Demetrio Duccio, Per una didattica dell`intelligenza – Il
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Demetrio Duccio, Per una didattica dell`intelligenza – Il
Demetrio Duccio, Per una didattica dell’intelligenza – Il metodo autobiografico nello sviluppo cognitivo, Franco Angeli, Milano, 1995 (2003), pp. 124. Recensione di Barbara Baschiera – 30 giugno 2006 Abstract Intelligence is not predictable as a with of capacities to resolve problems, to adapt to the environment, to separate, to create; first of all, it is a metacognitive faculty. Forgetting this characteristic of the human mind, the school and many others training environments does not lead to competences such us remain skills, introspection, stop of judgment, the creation of images or metaphors, concurring in this way to increase in the young people the "cognitive uneasiness" and the risk of scholastic drop out. The text describes the solutions of the training manager who wants to develop the intellectual baggage; in particular, he characterizes in the autobiographic approach a useful tool for knowing, explaining and comprising the cognitive processes, the learning methods and the continuities of thought in the course of the life. L'intelligenza non è riconducibile solo ad un insieme di capacità volte a risolvere problemi, adattarsi all'ambiente, astrarre, creare; essa è soprattutto facoltà metacognitiva. Dimenticando questa caratteristica della mente umana, la scuola e molti altri ambiti formativi non sviluppano competenze quali la reminiscenza, l'introspezione, la sospensione del giudizio, la produzione di immagini o metafore, concorrendo così ad aumentare nei giovani il "disagio cognitivo" e ad accrescere il rischio di espulsione scolastica. Il testo documenta le vie a disposizione del formatore che voglia occuparsi di sviluppo del potenziale intellettuale; in particolare individua nell'approccio autobiografico uno strumento efficace per conoscere, spiegare e comprendere i processi cognitivi, i metodi di apprendimento e le continuità del pensiero nel corso della vita. Recensione Il testo, muovendo dal problema della dispersione scolastica come manifestazione del disagio cognitivo dei giovani, evidenzia la necessità per la scuola di ripensarsi pedagogicamente, misurandosi non solo con l’insegnamento e l’apprendimento di abilità e conoscenze, ma anche con le vicissitudini delle predisposizioni relazionali e contestuali del rapporto educativo, con le abitudini di apprendimento degli allievi e le loro rappresentazioni del lavoro intellettuale. Di forte impronta sperimentale, propone una didattica metacognitiva coniugata con la metodologia della ricerca autobiografica. Attraverso l’adozione di “autobiografie cognitive”, i docenti, consapevoli delle proprie modalità cognitive adottate nel corso della vita professionale e delle rappresentazioni delle proprie storie di apprendimento, possono ritrovare nel passato le origini di alcune abitudini pedagogiche del presente, descriverle con ordine cronologico ed esistenziale, coglierne continuità o passaggi significativi, in modo da educarsi alla memoria e al valore del pensiero introspettivo e retrospettivo. Per adeguare la professionalità docente alle sfide dei nuovi tempi, infatti, l’autore ritiene necessario che gli insegnanti stimolino nei discenti attività centrate sullo sviluppo della mente, non per forza connesse ai contenuti dell’apprendimento scolastico, e organizzino momenti di riflessione con i ragazzi nei quali isolare ed indagare i procedimenti cognitivi più esemplari agli effetti di una produzione mentale logica e analogica ricca. 1 Anche Demetrio, come poi Franco Cambi,1 propone una prospettiva di ricerca teorica e operativa in cui l’autobiografia, da genere testuale, viene a trasformarsi in una vera e propria filosofia dell’educazione che si caratterizza come una delle possibili risposte alle difficoltà emergenti nella pratica educativa e didattica, nate da un contesto generale come quello odierno, caratterizzato da sempre più rapide trasformazioni sociali. Nel definire l’approccio autobiografico uno strumento efficace per conoscere, spiegare e comprendere i processi cognitivi, i metodi di apprendimento e le continuità del pensiero nel corso della vita, l’autore si colloca sulla scia delle suggestioni della psicoanalisi junghiana, dell’esistenzialismo e della psicologia sistemico-relazionale, modelli di interpretazione dei vissuti e della soggettività fondati sullo sviluppo della