Il Caffe 14 aprile 2013 Varese

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Il Caffe 14 aprile 2013 Varese
IL CAFFÈ 14 aprile 2013
Il bottino più alto è di 350 milioni
In cella a Lugano 4 rapinatori
Tre minuti per rapinare 10 chili di diamanti, valore 350
milioni di euro. È uno dei bottini più alti nella storia della
malavita quello sulla pista dell’aeroporto di Bruxelles
del febbraio scorso. La metà del bottino messo insieme
da Albert Spaggiari (nella foto) che nel 1976 svuotò le
cassette di sicurezza della Société Générale di Nizza.
La sua fu definita la rapina del secolo.
Si chiama operazione Post Office. E ha portato
all’arresto, su ordine dei magistrati di Trento, di otto
pregiudicati campani, accusati di assalti ai portavalori.
Quattro sono già in una cella a Lugano: erano stati
fermati in un appartamento. E si sospetta, come ha
riferito il capo della procura di Trento Giuseppe Amato,
che fossero pronti a un altro colpo. In Ticino?
La malavita
Al
CINEMA
Il grande cinema
LA SFIDA (1995)
Un rapinatore e la sua fedele
banda criminale segnano un
colpo spettacolare ad un
furgone portavalori. A
investigare è la squadra
rapine e omicidi, che fiuta
l’odore di una preda difficile
TUTTE LE ORE FERISCONO…
L’ULTIMA UCCIDE (1966)
Inizia con un'evasione seguita
da un regolamento di conti
tra bande rivali, passa per la
rapina a un furgone blindato
carico di platino e si conclude
con una carneficina.
L’INSEGUIMENTO
La banda di rapinatori
segue i blindati, li vede
imboccare l’autostrada
nell’hinterland nord di
Milano. Al bivio per la
Como Chiasso le auto si
avvicinano ai furgoni
Le fasi
della
RAPINA
33
‘
TRA
VIRGOLETTE
IL BOTTINO
Scatta la rapina. I banditi
sparano 50 colpi con i
Kalashnikov, ma nessuno
resta ferito. Coi flessibili
vengono scardinate le
porte del primo mezzo e
portati via contanti e oro
FOGLI IN LIBERTÀ
RENATO MARTINONI
Cane
maledetto,
quanto
ti amo!
DOPPIO GIOCO
(CRISS CROSS, 1949)
Forte thriller, misto a violenza e
passione fatale sul mondo della
malavita americana. Basato
sulla tecnica dei flashback
ripetuti fino al momento
saliente dell'assalto al furgone
ANATOMIA
L’INCREDIBILE AVVENTURA DI
MR. HOLLAND (1951)
Rubare i lingotti e
trasformarli in oggettini. È
l’idea di un impiegato di una
ditta che trasferisce lingotti
d'oro e di un commerciante
di souvenir
delCRIMINE
MAURO SPIGNESI
S
icuramente è un capolavoro criminale. E
apparentemente è una rapina perfetta.
“Certamente quanto avvenuto sull’autostrada dei Laghi siamo più abituati a vederlo in televisione, nelle fiction poliziesche, che nella realtà. Però anche gente così, professionisti che agiscono con tecniche militari, un errore, un
minuscolo dettaglio, una traccia
l’hanno lasciata”. Non ha dubbi
Emilio Scossa Baggi, a capo della
Polizia scientifica cantonale: anche chi ha messo a segno il colpo
tra Como e Chiasso, bloccando
due furgoni blindati, sparando per
intimidire ma senza ferire nessuno, svuotandoli e trasferendo a
tempo di record, con una sincronizzazione spaventosamente precisa, chili e chili di lingotti d’oro e
contanti (sembra per un valore
complessivo attorno a 15 milioni
di euro) dentro quattro auto, qualche sbaglio lo ha commesso.
“E da lì bisognerebbe partire: in
casi del genere, bisogna innanzitutto individuare il punto debole,
solo così si può smagliare il groviglio”, aggiunge Scossa Baggi. Ma
quale può essere il punto debole?
“Le tecniche di investigazione, ma
anche l’esperienza, ci offrono diversi punti di partenza, anche se
stavolta siamo davanti a professionisti. Però, dal
punto di vista dei rilievi, si potrebbe partire intanto
dalla ricerca di possibili tracce. Oggi si lavora sul
Dna, si usano strumenti raffinati, non ci si basa soltanto sulle artigianali polverine per scoprire eventuali impronte digitali. Poi, visto che sono stati utilizzati diversi mezzi, bisogna andare a ritroso e capire di chi sono, sicuramente sono stati rubati,
quando e dove potrebbero fornire un filo sottile per
Emilio Scossa Baggi, capo della
Scientifica: “Quanto avvenuto
siamo più abituati a vederlo in tv”
ricollegarsi alla banda. Altro elemento sono le armi
impugnate dai rapinatori, che potrebbero svelarci
una traccia”.
