Guido Sperandio LA VITA AL TEMPO DI FACEBOOK

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Guido Sperandio LA VITA AL TEMPO DI FACEBOOK
Guido Sperandio
LA VITA AL TEMPO DI FACEBOOK
314 flash tra il dolce e l'agro
Smashwords Edition
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permission from the author.
***
INDICE
Parte Prima,dall'1 al 120
Parte Seconda, dal 121 alla fine
***
La vita al tempo di Facebook
Parte Prima
1.
Mi dice: «Tra tutti gli autori di questo mondo ce n’è uno più famoso di un Dante o di uno
Shakespeare?».
Non ho avuto dubbi: «Snoopy» gli ho risposto.
2.
«Quando c’era lo spazio per un gatto, oltre che per le cassette e per i vasi, il gatto c’era, col bel
tempo, lungo disteso sul davanzale, addormentato e felice, con la pancia pelosa al sole e una
zampina ricurva sul naso. Allora, la casa era completa, e la serenità e la gioia che vi regnavano
erano rese manifeste al mondo da quel simbolo, la cui testimonianza è infallibile. Una casa senza
un gatto, senza un gatto ben nutrito, coccolato e giustamente venerato, può essere una casa
perfetta, forse, ma come potrebbe meritarne il titolo?»
(Mark Twain, Wilson lo Zuccone, Capitolo I, pagina 9, prima edizione marzo 1949, traduzione di
Alberto Tedeschi)
Altri tempi, prezzi, autori, editori…
uguale il gatto
3.
Breve storia della seduzione.
Il primo caso di seduzione nella Storia è da ascriversi ad Eva. A una donna, quindi. Non a un uomo.
Anche se, a guardar bene, a sedurre Adamo fu più la golosità che il sesso.
Le Sacre Scritture non precisano se la mela fosse golden o fuji o una renetta della Val di Non, e c’è
chi insinua che non fosse neanche una mela ma una banana. Ipotesi che, sdegnati, non vogliamo
neanche considerare.
Una recente corrente di pensiero attribuisce al serpente il losco disegno di mirare al lancio di un
nuovo grande business: quello dell’abbigliamento. Il serpente era certo che provocando la cacciata
di Adamo ed Eva dal Paradiso Terrestre, sarebbe seguito da parte del Creatore il bando di ogni
nudità.
E difatti.
Così avvenne.
Inizialmente, per coprire le vergogne, si ricorse alle foglie di fico. Dimostratesi, inutile dire,
insufficienti. Anche perchè, dopo la disneyland felice ch’era stato il Paradiso Terrestre, le
condizioni meteorologiche e climatiche erano notevolmente peggiorate. Al punto che gli uccelli
s’erano fatti crescere le piume e gli orsi la pelliccia. Mentre i poveri umani non erano riusciti ad
andare oltre ai peli delle ascelle.
Sussistevano tutti i presupposti per l’insediarsi di un’industria tessile, prospera e fiorente. E di un
mercato che prometteva di espandersi infinito. Gli esseri umani si stavano moltiplicando e di pari
passo le superfici nude da coprire.
Caino, nel tentativo di arginare l’affollamento, aveva ucciso il proprio fratello Abele. Ma,
nonostante il suo esempio e l’ufficializzazione dell’omicidio come soluzione, seduzioni e
conseguenti filiazioni prevalevano.
(Nota: erano ormai tanti gli abitanti del pianeta che per distinguersi e darsi un ordine si crearono
le razze. Ogni razza aveva un dato colore della pelle, il modo migliore per essere riconosciuti e
classificati a prima vista. Chi fu nero e chi color del rame o dello zafferano tranne un certo numero
di individui che bianchi erano e tali vollero restare. In seguito, neanche la divisione tra razze fu più
sufficiente e si inventarono i nomi. Poi i cognomi. Infine, i soprannomi. Adesso siamo al codice
fiscale ma questa è, come si suol dire, un’altra storia.)
Abbigliamento e seduzione procederanno di pari passo attraverso i secoli. In connubio indissolubile.
Le donne arrivano a indossare doppie-triple gonne così che solo uno spasimante veramente
appassionato poteva avere il coraggio di avventurarsi nel labirinto di trine, crinoline, pizzi, lacci e
laccioli e pagliaccetti (mutandoni) e sottogonne inamidate.
Ma ecco quello che tutti avrebbero voluto ma mai osato chiedere: la zip.
E niente più fu come prima.
Fast food?… Fast sex!
Sticker Apple, la mela d’Eva colpisce ancora.
Perchè se è vero che la pubblicità è l’anima del commercio,
la Bibbia può essere l’anima della pubblicità.
4.
Andy Warhol aveva predetto un’epoca in cui tutti avrebbero avuto il loro quarto d’ora di celebrità.
Quest’epoca, o non è ancora incominciata o a me si è fermato l’orologio.
5.
Si accamparono gli zingari nel mio quartiere. E dopo un po’, una alla volta, tutte le finestre per il
raggio di chilometri, furono violate e tardi si dotarono di solide inferriate. Non erano evidentemente
gli zingari simpaticoni di «Cent’anni di solitudine» del buon Gabriel Garcia Marquez.
L’hanno definito “realismo magico” ma esiste una realtà che sia magica?
6.
C’è voluto un film, «Il Giovane favoloso» di Mario Martone, ma adesso si sa che c’è un Giacomo
Leopardi e che faceva il poeta.
7.
Chissà se a Hellzapoppin‘, nel frattempo, il fattorino è riuscito a consegnare la pianta alla signora
Jones…
N dA: Hellzapopping (1940) anticipa di mezzo secolo la comicità cosiddetta demenziale.
8.
Letto il giornale, anche quella mattina concluse: «Altro che tenere i cani al guinzaglio, al guinzaglio
si tenessero loro, gli umani!»
9.
L'importanza del buco.
Groviera escluso.
Il buco è all’origine della vita, e di ogni vita, ed è anzi la vita. È grazie a un buco, in pratica, che noi
usciamo incontro al mondo e non restiamo alla stadio di intenzione. Ed è grazie a tutta una serie di
specifici buchi, strategicamente disposti nel nostro corpo, che sopravviviamo. Provate a turarne
uno!
Altrettanto fauna e flora, vulcani e oceani, si perpetuano per merito di aperture ed orifizi, che
altrimenti non scorrerebbero flussi e riflussi, energie e umori. Per non parlare del nostro più minuto
quotidiano. Riuscite a immaginare un abito, un’auto, una casa… senza buchi?
Chiamateli pure più nobilmente cavità, incavi, nicchie, fori, occhielli, bocchette, sfiati, ecc.
Attribuitegli pure dei termini tecnici, magari anche in inglese. Non cambia la sostanza.
E per chiudere in bellezza nel caso non si fosse stati chiari, pensiamo un po’ a cos’è l’amore. Cos’è
se non l’unione di due buchi?
Uno sapientemente predisposto ad ospitare e l’altro a erogare?
10.
cartoon by
«La democrazia? Yum!» disse il vecchio piccione che se ne intendeva: la piazza doveva viveva,
l’aveva vista riempirsi di bandiere di ogni colore.
«La vera passione degli Italiani – disse il vecchio piccione – è per l’uomo forte. Altrimenti chi
avrebbero da tradire oltre la propria moglie?»
11.
Il Palazzo.
Avevano rubato tutti, ma tutti se la cavarono alla grande: presidente, vice, segretaria, funzionari e
uscieri (questi, un miracolo che non si siano fregate le maniglie).
Unico in gabbia l’unico innocente: il canarino alla finestra della guardiola del portiere.
12.
Si usa dire furbo. Ed esserlo per gli Italiani è motivo di fierezza. Ma poi approfondisci e scopri che
tra furbo e ladro c’è troppo una sottile differenza. Perchè non essere chiari, chiamare i furbi ladri?
13.
Pater familias.
Di questi tempi, pare che si mettano al mondo i figli perchè il padre poi li trucidi insieme alla
famiglia.
14.
Agosto, chiuso per ferie. Chiunque volesse fare guerra all’Italia è avvisato. Ripassi a settembre.
15.
Ho soppesato nel palmo della mano la busta appena pescata dalla cassetta della posta. E ho pensato
all'invio dell'estratto di un romanzo. Ma poi, il tempo di aprire la busta e infilarmi gli occhiali, ho
scoperto un assembramento di voci e cifre: «È un quiz» mi sono detto. «Dev'essere la pubblicità di
qualche rivista di enigmistica».
Unico dubbio: c'era un kw troppo ricorrente e la lampadina mi si è finalmente accesa. Si trattava,
appunto, della bolletta della luce.
16.
Pene da pene?
Solite spam anche oggi nella posta. Argomento: enlarge penis.
Ho anche imparato una parola nuova ad arricchire il mio penoso inglese: upsizing.
Non si lesinano iperboli.
Mi scrive infatti Lakisha J.: Be a lethal weapon in the bedroom. E un’altra: Gain inches.
Ladies will love you è l’ultimo messaggio.
Oltre le lusinghe anche i cuoricini, pure.
17.
Il best-seller dei best-seller. Mi sono segnato la Bibbia in testa all'elenco dei libri di prossima
lettura: è l'ennesimo nodo nel mio fazzoletto dei buoni propositi, con l’auspicio che non finisca
prima in lavatrice.
18.
A differenza delle amanti che - quando se ne vanno subito te ne accorgi perchè sbattono la porta lei, la mia Musa, è svanita. Silenziosa, PUFF, uguale a un perfido incantesimo. E adesso?
Mica te la ritrovi una Musa facilmente, mica è lattuga.
19.
Giulio Cesare for President! È un continuo crollare di opere pubbliche. Ponti, autostrade, scuole.
Appena inaugurati, già a pezzi. Di contro, in giro per il mondo, trovate perfettamente funzionanti
chilometri di acquedotti costruiti duemila anni fa dagli antichi Romani.
Le prossime elezioni, votate Giulio Cesare.
20.
Il tavolo da lavoro dove scrivo non ha niente da invidiare al banco di un’auto-officina. La morchia
della pipa l’ha progressivamente ricoperto di uno strato. Manca l’unto del grasso per motori. Però
non girano topi o scarafaggi.
21.
Foglia profetica. La pioggia è riapparsa, ha piovuto tutta notte. L’acqua ha imperversato insieme al
vento. Gli alberi del parco, gli anni in cui vento e freddo tardano, conservano il manto. Le foglie
ingialliscono così impercettibilmente da illudere e fare pensare allo splendore di un’estate
inestinguibile. Fino alla mattina in cui noti che le foglie non ci sono, sono cadute.Così mi è
accaduto, stamattina. L’autunno si è rivelato.
