tutta l`arte da vedere da OttOBre a dICeMBre
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tutta l`arte da vedere da OttOBre a dICeMBre
Supplemento a «Il Giornale dell’Arte» n. 346 OTTOBRE 2014 Museo Castello San Materno Ascona, Fondazione per la cultura Kurt e Barbara Alten, fotografia FotoStudio1 Ascona vedere IN CANTON TiCINO il giornale dell’arte umberto allemandi & C. N. 2, OTTObre-DICEMBRE 2014 tutta l’arte da vedere da OTTOBRE A DICEMBRE Un catalogo firmato Allemandi non è un catalogo qualsiasi AMBASCIATA D’ITALIA A PARIGI ROSSO FIORENTINO Ritorno in Francia|Retour en France UMBERTO ALLEMANDI & C. Un catalogo firmato Allemandi: non costa di più vale il doppio Per informazioni e valutazioni: Umberto Allemandi & C. SpA | Via Mancini 8 | 10131 Torino | Tel 0118199111 | Fax 0118193090 | [email protected] Che bel futuro avrà il Ticino (se darà più importanza alla cultura) Giovanni Carmine © Sommerakademie, Zentrum Paul Klee, Berna Il curatore di arte contemporanea di origine ticinese Giovanni Carmine diagnostica l’isolamento ma anche le reali possibili espansioni del cantone italofono Non ancora 40enne, Giovanni Carmine, direttore della Kunst Halle di San Gallo, è stato il curatore del Padiglione della Svizzera nell’ultima Biennale di Venezia e nella precedente Biennale, curata da Bice Curiger, era stato coordinatore artistico e co-curatore del catalogo. In Svizzera è membro della Commissione Federale delle Belle Arti. È nato nel Canton Ticino, a Bellinzona, da cui è partito da quasi vent’anni, ma rimane perfettamente consapevole dell’identità sospesa tra nord e sud di questo Cantone, l’unico della Svizzera situato interamente nel versante meridionale delle Alpi e l’unico che mantiene l’italiano come lingua ufficiale esclusiva. Lei come definisce il Canton Ticino? Una terra di passaggio, o di frontiera, incastrata tra due culture completamente diverse. Questa bipolarità lo rende un posto interessante e al tempo stesso un luogo sempre alla ricerca di una propria identità specifica. È un problema del Ticino, che invece di riconoscersi nel bipolarismo, vuole essere qualcos’altro. È molta la gente che passa, arrivando sia da nord che da sud; da questi passaggi nascono esperienze interessanti. Le iniziative locali non sono sempre all’altezza, sono talvolta caratterizzate da provincialismo, un vero peccato visto il grandissimo potenziale di un luogo molto apprezzato all’esterno, anche per il paesaggio selvaggio. In Ticino ci sono persone e spazi ancora liberi di grande interesse: essi sono una miscela potenzialmente esplosiva della quale il cantone potrà gradualmente avvantaggiarsi. Quali sono le reali prospettive per l’arte in Ticino? In fase di ridefinizione. Seguo la scena artistica ticinese da lontano e non sono coinvolto professionalmente nei suoi cambiamenti, ma nel Canton Ticino ho le mie radici. In generale, però, mi sembra che permanga un gusto tendenzialmente conservatore. In questo momento, con la nascita del LAC, c’è la possibilità di aprirsi a nuovi formati, a nuovi tipi di mostre e a nuovi nomi. La scena è abbastanza piccola, ma molti privati stanno cominciando a uscire allo scoperto e ciò crea un dinamismo da cui spero nasceranno nuove iniziative. Alcune sono già nate: lo Spazio -1, della Collezione Olgiati, a Lugano, e la Ghisla Art Collection, a Locarno. Quali cambiamenti apporterà il LAC? Sono molto curioso di vedere quali saranno gli sviluppi, perché, come dicevo, il potenziale territoriale è grande. È importante che a livello politico si comprenda che la cultura è fondamentale per la definizione di una società. Non si tratta solo di un asset necessario per il turismo. Manca da parte della politica il sostegno incondizionato alla cultura e spero che il LAC aiuti a far capire che invece proprio la cultura, specialmente l’arte, è il motore dell’innovazione. Che cosa vuol dire essere un territorio di passaggio per l’arte? Sia di stanzialità che di passaggio. Storicamente ci sono intellettuali che si sono ritirati qui, proprio perché il Canton Ticino è decentrato rispetto alle capitali dell’arte, dove trovare la concentrazione è più difficile. Penso alla colonia del Monte Verità, uno spazio libero e utopico in cui provare nuovi modelli di vita. Oggi molti attori ticinesi dell’arte, soprattutto giovani, non si fermano sul territorio, che offre poche possibilità. È un male, ma è normale, perché oggi l’arte non si definisce a livello locale. Quali artisti rappresentano il Ticino fuori dalla regione? Sono davvero pochi. I più conosciuti fanno parte della vecchia guardia, come Niele Toroni e Felice Varini. Tra i più giovani possiamo citare Luca Frei, ticinese che vive in Svezia. È andato via molto tempo fa e sta facendo una carriera internazionale. Nelle accademie d’arte svizzere ho recentemente incontrato molti nuovi giovani con una grande voglia di emergere. Vedremo che cosa succederà. Non è chiaro se nel Cantone si stia configurando una scena giovane e indipendente. Ci sono iniziative, ma estemporanee. Spesso i giovani cercano di legarsi alla scena off della Svizzera tedesca: una strategia importante per instaurare legami con il resto della nazione. In Ticino l’ambiente è troppo piccolo e manca un’accademia d’arte. I giovani devono spostarsi per avere più possibilità. E dove si spostano gli aspiranti artisti? Verso Milano e Bologna, molti verso la Svizzera francese, a Ginevra e Losanna, dove spesso rimangono. La tendenza è comunque andare dove si ha facilità linguistica, almeno per i primi anni, per poi spostarsi un po’ ovunque, in Olanda, Germania, Inghilterra. Che ruolo ha il Ticino nel panorama svizzero, in Italia e a livello internazionale? All’interno del panorama svizzero è assai isolato. La Svizzera tedesca e francese sono attente a ciò che succede in Ticino, ma dall’altra parte del Gottardo, l’offerta è talmente ampia che si trasforma in concorrenza spietata. Da Basilea s’impiega meno tempo per raggiungere una metropoli come Parigi che una piccola città come Lugano. Lo stesso Canton Ticino si sente sganciato. Esempio ne è il fatto che nelle votazioni spesso qui le scelte politiche vanno in un’altra