Tra i punti deboli, invece, secondo Scossa Baggi,
“potrebbe esserci l’ampiezza della banda. Più si è,
più aumenta il rischio che a qualcuno scappi una
parola di troppo, e che questa arrivi all’orecchio di
un investigatore. Basta anche sol’ una intercettazione telefonica per far crollare tutta l’impalcatura di
cautele usate prima e dopo la rapina. E infatti dalle
intercettazioni spesso si parte e spesso portano a
una soluzione dei casi. In tante indagini, poi, sono
state importanti le registrazioni delle telecamere, la
videosorveglianza: in autostrada ce ne sono e potrebbero aver filmato il passaggio delle auto in fuga.
Poi ci sono gli autovelox. Spesso si scivola su queste
tecnologie. A noi, solo per fare un esempio, il radar
di San Vittore ci aveva indirizzato sugli autori del-
PERFETTO
Quando la realtà supera la fantasia
e il banditismo va oltre la fiction
Le
TECNICHE
L’ASSALTO
È il metodo classico. Con una
o più persone che si presentano
d’improvviso a uno sportello
e chiedono gli incassi
TESTA D’ARIETE
Auto “rinforzate”per sfondare
porte e vetrine e poi scippare soldi
e preziosi. Tecnica usata nel sud
Italia, ma anni fa pure in Ticino
ILTRAFFICO
La rischiosa via dell’oro
dall’Italia alla Svizzera
S
ulla strada dell’oro che porta in Ticino i lingotti sono
una merce frequente: l’import-export doganale nel
2012 segnala che ne sono passati 100 mila chili. Destinati soprattutto alle tre industrie di trasformazione del
Mendrisiotto. E l’oro rubato in autostrada era diretto in Ticino. I furgoni blindati della società vicentina Battistolli,
specializzata in questo genere di trasporti, si sarebbero
dovuti fermare all’altezza di Chiasso. Qui i lingotti, in parte
punzonati e in parte no, dovevano essere caricati su altri
blindati di una ditta ticinese per finire poi nei caveau di alcune banche di Lugano. Un’operazione effettuata diverse
volte. Ma dal confine passa anche il traffico clandestino.
Come quello del 53enne domiciliato in Ticino e fermato in
Dogana a Pasqua: portava in Italia, nascosto nell’auto
(dove viaggiava anche la famiglia), dodici lingotti d’oro,
peso complessivo di 110 chili e valore di oltre 5 milioni di
franchi. Due anni fa, stavolta a Ponte Tresa, di lingotti
d’oro nell’auto di un moderno “spallone” ne erano stati
trovati sette. Ma il traffico maggiore, 4.500 chili d’oro, è
quello che avrebbe individuato mesi fa la Finanza di Arezzo e Napoli, nell’ambito di un’operazione sull’asse fra Toscana, Campania e Ticino.
L’INGANNO
Semafori manomessi o banditi
travestiti da agenti delle forze
dell’ordine, per arrivare senza
intoppi sul bersaglio della rapina
IMBOTTIGLIAMENTO
Auto o camion per bloccare
davanti e di dietro un mezzo che
trasporta preziosi. Come nella
recente rapina dell’autostrada
LA PARTENZA
Alle 6.30 del mattino, sei
vigilantes su due furgoni
blindati escono dalla ditta
Battistolli di Paderno
Dugnano con un carico
d’oro e contanti diretti alla
dogana di Ponte Chiasso
ILCRIMINOLOGO
EMILIO SCOSSA BAGGI
Responsabile della Polizia
scientifica della “Cantonale”
(nella foto a sinistra)
LO SPERONAMENTO
Scatta il blitz. Un Tir con
un bandito a bordo serra
il primo furgone, lo
sperona. Da un’auto
spuntano i mitra per
minacciare gli autisti dei
mezzi blindati
LA TRAPPOLA
I vigilantes provano ad
accelerare. Ma un
secondo Tir, all’altezza di
Saronno, taglia loro strada
e da tre auto scendono
i banditi armati e
incappucciati
LA FUGA
Dopo aver lanciato
fumogeni e bande
chiodate sull’asfalto per
impedire l’inseguimento,
parte la fuga su quattro
auto, poi abbandonate in
un vecchio capannone
L’analisi del professor Federico Varese, docente di criminologia all’Università di Oxford
“Il nero fascino del colpo grosso
si trasforma anche in spettacolo”
l’omicidio di Flavia BertozziMoroni a Ponte Capriasca”.
