La limitazione costituzionale del debito in prospettiva

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La limitazione costituzionale del debito in prospettiva
La limitazione costituzionale del debito
in prospettiva comparata: Francia e Spagna
Carmela Decaro
SOMMARIO: 1. Il vincolo europeo. – 2. Forme di governo e tempi di reazione di
fronte alla crisi. – 3. I contenuti delle riforme. – 4. Conclusioni non concludenti.
1.
Il vincolo europeo.
La crisi finanziaria globale, esplosa nel 2007 e propagatasi
l’anno successivo nell’Unione europea a partire dalla Grecia, ha investito mercati, istituzioni e diritti con i suoi venti di guerra. Le risposte dell’Unione – ad un primo bilancio del triennio – sono state
sostanzialmente fragili ma costanti. Nell’estendersi e aggravarsi progressivo della crisi, esse dovranno diventare sempre più decisive e
portare al superamento di quella che Carlo Azeglio Ciampi, fra i
principali artefici dell’ingresso dell’Italia nell’euro, ha da più di dieci
anni denunciato come “zoppia” dell’Unione monetaria: ad una moneta comune non ha corrisposto un governo comune che portasse
anche alla convergenza delle politiche economiche negli Stati Membri. La limitazione costituzionale del debito è un passo utile ed efficace in questa direzione?
Come è noto, già nel Patto Euro Plus, approvato l’11 marzo
2011, dal Vertice euro dei capi di Stato e di Governo dei Paesi dell’Eurozona (con l’aggiunta di Bulgaria, Danimarca, Lituania, Lettonia, Polonia e Romania) era previsto l’impegno, non giuridicamente
vincolante, degli Stati aderenti a recepire nell’ordinamento interno le
regole fissate dal Patto di stabilità e crescita in modo rafforzato con
un atto giuridico dalla «natura vincolante e sostenibile sufficientemente forte, ad esempio Costituzione o normativa quadro». Un anno
dopo questo impegno viene ripreso dal Trattato sulla stabilità, sul
coordinamento e sulla governance nell’Unione economica e monetaria (c.d. Fiscal Compact o Patto di bilancio) firmato il 2 marzo 2012
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nella forma di Accordo intergovernativo da 25 Stati membri (UK e
Repubblica Ceca non lo hanno sottoscritto). Il Trattato ha aspetti
originali rispetto ai precedenti intergovernativi di cooperazione/regolazione, innanzitutto quanto alla condizione per l’entrata in vigore.
Essa è fissata al 1 gennaio 2013 – o anche in precedenza di tale data,
il primo giorno del mese successivo – dopo il deposito dello strumento di ratifica di almeno 12 Stati contraenti dell’Eurozona. Il limite di 12 Stati rispetto ai 17 dell’Eurozona e ai complessivi 27 dell’Unione rompe la regola dell’unanimità e apre una fase inedita.
Il Parlamento europeo, con risoluzione del 18 gennaio 2012,
aveva criticato la procedura del testo in formazione richiamando innanzitutto la maggior efficacia del metodo comunitario per la disciplina di bilancio e per le regole dell’unione economica e fiscale.
Molte delle proposte di merito contenute nella risoluzione sono entrate nel testo definitivo, in particolare quanto alla coerenza con il diritto europeo anche grazie all’attività svolta dai delegati di questa
istituzione presso il gruppo di lavoro incaricato della redazione del
Trattato.
Come sottolinea il Preambolo, infatti, il Trattato si intreccia,
non pregiudicandole, con le competenze dell’Unione economica; gli
stessi poteri della Commissione nel monitoraggio degli impegni derivanti, per gli Stati contraenti, dal Fiscal Compact si basano sugli artt.
121, 126 e 136 del TFUE. Ancora: l’Accordo sarà applicato e interpretato «conformemente ai Trattati su cui si fonda l’Unione europea,
in particolare all’articolo 4, paragrafo 3, TUE che definisce il principio di leale cooperazione fra Unione e Stati membri per la realizzazione degli obiettivi dell’Unione e con il diritto europeo, comprese le
procedure per l’eventuale adozione della legislazione secondaria»
(art. 2). La “natura transitoria” del Trattato è evidenziata dall’art. 16,
dove si prevede che «al più tardi entro cinque anni dalla data dell’entrata in vigore del presente trattato, sulla base di una valutazione
dell’esperienza maturata in sede di attuazione, sono adottate in
conformità del trattato sull’Unione europea e del trattato sul funzionamento dell’Unione europea le misure necessarie per incorporare il contenuto del presente trattato nell’ordinamento giuridico
dell’Unione europea».
Il Fiscal Compact fissa le regole fondamentali sul controllo dei
bilanci degli Stati contraenti «in aggiunta e fatti salvi i loro obblighi ai
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sensi del diritto dell’Unione europea»; tali regole «producono effetti
nel diritto nazionale delle parti contraenti … tramite disposizioni vincolanti e di natura permanente – preferibilmente costituzionale – o il
cui rispetto fedele è in altro modo rigorosamente garantito lungo
tutto il processo nazionale di bilancio» (art. 3 del Trattato). Quest’ultima previsione, la c.d. regola d’oro, segna, di fronte alla crisi, una
forte esigenza: quella della convergenza costituzionale con la cessione
di uno dei diritti tradizionalmente costitutivi della sovranità degli
Stati, il diritto della borsa. Una cessione che, per essere condivisa, ha
bisogno dell’approvazione con la fonte di grado più elevato, in modo
da rinnovare l’identità nazionale e le funzioni essenziali dello Stato.
Queste riguardano, in particolare secondo l’art. 402 del TUE, «le funzioni di salvaguardia dell’integrità territoriale, di mantenimento dell’ordine pubblico e di tutela della sicurezza nazionale».
Il “rispetto fedele dei vincoli e la rigorosa garanzia” rappresentano le nuove risposte dopo il fallimento del coordinamento europeo
nel controllo dei vincoli previsti dal Trattato di Maastricht del 1992
e dal Patto di stabilità e crescita stipulato nel ’97 e fornito dal braccio “preventivo” e da quello “correttivo”: il primo con il Regolamento (CE) n. 1466/97 per il rafforzamento della sorveglianza delle
posizioni di bilancio, nonché della sorveglianza e del coordinamento
delle politiche economiche; il secondo con il Regolamento (CE) n.
1467/97 per l’accelerazione ed il chiarimento delle modalità di attuazione della procedura per i disavanzi eccessivi1. E se i vincoli del
Trattato del ’92 alla sovranità degli Stati Membri avevano attivato negli stessi la revisione costituzionale, l’applicazione diretta dei Regolamenti comunitari negli ordinamenti era stata automatica. Con l’irrigidimento progressivo delle procedure si credeva di avviare un processo di convergenza delle politiche economiche che in realtà non si
è realizzato; neanche le procedure relativamente più flessibili, previste dai Regolamenti (CE) nn. 1055/2005 e 1056/2005 hanno contribuito a risolvere le storiche asimmetrie fra le differenti realtà dell’Eurozona che, anzi, si sono ancora più accentuate.
In realtà il percorso del Fiscal Compact si sviluppa in parallelo
agli interventi delle istituzioni unionali – un mix di “soft” e “hard
law” –, che si sono già succeduti durante i tre anni della crisi e che
1 Si
ricorda che i regolamenti erano previsti dall’art. 99 del Trattato di Maastricht.
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poi si consolidano nelle regole fissate dal pacchetto del c.d. Six Pack
(che hanno rafforzato le procedure del “braccio preventivo” e del
“braccio correttivo”), entrati in vigore il 13 dicembre 2011 e da quelle
del c.d. Two Pack, presentato dalla Commissione il 23 novembre 2011
ed in corso di approvazione. Un complesso normativo che rafforza le
procedure di controllo su bilanci e disavanzi degli Stati membri. Sicché, come sottolineato ancora una volta dal Parlamento europeo nella
risoluzione approvata il 2 febbraio 2012, in sostanza «tutti gli elementi contenuti nel nuovo trattato possono essere realizzati, e in gran
parte sono già stati realizzati, nel vigente quadro normativo unionale
e attraverso la legislazione secondaria, fatta eccezione per la regola
d’oro, il voto a maggioranza qualificata inversa e il coinvolgimento
della Corte di giustizia».
Per l’attuazione della regola d’oro del pareggio di bilancio è necessario l’intervento degli Stati firmatari. Sembra riproporsi un itinerario ormai noto, di costituzionalizzazione a livello statale, del processo di integrazione quando questo segna salti di qualità. Si tratta,
invece, di un fase diversa ed è opportuno sottolinearlo: da un lato,
nella prospettiva di comparazione diacronica quanto al rapporto fra
ordinamento comunitario/unionale e costituzioni degli Stati membri;
dall’altro, nella prospettiva di comparazione sincronica con riferimento ai processi di revisione costituzionale in Francia e Spagna, nel
contesto della riforma tedesca. Sarà così evidente il complesso divenire dell’identità costituzionale europea e le differenti reazioni delle
culture/identità costituzionali, diversamente consolidate nel tempo,
di questi Stati2 e dell’Italia.
Per la prima volta nella storia dell’integrazione europea, è nel
Consiglio europeo (rectius nei vertici dei Capi di Stato e di Governo
dell’area euro che si svolgono a margine dello stesso) che gli Stati
Membri decidono, accanto agli interventi finanziari ed al rafforzamento del government (più che della governance), modifiche, preferibilmente per via costituzionale, degli ordinamenti interni quanto al
pareggio di bilancio.