Insieme al mio.
22.
La Musa.
Ritagliai questa vignetta da Advertising Age nei lontani Anni Ottanta. Da allora è restata sempre
appesa – prima accanto alla mia macchina per scrivere – poi alla successiva sequenza di PC.
Adesso è ingiallita. Irrimediabilmente velata da una patina di polvere e caccole di mosca. Ed è
sgualcita. Erosa. Ai limiti della leggibilità. (E decenza.)
Sarebbe da buttare, ma chi osa?
Sarebbe come se appallottolassi una parte di me stesso, da portar via col bidone della carta.
23.
Dream... Driiin!
Stanotte sognavo di essere un libro… oh, la dolcezza di attenzioni gentili…
il sogno si è fatto più ardito
…maledizione! è suonata la sveglia!
Le immagini sono rispettivamente di Federico Zandomeneghi (1897), Jean-Honorè Fragonard
(1770), Susan Ricker Knox (1925), Tim Haylock (2009), Theodore Roussel (1887)
24.
Ferragosto da cani.
Strada vuota. Non c’è neanche più gusto a parcheggiare: non c’è neanche più il brivido dello spazio
da conquistare, la gara a chi arriva primo, l’emozione del millimetro catturato sul filo dei secondi.
Con i finestrini abbassati, per la nostra soddisfazione di ingiuriare. Niente di tutto questo
godimento, strada vuota, non c’è un cane.
Anzi no, un cane c’è.
Sbuca.
L’aria depressa-malinconica, la lingua a penzoloni. A differenza della padrona che lo segue. Che lei
fuori invece ha le tette (la voglia di fresco a volte è incontenibile). Però anche la padrona ha l’aria
depressa-malinconica del cane e io, alla finestra, guardo le tette poi il cane e poi le tette. Tette,
padrona e cane svaniscono.
Strada vuota, asfalto ardente.
25.
L'afa scioglie Milano. Arriva la lunga estate calda, la grande estate metropolitana, e già coi primi di
luglio Milano si vuota e le notti si accendono di magia. Tutto quello che l’inverno teneva ovattato,
si libera con la stessa naturalezza del canto degli uccelli. La gente si scioglie e parla. Perfino il mio
dirimpettaio che mi ignora, stamane ha azzardato un cenno di saluto.
26.
La fortuna di chiamarsi Zeta.
La vita è tutta un susseguirsi di chiamate per appello dov’è l’ordine alfabetico a contare. Così per
me significa arrivare sempre tra gli ultimi.
A compensare, mi consola l’eventualità di una fucilazione collettiva. L’idea di finire al muro dopo
quelli che incominciano per A, B e C ecc., dimodochè nel caso di un gesto di clemenza, la grazia
avrebbe più tempo ad arrivarmi - mi è di gran sollievo.
(Certo, il mio cognome se incominciasse con la Z, sarei ancora più tranquillo.)
27.
Patrio risveglio. A differenza dei sessanta milioni e passa di miei compatrioti, stamattina, appena
sveglio, non ho acceso né radio né televisore. Ho investito le mie energie migliori a prepararmi il
migliore dei caffè. L’esito non è stato all’altezza dell’impegno, e ne ho tratto la sgradevole
impressione che l’oroscopo oggi non mi sia favorevole. La conferma mi è venuta subito dopo dalla
lettura dei giornali.
Tradito dalla moka e dalla cronaca, cosa mi resta?
Cantare l’inno di Mameli arrangiato a rock?
Piove, e lo smog ancora un po’ si taglia a fette.
28.
Lettera a una zanzara.
Cara Titti,
ti ho chiamata Titti e non so se è un nome che ti piaccia. Però considera che, dalle origini del
mondo, sei la prima zanzara con l’onore di non ronzare ignota. Noooo, tranquilla. Non è che adesso
poi ti tassano. I succhia-sangue hanno un Dio speciale. Che li protegge. Da ogni legge.
Ti ascolto, ammirato, mentre mi sibili attorno. Tu, ultimo esemplare sopravvissuto a una rovente
lunga estate. Di fumi omicidi e furie, gas e cacce. Ed ora è autunno, e pure inoltrato, e tu voli
ancora.
Eroica, voli.
A tratti mi ricordi il dolce suono di un violino. Ma è giorno, ora. Non è una calda notte di amori con
la luna. Il tuo sottofondo musicale non ce la fa a essere romantico perso com’è coperto dai rumori.
Per cui è destino che – questione di minuti, anzi secondi – io ti becchi e t'accoppi.
Nemmeno poni problemi di sepoltura. Di funerali dispendiosi, cremazioni, testamenti, pacchi di
carte bollate con Stato, Regioni, Province e Comuni (in ordine di importanza, a scalare). Non lasci
scie di eredi. A scannarsi per generazioni.
Tu, discreta.
Te ne vai da questo orrido mondo, serena e incosciente come c’eri entrata. Senza neanche le
meritate medaglie di un eroe dell’aviazione.
Abbi pazienza, Titti. Ciao.
29.
Milano, a guerra finita
La scuola era sopravvissuta miracolosamente ai bombardamenti. Interi isolati distrutti attorno. Le
macerie erano state asportate e gli spiazzi si estendevano ampi e liberi e invitanti per noi all'uscita
dalla scuola: calzoncini corti (come si usava), le ginocchia livide dal freddo. Suggestionati dalle
nozioni appena apprese, ci battevamo a feroci colpi di palle di neve, Ateniesi da una parte, Spartani
dall'altra.
Io stavo con gli Spartani, la Storia mi faceva considerare gli Ateniesi effeminati pappamolla. Anche
se devo ammettere... la prima volta che passammo dalle palle di neve ai pugni, gli Ateniesi
dimostrarono di averli crudi e duri.
Altri tempi, altro spirito, altro che playgame.
30.
Gli Italiani, l'insalata, se la coltivavano nell'orto (Era il tempo in cui il prezzemolo e i cosiddetti
"odori" non si pagavano, te li prendevi dal fruttivendolo a ciuffi). Solo che noi, qui, a Milano, l'orto
non potevamo averlo,a meno di non trasformare la vasca del bagno in un'aiuola. Così mia madre
andava al mercato, da Mario. Mario arrivava all'alba dalla Brianza col carro trainato dai cavalli, e i
pomodori e l'insalata appena colti, lacrimavano ancora di rugiada. Mia madre sceglieva i cespi, li
maneggiava guardinga neanche fossero bebè. Evitava la lattuga, mia madre diceva «l'ingrassano
con la fogna e la fogna porta malattie». (Sono cresciuto a base di cicoria.)
I cespi arrivavano a casa avvolti in un giornale. Il giornale era vecchio ma c'era sempre l'articolo
che incuriosiva, mentre l'insalata finiva sotto il rubinetto. A decantare. Il giusto tempo. Finalmente
la lavatura, foglia per foglia, primo dei riti. Culminanti nell'asciugatura, somma di gesti e
accortezze.
Adesso l'insalata te la danno confezionata, lavata e pronta.
Questione di tempo, pre-masticata.
31.
Sì, noi qui in Italia c’avremo pure il Colosseo e tutto il resto, ma loro c’hanno un Oscar Wilde. E si
dà il caso che difficilmente un Colosseo faccia sorridere per il suo humour.
32.
Era ormai sabato quando Dio ha creato l’essere umano. Dio era stanco, già aveva passato la
settimana a faticare, non poteva fermarsi alla scimmia?
33.
Dio-pallone.
Metti un pallone in mezzo a una strada trafficata e le auto si bloccano.
Mettici un pedone e le auto fanno la gara ad arrotarlo.
34.
Gli Unni e gli altri.
Il Colosseo, non potendoselo fregare, si sono fregati gli infissi.
35.
Dice l'amica intellettuale ideologicamente impegnata: «A proposito di queste migrazioni, l'incontro
tra culture diverse arricchisce...».
«Vero - convengo -, arricchisce i commercianti di telerie e stoffe.»
36.
)
Chi troppo e chi niente. O viceversa?
37.
Breve storia della scarpa.
Un terzo degli Italiani andava scalzo, a piedi nudi, gli altri due terzi avevano soltanto un paio di
scarpe per l’estate e un altro per l’inverno. Ma in seguito gli Italiani divennero ricchi e,
combinazione, le scarpe incominciarono a fabbricarle i cinesi così che ogni Italiano ebbe tante
scarpe quante ne avrebbe avute un millepiedi se i millepiedi usassero le scarpe.
Vecchia Milano, che loro però le scarpe le calzavano, erano privilegiati col posto in fabbrica
38.
Breve storia della tuta.
La tuta è nata come indumento da lavoro nelle fabbriche, ed era blu. Poi fabbriche ed operai
sparirono e restò la tuta sportiva (variopinta) per chi aveva la pancia da smaltire e correva la
domenica. Che se non riusciva a smaltirla, la tuta l’indossava lo stesso per nascondere la pancia.
Adesso le tute sono arancioni per distinguere quei pochi che lavorano e tutti possano vederli.
39.
Ah, le donne... le donne!
Dice: «Ero disperata a causa di un amore infelice, ne sono uscita, però adesso sto male per non
avere un amore di cui disperarmi».
40.
Breve storia di Milano Expo.
Cristo non era ancora nato. Né gli oroscopi facevano prevedere la sua nascita. Di modo che le stelle
comete sopra Betlemme ancora non avevano la coda. Non c’era neanche Roma. O almeno. Al suo
posto c’era per il momento una lupa con due attaccati che facevano la gara a chi succhiava, passati
alla Storia (Esse maiuscola) coi nomi di Romolo e di Remo.
Però c’era il Po.
Placido e tranquillo.
Salvo quando usciva dal suo letto. Che grande e grosso com’era, era come quando un gigante va in
bagno. Allagava. Meglio non fidarsi, si disse Brambillix. Ugualmente puntando dove c’erano dei
fiumi. Visto che l’acqua, per quanto, può servire.
Così si diresse un poco più su. Proprio in mezzo alla grande pianura dove non cresceva ancora il
formentone. Tanto in mezzo che: «Più in mezzo di così!» esclamò, e cantò un inno. Nel momento
esatto in cui gli apparve un tale. Brambillix notò che il tale vestiva uguale a lui, in modo
impressionante. Gli stessi capelli e barba, lunghi e incolti. Brambillix pensò: Scommetto che va dal
mio stesso parrucchiere.
