Impianti per il trattamento chimico- fisico e biologico dei rifiuti liquidi

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Impianti per il trattamento chimico- fisico e biologico dei rifiuti liquidi
R IFIUTI P E R IC O LO S I
Impianti per il trattamento chimicofisico e biologico dei rifiuti liquidi
Firenze, 13 dicembre 2007
R elazione a cura di:
D ott. C him. R enato Bargna
B argna – C S A srl
e-mai: r.bargna@ centrostudiambientali.com
Premessa
La presente relazione affronta il tema degli
impianti di trattamento dei rifiuti liquidi,
esaminando brevemente gli aspetti
normativi e impiantistici, focalizzando
l’attenzione sull’importanza, sia in fase di
adozione
delle
migliori
tecnologie
disponibili che della successiva fase
gestionale, delle scelte chimiche di
processo.
Normativa di riferimento
I Rifiuti Liquidi rientrano nel campo di applicazione
della parte quarta del Decreto Legislativo 3
aprile 2006 n. 152 “Norme in materia
ambientale”.
Non ne fanno parte gli scarichi idrici, definiti come
“qualsiasi immissione di acque reflue in acque
superficiali, sul suolo, nel sottosuolo e in rete
fognaria”, che vengono regolamentati nella parte
terza del Decreto.
Normativa di riferimento
La direttiva 96/61/CE, nota come IPPC, recepita
con il D.Lgs. 372/99, prevede la redazione di
linee guida per l’individuazione delle Migliori
Tecniche Disponibili (BAT) per gli impianti di
trattamento dei rifiuti, ai fini del rilascio da parte
delle autorità competenti della Autorizzazione
Integrata Ambientale (AIA)
Normativa di riferimento
• Il Ministro dell’Ambiente con Dm Ambiente 29
gennaio 2007 ha emanato le linee guida per
l'individuazione e l'utilizzazione delle migliori
tecniche disponibili in materia di gestione dei
rifiuti, per le attività elencate nell'allegato I del
decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59
• L’allegato 5 del Dm contiene le linee guida per
gli Impianti di trattamento chimico-fisico e
biologico dei rifiuti liquidi
Classificazione dei rifiuti liquidi industriali
I rifiuti liquidi industriali consegnati a centri
di trattamento, in genere polifunzionali,
possono essere classificati, in base a:
- caratteristiche qualitative
- processo produttivo che li ha generati
- sostanze contenute
Principali classificazioni
• reflui organici biodegradabili
• reflui contenenti sostanze organiche
biorefrattarie;
• reflui contenenti solidi sospesi;
• acque di verniciatura
• acque di lavaggio
• reflui contenenti metalli pesanti
• reflui contenenti solventi;
• reflui contenenti cianuri;
• reflui contenenti CrVI;
• emulsioni oleose
• percolati di discarica
• reflui contenenti ammoniaca;
• reflui contenenti oli;
• soluzioni acide esauste;
• soluzioni alcaline esauste;
• fanghi pompabili provenienti da
trattamento chimico-fisico;
• fanghi pompabili provenienti da
trattamento biologico
• La classificazione soprastante si basa su criteri tecnologici
e trae origine dalla considerazione che l’effettiva
processabilità di un rifiuto in un centro dotato di
specifiche linee di trattamento chimico-fisiche e/o
biologiche, è direttamente connessa alle caratteristiche
qualitative del rifiuto stesso, spesso ancor più che
all’identificazione dell’attività produttiva di provenienza.
• Il vigente Catalogo Europeo dei Rifiuti(*) classifica i rifiuti
in funzione dell’attività di provenienza, identificandoli con
un codice CER, che assume particolare rilevanza di tipo
amministrativo e che, nel caso di processi produttivi
chiaramente individuati, può consentire di definire la
linea di trattamento più idonea e di sottoporla a
successiva verifica.
• In tutti gli altri casi il codice CER conserva il suo chiaro
significato di natura amministrativa, ma la trattabilità del
rifiuto all’interno di un centro specializzato non può
prescindere dalla determinazione analitica delle sostanze
che caratterizzano il rifiuto stesso e da test di laboratorio
propedeutici all’accettazione.
Impianti di trattamento
• Il corretto funzionamento di un depuratore
chimico-fisico e ancor più di uno biologico,
dipendono dalla costanza quali-quantitativa della
sua alimentazione; se tale condizione può essere
realizzata con attenzione presso i depuratori di
acque reflue urbane o presso i depuratori al
servizio di specifiche linee di produzione
industriali, molta più cura richiede un depuratore
destinato a ricevere reflui estremamente diversi
tra loro, come nel caso dei centri polifunzionali.