narrazione, del racconto, dell’auto e reciproca comprensione. Forte dell’idea che l’intelligenza non è solamente un insieme di capacità volte a risolvere problemi, adattarsi all'ambiente, astrarre, creare, ma soprattutto una facoltà metacognitiva, propone il metodo autobiografico nella formazione degli adulti e degli studenti come occasione al contempo di ricerca e di apprendimento, dedicata allo sviluppo della conoscenza del sé in spazi di autoriflessione che, ponendo al centro dell’indagine i processi cognitivi tipici del ricordare, riflettere, decidere, creare e immaginare, svelino i modelli mentali rimossi o utilizzati consapevolmente nella quotidianità professionale o personale. Nel riprendere il pensiero di Philippe Lejeune, Demetrio definisce l’autobiografia un “metodo ricognitivo che pone una storia di fronte a sé stessa e la riconsegna al suo legittimo autore” 2; una ricostruzione della memoria personale che coinvolgendo nella rappresentazione anche altri, si rivela talvolta un documento per la ricerca storica dalle preziose implicazioni sociali; una narrazione apparentemente privata, specchio di eventi condivisi da altri, desiderio di auto-rappresentazione, attraverso la quale risalire “agli inizi della propria maturità, a quei dati che possono permettere di giustificarsi attraverso un atto mentale peculiare costituito dallo sdoppiamento, dal collocarsi al di fuori, dal prendere distanze con sé stessi; come se si stesse ragionando della vita di qualcun altro” 3. Una sorta di bi-locazione cognitiva che, nel ripiegamento introspettivo dell’analisi di sé, si configura come una preziosa modalità di apprendimento nelle diverse età della vita. L’autore considera la scrittura autobiografica un metodo per scoprirsi, per abitare il presente e contemporaneamente il passato o il futuro; per rivisitarlo individuando nel passato le tracce della continuità, dei non ritorni, del riproporsi di emozioni o desideri, dei conti in sospeso e di ciò che si è saldato; per esplorare immagini ignorate; per perseguire una ricomposizione e una comprensione delle parti scomposte. Come percorso per un’autodidattica dell’intelligenza, l’autobiografia, nel far riferimento ad una realtà intatta e nel recuperare qualcosa di dimenticato, si configura come un metodo cognitivo che include memoria e reminescenza (rievocazione); il pensiero autobiografico ci fa spaziare nel mondo ambiguo e controverso della memoria, consentendo di “sentirci vivere grazie alla percezione di essere esistiti un tempo” e ci fa esplorare la reminescenza, alla ricerca dei frammenti di una vita da sottrarre all’oblio. In quanto depositaria dell’esperienza, la memoria consente all’autobiografia di prendere forma, mentre la reminescenza permette di selezionare, ordinare, dislocare i dati emersi, evidenziando i pieni e i vuoti dell’esistenza; un gioco cognitivo assimilabile ad una “danza tra il mondo analogico della memoria e il mondo logico della rievocazione”. 4 2 Il lavoro autobiografico sulla e con la memoria rappresenta una modalità di apprendere dalla propria storia di vita in divenire, senza rinunciare al passato; si configura come un contributo all’educazione esperienziale nel presente, poiché consente di “fare e rifare esperienza di sé alimentandosi dell’oggi, intrattenendo con il passato una frequentazione incessante” 5. Dato che la temporalità futura, ossia la dimensione progettuale nell’avvenire, risulta marcatamente intrinseca alla riflessione autobiografica, che produce proiezioni e progetti, quali testimonianze delle facoltà e dell’anelito progettuale presente in tutto l’arco della vita, in tutte le tappe dell’esistenza, l’autobiografia viene a rappresentare un elemento che deve essere continuamente coltivato nelle relazioni educative, quale datore di senso e significato che testimonia la disponibilità al cambiamento in una prospettiva evolutiva. Demetrio, come poi approfondirà nel testo del 1996 6, sostiene che il racconto di sé sia in grado di evidenziare e suscitare il cambiamento; dimostra che la rivisitazione della propria personale vicenda permette il recupero in senso autobiografico della memoria su di sé e delle plurime memorie esistenziali che riattivano un metaforico viaggio nel passato, ritualizzandolo e rendendolo un bagaglio di ricordi attivi, utilizzabili per agire meglio il presente e il futuro. La narrazione della propria vita come laboratorio di creazione e attribuzione di senso e di significati da cui far partire la trasformazione