Anche l’elmo che il tale aveva in testa era identico. Con le due corna che gli spuntavano,
simmetriche. Brambillix aveva concluso che doveva essere la moda del momento. Quindi chiese:
«Sei celto?».
«Certo» disse l’altro.
«Ho detto celto, non certo» disse Brambillix.
E l’altro daccapo: «Certo, celto».
Brambillix riflettè: o costui è di razza celta o è di razza certa. Ma esiste una razza certa?
Chiarito l’equivoco, che tutti e due erano celti, Brambillix ritenne arrivato il momento delle
presentazioni: «Piacere, Brambillix».
«Piacere, Madonnix.»
In effetti, Madonnix viaggiava portandosi dietro, sulle spalle, una specie di grande Duomo, irto di
spuntoni come un istrice, il più alto dei quali a forma di Madonna, lucido e brillante, senz’altro
d’oro.
«C’è anche il monumento! – esclamò Brambillix – è fatta».
Gli abitanti c’erano (erano loro due), il monumento anche. «Perchè non fondiamo una metropoli?»
propose Brambillix.
«Perchè no?» disse Madonnix.
E quel posto diventò Mediolanix. In seguito Mediolanum e infine Milano, che poi, come si sia
arrivati alla grande Expo, è cosa nota: le cronache giudiziarie sono esaurienti.
cartoon by
41.
È tutta un’esibizione di capezzoli (rifatti) e tanga tirati all’ultimo pelo (rasato).
E dire che a mia nonna bastava mostrare la caviglia.
42.
Romantica.
Aveva scelto per suicidarsi la spina di una rosa. Sopravvisse.
43.
L'equivoco delle spine. Romantica, scambiava i carciofi per rose.
Restò col naso punto.
44.
Metti l’altra metà del cielo tutta in una borsa.
Dal cilindro di un prestigiatore può uscire di tutto. Candidi conigli, voli di colombe… Ma è niente
in confronto a quello che può uscire dalla borsa di una donna. Non faccio l’agente di dogana, per
fortuna, però l’altro giorno la mia Lei mi ha incastrato: «Già che sei là! – mi ha gridato dalla stanza
accanto -, vedi nella mia borsa se ci trovi…».
La cosa che la mia Lei si aspettava ovviamente non c’era, in compenso ci ho ritrovato il mio
nettapipe ch’era giorni che cercavo.
45.
La latente immoralità di un seno femminile.
Le signore discettavano pro e contro l’allattamento al seno e lui intervenne e disse di essere
senz’altro a favore. Da sempre aspirava a seni turgidi e ospitali. Ma vedete che brutti i moralismi
facili? Il fatto che lui non fosse un bebè, lo relegava al rango di incallito sporcaccione.
46.
«Ma quella è la mia mamma!»
cartoon by
47.
cartoon by
48.
< Selfie?
cartoon by
49.
Slurp!
by
50.
«Non sto più nel pelo dalla rabbia… Quegli insulsi bipedi umani i baffi dei gatti li chiamano
VIBRISSE!… Sporchi razzisti!»
cartoon by
51.
L'uomo che le pere non le sbucciava, le spogliava
cartoon by
52.
Si va a nozze. Il sindaco ha celebrato le nozze tra il signor Gianfilippo R. e la robot di sesso
femminile Ellen K/832 Z. Il prossimo passo – ha dichiarato il sindaco – sarà l’ufficializzazione
delle unioni tra umani e robot ma dello stesso sesso per giungere infine alla celebrazione di
matrimoni tra robot gay. Quest’ultima affermazione ha destato violente reazioni.
53.
Stagioni.
Primavera Araba o Inverno anzi Inferno Arabo?
54.
C'è vagina e vagina. Nota pornostar assicura la propria vagina ai Lloyd’s di Londra, la prospettiva
subito dopo è la quotazione in Borsa.
55.
Cheese. Non era lui a ridere, era la dentiera.
56.
Dio è morto, il congiuntivo anche.
New York Street Photography by Matt Weber
57.
Crollano niti e certezze.
Ma è vero che Superman si è preso il raffreddore?
58.
Grana TV. La pubblicità del parmigiano-reggiano si affidava alla scientificità delle sue prerogative
nutrizionali e salutistiche. Ora a dei pupazzi. Riflette i tempi.
59.
Ulteriore prova di quanto siano più seri gli animali.
Mai visto, che so?, un cane o un pinguino scompisciarsi dalle risa?
60.
Cosa vuol il progresso, però!
Prendi, per esempio, i nuovi francobolli auto-adesivi che non occorre più leccarli.
61.
Il vecchio gatto e la gattina.
Il vecchio gatto condivideva con la gattina pappa e fusa. Ma poi la figlia della padrona s’è trasferita
e s’è presa la gattina. Il vecchio gatto, restato solo, rifiutava il cibo e la figlia della padrona è tornata
a prendersi anche il vecchio gatto, che, ritrovata la gattina, ha ripreso a mangiare.
Tempo fa, un teologo tedesco s’è attirato le ire dei colleghi affermando che anche gli animali hanno
un’anima. ?
62.
Il Maestro
Il maestro era la figura severa e autorevole che impartiva il sapere bacchettando le mani degli
scolari discoli.
La svolta.
Ora c’è anche il maestro di cinema, di arti marziali e financo il maestro-profumiere, il maestrocantiniere e il maestro-cartaio, come recita la pubblicità. L’era dei maestri prospera, tutti maestri (e
nessuno).
63.
La sposa in nero.
Lei, Susanna, la chiamava la sua casina. In realtà, più che un monolocale era un minilocale. Per
aprire il frigorifero doveva spostare la TV e per guardare la TV doveva spostare il frigorifero. In
due più il gatto, ancora un po’ non ci stava la macchinetta del caffè e la volta che Susanna osò fare
l’amore… il lampadario aveva mincacciato di franare al primo orgasmo.
Il fidanzato, Luca, lavorava per un giornale, stanco di non essere pagato, aveva aperto l’agenzia
Biancaneve specializzata in cronaca nera, necrologi ed epitaffi. Luca si faceva pagare pure in nero
(in tinta, data la materia) e la tariffa era di un tot alla parola in misura dell’età del morto. Però
c’erano gli sconti di quantità, quando a morire era un’intera famiglia.
È un genere di mercato che non conosce crisi, Luca accumulò una notevole fortuna e lui e Susanna
convolarono a fastose nozze.
(La sposa, inutile dire, era rigorosamente in nero.)
AtelierAimèe Montenapoleone
64.
Quei thriller Anni '40 in bianco e nero.
Humphrey Bogart, l’eterna sigaretta, l’ala del cappello sugli occhi.
Il doppiaggio non prevedeva il “Tu” o il “Lei” ma il “Voi”:
– Vi faccio notare che il revolver è puntato al cuore.
– È il posto meno sensibile che ho.
Che tenerezza quei “duri” in bianco e nero. Le pistole uccidevano ma non erano omicidi. Erano atti
dovuti per necessità di trama. Il bene trionfava, l’eroe buono sui cattivi, sempre. In tempo, prima
della parola "fine".
65.
Che barba!
Chi ha detto che sono le donne a seguire le mode pedissequamente? Era dai tempi di Garibaldi e di
Cavour (e di Lincoln per gli USA) che non si vedevano tante barbe e baffi come adesso. Ad avere la
barba erano restati soltanto scrittori e artisti (vedi Hemingway e Bukowski), vecchi professori,
Babbi Natale e rapinatori, e in quest’ultimo caso però barba e baffi erano finti.
Ma adesso, di colpo, è tutto un dilagare di facce pelose variamente agghindate. Rigurgito di pretesa
virilità? O propagarsi di mode talebane e mussulmane?
O più banalmente: «Di capelli in testa non ne ho, ma guarda che barba che ho!».
66.
Il più antico mestiere del mondo
Oltre che più antico, è anche l’unico mestiere con tutte le premesse per protrarsi eterno. Eppure.
Resta la sola professione a non fruire di definizione adeguata. Basti considerare l’inflazione degli
appellativi: prostituta, puttana, sex worker, bagascia, zoccola, gualdrappa, sgualdrina, meretrice,
donna di facili piaceri, donna di facili costumi, donna da marciapiede, donna di strada, donna di
conio, donnina allegra, una di quelle, una signora di quelle, belle de nuit, fille de joie, operatrice del
sesso, squillo, stella filante, falena della notte, lucciola, escort (goffo tentativo di elevazione del
ruolo).
Appellativi tutti più o meno spregiativi, nel migliore dei casi irridenti. O superficialmente riduttivi.
A dispetto del ruolo sociale e di benefica regolazione degli umori maschili.
Così, analogamente a quanto avvenuto in altri campi – vedi la creazione dei termini badante e colf –
perchè non considerare la formalizzazione finalmente professionale e corretta ai fini di un
riconoscimento qualificato e aggiornato? Tipo asmas, assistente sociale in materia sessuale o perset,
personal sex traine?
L’intero sistema ne guadagnerebbe, se non altro, in stile. Perchè un conto è dire andare a puttane e
un altro parlare di asmas. O perset.
67.
Il silenzio dei pesci. Un pesce è muto, non parla. Ma siamo sicuri che non abbia niente da dire?
68.
La vera storia di Cenerentola
Cenerentola faceva la colf senza bollini ma poi ha trovato un industriale della calzatura.
69.
L'isola meravigliosa.
Lei viveva sognando un’isola meravigliosa, lui anche. E tutti e due sapevano l’uno dell’altra, che
ciascuno dei due aveva in mente un’isola meravigliosa. Talmente lo sapevano da nemmeno stare lì a
raccontarsela. Poi un giorno, non si sa come, lui descrisse la sua isola e lei anche, la sua. E
scoprirono che non era la stessa. Cercarono in tutti i modi di farle coincidere. Ma era come
pretendere di fondere Cuba col Giappone. Dai loro sforzi nasceva sempre una terza isola
irriconoscibile mostruosa, che aveva tutto e niente delle prime due dei loro sogni originari.
Come finì?
Lui sostituì isola e sogni con una caraffa in più di birra.
Lei aprì un blog.
70.
Steve Jobs e Compagni
Steve Jobs, quello della mela, e Bill Gates & Co.
Non ci fossero stati, staremmo davvero molto peggio?
71.