E anche il caso della morte
dell’anziano sul Ceneri era stato
risolto dalle telecamere sull’A1.
“Ecco perché dico che un punto
debole c’è sempre”, riprende Scossa Baggi: “Stavolta, però, ma parlo
solo per quel che ho letto e sentito,
potrebbe esserci un problema in più.
Se, ma è naturalmente una ipotesi, ad
agire è stata una banda dell’Est, ci saranno problemi a combinare in seguito le indagini, a trovare interlocutori nelle polizie
straniere. E questo nonostante gli accordi e il
lavoro dell’Interpol. È normale, quasi fisiologico”. Ogni polizia ha i suoi metodi, ogni Paese ha
le sue leggi. “Questo - spiega il capo della Scientifica - è un problema che riscontrano tutti. La criminalità ha sempre più una dimensione transnazionale, si colpisce in un luogo e ci si rifugia in un altro,
si agisce con alleanze tra bande diverse. Risalire la
catena dei sospetti, arrivare sino alla fine, non sempre è un’operazione agevole. Anzi”. Anche perché
come è stata preparata con meticolosità la rapina,
con altrettanta meticolosità è stata preparata la
fuga dei banditi, la scomparsa dalla scena. Ognuno
a casa sua, possibilmente l’uno lontano dall’altro. E
possibilmente senza sentirsi per qualche tempo,
per poi ritrovarsi, una volta allentate le indagini, e
spartirsi il bottino milionario. “Ma anche in questo
caso qualche errore può capitare. L’improvviso
cambio di tenore di vita, un acquisto particolarmente costoso. Tutte tracce che anche col tempo
possono risultare particolarmente utili”, riprende
Scossa Baggi: “Ricordiamoci che il delitto perfetto
esiste soltanto nella mente di chi lo commette, ma
non può esistere per un investigatore”.
In questa rapina, tuttavia, c’è stata un’ organizzazione quasi scientifica del colpo. La tecnica ad “imbottigliamento” con i due Tir sulla strada per bloccare i furgoni blindati con lingotti d’oro e contanti
diretti in Ticino, la velocità nel far saltare i portello-
er tecnica,
organizzazione, audacia, questa sull’autostrada
di
Como ha molte
analogie con la
rapina milionaria sul treno
dell’agosto del
1963 nel piccolo
villaggio di Ledburn nel Buckinghamshire, qui in Inghilterra”. Il criminologo Federico Varese risponde dal suo ufficio
all’Università di Oxford. Ha
letto quanto accaduto in Italia, il colpo da quasi 30 milioni
di euro portato a termine a pochi
chilometri dalla dogana di Chiasso.
“Anche quando avvenne il colpo a Ledburn, al di là del fatto criminale, ci fu una
certa ammirazione impastata a stupore”, ricorda Varese. Tanto che la vicenda diventò il soggetto di un film. E poi i giornali tracciarono un
romantico profilo dei diversi banditi protagonisti della vicenda, che in parte fuggirono in Sudamerica. “Uno è morto da poco, e qui in Gran
Bretagna è stata l’occasione per raccontare ancora una volta questa storia. Però bisogna subito puntualizzare che operazioni del genere possono essere portate a termine soltanto da professionisti, altrimenti non si potrebbero esplodere quasi cinquanta colpi senza ferire
nessuno. E per questo escluderei che possa essere commessa da esponenti della classica criminalità organizzata”. Più facile, molto più facile che si tratti di una banda dell’Est.
“In Russia, ma anche in Georgia, ci sono gruppi
paramilitari specializzati in operazioni di que-
“Un errore c’è sempre, una traccia,
anche minuscola rimane. E da lì si
deve partire per trovare una pista”
“Sicuramente un blitz come questo
avvenuto in Italia potrebbe essere
opera di ex militari dell’Est”
ni, la rapidità nello svuotarli e nel sistemare, distribuendo il peso, il carico nelle quattro auto. Il fuoco,
insieme alla schiuma sparata con gli estintori negli
abitacoli dei mezzi usati, per far sparire qualsiasi
traccia. “Sembra un film, ma non lo è. Perché un
colpo del genere - conclude Scossa Baggi - presuppone il possesso di parecchie informazioni. Che
può dare solo una persona che conosce bene i sistemi dell’azienda che trasportava oro e banconote. E anche questo potrebbe essere uno dei tanti
punti di partenza di cui ho parlato per risalire lentamente e con molta pazienza agli autori della rapina.
