i morsi animali

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i morsi animali
I MORSI ANIMALI
mammiferi rettili e artropodi
dal riconoscimento della lesione
alla diagnosi e alla terapia
Dott C. Moiraghi
S.C. Medicina d’Urgenza
ASO S. Giovanni Battista di Torino
MORSI DI MAMMIFERI
La maggior parte dei morsi di mammiferi sono inflitti da
cani (85 – 90 %)
I gatti sono responsabili del 5 – 10 % dei morsi
I roditori del 2 – 3 % dei morsi
Gli esseri umani del 2 – 3 % dei morsi
RICONOSCIMENTO DEL TIPO DI MORSO
Morso di cane
Morso umano
Morso di gatto
¾I cani hanno denti grossi che possono provocare
lacerazioni e rottura dei tessuti:
•Ferite penetranti nel 13 – 34% dei casi
•Lacerazioni occorrono nel 30 – 45% dei casi
•Abrasioni superficiali nel 30 – 40 % dei casi
¾I gatti hanno denti sottili e affilati. Anche se il morso è
più debole di quello del cane, i loro denti possono
penetrare ossa e capsule articolari.
•Lacerazioni occorrono nel 5 – 17% dei casi
•Ferite penetranti nel 57 – 86% dei casi
•Abrasioni superficiali nel 9 – 25% dei casi
¾La maggior parte dei morsi umani è inflitto alle mani (60 – 75%).
Possono essere interessati anche il volto ed il tronco, soprattutto nei
bambini in occasione di una lotta.
•La tipologia del morso può essere distinta in morso vero e proprio
(occlusale) ed in ferita provocata dai denti che sono colpiti dalla
mano, a pugno chiuso, durante una lotta. Quest’ultimo tipo di ferita
è particolarmente soggetta ad infezione.
•E’ importante rilevare, esaminando il morso, la distanza tra i
canini: se è > 3cm prova che il morso è stato inferto da un adulto, il
che deve indurre ad indagare su possibili abusi sul minore.
L’INCIDENZA DELLE MORSICATURE DA
MAMMIFERI
•E’ difficile da determinare: la maggior parte dei casi
sfugge all’osservazione perché la maggior parte dei
soggetti morsicati non ricorre a cure mediche.
•Negli USA si stima che i morsi da mammiferi siano 2 – 5
milioni all’anno. Rappresentano l’1% degli interventi nei
Dipartimenti di Emergenza
•Nel Regno Unito sono stimati in circa 200.000 casi/anno
La situazione in Piemonte
Anno 1998
Casi
1999
2000
2001
2002
4.673 4.564
4.207
3550
3082
2003
-
MORSI DI CANE
•I morsi di cane sono spesso causati da animali con cui
la vittima ha confidenza.
Da dati USA (Pediatric Trauma Center), nel 45% dei
casi il morso era stato inflitto dal cane di casa e nel 46%
dei casi da un animale comunque conosciuto.
•Nell’88% dei casi il cane era di grossa taglia e nel 25%
dei casi era un pit bull.
•Nel 55% dei casi l’attacco non era stato provocato
•Il morso di un cane può provocare abrasioni e graffi, ma
anche ferite penetranti, ferite con perdita di sostanza e
fratture ossee.
•I bambini sotto i 5 anni sono morsicati alla testa ed sul
collo nel 60 – 70% dei casi (nel 50% dei casi quelli tra i 5
ed i 10 anni).
•E’ possibile che il morso causi una ferita penetrante
nella teca cranica, che provoca frattura della stessa,
meningite e talvolta ascesso cerebrale. Per questo motivo
è sempre indicato eseguire una radiografia o, meglio, una
Tac del cranio, anche se la ferita al capo appare di
modesta entità. Dovranno essere cercate fratture o aria
libera nella volta cranica, espressione di ferita penetrante
la teca.
Morsi di cane
•Gli arti sono la sede più frequentemente interessata dai morsi
di cane.
•Il tronco è interessato solo nel 4 – 10 % dei casi
•Raramente l’esito del morso è mortale. Quando si verifica
l’exitus, è dovuto a lesione di grossi vasi od ad interessamento
diretto di un organo vitale.
MORSI DI GATTO
•I gatti causano ferite con i denti e con gli artigli
Da: www.antropozoonosi.com
•A differenza dei morsi di cani, che interessano
prevalentemente i bambini ed i maschi adulti e che nel
55% dei casi non sono provocati, i morsi di gatto
interessano più spesso donne adulte e nell’89% dei
casi sono provocati
•2/3 dei morsi di gatto interessano gli arti superiori od
il volto
•Spesso il morso causa una profonda ferita
penetrante, perché i gatti hanno denti lunghi, sottili
ed affilati. Quando è interessata la mano, possono
essere inoculati batteri sotto il periostio o nella
capsula di una articolazione, il che può causare
osteomieliti od artriti settiche.
Morsi di gatto
MORSI DI RODITORI
•Si tratta quasi sempre di morsi di ratti
•Sono poco frequenti ed interessano in genere bambini
fino a 5 anni d’età, sul volto e sulle mani, generalmente di
notte.
•L’incidenza del morso di ratto è bassa ed in costante
riduzione, essendo legata in genere a situazioni di grave
degrado sociale
MORSI UMANI
•Quando un bambino viene morsicato da un altro bambino,
la lesione si presenta con un’area ovalare eritematosa od
ecchimotica; la cute può essere lesa od intatta.
•Sono più spesso interessati il volto, gli arti superiori ed il
tronco, dato che il morso viene in genere inflitto durante
una lotta.
•E’ possibile che soggetti con problemi psichiatrici si
autoinfliggano morsi
•I morsi “indiretti”, causati dall’urto del pugno chiuso
contro i denti, provocano ferite laceranti la cute che
facilmente si infettano per la penetrazione di batteri propri
della flora orale, che possono estendersi alle vicine
articolazioni
Morso umano
COMPLICANZE DELLE
FERITE DA MORSO
¾L’infezione della ferita è la complicanza più comune. Si
infetta il:
• 2 –30% dei morsi di cane
• 15 – 50% dei morsi di gatto
• 9 – 50% dei morsi umani
•Il rischio di infezione è particolarmente alto in caso di ferite
penetranti, di ferite alle mani, di ferite che richiedono una
toeletta chirurgica, in caso di coinvolgimento tendineo o di
ligamenti ed in caso di frattura.
•I soggetti diabetici, gli splenectomizzati, gli immunodepressi,
i cirrotici, sono a rischio di infezione particolarmente alto
•Le ferite dovute ai morsi di cane e gatto sono spesso
colonizzate da un mix di batteri: aerobi ed anaerobi.
Infezione della ferita da morso di gatto
Morso di gatto, un
giorno dopo
Infezione della
ferita
Microbiologia delle infezioni
delle ferite da morsi
Agenti patogeni nelle infezioni delle ferite da
morso di cane
Pasteurella multocida e altre Pasteurella spp.
Da: www.antropozoonosi.it
Questi batteri Gram- asporigeni sono considerati come i
più comuni agenti patogeni causa di infezione conseguente
a morsi, essendo responsabili del 20-50 % delle infezioni
secondarie a morsicature canine ed in uguale percentuale
in quelle di gatto. Inoltre sono in rapporto ai casi di
infezione nei bambini non dovuti a contatti traumatici ma
alla saliva (leccamenti). Pasteurella spp. fa normalmente
parte della flora microbica orale nei cani e nei gatti.
