Il Casato Doni - Piccola Storia di Mazzorno Destro e dei suoi Nativi
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Il Casato Doni - Piccola Storia di Mazzorno Destro e dei suoi Nativi
CASATO DONI Nel 1400 il Sacerdote Anton Doni della Cappella del Granduca di Toscana venne trasferito alla Corte del Doge di Venezia quale Cappellano della Famiglia Dogale, con quaranta “carriaggi” trainati da buoi carichi di masserizie delle Famiglie di due fratelli dello stesso Cappellano. Nel 1707 Quirino Doni si staccò dalla sua famiglia proprietaria dello Squero Doni di Loreo (costruiva Vascelli da guerra e commerciali per il Doge di Venezia) ed eresse un cantiere per barche in Mazzorno Destro. Esso divenne “...uno dei Cantieri rivieraschi del Po, con una storia tanto affascinante quanto poco studiata e descritta. Non è un caso che fosse uno dei più sviluppati Centri della Cantieristica Navale - specie fluviale- in Polesine. Il cognome Doni è proprio timbrato Mazzorno Dx (tratto da scritti di Giuseppe Marangoni, Direttore del Michelangelo, “Tondo Doni” - 1504 / 1506 Museo Septem Maria presso l’Hotel “Amolara” di Adria). Nel 1955, allorquando lasciai Mazzorno, nei locali dello squero (non più attivo) c’era una rivendita di legna e carbone di un Doni, cugino di mio padre, la cui moglie Rosa Bonafè teneva un asilo per i ... pochi bambini paganti ( ! ). Mentre c’ erano 12 “Rami Doni”. Tra di essi solo cinque famiglie (noi Doni detti “d’ Quirin” (mio padre Aldo e lo zio Ambrogio, trasferitosi a Ferrara) e quelli detti “i bigarela” (Angelina, Giuseppe, Riccardo, Ugo, Sergio ed Antonietta) si riconoscevano con legami di parentela di secondo grado e tre anche fino al terzo grado, mentre gli altri erano semplicemente omonimi, non essendoci memoria di un rapporto di parentela. 1 La pellagra, la malaria e le alluvioni proiettarono i Doni di Mazzorno a cercare lavoro in altri lidi, prevalentemente in Lombardia e Piemonte. Dei 1800 abitanti del 1955 ne sono ora residenti solo 149 mentre vi abitano, quasi permanentemente, solo in 200 circa. Tra questi ora ci sono soltanto due famiglie Doni: quella cosidetta d’la Perugina - vedova di Dino Doni - e quella di Giovanni Doni padre di “Nino” e nonno di Marlene che hanno abitato nello “Squero Doni”. Tra gli “esodati” a sercar fortuna, qualcun el la gà ciapà, fra doveri cogenti e flebili Raffaello, “Ritratto di Agnolo Doni diritti, e lavorando senSa urari, boca serà 1505 / 1506 e puchi schei ! Il Vasari, nelle sue “Historie Fiorentine” scrive che, per celebrare le sue nozze (nel 1504) con la nobile Maddalena Strozzi, Agnolo Doni, ricchissimo mercante (di tessuti dalle Fiandre e di spezie dalle Indie), incaricò Michelangelo di fargli un capoletto “adeguato” (il geniale Artista aveva già litigato con il Papa e con il Re di Francia, da dove era appena rientrato). Concordarono il prezzo in cento ducati d’ oro per una tela “Sacra Famiglia”: esaltazione di Maria, madre di Gesù (vedi in attergato: commento artistico e storico). Al momento del ritiro Agnolo fece qualche rilievo negativo e pagò all’ Artista “squattrinato” solo settanta ducati che accettò, dovendo pagare il Mastro e gli operai di bottega.. Nelle osterie fiorentine immediatamente fiorirono “ i lazzi” (simili alle pasquinate romane contro il Papa Re). I caustici toscani dicevano: “il Mercante ha fregato il celeberrimo Artista squattrinato”. Michelangelo immediatamente scolpì su legno una cornice “tonda” con i profili dei Genitori di Agnolo e quelli di Maddalena ai cardini del tondo, inframezzati dall’ arme dei Casati Doni e Strozzi e disse a “Mastro Folco” che il prezzo della cornice dorata (a sfoglia d’oro zecchino) era di settanta ducati per tutti mentre solo per Agnolo Doni il prezzo era di cento ducati ! I lazzi subitaneamente dissero : “l’ Artista ha fregato il ricchissimo 2 Mercante”. Il “Tondo Doni” per il suo elevatissimo pregio artistico, dopo un decennale restauro nel “Laboratorio delle Pietre Dure” di Firenze, nel 1990 venne appeso nel primo locale (dopo la biglietteria) nel Museo degli Uffizi “in solitaria” con due grossi cordoni che lo tengono appeso al centro dello spettacolare salone di duecento metri quadrati, protetto da una ringhiera e circondato