direzione rispetto al resto della Svizzera. Per un fattore prettamente culturale il Ticino è più legato all’Italia, me sono reso conto, quasi vent’anni fa, quando mi sono spostato per studiare nella Svizzera francese e tedesca. A livello europeo credo invece che il Ticino sia visto come una sorta di mito, legato a figure come quella di Harald Szeemann. Forse dall’esterno si ha una visione romantica di quello che è avvenuto. Bisogna ammettere che il Ticino non gioca ora un ruolo importante né a livello nazionale, né europeo, non ancora almeno. Ma spero che in futuro cambierà. Che cosa prevede per il futuro? Il futuro sarà positivo perché c’è dinamismo. Ci sono nuove iniziative istituzionali, i privati aprono al pubblico le loro fantastiche collezioni. Ci sono attori dell’arte importanti in Ticino, che se coinvolti dalle istituzioni possono giocare un ruolo fondamentale nella cultura del territorio, aiutandola a connettersi con l’esterno. Questa è la via da seguire con uno spirito aperto e con sincera curiosità per quanto accade al di fuori del territorio. q Mariella Rossi Sommario lugano Intervista a Michel Gagnon e Lorenzo Sganzini per il LAC 4 Intervista ai coniugi Olgiati 4 Intervista a Lara Calderari sul restauro del Bramantino 5 Mostra del Bramantino nel Museo Cantonale 6 6 Hans Richter nel Museo d’Arte Five Gallery 6 Intervista a Saverio Repettto di De Primi Fine Art 7 Gli anni ’60 da Cortesi Contemporary 8 PARADISO Libreria Art... on paper AGRA Intervista a Elena Buchmann della Buchmann Galerie 6 7 MONTAGNOLA Fondazione Böhmer 8 Sighanda nel Museo Hermann Hesse 9 MELANO Artrust BELLINZONA Museo Villa dei Cedri Mact CHIASSO Biennale dell’immagine Intervista a Nicoletta Ossanna Cavadini sul m.a.x. museo Ifarc LOCARNO Il Castello Visconteo La Rada e gli spazi non profit Fondazioni e stamperie d’arte Società editrice Umberto Allemandi & C., via Mancini 8, 10131 Torino, tel. 011.8199111 fax 011.8193090 «vedere in canton ticino» è una testata edita da il giornale dell’arte nell’ambito della linea di periodici «Vedere a...» Claudia Carello, art director Cinzia Fattori, pubblicità e product manager (011.8199118 - [email protected]) Mariella Rossi è il curatore ospite di questa edizione realizzata con la collaborazione di Jenny Dogliani 18 18 19 MINUSIO Elisarion 19 LIGORNETTO Intervista a Gianna A. Mina sul Museo Vincenzo Vela 20 14 14 MENDRISIO Not Vital nel Museo d’Arte Lo Spazio d’Arte Stellanove 20 21 15 RANCATE Le mostre della Pinacoteca Züst 21 BIASCA Le mostre del Museo Pellanda 22 GIORNICO Il Museo La Congiunta 22 ASCONA Musei, castelli e itinerari culturali 10, 11 ad Ascona Luigi Russolo nel Museo Comunale d’Arte Moderna 10 Lo studio Ana D’Apuzzo 14 Vedere in canton ticino Umberto Allemandi, direttore responsabile Franco Fanelli, vicedirettore Barbara Antonetto, caporedattore Jacques Lipchitz in Casa Rusca Il Palacinema Intervista ai coniugi Ghisla 9 Pubblicità in Canton Ticino: Valeria Riselli e Francesca Scoto [email protected] [email protected] Stampa: Roto3 Industria Grafica Spa Castano Primo (Mi) 16 17 17 17 18 il giornale dell’arte Il Giornale non risponde dell’autenticità delle attribuzioni delle opere riprodotte, in particolare del contenuto delle inserzioni pubblicitarie. Le opinioni espresse negli articoli firmati e le dichiarazioni riferite dal giornale impegnano esclusivamente i rispettivi autori. si consiglia di verificare telefonicamente oppure on line gli orari delle manifestazioni. www.ilgiornaledellarte.com Vedere in CANTON TICINO | 3 Un particolare dell’interno del LAC di Lugano Foto di Salvatore Vitale Questo centro dovrà cambiare il Ticino Per Michel Gagnon, direttore generale, il LAC sarà un luogo democratico per le arti e per il pubblico lugano. Dopo aver diretto la programmazione del più grande centro di arti performative del Canada, la Place des Arts di Montréal, Michel Gagnon sarà il direttore generale del nuovo centro culturale LAC Lugano Arte e Cultura e ha già idee chiarissime: creare un luogo accessibile in ogni momento. Come sarà il LAC? Ci saranno un museo, una sala concertistica e teatrale, uno spazio che ospiterà eventi di condivisione e partecipazione e diversi altri spazi. La programmazione del LAC sarà curata da diverse fondazioni o enti, ognuno con un proprio direttore artistico. Per il Museo d’Arte è stato scelto Marco Franciolli, per LuganoInScena Carmelo Rifici e per Lugano Festival Etienne Reymond. Saranno responsabili del programma, dei contenuti del loro settore e del proprio budget. Lei che ruolo avrà? Mi è stata affidata la direzione generale del LAC e il mio obiettivo primario è che tutte le fondazioni lavorino insieme, in modo coordinato, con una visione comune e complementare per sviluppare una programmazione ricca e di alto livello per tutti i pubblici. Lavorerò duro per fare in modo che la struttura, l’edificio e i servizi che il LAC offrirà, il box office, il sito web e il marketing funzionino in modo efficiente. Il LAC non dovrà essere solo un luogo dove si viene a vedere talvolta uno spettacolo, ma un luogo sempre vivo: questa è la cosa più importante. Dobbiamo lavorare per sviluppare il rapporto col pubblico. È quello che ho fatto anche a Montréal. Questo è il modo in cui concepisco un centro culturale. Creerò anche progetti speciali con questo scopo. Ho un’idea molto precisa: voglio rendere il LAC unico, con un forte orientamento nazionale e internazionale. L’inaugurazione nel settembre 2015, pensata e preparata in collaborazione con le diversi fondazioni ed enti, darà un segnale forte al pubblico, farà capire che il LAC è davvero un luogo per tutti. Che cosa c’è di diverso rispetto a Montreal? Qui si tratta di una start-up, devo costruire qualcosa di nuovo e definire l’orientamento. A Montréal la struttura esisteva già da 40 anni. Sono due scenari molto diversi. Com’è arrivato a Lugano? A Montréal invitavamo gli artisti in residenza. Conoscevo l’attore, regista e coreografo ticinese Daniele Finzi Pasca e tre anni fa l’ho invitato a Montréal. L’anno seguente sono venuto a Lugano per la prima volta nella mia vita per incontrarlo. In quell’occasione ho visitato