È un po’ come stabilire il movente di un delitto: una
volta individuato si riparte da lì e si va ritroso. Non è
facile, non sempre ci si azzecca, ma spesso funziona”.
[email protected]
Q@maurospignesi
sta portata”, aggiunge il criminologo di Oxford
che è autore del saggio “Mafie in movimento”
(Einaudi): “Tra loro e i gruppi di fuoco di mafia,
camorra e ‘ndrangheta, ci sono differenze sostanziali. Facciamo un esempio, per capire: la
strage di Duisburg, nel ferragosto di sei anni fa.
Un gruppo di killer si spostò dalla Calabria alla
Germania, ma poi sparò quasi all’impazzata
colpendo anche gente che non c’entrava nulla
con chi doveva essere ucciso. Chi invece fa rapine come quella sull’autostrada dei Laghi certi
errori non li commette. Sa come impugnare la
pistola, come ha raccontato Roberto Saviano
non la stringe di traverso come ha visto fare nei
film da molti sicari mafiosi. Non è un autodidatta ma ha imparato sicuramente da un ufficiale
con anni d’esperienza sul campo”.
Certo chi ha agito con Tir, ruspe, riparandosi la
“P
Sbaglio o depistaggio?
Si parte dai mozziconi
fuga con bande chiodate non usa tecniche da
telefilm. Ma ha pianificato con attenzione l’agguato, s’è allenata con disciplina, ha cronometrato i tempi d’intervento, ha raccolto una montagna d’informazioni sulle abitudini dei vigilantes e gli itinerari in precedenza. “Anche se la
televisione, così come il cinema, condizionano
molto la criminalità organizzata. Ci sono studi
che hanno approfondito questo aspetto, che
hanno dimostrato che i banditi guardano molto
le fiction perché si parla di loro. Molti boss della
mafia americana, ad esempio, hanno cambiato il loro
stile e i loro comportamenti
guardando il Padrino di
Francis Ford Coppola. Le
mafie si vedono rappresentate al cinema in una maniera imprecisa, falsa, perché si tratta di opere della
fantasia. Ma siccome i boss
pensano che la gente li vede
proprio così, si avvicinano a
quelle figure, alla loro copia
in celluloide. Questo processo di identificazione è
molto comune nelle bande
giapponesi e sudamericane”.
Però un contatto tra organizzazioni mafiose e la banda che ha agito sull’autostrada potrebbe esserci.
“Perché alla fine i lingotti rubati dovranno essere smerciati. E allora serve una struttura collaudata, affidabile, che abbia canali precisi, che
abbia una logistica e professionisti capaci di
trattare con i ricettatori”, aggiunge ancora Federico Varese: “Questo oggi può avvenire sicuramente all’Est”. Dove gli intrecci e le alleanze criminali sono frequenti. Perché la mafia è “liquida”, per usare un termine molto sfruttato ulti-
A
“Chi esplode 50 colpi senza ferire
nessuno è un professionista con
grande preparazione alle spalle”
Storie di mafia o di bande urbane
tra sdegno, stupore e ammirazione
FEDERICO VARESE
Criminologo all’università di Oxford, a destra;
in basso, una foto del famoso assalto al treno
GLISVILUPPI
rmi e sigarette. Sono i due appigli ai quali si sono
aggrappati gli investigatori italiani poche ore dopo
la rapina in autostrada. Dalle strette maglie dell’indagine è affiorato che mozziconi di sigarette sarebbero
stati trovati accanto a uno dei Tir usati per speronare i
blindati carichi d’oro, e altri nei vecchi capannoni dove
sono state abbandonate le auto usate per la fuga. Reperti
che ora sono nei laboratori della polizia scientifica. Ma
davvero professionisti capaci di portare a termine un colpo del genere hanno commesso errori come questi, da
dilettanti? Gli stessi commessi dal feroce commando
mafioso guidato da Giovanni Brusca che in Sicilia riuscì a
compiere l’attentato al magistrato Giovanni Falcone, facendo saltare in aria un pezzo di autostrada, ma che poi
scivolò sulle cicche con le tracce di Dna, facilmente comparabili con una banca dati ormai internazionale. Anche
per questo gli investigatori hanno qualche dubbio. E tra
le ipotesi che prendono in considerazione c’è quella del
depistaggio. E qualche dubbio resta sul fucile trovato in
un camion. Può anche essere stato dimenticato dai rapinatori, ma se invece fosse un modo per portare le indagini su una pista morta?
mamente. Non mette solo più radici in luoghi
precisi, dove ha avuto origine, come nel sud Italia.