È stato così ribaltato il percorso tradizionale. Infatti, a partire
dal Trattato di Maastricht sull’Unione economica-monetaria del
2 U. VILLANI, Il diritto dell’Unione Europea è ancora materia per internazionalisti?,
in La Comunità Internazionale, 2011, 4, 553 ss.
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1992, l’iniziativa della revisione costituzionale è nata, in Francia
come in Germania, per l’intreccio delle competenze esercitate dalle
Corti costituzionali, dai Governi, dai Parlamenti, a volte anche dal
Popolo con l’intervento referendario.
In particolare la Francia con le riforme costituzionali ha innalzato una sorta di “linea Maginot” per la difesa della République e
della sua sovranità nel processo di integrazione. Una rincorsa costituzionale continua che ha introdotto e progressivamente rafforzato il
ruolo del Parlamento nel processo d’integrazione: alla revisione del
1992 ha fatto seguito quella del 1993, e poi del 1995, e poi del 1999,
e poi del 2003, e poi del 2005 e ancora del febbraio 2008, fino alla
grande riforma del luglio 20083 e a quella incompiuta del 2011 con
riferimento, appunto, all’equilibrio di bilancio.
Anche la Germania ha fatto ricorso a leggi di revisione costituzionale, accanto alla legislazione ordinaria “di accompagno”, per
adeguare l’assetto interno dei poteri parlamentari alle riforme del sistema istituzionale europeo. Con la revisione costituzionale del 1992,
successiva all’adozione del Trattato di Maastricht, in particolare, è
stato introdotto il nuovo art. 23 GG, il quale ha radicalmente riformato gli strumenti di controllo del processo di integrazione europea
a livello nazionale e ridefinito le procedure di trasferimento delle
competenze dal livello nazionale a quello europeo, incidendo anche
sui relativi controlimiti (disciplinati, in particolare, all’art. 79, comma
3). Con l’aggiunta, all’art. 23 GG, di un nuovo comma (il comma 1
a), la revisione costituzionale del 2006 ha inoltre riconosciuto il diritto del Bundestag e del Bundesrat di ricorrere innanzi alla Corte di
giustizia dell’UE nei confronti delle violazioni del principio di sussidiarietà da parte di un atto legislativo dell’Unione europea4.
In Italia, invece, l’art. 11, come è noto, ha rappresentato, nell’interpretazione della Corte costituzionale, la porta di ingresso del
processo di integrazione fino alla legge cost. n. 3 del 2001 di riforma
3 Si
rinvia a C. DECARO, L’ordinamento francese nella dimensione europea fra europeizzazione della Constitution e costituzionalizzazione del diritto europeo, in M. CAVINO,
A. DI GIOVINE, E. GROSSO (a cura di), La Quinta Repubblica francese dopo la riforma
costituzionale del 2008, Giappichelli, Torino, 2010.
4 Cfr. R. BIFULCO, La riforma costituzionale del federalismo tedesco del 2006, Astridonline, 26 febbraio 2007; IDEM, Il pareggio di bilancio in Germania: una riforma costituzionale post-nazionale? in www.Rivistaaic.it, n. 3, 2011, 4; F. PALERMO, J. WOELK, Economia, il Mulino, Bologna, 2005, pp. 125-131.
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del Titolo V, che all’art. 117 distingue «i vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario» (dopo il trattato di Lisbona “ordinamento
unionale”) dagli obblighi internazionali.
La Spagna, infine, entrata nelle Comunità europee nel 1986, ha
aderito al processo d’integrazione senza modifiche del testo costituzionale. L’adeguamento al diritto primario europeo da parte della
Spagna è, infatti, avvenuto essenzialmente attraverso il “metodo parlamentare”, ovvero ricorrendo alla procedura di cui all’art. 93 CE,
che affida alla legge organica la ratifica dei trattati con i quali si attribuisce ad una organizzazione o istituzione internazionale l’esercizio delle competenze derivate dalla Costituzione. La scelta di non
integrare tali procedure di ratifica con il ricorso all’istituto referendario di cui all’art. 92 CE ha sollevato non poche critiche, che specialmente in occasione della ratifica del Trattato di Lisbona hanno
dato origine ad un ampio ed animato dibattito5; in particolare, si è lamentata la menomazione dei diritti di partecipazione ed informazione dei cittadini, che a causa del mancato ricorso alla consultazione
referendaria sarebbero stati completamente estromessi da processi
decisionali destinati a condizionare in maniera assai penetrante le
forme di esercizio della sovranità nazionale. L’unica eccezione a questa prassi è stata la revisione costituzionale che ha previsto la cittadinanza europea e in particolare il diritto all’elettorato attivo e passivo
dei cittadini europei (art. 13, par. 2 Cost.). La seconda revisione, non
certo spontanea, è stata invece quella del 27 settembre 2011 dell’art.
135, che introduce il principio della stabilità di bilancio.
A vent’anni da Maastricht, la gravità della crisi impone la necessità di prevedere in parallelo nuovi vincoli e procedure di controllo a
livello degli Stati membri e a livello europeo. La difficoltà di trovare
risposte, attraverso l’utilizzo di procedure ordinarie, sottolinea la situazione “emergenziale” derivante dalla crisi finanziaria, e dunque la
5 M. GAROT, J. DE AREILZA CARVAJAL, Europa sin europeos: la ratificación del Tratado de Lisboa en un contexto de crisis politica, NEJ - vol. 14 - n. 1 jan-abr 2009, 30.
6 I. CIOLLI, I paesi dell’Eurozona e i vincoli di bilancio. Quando l’emergenza economica fa saltare gli strumenti normativi ordinari, in AIC, 1, 2012; F. FABBRINI, Il pareggio
di bilancio nelle costituzioni europee, in Quaderni costituzionali, 4, 2011, 933-935. Cfr.
anche gli atti in corso di pubblicazione del Convegno CESIFIN, Crisi economica e trasformazioni della dimensione giuridica, Firenze, 15 maggio 2012.
7 È l’invito di P. CIOCCA nelle conclusioni del Convegno Crisi economica e trasformazioni della dimensione giuridica, cit.
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situazione di “straordinarietà costituzionale”, che richiede l’adozione
di strumenti altrettanto straordinari. Lo confermano gli esempi della
riforma costituzionale delle norme in tema di bilancio e di contenimento della spesa.
Il susseguirsi quasi in contemporanea di queste riforme costituzionali ovviamente ha richiamato l’attenzione della comunità scientifica6 e conferma la necessità di una prospettiva interdisciplinare non
solo fra studiosi di diritto europeo, di diritto costituzionale, di diritto
comparato, ma anche fra giuristi ed economisti 7.
In realtà la razionalizzazione delle procedure di bilancio ha interessato i principali Stati membri fin dagli anni novanta dopo il
Trattato di Maastricht attraverso un percorso di riforme complesso
che tuttavia non ha prodotto risultati efficaci. Aggiungere a questo
percorso anche la mera revisione costituzionale potrebbe rivelarsi
inutile quando addirittura non delegittimante lo stesso testo costituzionale: soprattutto considerando gli attori, i tempi e i contenuti
delle riforme stesse. I casi di Francia e Spagna, ma anche della Germania e dell’Italia, sono emblematici per verificare questa ipotesi.
Partirò da una prospettiva più ampia, seppur molto sintetica,
relativa alle forme di governo e ai tempi che hanno caratterizzato sia
le procedure di revisione costituzionale che l’attuazione delle stesse,
per poi passare ai contenuti delle riforme8.
2.
Forme di governo e tempi di reazione di fronte alla crisi.
La Germania, nel 2006 e nel 20099 con la prima e seconda
riforma del federalismo, e la Francia, nel 200810 con la Grande
8 Per una puntuale ricostruzione dei contenuti delle riforme si rimanda al Dossier
del Servizio studi del Senato, Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella
Carta costituzionale, n. 322, dicembre 2011.
9 Si veda, per la riforma del 2006, il Gesetz zur Änderung des Grundgesetzes (Artikel 22, 23, 33, 52, 72, 73, 74, 74a, 75, 84, 85, 87c, 91a, 91b, 93, 98, 104a, 104b, 105,
107, 109, 125a, 125b, 125c, 143c) del 28 agosto 2006; per la riforma del 2009, invece, si
veda il Gesetz zur Änderung des Grundgesetzes (Artikel 91c, 91d, 104b, 109, 109a, 115,
143d) del 29 luglio 2009. Per l’esame analitico di queste riforme cfr. J. WOELK, I rapporti
finanziari fra livelli di governo nell’ordinamento tedesco, in F. PALERMO, M. NICOLINI (a
cura di), Federalismo fiscale in Europa. Esperienze straniere e spunti per il caso italiano,
ESI, Napoli, 2012, pp. 16-42.
10 Cfr. Legge costituzionale n. 2008-724 del 23 luglio 2008, pubblicata nel Journal
Officiel del 24 luglio 2008.
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Réforme di modernizzazione delle istituzioni della V Repubblica, si
muovono ancor prima che la crisi entri nel vivo. In entrambi i casi la
questione centrale affrontata riguarda la distribuzione del potere
verso le autonomie territoriali e verso l’Unione e la trasformazione
del potere di controllo/coordinamento in materia finanziaria.
