il rimpatrio di gaston miron
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® F RONTIERA DI P AGINE LETTERATURA CONTEMPORANEA FRONTIERA DI PAGINE POESIA CONTEMPORANEA IL RIMPATRIO DI GASTON MIRON DI ANDREA GALGANO HTTP://POLOPSICODINAMICHE.FORUMATTIVO.COM PRATO, 20 DICEMBRE 2012 IL Quebec, francofona la del provincia Canada, rappresenta il punto più alto e vivo della poesia canadese contemporanea. La lingua si impasta di sofferenza, ma trova nell’alto abbandono un vertice cristallino di istanze e un’appartenenza imperitura, mai smossa, alla propria identità e al proprio lavoro umano. In questa vertigine compositiva ed elegante, Gaston Miron (1928-1996), rappresenta il corpo più intenso e vivido dell’arte quebecchese, che non risulta essere mai uno specchio rovesciato della Francia. Lingua pura, d’incontro, di colori e di altezze, che sempre si rinnova attraverso la voce dei cantori del suo paesaggio, come Paul Bèlanger, Claudine Bertrand, Nicole Brossard o Pierre Ouellet. Si tratta di una difesa strenua di appartenenza e un ampliamento, laddove geografia e esperienza si uniscono e fondono il loro linguaggio in una vertigine di sogno, di attesa e di nuovo spazio. La lingua di Miron è una presenza rapaillèe, ossia “rappezzata”, “rattoppata”, quasi impregnata di sedimentazioni e processi continui e, potremmo aggiungere, persino vorticosa. Ma di che natura è questo tempo vorticoso, peraltro mai enfatico?. È un gemito stemperato, appuntato su pagina, come se fosse un fotogramma di un viaggio lungo e permanente, traghettato e viandante, come scrive Claude Beausoleil: “Il Québec è d'America ma di un'America spesso immaginaria, come fuori commercio, votata ai biancori nordici e che aspira le sue piaghe d'origine”. Quando l’incisività colloquiale detta i tempi d’amore, l’imprevisto del tempo è il vento nudo di donna. Lo è stato da sempre per Miron e per il suo balzo doloroso e amante, come una memoria che unisce i destini e le lasse dei moti. Spesso la dimensione affettiva raggiunge il rigoglio della supplica, del “mal d’èpieu” e della promessa, la domanda di un tempo eterno, passaggio dell’amnesia: «Cuore del cuore tante volte intagliato, tradito/ dalle offese e dalle imposture del caso/ ogni volta che la vita © articolo stampato da Polo Psicodinamiche S.r.l. P. IVA 05226740487 Tutti i diritti sono riservati. Editing MusaMuta® www.polopsicodinamiche.com http://polopsicodinamiche.forumattivo.com Andrea Galgano. Il rimpatrio di Gaston Miron. 20.12.2012 II mi ha emarginato / ho patito più della mia derisione. // (corpo verbo: parole frementi; il destino/ che ci cerca ancora nel silenzio e/ nella distanza stellata dei nostri sguardi.)». I paesaggi di Miron divengono cuori peregrini, quiete e spasimo di contrasto e coltre d’esperienza, vissute attraverso un patchwork linguistico che unisce materia francese e crinale americano, silenzio e cardine d’ombra, «per avanzare/ come fosse/ il primo lido del mondo». Scrive Giovanni Dotoli: “Ma dall’amore Miron spazia verso la memoria del tempo, attraverso dodici tappe, simboliche come quelle di una «Via Crucis». Non importa chi sia la donna amata. Contano il viaggio d’amore, il senso di supplica, quasi religiosa, che accompagnano il lettore, nel passaggio dal cuore all’eterno (…) Gaston Miron è come un’aquila che si poggia sulla punta estrema di una roccia affilata, a picco su una valle o sul mare, dalla quale lancia messaggi di disperazione e di speranza”. Abitare l’estremità del tempo, convocarne la dolce ferita di qualcosa che lascia tracce, pur passando da luogo a luogo, significa conoscere l’urgenza di ciò che tiene insieme la materia del mondo, l’amore nel destino, la ricerca di sé. Cercare una donna è l’intima sopravvivenza della sua profondità, per spogliare il sole, «attraverso il sentiero delle alture di terra nell’anima». La fertilità del suo canto, come quello che parte da Sandrine Berthiaume, rinviene il suo grido all’abbandono della sua terra di «miron delle pene d’amore e delle trasfigurazioni». Il suo mondo, le sue grida mosse, la solennità della compostezza affettiva, sensuale e inscritta nella carne e nel tempo, propagano l’epica dolce, come una feritoia, del suo tratto e della sua tensione iniziatica, al “desiderio di nascita” e al “pericolo estremo”. Una leggerezza che si adagia su questi due poli, poiché la conoscenza è essa stessa conascenza. Una co-nascenza che vive nella sua condizione di estraniato, in previsione di una © articolo stampato da Polo Psicodinamiche S.r.l. P. IVA 05226740487 Tutti i diritti sono riservati. Editing MusaMuta® www.polopsicodinamiche.com http://polopsicodinamiche.forumattivo.com Andrea Galgano. Il rimpatrio di Gaston Miron. 