• E’ pertanto essenziale che ogni linea di
depurazione dedicata al trattamento di rifiuti
liquidi sia dotata di adeguate sezioni di
stoccaggio ed omogeneizzazione, nelle quali
attuare per partite omogenee, secondo gli
indirizzi del laboratorio chimico, opportune
miscele dei reflui e regolarne il dosaggio ai
depuratori sia intermini di natura chimico-fisica,
che di richiesta di carico e di nutrienti da parte
della biomassa.
• Anche se il trattamento chimico-fisico di
chiariflocculazione e i trattamenti biologici di tipo
aerobio coprono la maggior parte del fabbisogno
di smaltimento, la gamma di trattamenti ai quali
possono
essere
sottoposti
i
rifiuti
liquidi
industriali è molto vasta e tale da richiedere una
conoscenza chimica e una capacità di scelta e di
conduzione dei processi decisamente elevata.
I trattamenti che il processista deve prendere in esame possono essere
raggruppati in quattro tipologie correlate alle sostanze che devono
essere rimosse:
• 1. trattamenti per la rimozione delle sostanze inorganiche disciolte:
precipitazione, denitrificazione biologica, membrane, carbone attivo,
resine a scambio ionico, strippaggio, evaporazione;
• 2. trattamenti per la rimozione delle sostanze sospese: filtrazione,
flottazione, chiariflocculazione, sedimentazione, evaporazione;
• 3. trattamenti per la rimozione delle sostanze organiche disciolte
biodegradabili: ossidazione biologica e chimica, membrane,
distillazione, strippaggio, adsorbimento su carboni attivi,
evaporazione;
• 4. trattamenti per la rimozione delle sostanze organiche disciolte
non biodegradabili: ossidazione chimica, carboni attivi, membrane,
strippaggio, evaporazione.
La scelta poi dovrà essere effettuata sulla base di valutazioni tecnicoeconomiche atte a stabilire la miglior tecnologia applicabile.
Trattamenti chimico-fisici (punto 2 relazione allegata)
•
•
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1 Flottazione
2 Neutralizzazione
3 Ossidazione chimica
4 Trattamenti di ossidazione avanzati
5 Riduzione chimica
6 Precipitazione chimica
7 Coagulazione/flocculazione
8 Strippaggio con aria
9 Distillazione
10 Evaporazione
11 Filtrazione
12 Processi a membrana
13 Adsorbimento su carbone attivo
14 Scambio ionico
Trattamenti biologici
•
•
•
•
•
AEROBICI
A fanghi attivi
(biomassa sospesa)
A biomassa adesa
Reattori sequenziali
(SBR)
Con rimozione
biologica dei nutrienti
Con rimozione
chimica dei nutrienti
ANAEROBICI
• Convenzionali
(biomassa sospesa)
• A biomassa adesa
• A due fasi (biomassa
sospesa)
Schema di un impianto a fanghi attivi
Strutture di servizio agli impianti di
trattamento dei rifiuti liquidi
• Stoccaggio Rifiuti Liquidi
• Linea fanghi
• Linea depurazione gas esausti
• Laboratorio di analisi (test propedeutici
all’accettazione del conferimento; analisi di
controllo alla consegna del rifiuto; analisi
di controllo del processo depurativo)
Configurazioni impiantistiche
Le citate linee guida del Dm 29/01/07,
indicano quali configurazioni impiantistiche
per i trattamenti chimico-fisici e biologici
dei rifiuti liquidi:
• impianti “dedicati” (fig.D1)
• impianti “misti” (fig.D2)
Impianti “dedicati” e impianti “misti”
Il Dm 29/01/07 ponendo in alternativa la configurazione
impiantistica “mista” a quella “dedicata” può ingenerare
l’errata convinzione che esse siano di applicabilità
paragonabile.
In realtà un depuratore urbano, dimensionato per trattare
scarichi prevalentaemente civili, può ricevere solo alcune
tipologie di rifiuti liquidi industriali, che deve in ogni caso
sottoporre a pretrattamento chimico-fisico, affinchè i reflui
alimentati all’impianto contengano concentrazioni in metalli
pesanti, oli e solventi tali da rispettare i limiti per lo scarico in
fognatura e soprattutto siano caratterizzati da una buona
biodegradabilità (rapporto BOD5/COD non inferiore a 0,4 , a
fronte di un valore caratteristico del refluo fognario tra 0,55 e
0,6)
Se non venissero rispettate queste condizioni, l'alimentazione a
un depuratore urbano potrebbe tradursi in una mera diluizione
delle sostanze inquinanti nel volume di gran lunga maggiore
dei reflui fognari,
Impianti “dedicati” e impianti “misti”
A quanto sopra vale aggiungere le seguenti considerazioni:
• La determinazione del BOD5 esprime, attraverso il consumo di
ossigeno da parte della biomassa, la degradabilità biologica di una
sostanza in un tempo pari a 5 giorni.