In Germania è la Grosse Koalition, durante la legislatura 20062009, che approva in due tempi le riforme costituzionali. Nel 2006 le
modifiche riguardano più specificamente la ridefinizione del riparto
di competenze tra la Federazione e i Länder e la revisione delle procedure legislative bicamerali, con l’intento di ridurre gli ambiti interessati da competenze condivise tra più livelli territoriali e quindi di
semplificare l’iter legislativo. Nella riforma del 2009, del c.d. Schuldenbremse (“freno di bilancio”), si regolano in modo analitico gli
aspetti più propriamente attinenti al controllo del debito pubblico. È
anche la risposta parlamentare alla sentenza del 30 giugno 2009 del
Tribunale costituzionale federale sulla ratifica del Trattato di Lisbona11: una decisione che riafferma, nell’equilibrio dei poteri, il
peso del Parlamento, espressione della sovranità popolare, e la centralità, meglio priorità, di questo Tribunale per quanto riguarda la
valutazione della conformità costituzionale del processo di integrazione.
La riforma del 2009 ha fissato la percentuale massima di deficit
strutturale allo 0,35% del PIL nazionale, riducendo il limite annuale
del ricorso all’indebitamento. Scopo precipuo della modifica è stato
quello di introdurre meccanismi sanzionatori, con l’intento di assicurare il rispetto dei vincoli di bilancio non solo nella fase ex ante
(quella della predisposizione del bilancio), ma anche nella fase ex
post (dell’attuazione del bilancio stesso). Tra i nuovi meccanismi di
garanzia, particolare rilievo assume quello che attribuisce al Bundestag il potere di autorizzare, a maggioranza semplice, la Federazione
ad aumentare il livello di ricorso all’indebitamento al fine di coprire
specifiche esigenze finanziarie giustificate da eventi eccezionali, tra
cui i disastri naturali o le crisi economiche e finanziarie. La nuova
formulazione dell’art. 115 GG ha determinato, pertanto, un significativo rafforzamento delle prerogative del Bundestag sotto il profilo
11 Cfr. sent. 2 BvE 2/08 del 30 giugno 2009. Testo tradotto in lingua inglese su
www.federalismi.it.
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della valutazione delle circostanze eccezionali che giustificano l’innalzamento del livello di ricorso all’indebitamento.
A sua volta la Francia con la legge costituzionale del 2008 ha integrato l’art. 34 della Costituzione del 1958 introducendo l’obiettivo
dell’“equilibrio dei conti delle pubbliche amministrazioni” negli
orientamenti pluriennali della finanza pubblica, definiti con leggi
programmatiche. Dopo il Patto Euro Plus dell’11 marzo 2011, la
Francia dell’asse “Merkozy” avvierà il procedimento di revisione costituzionale specifico sugli equilibri di bilancio, senza peraltro concluderlo.
La Spagna approva con legge costituzionale del 27 settembre
2011 una revisione della disciplina di bilancio sul modello tedesco.
Infine, dopo la firma del Fiscal Compact, il 2 marzo 2012, l’Italia approva con legge costituzionale del 20 aprile 2012 n. 1 la riforma dell’art. 81 Cost. sul pareggio di bilancio.
La cronologia rende evidente che la Germania ha proseguito
nell’intenso processo di costituzionalizzazione dell’integrazione europea, e in base a questa sua virtù, durante la crisi, si propone e poi si
impone come modello di riferimento. In questo contesto il Tribunale
si conferma nel suo ruolo di chiusura del sistema, fornendo un contributo sostanziale alla riscoperta di procedure rispettose del principio democratico nel rapporto tra dimensione nazionale ed europea,
specialmente nel rafforzamento del potere parlamentare anche di
controllo finanziario e di bilancio. E tuttavia questo ruolo comincia a
scontrarsi – per la rigidità e i tempi di decisione – con la necessità di
dare risposte concrete e immediate alla crisi e soprattutto condiziona, con interpretazioni a volte limitate alla propria storia costituzionale, la decisione parlamentare12.
12 Il
riferimento è, in particolare, alla già citata decisione del Tribunale costituzionale tedesco del 30 giugno 2009, 2BvE 2/08, con cui la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità della legge di accompagnamento del 2008 che regolava la partecipazione del Bundestag e del Bundesrat al nuovo sistema istituzionale introdotto dal Trattato di Lisbona. Una seconda decisione, adottata nel settembre 2011, 2 BvR 987/10, 2
BvR 1485/10, 2 BvR 1099/10 ha invece riguardato il pacchetto di misure destinate al
salvataggio della Grecia e degli altri Stati europei con maggiore livello di indebitamento;
anche in questa circostanza, la Corte costituzionale ha rilevato come al Bundestag dovrebbe essere riconosciuto un maggiore livello di partecipazione nelle future manovre
anti-crisi. Con una terza decisione, 2 BvE 8/11, adottata il 28 febbraio 2012, il Bundesverfassungshericht ha dichiarato, in ragione della composizione dell’organo, non pro-
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Una prima considerazione accomuna i sistemi politico-costituzionali della Francia, della Spagna e dell’Italia al di là della diversità
dei sistemi di partito e delle forme di governo: la sostanziale debolezza decisionale delle istituzioni nazionali, sotto il peso di un deficit
che viola le regole europee e sullo sfondo della tragedia greca. Questa debolezza, pur con gradualità diverse per condizioni politiche e
finanziarie, caratterizza la seconda metà del 2011 e la prima del
2012, l’anno della revisione per la limitazione costituzionale del debito.
Condizioni politiche diverse si è detto. In Francia è l’anno di
conclusione della Presidenza Sarkozy; in Spagna si decide lo scioglimento anticipato della legislatura; in Italia un governo “di impegno
nazionale” – secondo la definizione del Presidente del Consiglio
Monti, durante il suo primo discorso al Senato13 – sostituisce il dimissionario Governo Berlusconi, con la prospettiva di conclusione
naturale della legislatura alla scadenza del 2013. Anche le risposte,
con riferimento all’attuazione della regola d’oro, saranno diverse.
Nel 2011 il semipresidenzialismo francese è sottoposto ad una
delicata campagna elettorale, alla prova anche della prima scadenza
quinquennale della Presidenza, dopo la riforma introdotta con la
legge n. 2000-964 del 2 ottobre 2000. Le elezioni del nuovo presidente diventano ancora più interessanti per gli sviluppi della forma
di governo: l’automaticità della convocazione delle elezioni per l’Assemblea nazionale è la via costituzionale per rendere più improbabile
la cohabitation. La Grande Réforme del 2008 ha ulteriormente rafforzato il Presidente della Repubblica, ma ha anche potenziato il ruolo
del Parlamento almeno rispetto all’originario disegno della Costituzione del ’58. In questo contesto mentre la Grande Réforme è stata
porzionale a quella dell’Assemblea, l’incostituzionalità della commissione speciale di
esperti istituita dal StabMechG (Euro Stabilisation Mechanism Act) con il compito di autorizzare l’erogazione di prestiti a valere sul nuovo EFSF. Da ultimo, il 12 settembre
2012 (dopo essersi espresso in via cautelare il 19 giugno 2012), il Tribunale costituzionale, 2 BvE 1390/12, ha ritenuto lo European Stability Mechanism e il Fiscal compact
conformi alla legge fondamentale, ma, allo stesso tempo, ha precisato che nell’applicazione dei trattati il Governo dovrà garantire al Parlamento federale la trasmissione di
tutte le informazioni rilevanti, per assicurare il rispetto dei diritti di partecipazione del
Parlamento agli affari europei.
13 Cfr. il resoconto stenografico della seduta n. 637 del 17 novembre 2011 del Senato.
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approvata a conclusione del primo anno della Presidenza Sarkozy,
celebrandone la fase più innovativa e riformista, il progetto di legge
costituzionale relativo all’equilibrio delle finanze pubbliche14 è frutto
delle proposte di un gruppo di lavoro costituito dal Presidente
Sarkozy dopo la prima sessione della “Conferenza sul deficit” organizzata il 20 gennaio 2010. A seguito del Rapporto Camdessus, presidente del gruppo di lavoro – rapporto consegnato il 21 giugno
2010 – e, soprattutto del rinnovato asse con la Germania nelle risposte alla crisi globale, Sarkozy presenta il 16 marzo 2011, cinque
giorni dopo la conclusione del Patto Euro Plus, un progetto di legge
costituzionale sull’equilibrio delle finanze pubbliche. L’esame del
progetto si ferma all’approvazione in terza lettura il 13 luglio 2011
nell’Assemblea Nazionale e segna la fase critica di una presidenza
alla sua conclusione. Dopo la sconfitta di Sarkozy, il 6 maggio 2012,
e il successo del partito socialista nelle elezioni politiche, il 10 (primo
turno) e il 17 giugno 2012 (secondo turno), il Presidente Hollande
ha annunciato che il principio del pareggio di bilancio sarebbe stato
inserito in una legge organica. Inoltre, il presidente, ha sottoposto, il
13 luglio 2012, al Conseil constitutionnel la decisione sulla necessità
di una modifica della Costituzione prima della ratifica del Fiscal
Compact. Nella sentenza del 9 agosto 2012, il Conseil non ha ritenuto necessaria la modifica della Costituzione, essendo sufficiente la
legge organica.
In Spagna, la forma di governo a primo ministro, con un sistema politico bipolare e stabile, ha dovuto affrontare la prova delle
elezioni per lo scioglimento anticipato, richiesta dal Governo Zapatero, a fronte del fallimento delle risposte alla crisi. Approvata in
clima bipartisan, la riforma costituzionale, promulgata con il Decreto
Reale del 27 settembre 2011, ha anticipato di poche settimane l’insediamento del nuovo esecutivo, avvenuto, dopo le elezioni del 20 novembre dello stesso anno. La riforma costituzionale sul pareggio di
bilancio, depositata in Parlamento il 26 agosto 2011, è stata sostenuta congiuntamente dalle due maggiori forze politiche, il partito socialista e il partito popolare. In virtù dell’art. 167 della Costituzione
del 1978, i progetti di revisione costituzionale devono essere approvati a maggioranza di 3/5 di ciascuna Camera e possono essere sot14 Cfr.