Usi e costumi (e scostumati).
Dare del Lei è sempre più obsoleto, il tu avanza.
Le ingiurie col tu vengono meglio.
72.
Gli zuihitsu post-it
Il monaco buddista Kenko è vissuto in Giappone più di sette secoli fa, ed è ricordato per quel
genere particolare di composizione letteraria chiamata zuihitsu. La lunghezza di uno zuihitsu non va
oltre al post di un blog e Kenko inoltre incollava alle pareti le strisce di carta con le sue
composizioni, anticipando gli odierni post-it.
Era lui moderno o siamo noi antichi?
73.
Proprio vero, da vicino è nessuno è normale
Tu parli con uno che credi una persona normale e poi scopri che tiene in bagno una coppia di pitoni.
74.
Un cane di resto
Le dimensioni dei cani procedono di pari passo alla crisi. Più grande la crisi, più piccoli i cani. Tra
un po’, al posto della fotografia del proprio cane, nel portafoglio ci si terrà il cane.
Sì, il cane. In… ca(r)ne e ossa.
75.
Job's act
Giovannino R. detto Nino, forte delle sue due lauree e quattro master ha trovato subito lavoro.
Barista a Londra.
76.
I ribelli
La vita d’oggi è troppo complicata, lei gli disse e, di comune accordo, decisero di semplificare.
Lui smise di radersi e gli crebbe il barbone, lei smise con le laboriose depilazioni e i maquillage. Per
il resto, da tempo la semplificazione era arrivata in tavola: verdura pronta lavata e cibi cotti – e già
era programmata la progressiva eliminazione di bottoni e calzature con i lacci, di auto e bici, Pctablet-cellulari, cordless, lavastoviglie e lavatrice, forno a micro-onde, frullatori, tende e tendine,
tappeti e centrini, reggiseni e calzini.
Quando.
A un semaforo, lui fu avvicinato da una pia donna, che allungandogli un paio di monetine gli
sussurrò: «Tenga, buon uomo. Ma raccomando: non se li vada a bere subito».
Lei, d’altronde, era stata convocata dalla capa del reparto: «E così? hai deciso di cambiare sesso? ti
sia chiaro, noi qui abbiamo bisogno di commesse e non di caporali con i baffi».
La sera, lui, umiliato, con le due monetine nel palmo della mano, le disse: «Ho l’impressione che la
vita a semplificarla va a finire che si complica».
«Eh, sì» lei annuì con un sospiro, svolgendo una confezione graziosamente femminile fresca
d’acquisto (styler Silk-épil Bikini).
77
Paradossi
Mentre penso, ammirato, alla grandezza di un Socrate, l’occhio mi scivola su Gidou, il mio gatto, e
concludo che Gidou, il mio gatto, sarà pure un animale, un niente, ma non si sognerebbe mai di bere
della cicuta e di suicidarsi.
Il mio gatto Gidou, in una delle sue espressioni di massimo acume.
78.
L'eloquenza della spazzatura
Niente come i rifiuti fa capire la vita, e come va il mondo. Dai rifiuti risali a chi li getta e, infine, al
cuore di un’intera comunità, nazione, continente, cultura. Fino a possederne gli intimi segreti. Si
possono ricostruire le dinamiche che caratterizzano un dato momento storico, sociale od economico.
La spazzatura non è che l’altra faccia dell’umanità, ne è anzi la faccia – l’unica – sincera.
PS: per gli investigatori un bidone della spazzatura è materia ghiotta d’indagine quanto un sito di
Facebook. Spazzatura e Facebook si equivalgono.
cartoon by
79.
Risvolti sociali di un raffreddore.
Farsi dei nemici com’è facile, basta un banale raffreddore.
Tutti si prodigano a impartirti consigli, ciascuno ha il rimedio che guai se non lo segui. Così per non
scontentare questo o quello, dovresti prendere l’aspirina con il vin brulè e nel frattempo la tisana
emolliente mentre trangugi un cognac con il latte bollente e ingoi un cucchiaio di miele dopo
l’Allium Cepa e l’Echinacea, noti preparati omeopatici che però, per funzionare devi essere digiuno,
e non dovresti avere ingurgitato il ben di dio sopracitato.
Impossibile!
Risultato: il raffreddore ti passa, ma i rapporti raffreddati restano.
80.
Mucca Expo.
E’ prossima la mucca con tasto per il latte, a scelta: intero o parzialmente scremato, zuccherato o
cappuccino.
81.
Basta visioni di seni provocanti. Ora anche alle mucche è imposto il burqa. E potranno essere
visitate solo da una veterinaria-donna.
82.
T'amo pia mucca.
La mucca è l’unica vera grande mamma. Le altre sono imitazioni. Perchè la mucca è la grande
mamma che dà il latte a vitelli, cristiani, ebrei e mussulmani e ai gattini. E dopo averci allattato, noi
tutti (insieme a cani, lupi e ai gattini) la mangiamo.
Tanti monumenti a santi, poeti, navigatori e generali, ma nessuno ha mai pensato di erigere un
monumento alla Mucca Ignota. Eppure. È grazie alla mucca.
Cosa farebbe se no un generale coperto di medaglie ma senza proteine?
83.
Quanti significati può avere una frase a secondo del sentimento che la ispira!
Vedi, per esempio, l’espressione: «Non sono proprio da buttare»…
Compiacimento
Diego Velazquez, Venere allo specchio, 1648 circa
Constatazione, auto-rassicurazione
Edward Hopper, Morning Sun
Amarezza, risentimento
Edward Hopper, Summer Interior, 1909
Riscossa, volontà di rinnovamento…
Edward Hopper, Automata, 1923
84.
Un tempo, di una donna si diceva che concedeva le sue grazie. Ma poi è invalso il termine scopare.
Causa di equivoci peraltro. Perchè non si sa mai se si tratta di sesso o pulizie domestiche. Grazie al
cielo, la chiarezza si fa strada. Ora si dice: darla.
85.
Differenza di una g ! Non sta bene dire negro, si dice nero. E il grillo che pure lui è scuro, si dice
rillo?
86.
Fica, figa.
E in seguito: sfiga, sfigato/a, strafiga, fico, figo – riferiti a persone, situazioni e cose.
Un tempo, il termine di partenza era appannaggio del linguaggio maschile (definito “da caserma”) e
trovava ampio riscontro sulle pareti degli ascensori e dei cessi pubblici. Generalmente preceduto da
un “Viva la…”, accompagnato da abbozzo di schizzo caso mai ci fossero dubbi sul soggetto a cui si
riferiva.
Grazie all’evoluzione dei costumi e all’uguaglianza dei due sessi, il termine in questione è diventato
consuetudine del linguaggio anche femminile. «Non ho la figa di legno» scrive una blogger vittima
di un disperato amore.
In sostanza, le donne ora non fanno che appropriarsi anche verbalmente di qualcosa che a loro, da
sempre, appartiene. (Certo, a questo punto però, il fico – albero e frutto – non avrebbe tutte le
ragioni per rivendicare i diritti d’autore di anni, se non di secoli, pregressi?)
87.
Trillò la Cincia: «Quegli sciocchi bipedi umani chiamano uccello il loro sesso. Blasfemi, come
osano? Ha forse la signorile eleganza di un cigno? O la nobile dignità di un falco? O, perchè no…
ha forse la garrula spensieratezza di noi, cince? Se n’è mai visto uno volare di ramo in ramo
gorgheggiando?»
cartoon by
88.
Parlando di libri ed e-Book, le signore dicono: Adoro il fruscio e l’odore della carta.
Adorabili signore!
89.
Non basta più dire SI’ o NO. La moda esige che tu li preceda con unassolutamente.
Assolutamente sì o assolutamente no.
Viviamo tempi di perentorietà. E già. Così, vedi l’esempio dei politici, qualsiasi affermazione è
senza se e senza ma.
90.
Succede che non si può usare il termine zingaro perchè negativo e discriminatorio e un giudice ti
può anche condannare. Devi dire rom o sinti a secondo dell’appartenenza. Tempo fa mi hanno
rubato in casa e adesso so di guardarmi bene dal dire ch’erano zingari. D’ora in avanti, ricapitasse,
vedrò di farmi dire la tribù d’origine. Ai fini di una corretta-dovuta-rispettosa citazione. Perchè ladri
sì, ma anche denigrarli!
91.
Scrive il poeta:
Era un romanzo d’amore perfetto,
tripudio di orgasmi e di letto,
peccato, ora giace negletto,
ripudiato dentro un cassetto.
(I fogli macchiati di sperma e rossetto.)
cartoon by
92.
Ragionava un vecchio topo di biblioteca: «Già l’invenzione della stampa e l’abbandono della
profumata appetitosa pergamena, hanno assestato un duro colpo alla qualità del nostro cibo, ma
adesso con l’avanzare degli e-Books, quale futuro alimentare avranno i nostri figli?»
Pubblicazioni correlate: «Firmino» di Savage Sam, Einaudi Stile libero
93.
Scuola di scrittura creativa
E dire che Tolstoi, Hemingway, Proust, Balzac e compagni non hanno frequentato la Scuola Holden
di Baricco! Nè “Il Mestiere di scrivere” o siti analoghi.
L’avessero fatto, vuoi mettere che grandi scrittori ora sarebbero.
94.
Pipa famosa
“Ceci n’est pas une pipe”. Opera famosa di artista famoso. (E quella che Sherlock Holmes ha
sempre in bocca cos’è?… una scarpa?)
René François Ghislain Magritte (Lessines, 21 novembre1898 – Bruxelles, 15 agosto 1967)
95.
Strategie. Al protagonista, Jason Priestley, piace una ragazza e un amico gli suggerisce: «Non so se
ha un ragazzo. Dovresti chiederglielo».
«Se glielo chiedo mi dice di sì – gli risponde Jason – È meglio non saperlo. Così hai sempre
un’opportunità. Anche se sono insieme ai mariti, e le hai appena viste giurare sull’altare, non
chiedere mai se sono sposate. Distrugge ogni tua possibilità».
Danny Wallace, «La ragazza di Charlotte Street»
96.
Harmony
Nelle storie d’amore c’era sempre un aviatore. Biondo con gli occhi azzurri. Il Principe Azzurro
arrivava dal cielo, e lei era una sartina, orfana e povera, che cuciva abiti sfarzosi per signore ricche.
Terzo Millennio-evoluzione: i Principi Azzurri sono diventati Principesse.
97.