Pasteurella multocida può causare infezioni dei tessuti
molli, delle articolazioni e dell’osso con conseguenti
ascessi, osteomieliti, artriti settiche ed infezioni
respiratorie
(faringiti,
sinusiti,
epiglottiti,
tracheobronchiti, polmoniti, ascessi polmonari ed
empiema pleurico). Possibile la diffusione sistemica
(meningiti, endocarditi, infezioni addominali).
La diagnosi si fonda sul reperto colturale
La terapia antibiotica: la penicillina è il farmaco di scelta,
anche se stanno comparendo ceppi resistenti. In alternativa,
in caso di allergia, cefalosporine di III o IV generazione. E’
sensibile anche ai chinolonici ed alle tetracicline, che sono
però controindicati nei bambini.
Nelle infezioni gravi, a Paziente ospedalizzato: ticarcillina
clavulanato, ampicillina sulbactam, amoxicillina clavulanato
per via parenterale.
L’interessamento osteoarticolare lascia reliquati nel 50% dei
casi di osteomielite, la mortalità in caso di meningite è vicina
al 50%.
Capnocytophaga canimorsus (CDC DF2)
Sottile bastoncino, GramPreoccupa particolarmente gli
splenectomizzati o i pazienti
immunodepressi, con un 30 % di
mortalità in caso di setticemia da
C. canimorsus. Questi organismi
possono essere difficilmente
evidenziabili a causa delle loro
particolari esigenze nutritive per
la loro stessa crescita.
Recentemente Capnocytophaga è
stata identificata come agente
causale di sinusiti e riniti croniche
nei gatti. In origine la potenzialità
di questi batteri di causare da soli
malattie negli animali non era
stata considerata, forse a causa
della loro difficoltà di crescita in
vitro.
Da: www.antropozoonosi.it
CD gruppo NO-1 (caratteristiche simili ad Acinetobacter)
E’ un altro organismo
alfanumerico descritto
recentemente in associazione ai
morsi di cane (77 % dei casi isolati)
e in maniera minore nei morsi di
gatti (18 % dei casi isolati). E’ in
grado di infettare le ferite e di
causare setticemia. Il 58 % dei 22
casi di uno studio richiesero
ricovero ospedaliero.
Da: www.antropozoonosi.it
Agenti patogeni nelle infezioni delle ferite
da morso di cane e di gatto
Staphyloccocus intermedius e Streptococcus spp
Microorganismi presenti
normalmente nella cavità
orale di cani e gatti.
Un certo numero di
infezione zoonotiche
causate da morsi di cani
(in modo limitato anche da
gatti e cavalli) sono
causati da Staphylococcus
aureus umano, che include
ceppi penicillo-resistenti
molto pericolosi.
Da: www.antropozoonosi.it
Proteus, Klebsiella, Enterobacter spp., Bacteroides,
Clostridium sp
Sono anaerobi quindi richiedono specificatamente
condizioni di coltura anaerobica per crescerli.
Erysipelas rhusiopathiae
E’ solitamente associato ai morsi di maiale ma ne sono
stati isolati ceppi anche dai morsi di gatto.
Bartonella henselae
Sebbene sia nella maggior parte dei casi associata a ferite
da graffio di gatto (causando la malattia “da graffio di
gatto), questo batterio può essere trasmesso anche
attraverso il morso
TERAPIA
¾Il trattamento iniziale consiste in:
•Medicazione compressiva per controllare il sanguinamento.
Se il sanguinamento è importante e non si riduce, mantenere la
compressione e ricorrere il prima possibile al Pronto Soccorso
•Lavare abbondantemente la ferita con soluzione fisiologica,
usando una siringa da 30 – 60 ml ed un ago 16 – 19 gauge. In
questo modo la detersione della ferita è ottimale, ma bisogna
aver cura di evitare che il lavaggio possa danneggiare
ulteriormente tessuti già danneggiati e che l’Operatore, che
deve
indossare
i
guanti,
venga
spruzzato.
Un lavaggio della ferita, meno traumatico ma meno efficace,
può essere fatto con la siringa senza ago
•La ferita può essere disinfettata con povidone iodato all’1%
•E’ utile rimuovere eventuali lembi di tessuto necrotico,
previa anestesia locale
•Le ferite possono essere più estese o profonde di quanto
possa far sospettare un’ispezione iniziale, soprattutto in
caso di ferite penetranti
•Devono essere perciò ricercati segni di diffusione
dell’infezione, soprattutto se il Paziente giunge tardi
all’osservazione
•Non deve essere sottovalutato il trauma psichico
conseguente all’aggressione, soprattutto nei bambini, che
può esitare nella sindrome da stress post traumatico
(PTSD)
¾L’approccio chirurgico è da considerare in caso di:
•Morsi che coinvolgono arterie, nervi, muscoli, tendini ed
ossa
•Ferite penetranti della mano e del piede
•Ferite al volto (escluse le abrasioni superficiali)
•Presenza di corpo estraneo nella ferita
•Quando è necessaria la rimozione di grossi lembi di
materiale necrotico
•Quando è difficile definire la gravità delle lesioni o
quando la ferita infetta non migliora con terapia medica
•Se è presente grave cellulite
•Nei soggetti asplenici, soprattutto se non è stata iniziata
subito profilassi antibiotica
•Nei Pazienti immunodepressi, cirrotici o diabetici
La profilassi antibiotica
I dati disponibili sull’utilità della profilassi antibiotica delle
infezioni conseguenti a morsi di mammiferi sono molto
limitati. Una sistematica revisione della letteratura (Cochrane)
dimostra le seguenti evidenze:
¾La profilassi antibiotica riduce in modo statisticamente
significativo le infezioni dopo morso di cane, gatto od umano
alla mano: somministrando una profilassi antibiotica dopo
morso alla mano, si evita l’infezione in un soggetto ogni
quattro trattati
¾Per morsicature in altre sedi i dati sono insufficienti
¾Fondandosi sul parere di esperti una profilassi antibiotica
viene oggi consigliata:
•Nei morsi umani, quando la ferita è penetrante
•Nelle ferite ad alto rischio: alle mani, piedi, faccia; ferite
penetranti (soprattutto da morso di gatto); ferite che
necessitano di toeletta chirurgica; ferite che coinvolgono
articolazioni, tendini, ligamenti o quando si sospetta frattura
ossea
•Quando si procede a sutura in prima istanza della ferita
•Quando il Paziente è ad alto rischio per patologie
preesistenti
•Nei portatori di valvole cardiache protesiche o di protesi
ortopediche
¾La profilassi antibiotica non è consigliata se la ferita data
da due giorni o più e non sono presenti segni di infezione
La scelta dell’antibiotico (profilassi)
•Per le ferite di modesta entità il farmaco di scelta è
l’amoxicillina clavulanato.
•In caso di allergia alla penicillina si può ricorrere alla
associazione di doxiciclina più metronidazolo. Le
tetracicline non possono però essere usate in bambini di età
inferiore ai 12 anni.
•Possono essere usati altri farmaci: macrolidi, meglio
l’azitromicina (maggiore attività contro gli anaerobi)
dell’eritromicina cui ormai è resistente il 50% dei ceppi di
P. multocida, chinolonici (scarsa attività contro gli
anaerobi, controindicati nei bambini)
•La profilassi deve essere proseguita per 5 giorni, se la
ferita non presenta segni di infezione
La scelta dell’antibiotico (terapia)
¾In caso di gravi infezioni il Paziente deve essere
ospedalizzato e deve essere trattato con antibiotici per
via sistemica.