personale ed individuale, e la retrospezione come educazione della mente, come condizione per il lavoro introspettivo, come pensiero attivo che, producendo sintesi, scenari, bilanci, riscopre la vita esteriore, relazionale e sociale, dando luogo allo sviluppo del pensiero ipotetico-deduttivo ed ipotetico-induttivo. L’idea pedagogica, sottesa al metodo della ricognizione autobiografica proposto da Demetrio, si fonda sull’auto-formazione, sul progetto di vita, sull’appropriazione del sapere da parte del soggetto; si tratta di una pratica utile ed interessante per fare ricerca nella e sulla scuola attraverso una metodologia che concepisce la prassi didattica non solo come luogo della trasmissione di contenuti culturali, ma anche come relazione comunicativa tra soggetti narranti e reciprocamente coinvolti sul piano esistenziale/esperienziale. Per quanto le pratiche autobiografiche rappresentino, per gli adulti, un esercizio interessato a ricostruire, mentre per gli adolescenti un esercizio di approssimazione all’adultità, diretto ad interrogare e a progettare sé stessi, risultano in ogni caso volte ad una finalità trasformativa, educativa o auto-educativa per ogni soggetto che voglia prendere coscienza di sé sul piano percettivo, emotivo ed intellettivo. Tra le tecniche ricognitive possibili, l’autore indica le storie di vita, le biografie educative o cognitive, la narrazione di eventi cruciali o di episodi significativi; tecniche queste tutte auto-riflessive, fondate sul presupposto che il soggetto sia continuamente immerso in un reticolo di interazioni e accomunate da una serie di implicazioni quali: la presa di coscienza degli aspetti temporali della vita, la connessione relazionale con gli altri e la responsabilizzazione personale di ogni soggetto rispetto alla propria formazione. Nella prima parte del testo l’autore riporta un proprio progetto di formazione-ricerca realizzato nelle scuole superiori di Parma (il progetto Labaco = laboratorio di didattica dei processi cognitivi) con il quale si è tentato per la prima volta di far rilevare ad un gruppo di insegnanti le attività cognitive dei propri allievi. Attraverso momenti autoricognitivi, di interazione verbale e di ascolto, i docenti hanno partecipato a spazi autoriflessivi e sperimentato situazioni di carattere rievocativo e introspettivo, hanno ricostruito la propria storia di formazione, valorizzando la dimensione affettiva e sono giunti a reinterpretazioni del proprio vissuto autobiografico personale/professionale da educatori. 3 Hanno coltivato attività cognitive quali la rievocazione e l’introspezione, la retrospezione, la problematizzazione, la sospensione del giudizio ed una sensibilità maggiore nella gestione delle modalità relazionali nel contatto con il pensiero degli altri attraverso itinerari d’impostazione cognitivistica, volti a rendere i soggetti più consapevoli della propria storia intellettuale, e di matrice apprenditiva in modo da essere resi autonomi nell’indagare la storia del proprio apprendimento, l’immagine della propria mente "al lavoro", dei propri metodi d’insegnamento, di studio e della propria epistemologia professionale. Accanto alla ricostruzione di temi esistenziali, alla conduzione di bilanci sulla situazione professionale, sui desideri, gli interessi e le motivazioni, con finalità di auto e ri-orientamento, i docenti hanno svolto attività di ambito relazionale, per imparare ad accogliere, ascoltare, decodificare il disagio e a gestire i gruppi; attività di carattere sociale, volte a rendere i soggetti protagonisti nella raccolta di storie di vita, ad esercitarli nella tecnica del colloquio (auto)biografico e della trascrizione dei protocolli narrativi, e a farne dei formatori biografi. Preparati dal punto di vista teorico e forti di un’intensa sperimentazione personale, i docenti hanno strutturato tracce di colloqui e questionari riconducibili al metodo autobiografico, attraverso cui guidare gli studenti a considerare la loro mente al lavoro, la rappresentazione della loro intelligenza, i metodi di studio adottati, nonché la loro storia cognitiva. Per i ragazzi, quello dedicato alle attività autobiografiche-metacognitive, è stato uno spazio privilegiato in cui aver cura della propria intelligenza, in cui riflettere da protagonisti su di sé, ricostruendo e narrando il proprio iter di apprendimento. La scoperta dei processi cognitivi che organizzano la propria vita personale e il proprio percorso di crescita, l'esplorazione