per caso il LAC. La scorsa estate la Città di Lugano mi ha chiamato per discutere di un progetto per il LAC, volevano conoscere la mia visione: avevamo gli stessi valori. È una bella sfida per me. Ci sono vantaggi ad avere una visione esterna? Mi hanno chiamato per la mia esperienza in una grande struttura come la Place des Arts che ha sette teatri. Lì ero direttore della programmazione, non direttore generale. Qui non avrei accettato la stessa carica che avevo a Montréal: per costruire la programmazione, innanzitutto, bisogna conoscere bene il territorio. Io porto con me l’esperienza fatta finora e metto a disposizione del LAC l’importante network internazionale che ho costruito nel tempo e metto tutto ciò a servizio del LAC e della comunità locale, che deve esserne parte attiva. Che cosa caratterizzerà il LAC nel panorama svizzero? La differenza sta nel modo in cui i grandi teatri o centri culturali sono concepiti. Il LAC, diversamente da altre strutture simili, dà lo stesso peso alle arti visive, sceniche e alla musica classica. Questo lo distinguerà. Che cosa cambierà per il Ticino? Sarà il principale centro culturale del Cantone, in grado di ospitare artisti e compagnie internazionali, con l’ambizione di diventare, nel tempo e sfruttando l’asse nord-sud, un punto d’interesse per tutti. Sarà importante, soprattutto in una città come Lugano e in una regione come il Ticino collaborare con le altre istituzioni nazionali e internazionali, in modo che il LAC sia parte di una rete culturale estesa che crei valore aggiunto per il territorio. E in particolare per Lugano? Come ogni grande progetto, il LAC è stato accolto in maniera controversa. Quando sono arrivato ne ero a conoscenza, ma ora sono qui perché ci credo. Anche la Place des Arts è stato un progetto controverso all’inizio, ma ora non sarebbe più possibile immaginare Montréal senza. Sono convinto che il LAC rappresenti una possibilità di sviluppo unica per la città, un grande investimento per il futuro, che con il tempo darà i suoi frutti anche in termini di ritorno economico e di immagine. Lac, Lugano Arte Cultura, Lugano, da settembre 2015 Vedere a lugano | 4 Lugano avrà la sua grande piazza per l’arte, la musica e il teatro Lorenzo Sganzini, direttore del Dicastero attività culturali del Comune di Lugano, illustra l’identità del nuovo centro culturale che inaugurerà a settembre 2015 lugano. L’apertura del LAC Lugano Arte Cultura il prossimo anno si prospetta come un evento epocale per Lugano e il Cantone. Ne parla Lorenzo Sganzini, direttore del Dicastero attività culturali del Comune di Lugano, già direttore della cultura cantonale e responsabile della Rete Due della RSI, la televisione della Svizzera Italiana. Per lei e per il governo locale che cos’è il LAC? Un luogo di creatività e d’incontro delle arti. Uno spazio multifunzionale in grado di accogliere con pari dignità le arti visive, la musica classica, l’opera e il teatro. Ci sono sovente dei centri culturali che accolgono più contenuti, ma secondo una gerarchia: un museo che ha un auditorium, un teatro che ospita un museo. Il LAC, invece, è una straordinaria occasione d’incontro e dialogo paritetico tra tutte le discipline artistiche. Che cosa significa il LAC in particolare per la città, per Lugano? Il LAC è realizzato in un luogo molto importante per la storia di Lugano. Qui ci sono la Chiesa di Santa Maria degli Angioli, con il grande affresco del Luini, e un convento secolarizzato nell’Ottocento. Qui è sorto il primo grande albergo della stagione del turismo ottocentesco. E qui, adesso, nasce il progetto del futuro, che recupera una zona abbandonata da decenni, dalla chiusura dell’albergo. Il LAC è anche un progetto urbanistico. Il centro culturale, opera dell’architetto Ivano Gianola, inventa una piazza, che sarà la più grande di Lugano, e recupera un parco alle sue spalle. Due cose rarissime nel centro di una città, dove la tendenza è di riempire gli spazi, piuttosto che di svuotarli. Creiamo un centro culturale e creiamo spazi pubblici. Il LAC sarà la porta sud di Lugano che si affaccia sul lago, e segnerà idealmente il confine tra i nuovi quartieri e il centro storico della città. Riguardo ai contenuti, un centro culturale come il LAC è il risultato di una storia di attività preesistenti, di un fervore culturale con un passato lunghissimo. Pensiamo all’arte: esistono due musei a Lugano, il Museo d’Arte della città e il Museo Cantonale d’Arte, e grazie al LAC saranno fusi in un’unica fondazione, più forte ed efficiente, questo crea le condizioni per un ulteriore sviluppo. Ritorna l’idea della piazza come luogo d’incontro della città. Trovo molto bella questa idea della piazza e che sia il nuovo centro culturale a segnare la più grande piazza della città. Questa coincidenza tra luogo di ritrovo e luogo della cultura è un grande valore. Come dovrà essere il LAC secondo lei? La prima cosa da fare è adeguare l’organizzazione culturale. Tra i cambiamenti più importanti c’è il passaggio da una gestione interamente pubblica alla forma mista pubblico-privata rappresentata dalle fondazioni. In un progetto di questo calibro sono chiamate in gioco una diversa responsabilità e partecipazione da parte della cittadinanza. Guardiamo al modello dei grandi musei svizzeri: il nostro museo d’arte è giovane. Il rapporto forte con i privati, fatto di donazioni, di lasciti e di appartenenza delle istituzioni culturali alla città sono cose che dobbiamo costruire. Abbiamo già segnali positivi. Il più evidente è quello dei coniugi Olgiati, la cui collezione straordinaria s’integrerà al LAC e questo passaggio è stato possibile soltanto perché c’era la prospettiva di un nuovo museo. Oggi ci sono le condizioni perché i privati escano allo scoperto e partecipino. I centri culturali rappresentano un luogo di aggregazione e di portatori di contenuti. Come procedono i lavori, sarete puntuali? Il cantiere si concluderà entro l’anno, siamo nella fase dei collaudi. Poi da gennaio all’estate verrà preparato per l’apertura di settembre 2015: un’apertura articolata in più settimane, proprio per la pluralità di contenuti, il teatro