¾I farmaci di scelta sono:
•Ampicillina sulbactam
•Ticarcillina clavulanato
•In caso di allergia alla penicillina:
- trimethoprim sulfametossazolo o cefalosporina di III
generazione (allergia crociata possibile) + clindamicina
¾L’antibiotico deve essere somministrato almeno per
14 giorni. Lo “switch” alla terapia orale può avvenire
in 10a giornata, purchè sia evidente un miglioramento
clinico
¾In caso di tenosinoviti o artrite settica la terapia va
proseguita per 21 giorni
¾In caso di ostomielite la terapia va proseguita
almeno per 4 settimane
¾Complicazioni meno frequenti sono:
•Tetano
•Rabbia
•Setticemia
•Artrite settica
•Tenosinovite
•Fratture
•Osteomielite
•Peritonite
•Meningite
•Cicatrici deturpanti
Profilassi antitetanica
Soggetto correttamente
vaccinato (ha già
ricevuto 3 o più dosi di
anatossina antitetanica)
Vaccinazione
incompleta o dato
non disponibile
Ferita minore e
non contaminata
1 dose di anatossina se l’ultima Somministrare il ciclo
dose è stata somministrata vaccinale completo:
meno di 10 anni prima
1a dose, 2a dose dopo un
mese, 3a dose entro 12
mesi
Tutte le altre
ferite
1 dose di anatossina se
l’ultima
dose
è
stata
somministrata meno di 5 anni
prima
Immunoglobuline
antitetaniche (250 U i.m.)
e somministrare il ciclo
vaccinale completo
La profilassi antirabbica
La rabbia è una malattia virale ad esito invariabilmente
infausto, acquisita tramite il morso o l’esposizione alla
saliva infetta di un animale rabido.
La profilassi post esposizione può salvare la vita del
soggetto infettato, ma è costosa e non scevra da
complicanze.
Per questo motivo, prima di somministrarla, è
necessario chiedere la consulenza di un esperto.
Negli USA il 40% delle somministrazioni di IG e
vaccino antirabbico è inappropriata
Per la profilassi antirabbica post-esposizione sono
utilizzate:
•Immunoglobuline specifiche: ottenute da un pool di
donatori volontari iperimmuni
•Vaccini: ne esistono tre tipi, ottenuti da colture
cellulari
•La disponibilità del vaccino non deve far trascurare i
normali provvedimenti da adottare in caso di ferita da
morso: l’accurato lavaggio con acqua e sapone della
ferita e la disinfezione con povidone iodio sono in
grado, da soli, di ridurre del 90% il rischio di infezione
Immunoglobuline: la dose raccomandata è di 20 UI/kg, che
non deve essere superata per non ridurre la risposta
anticorpale
alla
somministrazione
del
vaccino.
La maggior quantità possibile deve essere infiltrata ai
margini della ferita, il resto somministrata per via i.m.
Può comparire, a seguito della somministrazione, febbre
lieve e dolore locale. Sono possibili reazioni allergiche
sistemiche gravi.
Vaccinazione: La prima delle cinque dosi di vaccino
deve essere somministrata il prima possibile dopo
l’esposizione. Le dosi successive nei giorni 3, 7, 14 e 28
dalla prima dose. Il vaccino va somministrato per via
i.m., ma non a livello gluteo (risposta anticorpale
scarsa).
Le reazioni avverse sono in genere lievi: dolore nel
sito di iniezione, con arrossamento e prurito. Reazioni
sistemiche non sono frequenti e di solito sono lievi:
cefalea, mialgie, nausea, vomito, dolore addominale e
vertigini.
Una reazione da immunocomplessi o di ipersensibilità
tipo 3 compare nel 6% dei vaccinati: orticaria,
artralgie, angioedema, nausea, vomito e febbre. Sono
in genere reazioni IGE mediate, non pericolose per la
vita.
Anche se le reazioni vaccinali non sono in genere gravi, il
trattamento deve essere condotto in ambiente ospedaliero.
Il trattamento antirabbico deve essere messo in atto
seguendo le linee guida universalmente accettate:
•Se l’animale (cane, gatto, furetto) è rabido o fortemente
sospetto di esserlo, la profilassi postesposizione deve essere
iniziata appena possibile.
•Se l’animale è in apparente buona salute deve essere
tenuto in osservazione per 10 giorni e la profilassi iniziata
solo se si manifestano sintomi di malattia o se la ferita è alla
testa od al collo
•Se l’animale è fuggito è probabilmente utile iniziare la
profilassi post-esposizione, sentito un esperto della Sanità
pubblica
•Se il morso è inferto da un animale selvatico, questi è
da considerare rabido a meno che venga abbattuto e si
possa provare che non lo è. Interpellare comunque
sempre gli esperti di Sanità pubblica.
•Se l’animale che morde non è un mammifero la
profilassi non è mai indicata
•I morsi umani possono trasmettere numerose infezioni,
inclusi i virus dell’epatite B e C, sifilide primaria, virus
erpetici.
•E’ quindi consigliabile che un Paziente anti HBs negativo,
morsicato da un soggetto portatore di epatite B, venga
trattato con vaccino per l’epatite B e vengano somministrate
immunoglobuline specifiche entro 12 ore
•La trasmissione dell’HIV è teoricamente possibile, ma nella
realtà trascurabile
LA MALATTIA DA GRAFFIO DI GATTO
La malattia da graffio del gatto (Cat Scratch Disease - CSD)
è una zoonosi emergente ed ubiquitaria segnalata per la
prima volta nell’uomo nel 1931. Dal punto di vista
eziologico, nel corso degli anni diversi agenti quali virus,
Rickettsie, Clamidie sono stati sospettati essere responsabili
di CSD.
Solo nel corso degli anni ’90 si è pervenuti alla
identificazione di Bartonella henselae come principale
agente dell’infezione
Nel 5% dei casi l’infezione può essere sostenuta da altri
microorganismi, il cui ruolo però è molto marginale:
Afipia felis e Bartonella clarridgeiae
Elettromicroscopia a trasmissione di B. henselae da
striscio di sangue infetto
Da: www.antropozoonosi.it
La malattia nell’uomo
La malattia da graffio di gatto (CSD) viene considerata la
causa più comune di adenopatia cronica, benigna, in bambini
e giovani adulti. Da 3 a 10 giorni dopo il contatto con
l'animale, nel punto di inoculazione compare una lesione
cutanea pustolosa, papulosa o vescicolosa, che può persistere
per giorni o settimane, guarendo senza lasciare cicatrici.
Ilsegno clinico dominante è l'adenopatia di un singolo
linfonodo o regionale, che compare di solito entro 2 settimane
dal graffio. Più dell'80% dei linfonodi interessati sono
localizzati al capo, al collo ed agli arti inferiori; hanno un
diametro di 1-5 centimetri ed appaiono arrossati e dolenti.
La lesione iniziale
Da: www.antropozoonosi.it
L’adenopatia
Da: www.antropozoonosi.it
L’adenopatia
Da: www.antropozoonosi.it
Sebbene il 10-20% di essi progredisca verso la
suppurazione, la maggior parte regredisce entro 2-6 mesi.