Testo adottato n. 722 del 13 luglio 2011.
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toposti a referendum qualora ne sia fatta richiesta da 1/10 dei membri di un ramo del Parlamento (35 deputati o 27 senatori); una richiesta che non è stata presentata. Alla riforma è così mancata la ratifica referendaria e su questo punto una componente maggioritaria
dell’opinione pubblica ha espresso il proprio dissenso, benché i sostenitori della riforma enfatizzassero l’urgenza di concludere l’iter
prima delle elezioni anticipate del novembre 2011. In sede di presentazione della proposta di legge, i due gruppi parlamentari proponenti hanno richiesto che il provvedimento fosse esaminato con la
procedura di urgenza in lettura unica di cui agli artt. 93 e 94 del regolamento parlamentare del Congreso; la richiesta è stata accolta
dalla Presidenza della Camera. In conseguenza anche di questa decisione, l’iter della riforma è stato rapidissimo. La scelta di procedere
ad una lettura unica per l’approvazione della riforma non ha impedito che venisse comunque fissato un termine per la presentazione
degli emendamenti, che, nonostante la scadenza molto ravvicinata rispetto alla data di trasmissione della proposta di legge, sono stati
molto numerosi (peraltro nessuno è stato accolto), a conferma del
fatto che l’iniziativa trovava diffuse critiche dei partiti di minoranza15. Nonostante tali critiche, le Cortes Generales hanno concluso
l’esame del provvedimento in soli 12 giorni16.
Il veloce dibattito parlamentare si è caratterizzato per una frontale contrapposizione fra due schieramenti: da un lato i gruppi parlamentari socialista e popolare, dall’altro i gruppi minoritari di rappresentanza territoriale. I primi hanno difeso strenuamente la
riforma, appellandosi soprattutto alla necessità di generare fiducia
nei confronti dell’economia spagnola, di rasserenare i mercati, di garantire la stabilità delle finanze pubbliche in virtù dei principi di solidarietà intergenerazionale e di responsabilità finanziaria in capo ad
ogni istituzione dello Stato. I secondi, invece, hanno fortemente cri15 O. SALAZAR BENÍTEZ, La Constitución domesticada: algunas reflexiones críticas sobre la reforma del artículo 135 CE, in Teoría y realidad constitucional, n. 29, 2012, 415 ss.;
si segnala sul punto anche il simposio organizzato dalla Revista española de derecho constitucional, n. 93, 2011.
16 Il testo è stato approvato dal Congresso dei Deputati il 2 settembre e dal Senato
il 7 settembre. Sul controverso processo di riforma costituzionale che ha portato alla
riforma dell’art. 135 CE, si rinvia, per approfondimenti, a M.ªJ. RIDAURA MARTÍNEZ, La
reforma del artículo 135 de la Constitución española: ¿Pueden los mercados quebrar el
consenso constitucional?, in Teoría y realidad constitucional, n. 29, 2012, 237 ss.
CARMELA DECARO
279
ticato la riforma e in particolare la limitazione dell’autonomia finanziaria delle Comunità Autonome, soprattutto laddove si prevede (art.
135.2) che sarà una legge organica a fissare il deficit strutturale massimo. Ciò significa che la fissazione del suddetto deficit sarà prerogativa esclusiva dello Stato centrale, senza alcun coinvolgimento
delle Comunità Autonome, violando così quell’autonomia finanziaria
garantita dalla Costituzione. Le forze politiche minoritarie hanno
inoltre posto l’accento sulla procedura decisamente poco inclusiva
della riforma, durante la quale si è mancato di coinvolgere le istanze
territoriali, a differenza di quanto accaduto in Germania, ove il progetto di revisione della Legge fondamentale è stato redatto da una
commissione di rappresentanti del Bund e dei Länder.
In Italia invece la risposta alla difficile situazione economica, aggravata dalla crisi politica della maggioranza parlamentare, ha portato
alle dimissioni del Governo Berlusconi il 9 novembre 2011. La scelta
del Presidente della Repubblica, consultati i leader politici, è stata
quella di escludere lo scioglimento anticipato delle Camere, rispetto
alla scadenza naturale della primavera 2013, e di affidare al Prof.
Monti – nominato Senatore a vita lo stesso giorno delle dimissioni del
Governo Berlusconi – l’incarico di formare il governo. Il Governo
Monti, comunemente definito tecnico perché nessun parlamentare o
esponente di area politica entra nella lista dei ministri, è costituzionalmente politico e responsabile di fronte alla ampia maggioranza che
ha votato la mozione di fiducia: al Senato con 281 voti (su 320 componenti) il 17 novembre 2011; alla Camera con 556 voti (su 630 componenti) il 18 novembre 2012. La riforma dell’art. 81 Cost., già presentata dal Governo Berlusconi il 13 aprile 2011, un mese dopo il
Patto Euro Plus, è approvata con la legge costituzionale n. 1 del 20
aprile 201217, accogliendo numerosi emendamenti parlamentari.
Queste riforme trovano dunque un denominatore comune nella
richiesta delle istituzioni europee e nell’affanno finanziario di fronte
ai mercati che determina, in particolare per Spagna e Italia, la debo17 Anche in Grecia, l’anno prima (novembre 2011), in condizioni ancor più difficili la scelta è stata quella di un Governo “tecnico” di unità nazionale fino alla scadenza
naturale della legislatura. Le elezioni politiche si sono svolte il 6 maggio 2012; dopo un
faticoso tentativo di formare il governo, il Presidente della Repubblica, Karolos Papoulias, ha indetto nuove elezioni per il 17 giugno, che hanno portato alla formazione dell’attuale governo del partito “Nuova Democrazia”.
280
IL FILANGIERI - QUADERNO 2011
lezza politica dei Governi e dei Parlamenti. Peraltro, va ancora una
volta sottolineata la diversità di risposta della Spagna e dell’Italia rispetto alla Francia. Certo per la necessità spagnola e italiana di dimostrare alle istituzioni europee che si stanno “facendo i compiti”;
ma anche per una diversa identità e cultura costituzionale. La revisione sul pareggio di bilancio e la limitazione del debito viene approvata nei primi due Stati Membri della UE; si ferma, come si è
detto, ormai definitivamente in Francia.
La natura di “riforme-annuncio”, nella forma più alta di impegno costituzionale per garantire, da parte degli Stati, condizioni di
piena solvibilità del debito, risponde alle richieste del Consiglio europeo, ma vuole anche lanciare segnali rassicuranti ai mercati finanziari. La conferma dell’annuncio rispetto alla reale operatività di
queste riforme sta nelle scadenze previste, dilazionate nel tempo, che
sembrerebbero stridere con la conclamata urgenza. E anche per questo aspetto si conferma il modello imposto dalla Germania.
In Germania la riforma del 2009, infatti, ha stabilito che il c.d.
freno all’indebitamento18 sia applicato a partire dal bilancio per il
2011, ma si prevedono due fasi transitorie per l’avvicinamento progressivo agli obiettivi: la prima per la Federazione, che scadrà nel
2016; la seconda per i Länder, che scadrà nel 2020.
Mentre la riforma costituzionale spagnola segue il modello tedesco e prevede, in una norma transitoria, che i limiti all’indebitamento
di cui al nuovo art. 135.3. della Costituzione entreranno in vigore a
decorrere dal 2020, la legge costituzionale italiana prevede l’attuazione a decorrere dall’esercizio finanziario relativo all’anno 2014.
In realtà, all’annuncio e alla scadenza programmata nel tempo si
sono aggiunte, in Spagna e Italia, riforme strutturali e tagli sostanziali
che hanno fortemente ridimensionato i trasferimenti alle autonomie
territoriali e la spesa sociale. In questa prospettiva, le modifiche costituzionali hanno garantito la copertura di legittimità all’interno dell’ordinamento. Alla straordinarietà dell’emergenza della crisi globale,
si accompagna la responsabilità e la razionalizzazione nella gestione
della spesa come risposta ad un’altra crisi annunciata dagli anni ’70,
quella dello stato sociale.
18 In questo modo si supera la golden rule introdotta nel 1969 dall’art. 115 che
consentiva il ricorso all’indebitamento per la spesa in investimenti.
CARMELA DECARO
3.
281
I contenuti delle riforme.
Il 16 marzo 2011 nell’Assemblea nazionale francese è stato presentato dal Presidente della Repubblica il progetto di legge costituzionale n. 722 sull’equilibrio delle finanze pubbliche. Come si è detto,
il progetto, arrivato alla terza lettura nel luglio 2011, è stato abbandonato. È tuttavia utile ricordarne gli aspetti più rilevanti: il primo riguarda l’introduzione, nell’art. 34 della Costituzione, di una nuova
fonte del diritto, la legge-quadro di equilibrio della finanza pubblica;
il secondo riguarda il rafforzamento del ruolo del Consiglio Costituzionale; il terzo le procedure parlamentari di esame sui programmi di
stabilità che il Governo invia alla Commissione europea.