prima, poi il museo e infine la musica classica. Una grande festa per tutti, perché il LAC vuole essere un luogo culturale aperto al pubblico, alla cittadinanza e sul mondo. Da ottobre 2015 partirà subito la programmazione regolare. Come immagina il LAC tra dieci o vent’anni? Indispensabile, irrinunciabile. Un elemento senza il quale Lugano non possa essere immaginata. Oggi a Lugano non c’è luogo attrattivo con un’offerta culturale di livello internazionale. Non basta il paesaggio. Ci vuole qualcos’altro, anche come attrattore residenziale. Il LAC ha due assi nella manica Le opere dei coniugi Olgiati sono la riserva d’ossigeno del nuovo museo d’arte lugano. Una collezione privata si mette a disposizione della città e del nuovo Museo del LAC, emulando una tradizione svizzerotedesca: è la Collezione Olgiati, costruita con rigore dagli anni ’80. La raccolta dei coniugi Olgiati è già nella sua sede permanente, lo Spazio -1, di fronte al LAC, dove ogni autunno l’allestimento si rinnova. Quest’anno lo spazio compie 3 anni e lo fa con una mostra al femminile, «Pink», fino al 7 dicembre. Ne parlano Giancarlo e Danna Olgiati. Com’è nata la vostra collezione? Danna Olgiati (D.O.) Non esiste una collezione che diventi pubblica che prima non abbia avuto lunghi anni di esperienza privatissima. Mio marito colleziona da tutta la vita. Io prima di collezionare insieme a lui sono stata gallerista, specialista di Futurismo italiano. Il progetto della collezione è nato dopo il nostro incontro, all’inizio degli anni ’80. Giancarlo Olgiati (G.O.) Collezionavo già da ragazzo, ho cominciato a 16 anni con un espressionista svizzero, ma la prima fase interessante è iniziata quando ho conosciuto mia moglie a una Biennale di Venezia. Arman mi disse: «Qui ci sono davvero dei futuristi interessanti». All’inizio ho collezionato gli artisti del Nouveau Réalisme, come amici con un legame privilegiato. Quali sono i fili conduttori della collezione? G.O. La collezione si è andata a incentrare sull’astrattismo. Lo snodo italiano futurista, poi il dadaismo, i russi, fino al suprematismo e al costruttivismo sono stati i fattori di una svolta fondamentale per capire non solo l’astrattismo, ma in particolare la riflessione sull’oggetto, che è diventata il vero e proprio motore per internazionalizzare la collezione, estendendola anche al dopoguerra. Come scegliete le opere? D.O. Abbiamo sempre dato più importanza alla qualità dell’opera che al nome dell’artista. G.O. Insieme e con grande curiosità verso un certo tipo di mercato. È molto importante il rapporto con le grandi gallerie del mercato primario, sono quelle che assicurano la possibilità di acquistare opere di rilievo. Continuate ad acquistare nuove opere? D.O. Non vendiamo quello che possediamo, la collezione è in costante aumento. Oggi conta 600 opere. Com’è iniziata la vostra apertura verso il pubblico? D.O. È arrivata a un certo punto. La collezione andava mostrata, bene Ora il Bramantino è sottovuoto L’intervento di restauro della «Fuga in Egitto» raccontato dalla responsabile Lara Calderari lugano. La «Fuga in Egitto», dipinta dal Bramantino nel 1515-20 per il Santuario della Madonna del Sasso a Orselina (sopra Locarno), è estremamente significativa per il Canton Ticino ed è stata restaurata per la retrospettiva sul pittore lombardo (cfr. p. 6). Ne parla Lara Calderari, dell’Ufficio dei Beni Culturali del Canton Ticino. Che cosa ha reso necessario l’intervento di restauro? La volontà di garantire al dipinto le migliori condizioni di conservazione durante l’esposizione e al suo rientro a Orselina. Per prevenire possibili movimenti degli strati pittorici, in caso di oscillazioni climatiche, il quadro è stato dotato di una cassa climatizzata, studiata per essere inserita anche nell’altare del Santuario senza modifiche. In quali condizioni era l’opera? Ha subito vari interventi. Quelli di cui abbiamo notizie certe sono del secondo ’800 e del ’900; in particolare i restauri del basilese Fred Bentz nel 1917-22 e quelli di Mauro Pellicioli eseguiti a Brera nel 1951-52. Come avete interagito con i restauri precedenti? Ci siamo limitati a consolidare la pellicola pittorica e a rimuovere lo sporco superficiale, riducendo le ridipinture successive all’intervento Pellicioli descritti in relazioni (che però non recavano l’indicazione dei materiali utilizzati come ancora non usava all’epoca) conservate presso il nostro Ufficio cantonale dei Beni Culturali, insieme alle immagini scattate nel laboratorio di Brera. Copie di queste immagini sono anche nel laboratorio fotografico di Brera, nel Getty Institute di Los Angeles e nella Fondazione Zeri di Bologna, ma nel Ticino è conservata la serie più completa. Come si presenta adesso il quadro? Ripulito dallo sporco superficiale e da alcune maldestre ridipinture, ha acquisito un equilibrio di colori e forme che ne permette una migliore fruizione e valutazione critica. La decisione di non rimuovere le integrazioni di Pellicioli, mantenendo la vernice di restauro, che smorza il tono dei colori originali (visibili invece in altre opere in mostra del pittore), è stata dettata principalmente dalla consapevolezza che si era trattato di un restauro importante, esteso e ormai storicizzato. Vi sono state delle analisi preliminari al restauro? L’intervento è stato preceduto da indagini fisiche (riflettografia a infrarossi, fluorescenza da ultravioletto, radiografia a raggi X) e chimiche (prelievi di microcampioni per la realizzazione di stratigrafie, l’identificazione dei leganti e dei pigmenti utilizzati dal pittore) che hanno permesso una mappatura dei vari restauri. Perché quest’opera è tanto significativa per il vostro territorio? È un’opera della maturità, in cui il pittore si libera dei retaggi tardoquattrocenteschi. Ha influito sui pittori della zona, che l’hanno e in spazi adeguati. C’è stato un incontro con la Città di Lugano, che ha messo a disposizione questo spazio. Ora è esposta una parte della collezione, che va dal secondo dopoguerra a oggi. Una sala permanente è dedicata al futurismo con 1.200 titoli. Continuiamo a occuparci personalmente della nostra collezione, dagli