Concomitano
spesso
sintomi
generali
aspecifici:
Febbricola, malessere, cefalea, anoressia, mal di gola ed
artralgie.
L'11-12% dei casi sono caratterizzati dalla sindrome
oculoglandulare di Parinaud, che consiste in una
congiuntivite granulomatosa autolimitantesi associata ad
una linfoadenopatia ipsilaterale, per lo più preauricolare.
Talora il decorso è grave per la comparsa di:
• disturbi neurologici, con encefalopatia in circa l'1-7% dei
casi, mielite trasversa, paralisi del VII e neuroretinite
• anomalie ematologiche
• artrite ed eritema nodoso
Neuroretinite: papilledema associato ad essudato stellare
maculare
Da: www.antropozoonosi.it
La diagnosi
La diagnosi è principalmente clinica e si fonda sulla
presenza dell’adenopatia e della lesione primaria da inoculo
sulle estremità, sul collo o sul capo, in concomitanza con un
contatto recente con gatti.
La diagnosi di laboratorio si basa essenzialmente sull’esame
diretto del materiale bioptico linfonodale (con il metodo
dell’impregnazione
argentica
di
Warthin-Starry),
sull’emocoltura, sui test sierologici, come EIA (enzyme
immunoassay) e IFA (immunofluorescence assay) e sui
metodi molecolari, come la PCR.
La diagnosi differenziale si pone con:
•Mononucleosi infettiva
•infezioni micobatteriche tipiche o atipiche
• tularemia
• brucellosi
• sifilide
• linfogranuloma venereo
• sporotricosi
• istoplasmosi
• toxoplasmosi
• adenite neoplastica
La Terapia
La terapia è principalmente sintomatica poiché la
malattia, di solito, regredisce spontaneamente entro 2-6
mesi. Non ci sono dati chiari circa l’utilità degli
antibiotici. I risultati clinici migliori sono stati ottenuti
con
rifampicina,
ciprofloxacina,
gentamicina,
trimetroprim
e
sulfametoxazolo
(TMP/SMX),
claritromicina ed azitromicina. In uno studio
retrospettivo di dati non controllati, la percentuale di
pazienti, che hanno risposto completamente o
parzialmente a 7-14 giorni di terapia, è stata dell’ 87%
con rifampicina, 84% con ciprofloxacina, 73% con
gentamicina solfato parenterale e 58% con TMP/SMX.
MORSI DI SERPENTI
Vipera o serpente innocuo?
Su 3500 specie di serpenti conosciute, solo 300 sono
velenose e sono divise in 5 famiglie: Elapidi, Crotalidi,
Colubridi, Idrofidi e Viperidi.
In Europa sono presenti solo questi ultimi e in Italia in
particolare le specie presenti sono quattro.
La Sardegna è l’unica regione in cui la vipera non è
presente.
SEGNI DISTINTIVI
Tutte le specie di vipere hanno caratteristiche peculiari ben
precise che le distinguono dai serpenti innocui. Tra queste il
colore è certamente la meno affidabile, in quanto la tendenza
delle vipere a mimetizzarsi con il terreno permette loro di
assumere colori diversi.
Più affidabili, sempre che si riesca ad osservarle, sono la
forma della testa, gli occhi, e la Coda.
L'unica caratteristica certa e di facile identificazione è
comunque il morso.
Morso di serpe e di vipera
Morso di serpe
Morso di vipera
•Il segno caratteristico è la presenza di 2 piccoli fori
distanziati di 0,5-1 cm, più profondi degli altri,
corrispondenti ai segni lasciati dai denti veleniferi.
•Talvolta il morso può presentare anche altri segni: oltre ai
fori dei denti veleniferi, infatti, può essere presente il segno
lasciato dagli altri denti, molto meno profondo ed evidente.
Il morso di altri serpenti non velenosi, non presenta i due
fori maggiori, ma il segno dell’intera arcata dentaria, a
forma di V.
ATTENZIONE: potrebbe capitare che la vipera abbia
perso un dente velenifero, oppure che il morso non sia
andato a segno completamente e a fondo. In tal caso può
essere presente un solo foro del dente velenifero.
Le vipere sono riconoscibili dagli altri serpenti per il
corpo tozzo (largo rispetto alla lunghezza, in
particolare la coda è molto corta e rastremata), per la
colorazione poco appariscente (niente verde, giallo o
rosso) bruno rossastro - scuro, macchiato di nero, per
l’andamento lento, per la testa vagamente triangolare e
a punta (negli altri serpenti ha forma di ovulo), per le
pupille degli occhi che sono schiacciate e verticali
anziché rotonde (simili a quelle dei gatti), per la
presenza in bocca di due vistosi denti veleniferi molto
appuntiti; inoltre la vipera del corno, come dice lo
stesso nome, possiede in corrispondenza del naso una
visibile protuberanza.
Serpe (testa)
Serpe
Serpe
Vipera
Vipera
Le vipere italiane
•La Vipera aspis o vipera comune, diffusa sulle Alpi
e sugli Appennini, predilige luoghi caldi e asciutti;
di indole mite, fugge se molestata.
•La Vipera berus o marasso palustre, diffusa in
montagna, è piuttosto aggressiva.
•La Vipera ammodytes o vipera dal corno, si trova
nelle Alpi Orientali. È poco aggressiva, ma il suo
veleno è il più pericoloso.
•La Vipera ursinii, si ritrova nel Gran Sasso, è la
meno velenosa ed aggressiva.
Vipera aspis
Vive in tutta Italia ad esclusione della Sardegna, dalla pianura alla montagna (limite 2.000 m.
s.l.m.); preferisce zone aride, calde e pietrose; caratteristico e' l' apice del muso rivolto verso l' alto,
iride chiara, presenza di una fascia biancastra sulle guance.
Varietà di vipera aspis
Vipera aspis atra
Vipera aspis Francisciredi
Vive nell’Italia Settentrionale,Centrale e
nell'Isola d'Elba
Vive nelle Alpi Piemontesi,Val d'Aosta
e Liguria nord-occidentale
Vipera Ammodytes (vipera dal corno)
Diffusa nella parte orientale dell' Italia settentrionale (limite 1.600 m. s.l.m.)
Presenta un corno conico, molle e ricoperto di squame lungo fino a 5 mm., sull' apice del muso.
E’ considerata la più pericolosa
Vipera Ursinii o vipera di Orsini
presente nelle zone montane dell' Italia centrale
Vipera Berus o marasso palustre
Diffusa nella zona centrale dell' Italia settentrionale, fino ad oltre i 2.000 m. s.l.m.
La varietà cosiddetta MELANICA , priva di pigmentazione, si presenta di un colore nero
lucido. La sua livrea non presenta le caratteristiche di tutte le altre vipere, di conseguenza può
erroneamente e pericolosamente essere scambiata per un serpente innocuo.
Aree di distribuzione delle vipere in Italia
L’Apparato velenifero
•I viperidi sono dotati di zanne mobili che aderiscono al
palato in posizione di riposo, estremamente sviluppate ed
efficaci. La stessa lunghezza assicura una penetrazione
profonda e quindi più efficace, inoltre sono
completamente "canalicolate", con un orifizio di entrata
e di uscita del veleno, che viene convogliato in profondità
nelle carni della vittima.