delle dimensioni cognitiva ed affettiva della mente attraverso cui attuare l'osservazione, la descrizione, l'interpretazione della realtà soggettiva e relazionale, la sperimentazione delle modalità del pensiero di solito poco curate nella scuola e la metacognizione sul lavoro della propria mente, si sono dimostrate utili ai ragazzi per sviluppare capacità di orientarsi autonomamente di fronte al presente, per valorizzare le proprie risorse mentali e riflettere sulle proprie motivazioni rispetto al percorso scolastico. Trasformatisi in osservatori e ricercatori in campo cognitivo, i docenti hanno avuto modo di comprendere che i saperi sono organizzati in base a modelli cognitivi peculiari, che la nozione che un individuo ha della propria mente incide sull’apprendimento stesso, che la mente può lavorare meglio se poggia su metodi interiorizzati e collaudati e che non sempre la scuola sviluppa il pensiero logico ed analogico, fondamentali per l’organizzazione sequenziale e strutturata delle informazioni e per compiti di carattere intuitivo, sintetico e creativo. Si sono resi conto dell’importanza per la scuola di far maturare competenze quali la reminiscenza, l'introspezione, la sospensione del giudizio, la produzione di immagini o metafore e di utilizzare pratiche didattiche volte allo sviluppo del potenziale intellettuale. Nella seconda parte del testo viene sperimentata la trasferibilità del suddetto strumento autobiografico, applicandolo ad altri contesti: scuola elementare, scuola media inferiore e formazione professionale. I risultati fortemente positivi dimostrano come lo spazio del percorso autobiografico si configuri l'unico in grado di consentire la trans-soggettività, in quanto luogo non giudicante dove ciascuno deposita la propria storia e la mette a disposizione di sé stesso e degli altri; la condivisione autobiografica consente il rafforzamento della propria identità e la capacità di andare all'esterno, grazie alla creazione e alla fissazione di strutture personali di interpretazione, capaci di fare immergere il soggetto nella complessità dell'esistente. 4 I dati emersi dall’applicazione dello strumento evidenziano come qualsiasi docente dovrebbe riflettere sulle proprie modalità di insegnamento, ponendole costantemente in confronto con le strategie di apprendimento messe in atto dagli allievi, accrescendo il livello di consapevolezza del proprio agire formativo. Qui, il pensiero di Demetrio ben si accosta a quanto sostenuto da Raffaele Mantegazza nel proporre un approccio pedagogico che ponga al centro della relazione formativa il racconto (di sé), la narrazione, il raccontare (raccontarsi) storie: "Senza narrazione ed ascolto attivo, o più semplicemente senza narrazione collettiva riesco difficilmente ad immaginare una relazione educativa che presti attenzione all'idea di cooperazione. E senza esplorare la cooperazione e i conflitti una classe scolastica diventa una galera romana: da fuori potrà anche sembrare che fili via diritta, ma sulle ali di una velocità che non rompe alcuna catena" 7. Data per certa la possibile apertura nella scuola di spazi dedicati al lavoro della mente, previa l’individuazione di un’integrazione tra le discipline curricolari e l’attenzione per il loro valore cognitivo, la terza parte del testo è occupata da una proposta didattica dell’intelligenza al contempo generale ed evolutiva per lo sviluppo della metacognizione nel corso della vita. Demetrio si avvale del modello teoretico sistemico-relazionale per offrire una prospettiva di sviluppo cognitivo, volta a non considerare solo la prima decade dell’esistenza come unico periodo utile per imparare a pensare. Basandosi sul punto di vista sistemico che, forte degli studi delle neuroscienze, dimostra che ogni manifestazione del pensiero può essere studiata solo in correlazione con le altre, poiché esse interagiscono in modo dinamico, l’autore riabilita l’intelligenza nella sua totalità e complessità, criticando il sistema scolastico per averne ridotto l’uso ad un mero esercizio di qualche operazione scolasticamente apprezzata più di altre. Rivaluta la natura processuale e dinamica dell’esistenza mentale, nonché, forse influenzato dagli studi di Goleman, la stretta relazione con il mondo degli affetti e delle emozioni che l’approccio sistemico-relazionale considera stati del pensiero, vere e proprie “forme cognitive, contro ogni tradizionale distinzione tra mente e corpo, intelletto e cuore” 8. Se, come affermato