un vincolo doppio.
Se il contatto, nel caso di puro rotolamento, può essere considerato puntiforme, non si ha
dissipazione di energia durante il rotolamento, dato che:
• il punto di applicazione della reazione R è il centro d’istantanea rotazione della ruota e pertanto
ha velocità nulla;
• la componente N passa per il centro della ruota.
3
∆ϑ
∆x
r
fa
P0
T
N
Figura 4 - Vincolo di puro rotolamento.
Applicazione del concetto di attrito statico e verifica dell’aderenza. Si consideri il sistema in
Figura 4.5 di cui sono note tutte le dimensioni geometriche, la forza F e la coppia M e si verifichi
l’aderenza nel punto D dato il coefficiente d’attrito statico fa. Evidenziando le reazioni vincolari
appaiono quattro incognite scalari (HA, VA, T e N) delle quali interessano particolarmente due, che
possono essere determinate direttamente mediante un equilibrio alla rotazione di tutto il sistema
attorno al punto A ed uno della sola ruota attorno a C:
 ∑MA = 0
M − F b1 − J C ω + ( N − P )(b1 + b2 ) − m a b4 = 0
sistema


 ∑ M C = 0 T r − J C ω = 0
ruota
F b1 + J C ω − M + m a b4

+P
 N =
(b1 + b2 )