•La gravità dell’avvelenamento dipende dalla quantità di
veleno iniettato; con un morso viene inoculato il 4-7% della
quantità del veleno. Ci possono essere anche 20-30 attacchi
successivi, fino a scaricare del tutto le ghiandole velenifere.
• In media un morso può contenere dai 5-40 mg di principio
attivo, minore se la vipera ha da poco morso un altro
animale.
•Le sedi prevalentemente colpite sono: mano, piede,
polpaccio, arti inferiori e superiori, ma i siti di aggressione
più pericolosi sono il collo o la testa.
Quadri clinici
Il quadro clinico varia in base alla:
•sede del morso
•tempo trascorso dal morso
•temperatura ambientale (il caldo, per la vasodilatazione,
facilita il passaggio in circolo del veleno)
•attività svolta dalla vittima dopo il morso (se la vittima
inizia a correre aumenta il passaggio in circolo del veleno)
•età del rettile (le vipere giovani hanno un veleno meno
pericoloso).
•Circa il 20% dei morsi di serpente sono morsi “secchi” in
cui non vi è alcuna inoculazione di veleno.
Sintomatologia
EFFETTI LOCALI:
Entro pochi minuti dal morso compaiono dolore urente e
bruciore severi, seguiti da edema duro ingravescente
prossimale, eritema, petecchie, ecchimosi e bolle emorragiche
che tendono ad estendersi lungo l’arto colpito.
Entro 12 ore
adenopatia.
possono
comparire
flittene,
linfangite,
SINTOMI SISTEMICI:
Ai segni locali, in relazione alla dose, alla zona interessata
e alla taglia del soggetto, si aggiungono i segni generali con
turbe emodinamiche, digestive, coagulative, renali e
neurologiche.
Le alterazioni emodinamiche sono determinate da una fuga
massiva di liquidi verso l'interstizio con conseguente
comparsa di ipotensione e shock;
I sintomi a carico dell’apparato digerente dovuti ad
iperattività della muscolatura liscia, consistono in vomito,
diarrea, nausea e crampi addominali.
Le alterazioni della coagulazione possono includere
fibrinolisi, trombocitopenia, emolisi,
fino ad una
coagulazione intravascolare disseminata.
La compromissione della funzione renale è conseguenza
dell'ipovolemia acuta (insufficienza renale acuta prerenale).
I
disturbi
neurologici
(tardivi)
comprendono
fascicolazioni, convulsioni, paresi, ptosi palpebrale e
diplopia.
PRIMO SOCCORSO
Con gradualità, in rapporto alle esigenze, si possono mettere in
atto le seguenti metodiche:
1) Calma: non lasciarsi prendere dall'ansia e non
drammatizzare.
2) Sdraiare e tranquillizzare l'infortunato: in una persona
agitata il veleno entra in circolo più rapidamente.
3) Suzione del veleno: se la suzione è tempestiva, è possibile
aspirare una notevole quantità di veleno. Questa manovra però
può essere molto pericolosa: se il soccorritore ha denti cariati,
piaghe nella mucosa della bocca o labbra screpolate, il veleno
passerà nel suo sangue e ne verrà intossicato a sua volta. Se
invece il veleno viene ingerito, non è pericoloso perché viene
distrutto dai succhi gastrici.
L'intervento migliore è l'aspirazione del veleno con apposite
coppette aspiratrici facilmente reperibili in commercio.
5) Disinfettare: è opportuno lavare la ferita con acqua
ossigenata o con acqua semplice perchè il veleno di vipera è
idrosolubile. Sono da evitare disinfezioni con alcool o
sostanze alcoliche, perchè il veleno della vipera a contatto con
alcool forma composti tossici.
Avendone la possibilità sarà utile applicare sulla ferita
ghiaccio o neve: il freddo rallenta la messa in circolo del
veleno.
6) Evitare la somministrazione di bevande alcooliche.
7) Trasportare la persona colpita facendola muovere il meno
possibile. Se si è lontani dai centri abitati costruire una
barella di fortuna per il trasporto, perchè sotto sforzo fisico il
sangue e quindi il veleno circolano con maggiore velocità.
CONSIGLI PRATICI DI COMPORTAMENTO
Morso agli arti inferiori (gambe):
Applicare una benda larga almeno 10 cm. e lunga circa 10
metri, tirando ed esercitando una discreta pressione. Tale
bendaggio va esteso il più alto possibile e comunque anche
al di sotto del punto morsicato. Per effettuare, infine, una
buona immobilizzazione dell'arto, va applicata e
congruamente fissata, una stecca rigida. Se queste due
operazioni sono state correttamente eseguite, la
compressione così esercitata non risulterà fastidiosa per
l'infortunato e soprattutto potrà essere mantenuta in sede
per diverse ore.
In ogni caso NON DOVRA' ESSERE RIMOSSA fino a
che il paziente non sia giunto al più vicino posto di
pronto soccorso ospedaliero.
Morso arti superiori (braccia) :
Premessa banale, ma importante: togliere eventuali orologi ed
anelli. Effettuare un bendaggio compressivo ( benda alta 7 cm e
lunga 6 metri), partendo dalla punta della dita della mano,
arrivando fino al gomito (purché non impedisca la circolazione
arteriosa: il polso deve essere percettibile); se si desidera
comunque un margine di sicurezza superiore o se il morso è in
prossimità o addirittura al di sopra del gomito, allora è necessario
e consigliabile fasciare l'intero braccio fino alla spalla. Si
procederà, quindi, come per l'arto inferiore, alla completa
immobilizzazione con una stecca, bloccando il braccio al tronco.
Morso al tronco, al collo, alla testa :
Anche in questo caso (peraltro fortunatamente molto meno
frequente) si cerca di ottenere un ritardo della diffusione del
del veleno. E' consigliabile applicare un tampone rigido sopra la
zona morsicata, tenendolo compresso con un cerotto
elastico adesivo.
IL SOGGETTO MORSICATO DEVE ESSERE
SEMPRE ACCOMPAGNATO IN OSPEDALE.
TRATTANDOSI DI INCIDENTI CHE QUASI
SEMPRE ACCADONO LONTANO DAI
CENTRI ABITATI, POSSONO VERIFICARSI
TRE POSSIBILITA’:
1) Veloce possibilità (15-30 minuti) di raggiungere 1'ospedale:
non conviene fare niente oltre ad applicare la fasciatura
linfostatica dopo aver sfilato anelli, bracciali, ecc. Portare la
persona in ospedale distesa, tranquillizzandola.
2) Lontano dall'ospedale, ma in compagnia di altre persone:
stendere la persona e tranquillizzarla, rallentare l'assorbimento
del veleno con la fasciatura (o con il laccio) ed immobilizzare
l'arto, se si prevede che i tempi di arrivo all'ospedale saranno
molto lunghi.
3) Lontani dalla struttura ospedaliera, da soli e lontani da
possibili soccorritori: è consigliabile eseguire tutte le misure di
primo soccorso descritte (spremitura e aspirazione, lavaggio,
fasciatura compressiva).
Si può scegliere se rimanere immobile ed aspettare possibili
soccorsi o tentare di raggiungere probabili soccorritori. Questa
evenienza conferma quanto sia imprudente affrontare da soli
gite a rischio.
COSE DA NON FARE
- Non succhiare il veleno dalla ferita con la bocca (è infatti
molto probabile avere nel cavo orale piccole ferite causate
spesso dallo spazzolino da denti)
- Non somministrare alcoolici (hanno effetto depressivo sul
sistema nervoso centrale e vasodilatatore periferico,
facilitando quindi l’assorbimento del veleno)
- Non agitarsi o impaurirsi, ma mantenere calma e freddezza
nelle operazioni di soccorso.