da Bruner, l’intelligenza è un processo incessante di ricerca di significati, non perseguendo i quali si spegne e se essa corrisponde alla nostra “identità in azione, […] ciascuno è innanzitutto identificabile in base ai significati che si attribuisce e attribuisce” 9. Il modello teorico, partendo dalla ricerca delle attività intellettuali che conferiscono non solo un significato alla realtà esterna al soggetto pensante, ma anche all’insieme di atti della mente che occorrono all’individuo per assegnarsi un senso rispetto a sé stesso e agli altri, individua quattro domini prevalenti e dodici modalità di pensiero attraversate da una macro-attività (il potere metacognitivo) che contrassegnano la vita dell’intelligenza. Dato che ogni area entra in relazione con le altre ed interagisce incessantemente con esse, l’educazione alla metacognizione dei quattro domini non potrà non partire dal rendere consapevole i soggetti che già li possiedono, seppure in nuce, e che possono potenziarli. Il lavoro dell’intelligenza su di sé attiene al dominio autocognitivo, cui sono propri il pensiero retrospettivo (evocazione del proprio passato), introspettivo (ragionamento su di sé per bisogni riguardanti il qui ed ora) e funzionale (invenzione del proprio futuro attraverso una sua prefigurazione “virtuale” e costruzione di ipotesi di vita) e che risulta caratterizzato da attività mentali con finalità concettuali o pratiche. Il dominio estatico sembra assistere al fluire del tempo e dell’esperienza. L’attività mentale accoglie quanto accade esercitando la capacità di sospendere l’azione 5 preventiva degli schemi (pensiero sospensivo), di stupirsi di fronte agli eventi (pensiero magico), di abbandonarsi al sogno come realtà non governata dall’esercizio della logica (pensiero sognante). Gli appartengono, cioè, tutte le forme di pensiero che comportano un atto deliberato di vera e propria sospensione (di giudizio, di riflessione, esplicativa, ecc.) e che costituiscono un “tipo di intelligenza che si apre ogni volta al mondo, con assoluta disponibilità empatica, sospendendo nei suoi confronti ogni atteggiamento di sfida o di spiegazione” 10. Nel dominio eterocognitivo la cognizione non lavora in modo autoreferenziale, ma è eterodiretta; lavora su contenuti esterni per organizzarli secondo le proprie esigenze, servendosi di atti che costruiscono la realtà. Il pensiero costruttivo è attivo laddove si utilizzano le mosse cognitive della costruzione (quando si osserva, descrive, analizza, sintetizza ed esplora); della predizione (i cui enunciati anticipano eventi futuri) e della critica, in cui si esercitano le capacità di dubitare, soppesare e confutare. Le coordinate che danno un senso al ragionare vengono alla luce con il dominio interpretativo, ne sono esempio le metafore con cui la mente spiega la realtà (analogie, paradossi, comparazioni), i miti con cui vengono giustificati eventi straordinari o meno, e la categorizzazione che riduce i costrutti in categorie interpretative. L’autore sostiene che il soggetto intelligente nell’assolvere al compito di significatore della realtà, utilizza tutte le risorse a disposizione, compresa la facoltà metacognitiva, per poter descrivere il lavoro della mente rispetto ai singoli domini mentali, potenziandoli attraverso la pratica intellettiva. Nella quarta parte Demetrio, riprendendo i concetti di intelligenze multiple di Gardner e di stili cognitivi, sottolinea l’importanza di una didattica attenta, oltre che ai prodotti, ai processi cognitivi, alle operazioni mentali, alle strategie e agli strumenti didattici necessari per attivarle e controllarle ed indica il metodo autobiografico come strumento per la messa in luce di stili, codici, funzioni comunicative, norme e regole di interazione per imparare a pensare. Introduce qui il concetto, poi approfondito negli scritti successivi del 1996 e del 2003, di pratica autobiografica come cura di sé che, inducendo il piacere di interrogarsi sulla propria vicenda esistenziale, stimola a ragionare su convinzioni, scelte e relazioni. Il metodo autobiografico come base per un’educazione alla memoria che stimola a prendere in considerazione anche le memorie degli altri e come supporto fondamentale per l’educazione della mente al progetto di sé e al rispetto dell’alterità. Indice del testo: 7 9 13 13 26 Presentazione Da una ricerca esplorativa altre risonanze, altri contesti La ricerca autobiografica in educazione: dalla teoria alla didattica I presupposti