T = J C ω

r
(8)
F
.
JC ω
F
.
JC ω
B
C
ma
M
P
fa
D
A
b3
B
C
ma
r
M
P
D
T
HA
N
b2
Figura 4.5 - Verifica dell’aderenza in un caso particolare.
b4
A
VA
b1
A questo punto si può verificare l’aderenza del disco sostituendo i valori ottenuti con la (8) nella
(6):
J C ω
F b1 + J C ω − M + m a b4
≤ fa
−P
(b1 + b2 )
r
(9)
Se la (9) risulta verificata, allora si è in condizioni di aderenza ed i valori di T e N sono quelli
calcolati con la (8), altrimenti se non è verificata, la T e la N vanno calcolati in maniera differente.
4
1.3. Attrito radente – Leggi di Coulomb
Se si è in presenza di moto relativo fra i corpi a contatto con strisciamento, la reazione tangenziale è
determinabile, in prima approssimazione attraverso la relazione
(10)
T = f N
che coincide, almeno formalmente, con quanto già espresso nella (4) con la differenza che in questo
caso si tratta un modello macroscopico. La reazione tangenziale risulta pari alla reazione normale
moltiplicata per un coefficiente f detto coefficiente d’attrito radente o dinamico. La (10) e la (6),
determinate sperimentalmente, vengono comunemente indicate come leggi di Coulomb e le azioni
di contatto che obbediscono a tali leggi vengono anche indicate come attrito coulombiano. In
particolare le leggi sperimentali sono basate sull’ipotesi che la reazione d’attrito tangenziale sia:
• proporzionale alla reazione normale;
• indipendente dall’estensione delle superfici di contatto;
• indipendente dalla velocità di strisciamento;
• dipendente dalla natura delle superfici a contatto nonché dal loro grado di rugosità.
Si noti che ciò vale in prima approssimazione e quando si passa ad esaminare i fenomeni con una
minore approssimazione, si può verificare che il coefficiente d’attrito radente f risulta dipendere
dalla velocità, almeno quando le velocità relative sono limitate (Figura 6).
f
0.3
fa
0.2
0.1
v
Figura 6 -
2÷3 cm/s 0.3 m/s
5 m/s
Diagramma sperimentale del valore del coefficiente d’attrito radente in funzione della
velocità.
Il diagramma in Figura 6 merita qualche commento. Quando la velocità relativa tra le due superfici
a contatto è nulla, il coefficiente d’attrito è pari a fa, Quando l’azione tangenziale è sufficientemente
elevata da determinare il moto relativo, il coefficiente d’attrito radente f diminuisce
improvvisamente di valore, dato che durante il moto non riesce a ristabilirsi il fenomeno delle
micro-saldature visto nel modello microscopico e pertanto l’azione tangenziale necessaria per
produrre il moto risulta inferiore.
I valori medi del coefficiente d’attrito si aggirano nel campo compreso fra 0.1 ÷ 0.3 fra metallo e
metallo e 0.6 fra metallo e legno o metallo e cuoio. Nel caso di contatto fra pneumatico e mantello
stradale il coefficiente di aderenza può arrivare fino ad un valore di 0.7 nel caso di mantello stradale
asciutto e pneumatico con battistrada nuovo. Per maggiori ragguagli si può fare riferimento ai valori
tabulati su manuali tecnici come il Manuale dell’Ingegnere.
Si noti ancora che, a differenza della (6) che stabiliva il valore massimo della reazione tangenziale
affinché vi fosse aderenza, la legge espressa nella (10), nel caso di moto relativo, stabilisce un
diretto legame tra la reazione normale e quella tangenziale e pertanto tale equazione va
necessariamente utilizzata nel calcolo delle reazioni vincolari. La (10) non fornisce però indicazioni
5
relative al verso della reazione tangenziale, per cui una più generale formulazione, ipotizzando un
contatto puntiforme, richiede la considerazione della notazione vettoriale.
T2
v1
T1
N1
N2
v2
v1
v2
v21
v21 = v2− v1
Figura 7 - Determinazione del verso della reazione tangenziale.
Consideriamo due superfici a contatto (Figura 7), che si muovono rispettivamente con velocità v1 e
v2 e sia v21 la velocità relativa della superficie d rispetto alla c. Se N e T sono le forze
complessivamente scambiate nel contatto, si ha sulla superficie c:
T1 = f N1
v 21
v 21
(11)
La (11) fornisce pertanto il verso della reazione tangenziale che risulta determinato dal verso della
velocità relativa tra le superfici (il rapporto tra la v21 ed il suo modulo fornisce infatti il versore di
questa). La (11) risulta molto più immediata quando una delle due superfici di Figura 7, ad esempio
la d, risulta ferma.
Applicazione alla determinazione della reazione tangenziale tra due superfici coniugate. Si
consideri la coppia di profili coniugati in Figura 8. Noti la velocità ω2 ed il momento Mr,
determinare le forze di contatto dato il coefficiente di attrito radente f.
Il punto di contatto P verrà indicato con P1 o P2 a seconda che appartenga ad una o all’altra
superficie. Poiché i profili sono coniugati, le primitive Γ1 e Γ2 rotoleranno una sull’altra senza
strisciare e saranno tangenti nel punto primitivo P0, che rappresenta anche il centro d’istantanea
rotazione del moto relativo tra le superfici coniugate. Pertanto tra i moduli delle velocità angolari
sussisterà la relazione:
(12)
ω1 O1P0 = ω 2 O 2 P0
e quindi sarà nota anche la ω1 che risulta minore in modulo di ω2 essendo la distanza O1P0
maggiore di O 2 P0 . Per determinare il verso della velocità relativa della superficie d rispetto alla c,
si consideri che per un osservatore solidale con c, la superficie d ruota attorno a P0 con una
velocità ω21 pari alla differenza delle velocità angolari dei profili stessi, ossia:
ω21 = ω2 − ω1 → ω 21 = ω 2 + ω1
v 21 = ω21 ∧ (P1 − P0 )
(13)
6
Γ1
P1
Mr
O1
P1
ω2
P2
ω1
v21
Γ2
O2
P0
O1
P0
ω21
Mm
b1
T1
P1
O1
b2
N1
Mr
Figura 8 - Determinazione della reazione tangenziale per due superfici coniugate.
Il verso della reazione tangenziale sul profilo c è pertanto quello di v21, come mostrato in Figura 8.
Per il modulo, si può calcolare N1 mediante un equilibrio alla rotazione di c attorno ad O1 ed
ottenere:
Mr