- Non somministrare il siero antivipera (si corre il rischio di
salvare il malcapitato dal pericolo del veleno della vipera per
esporlo al rischio mortale di una sindrome allergica).
Il siero deve essere somministrato soltanto in ospedale o sotto
il diretto controllo medico.
Soccorso ospedaliero
•Rimuovere l’eventuale bendaggio compressivo
•Effettuare una profilassi antitetanica e antibiotica.
•Provvedere ad una terapia sintomatica per il dolore e
somministrare benzodiazepine nei casi in cui compare ansia.
•I farmaci antiistaminici e cortisonici (uso anche preventivo, nei
casi di alto indice di probabilità che si tratti di morso di vipera)
sono utili nei casi in cui insorgano fenomeni allergici.
•Misurare la circonferenza dell'arto almeno 3 volte. La
frequenza delle misurazioni viene eseguita inizialmente ogni 1-2
h, ma aumenta in caso di rapida progressione della
sintomatologia locale
•Definire la classe di gravità del morso di vipera
GRADO 0
Tracce del morso, assenza di segni locali (morso secco)
Osservazione per 4 h.
GRADO I
Edema localizzato alla zona del morso;
generali.
assenza di segni
Osservazione per 24 h: trattare i sintomi e tenere presente
che il 10-15% di pazienti nel Grado I diventano di grado II o
entro pochi minuti o tra le 6 e le 16 h .
GRADO II
Estensione dell'edema alla radice dell’arto colpito e
comparsa di sintomi sistemici: ipotensione senza shock,
vomito e diarrea
Trattamento antidotico
GRADO III
Avvelenamento severo con sintomi gravi
Trattamento antidotico
•Monitorare i parametri laboratoristici
Esami ematochimici: coagulazione, prodotti di degradazione
del fibrinogeno, D-dimero, proteine totali, emocromo, enzimi
muscolari come CPK, CK-MB, LDH, mioglobina, bilirubina
totale e frazionata, creatinina, azotemia, elettroliti,
emogasanalisi, glicemia, esame delle urine
• Monitorare i parametri clinici (edema, dolore locale,
ecchimosi, strie linfangitiche, linfoadenopatie, tromboflebite,
nausea, vomito, dolori addominali, dispnea, angioedema,
ipotensione, tachicardia, convulsioni e coma)
•Monitorare i parametri strumentali (elettrocardiogramma,
eco-doppler dell’arto colpito).
TERAPIA ANTIDOTICA
La somministrazione del siero è indicata solo se il
paziente diventa sintomatico, ed in particolare nei casi
in cui compaiono :
•Alterazioni dei parametri emocoagulativi
•Ipotensione grave o shock
•Sintomi gastroenterici importanti e prolungati
•Aritmie cardiache, dispnea
•Edema imponente dell’arto coinvolto
Il siero antivipera
•Una volta si portava per precauzione, quando si andava
in campagna o in montagna; ma ora, a parte il problema
della conservazione che imponeva il rinnovo ad ogni
stagione, il siero antiofidico è diventato irreperibile.
•Il siero proveniva dalla Jugoslavia da cavalli immunizzati
col morso di vipera ma, dopo gli sconvolgimenti sociali e
politici che hanno interessato quella regione, la
disponibilità è appena sufficiente (e a caro prezzo) per
coprire i fabbisogni ospedalieri.
•D'altra parte, studi recenti ed una attenta valutazione della
letteratura sul tema hanno permesso di stabilire che l'uso
del siero al di fuori delle strutture ospedaliere può essere
non solo inutile, ma anche in molti casi pericoloso
per l’elevato rischio di anafilassi. E’ quindi importante
considerare sempre, prima della somministrazione del siero,
il rapporto rischio-beneficio per ogni singolo paziente.
•Solo il 10-20 % dei pazienti con morso di vipera accertato o
sospetto richiede la somministrazione di siero.
•Il ministero della Salute ha reso pertanto noto che dal 2003
il siero sarà utilizzato solo negli ospedali.
Modalità di somministrazione del siero
Il siero deve essere somministrato in infusione
endovenosa lenta, diluito in 100-250 ml di soluzione
fisiologica; il sito di inoculazione del veleno è raggiunto
in due ore dall’1,4 - 6 % del siero, se somministrato per
via intramuscolare o sottocutanea, dall’85 % se
somministrato per via endovenosa. Occorre evitare la
somministrazione del siero antiofidico per via
intramuscolare o sottocutanea vicino alla sede del morso
perché in questo modo, oltre alle poche garanzie di
efficacia, non è possibile interrompere l’esposizione al
siero alla prima comparsa dei sintomi allergici.
Un ulteriore strumento di neutralizzazione del veleno, oltre
al siero, è rappresentato da frammenti anticorpali
antiofidici, denominati Fab (Fragment antigen binding): si
tratta di anticorpi di cavallo purificati dalle frazioni
antigeniche, efficaci anche se costosi. Si usano per via
endovenosa ed in genere è sufficiente una sola
somministrazione per neutralizzare il veleno in circolo, con
miglioramento immediato della sintomatologia. Il protocollo
prevede una infusione di 1 h ed la valutazione del quadro 4 h
dopo. Al miglioramento dei sintomi si può sospendere
l’infusione.
MORSI E PUNTURE DI
ARTROPODI
MORSI DI ARTROPODI
•I morsi di artropodi raramente provocano seri problemi
ma l’animale, mordendo, deposita il secreto delle
ghiandole salivari che contiene vari tipi di antigeni in
grado di provocare reazioni nel soggetto morsicato.
•Il tipo di reazione dipende principalmente da eventuali
precedenti esposizioni a morsi alla stessa specie o di
specie simili
¾La prima volta che un soggetto viene morso non si verifica
alcuna reazione, a meno che le secrezioni dell’artropodo non
contengano sostanze capaci di azione lesiva diretta
¾Dopo morsi ripetuti il soggetto si sensibilizza e dopo 24 h si
sviluppa una papula pruriginosa che persiste per alcuni
giorni
¾In occasione di ulteriori morsi si sviluppa immediatamente
una vescicola estremamente pruriginosa, che perdura per
circa 48 h ed evolve in una papula pruriginosa che scompare
solo dopo alcuni giorni
¾A seguito di continue e ripetute esposizioni non si
manifestano più reazioni ritardate e spesso neppure quelle
precoci
I più comuni artropodi capaci di mordere presenti in Italia:
•Zanzare
•Moscerini
•Mosche
Insetti
•Pulci
•Cimici
•Acari
•Zecche
•Ragni
•Scorpioni
Aracnidi
Sintomatologia
•L’irritazione locale è sempre presente. Il grattamento
può accentuare la risposta infiammatoria e portare alla
eczematizzazione
•L’orticaria papulare è una presentazione comune nei
bambini tra i 2 ed i 7 anni con una storia di dermatite
atopica, mentre è meno comune negli adulti.
L’orticaria papulare si presenta con papule disposte a
gruppi o con disposizione lineare, intensamente
pruriginose, che persistono fino a 2 settimane.
•Reazioni bollose sono più comuni agli arti inferiori,
soprattutto nei bambini
•Negli anziani, se i morsi si ripetono nel tempo, le
lesioni possono presentarsi lichenificate.