di panche imbottite per gli ammiratori di tutto il mondo. Sempre il Vasari scrive che con quei centosettanta ducati d’oro era possibile costruire un palazzo come quello principale di via Tornabuoni con l’aggiunta di ricchissime ed uniche boiseries come quelle del “palazzotto” di Agnolo Doni, in Via dei Tintori. L’ Ambasciatore delle Fiandre raccomandava al suo Successore, presso il Granduca Mediceo, di far visita ad Agnolo Doni per ammirare l’impiallicciatura delle pareti con legni pregiati e finemente intagliati e/o intarsiati con scene bibliche, storiche, campestri e/o di famigliari di Agnolo, realizzati dall’eccelso Artigiano Bruzzi e Figli. Il Protocollo di Corte non prevedeva la “visita di rispetto” da parte del Granduca ad Agnolo Doni morente. Egli però, più che guardare Agnolo che stava ormai “alla fine dei suoi giorni”, ammirò insistentemente il Tondo a capoletto, opera già a quei tempi riconosciuta come più pregiata di tutte le ricchissime collezioni d’arte del Granduca. Sempre nelle “Historie Fiorentine” il Vasari, allorquando Agnolo Doni, “tagliati gli ormeggi...andò avanti”, scrive che il suo primogenito Antonio inviò al Granduca con un “tiro a quattro in Gran Montura”, il capoletto del padre Agnolo. Il Granduca, il giorno successivo inviò, con un tiro a quattro “In Maestosa Gran Montura ” la pergamena che concedeva ad Antonio Doni la “Supremazia” in Val di Chiana. Prontamente i lazzi bisbigliarono nelle osterie, con il buon vino toscano: “ Il figlio del Mercante, con i seicento ducati che annualmente gli rimarranno dalle Gabelle che riscuoterà,anche forzosamente, nella ricca Val di Chiana, potrà costruire “tre palazzi e mezzo” in Via Tornabuoni arricchiti da prestigiose boiseries a tutte le pareti per nobilitare le magioni similmente alla sua in via dei Tintori. Nel 1506 per la nascita della primogenita Maria, Agnolo regalò alla 3 moglie Maddalena un pendente (evidenziato da Raffaello nel Ritratto di Maddalena Strozzi), composto di quattro grosse pietre preziose: un rubino (l’ amore), uno zaffiro (la purezza), uno smeraldo (la castità) una perla (la fedeltà matrimoniale). Nel 1707 Quirino Doni, grazie ad un congiunto Cappellano alla Corte Dogale (celebrava i Sacri Riti in San Marco, Cappella di famiglia del Doge !), ottenne la concessione dei terreni detti “el coro” e “campagna vecia” a destra ed a sinistra d’la stradela in terra battuta detta “via dei Marchi” a Mazzorno che allora era detto “Cà Raffaello, “Ritratto di Maddalena Strozzi Quirini - San Francesco”, nella diocesi di Chioggia. 1506 Tale concessione prevedeva : la costruzione della Casa Padronale (ora al numero 13 di via Marchi), con granaio al secondo piano, con a lato il fabbricato per le abitazioni dei Famigliari, l’aia e la stalla con fienile soprastante...così è stato fino al 1960. Recentemente la facciata ammodernata (direi peggiorata). E’ stata pure privata dell’ originaria canna fumaria esterna a forma tipica polesana e chiusa la finestra per l’areazione del granaio nel sottotetto. Ora la grande casa non è più nello stile di “Casa padronale polesana”, mentre la stalla ed il fienile sono diventati appartamenti di abitazione. Il Doge regnante nel 1707 era Alvise II Mocenigo, Centodecimo Doge della “Serenissima Repubblica di Venezia”. Eletto con 40 voti su 41 “Pregadi” (= Deputati) del Gran Consiglio. Perseguì i Mori (= arabi musulmani). Diede feste sontuose. Fu sempre devoto cristiano. Un altro Doni, Giovan Battista (Firenze 1595-1647), nel 1620 si trasferì a Venezia dove fu l’editore di pregiati testi di Musica. Nel 1630 fu docente all’Università di Firenze quale Teorico della Musica. Pubblicò diversi Trattati di Musica e cambiò nome alla nota musicale 4 “Ut”, ribattezzandola “Do” (più dolce), prendendo parte dal suo cognome. A Roma, con la protezione del Cardinale Francesco Barberini, fu Segretario del Collegio Cardinalizio. Inventò una doppia “lyra” che chiamò, in onore del suo patrono, “Lyra Barberina” o “Anficorde”. Ps: allego il Dotto Commento Storico - artistico del giornalista Marco Carminati, pubblicato sul Quotidiano Sole 24 ore relativo al “Tondo Doni Roma 8 Gennaio 2016 Maggiore Generale Emilio Doni Nato e vissuto a Mazzorno Destro fino al 1/9/1955 5