N1 =

∑O M = 0
M
N
b
T
b
=
−
 r
b1 − f b2

1 1
1 2
1
→ 
→ 

Mr
 T1 = f N1
 T1 = f N1
T1 = f

b1 − f b2
(14)
Aspetti energetici relativi all’attrito radente. Tra le superfici in moto relativo, in presenza di
strisciamento, oltre alla reazione normale è presente anche una reazione tangenziale, che in generale
determinerà una dissipazione di potenza. Infatti, facendo riferimento a Figura 7, la reazione normale
non lavora essendo ortogonale alla velocità, mentre per la reazione tangenziale si ha:
(15)
W = T1 × v1 + T2 × v 2
Per l’equilibrio in direzione tangenziale T1 = −T2 per cui:
W = T1 × (v1 − v 2 )
(16)
Tenendo conto della (11) e che v1 − v 2 = v12 = − v 21 si ottiene in definitiva:
W = − f N v 21 = − f N v12
(17)
Per convenzione si assumono positive le potenze entranti, negative le potenze uscenti dal sistema.
La (17) ha due importanti conseguenze: in primo luogo la presenza di attrito radente implica una
dissipazione di potenza come evidenziato dal segno negativo, in secondo luogo la velocità da
considerare per il calcolo della potenza perduta per attrito è la velocità relativa tra le superfici a
contatto.
7
1.4. Cono d’attrito
Invece di considerare una sezione piana come fatto in Figura 3 si esamina ora il caso di un corpo
appoggiato su una superficie in tre dimensioni. Le forze esterne applicate F e P al corpo
determinano una risultante che viene equilibrata dalla risultante R delle reazioni vincolari. Nel caso
di equilibrio statico, si può osservare come la R cada all’interno di un cono, detto cono d’attrito
statico (Figura 9) avente asse coincidente con la normale alla superficie d’appoggio ed angolo di
semiapertura pari ad ϕa, ossia:
(18)
ϕ = atan f
a
a
Figura 9 – Cono d’attrito statico.
Se il rapporto fra la componente tangenziale di spinta F e quella normale P aumenta oltre tan ϕa la
reazione R cade fuori del cono d’attrito statico e l’equilibrio non avviene più con il corpo fermo ed
inizia lo strisciamento sulla superficie.
Durante lo strisciamento, la reazione tangenziale T viene data dalla relazione (11). L’angolo di
semiapertura del cono d’attrito radente è allora dato dalla relazione seguente:
(19)
ϕ = atan f
Diversamente da quanto accadeva nel caso dell’attrito statico, con velocità relativa nulla, la
risultante R è in questo caso una generatrice del cono d’attrito (Figura 10).
8
Figura 10 – Cono d’attrito radente.
Applicazione del concetto di cono d’attrito alla coppia rotoidale portante asciutta. Un esempio
può essere visto nella coppia rotoidale portante asciutta (Figura 11), che è un particolare
accoppiamento rotoidale fra perno e cuscinetto, adatto a trasmettere la spinta in direzione normale
all’asse di rotazione. La reazione passante per il punto di contatto risulta inclinata di un angolo ϕ
rispetto alla direzione radiale ed è sempre tangente ad un cerchio d’attrito di raggio ρ pari a quello
del perno moltiplicato per il seno dell’angolo ϕ. Inoltre il modulo del momento resistente Mr risulta
pari al raggio del cerchio d’attrito per il modulo della forza risultante scambiata.
(20)
ρ = r sin ϕ
p
Mr = ρ R
(21)
W = Mr ω
(22)
Il raggio del cerchio d’attrito può essere reso nullo (con sufficiente efficacia) mediante la
lubrificazione o l’interposizione di elementi volventi, ad esempio delle sferette, al fine di ricondurre
l’attrito ad attrito volvente. Si noti che solitamente rp ≈ rc a differenza di quanto appare in Figura 11
in cui è stato volutamente aumentato il gioco.
9
ω
ρ
rc
ϕ
rp
P
T
N
R
Figura 11 – Coppia rotoidale portante asciutta.
1.5. Attrito volvente
Nel caso che il moto relativo tra le parti sia rotolamento puro senza strisciamento, ossia in
condizioni di aderenza, è lecito ritenere nulla la dissipazione di energia causata dall’attrito purché la
deformabilità dei corpi possa essere trascurata.
Se invece la deformabilità dei corpi deve essere tenuta in considerazione, anche nel caso di puro
rotolamento si può mostrare che esiste una dissipazione di energia. Il fenomeno che determina tale
dissipazione va sotto il nome di attrito volvente. Un caso tipico è quello del puro rotolamento di un
pneumatico sul piano stradale, ove la deformazione elastica, almeno in prima approssimazione del
solo pneumatico, non può essere trascurata. D’altra parte è anche esperienza comune che un
pneumatico, che si muove a velocità costante in condizioni di rotolamento richiede l’applicazione di
un momento motore per il mantenimento del suo moto.
