Fattura falsa se l`operazione non corrisponde a quella
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Fattura falsa se l`operazione non corrisponde a quella
FATTURA FALSA SE L’OPERAZIONE NON CORRISPONDE A QUELLA REALE (CASSAZIONE N. 38754 DEL 4 OTTOBRE 2012) Accogliendo il ricorso presentato dal P.G. ed avverso alla sentenza del GUP che aveva dichiarato il non luogo procedere nei confronti del contribuente, perché il fatto non sussiste, in ordine al reato di cui all’art. 2 del D.Lgs. n. 74/2000, la Cassazione ha invece stabilito che “Ai sensi dell’art. 1, comma 1 lett. a) del D.Lgs n. 74/2000 per “fatture o altri documenti per operazioni inesistenti” si intendono “le fatture o gli altri documenti aventi rilievo probatorio analogo in base alle norme tributarie, emessi a fronte di operazioni non realmente effettuate in tutto o in parte o che indicano i corrispettivi o l’imposta sul valore aggiunto in misura superiore a quella reale, ovvero che riferiscono l’operazione a soggetti diversi da quelli effettivi;” È stato già precisato da questa Corte che devono essere qualificate come inesistenti le fatture emesse per operazioni aventi natura giuridica diversa da quella indicata, (sez. 3, 06/03/2008 n. 139751, P.M. in proc. Ca., Rv [Omissis]). 1 Sentenza 13975 del 06.03.2008 : ““(omissis) Secondo l'impianto accusatorio, la movimentazione di denaro tra le due società sopra indicate, facenti capo alle stesse persone fisiche, trovava la sua causa non nell'esistenza di un accordo commerciale di forniture di beni o servizi, come risultante formalmente, bensì in un dissimulato finanziamento di una società in favore di un'altra dello stesso "gruppo", con non trascurabili vantaggi fiscali, consistenti nella realizzazione di un "risparmio" (evasione) di IVA da parte della società destinataria delle fatture, senza alcun corrispondente aggravio per quella emittente, in quanto creditrice d'imposta per il periodo in riferimento. Comunque, a detta del ricorrente, sicuramente le operazioni poste in essere sono diverse da quelle indicate in fattura ("acconti su forniture"), come tali - quindi - inesistenti, non risultando individuate e concordate le future forniture, ossia la controprestazione, con riferimento cioè ad una definita tipologia di beni o servizi e con fissazione dei relativi prezzi, tempi di consegna, modalità di trasporto ed altro. Il Collegio ritiene affatto condivisibili le argomentazioni su cui fonda il ricorso, reputandole adeguate e corrette sotto il profilo logico-giuridico. Invero, anche se si trattasse di finanziamenti dissimulati da acconti su forniture, ipotesi comunque non esclusa dal G.U.P. alla luce delle risultanze delle indagini preliminari, essendo evidente che di acconti non può seriamente parlarsi per le ricordate ragioni, le fatture in questione devono egualmente considerarsi relative ad operazioni inesistenti, e cioè "non realmente effettuate in tutto o in parte", ai sensi del D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 1, n. 1, lett. a). Il finanziamento infatti è cosa ben diversa dall'acconto su future forniture, perché prescinde del tutto da queste e quindi non è correlato ad alcuna controprestazione; le due operazioni hanno in comune soltanto la movimentazione di fondi, ma tutto il resto è differente: il regime fiscale (le operazioni di finanziamento sono esenti da IVA, D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 10, n. 1), quello contabile, quello civilistico (avendo tutt'altra natura e oggetto il contenuto dell'accordo). Da tali considerazioni non può che discendere la assoluta condivisione delle conclusioni cui perviene il ricorrente, e cioè che le fatture in questione furono emesse "a fronte di operazioni non realmente effettuate in tutto o in parte", come recita il richiamato D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 1 contrariamente a quanto ritenuto dal G.U.P. di Trento, secondo cui il legislatore del 2000, nel riformulare la disciplina de qua, ha inteso riferirsi soltanto alle operazioni non realmente effettuate, con esclusione quindi di quelle aventi qualificazione giuridica diversa, come le operazioni in esame, e cioè solo "giuridicamente inesistenti". In conclusione non appare corretto l'assunto del G.U.P. per il quale anche il finanziamento dissimulato costituirebbe un'operazione esistente; infatti, se non si può disconoscere che lo sia dal punto di vista fenomenico, è altrettanto evidente che non è l'operazione riferita dalle fatture, mai posta in essere, e dunque inesistente. Insomma: è vero che un'operazione esiste, ma non quella documentata, che è la sola presa in considerazione, agli effetti penali, dal D.Lgs. n. 74 del 2000, artt. 2 e 8. Orbene, nel caso in esame le prestazioni per le quali sono state emesse fatture sono totalmente diverse che quelle che sarebbero state realmente poste in essere (intermediazione di mano d’opera invece che prestazioni di attività lavorativa di tipo artigianale di cui alle fatture) con la conseguente insussistenza giuridica e di fatto delle prestazioni per le quali le predette fatture sono