allestimenti alle scelte culturali e tematiche. Quali accordi avete stipulato con la Città? D.O. e G.O. Abbiamo concesso un deposito di 179 opere, per 6 anni, che poi proseguirà. Le opere saranno esposte nello Spazio -1, con un turn over. Quest’anno è stata aggiunta un’opera di Anish Kapoor del 1982, quando ancora si rapportava all’esperienza di Yves Klein, sono esposte entrambe. Lo Spazio -1 è dedicato esclusivamente alla Collezione Olgiati, depositata a condizione che i musei della città si unissero. L’unione era necessaria e credo che abbiamo contribuito molto fermamente a creare finalmente nel Ticino il primo museo di base, la nostra kunsthaus. Avevate già avuto collaborazioni con i musei di Lugano? D.O. Mio marito ha una lunga storia di collaborazione con i musei luganesi, in quanto presidente degli Amici del Museo Cantonale. Il fatto che la collezione sia diventata pubblica era una naturale conseguenza. Vi saranno altri apporti della vostra collezione al museo? G.O. Sarà una base da cui il LAC potrà attingere per le esposizioni e lo scambio con altri musei. Abbiamo così attuato una mia forte convinzione, facendo quello che gli svizzeri tedeschi non hanno fatto: insistere sulla centralità dell’arte italiana invece di essere Parigi centrici o New York centrici, come il resto delle collezioni svizzere. La nostra Collezione è un importante complemento del sistema museale elvetico. preso a modello sin dagli anni ’20 del ’500. Già nel 1625, in una cronaca del santuario, è valutata tra le più preziose e si parla anche di molte copie. L’unica nota è una copia antica, un affresco del 1525 ca di Bartolomeo da Ponte Tresa nella Cappella Camuzio della Chiesa degli Angeli a Lugano. Giovanni Battista Cavalcaselle negli anni ’70 dell’800 ha dato il via al dibattito scientifico, ma è stato Wilhelm Suida a inizio ’900 a consacrare la tavola come fondamentale nel percorso del pittore. Era stata esposta nel 2010 nella Pinacoteca Giovanni Züst. Chi ha eseguito il restauro? Sara De Bernardis, per incarico del Servizio monumenti dell’Ufficio dei Beni Culturali del Dipartimento del Territorio del Canton Ticino, che ha finanziato l’intervento con la Confederazione Svizzera (tramite l’Ufficio federale della Cultura) e il Museo Cantonale d’Arte di Lugano. Bramantino, «Fuga in Egitto», 1515-1520 ca, Orselina, Santuario della Madonna del Sasso Mercoledì– Martedì Domenica 14–18 10–18 Lunedì Chiuso Bartolomeo Suardi detto il BRAMANTINO L’arte nuova del Rinascimento lombardo Museo Cantonale d’Arte Lugano Via Canova 10 28 Settembre 2014 11 Gennaio 2015 Spazio -1, Lugano: «Collezione Olgiati» Vedere a lugano | 5 A Lugano, a Lugano! Il ritmo di Richter L’innovatore seguace di Bramante lugano. Il Museo Cantonale d’Arte dedica fino all’11 gennaio a Bartolomeo Suardi, detto il Bramantino un’ampia retrospettiva (nella foto il suo «Giove e Mercurio in visita a Filemone e Bauci», 1490-95 © Rheinisches Bildarchiv, Colonia). Il percorso parte dalla sua collaborazione con Bramante, da cui prese il soprannome, e prosegue fino alle opere più tardive, secondo una successione cronologica innovativa proposta dal curatore Mauro Natale. La produzione di Bramantino è controversa: molte attribuzioni e datazioni non sono assodate vista anche la scarsità di documentazione dell’epoca. A renderne più complicata la comprensione sono le innovazioni che il Bramantino apportò agli stilemi figurativi della pittura del suo tempo, nell’area lombarda, durante la crisi culturale e sociale che coincide con la caduta dei Visconti e degli Sforza e con l’inizio dell’occupazione francese. Il Ticino, nel XV secolo sotto il dominio di queste famiglie, ha condiviso lo stesso destino fino al secolo successivo, quando è passato ai confederati elvetici. Il Bramantino ha operato sul territorio ticinese, influenzandone la pittura come testimonia il dipinto «Fuga in Egitto», realizzato per Il Santuario della Madonna del Sasso a Orselina, sopra Locarno. Tra le altre opere esposte e restaurate vi è la «Madonna con bambino e santi» della Galleria degli Uffizi, insieme a lavori provenienti dalla Pinacoteca di Brera e da collezioni internazionali, come l’«Adorazione dei Magi» dal National Museum di Londra, il «Cristo Risorto» dal Museo Thyssen-Bornemisza di Madrid e la «Madonna con bambino» dal Museum of Fine Arts di Boston. La ricerca di Bramantino fu animata da un forte spirito di rinnovamento e maturò anche grazie al contatto con personalità quali Leonardo e Raffaello. Una sezione della mostra è riservata alla produzione pittorica, scultorea e grafica coeva. Anche il catalogo è a cura di Mauro Natale. Il 6 e 7 novembre il museo ospiterà un convegno sugli studi in corso sull’artista, i cui atti verranno pubblicati. Museo Cantonale d’Arte, Lugano: «Bramantino», fino all’11 gennaio lugano. È uno dei protagonisti delle avanguardie internazionali. Frequentò la colonia del Monte Verità ad Ascona e trascorse gli ultimi anni a Minusio. In Ticino, Hans Richter era arrivato da Zurigo, insieme agli altri Dada. Il Museo d’Arte di Lugano gli dedica una monografica fino al 23 novembre, con 200 opere (nella foto «Dragonfly» del 1943 ©2013 Hans Richter Estate. Foto Museum Associates/LACMA) esposte in ordine cronologico, a cura di Elio Schenini e Timothy Benson. La mostra documenta i diversi approcci, temi, stili e mezzi espressivi sviluppati dall’artista: dipinti, lavori su carta, disegni, libri, foto e film. Richter è considerato un grande sperimentatore e nella mostra emergono anche le affinità con gli autori del suo tempo. La mostra è in collaborazione con il County Museum di Los Angeles e il Centre Pompidou di Metz, dove è stata già allestita. Numerose sono però le opere aggiunte reperite sul territorio, visto il legame del Ticino con Richter. Provengono da collezioni locali il «Ritratto Dada», donato nel 1965 da Hans e Marguerite Arp al Comune di Locarno, «Cello», proveniente dalla Kunsthaus di Aarau e «Blauer Mann», da quella di Zurigo. Ma è «Rythmus 23» a rappresentare il cardine della mostra, un dipinto collegato a un’opera filmica omonima, che esprime le vaste modalità espressive sperimentate