teorici Le tecniche della ricognizione autobiografica Parte prima: Metodo autobiografico e ricostruzione della percezione dei processi cognitivi: il progetto Labaco a Parma 33 Una formazione-ricerca nelle scuole superiori di Parma 33 Antefatti e tesi 40 La ricerca e i colloqui esplorativi 44 Estensione quantitativa e risultati 6 44 44 45 45 48 50 Gli studenti coinvolti e i raggruppamenti La rappresentazione dell’intelligenza I vissuti cognitivi, domande agli educatori, metodi personali La propria mente al lavoro e le tecniche di studio Attese e immagini della propria e altrui intelligenza Conclusioni aperte Parte seconda: Altri contesti di applicazione 53 Nella scuola elementare 55 I ricordi d’infanzia 57 I ricordi dei primi anni di scuola 59 La mia intelligenza oggi 62 Nella scuola media inferiore 62 Premessa 64 Un’intervista tipo 67 Il questionario anche agli adulti: una comparzione 73 Nella formazione professionale 73 Premessa 74 Le fasi del percorso di formazione-ricerca: il profilo cognitivo 76 I risultati 77 Dati emersi e prime considerazioni 80 Direzioni di approfondimento ed ipotesi ulteriori Parte terza: Per una didattica dell’intelligenza 83 Dalla ricerca ai suggerimenti per il lavoro didattico: tre tesi 85 Un modello cognitivo sistemico-relazionale: una proposta per lo sviluppo della metacognizione nel corso della vita 88 Quattro domini cognitivi 92 Applicazioni didattiche del modello 95 Una funzione descrittiva Parte quarta: Campi del sapere e attenzioni cognitive – tre possibilità 99 La conoscenza storica e il pensiero interpretativo 104 Conoscenza scientifica e pensiero costruttivo 113 La conoscenza di sé e il pensiero introspettivo – la meditazione Autore Duccio Demetrio, fondatore del “Gruppo di ricerca in metodologie autobiografiche” e, con Saverio Tutino, della Libera Università dell’Autobiografia di Anghiari, è docente di Filosofia dell’Educazione e Teorie e Pratiche autobiografiche all’Università degli Studi di Milano-Bicocca. Si occupa di pedagogia sociale, educazione permanente, educazione interculturale ed epistemologica della conoscenza in età adulta. Dirige la rivista Adultità (Guerini Edizioni). Bibliografia essenziale dell’autore - Per una didattica dell’intelligenza (F.Angeli, 1995). L'educazione nella vita adulta (Carocci, 1995). Raccontarsi. L'autobiografia come cura di sé (Cortina, 1996). Manuale di educazione degli adulti (Laterza, 1997). Agenda interculturale (Meltemi, 1997). 7 - Il gioco della vita. Trenta proposte per il piacere di raccontarsi (Guerini, 1997). - Pedagogia della memoria (Meltemi, 1998). - Elogio dell'immaturità (Cortina, 1998). - L'educatore autobiografo (Unicopli, 1999). - L'educazione interiore. Introduzione alla pedagogia introspettiva (La Nuova Italia, 2000). - Di che giardino sei? Conoscersi attraverso un simbolo (Meltemi, 2000). - Una nuova identità docente. Come eravamo, come siamo (Mursia, 2000). - Preparare e scrivere la tesi in Scienze dell'Educazione (Sansoni, 2001). - Manuale di educazione degli adulti (Laterza, 2001). - Istituzioni di educazione degli adulti. Vol. 1: Il metodo autobiografico (Guerini Scientifica, 2002). - Didattica interculturale. Nuovi sguardi, competenze, percorsi (Franco Angeli, 2002). - Album di famiglia. Scrivere i ricordi di casa (Meltemi, 2002). - Scritture erranti. L'autobiografia come viaggio del sé nel mondo (EdUP, 2003). - Ricordare a scuola. Fare memoria e didattica autobiografica (Laterza, 2003). - Manuale di educazione degli adulti (Laterza, 2003). - L'età adulta. Teorie dell'identità e pedagogie dello sviluppo (Carocci, 2003). - Autoanalisi per non pazienti. Inquietudine e scrittura di sé (Cortina Raffaello, 2003). Links www.lua.it/chi/persone/demetrio.html (Scheda sull’autore) www.ristretti.it/interviste/cultura/demetrio.htm (Intervista all’autore sulla scrittura autobiografica) http://digilander.libero.it/autobiografia/index_autobiografia.htm (Bibliografia sull’autobiografia) Commento Note 1 Cambi F., L’autobiografia come metodo formativo, Laterza, Roma-Bari, 2002. Demetrio D., Raccontarsi – Per una didattica dell’intelligenza – Il metodo autobiografico nello sviluppo cognitivo, Franco Angeli, Milano, 1995, p. 17. 3 Ibid., p. 18. 4 Ibid., p. 23. 5 Ibid. 6 Demetrio D., Raccontarsi – L’autobiografia come cura di sé, Raffaello Cortina Editore, Milano, 1996. 7 Mantegazza R. (a cura di), Per una pedagogia narrativa. Riflessioni, tracce, progetti, Emi, Bologna, 1996, p. 103. 8 Ibid., p. 87. 9 Ibid. 10 Ibid., p. 90. 2 8