state emesse”. La sentenza in rassegna si inserisce nell’ormai consolidato orientamento della Suprema Corte già espresso nella sentenza nr. 36844 del 12.10.2011 : “Il D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 1, comma 1, lett. a fornisce una nozione normativa del concetto di fatture per operazioni inesistenti che sono considerate tali quelle emesse a fronte di operazioni non realmente effettuate anche in parte o che indicano i corrispettivi o l'imposta sul valore aggiunto in misura superiore a quella reale ovvero riferiscono l'operazione a soggetti diversi da quelli effettivi. Da tale definizione, risulta chiaro che concretizza l'elemento obiettivo del reato previsto dal citato art. 2, l'utilizzo, al fine della indicazione di elementi passivi fittizi, di fatture per operazioni inesistenti senza alcuna distinzione tra documenti falsi nella loro materialità o falsi in riferimento alle operazioni ivi indicate (Cass. Sez. 3 sentenza nr.9673/2011)””. In questa sentenza, nr.9673 del marzo 2011, la Corte ha infatti stabilito che utilizzare in dichiarazione fatture relative ad operazioni inesistenti costituisce reato di dichiarazione fraudolenta, indipendentemente dal fatto che le fatture siano false nella loro materialità o solo con riferimento alle operazioni in esse indicate (false ideologicamente). Successivamente, il 19.12.2011 , la Cassazione con la sentenza nr.46785 così si esprime: “”La ratio della fattispecie prevista dal D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 2, pertanto, deve ravvisarsi nel valore probatorio attribuito, in materia tributaria, alle fatture o agli altri documenti ad esse equiparati, in considerazione della apparente affidabilità della documentazione contabile corrispondente allo schema normativo, cui la legge collega determinate conseguenze in materia fiscale. E' la natura dello strumento usato per commettere la frode fiscale, in quanto idoneo a trarre più facilmente in inganno l'amministrazione finanziaria, oltre a quanto si preciserà in seguito, a determinare la distinzione tra detta ipotesi di reato e la frode fiscale commessa mediante altri artifici. Pertanto, ai fini della configurabilità della dichiarazione fraudolenta di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 2, occorre che il documento utilizzato per la dichiarazione di elementi passivi fittizi corrisponda, sia pure apparentemente, ai requisiti precisati dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 21, comma 2, a proposito del contenuto della fattura, ovvero, se si tratta di altro documento contabile, sia equipollente, in relazione al suo contenuto, alla iattura secondo le norme tributarie, a nulla rilevando che detta fattura o documento siano frutto di falsità cosiddetta ideologica o materiale. Si deve, quindi, affermare che è la rispondenza allo schema legale, che caratterizza la fattura o altra documentazione ad essa equiparata dalla legge tributaria, che venga utilizzata a supporto della dichiarazione fraudolenta di elementi passivi fittizi, a qualificare la fattispecie di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 2. Fattispecie di dichiarazione fraudolenta che è considerata dal legislatore di più elevata pericolosità, proprio a causa del particolare valore probatorio, sul piano tributario, dello strumento documentale utilizzato per porla in essere, tanto che non si è ritenuto di fissare alcuna soglia di evasione per la sua configurabilità””. Si vedano altresì le recenti Sentenze: nr.18788 del 16 maggio 2012: “”(omissis)… Quindi la falsità necessaria per il perfezionamento della fattispecie, sanzionata dall'art. 2, consistente nelle diverse ipotesi di inesistenza, contemplata dalle disposizioni definitorie del decreto di riforma dei reati tributario, può essere sia ideologica che materiale (Cass. 10/3/2011, n. 9673; Cass. 12/10/2011, n. 36844)””. - nr. 26863 del 9 luglio 2012 che ha il merito di porre, ancora una volta, l’attenzione sul fatto che oggetto della repressione penale è la divergenza tra la realtà commerciale e la sua espressione documentale: ******§§§§§****** Testo integrale della sentenza nr. 38754 del 4 OTTOBRE 2012: REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. SQUASSONI Claudia - Presidente Dott. LOMBARDI Alfredo - rel. Consigliere Dott. FIALE Aldo - Consigliere Dott. GAZZARA Santi - Consigliere Dott. ORILIA Lorenzo - Consigliere ha pronunciato la seguente: sentenza sul ricorso proposto da: Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Trieste; nel procedimento nei confronti di: P.M., nato a (OMISSIS); avverso la sentenza in data 06/06/2011 del G.U.P. del Tribunale di Udine; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere Alfredo Maria Lombardi; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. SALZANO Francesco, che ha concluso chiedendo l'annullamento ohi rinvio della sentenza. Fatto Diritto P.Q.M. Svolgimento del processo Con la sentenza impugnata il G.U.P. del Tribunale di Udine ha dichiarato non luogo procedere nei confronti di P.M., perchè il fatto non sussiste, in ordine al reato