dall’artista e che ha ispirato il titolo della rassegna: «Hans Richter. Il ritmo dell’avanguardia». Questo quadro, come anche «Lokomotiveseele. Visionäres Portrait» del 1916, è di proprietà del Museo Cantonale di Lugano. Si tratta dunque di una condivisione del patrimonio artistico dei due musei cittadini, che appare un’anticipazione della fusione delle due istituzioni prevista per il prossimo anno. Vedere a lugano | 6 paradiso. La cura dedicata alla ricerca di cataloghi, libri d’arte, architettura, fotografia è la vocazione della Libreria Art...on paper, aperta con una galleria al piano terra nel 1999 da John e Daniela Dupuy a Lugano, dal 2006 a Paradiso dopo un’esperienza avviata nel 1996 nel cuore di Praga. All’offerta di cataloghi e libri d’arte moderna, contemporanea e d’antiquariato si affiancano mostre di grafica e fotografia. Lo sguardo internazionale, con una particolare attenzione per l’Est europeo, ha favorito collaborazioni con musei, biblioteche, collezionisti e studi bibliografici europei e americani. A cataloghi rarissimi, delle avanguardie storiche, dal Futurismo alla Pop art, si affiancano opere di artisti e fotografi mitteleuropei, tra cui Josef Sudek, Frantisek Drtikol, Jan Saudek, nonché svizzeri, europei e americani. Le mostre integrano con le opere i volumi, documentando il percorso di avanguardie e movimenti d’oltre cortina. Una ricerca particolare riguarda il rapporto tra arte e propaganda, con manifesti politici di Picasso, Miró, Calder, Max Bill, Nuñez. Né mancano libri illustrati, d’artista, cataloghi di mostre storiche e riviste underground. q Luca M. Venturi Libreria Art... on paper, Lugano Museo d’Arte, Lugano: «Hans Richter», fino al 23 novembre Le inedite proposte del gallerista bocconiano lugano. «È stato lo stupore che ho provato per il mondo dell’arte contemporanea a spingermi in questa avventura» confessa Igor Rucci: «Arte contemporanea ed economia sono accomunate dalla loro imprevedibilità». Dopo gli studi alla Bocconi è stato sedotto dal mercato dell’arte e ha iniziato a frequentare le fiere, a dialogare con i professionisti, ad affidarsi a esperti che potessero guidarlo, finché nel 2013 ha aperto in centro a Lugano la Five Gallery: «Ho iniziato da solo, poi con un’assistente, e per il futuro sto pensando a un curatore fisso» spiega. Ha ideato una formula non usuale per una galleria nella quale ha applicato all’arte metodologie del mondo economico: «Considero i grandi maestri un investimento sicuro analogo al rendimento fisso e limitato delle obbligazioni. Gli artisti giovani possono esplodere o sparire con la stessa probabilità, come i derivati, azzardati, ma sono anche alla base di possibili guadagni altissimi». Ha cercato di unire la finanza e il mercato dell’arte, stringendo un rapporto speciale con l’acquirente, che all’acquisto di ogni opera ha diritto, per tre anni, a percepire un rendimento fisso pari al 5% del valore iniziale dell’opera. Insomma, se il mercato non offre certezze, lui cerca di darne almeno un po’. La Five Gallery ha un pubblico ampio e curioso, talvolta non ancora avvezzo all’arte, come lo stesso Rucci all’inizio: «Quando mi sono avvicinato all’arte ho percepito un certo senso di elitarismo». La sua convinzione, invece, è che il collezionista vada coinvolto, aiutato e invitato a tornare: «Spesso, chi ha acquistato un’opera decide di utilizzare non l’opzione del rendimento fisso, ma lo sconto del 5% su un’altra opera» (nella foto: Not Important, «Illusion», particolare). Five Gallery, Lugano Libreria antiquaria e Galleria via Cattori 5a, 6900 Lugano, Svizzera Telefono: 0041 91 922 5553 [email protected] - www.artonpaper.ch L’esca è l’opera o il libro? Libri: arte - monografie - cataloghi architettura - design - fotografia Stampe originali: manifesti - disegni fotografie originali «Hans Kammermann & Felicita Bianchi Duyne» 4-20 settembre 2014 La galleria è un vizio di famiglia Saverio Repetto dopo la Svizzera ha aperto anche a Londra cercando artisti in crescita lugano. È «un vizio di famiglia», scherza Saverio Repetto, direttore di De Primi Fine Art, quando racconta la sua passione lunga ormai mezzo secolo, che ha adeguato al mutare dell’ambiente artistico, fino alla recente apertura anche di una sede in Inghilterra. Quando è nata la galleria? In Svizzera nel 2007 a Lugano. Ma mio papà aveva iniziato negli anni ’60 ad Acqui Terme con la Galleria Repetto e Massucco. Mio fratello ha proseguito l’attività come Galleria Repetto e ha aperto a Milano Repetto Projects, nel 2012. Entrambi cerchiamo di portare avanti il lavoro di nostro padre. Che cos’è cambiato? Il nostro grande cambiamento è stato superare lo status di galleria di provincia, anche se ai tempi l’attività di mio padre era innovativa e pur trovandosi in una cittadina della provincia piemontese era riuscito a lavorare con i grandi artisti del Novecento italiano e a organizzare una serie di mostre istituzionali di livello. Ora però le abitudini del mercato sono diverse e io e mio fratello, con le gallerie in Italia e in Ticino, ci siamo internazionalizzati, abbiamo fatto un salto di qualità, e abbiamo allargato la cerchia degli artisti, ora non più solo italiani, ma internazionali. E ora ha deciso di aprire anche a Londra… Sì, all’inizio dell’autunno, a Mayfair, la Repetto Gallery. La prima mostra è sulle ceramiche di Lucio Fontana e di Fausto Melotti, un artista, quest’ultimo, già caro a mio padre, mentre noi manteniamo ottimi rapporti con la figlia. Vogliamo partire con il piede giusto. Come stabilite i vostri rapporti con i collezionisti? Non solo con l’attività di galleria ma anche attraverso il web e soprattutto le fiere, dove si incontrano collezionisti nuovi, con cui spesso s’instaura una relazione basata sullo scambio continuo, sulla frequentazione della galleria, con i quali si rimane in contatto. Così nascono spesso legami duraturi. Con quali artisti internazionali lavorate, oltre che italiani? L’attenzione principale va ad artisti quotati e conosciuti in tutto il mondo. Uno fra tutti: Christo. Acquisiamo le sue opere direttamente da lui. Ma anche l’Italia è una grande fucina di artisti apprezzati