La nuova legge-quadro avrebbe dovuto determinare, per un
arco temporale di almeno tre anni, “gli orientamenti pluriennali, le
norme di evoluzione e le regole di gestione delle finanze pubbliche”,
con lo scopo di garantire “l’equilibrio dei conti delle amministrazioni
pubbliche”; a tale fine avrebbe fissato annualmente “un limite di
spesa e un minimo di nuove misure relative alle entrate necessarie
per le leggi finanziarie e per le leggi di finanziamento della previdenza sociale”. La definizione più analitica di questi contenuti era
rinviata ad una legge organica che avrebbe stabilito anche, da un lato
la inderogabilità da parte delle leggi finanziarie e delle leggi di finanziamento della previdenza sociale di eventuali disposizioni diverse
dai predetti limiti di spesa e dalle predette misure di entrata; dall’altro, le condizioni per la compensazione delle differenze rilevate nell’attuazione di tali leggi. La legge-quadro si sarebbe collocata quindi,
nella gerarchia delle fonti, tra le leggi organiche e le leggi finanziarie
e avrebbe potuto essere modificata esclusivamente dalle leggi organiche. In realtà, come si specificherà più avanti, il concetto di leggequadro era già entrato nel sistema costituzionale, da ultimo con la
riforma del 2008 sull’ammodernamento delle istituzioni della Quinta
Repubblica. L’ulteriore passo del Presidente Sarkozy, verso la virtù
tedesca del pareggio di bilancio è stato criticato e osteggiato19 tanto
da portare all’abbandono del procedimento di revisione che avrebbe
avuto bisogno per la sua approvazione della maggioranza dei 3/5 del
19 F.
FRAYSSE, La Constitutionnalisation de l’equilibre budgetaire en France, Convegno CESIFIN, Crisi economica e trasformazioni della dimensione giuridica, Firenze, 15
maggio 2012.
282
IL FILANGIERI - QUADERNO 2011
Congresso – riunione comune della Assemblea nazionale e del Senato – o del referendum popolare.
La seconda novità riguardava il rafforzamento del ruolo del
Consiglio Costituzionale proprio in relazione al controllo di costituzionalità delle leggi-quadro di equilibrio della finanza pubblica. Infatti, il nuovo art. 61 estendeva alle leggi-quadro il controllo preventivo e obbligatorio già previsto per le leggi organiche. Parametri di
tale controllo di conformità erano la Costituzione (presumibilmente
con un’attenzione particolare all’obiettivo dell’equilibrio dei conti
delle pubbliche amministrazioni sancito dall’art. 34) e la legge organica di riferimento. Anche le leggi finanziarie e le leggi di finanziamento della previdenza sociale, prima della promulgazione, sarebbero state sottoposte al vaglio del Consiglio per valutare la loro
conformità alla legge-quadro. Al nuovo controllo obbligatorio, si aggiungeva il controllo eventuale, sempre preventivo azionabile dal
Presidente della Repubblica, dal Presidente delle due Camere e da
sessanta deputati o senatori (art. 61-2 Cost.) e, dopo la riforma del
2008 anche quello successivo (art. 61-1 Cost.). Anche su questa novità le critiche non sono mancate: la funzione di “regolazione” del
Consiglio, a scapito della sovranità nazionale rappresentata in Parlamento, sembrava stressare eccessivamente il sistema nell’equilibrio
interno fra le istituzioni20.
Il testo della riforma, infine, introduceva con l’art. 88-8 un meccanismo di raccordo tra il Governo e le Camere, prima che i programmi di stabilità fossero trasmessi alla Commissione europea. La
ratio della norma tendeva a garantire ulteriormente il coinvolgimento
delle assemblee elettive, questa volta, nell’ambito delle procedure di
esame parlamentare dei documenti relativi al semestre europeo21. Il
Governo doveva, a tal fine, sottoporre annualmente all’Assemblea
nazionale e al Senato, almeno due settimane prima della trasmissione
alle istituzioni dell’Unione europea, il progetto di programma di stabilità fissato per il coordinamento delle politiche economiche degli
Stati membri dell’Unione europea.
Veniva così sviluppato il percorso già avviato, nel 1992, con l’introduzione del Titolo XV nella Costituzione del 1958 dopo la revi20 F.
FRAYSSE, op. cit., 6.
RIZZONI, Il “semestre europeo” fra sovranità di bilancio e autovincoli costituzionali, Germania, Francia e Italia a confronto, in www.rivistaaic.it, n. 4, 2011, 9.
21 G.
CARMELA DECARO
283
sione costituzionale derivante dalla ratifica del Trattato di Maastricht.
Con la riforma del 2008 il Titolo XV, ora titolato a “l’Unione europea”, ha integrato le procedure parlamentari di intervento tanto da
far definire, in modo forse ardito, la Costituzione del 1958 come
“Constitution d’une République féderée”22.
Come si è gia ricordato, il Presidente Hollande ha deciso di non
proseguire sul cammino della riforma costituzionale, rinviando ad
una legge organica il principio del pareggio di bilancio. È quindi opportuno richiamare il quadro costituzionale vigente come modificato
negli ultimi quindici anni, proprio con l’obiettivo del contenimento
del deficit, dopo la ratifica del Trattato di Maastricht.
Già la riforma costituzionale del 199623 ha introdotto il concetto
di equilibrio finanziario e ha previsto, accanto alla legge finanziaria,
la nuova tipologia di legge di finanziamento della sicurezza sociale,
rafforzando il ruolo del Parlamento anche attraverso la costituzionalizzazione del ruolo consultivo della Corte dei Conti. Per l’attuazione
della nuova disciplina di bilancio, la Loi organique n. 2001-692, poi
modificata dalla Loi organique n. 2005-779 (LOLF), ha definito linee
di profonda modernizzazione che hanno attirato l’attenzione della
comunità scientifica anche italiana24. Con queste leggi organiche, infatti, una particolare attenzione è rivolta all’informazione, all’istruttoria e al controllo parlamentare. Anzitutto si dispone che i progetti
di carattere finanziario non possano essere discussi prima che almeno un’Assemblea abbia approvato il rendiconto dell’anno precedente; in secondo luogo si prevede lo svolgimento di un dibattito
parlamentare in merito agli orientamenti delle finanze pubbliche e
alla situazione economica e nazionale (DOB - Débat d’orientation
budgétaire) che consente la presentazione organica dell’evoluzione
pluriennale delle spese, anche sulla base del rapporto sulla situazione
22 A.M. LE POURHIET, La Constitution de 1958 et la révision de 2008, in Il Filangeri Quaderno 2008. La V Repubblica francese nel dibattito e nella prassi in Italia, Jovene,
Napoli, 2009.
23 Legge costituzionale n. 96-138 del 22 febbraio 1996 che istituisce le leggi di finanziamento della sicurezza sociale, modificando gli artt. 34, 39 e 47 Cost. Si veda I.
CIOLLI, I paesi dell’Eurozona e i vincoli di bilancio. Quando l’emergenza economica fa saltare gli strumenti normativi ordinari, in AIC, 1, 2012.
24 C. RAIMONDI, Il bilancio dello Stato nella valutazione delle politiche pubbliche,
Giappichelli, Torino, 2011, con ampia bibliografia di riferimento.
284
IL FILANGIERI - QUADERNO 2011
e sulle prospettive dei conti pubblici, presentato dalla Corte dei
Conti (art. 48 LOLF).
Sono stati così aperti “les 4 chantiers de la Moderfie”, una modernizzazione che riguarda: il controllo parlamentare rafforzato anche
sulle scelte strategiche in materia di finanze pubbliche di cui si è fatto
cenno; una nuova contabilità pubblica per la semplificazione e la
chiarezza dei conti, con un’adeguata organizzazione del bilancio; un
nuovo modo di gestione con il controllo dei risultati; un nuovo sistema di informazione che colleghi l’amministrazione centrale con
quelle decentrate. Nel 2001 è stata infatti modificata la struttura del
bilancio, articolato ora in missioni, programmi e azioni, per semplificarne la lettura e l’approvazione parlamentare e per rendere più trasparenti i documenti contabili. Al bilancio organizzato e votato per
capitoli, si sostituisce una struttura articolata per missioni che rappresentano “le priorità dello Stato e comprendono un insieme di programmi che concorrono alla definizione di una politica pubblica”25.
Le missioni (unità contabili e di voto) sono sottoposte singolarmente
all’approvazione delle Camere. I programmi comprendono le risorse
destinate a realizzare una o più azioni di un ministero e possono essere modificati da emendamenti all’interno della unità di missione: in
questo modo il divieto costituzionale di modifiche parlamentari viene
superato. Infine le azioni riguardano l’attività di gestione all’interno
dei ministeri. Ad ogni programma è preposto un “responsabile” degli
obiettivi, dell’attuazione degli stessi e del rapporto annuale di performance, che riporta i risultati ottenuti durante la gestione. I rapporti di
verifica ex post sono allegati al progetto di legge sul rendiconto, la cui
approvazione deve precedere l’esame dei nuovi progetti di leggi finanziarie. Infine la prospettiva pluriennale di valutazione – almeno
per i quattro anni successivi a quello in cui sono stati presentati i progetti di legge finanziaria – è oggetto del rapporto economico sociale e
finanziario che il Parlamento deve esaminare. Nel rapporto è illustrata nei dettagli, settore per settore, l’evoluzione finanziaria di tutte
le pubbliche amministrazioni. I dati sono “espressi secondo le Convenzioni della contabilità nazionale alla luce degli impegni europei assunti dalla Francia, nonché ove del caso, delle raccomandazioni basate sul trattato istitutivo della Comunità Europea” (art. 50 LOLF).
25 PLF 2004, Reforme budgétaire, les quatre chantiers de la Moderfie, Ministero
delle finanze francese, 2.
CARMELA DECARO
285
In questo modo il Parlamento può controllare il raggiungimento degli obiettivi secondo indicatori predefiniti.
Il passo successivo ha costituzionalizzato questa evoluzione.