L’attrito volvente viene determinato dall’isteresi elastica dei materiali a contatto, ossia è dovuto al
fenomeno per il quale le deformazioni seguono con ritardo le sollecitazioni.
Dovendo considerare la deformazione dei corpi, la ruota che rotola su una superficie non presenta
più un contatto di tipo puntiforme, nel quale era immediato identificare il punto di applicazione
delle reazioni vincolari, bensì un contatto più esteso su una superficie che viene detta impronta
della ruota. La determinazione della reazione normale passa allora attraverso lo studio locale
dell’interazione tra ruota e strada, ovvero mediante la determinazione della distribuzione delle
pressioni esercitate sull’impronta. Considerando il caso piano, che equivale a pensare a una
distribuzione delle pressioni uniforme lungo l’asse di rotazione della ruota e quindi anche delle
azioni agenti su di questa, analizziamo qualitativamente ciò che accade per un particolare punto Pi
della superficie della ruota nelle fasi prima del contatto, durante il contatto e dopo il contatto (vedi
Figura 12).
10
σ
ω
σ4
σ3
ω
P7
P6 P5 P4 P3 P2
P1
r
P4
Γ
σ5
σ2
P2
P6
σ6
P1
P7 ε2 ≡ ε6
P3
P5
ε3 ≡ ε5 ε4
ε
Figura 12 – Contatto ruota-strada e ciclo di isteresi elastica.
In particolare, si può verificare sperimentalmente che lo sforzo di deformazione elastica risulta
maggiore in ingresso e minore in uscita, come ad esempio viene mostrato dai punti P3 e P5 che
presentano la medesima deformazione da schiacciamento ( ε 3 = ε 5 ), mentre lo sforzo risulta
maggiore in P3 (in ingresso) che non in P5 (in uscita). Se si riporta lo stato di sforzo e di
deformazione in un diagramma σ – ε si ottiene un ciclo di isteresi del tipo di quello riportato in
Figura 12 che viene percorso in verso orario.
Sulla base del diagramma ottenuto, la distribuzione delle pressioni sull’impronta assume un aspetto
simile a quello riportato in Figura 13 e quindi la relativa reazione distribuita del terreno ha, in
generale, la risultante N passante per il baricentro G del diagramma ombreggiato in Figura 13 che
risulta spostato nel verso della velocità rispetto al centro della ruota.
σ4 σ
3
σ2
σ5
σ6
ω
P7 P6 P5 P4 P3 P2 P1
N
u
Figura 13
– Spostamento del punto di applicazione della reazione normale dovuto ad isteresi
elastica.
Lo spostamento della retta d’azione rispetto al centro della ruota determina una coppia resistente di
modulo pari a:
(23)
Cr = N u
11
Coefficiente d’attrito volvente ed aspetti energetici. Facendo riferimento al ciclo di isteresi in
Figura 12, l’energia elastica di deformazione spesa risulta pari all’area sottesa dal ciclo nell’arco
orientato P1P4, mentre l’energia elastica restituita è pari all’area sottesa dall’arco orientato P4P7. Ne
segue che una parte dell’energia impiegata, pari all’area del ciclo, non viene restituita. Per unità di
superficie si ha:
E p = ∫ σ dε
(24)
Γ
Per la valutazione della potenza dissipata si valuta la potenza della coppia resistente data dalla (23):
(25)
W = Cr × ω = − N u ω
Risulta utile introdurre un coefficiente fv adimensionale atto a fornire una valutazione dell’attrito
dovuto a tale fenomeno, detto coefficiente di attrito volvente:
fv =
(26)
u
r
In tal modo la potenza dissipata risulta:
W = −N fv r ω = −N fv v
(27)
dove la velocità v che appare nella (27) è la velocità del centro della ruota. Si noti che sebbene il
coefficiente fv venga definito come il rapporto tra due lunghezze e possa apparire un fattore
puramente geometrico, in realtà rispecchia le caratteristiche elastiche dei materiali della ruota e del
terreno che rientrano nello spostamento u.
Si presti particolare attenzione a non confondere i coefficienti f e fa con fv. Quest’ultimo infatti non
serve né per la verifica dell’aderenza, né per la determinazione della reazione incognita, ma viene
usato per il calcolo della potenza dissipata per isteresi elastica. Onde ribadire ulteriormente il
concetto, si ricordi che nel caso di rotolamento puro senza strisciamento, è necessario utilizzare la
relazione (6) dove compare il coefficiente d’attrito statico fa; mentre nel caso di rotolamento ed
insieme strisciamento si usa la (10) nella quale è presente il coefficiente d’attrito radente f.
Applicazioni dell’attrito volvente: ruota trascinata. Con riferimento a Figura 14, la ruota è
sottoposta alla forza peso P ed alla F nel centro di rotazione, ed alle reazioni T ed N, in particolare
quest’ultima ha la retta d’azione spostata di u rispetto al centro della ruota, come precedentemente
illustrato. Si ricava agevolmente il sistema
∑ Fn = 0