oltre confine, e la nostra funzione, visto che abbiamo una relazione privilegiata con l’ambiente italiano, è quella di proporli sul mercato mondiale. Lo scorso anno all’Armory Show di New York abbiamo presentato Michelangelo Pistoletto e avevamo già portato Pier Paolo Calzolari. Tutti e due hanno avuto successo oltre le aspettative. Ci occupiamo anche di fotografia, ad esempio di Luigi Ghirri. Avete con loro relazioni dirette? Sia con Calzolari che con Pistoletto. Abbiamo la fortuna di trattare artisti viventi, con cui siamo o cerchiamo di entrare in contatto, ma molte opere arrivano anche dal mercato secondario. Abbiamo scelto di non occuparci del mercato primario e di non lavorare con i giovani artisti. Con quali criteri scegliete i vostri artisti? Guardiamo quelli che hanno un potenziale di crescita. Fa parte del nostro ruolo di anticipare il mercato e offrire ai collezionisti opportunità non solo estetiche ed emozionali, ma anche d’investimento. È necessario un mix di conoscenze. Frequentiamo le fiere e vi partecipiamo, contattiamo i colleghi, seguiamo le aste. Dobbiamo individuare tra gli artisti bravi quelli che saranno protagonisti di una crescita economica a breve termine, che possiamo vendere a buoni prezzi e che presto varranno molto di più. Sto seguendo un artista giapponese, Sadamasa Motonaga, e da quando ho iniziato a tenerlo sott’occhio, i prezzi sono quadruplicati. Farò una sua mostra il prossimo anno. È stato così anche con Yayoi Kusama: le opere che avevo venduto ora sono quasi inavvicinabili. In questo modo si riesce a conquistare la fiducia dei collezionisti che oggi sono molto preparati e si muovono tantissimo. Quali vantaggi offre il Ticino? Il fatto di essere in Svizzera, non tanto in Ticino, rappresenta una garanzia per il collezionista. L’immagine di serietà della Svizzera fa sì che il cliente paghi ancora prima di ricevere l’opera. Purtroppo la fiducia verso una galleria italiana, e verso l’Italia stessa, è ben diversa. De Primi Fine Art, Lugano Veduta della mostra «Seguire il filo del discorso» da Elena Buchmann © Buchmann Galerie Agra/Lugano, Alberto Garutti, Marco D’Anna. Foto di Rémy Steinegger Il suo problema è che si innamora Divisa tra Agra e Lugano la gallerista Elena Buchmann stimola gli artisti a sperimentare agra. Tony Cragg aveva realizzato una prima serie di bronzi per Buchmann Galerie negli anni Novanta. Ma la storia di questa galleria è molto più lunga: quarant’anni, sempre a stretto contatto con gli artisti, come racconta Elena Buchmann nello spazio di Agra sulla Collina d’Oro sopra Lugano, dove l’iscrizione su marmo serpentino di Alberto Garutti, che fronteggia il verde assoluto del Monte Generoso, suona quanto mai simbolica: «Tutti i passi che ho fatto nella mia vita mi hanno portato qui, ora». Insieme a suo marito Felix ha diretto la galleria a San Gallo, poi a Basilea e dal ’98 ad Agra. Che rapporti ha con i suoi artisti? Sono rapporti che proseguono da anni. Wolfgang Laib mi ha ora dedicato un disegno perché collaboriamo da 27 anni, ma ci conosciamo già da 30. Con Tony Cragg dal 1980, con Tatsuo Miyajima dal ’92. Con tutti gli artisti che tratto il rapporto è lungo. Non sono interessata a realizzare mostre, il mio obiettivo è incentivare gli artisti a produrre nuove opere, nuovi cicli e nuove tipologie. Quando m’innamoro dell’opera di un artista vista in qualche mostra, lo seguo a lungo prima di contattarlo. Si innamora ancora delle opere degli artisti? Sì. Ad esempio adesso di quelle di Alex Dorici e Véronique Arnold. Ogni artista mi apre un mondo in cui io posso navigare. Véronique mi ha appena scritto una frase molto poetica: «Sto guardando le rondini». E io rimango stupita, da questa ragazza così giovane. ›8 Vedere a lugano | 7 Street artist autorizzati lugano. Un edificio a due piani color caffelatte con una serie di finestre allineate e un tetto a due spioventi da quest’estate ospita una nuova presenza. Non è la prima volta che le facciate di Lugano diventano scenario per interventi urbani di street artist: in passato ci sono stati Agostino Iacurci, DEM, Sam3, ora è stato il turno di MP5, invitata da Valeria Donnarumma e Giacomo Grandini della ego gallery a lavorare nel quartiere attorno a via Canonica, in collaborazione con il progetto del Dicastero Giovani e Lavoro della Città di Lugano intitolato «Arte Urbana Lugano». Fai Swiss lugano. Un patrimonio culturale comune è alla base della nascita del Fai Swiss. La fondazione con sede a Lugano che ora compie due anni ha lo scopo di rafforzare i legami tra la Svizzera e l’Italia e di promuovere l’adesione al Fai, Fondo Ambiente Italiano. Si tratta di rapporti bilaterali che non portano solo l’attenzione elvetica verso le bellezze dell’Italia e viceversa, ma che contribuiscono anche a promuovere l’idea della cultura quale bene internazionale e universale. Finora il Fai ha fondato tre gruppi di supporto internazionale: oltre al Fai Swiss, esistono dal febbraio dello scorso anno il Fai Uk-Italian Heritage Trust e da oltre dieci anni l’americana Friends of Fai. Presidente del Fai Swiss è Simona Zampa Garelli, presidenti onorari sono Mario Botta, Alfredo Gysi e Marco Solari. ›7 Secondo lei qual è il ruolo del gallerista oggi? Fare il massimo per l’artista che ci regala la sua arte. Non si tratta solo di opere da vendere, è come ci affidassero i loro figli e noi dovessimo curarli. È molto bello quando sentiamo di poter motivare un artista, ma si deve conoscere bene il suo lavoro. Elena Buchmann con Marco Mi è capitato con Felice D’Anna Foto di Alberto Garutti Varini. Stavo preparando una collettiva sulla luce e sentivo la necessità di avere anche lui, anche se non sapevo immaginare cosa avrebbe potuto realizzare. La sua opera è ancora lì, dopo quattro anni, nello spazio al piano inferiore. Ho spronato anche Tony Cragg a eseguire nuove opere in vetro a Murano, una parte delle quali è stata esposta a «Glasstress» a Venezia, e in seguito in una personale a Cà Pesaro. Era già successo con la serie di bronzi «Early forms» nel ’92: fino a quel momento non aveva mai lavorato in quel modo. Una delle ultime opere nate grazie alla collaborazione