La riforma del 2008 introduce, come si è accennato, anche le
leggi programmatiche per la definizione degli orientamenti pluriennali della finanza pubblica che si inseriscono nell’obiettivo di “equilibrio dei conti delle pubbliche amministrazioni” (art. 34, alinea 7).
Anche la funzione legislativa ordinaria si è molto arricchita nella sua
qualità decisionale: infatti la legge organica 2009-403 del 15 aprile
2009 relativa all’applicazione degli art. 34-1, 39 e 44 prevede che,
prima della presentazione ad una Camera, ogni progetto di legge
debba essere oggetto di uno studio di impatto, da allegare prima
della trasmissione al Consiglio di Stato. Questa previsione non si applica ai progetti di legge finanziaria, ai progetti di legge di finanziamento della sicurezza sociale, ai progetti di legge di programmazione
(art. 34, alinea 21) proprio perché le leggi organiche 2001-2005
hanno già definito il corredo informativo e valutativo delle leggi finanziarie legate al ciclo di bilancio come ridefinito in prospettiva
pluriennale dalla riforma del 2008. Funzionale alla modernizzazione
della riforma del 2008 è anche l’ulteriore valorizzazione del ruolo di
assistenza della Corte dei Conti al Parlamento e al Governo “nel
controllo dell’esecuzione della legge finanziaria e dell’applicazione
delle leggi di finanziamento della previdenza sociale” (art. 47-2, alinea 1). La riforma stabilisce che “i conti dell’amministrazione pubblica sono regolari e veritieri. Essi danno un’immagine fedele del risultato della loro gestione, del loro patrimonio e della loro situazione
finanziaria” (art. 47-2, alinea 2).
È stato dunque avviato un ciclo di bilancio che trasforma il
ruolo del Parlamento da formale decisore di stanziamenti finanziari26, di fronte ad un Governo monopolista del potere della borsa,
26 Si ricordano alcune disposizioni costituzionali rilevanti nel procedimento d’approvazione delle leggi finanziarie che confermano la forza del Governo in Parlamento.
L’art. 40 stabilisce che le proposte di emendamento formulate dal Parlamento non siano
ricevibili qualora comportino una riduzione delle entrate o un aumento di spesa pubblica. L’art. 42, comma 2 dispone che solo i progetti di legge di revisione costituzionale,
di leggi finanziarie e di leggi di finanziamento della sicurezza sociale sono discussi in
aula sul testo governativo, e non su quello adottato dalla Commissione competente. In
precedenza la prevalenza del testo presentato dal Governo era disposta per ogni proposta di legge. L’art. 47 dispone che l’Assemblea nazionale è chiamata a pronunciarsi in
286
IL FILANGIERI - QUADERNO 2011
in un controllore delle politiche pubbliche. Il salto di qualità sulle
funzioni delle Camere introdotto dalla Grande Réforme del 2008 è
stato preparato negli anni precedenti: accanto alle tradizionali funzioni legislativa e di controllo, emerge costituzionalmente la funzione
di valutazione delle politiche pubbliche (l’art. 24).
Sotto la pressione della crisi la riforma della Costituzione spagnola del 1978, con R.D. del 27 settembre 2011, ha elevato a rango
costituzionale il principio della “stabilità” di bilancio, peraltro già
previsto nell’ordinamento a livello di legislazione organica e ordinaria.
In una forma di governo parlamentare in cui la “stabilità” dell’esecutivo è garantita da un sistema elettorale fortemente bipolare e
da una razionalizzazione costituzionale ad alta intensità il Governo
ha la regia del procedimento di bilancio, mentre il Parlamento si limita ad una mera ratifica delle proposte governative27. È compito
esclusivo del Governo predisporre annualmente il bilancio generale
di previsione dello Stato, che viene esaminato, eventualmente modificato, e infine approvato dalle Cortes Generales secondo un procedimento speciale e bicamerale (seppure caratterizzato da una non
perfetta simmetria di funzioni tra i due rami del Parlamento, art. 134
Cost.). In via di fatto, tuttavia, il potere di emendamento del bilancio
da parte del Parlamento appare piuttosto limitato, in quanto, ogni
proposta di emendamento che comporti un aumento di spesa o una
diminuzione delle entrate deve avere il consenso governativo (art.
134.6 Cost.). A ciò si aggiunga che nel caso in cui la legge di bilancio
non sia approvata prima dell’inizio del nuovo esercizio, si considera
prima lettura entro quaranta giorni dalla presentazione di un progetto di legge in materia finanziaria, in caso contrario il Governo investe il Senato che deve deliberare entro
quindici giorni. Nel caso in cui non si raggiunga un accordo tra le due Camere, il Primo
ministro può convocare una commissione mista paritetica e in mancanza di consenso su
un testo comune, il Governo può richiedere all’Assemblea nazionale di pronunciarsi in
via definitiva. In ogni caso, il termine per l’approvazione delle leggi di finanza è di settanta giorni, trascorsi i quali il Governo può adottare con un’ordinanza il progetto di
legge. Infine, l’art. 49, comma 3, come modificato, prevede la possibilità del Primo ministro di impegnare la responsabilità del Governo solo con riferimento ai progetti di
legge finanziaria o di finanziamento della previdenza sociale.
27 Cfr. G.R.-R. RUIZ, J.L. MIRALLES, La forma di governo spagnola, in S. GAMBINO
(a cura di), Forme di governo. Esperienze europee e nord-americana, Giuffrè, Milano,
2007, 85.
CARMELA DECARO
287
automaticamente prorogato il bilancio dell’anno precedente fino all’approvazione del nuovo (art. 134.4. Cost). I principi costituzionali
sono stati integrati da due leggi organiche (la Ley Orgánica 5/2001
parzialmente riformata dalla Ley Orgánica 3/2006) con le quali si
prevede il perseguimento dell’obiettivo di stabilità del bilancio anche
per gli enti locali, nonché bilanci in equilibrio o in attivo per le Comunità autonome. Dal 2007 il principio è passato anche nella fonte
ordinaria con la Ley General de Estabilidad Presupuestaria approvata
tramite il Real Decreto Legislativo 2/2007 del 28 dicembre.
Questo contesto di regole procedurali e contabili è rimasto immutato: l’art. 134, infatti, non è stato interessato dalla revisione del
2011, che ha invece profondamente modificato l’art. 13528. Quest’ultimo si componeva di due soli commi: il primo disponeva che il Governo, per emettere titoli di debito pubblico o contrarre crediti, necessitasse di un’autorizzazione legislativa; il secondo stabiliva che
fossero considerati compresi nello stato di previsione della spesa (e
non emendabili) i crediti diretti a soddisfare il pagamento d’interessi
e capitali del debito pubblico. Le novità introdotte riguardano in
primo luogo l’obbligo per tutte le amministrazioni pubbliche di adeguare i propri atti al principio della stabilità di bilancio con l’esplicito rinvio ai parametri e alle regole di bilancio europeo: lo Stato e le
Comunità Autonome non possono incorrere in un deficit strutturale
che superi i limiti stabiliti dall’Unione europea. La fissazione del limite massimo consentito per tale deficit è demandata ad una legge
organica specifica, mentre in relazione agli enti locali si dispone soltanto che sono tenuti a mantenere un equilibrio di bilancio (art. 135
commi 1 e 2). La disposizione addizionale fissa il limite di tempo entro il quale il legislatore dovrà approvare la legge organica (30 giugno 2012) e stabilisce che i limiti del deficit strutturale, previsti dall’art. 135, entreranno in vigore dal 2020.
In secondo luogo, la riforma estende anche alle Comunità autonome l’obbligo, prima previsto soltanto per lo Stato, di essere autorizzate con legge all’emissione di debito pubblico o alla contrazione
di crediti. Si conferma la regola dell’inserimento nello stato di previ28 Sul
punto si veda anche R. TUR AUSINA, F. SANJUÀN ANDRÉS, Spagna. La riforma
dell’art. 135 della Costituzione introduce limiti al deficit e al debito pubblico, in DPCE on
line, 4, 2011.
288
IL FILANGIERI - QUADERNO 2011
sione della spesa dei relativi bilanci per i crediti diretti a soddisfare il
pagamento degli interessi dei capitali del debito pubblico delle amministrazioni, ma la regola viene integrata dalla previsione che il loro
pagamento gode della priorità assoluta. L’ulteriore novità riguarda il
limite espresso del volume di debito pubblico in relazione al PIL
dello Stato che non può superare il valore di riferimento stabilito dal
TFUE (art. 135 comma 3).
Questo rigido sistema di vincoli prevede, con una disciplina che
ricorda quella tedesca, una possibilità di deroga nel “caso di catastrofi naturali, recessione economica o situazioni di emergenze
straordinarie che sfuggano al controllo dello Stato e che compromettano seriamente la sostenibilità finanziaria o economica o sociale
dello Stato”. Alla maggioranza assoluta del Congresso – mentre nel
Bundestag è prevista quella semplice – è rimessa la valutazione in merito all’effettiva sussistenza di tali condizioni (comma 4). Il meccanismo di deroghe era invece assente nella riforma francese.
Infine, il nuovo art. 135, prevedendo disposizioni sostanzialmente di principio, rinvia l’attuazione ad una legge organica (comma
5) da approvare entro il 30 giugno 2012, per la disciplina di questi
aspetti: la distribuzione dei limiti del deficit e del debito delle diverse
amministrazioni pubbliche, nonché le deroghe di cui al comma 4; le
modalità e la procedura per calcolare il deficit strutturale; la responsabilità di ogni amministrazione pubblica in caso di inosservanza degli obiettivi di stabilità di bilancio. Con due mesi di anticipo sulla
scadenza è stata approvata la legge organica n. 2 del 27 aprile 2012
che contiene una disciplina assai dettagliata di attuazione delle previsioni dell’art. 135 Cost.