∑ Ft = 0

∑ M C = 0
P − N = 0

F − T = 0
F r − N u = 0

(28)
da cui si ottengono le reazioni, con le quali si procede alla verifica dell’aderenza usando la (6), che
nel caso di ruota trascinata è solitamente sempre verificata.
12
Mm
P
P
F
F
r
r
C′
C′
C
N
T
T
C
u
N
u
Figura 14 – Ruota trascinata e ruota motrice.
Applicazioni dell’attrito volvente: ruota motrice. Oltre alle forze già elencate in precedenza, è
presente una coppia motrice Mm. Il sistema è descritto dalle equazioni:
∑ Fn = 0

∑ Ft = 0

∑ M C = 0
P − N = 0

F − T = 0
M − F r − N u = 0
 m
(29)
Ricavate le reazioni si procede alla verifica dell’aderenza, che può in questo caso venire meno,
usando ancora la (6).
Applicazioni dell’attrito volvente: ruota frenata. Il caso è analogo al precedente, quando si
sostituisca la coppia motrice con una frenante Mf e si inverta di segno la forza F. Valgono le
medesime considerazioni già fatte per l’aderenza.
∑ Fn = 0

∑ Ft = 0

∑ M C = 0
P − N = 0

F − T = 0
− M + F r − N u = 0
f

(30)
2. AZIONI DEI FLUIDI SUI SOLIDI
Sia dato un corpo ed un fluido che interagiscono fra di loro scambiandosi una reazione Φ. Detto n il
versore normale all’area elementare dAn e t quello tangente, si può dimostrare che valgono in
generale le relazioni:
pn =
tn =
d Φn
d An
d Φt
d An
(31)
(32)
che permettono di ricavare gli sforzi normale e tangenziale definiti come derivata della forza
rispetto alla superficie sulla quale agisce (Figura 15).
13
2.1. Caso statico
Se, come caso particolare si considera il caso statico, si osserva che in un fluido pesante, un corpo
di volume V e superficie A è soggetto alla spinta idrostatica (di Archimede) che è in modulo pari al
peso G del fluido spostato ed in verso opposto, ossia:
(33)
S Archimedea = ∫ pn dAn n = − G
A
t
pn
S
d An
V
n
G
Figura 15 – Azioni dei fluidi su superfici e spinta idrostatica.
2.2. Azioni di tipo dinamico
Più complesso risulta lo studio delle azioni dinamiche che intervengono su di un corpo in moto
relativo rispetto ad un fluido (Figura 16).
Data la difficoltà di costruire un modello matematico dell’azione fluidodinamica sui corpi in moto
relativo al fluido, spesso lo studio aerodinamico viene condotto sfruttando il principio del moto
inverso ovvero tenendo fisso il corpo e facendolo lambire dal fluido in moto rispetto ad esso. È
quanto si fa correntemente in galleria del vento ove è possibile in questo modo attrezzare i vincoli
del corpo trasformandoli in supporti dinamometrici in grado di rilevare e segnalare la misura dei
carichi aerodinamici presenti.
v
S
p=0
v0 = 0
p0
d
p=0
Figura 16 – Fluido incomprimibile che investe un corpo fermo in regime laminare.
Lo studio delle azioni dinamiche va poi differenziato anche a seconda della presenza di regime
laminare o regime turbolento. Per valutare in quale caso ci si venga a trovare, si introduce come
parametro il numero di Reynolds Re, definito come:
14
Re =
ρvd
µ
(34)
dove ρ è la massa volumica del fluido, v la velocità, d una dimensione caratteristica della sezione
maestra e µ la viscosità. Si è in regime laminare quando il numero di Reynolds è inferiore ad un
valore critico Rec pari a circa 1000. Superato questo valore di soglia si entra in regime turbolento
dove si può osservare il fenomeno del distacco di vortici a valle del corpo investito dalla vena
fluida.