Giorn'in giallo.
Non passa giorno che non esca un nuovo giallo. Ci sono più Commissari in libreria che in Questura.
Alzi la mano chi non ha pensato di scrivere un giallo. (I monchi sono dispensati.)
98.
L'incontro culturale in biblioteca
A un certo punto del dibattito affiorò la parola gerosolimitani, e ci fu chi pensò a una varietà
speciale di gerani e chi a un’etnia di gitani. Appurato che col termine gerosolimitani si designano i
nativi e gli abitanti di Gerusalemme, si passò a discettare se è più sexy la pera o il violoncello.
Le vie della cultura sono imprevedibili e infinite.
Le violon d’Ingres, 1924, di Man Ray
99.
L'Internazionale del Giallo.
Come per il colore delle unghie delle donne e il taglio di barba per gli uomini, anche in letteratura
vige la moda. Dopo Edgar Alla Poe a Sherlock Holmes, il giallo ha visto emergere in ogni Nazione
la penna di bandiera, e così abbiamo avuto la stagione dei giallisti turchi, turco-tedeschi, tedeschi,
greci, russi, israeliani, francesi e spagnoli fino alla saga recente del Giallo-Svezia.
E i giallisti italiani? Camilleri domina, pluri-rappresentato in televisione. Infatti gli Italiani non sono
gran lettori, però la TV la guardano (non ne pagano il canone ma questa è un’altra storia).
100.
Libri sì, mah... però!
Punto 8: I libri rendono migliori le persone. Ma è vero? Perchè, per esempio, anche il «Mein
Kampf» di Adolf Hitler è un libro, però Adolf Hitler non era una brava persona.
copertina edizione 1926-1927
101.
I ristoranti si dotano di librerie e le librerie di ristorante. È il momento del "giallo", sì, del giallomaionese.
102.
Il sesso dei libri. Di solito, sono le donne a leggere in metropolitana. Ragazze o donne più grandi,
sono sempre solo loro e leggono storie d’amore. Poi, non so, immagino che sognino. Anche quando
scrivono, le donne se lo fanno è per scrivere d’amore. E, generalmente, è per lamentarsi. Tra l’altro,
pare che siano parecchio più brave degli uomini a scrivere di sesso, di sesso spinto poi.
Gli uomini in metropolitana è difficile vederli leggere. Se capita, è qualche ragazzo con gli appunti
di scuola. Gli altri, più su con l’età, sfogliano tabelle. Gli uomini, non ci fosse il calcio,
rischierebbero l’analfabetismo di ritorno. Invece li salva la Gazzetta.
La Gazzetta è importante per un uomo. Gli serve per avere argomenti e dire cazzo. I più snob,
invece di cazzo dicono figa. Ultimamente, a essere obiettivi, cazzo lo dicono anche le donne. Non
tanto come gli uomini, però. Anche se ci sono quelle che parcheggiano in modo che tu non puoi più
uscire e solo che le guardi ti assalgono: Cazzo vuoi?
103.
Ludmilla che sposò un sorcio.
Mamma Sorcia ci teneva al futuro delle sue creature. Senonchè i destini dei suoi precedenti topolini
si erano risolti in gran disastro. Un paio erano finiti sotto le ruote del camion della spazzatura,
un’altra buona dozzina vittime di feroci e spietate derattizzazioni. Il più fortunato aveva fatto da
pranzo prelibato a un gatto.
“Basta” si disse Mamma Sorcia, stavolta, sentendosi qualcosa muoversi in pancia. “Mio figlio – si
disse Mamma Sorcia -, dovrà crescere in un luogo sicuro e caldo, e voglio anche che abbia
un’istruzione.”
Uscì dalla squallida cantina (la sua dimora fino a quel momento) e, piena di fiducia e di speranza,
affrontò la strada. Si diresse verso la città. Superò, disgustata, i clamori di una discoteca. Attenta a
non apparire illuminata dalla luce delle insegne. E, dopo un paio di isolati, intravide una palazzina,
datata ma dall’aria civile e accogliente. Conservava ancora i gentili decori di una certa epoca.
Si inoltrò nell’edificio, approfittando di un vetro rotto, e dalle cantine risalì al piano sopra. Era notte
e la palazzina era disabitata, la gente vi affluiva solo di giorno, e il silenzio e la pace regnavano a
quell’ora (mezzanotte passata). A convincere definitivamente Mamma Sorcia che quel posto era
l’ideale che cercava, furono le file di scaffali che le apparvero davanti. Traboccavano di ogni
genere di libri e carte.
"Mai vista tanta grazia di Dio in una volta sola” si disse Mamma Sorcia, compiaciuta. E un po’ per
l’entusiasmo e un po’ per l’emozione, scodellò lì per lì un topolino.
Perfetto.
Orecchione, baffi e lunga coda.
Il parto era avvenuto tra le pieghe di un raro almanacco di popolari canzoni napoletane del primo
Novecento, e Mamma Sorcia diede il nome di Gennarino al nuovo nato.
Gennarino superò brillantemente la prima infanzia finchè – com’è costume di famiglia tra i roditori
- Mamma Sorcia ritenne opportuno abbandonarlo. Non senza prima avere ammonito Gennarino:
«Studia, Gennarino, raccomando. Oggigiorno non sei nessuno se non hai studiato. Vero che non è
detto che ti serva, ma sempre meglio sapere una cosa in più che dieci in meno».
Scandì infine, forte e chiaro: «E ricordati, Gennarino, che la vita non è una gran formaggio».
Mamma Sorcia se ne andò e Gennarino, memore delle parole della mamma, subito si buttò su un
volume dell’Enciclopedia. Gennarino passò poi alla filosofia. Si divorò Seneca, Platone e Kant.
Non era in grado di seguire un programma e chiaramente la sua istruzione proseguiva disorganica a
sbalzi. Senza contare che erano volumi spesso indigesti. Tra l’altro, si verificò anche uno spiacevole
imprevisto.
Qualcuno dei frequentatori aveva rilevato l’assenza delle pagine di cui si era abbuffato Gennarino,
che, pertanto, avvertito il pericolo imminente, era dovuto fuggire e riparare dall’altra parte del
salone. Area però dedicata ai manuali (di giardinaggio o come allevare polli sul balcone o cucinare
secondo la tradizione povera del Basso Canavese, eccetera, eccetera).
A Gennarino non fregava niente di costruirsi radio a valvole o come smacchiare una tovaglia.
Passata la buriana, raggiunse lo scaffale dei classici latini. Mai immaginando che proprio lì a quello
scaffale attingeva sempre un nugolo di studentesse seducenti.
Ora, per i sorci è sempre primavera e Gennarino, appostato tra un De Bello Gallico e un’Eneide, si
sentì il sangue ribollire, i baffi tremolare, la coda già lunga allungarsi.
Innamorato perso di tutto quel ben di dio, incominciò a pensare seriamente al modo di comunicare
il suo (chiamiamolo) amore. Subito, però, avvertendone le difficoltà.
Già.
Infatti.
Solo a vederlo quelle tipe sarebbero scappate, e figurarsi se potevano accettarlo a titillare loro il
seno con i baffi!
Doveva studiare una strategia.
Avrebbe incominciato con una poesia.
Si nutrì di Catullo a piene fauci: Godiamoci la vita, mia Lesbia, l’amore… Dammi mille baci e
ancora cento, dammene altri mille e ancora cento…
E si lanciò.
E il silenzio di tomba del salone fu squarciato da urla femminili di disgusto e di terrore. Gennarino
era comparso squittendo i versi di Catullo.
Unica a non fuggire, lei, Ludmilla.
Era cresciuta in una baracca tra rospi, pantegane, scorpioni e scarafaggi e un topolino così grazioso
e bello per lei, Ludmilla, era perfino più gradito di un regalo di Natale.
«Ti manca solo un ricco fiocco» disse Ludmilla a Gennarino. E se lo prese nel palmo della mano.
Come andò a finire?
Dovrei dirvi che Gennarino e Ludmilla si sposarono ed ebbero tanti, tanti topolini. I maschietti con
un fiocco celeste, le femminucce con un fiocco rosa. E tutti vissero a lungo, felici e contenti.
Così dovrei dirvi perchè così accadde. Ma so benissimo che non mi credereste.
Per farla breve, non solo non ve lo dico ma nemmeno io l’ho mai detto.
104.
Governo, politici, giornali, TV, media, è tutto un fiorire di parole inglesi.
A parlare italiano sono restati soltanto gli immigrati.
105.
In Italia non si producono più auto, elettrodomestici, acciaio, ma libri. Nessuno legge, ma tutti
scrivono, analfabeti compresi, che sarebbe come se degli zoppi ambissero alle Olimpiadi.
È un’industria com’era la Fiat ai tempi d’oro, col proprio indotto, in questo caso, di editori a
pagamento, stampatori, agenti letterari, corsi e concorsi di scrittura, premi, siti web,
sponsorizzazioni e manifestazioni.
Peccato che i libri non siano pistacchi che si possono esportare.
* Il pistacchio, l’oro verde di Bronte, in Sicilia, si custodisce in cassaforte
106.
Le ere di Milano.
Anni 50, capitale industriale.
Anni 60, capitale morale.
Anni 80, da bere.
Anni 90, tangentopoli.
E adesso?
107.
Elogio del libro, Micio ringrazia.
Un libro si può godere spalmati col gatto sulla pancia, Micio ben lieto di approfittarne. Il libro ti
segue e te lo porti. Te lo leggi quando aspetti dal dentista e non ci vuoi pensare. O in bagno, c’è
posto migliore per stare concentrati?
E riservato alle gentile signore e signorine: piuttosto che fare l’amore con l'ennesimo partner
deludente aspettando solo che finisca - magari con gli occhi al soffitto rimuginando se imbiancarlo non è meglio leggersi un bel libro?
tela di Federico Faruffini (1833 – 1869)
108.
Il grande scrittore. Si buttò sulla tastiera, digitò: Era un sorriso...
Ma subito si bloccò, alzò gli occhi al cielo. Lo sguardo febbrile, ispirato. Era un sorriso... come?
Ironico? insulso, accattivante, catturante, sciapo, invitante, allusivo, d'intesa, complice, ingenuo,
tirato (a denti stretti), d'occasione, innocente, malizioso, sfrontato, di sfida, beffardo, smagliante,
sfottente, compiacente, contenuto, educato, di condivisione, allegro, fiducioso...?
Ebbe l'illuminazione.