La legge organica precisa l’entità del deficit strutturale per tutte
le pubbliche amministrazioni e a seconda della fase del ciclo economico, ribadendo che il vincolo decorrerà dal 2020; introduce alcuni
principi a sostegno dell’intero sistema di finanza pubblica spagnolo,
come il principio di trasparenza nella gestione dei conti pubblici e i
principi di responsabilità e di lealtà istituzionale, in particolare nei
rapporti interistituzionali. Proprio rispetto ai rapporti tra livelli di
governo, però, la legge organica rende ancor più marcata l’impostazione, già evidente dalla lettura dell’art. 135 Cost. riformato, di forte
asimmetria nei rapporti tra Stato centrale, da una parte, e Comunità
autonome e enti locali, dall’altra, nel rispetto dei limiti al deficit e al-
CARMELA DECARO
289
l’indebitamento. L’art. 15, ad esempio, prevede che gli obiettivi annuali di stabilità finanziaria e di indebitamento per ciascuna Comunità autonoma siano fissati unilateralmente dal Ministero dell’economia (con la successiva approvazione dell’insieme degli obiettivi per
tutte le pubbliche amministrazioni da parte del Parlamento nazionale) previo parere non vincolante del Consiglio di politica fiscale e
finanziaria, l’organo di raccordo tra il Governo nazionale e quelli autonomici in questo settore. Particolarmente invasiva per l’autonomia
delle Comunità è poi la rete dei controlli preventivi e correttivi nonché il sistema di sanzioni per l’eventuale sforamento dei parametri.
La legge organica, dunque, istituisce una procedura assai articolata
di vigilanza sul rispetto dei vincoli finanziari, fortemente asimmetrica
per le Comunità autonome e incentrata sulla negoziazione politica.
Soltanto una previsione della legge organica, la terza disposizione
transitoria, si preoccupa di fornire una regolazione minima della giustiziabilità della clausola di stabilità finanziaria: tuttavia, ancora una
volta, si prevede espressamente soltanto l’ipotesi di ricorso statale avverso le Comunità autonome che violino tale principio (un tipo di ricorso che pare aggiungersi al già presente ricorso in via principale),
non anche delle comunità autonome contro le leggi statali.
La scelta di introdurre disposizioni sostanzialmente di principio
accomuna la riforma costituzionale spagnola a quella proposta nel sistema francese: si evita di “importare” e cristallizzare in Costituzione
rigidi parametri finanziari e tecnicismi economici, che invece caratterizzano l’art. 115 della riforma tedesca. In entrambi i casi, inoltre, si
opera un rinvio alla legislazione sub-costituzionale (mediante leggi
organiche) per l’implementazione dei principi introdotti.
Quanto alle sanzioni in caso di violazione della norma, si è fatto
cenno alle incertezze introdotte dalla legge organica spagnola che
soltanto la prassi operativa potrà risolvere, definendo il ruolo assegnato al Tribunale Costituzionale29; nel progetto di riforma francese,
invece, era prevista, da un lato, un’introduzione “più soft” dell’equilibrio dei conti delle amministrazioni pubbliche, da determinarsi in
base alle norme contenute in una legge-quadro pluriennale, dall’al29 C.
FASONE, La giustiziabilità della clausola sul pareggio di bilancio in Spagna.
quali indicazioni per il caso italiano?, in C. DECARO, N. LUPO, G. RIVOSECCHI (a cura di),
La “manutenzione” della giustizia costituzionale. Il giudizio sulle leggi in Italia, Spagna e
Francia, Giappichelli, Torino, 2012, 221 ss.
290
IL FILANGIERI - QUADERNO 2011
tro, un più incisivo meccanismo di controllo, per le leggi-quadro e
poi per le stesse leggi finanziarie sottoposte, in via preventiva e obbligatoria, al vaglio del Consiglio Costituzionale.
Il costante rinvio alla legge organica per la definizione delle condizioni atte a garantire l’effettività del nuovo principio del pareggio
di bilancio è stato oggetto di alcune critiche da parte della dottrina30.
Si è affermato che il pareggio di bilancio spagnolo avrebbe una “fragile” dignità costituzionale, fondata su basi costituzionali “liquide”31;
il che, a sua volta, dipenderebbe dal fatto che la revisione dell’art.
135 CE non sarebbe propriamente una riforma, bensì la costituzionalizzazione di una situazione di emergenza economica32. In altri termini, ci troveremmo innanzi ad una riforma: “inutile”, perché la medesima garanzia contabile era già prevista a legislazione vigente;
“vuota di contenuti”, per il costante rinvio a principi già esistenti
nell’ordinamento nazionale o in quello europeo e l’ulteriore rinvio
alla legge organica di attuazione; e “mal realizzata”, per il ricorso improprio al procedimento in lettura unica33.
4.
Conclusioni non concludenti.
Le riforme costituzionali sulla disciplina di bilancio legate alla
crisi globale offrono suggestioni forti sia alla comparazione diacronica
che a quella sincronica. Il tema del bilancio rappresenta, nella storia
delle istituzioni, il punto cruciale per la definizione dei rapporti fra
governi e parlamenti. Il “no taxation without representation” della tradizione anglo-statunitense e il dogma della legge di bilancio come
legge formale (che segna lo scacco al Parlamento tedesco da parte del
cancelliere Bismarck) rappresentano i due estremi nella evoluzione di
questi rapporti, fino al costituzionalismo statale della seconda ondata
quando il ruolo del Governo si è progressivamente ampliato, mentre
quello del Parlamento si è progressivamente ridimensionato.
30 O.
SALAZAR BENÍTEZ, La Constitución domesticada: algunas reflexiones críticas sobre la reforma del artículo 135 CE, cit.
31 O. SALAZAR BENÍTEZ, cit., 425.
32 Così J. PEREZ ROYO, La reforma constitucional en perspectiva, in El país, lunes 5
de septiembre de 2011, 27.
33 F. DE CARRERAS, Inútil, vacía y mal tramitada, in La Vanguardia, jueves 1 septiembre 2011, 16.
CARMELA DECARO
291
In una prospettiva sincronica, il bilancio costituisce, ancora una
volta, il banco di prova delle evoluzioni della forma di stato e di governo e delle conseguenti trasformazioni costituzionali: dagli anni ’70
dello scorso secolo il dibattito nel mondo occidentale sulla crisi dello
stato sociale ha investito la disciplina di bilancio mentre in Europa si
andava consolidando il processo di integrazione, fino all’istituzione
dell’Unione Economica e Monetaria del 1992. Con il nuovo secolo il
“salto di qualità” dell’integrazione europea, a partire dalla Strategia di
Lisbona, e poi con il Trattato di Lisbona entrato in vigore nel 2009,
non ha retto alla crisi finanziaria che dal 2007 continua a mordere. Le
trasformazioni in corso, compresa la limitazione costituzionale del debito nei paesi membri, non sembrano ancora sufficienti; sempre più
insistentemente il dibattito si sposta dal livello interno “dei paesi
membri” alla stessa Unione e all’urgenza di una sua identità politica.
È un processo che si lega al progressivo sgretolamento del principio di sovranità. Nella prima ondata del costituzionalismo, il potere
di “battere moneta”, imporre tributi e approvare il bilancio rappresentava l’espressione massima della sovranità statale e gli Stati ne rivendicavano la titolarità. Con l’avvio del processo di integrazione europea, e in particolare dal Trattato di Maastricht in poi, gli Stati europei, cedendo il potere di “battere moneta”, hanno rinunciato ad una
parte consistente della loro sovranità, che da esclusiva, è divenuta
“condivisa”. Oggi ci troviamo di fronte ad un ulteriore, profondo mutamento di quella sovranità residua: non solo i margini di discrezionalità degli Stati europei si vanno ulteriormente restringendo, ma questa nuova limitazione avviene attraverso revisioni delle Costituzioni.
È interessante il lessico utilizzato nelle revisioni. Le espressioni
“equilibrio”, “pareggio” di bilancio sono introdotte, come si è visto,
prima nella revisione della Costituzione francese del 1996, poi in
quella tedesca del 2009. Da qui “circolano” nei documenti europei
(Patto Euro Plus, proposte del Two-Pack, Fiscal Compact), poi nelle
revisioni costituzionali spagnola (che aggiunge il termine stabilità) e
italiana. Proprio questa “circolazione” fa pensare a riforme costituzionali “post-nazionali”34: in realtà, mi sembra che questo tipo di
riforme “richieste” siano funzionali alla “armonizzazione” delle regole di base per garantire l’attuazione degli obiettivi europei e, in par34 R. BIFULCO, Il pareggio di bilancio in Germania: una riforma costituzionale postnazionale?, in www.rivistaaic.it, n. 3, 2011, 4.
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IL FILANGIERI - QUADERNO 2011
ticolare, degli interventi contro la crisi. Non sono più solo i Trattati ad
influenzare le Costituzioni, ma diventa possibile anche il processo inverso. Si tratta dell’espressione più compiuta di quel costituzionalismo multilivello in cui Carte costituzionali statali e Trattati europei
rappresentano, in un tutto unitario, le fondamenta costituzionali dell’Unione Europea.