20.12.2012 III futura rinascita e di un futuro rinnovamento, come la sua lingua, come la sua identità, che nell’amore diviene il nascosto nome dell’origine delle cose: «… la felicità che cresce dall’interno / e c’illumina/ I bambini della favola del mondo/ il biondo, la bruna/ l’avvenire che interpella/ la dimora dell’amore/ la vita/ dove il corpo dell’amore è doppio/ sandrine berthiaume/ gaston miron». Camminare «nel gusto concreto del memorabile», come toccare «la donna senza fine» del tempo della sua luce, i suoi passi, gli ambienti racchiusi dei versi «en souffrance». La sua spazialità territoriale coincide con l’avanzare del tempo e la sua «leggenda futura». Il colore dell’oscurità lotta, in un agone senza fine, con la luce «avvolta di crepuscolo». Questa lotta di contrasti cronotopi, come chiarezza e oscurità, primavera e inverno, convivono sempiterni:«… e ritornare a sé tanto a lungo/ per la vasta nerezza abbagliante/ la nostra carne polarizzata di vetrate/ l’oro dello scambio sotto le nostre palpebre// mare abbracciato saremo/ mille altri soli». IV Questo è il viaggio iniziatico di Miron, come esplica il suo testo Per ritrovare il mondo e l’amore, quasi che la tensione speculativa e conoscitiva del soggetto lirico si risolva – e mai definitivamente – in una rottura e spostamento della sua geografia esistenziale di «case e terre». La chiarezza e il rinnovamento, «l’alba dei misteri», si accompagnano a una posizione rimossa e notturna, e, infine, a un desiderio intenso. Il mondo doloroso e agonizzante, spesso incontrato, non è l’esito finale di uno strazio, ma il canto potente e sospeso di un’anima-viandante, straniera e austera: «Uomo dal dolore d’una antropoesia/ la mia voce di rapide che schizzano nelle parole/ la mia parola frantumata sulla correggia in marcia/ miron delle sfortune e delle resurrezioni/ spettro d’albero fiammeggiante sempreverde/ (..) voglio parlare di ciò che m’accade». Momento di rivelazione, di limpidezza, di rigenerazione imminente. © articolo stampato da Polo Psicodinamiche S.r.l. P. IVA 05226740487 Tutti i diritti sono riservati. Editing MusaMuta® www.polopsicodinamiche.com http://polopsicodinamiche.forumattivo.com Andrea Galgano. Il rimpatrio di Gaston Miron. 20.12.2012 Miron non si tira indietro, anzi, la sua «forma d’assenza» è promessa di «un destino, l’iscrizione della durata», istante-finestra e accensione, dove «s’attardano/ i fantasmi e l’arcano di neve». La forza profetica del suo gesto si iscrive nell’amalgama dell’esistenza, nella seta dello sguardo, quando la sua anima e quella dell’amata riposano «aerei come in Chagall da sempre», ossia quando il termine del viaggio è una donna senza fine, suo sfarzo nudo, splendore di rimpatrio. LA MIA DONNA SENZA FINE Non so chi sei, ma i tuoi passi sono nella mia anima, come un sonar, a volte mi trovi e a volte mi perdi. Mi capita anche di cercarti quando sei bella ovunque nelle mie braccia mentre – più lontana degli occhi che guardano senza vedere, annegati in troppe cose che accadono‐ ti sento più vicino dell’ambiente caldo del mio corpo. Non pensarci troppo se talvolta ho creduto senza fine che fossi tu, lei andava e veniva nella mia vita come se fossi tu. ‐Ci furono i bambini, gli amici, le poesie e abbiamo fatto l’amore oh assoluta nudità sull’erba, sin sotto i rami. – Con lei t’ho studiata e l’ho amata ancora e spesso, come se fossi tu, poiché eri tu divenuta più presente del mio sguardo. Adesso so chi sei, dispieghi l’eternità per camminarci dentro a volte a distanza a volte nelle nostre labbra. So che m’hai tanto, tanto atteso mentre – nei miei lunghi giorni neri, nella mia notte di senso, accecato dalla frenesia, sordo per il brusìo dell’inessenziale‐ mi segnavi con la tua fiducia in questa vita per sempre e verso l’aldilà. V © articolo stampato da Polo Psicodinamiche S.r.l. P. IVA 05226740487 Tutti i diritti sono riservati. Editing MusaMuta® www.polopsicodinamiche.com http://polopsicodinamiche.forumattivo.com Andrea Galgano. Il rimpatrio di Gaston Miron. 20.12.2012