Sogghignando digitò: Era un sorriso commerciale.
manifesto di Gino Boccasile, anni Quaranta
109.
Cachi a San Siro
C’è anche questa Milano, sì. Certo, è ignorata in Borsa, non è quotata in Piazza degli Affari (e
proprio per questo prospera). I cachi li vedi brillare dorati nell’autunno opaco di San Siro.
Dovrebbero essere i cachi il simbolo di Milano, visto che il panettone ancora un po’ lo fanno in
Cina.
110.
L’assassino si giustificò: «Non sono stato io, è stata la pistola».
Fu assolto.
Nota: Qualsiasi riferimento a persone, fatti o luoghi reali è del tutto puramente casuale.
111.
La circolare 90/91
Il filobus passa sempre quando non ti serve
foto di Giorgio Vianini
112.
foto di Giorgio Vianini
Ami il genere horror? Gira una notte sulla 90/91, la circolare esterna di Milano. Costa meno di un
DVD e puoi dire: «Io c’ero».
113.
Non c'è più Milano.
I cartelli stradali, non fatevi fuorviare. Al posto di Milano c’è un anonimo cantiere. Al centro resta
solo il Duomo, unico edificio ancora intatto. A quando ne utilizzeranno le fondamenta per un
autosilo? Ci insedieranno un out-let? Ne asporteranno le guglie per sopraelevarci un grattacielo?
Appartamenti signorili e uffici, prenotazioni in loco? La Madonnina, in una bacheca, nella hall. Facsimile, però, di plastica.
Già, e l’oro?
Trafugato. Dai soliti noti.
114.
Al suo posto c’è un supermercato
La chiamavano Giovannino ma non stava scritto da nessuna parte. Non c’era insegna. Era stata
forse una cascina ma adesso era un’osteria, una grande osteria dai saloni occupati da tavoli e
panche, dove soli uominipassavano ore bevendo vino rosso cupo e denso.
L’osteria era circondata da innumerevoli campi per il gioco delle bocce e poco distanti, correvano,
uno dietro l’altro, i capannoni dell’Alfa Romeo. Più in là, la Fiera.
Il resto, prati. Incolti ma verdi d’erba. Cresce bene l’erba in Lombardia.
Le pareti esterne di mattoni rossi al vivo erano tappezzate di scritte. Spiccava: Quando il capello tira
al bianchino, lascia la donna e datti al vino.
(Il Viagra era tanto lontano da non poter essere neanche immaginato.)
115.
Quell’allegra canzoncina
Appena ieri, dai microfoni di radio e TV e dischi:
(…..)
ma il vecchio negro disse allor:
Oh, bongo bongo bongo
stare bene solo al Congo
non mi muovo no no…
bingo bango bengo
molte scuse ma non vengo
io rimango qui…
no bono scarpe strette, saponette
treni e tassì,
ma con questa sveglia al collo
star bene qui
(…..)
Oggi, Stazione Centrale di Milano:
116.
Natale rock Milano
Da «Pranzo di Natale (La bûche)», film del 1999 diretto da Danièle Thompson
Il pranzo di Natale serve perchè tutti in famiglia e i parenti si ritrovino a rinverdire vecchi rancori;
da averne fino al prossimo Natale.
117.
Fuori dai grandi negozi, non si vedono più Babbi Natale, paciosi e sorridenti, ma neri piagnucolosi
che chiedono l’elemosina con i vestiti appena presi dalla Caritas.
118.
C’è un’armeria in viale Certosa, qui a Milano, stava chiusa da anni, le saracinesche arrugginite,
l’aria abbandonata. Oggi che è la Vigilia, la vedo riaperta, le vetrine scintillanti. Strana coincidenza
col Natale. Tra l’altro, di fronte hanno aperto da poco una sfolgorante sala giochi e più in là si
affaccia un negozio «Compro oro».
I simboli di quest’epoca racchiusi in pochi metri quadri.
119.
Pizza connection
A Milano, bar e pizzerie sono sempre più gestiti da cinesi ed egiziani. Per fortuna, a tenere alta la
bandiera nazionale ci sono gli esercizi aperti con i soldi riciclati della ‘ndrangheta.
120.
…ate
Tradate, Gallarate, Alzate, Capriate, Usmate, Grandate, Lainate, Lazzate, Casnate, Malnate,
Gavirate, Lentate, Vimercate, Brembate… Sono i nomi di comuni intorno a Milano. E sono solo
una piccola parte del lungo elenco in “ate”.
No, non è un invito a tradare, gallarare, alzare o capriare…
Parte Seconda
121.
Diciamocela tutta, Hitler non era una brava persona.
122.
È così facile morire che non c’è neppure gusto.
123.
La balena non è una nave da crociera.
124.
Soddisfazioni: scoprire al supermercato la confezione d’insalata lavata da 100 grammi invece dei
soliti 150, che sono troppi.
125.
La dentista, ai piaceri della carne preferiva i piaceri della carie.
126.
Ho cura di me come fossi il mio bebè. Mi manca di allattarmi.
127.
«Gli occhi servono solo a mantenere gli oculisti» disse la talpa.
128.
Il grande santone yoga aveva superato il banale masturbarsi. Era riuscito ad autopraticarsi il sesso
orale
129.
Un’immagine vale più di mille parole? Una parola può ferire più di mille immagini.
130.
Girano più storie che soldi al mondo. Le storie sono la vera ricchezza dell’umanità. (Peraltro sono
pure esentasse.)
131.
Lasciatemi un vizio, uno almeno.
132.
Uno farebbe di più l’amore se si potesse fumare la pipa mentre lo si fa..
133.
Le zanzare sono islamiche.
Non tollerano scollature.
134.
Colto in fragrante mentre rubava le briciole ai passeri.
135.
Di seri sono restati solo i serial killer. Loro almeno, quando incominciano, proseguono coerenti.
136.
I tarli sono lavoratori in nero.
137.
Milano. Scritta sull’asfalto davanti al Liceo Artistico di Piazza Arduino: “Sei l’unica scusa per
distrarmi dal mondo” .
138.
C’eravamo proprio tutti… Hemingway e Dante reduce dall’Inferno. Mancava solo Shakespeare.
Ma meglio così.
Con lui è sempre una tragedia.
139.
La vita sarebbe molto più umana se non ci fossero gli umani.
140.
Sempre e solo nuda.
La verità è senza pudore.
141.
Si impose come diva del porno.
Non c’era vagina più espressiva.
142.
Adesso anche i calciatori scrivono libri.
Con i piedi?
143.
Il tempo è denaro.
Tasseranno gli orologi.
144.
Lei si accarezzava le cosce: «Quanta grazia di Dio sprecata».
L’amica non ebbe il coraggio di ricordarle che erano passati sessant’anni da quando quelle cosce
avevano vinto il loro ultimo concorso di bellezza.
145.
Un tempo si diceva: «Ha temperamento, cervello, polso» ma poi si è scesi sempre più in basso.
«Quello è uno con le palle» ora si dice.
Anzi c'è stata un'estensione: «Quella sì che una con le palle!».
Come se signore e signorine non ne avessero già abbastanza di ammennicoli da reggere.
146.
L’autorevole onorevole fu trombato. La sua voce continuava a uscire dai microfoni.
147.
La domenica è il giorno rosso della settimana. C’è chi a destra pensa di riformare il calendario.
148.
Non mangia formaggio, dice che è il cadavere del latte.
149.
Lei: «Vorrei mettere ordine nella mia vita».
Lui: «Comincia dai cassetti».
150.
Troppo normali.
Per non essere anormali.
151.
La lettura è un fattore di apprendimento imprescindibile.
Per esempio, se su una porta c’è scritto Tirare, evita di spingere.
152.
«Io do una cosa a te e tu dai una cosa a me» disse il Cavaliere alla Sirena.
E lei: «Io lo so bene quello che tu vuoi, ma non quello che mi dai».
«Ti do l’amore» lui, allora, le rispose.
Fu così che la Sirena finì in una scatola di tonno.
153.
Di femminile le erano restati solo i tacchi alti.
154.
Tu dici che vuoi la verità. Vero.
Tu vuoi la verità che tu vuoi sentirti dire.
155.
Cogito ergo sum.
Lo credeva uno slogan di Cartier.
156.
Il massimo del welfare?
La tomba riscaldata.
157.
A chiusura del messaggio lei digitò: "Baciotto".
E cosa vuol dire? lui pensò, vuol dire: Baci 8?
Ma poi tutto gli fu chiaro.
Era il bacio di una bocca sagomata a forma di 8.
158.
A chiusura del messaggio, per non scrivere: un sorriso sembrandogli banale, digitò: Smile taglia
XXXXL.
159.
Mi autocritico. Prima che lo facciano gli altri.
Avrebbero meno riguardi.
160.
Capezzoli (rifatti) e tanga tirati all’ultimo pelo (rasato).
E dire che a mia nonna bastava mostrare la caviglia.
161.
Era registrato su Twitter, Facebook, Google, Yahoo… Gli mancava solo il casellario giudiziale.
Ci finì.
Si sentì finalmente realizzato.
162.
E lui scrisse: "Il mio pesce preferito sono gli asparagi".
Fu assunto.
163.
Fratelli d’Italia.
Mariella siccome era moglie del primario, gioca un ruolo nient’affatto secondario nel piazzare
l’amico nel terziario per le celebrazioni del quaternario e dividere i fondi del centenario in due
cinquantenari, a metà.
164.
Se parliamo di popolarità.
Pare che la mela di Steve Jobs abbia superato anche quella d’Eva.
165.
Offresi cammello, buon carattere, economico: basta una lattuga alla mattina.
Ecologico, emissioni gas entro la norma.
Zero NO2, zero CO, zero PM 10. Gobbe rivestite di velluto opzionali. Silenzioso e discreto.
Parcheggiabile dovunque. Imparata la strada di casa, il conducente non ha problemi di palloncino,
può ubriacarsi che il cammello lo riporta.
Non sono richiesti bollo o targa, non rientra nei calcoli del redditometro agli effetti fiscali.
166.
Sportello dell’Edilizia Urbana.
«Devo costruire un pollaio»
«L’ha fatta la domanda in carta da pollo?»
167.
«Meglio morto piuttosto che andare a lavorare».
Ed è morto.
Adesso da morto rimpiange di non essere andato a lavorare.
168.
Se l’Italia fosse l’America, Cristoforo Colombo non avrebbe avuto niente da scoprire.