In questo processo di più stretta integrazione sollecitato dalla
crisi, i Governi sono apparsi sempre più inaffidabili e conseguentemente sono stati potenziati i controlli esercitati, secondo la tradizione, dai Parlamenti e, in modo innovativo, anche dalle Corti costituzionali. Ma vi è un dato ancora più rilevante: i Parlamenti e le
Corti controllano l’attività dei Governi non solo secondo i parametri
che derivano dai principi costituzionali, ma anche secondo i principi
e le regole europee. In questa prospettiva le modifiche costituzionali
potevano essere ulteriormente ambiziose: non limitare l’esame parlamentare preventivo al solo programma di stabilità, ma estenderlo anche al Piano nazionale di riforma per la crescita. La procedura sul
semestre europeo, presentata dalla Commissione e approvata dall’ECOFIN nel 2010 comprende infatti la predisposizione e la valutazione in parallelo dei due strumenti in tutte le fasi del semestre stesso:
entrambi vanno presentati contestualmente entro il 30 aprile di ogni
anno tenendo conto delle priorità stabilite dal Consiglio europeo di
primavera tanto per le finanze pubbliche che per le politiche economiche e dell’occupazione, sulla base dell’analisi annuale della crescita
della Commissione. I due programmi sono poi oggetto di un’unica
valutazione della Commissione, trasfusa in una raccomandazione per
Paese sottoposta all’approvazione del Consiglio dopo l’endorsement
politico del Consiglio europeo di giugno.
La prospettiva degli ultimi vent’anni, da ultimo valorizzata nel
Trattato di Lisbona, rafforza il ruolo dei Parlamenti sia attraverso il
riconoscimento di prerogative di intervento diretto nel processo decisionale europeo sia mediante la cooperazione interparlamentare
(art. 12 TUE; Protocolli n. 1 e 2 allegati al Trattato di Lisbona). È significativo che anche il Fiscal compact abbia riservato una apposita
disposizione (articolo 13) alla “cooperazione interparlamentare efficace e regolare” nelle materie oggetto dell’accordo, demandando al
Parlamento europeo e ai Parlamenti nazionali l’organizzazione di
conferenze delle commissioni parlamentari competenti. Per lo svi-
CARMELA DECARO
293
luppo di questo metodo sarà necessaria, tuttavia, la costruzione di
programmi comuni, per ora solo agli inizi, fra le famiglie europee dei
partiti. E la strada non è solo quella del pareggio di bilancio, ma
piuttosto quella della revisione della spesa, agendo sugli strumenti di
razionalizzazione e di programmazione che considerino la qualità
della spesa stessa. La ricca esperienza del Regno Unito in questo
campo è un’ulteriore best practice da considerare per inserire la spending review in un circuito completo di determinazione delle politiche
(policy cicle)35. Tale percorso inizia con la selezione degli obiettivi
(agenda setting), si sostanzia nella formulazione delle politiche con il
coinvolgimento dei vari attori, si realizza con l’attuazione delle politiche e si perfeziona con la valutazione retrospettiva degli effetti di
quelle politiche (rendicontazione) da cui attivare anche processi di
autocorrezione. È fondamentale, dunque, permeare le pubbliche amministrazioni e il controllo politico della cultura della valutazione.
Il coinvolgimento delle Corti costituzionali fra i “guardiani”
dell’equilibrio del bilancio apre scenari di incerta definizione all’interno degli ordinamenti e nei rapporti con la Corte di Giustizia dell’Unione europea. Tanto più che l’art. 8 del Fiscal Compact prevede
il sindacato della Corte di Giustizia sul rispetto, da parte dei contraenti: dell’inserimento preferibilmente in norme costituzionali del
principio di pareggio di bilancio; sui meccanismi di correzione da
istituire a livello nazionale; sul ruolo e l’indipendenza delle istituzioni
nazionali, responsabili del controllo (art. 3, par. 2 FC).
Fin qui si è accennato a controlli interni all’ordinamento nazionale o all’ordinamento unionale e alle loro possibili relazioni. Ma la
novità sostanziale imposta dalla crisi riguarda l’ulteriore controllo,
questa volta esterno, della cosiddetta troika, composta da responsabili appartenenti a istituzioni, per così dire, eterogenee: la Commissione Europea, la Banca Centrale Europea e il Fondo Monetario Internazionale, sullo sfondo dei giudizi “tecnici” delle agenzie di rating
Moody’s, Standard & Poor’s e Fitch.
Il ricorso alla Troika – introdotto nel quadro del programma di
assistenza alla Grecia e, a regime, nel meccanismo transitorio di stabilizzazione dell’area euro (EFSF), in vigore dal 2010, di cui hanno
poi beneficiato anche Portogallo e Irlanda – è lo strumento per mo35 C.
RAIMONDI, op. cit.
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IL FILANGIERI - QUADERNO 2011
nitorare l’effettivo rispetto, da parte degli Stati beneficiari dell’assistenza finanziaria congiunta dell’UE e del FMI, delle “condizionalità” cui l’assistenza viene subordinata36. Le condizionalità consistono nell’impegno dei beneficiari a porre in essere, secondo una tabella di marcia rigorosa, interventi di risanamento delle finanze
pubbliche ed altre riforme considerate necessarie per rilanciare la
competitività del proprio sistema Paese (riforme della pubblica amministrazione, liberalizzazioni dei servizi e delle professioni, semplificazioni amministrative, …).
Analoghe condizionalità saranno stabilite, a norma del testo dell’art. 136 del TFUE risultante dalla revisione semplificata approvata
nel marzo 2011 e dal Trattato istitutivo del Meccanismo europeo di
stabilizzazione, in corso di ratifica negli Stati membri, per l’accesso
all’intervento del medesimo meccanismo. Italia e Spagna hanno concluso il procedimento di ratifica che comprende anche il Fiscal Compact; la Germania e la Francia dopo le pronunce favorevoli già richiamate del Tribunale Costituzionale federale e del Consiglio costituzionale, potranno concludere i procedimenti di ratifica.
Pertanto il controllo della Troika esprime una valutazione tecnica con un forte impatto sulle scelte di politica economica dei singoli
Stati membri e sulle stesse prerogative decisionali dei Parlamenti e dei
Governi nazionali. Non si può ignorare che almeno una parziale codificazione del modello Troika è prefigurata dalle missioni di sorveglianza, che, in base ai regolamenti inclusi nel c.d. six pack, la Commissione e, per i Paesi dell’eurozona, la BCE, possono svolgere nei
singoli Stati membri per verificare il rispetto degli obblighi e dei programmi di aggiustamento richiesti in applicazione del Patto di stabilità e crescita e della sorveglianza sugli squilibri macroeconomici.
Una dimostrazione precoce della rilevanza delle missioni di sorveglianza è stata del resto offerta ante litteram (prima della entrata in
vigore del six pack) nell’autunno del 2011 quando l’Italia, che pur
non aveva beneficiato dell’assistenza finanziaria dell’EFSF, è stata
36 Il ricorso alla Troika trova il suo immediato precedente nei programmi di assistenza congiunta erogati già dal 2008 dall’UE e dal FMI ad alcuni Paesi dell’UE non facenti parte dell’Area euro, quali l’Ungheria, la Lettonia e la Romania: in questi casi il
monitoraggio sul rispetto delle condizionalità era affidato al duo Commissione europea
- FMI, mentre la BCE non era coinvolta non essendo i beneficiari membri dell’area
euro.
CARMELA DECARO
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sottoposta ad un monitoraggio rafforzato, sia pure meno pervasivo e
“riservato”, da parte della Commissione europea e della BCE.
In attuazione di tale mandato la Commissione ha inviato “missioni di sorveglianza” in Italia, cui hanno preso parte anche funzionari della BCE, al fine di valutare, mediante incontri informali a livello governativo e parlamentare, lo stato e le prospettive di attuazione delle 39 riforme. Il monitoraggio ha, in particolare, riguardato
l’attuazione delle 39 misure “per assicurare una finanza pubblica sostenibile e per creare condizioni strutturali favorevoli alla crescita”,
prospettate dal Governo italiano con una lettera trasmessa, dal Presidente del Consiglio al Presidente del Consiglio europeo e al Presidente della Commissione europea.
La fissazione di condizionalità economiche e politiche stringenti
e il ruolo riconosciuto alla Troika, ed in misura minore alle missioni
di sorveglianza incidono, in ultima istanza, sul modello sociale europeo, ossia sulla costruzione più originale e avanzata della seconda
metà del XX secolo, frutto della progressiva integrazione, sancita dai
Trattati e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’UE, ufficialmente
in vigore dal 2009.
La crisi finanziaria e le risposte alla crisi mettono fortemente in
discussione questo modello e i valori europei di solidarietà, presenti
nei Trattati e nella Carta con la chiara definizione dei diritti sociali.
Non solo: è messo in discussione anche il rapporto con l’organizzazione del territorio, con una regressione dei processi di federalizzazione-regionalizzazione in essere. La razionalizzazione e la responsabilizzazione delle spese sembrano le risposte a senso unico, necessarie, che tuttavia dovrebbero essere accompagnate da interventi molto
più profondi sui mercati internazionali finanziari e sulle politiche di
sviluppo. Lo ha sottolineato con efficacia, e con riferimento ad uno
spazio più ampio di quello dell’Unione europea, l’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa, nel documento intitolato “The Social Impact of the Economic Crisis” «The Assembly understands this
crisis as a call for change. Coming back to “business as usual” will not
solve it. To meet the challenges of the crisis it will be necessary to come
to significant changes in the economic and social policies of the member states of the Council of Europe»37.
37 Cfr. Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa, The Social Impact of the
Economic Crisis, doc. n. 12026, del 30 settembre 2009.