Orticaria papulare
Insetto
Tipologia della lesione
Moscerini, zanzare
I morsi causano solitamente piccole lesioni papulari.
Vescicole e grandi bolle si possono formare in individui
sensibilizzati.
Pulci – dell’animale/dell’uomo I morsi possono essere raggruppati in linee o in
raggruppate irregolarmente. I morsi causano solitamente
orticaria papulare in individui sensibilizzati. Lesioni
bollose possono comparire occasionalmente
Tafani
I morsi sono spesso molto dolorosi ed orticaria, vertigini,
debolezza o angioedema possono accompagnare la vescica
cutanea. L'infezione secondaria è comune.
Cimici
I morsi non sono dolorosi e possono non essere avvertiti se
l'individuo non è stato precedentemente morso. Le persone
sensibilizzate tipicamente sviluppano vescicole molto
pruriginose o papule ad apice emorragico
Morsi di pulci
Morsi di aracnidi
•La classe degli aracnidi include molte specie, tra cui
quelle di interesse clinico sono:
•L’ordine dei ragni
•L’ordine degli scorpioni
•L’ordine degli acari
Ragni e Scorpioni
•Ragni e Scorpioni sono velenosi, ma il morso delle specie
presenti in Italia causa solo reazioni locali, che possono
essere trattate con le stesse misure adottate per il morso di
altri artropodi. Eventuali reazioni allergiche, anche gravi,
sono possibili ma non dipendono dalla velenosità
dell’animale quanto dalla reattività del soggetto
morsicato.
•L’unico ragno presente in Italia il cui morso può essere
veramente pericoloso è la Vedova Nera (Latrodectes
tredecimguttatus), la cui varietà italiana, chiamata
Malmignatta, è potenzialmente pericolosa. In caso di
morso da Malmignatta è conveniente ricorrere al Pronto
Soccorso, ma eventi letali sono rarissimi.
Acari
•L’ordine degli Acari include numerosissimi sottoordini
•Parassitano uomo, animali e piante
•In genere causano all’uomo disturbi di natura allergica o
reazioni locali al morso, ma alcune specie, come le zecche,
possono essere portatrici di malattie pericolose per l’uomo e
gli animali
Zecche
I morsi non sono solitamente dolorosi e può
essere presente soltanto una papula rossa nella
sede del morso ove possono manifestarsi gonfiore
ed eritema locali. In alcuni casi compaiono delle
bolle. Il prurito ed il bruciore locali possono
essere severi
Acari di Cheyletiella (trasmessi
frequentemente da cani e gatti)
Papule intensamente pruriginose compaiono
dove gli acari hanno morso la pelle. Ci può essere
una piccola vescicola all’apice delle papule e le
lesioni più vecchie possono essere necrotiche
Acari che si trovano in prodotti
immagazzinati (per esempio grano,
farina, carne secca, formaggio e frutta)
I morsi causano minute papule intensamente
pruriginose o papulovesicole sulle parti esposte
del corpo.
PUNTURE DI INSETTI
•L’apparato che consente all’insetto di pungere è formato
da un sacchetto di veleno collegato ad un pungiglione.
•In occasione della puntura il sacchetto si contrae ed il
veleno viene iniettato nei tessuti.
•Il veleno degli insetti provoca una reazione che può
essere tossica od allergica. Entrambi i tipi di reazione
possono esprimersi con sintomi locali o sistemici
EPIDEMIOLOGIA
• I dati epidemiologici sono scarsi, particolarmente in
relazione alla situazione italiana, sia per la mancata denuncia
dei casi che per la rarità degli studi epidemiologici.
•La prevalenza delle reazioni locali estese è fra il 2% ed il 24%
fino ad arrivare al 38% negli apicoltori: in questi soggetti il
rischio di sviluppare una reazione sistemica è del 5-15%.
•La prevalenza delle reazioni sistemiche (in base ad anamnesi
e test cutanei) varia tra lo 0.4% e 5%, a seconda della
popolazione studiata ed alla metodologia impiegata.
•L’incidenza dei casi fatali è bassa (sicuramente sottostimati):
tra 0.09 e 0.45/milione di abitanti/anno.
Importanti fattori di rischio sono:
1) appartenere a queste categorie: apicoltori e loro familiari,
agricoltori, giardinieri, lavoratori all’aria aperta
2) intervallo breve tra la puntura e la reazione sistemica
3) pazienti allergici al veleno di ape rispetto a quelli allergici
ai vespidi
4) punture da calabrone rispetto a quelle da api o da vespe
Le reazioni tossiche si distinguono in locali e sistemiche e sono
dovute all’azione irritante e tossica del veleno.
Le reazioni sistemiche si verificano in seguito a numerose
punture (più di 50): in questo caso la reazione può essere anche
fatale. Infatti le reazioni tossiche sono dose-dipendenti.
I differenti componenti del veleno possono danneggiare la cute, i
muscoli, le cellule del sangue, il fegato ed il sistema nervoso.
Vi è aumentata permeabilità vascolare che può portare a
deplezione vascolare e shock irreversibile; i peptidi possono
indurre una lisi delle cellule del sangue e dei muscoli con necrosi
tubulare ed insufficienza renale acuta.
Le reazioni IgE-mediate (allergiche) insorgono pochi minuti, o
comunque entro un’ora, dalla puntura, aumentano rapidamente
d’intensità e regrediscono velocemente, specie se trattate con
terapia adeguata.
Si possono distinguere reazioni locali estese o “large local
reaction (LLR)” e reazioni sistemiche.
Le reazioni locali estese sono costituite da prurito, edema ed
eritema in sede di puntura con diametro superiore a 8 cm e
perdurano per almeno 24-48 ore; le reazioni sistemiche possono
interessare vari organi ed apparati con quadri clinici di diversa
gravità.
Nelle reazioni tossiche la morte può avvenire dopo alcuni giorni,
mentre nelle reazioni sistemiche gravi IgE mediate la morte può
avvenire dopo alcuni minuti.
Puntura di ape
Sintomatologia
•Le reazioni tossiche locali sono spesso dolorose ma non
sono pericolose
•Le reazioni allergiche locali estese o “large local reaction
(LLR)” consistono in un’area edematosa che si estende al
di là del sito di puntura, sono evolutive per alcune ore, e
possono persistere anche 7 giorni. L’edema non è
pericoloso, a meno che interessi le prime vie aeree.
•Le reazioni sistemiche possono essere di varia gravità,
siano esse da causa tossica o IGE mediate (allergiche).
•Le reazioni sistemiche
L’insorgenza è in genere rapida. Possono manifestarsi con:
¾Rinite e rinosinusite
¾Dolore addominale, vomito e diarrea e/o nausea
¾Eritema
¾Prurito generalizzato seguito da orticaria
¾Angioedema al volto o generalizzato
¾Senso di morte imminente
¾Tachicardia, spesso con ipotensione (causa della sensazione di
“testa vuota”, di vertigini e di debolezza)
¾Difficoltà a respirare per crisi grave di asma o edema della
glottide
¾Collasso e perdita di coscienza
•In rapporto alla gravità della reazione allergica
questi sintomi possono essere tutti presenti o
presentarsi solo in parte
•Per questo possono nascere dubbi diagnostici, con la
necessità di una diagnosi differenziale con:
¾Celluliti: la presenza di linfangite ascendente e di
adenopatia suggerisce una causa infettiva
¾Varicella
¾Orticaria
¾Dermatite da contatto
¾Lesioni cutanee da scabbia
¾Pediculosi del pube
Complicanze infettive
•Infezioni batteriche locali possono essere la conseguenza
dell’intenso grattamento o essere dovute alla puntura.