169.
Il complesso.
Che se non è di Edipo, ma immerso nel verde, viene ogni volta da pensare che chi lo abita, ha il
pregio di stare in un bidone. Di vernice. Verde, appunto.
170.
A gratis? E già, tanto l’A in più è gratis.
171.
Le veniva naturale parlare con i morti.
I vivi non poteva sceglierli.
172.
Chiamarle Elezioni o Erezioni? No, Eruzioni… ecco la parola giusta.
173.
Lei gli disse: «Sei un brutto cretino!»
E lui si offese.
Per il brutto. Non per il cretino.
174.
I veri grandi romanzi?
E chi ce la fa più, chi ne ha il fisico?
Siamo la generazione dei cibi precotti.
Tra un po’ pre-masticati.
175.
Si può diventare scienziati famosi studiando il sesso dei sassi?
176.
Esempio di frase non ancora celebre: "La goccia che fece traboccare il naso".
177.
Un’immagine vale mille parole. Un silenzio può valerne un milione.
178.
Non mi hanno proclamato santo e questo mi disturba.
179.
Se le colpe dei padri non devono ricadere sui figli, quelle dei figli non ricadano sui nonni.
180.
Attentissimo com’era alla propria salute, lo stesso non riuscì ad essere immortale.
181.
Il suo modo di reagire alla solitudine: circondarsi di bisce e scarafaggi.
182.
Una vecchietta rubava i fiori affacciati al recinto di una casa. Uno scippatore le ha rubato la
borsetta. Uno zingaro ha rubato allo scippatore il motorino. Eccetera, eccetera.
183.
«Non mi va la roba in scatola» disse l’avvoltoio sulla bara.
184.
Vallo a spiegare a uno straniero che culinaria non è una brutta parola e che non si scrive cul in aria.
185.
Meglio il pepe nel caffè che il topicida.
186.
Che ridere, anzi che paure, guai e imbarazzi, se alle banconote venisse il ghiribizzo di parlare!
187.
Merry X-Mas.
Apparve sulla porta della chiesa un tripudio di fiori, ghirlande e nastri. Il feretro stava sotto,
invisibile. Ci fu chi pensò a un regalo di Natale. Il più grande mai visto.
188.
«Non tollero crisi isteriche» lei strillava al cane.
Senza rendersi conto che, fra i due, a dirlo avrebbe dovuto essere il cane.
189.
Quest’anno, a Natale, ho già previsto di aggiornare i miei auguri al tasso d’inflazione. Li farò col
debito aumento. Aggiungerò un issimo al solito Felice Anno Nuovo e una renna in più alla slitta.
190.
Il Padre della Patria.
Ma anche di tante altre figliole poco serie.
191.
I Grandi Valori?
Controllare controluce la filigrana.
192.
«Siamo tutti Fratelli!»
Glissiamo sulla mamma.
193.
I Numi Protettori, hai voglia che la Buon Costume li metta dentro.
194.
Quello sconsiderato amplesso.
Le nostre mamme erano consce di cosa stavano facendo? Con il loro incauto accondiscere ai
cosiddetti doveri coniugali?
Si rendevano conto di metterci al mondo?
195.
Ultimamente mi capita di stupirmi d’essere al mondo.
Io, mi dico, proprio io?
Così mi viene di sentirmi importante: il privilegiato da una cieca spietata selezione che incomincia
da lontano, molto prima della stessa congiunzione tra i propri genitori.
Peccato che il senso di privilegio non mi duri.
196.
Eletti ed elettori.
Non importa come e cosa predichi. Ti basta fare chiasso e troverai sempre chi ti segue.
197.
Il mio psicoterapeuta è una bottiglia di Bonarda. Certo, non conosce Freud. Ma importa?
198.
Sceglieva le fidanzate in base alla marca delle tette. Da quando una tetta gli era scoppiata tra le
mani.
199.
Il Faro di Civiltà?
Meglio la pila.
200.
L’Abnegazione, proprio una bella Abfermazione.
201.
L’Etica, che poi - stringi-stringi - finisce in un'etichetta.
202.
Il Figlio del suo Tempo non ha al posto del naso un pendolo. E d’altra parte la madrina non è una
mamma piccinina.
203.
Col tempo incominciò a confondere il catechismo appreso da bambino.
I Dieci Comandamenti, in special modo.
Così, rubava per santificare le Feste mentre commetteva atti impuri con la donna d’altri.
204.
Se si investisse in onestà con la stessa frenesia riposta per migliorare gli spazzolini per pulire i
denti…
205.
Chi ha deciso la mia nascita? Che toccasse proprio a me? E non, che so?, allo spermatozoo accanto?
206.
«Che ne sai del mondo se non hai mai visto un cammello?» potrebbe benissimo dirmi un beduino.
207.
«Gli uccelli grassi non volano» disse, sprezzante, il passero al piccione ripieno di uvetta e ogni ben
di dio.
208.
C’è da essere pessimisti.
Troppi gli ottimisti in giro.
209.
La coerenza non è di questa civiltà. Si lamentavano: «Troppe macchine in ircolazione!». Ma quando
l’industria dell’auto andò in crisi si disperarono.
210.
«Io non ho il problema di Dio, io so chi è il mio creatore» disse il cartoon.
211.
In un mondo dove il bianco non finisce di detestare il nero e viceversa, la pacifica convivenza del
latte col caffè commuove.
212.
Le parole sono la materia prima con cui tutti possono produrre tutto, e di tutto. Come con qualsiasi
altra materia al mondo non si può.
213.
Poveri i cattivi se i buoni fossero di più.
214.
Quanti secoli sono passati dall’ultima volta che hai sentito fischiare o cantare per la strada?
215.
Edipo.
Girano voci conturbanti sui rapporti tra madre e aceto.
216.
La gente non fa più un passo senza auto. Se trovi qualcuno ancora che cammina è con il cane, a
portare il telefonino a far pipì.
217.
La Sindone, primo esempio di fotocopia?
218.
Quando si dice i favolosi Anni ’80.
Milano se la divoravano e a te dicevano di berla.
.
219.
«Papà, che cos’è un capo carismatico?»
«È' quando una pecora si spaccia per leone e le altre pecore ci credono.»
220.
Immigrazione-integrazione.
La mercanzia sparsa sul marciapiede e l’arabo assorto, raggomitolato accanto.
Era il suo modo di continuare a essere un pastore. La cianfrusaglia al posto delle pecore.
221.
Nasi, occhi, gambe, seni: al giorno d’oggi tutto si raddrizza.
Anche le coscienze.
222.
«Ho paura che anche qui scoppi una rivoluzione.»
«Tranquillo, gli Italiani grazie a Dio sono diversi. Basta un Derby, e già la rivoluzione incomincia
con 90 minuti di ritardo.»
223.
La piccola fiammiferaia all’angolo della strada è cresciuta. È diventata un grosso accendinaro tutto
nero.
224.
Le api sono operose non vanno alla macchinetta del caffè, non gli devi dare ferie, tredicesima e il
resto. S’è mai sentito di un’ape che sciopera?
225.
Ero stufo di sentire l’allarme a vuoto dei vicini. Ho montato una sirena potentissima. Quando suona,
la città intera esce dalle fabbriche.
226.
Tra un po’ di occupati ci saranno solo i cessi.
227.
I passeri ormai fanno «Chip-Chip».
228.
Quando mia madre mi intimava solenne, il dito indice ammonitore: «E imprimetelo bene in testa,
che questa è una casa onorata».
229.
Al torneo dei poeti un concorrente arrivò con tanti sassi che allineò.
Qualcuno obiettò che non era una mostra di sculture.
Il presunto poeta rispose: «Le parole a volte sono pietre».
«Volete anche la rima?» aggiunse il poeta.
Prese due sassi di colore simile e li affiancò.
230.
Al torneo dei poeti ogni concorrente saliva sul palco e leggeva il proprio capolavoro.
Un tale lesse l’orario ferroviario e qualcuno obiettò che non era opera sua ma di Trenitalia. Il poeta
rispose ch’era Trenitalia a copiarlo.
231.
Autore anonimo su muro della Findus:
232.
Poeta anonimo su muro anonimo di anonima periferia a Milano (via Arimondi):
Telecamere di sorveglianza soffocano il cuore.
233.
Che cosa non era Parigi per noi di quegli anni!
234.
Siamo in tanti che, prima della corrida, doteremmo il toro di spray al peperoncino.
235.
Veniva da pensare che avesse fatto la fatica di studiare unicamente per capire la Gazzetta dello
Sport.
236.
I tipi che: Tanto paga l’Azienda.
E quelli che l’Azienda non li paga.
237.
I tipi che insistono a suicidarsi con la pistola scarica. E gli altri che, se ricorrono al gas, hanno il
buongusto di non far saltare anche il palazzo.
238.
I fini prosatori che scrivono ke, xkè, anke o 6… E questi altri che, dopo un punto, scrivono
l’iniziale minuscola. Così non sai se è un punto o una caccola di mosca (letterata).
239.
La saggezza di una nazione è la media delle follie dei suoi abitanti.
240.
Andava a piedi per non consumare l’auto. E poco male. Se non avesse smesso anche di respirare per
risparmiare il fiato.
241.
Recita il Comandamento: Non desiderare la donna d’altri. E perchè non anche: Non desiderare
l’uomo d’altre?
242.
Era tutta sesso. E mele cotte.
243.
Adesso, non solo il vecchio Jack perdeva i colpi, ma anche la sua calibro 38.
244.
Di nobili sono restate le proteine.
245.
Ha rovinato più famiglie la passione per la scrittura che l’oppio.
246.
Non fumo e guadagno tot anni di vita.
Altro tot se cammino un’ora.
Un altro se mangio frutta e verdura.
Un altro se è assortita di cinque colori.
Un altro col tè verde.
Un altro con l’omega 3.
Sono arrivato a calcolare che sarei immortale.
Ho deciso di mettermi subito a fumare.
247.
«Non è la vita ad allungarsi, è la vecchiaia» sussurra un filo di voce dalla carrozzella.
248.
Ci sono sempre più questuanti che ricorrono a cani dagli occhi umidi e dolci. Le signore lasciano le
monetine al cane, non al questuante.
249.
L'amico Roberto di Biblioteca R. porta i libri nelle carceri. Tra amnistie, condoni e domiciliari, a
stare in galera ormai è solo Dante. (Alighieri).
250.