di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 2. Nei confronti del P. era stata formulate richiesta di rinvio a giudizio in ordine a detto reato, ascrittogli, perchè, nella quatte di legale rappresentante della società Verniciatura 2005 S.r.l., al fine di evadere le imposte dirette e sul valore aggiunto, si avvaleva di fatture per operazioni inesistenti emesse dalla società Arthena S.r.l., fatture che utilizzava, quali elementi passivi fittizi, nella dichiarazione annuale relativa all'anno 2006 per un importo di Euro 56.844,49. Nel confronti del P. era stata anche formulata richiesta di rinvio a giudizio per il reato di cui al D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 18, comma 2, con riferimento al quale veniva emessa pronuncia di non luogo a procedere per essere estinto per prescrizione. Quanto al reato tributario il giudice di merito ha accertato che la società Arthena svolgeva unicamente attività di intermediazione di mano d'opera in favore di numerose aziende. La Arthena assumeva direttamente gli operai che poi venivano utilizzati dalle aziende operatrici. Queste ultime versavano il corrispettivo delle prestazioni degli operai alla Arthena previo rilascio da parte di quest'ultima di fatture il cui importo corrispondeva alle retribuzioni degli operai. La finalità dell'operazione, secondo quanto si legge in sentenza, era di evitare alle società utilizzatrici gli oneri previdenziali ed assistenziali connessi alla stipula del contratto di lavoro e di detrarre l'IVA esposta nelle fatture emesse dalla società appaltatrice della mano d'opera. Il giudice di merito ha escluso che le fatture emesse dalla Arthena rientrino nella categoria di quelle per operazioni inesistenti, essendo solo diverso l'oggetto della prestazione da quello rappresentato in fattura. 2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte territoriale, che, limitatamente al reato di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 2, la denuncia per violazione ed erronea applicazione di legge. In sintesi, la pubblica accusa ricorrente deduce che nel concetto di fatture per operazioni inesistenti debbono comprendersi non solo le fatture emesse per operazioni mai effettuate, ma anche quelle relative a prestazioni soggette ad un regime giuridico e fiscale diverso da quello apparente. Nel caso in esame la Arthena emetteva fatture per apparenti prestazioni artigianali, eseguite con una propria organizzazione aziendale; operazioni che di fatto venivano effettuate presso la società utilizzatrice delle fatture. Lo stesso giudice di merito ha Indicato tra le finalità dell'operazione quello dell'indebita detrazione dell'IVA, imposta non detraitele per il corrispettivo di mere prestazioni lavorative, con la conseguente sussistenza del reato ascritto all'imputato. Si chiede, pertanto, l'annullamento della sentenza impugnata limitatamente al predetto reato di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 2. Motivi della decisione 1. Il ricorso è fondato. Ai sensi del D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 1, comma 1, lett. a), per "fatture o altri documenti per operazioni inesistenti" si intendono te fatture o gli altri documenti aventi rilievo probatorio analogo in base alle norme tributarie, emessi a fronte di operazioni non realmente effettuate in tutto o in parte o che indicano i corrispettivi o (Imposta sul valore aggiunto in misura superiore a quella reale, ovvero che riferiscono l'operazione a soggetti diversi da quelli effettivi"; E' stato già precisato da questa Corte che devono essere qualificate come inesistenti le fatture emesse per operazioni aventi natura giuridica diversa da quella indicata, (sez. 3, 06/03/2008 n. 13975, P.M. in proc. Carcano, Rv 239910). Orbene, nel caso in esame le prestazioni per le quali sono state emesse fatture sono totalmente diverse che quelle che sarebbero state realmente poste in essere (intermediazione di mano d'opera invece che prestazioni di attività lavorativa di tipo artigianale di cui alle fatture) con la conseguente insussistenza giuridica e di fatto delle prestazioni per le quali le predette fatture sono state emesse. Non appare, pertanto, corretto l'assunto del G.U.P. per il quale anche l'intermediazione di mano d'opera costituirebbe un'operazione esistente; infatti, se non si può disconoscere che lo sia dal punto di vista fenomenico, è altrettanto evidente che non è l'operazione riferita dalle fatture, mai posta in essere, e dunque inesistente. In conclusione, è vero che un'operazione esiste, ma non quella documentata, che è la sola presa in considerazione, agli effetti penali, dal D.Lgs. n. 74 del 2000. Il fine di ottenere il riconoscimento di un indebito credito di imposta, peraltro, è affermato nella stessa sentenza. La sentenza impugnata, pertanto, deve essere annullata limitatamente al reato di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 2, con rinvio al Tribunale di Udine. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata e rinvia al Tribunale di Udine limitatamente ai reato di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 2.