Moto in regime laminare (Re<Rec). Considerando un corpo investito da una corrente fluida, si
osservano tre zone: una zona frontale o di attacco, una zona laterale ed una zona caudale o di
uscita.
Sul bordo d’attacco del corpo le particelle fluide si arrestano cedendo la propria energia cinetica al
corpo e dando luogo ad una azione di spinta fluidodinamica. Sul bordo d’uscita del corpo le
particelle fluide producono una azione di verso opposto.
Sui fianchi del corpo si osserva un fenomeno diverso. Esaminando lo strato limite di fluido
immediatamente a ridosso della parete del corpo, si osserva che la velocità del fluido che lambisce
la parete è nulla, aderendo il fluido alla parete stessa. Allontanandosi dalla superficie della parete
nella direzione normale verso l’esterno, si osserva che la velocità varia all’interno di un sottile strato
in prossimità del corpo, detto strato limite.
A causa della variazione della velocità, si genera sulla parete una forza tangenziale d’attrito (Figura
17) che risulta essere proporzionale al gradiente della velocità in direzione normale, secondo un
termine che è il coefficiente di viscosità µ:
τ =µ
dv
dn
(35)
In particolare ci si occuperà di fluidi newtoniani, caratterizzati da µ costante.
La somma delle azioni elementari normali e tangenziali sul bordo d’attacco, sul bordo d’uscita e
sulle pareti laterali genera una spinta nella direzione del moto che chiamiamo forza resistente Fr,
una spinta nella direzione perpendicolare alla direzione del moto che chiamiamo forza portante Fp
ed infine un momento aerodinamico M. Il momento sarà nullo se consideriamo ad esempio un
corpo a sviluppo assialsimmetrico, come ad esempio un proiettile da artiglieria, in moto relativo al
fluido nella direzione del proprio asse.
τ
v
d An
n
Figura 17 – Forza tangenziale d’attrito.
L’azione resistente viene contenuta il più possibile essendo una forza resistente passiva causa di
dissipazione di potenza; l’azione portante o deportante, quale quella che si genera in un profilo
15
alare, viene sfruttata per generare un’azione di portanza come nelle ali d’aereo o di deportanza per
ottenere l’effetto opposto, di tipo deportante, come nelle automobili da competizione. Tale effetto è
ricercato per aumentare l’azione normale di caricamento del pneumatico e consentirne l’aderenza al
terreno evitandone il pattinamento o la deriva laterale.
La spinta dinamica complessiva è dunque la risultante delle azioni tangenziali e normali congiunte,
dovute alle pressioni ed al gradiente di velocità, per cui risulta esplicitando:
Fd = ∫ ( pn n + tn t) dAn
(36)
A
Tale azione dinamica può essere scomposta secondo due direzioni nel piano (Figura 18): una
longitudinale ed una trasversale dette rispettivamente resistenza e portanza, che possono scriversi
nella forma:
Fr =
1
ρ S cr v 2
2
(37)
Fp =
1
ρ S cp v 2
2
(38)
Accanto a queste il momento aerodinamico è pari a:
M=
1
ρ S b cm v 2
2
(39)
Fp
Fr
Figura 18 – Resistenza e portanza.
Il significato dei termini è già stato chiarito in precedenza tranne che per S, che è una sezione
caratteristica del solido e per b una dimensione caratteristica. Solitamente si assume la sezione
maestra per la determinazione della resistenza, mentre per la portanza si esegue una scelta
differente, in base alle caratteristiche geometriche. I coefficienti di resistenza, di portanza e del