“Per questo io - conclude Varese - ho parlato di
mafia in movimento. Perché ormai queste realtà delinquenziali funzionano come una moderna multinazionale, cercano radicamento dove
fiutano il business, si modellano come uno Stato alternativo, vanno ad intrecciarsi con la comunità locale. Ma agiscono con tecniche più
artigianali, come le estorsioni, il racket. Questa
gente, tuttavia, non ha la capacità militare di
portare a termine un colpo del genere. Il che
però ci rivela un altro aspetto: nessun territorio
è impermeabile a queste infiltrazioni. Il nord
italiano industriale come la benestante Svizzera, la Russia post comunista come il cuore pulsante della nuova Cina”.
Non passa un telegiornale oramai,
dalla Cina agli Stati Uniti, che in coda non faccia posto alla storia eroica o patetica di un animale. Di uno
squalo, miserello!, a cui hanno tagliato la pinna solo per metterla a
cuocere nella casseruola. Di un rinoceronte, poveraccio!, privato del
suo organo più illustre, il corno,
presto trasformato in polvere per le
virtù afrodisiache promesse dai guru dell’erotismo. Di un panda, meschino!, che, stufo morto della cattività, volta la schiena alla compagna, rifiutandosi di consumare i sacrosanti doveri del matrimonio. Di
un maiale, il pacioccone!, che al
fango e al lezzo del porcile preferisce il tappeto persiano e l’odore antico del salotto buono di casa. Di
un pappagallo che, invece che urlare le solite parolacce da osteria, srotola a memoria i salmi della Bibbia.
Di un micio ricomparso a casa
smunto e smagrito dopo tre anni di
latitanza e mille miglia di penosi
vagabondaggi.
Ha fatto versare fiumi di lacrime in
Italia la storia di Tommy, il cane
che dopo la morte della padrona è
tornato in chiesa ogni giorno, ad attenderla disperato, insensibile al
fumo dell’incenso e delle candele.
Prima di lasciarsi morire di crepacuore. Povera bestia! Non sono servite le carezze né il cibo portatogli
dagli scolaretti nel sottoscala dove aveva trovato una nuova cuccia. La fedeltà del cane, si sa, è vecchia come la barba di
Matusalemme.
Esiste da
quando l’uomo ha deciso di prendere con sé i lupi e gli sciacalli, antenati dell’amico quattro zampe.
Anche Argo attende fedele Ulisse e
solo quando l’eroe greco torna, dopo mille peripezie, il povero botolo,
decrepito oramai e pieno di zecche, esala finalmente l’ultimo respiro. Non prima però di avere
strappato una furtiva lacrima al suo
antico e coraggioso padrone, l’impavido eroe della guerra di Troia, lo
scaltro amante della maga Circe. E
non è certo un caso che il cane sia
considerato il migliore amico dell’uomo. Parla solo con gli occhi
(ma come sa parlare!), non si ribella, non manda a quel paese neanche gli avversari, sopporta fedele
ogni traversia, è riconoscente, se
qualcuno lo ha strappato da un canile o da un’autostrada, e non tradisce mai (neanche colui che lo
tradisce). Altro che la razza umana,
con le sue menzogne, gli egoismi,
le quotidiane perfidie! Per questo
sono sempre più numerosi, oramai, gli uomini che tacciono con
gli uomini e aprono il cuore al proprio domestico animale: parlandogli con la voce e con le carezze,
confidandogli i propri guai, sicuri
che il pelosetto li ascolti, e magari li
sappia consigliare con lo sguardo, o
almeno li conforti con la pazienza.
In certi Paesi, oramai, si spende più
per nutrire gli amici animali, per
curarli, per coccolarli, per viziarli,
che per i figli. Misteri del mondo
moderno? No perché spesso gli
animali sono migliori degli uomini.
Basterebbe anche soltanto questo
per amarli. E certamente per rispettarli. Per tenerli insomma come compagni e non come giocattoli o soprammobili da spolverare.
Perché altrimenti, poveri quattro
zampe, è meglio lasciarli dove
stanno.