Possono manifestarsi come impetigine, follicolite, cellulite
o linfangite
•Alcune malattie infettive possono essere trasmesse dalla
puntura di artropodi
Malattie trasmesse da zecche
VETTORE
MALATTIA
AGENTE
EZIOLOGICO
SERBATOIO
Hyalomma,
Amblyomma spp
Haemaphysalis
Febbre Bottonosa
R.conorii
Mediterranea
Cane
Ixodes ricinus,
I.scapularis
Malattia di Lyme
B.burgdorferi
Roditori, piccoli e
grandi mammiferi
Boophilus spp.
Babesiosi umana
Babesia spp
Topi e piccoli
mammiferi
Dermacentor spp.,
Ixodes spp. ed altri
artropodi
Tularemia
Francisella
tularensis
Lepri, conigli e altri
roditori domestici e
selvatici
Varie spp.
Febbre Q
Coxiella Burnetii
Mammiferi
domestici, roditori,
uccelli
Malattie trasmesse da pulci
VETTORE
MALATTIA
AGENTE
SERBATOIO
EZIOLOGICO
Xenopsylla cheopis Tifo murino
e Ctenocephalis felis
Rickettsia thiphi e R. Ratto, topo, gatto
felis
Ctenocephalides
felis
Bartonella henselae
Malattia da graffio
di gatto
Gatto
Malattie trasmesse da flebotomi
VETTORE
MALATTIA
AGENTE
EZIOLOGICO
SERBATOIO
Phlebotomus spp e
Lutzomyia spp.
Leishmaniosi
Leishmania
infantum, L. chagasi,
L. tropica L. donovani
e altre
Canidi, uomo,
roditori, in parte
sconosciuti
Lutzomyia,
Phlebotomus
Gruppo dei virus
delle Febbri da
flebotomi
(Toscanavirus)
Bunyaviridae
(Phlebovirus)
Roditori
TERAPIA DEI MORSI E
DELLE PUNTURE DI
ARTROPODI
Morsi di artropodi
•Non ci sono evidenze di buona qualità riguardo alla terapia
dei morsi di artropodi
•Un trattamento sintomatico di solito è sufficiente:
¾Creme o lozioni in applicazione topica
¾Antistaminici: sono di scarsa efficacia nel ridurre il
prurito ed il bruciore, ma possono essere usati per facilitare
il sonno e ridurre il rischio di lesioni da grattamento
•In caso di flogosi locale possono essere usati corticosteroidi
topici, che possono anche ridurre il bruciore
•In caso di orticaria si usano antiistaminici (non evidenze
certe, parere di esperti). Più maneggevoli gli antiistaminici
di IIa generazione.
•Zecche: rimuovere la zecca il più presto possibile dopo il
morso usando uno strumento appuntito per scollare la
zecca dalla cute. Tirare dolcemente, evitando di
schiacciare il corpo della zecca. Disinfettare la sede del
morso. I metodi tradizionali (petrolio, calore etc. sono
inefficaci)
•In caso di infestazione da cimici od acari è indispensabile
la bonifica del soggetto e una bonifica ambientale
Punture di insetto
•Il pungiglione va rimosso il prima possibile
Reazioni locali
•Il dolore locale, il gonfiore e l’eritema scompaiono in
poche ore e possono essere trattati con analgesici ed
applicazione di ghiaccio. Se necessario si possono fare
alcune applicazioni topiche di pomata cortisonica
•Reazioni allergiche locali di solito rispondono ad
antistaminici assunti per via orale
•L’edema non è pericoloso se non interessa le prime vie
aeree. Se queste sono interessate, il trattamento è quello
delle reazioni anafilattiche
Reazioni sistemiche
•L’orticaria generalizzata va trattata con antistaminici e
cortisonici per os
•E’ importante ricordare che reazioni lievi possono
evolvere in forme gravi.
•Se le reazioni sono gravi è necessario tenere il Paziente in
osservazione in ambiente ospedaliero
•Malattie preesistenti possono indurre a particolari
precauzioni: i soggetti asmatici sono particolarmente a
rischio
Classificazione di Mueller (modificata)
Grado
Sintomi
I/ lieve
Orticaria generalizzata, prurito, malessere,
ansietà
II/ moderato
Angioedema, costrizione del torace,
nausea, vomito, diarrea, dolore
addominale, vertigini
III/ grave
dispnea, asma, disfagia, secchezza delle
fauci, astenia, stato confusionale, angoscia
IV/ shock
ipotensione e collasso, cianosi, incoscienza
e incontinenza
Terapia dell’anafilassi
•Reazioni sistemiche con difficoltà respiratoria e/o
ipotensione necessitano di un pronto trattamento
dell’edema laringeo, del broncospasmo e dell’ipotensione
¾Chiamare il 118 e far venire un’ambulanza attrezzata
¾Seguire l’ABC: assicurare la pervietà della via aerea,
somministrare O2 ad alto flusso
¾La posizione supina a gambe sollevate può essere utile
per l’ipotensione, ma accentua la difficoltà respiratoria
¾Va reperito il prima possibile un accesso venoso sicuro
ed iniziata la somministrazione di cristalloidi
¾L’adrenalina può essere somministrata per via s.c.
(accettabile la via i.m.), e va somministrata se sono
presenti sintomi di shock, edema della glottide o altra
difficoltà respiratoria. I sintomi di allarme sono:
•Stridore inspiratorio
•Cianosi
•Sibili respiratori
•Tachicardia
•Ipotensione
•Ridotto riempimento capillare
•Posologia dell’adrenalina (f. 1 mg/1ml di sol. 1:1000):
¾Nell’adulto: 0,3 – 0,5 mg s.c. ripetibili ogni 5 – 10
minuti finchè i sintomi persistono o non si rilevano
effetti indesiderati importanti
¾Nei bambini fino a 10 anni: 0,01 mg /kg, ripetibili
•La via e.v. conviene che sia utilizzata solo in ambiente
ospedaliero
•In casi particolari, di grave emergenza, può essere
somministrata per altre vie: tubo endotracheale,
puntura transcricoidea, con dosi diverse
•In caso di intenso broncospasmo si possono
somministrare in contemporanea β2 stimolanti per
inalazione
¾Gli antistaminici:
•Clorfenamina maleato:
>12 anni: 10 – 20 mg i.m.
6 –12 anni: 5 –10 mg i.m.
1 – 6 anni: 2,5 – 5 mg i.m.
< 1 anno: 250 µg/kg
E’ possibile la somministrazione lenta e.v., sconsigliata in
Italia < 12 anni
¾Cortisonici: sono utili a controllare le reazioni
tardive, indotte dalla liberazione di leucotrieni, stante
che la loro azione si manifesta dopo 4 – 6 ore.
¾Sono particolarmente utili in soggetti già in terapia
cortisonica
•Idrocortisone (sodio succinato):
>12 anni: 100 – 500 mg i.m.
6 –12 anni: 100 mg i.m.
< 6 anni: 50 mg i.m.
Se possibile la somministrazione e.v. è preferibile