In seguito alla parità di genere (le famose quote rosa), le Signore Castellane avranno lo stesso ugual
diritto a esercitare lo "ius primae noctis" tale e quale come i loro Signor Mariti.
251.
Residuo fisso, sodio, altezza della montagna, durezza in gradi francesi: c’è chi, preoccupato di
informarci, spende soldi per orientarci nella scelta dell’acqua.
Anche dissetarsi - da sempre il più naturale dei gesti di ogni essere vivente – ora diventa fonte
complessa di ragionamenti.
252.
Non c’è cantante-complesso-brano musicale che non sia mito, leggenda, capolavoro universale,
svolta epocale, dopo-niente-fu-più-uguale.
Stiamo dunque vivendo un momento eccezionale? Di geni che sbocciano come le violette a
primavera?
Meschini i nostri avi che si dovevano accontentare di un Vivaldi, un Bach, Beethoven, Mozart e
così rari!
253.
Noi, così belli, depilati e deodorati. (E con l’Ipad.)
254.
Inguaribile corruttore arrivò anche per lui il Gran Momento e euesta volta non ci fu mazzetta.
255.
C’era una volta una principessa beeellissima…
256.
Città deserta, solo le prostitute sul viale.
I servizi essenziali assicurati anche d’agosto, non dicono così le autorità?
257.
Lo sciocco ha solo certezze. Gli sciocchi sono tanti.
258.
Non mi meraviglia se c’è qualcuno capace di pensare che la ghigliottina sia un’anticipatrice della
moderna affettatrice.
259.
C’è gente che per esprimere una cosa semplice, metti per dire Piove, ti scrive:
Osservando il quadro delle fenomeno-logie atmosferiche non sfugge per capitale importanza il
verificarsi di precipitazioni che in forma più o meno accentuata possono variare dall’acque-ruggiola
al temporale più fosco e brutale. Ora, nel caso in esame, si può ben definire pioggia di media
intensità quanto ci è dato di rilevare attualmente in atto...
260.
Salvi la vittima e un attimo dopo sarà lei l’aguzzino. Con questo, non si può non prendere le parti
della vittima di turno.
261.
La mia Lei era partita alla grande con la campagna «Salviamo le tigri del Bengala». Ma poi.
Sarà che il Bengala è lontano ed emotivamente poco coinvolgente, la mia Lei ha mano a mano
ridotto le pretese.
Adesso.
Guai se mi sorprende col tacco su uno scarafaggio.
262.
Il garzone del fornaio (el prestinè) portava le michette a domicilio, in bicicletta.
La gerla dietro le spalle a mò di zaino.
La gerla colma di pane infagottato nella carta velina beige. Passava dentro il nebbione fitto, in
bicicletta, cantava a squarciagola. In canottiera. In canottiera col nebbione bianco di gelo, in pieno
inverno.
L’avevamo soprannominato Ferragosto.
* La michéta, rosetta tradizionale di Milano.
263.
Di latino, oltre al De Bello Gallico, è restato il Festival Latino-Americano.
264.
L’abbronzatura di montagna tira al rame. Quella marina al moro-saraceno. Quella di città al latte
scremato (grassi 0,1) ma che però è a lunga conservazione a voler pensarci.
265.
Togli tutto a una donna. Tranne lo specchio. (Almeno fin quando dura l’età delle illusioni.)
266.
«Come fa una donna senza uomo?» dice lei. «Chi poi mi porta le valige?».
Ma poi hanno inventato i trolley
267.
D’estate, sono tutti abbronzati tranne i camerieri che hanno la faccia così pallida, ma così pallida.
Per non parlare poi dei cuochi
268.
Cambiare genere d’aria ogni tanto fa bene. Lo smog di montagna è altra cosa.
269.
Siate obiettivi, se non onesti. Evitate di cominciare: «Sarò breve».
270.
Ci sono situazioni che non sono poi tanto rare. Si prenda quel tizio di Amarcord che urla dalla cima
di un albero: «Voglio una donna».
271.
Se sapevo morivo da piccolo.
272.
Dell’umana incoerenza.
Era un perfetto idiota, gli bastò morire perchè ne escogitassero virtù e pregi.
273.
Pensate a un pastore a cui spariscono non le pecore. Ma i prati.
274.
Dicono: «Ringiovanire i detentori del potere». E il Padreterno, allora? Che è lì da milioni d’anni?
275.
Tutto ormai è light. La Coca Cola, l’olio, le sigarette.
Il sesso lo è da molto tempo.
276.
A dispetto dei cardiologi, un cuore non è necessariamente soggetto solo a infarto.
I Fidanzatini di Raymond Peynet, omaggio alla memoria del grande disegnatore francese
277.
Quanto c’è da leggere e che perdiamo!
E quanto leggiamo e che sarebbe meglio perdere.
278.
Di che meravigliarsi?
Se un venditore di libri non sa leggere. Se a trasgredire le leggi è chi le fa. Se ad allattare sono le
balie senza latte. Se sono i genitori ad obbedire ai figli. E gli alunni ad insegnare ai maestri?
279.
Il lunedì, giorno nero.
Anche il sapore del cappuccino è diverso.
280.
Ravioli al galoppo.
Nei ravioli di certe marche pare ci sia carne di cavallo.Si accettano scommesse sul raviolo che
arriva primo.
281.
Mi dice: «Diffida degli astemi».
A dargli retta avrei dovuto diffidare di mia madre.
282.
Quel fiore che spiccava purpureo a ravvivare lo squallido inverno.
Solo da vicino rivelava il segreto: era la punta rubizza di un profilattico.
La candida corolla?
Un kleenex.
283.
Solari. Le creme? Macchè. Le miss. L’intervistatore chiede sempre: «E tu come sei?» «Solare» la
miss risponde invariabilmente. Tutte le miss. Solari.
Abbondanti nelle forme, meno in quelle lessicali.
284.
Era un amante tenero e appassionato.
Morì a causa della propria lingua imprigionata nel di lei sesso.
285.
Lato B, coppa C, punto G...
L’alfabeto si tinge di rosa.
286.
Grande seduttore: «So bene quello che le donne mi hanno dato. Ma non saprò mai quello che di loro
ho perso».
Sarebbe istruttivo sentire le interessate.
287.
Al circolo delle vecchiette se ne manca una, nessuno ha dubbi sulla natura dell’impegno.
288.
C’è peggior luogo comune di un cesso pubblico?
289.
Quale Unità d’Italia? Quella dei Garibaldini dal Nord al Sud o quella delle cosche dal Sud al Nord?.
290.
Come saremmo senza la Pubblicità? Useremmo meno deodoranti e puzzeremmo di più,
probabilmente. Ma quanti falsi miti in meno.
291.
Se anche le formiche nel loro piccolo si incazzano, figurarsi gli elefanti.
292.
Deleteri ottimisti. Mine vaganti. Pericolosi per sé e gli altri.
Un ottimista, se produce un collirio, nemmeno contempla l’ipotesi che possa accecare. E siccome
l’ottimista, in generale, è anche testardo, capace di dirti che, andasse proprio male, perso un occhio
ce n’è un altro. A meno di non perderli entrambi. Ma allora l’ottimista esulta: «Ti fai i soldi
dell’assicurazione».
L’ottimismo è materia in cui è bene non esagerare.
293.
Indissero una ricerca di mercato per mettere a punto l’automobile ideale. La realizzarono.
Nessuno l’acquistò.
294.
Socrate, bio.
Era l’anno 399, il mese di Targelione (maggio) quando Socrate ricorse alla cicuta. A precorrere i
tempi, la cicuta che Socrate assunse, era assolutamente bio. Senza pesticidi e diserbanti, né additivi
e conservanti. (Sai, quando ti dicono: «Non fa male, è naturale»?)
La conclusione è nota.
295.
Mi dice: «Non ho più denti. La radiografia dell’ultimo l’ho incorniciata e appesa. Mai vista opera
d’arte più espressiva. Più struggente».
Arte astratta?
O estratta.
296.
Si dice il suocero. Si dice il suino.Non si dice lo suocero. Tanto meno lo suino.
Allora perchè lo Swatch… lo swing? Misteri della lingua definita viva.
297.
Una grande scritta all'ingresso della vecchia osteria, diceva: «Quando il capello tira al bianchino
lascia la donna e datti al vino». Antica saggezza popolare.
Adesso i capelli se li tingono.
298.
Per svagarsi andava ai funerali.
Asseriva che è una forma di socializzazione.
299.
Il congiuntivo.
Insieme al panda è la specie più in pericolo di estinzione.
300.
Lui: «Devo dire che ho preso tutto da mia madre».
Lei: «Ecco perchè batti alla stazione».
301.
Lui: «Non voglio essere come mio padre».
Lei: «È dura con la gobba che vi ritrovate».
302.
Facciamo tutti cose inutili.
D’altronde.
Nell’attesa di morire, qualcosa occorre pure fare.
303.
Grazie ai media, di divi e divette si sa tutto. So più della loro vita che di me stesso. Che pure dovrei
essermi famigliare. O no?.
304.
La parola. La più terribile delle invenzioni umane, potenzialmente devastante più del nucleare. Per
non parlare del problema delle scorie.
305.
Nativi digitali.
Il bambino gira e rigira il libro tra le mani, infine stupito chiede: «Ma dov’è il menu?».
306.
I detrattori allora sparsero la voce che era un alcolizzato e drogato. Ma lui era un artista.
Ne guadagnò in immagine e fama.
307.
Forse parlo troppo di me. È che sono la persona che mi è più famigliare.
308.
Chi sono?
Anch’io me lo domando.
309.
Nevica, quel tanto che basta.
I cani, pelo lungo, ringraziano. Gli altri, pelo corto, indossano eleganti cappottini.
Io, tiro madonne.
310.
Chi ricorre all’alcol, altri al sesso. I più pretenziosi alla cocaina, i meno alle pasticche. I più
disperati scrivono poesie.
311.
«Cavoli!», che razza d’intercalare è? C’entra normalmente col discorso come i cavoli a merenda.
Appunto
312.
Un conto è dire: «È stato eletto» e un conto dire: «È un eletto».
313.
Sorridere fa bene alle gengive.
FINE
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A presto!
...1936 Odiug!
Grazie all'amica-web e non meglio identificata Lalla de Roma per il logo del gufetto.
Circa le immagini mi risultano di pubblico dominio. Così non fosse, sarà mia cura provvedere su
istanza degli eventuali aventi diritto.