• Per contro un depuratore urbano è normalmente dimensionato per
tempi di permanenza in vasca di ossidazione pari a 5-6 ore, con un
tempo di ritenzione totale di 10-15 ore (considerando anche i volumi
dei sedimentatori primari e secondari).
• Tale assunzione trae origine dal fatto che le sostanze organiche di
natura antropica presenti nella fognatura, a differenza di numerosi
rifiuti liquidi pericolosi, non sono particolarmente resistenti alla
degradazione biologica. Vale quindi sottolineare che, anche di fronte
a valori interessanti di rapporto BOD5/COD, se la degradazione della
sostanza disciolta non avviene nell'arco delle 5-6 ore la stessa
raggiunge pressochè inalterata lo scarico finale.
• Ben diversa è la situazione di specifiche installazioni di trattamento,
quali quelle presenti presso alcune piattaforme polifunzionali, che,
accoppiando o alternando al trattamento nella vasca a fanghi attivi
quello altamente selettivo nella vasca SBR, sono dimensionate per
garantire tempi di permanenza in fase ossidativa di 3-4 giorni.
Centro polifunzionale trattamento rifiuti industriali
(un caso applicativo)
A titolo esemplificativo della complessità gestionale dei
trattamenti chimico-fisici e biologici dei rifiuti liquidi viene
illustrata la situazione di una piattaforma polifunzionale, nella
quale emerge l’interconnessione tra i diversi trattamenti. Ad
es. l’impianto di depurazione biologico riceve sia i rifiuti liquidi
pretrattati con una chiariflocculazione, che le acque
provenienti dal trattamento delle emulsioni oleose, da quello
delle scorie di combustione, dei fanghi ecc.
Appare evidente la necessità di saper gestire l’aspetto chimico di
queste interconnessioni oltre a quello dei singoli impianti.
Tipologie di acque reflue trattate da un
impianto tipo in un centro polifunzionale:
• reflui conferiti da insediamenti produttivi a
•
•
•
•
•
mezzo cisterna o autobotte
acque di risulta impianto trattamento emulsioni
oleose
acque di risulta impianto disidratazione fanghi
acque di risulta piattaforma di stoccaggio e
trattamento fanghi, scorie e pozzetti stradali
acque di prima pioggia
acque reflue servizi igienici
Schema a Blocchi
acque di risulta impianto trattamento emulsioni oleose
GRIGLIATURA
PARCO SERBATOI
acque di risulta impianto disidratazione fanghi
acque di risulta trattamento pozzetti stradali
reflui conferiti a terzi a mezzo
cisterna o autobotte
EQUALIZZAZIONE
CHIARIFLOCCULAZIONE
TRATTAMENTO BIOLOGICO
VASCA 1°
PIOGGIA
acque piovane
DA CHIARIFLOCCULAZIONE
AL TRATTAMENTO FANGHI
SBR
OSSIDAZIONE
BIOLOGICA
SED.
FIN.
FILTRAZIONE
EVENTUALE
STOCCAGGIO
SCARICO
acque reflue da servizi igienici
Trattamento biologico:
•
•
•
Sequencing Batch Reactor
ossidazione a fanghi attivi
sedimentatore finale con separazione fanghi
attivi (inviati nelle vasche di ossidazione) e
acque destinate allo scarico
• filtrazione mediante filtro a sabbia
• eventuale stoccaggio acque depurate per
controllo analitico
• scarico nel collettore consortile
Rendimenti SBR
• A titolo di esempio si riportano in seguito
alcuni grafici relativi la rimozione degli
inquinanti nella sezione biologica a Batch
di recente implementazione.
Rimozione carbonio SBR
CODinf (kg/giorno)
CODeff (kg/giorno)
Kg COD giorno IN-OUT SBR
650
600
550
500
450
400
350
300
250
200
150
100
50
0
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10/09/02
08/09/02
06/09/02
Rimozione ammoniaca SBR
Kg NH4 giorno IN-OUT SBR
24
22
20
18
16
14
12
10
8
6
4
2
0
N-NH3inf
N-NH3eff
Rimozione Tensioattivi non ionici
SBR
KG BIAS IN-OUT SBR
BIASinf
BIASeff
12
11
10
9
8
7
6
5
4
3
2
1
0
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04/10/02
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26/09/02
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16/09/02
14/09/02
12/09/02
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06/09/02