momento cr, cpe cm sono dei coefficienti adimensionali dipendenti dalla forma del corpo (e, al di
fuori di determinati intervalli, dal numero di Reynolds); la loro determinazione per via analitica è
estremamente difficile, per cui vengono solitamente ricavati per via sperimentale in galleria del
vento o, per i natanti, in vasca.
Come il momento, anche la portanza risulta nulla quando esiste una simmetria rispetto ad un asse
diretto come la velocità. Inoltre il verso della portanza è determinato dalla forma dell’oggetto. Nei
profili alari si distinguono, nella sezione, la parte superiore detta estradosso e quella inferiore
chiamata intradosso (Figura 19).
16
Profilo portante
Estradosso
Fp
Fp
Intradosso
Profilo deportante
Figura 19 – Profili alari.
Generalmente quando la curvatura dell’estradosso è maggiore di quello dell’intradosso la portanza è
diretta verso l’alto (è il caso dell’ala dell’aeroplano), mentre quando accade l’inverso, il profilo è
deportante; un’applicazione si trova negli alettoni per automobili utilizzati per aumentare il carico
dinamico sulle ruote e migliorare l’aderenza. L’ala, date le sue peculiari caratteristiche geometriche,
non presenta solitamente distacco di filetti fluidi della corrente con conseguenti forze resistenti
basse ed elevate portanze (questi possono però avvenire quando l’angolo formato dalla direzione di
avanzamento dell’ala e l’asse della sezione dell’ala, detto angolo d’attacco, è piuttosto elevato).
Moto in regime turbolento (Re>Rec). Le azioni sopra descritte hanno luogo in regime di moto
laminare ovvero quando il fluido che lambisce il corpo si muove per filetti paralleli e senza la
creazione di vortici. Ma quando il numero di Reynolds supera il valore critico, il moto del fluido
avviene con formazione di vortici.
Nella zona posteriore di rilascio può presentarsi il distacco di vortici alternati, con una frequenza
che è data da
f s = St
v
d
(40)
dove St è il numero di Strouhal che dipende dalla forma del solido, v è la velocità del corpo e d il
diametro massimo dello stesso. Nel caso di un corpo cilindrico, il numero di Strouhal St assume un
valore pressoché indipendente dalla velocità e prossimo a 0.2 (Figura 20).
p
v
p p
D
p
p
v
p p
p
p
D
p
Figura 20 – Distacco di vortici nella zona d’uscita.
I casi trattati in precedenza si riferiscono ad oggetti in movimento all’interno di un singolo fluido
come ad esempio un aereo, un veicolo, un proiettile nell’aria o un sottomarino completamente
immerso nell’acqua.
Maggiori difficoltà presentano moti contemporaneamente in fluidi liquidi ed aeriformi, come nel
caso di un natante, dei quali però non ci si occuperà.
17
Ulteriori difficoltà sopraggiungono quando si debbano analizzare moti con numero di Mach
prossimo ad uno, poiché non risultano più trascurabili le onde dinamiche di pressione del fluido. Il
numero di Mach Ma è definito come il rapporto adimensionale tra la velocità v del corpo e quella vs
del suono nelle medesime condizioni di pressione, temperatura, ecc.:
Ma =
v
vs
(41)
Tale regime, detto transonico, va affrontato con metodi specifici. Difficoltà ancora maggiori
presentano i moti ad alto numero di Mach, anche a causa del surriscaldamento che viene a generarsi
sulla superficie del corpo. Questi casi esulano tuttavia dall’interesse specifico della presente
trattazione che si limita allo studio del moto dei veicoli terrestri.
18