di Alberto Garutti: un lavoro studiato a lungo per lo spazio di Lugano, dieci metri di tela che ruotano su rulli in ventiquattr’ore. A metà anni ’90 suo figlio André ha aperto una sede a Colonia e ora a Berlino (dove ospita l’archivio dei disegni della Tony Cragg Foundation). Mantenete rapporti professionali? Ci sentiamo giornalmente. Le opere di William Tucker le ha scoperte lui. A me erano totalmente sconosciute, ma quando le ho viste da lui, si è accesa una scintilla. Recentemente lei ha aperto un secondo spazio a Lugano. È uno spazio che ha trovato me, un’unica sala di 36 metri quadrati, alta quasi 5 metri. L’ho aperto l’anno scorso in primavera e lì espongo un’unica opera. Quali collaborazioni ha con le istituzioni pubbliche? Dal primo di gennaio curo il lascito di Martin Disler, che sarà oggetto di mostre in gallerie e nei musei. Il Museo d’Arte di San Gallo ha acquistato tutte le sue sculture in gesso e quando saranno riordinate e restaurate ci sarà una grande mostra. La sua galleria produce anche pubblicazioni? Abbiamo realizzato 52 cataloghi. L’ultimo è un piccolo volume su Emilio Vedova. Desideravo mostrare le sculture di piccolo formato che mi hanno molto colpito: non le conoscevo prima, anche se avevo già lavorato con lui. Secondo lei sono cambiati oggi i collezionisti? Sono molto cambiati. Il collezionista sempre più spesso non compra un pezzo di cultura, non compra per piacere ma per investimento. Credo la colpa sia dei mass media e delle aste che esaltano solo le cifre esorbitanti. Invece c’è dell’altro: dal piccolo nasce il grande. Quali sono i suoi progetti per l’apertura del LAC? Un anno fa, dopo sei mesi di lavoro, sono riuscita a motivare le gallerie di Lugano a realizzare un dépliant con elencate le mostre nelle sedi private e nei musei e ci sono tre progetti che vogliamo programmare per l’apertura del LAC. Insieme possiamo essere più forti. A Lugano organizzo «Musica in galleria» con i ragazzi del Conservatorio della Svizzera Italiana una volta al mese, a mezzogiorno, nel bar di fronte alla galleria: bisogna prenotare perché i posti vanno esauriti. Naturalmente continuiamo a lavorare, tantissimo, in diverse direzioni. E si diverte? Sì, mi dà gioia. Buchmann Galerie, Agra e Lugano Böhmer nell’era digitale Nuove interazioni culturali per il futuro della fondazione dedicata a Gunter Böhmer montagnola, collina d’oro (lugano). La capacità di instaurare un legame intenso con gli autori e un’interazione forte tra diversi ambiti della cultura, che contraddistinse la personalità di Gunter Böhmer, è cio su cui punta la Fondazione Ursula e Gunter Böhmer, le cui attività sono coordinate da Alessandro Soldini, membro del consiglio di Fondazione e cofondatore dell’istituzione nel 1996. Il bilancio, dopo quasi 20 anni dall’apertura, è stato fatto dalla conservatrice Sara De Bernardis in un dossier aggiornato con i progetti svolti finora e con gli obiettivi di valorizzazione che la Fondazione si propone nei prossimi dieci anni attraverso l’organizzazione di mostre temporanee, e altri eventi. Nella fondamentale logica della conservazione e promozione del patrimonio dell’artista è stata l’operazione di inventariazione e digitalizzazione che ha già portato a identificare oltre 3.000 oggetti. La collezione è composta principalmente di opere di Böhmer, opere grafiche, acquerelli e alcuni dipinti a olio (255, da- «Autoritratto» di Gunter Böhmer tati fino agli anni Cinquanta). A questi si aggiunge un fondo con documenti, corrispondenza, immagini fotografiche, e una biblioteca che la fondazione intende inserire nel circuito bibliotecario nazionale e che rappresenta un elemento importante nella valorizzazione a tutto tondo di Böhmer, strettamente legato al mondo della scrittura. Numerose sono infatti le tavole da lui realizzate per edizioni librarie, motivo che lo spinse fino a Montagnola, in Ticino, dove nel 1933 entrato in contatto epistolare con Hermann Hesse fu invitato inaspettatamente a fargli visita. Nella sua carriera ha realizzato più di 500 copertine. Era solito partire da schizzi che migliorava via, via, fino a giungere all’opera definitiva. Ma è vietato parlare di lui come di un illustratore, fu piuttosto un artista appartenente a quel mondo dell’arte e della scrittura in cui si collocano anche le sue edizioni con grafiche originali eseguite per D’annunzio, Carducci e Pirandello pubblicate da Hans Mardersteig-Officina Bodoni. Si è confrontato soprattutto con autori tedeschi, Hesse e Thomas Mann, ma anche con Poe e autori russi. La programmazione futura della Fondazione prevede l’interazione con altre istituzioni culturali per dare vita a mostre temporanee, prestiti di opere, rapporti con istituzioni comunali, cantonali e turistiche, incontri con il pubblico. Un desiderio di commistione che vuole coinvolgere scrittori, artisti e musicisti, per presentare l’opera di Böhmer in un panorama più ampio e articolato. Fondazione Ursula e Gunter Böhmer, Montagnola Come veniva immaginato il futuro negli anni Sessanta lugano. L’entusiasmo per il futuro incendiava la società degli anni ’60, inebriata dai più recenti sviluppi dell’evoluzione scientifica e tecnologica che alimentavano grandi aspettative e speranze. Quest’atmosfera contagiò anche il mondo dell’arte, come documenta una mostra, aperta fino al 22 novembre nella Cortesi Contemporary, curata da Marco Meneguzzo e intitolata «Great expectations #1. Il pensiero del futuro nell’arte degli anni ’60». Il percorso include opere realizzate con diversi linguaggi da artisti quali Getulio Alviani, Marina Apollonio (nella foto «Dinamica circolare 6RR3» del 1966 ©Bruno Bani), Bernard Aubertin, Gianni Colombo, Dadamaino, Heinz Mack, Marcello Morandini, Jesus Rafael Soto, Grazia Varisco e Victor Vasarely. Cortesy Contemporary, Lugano: «Great expectations #1», fino al 22 novembre Fondazione Gunter e Ursula Böhmer www.gunterboehmer.com [email protected] Tra sogno e incubo 13.09.2014 – 01.02.2015 Museo Hermann Hesse Montagnola Hermann Hesse Una mitologia del Ticino Vedere a lugano | 8 Gunter Böhmer (1911-1986) Tra sogno e incubo – Zwischen Traum und Albtraum, Skira Editore, 2011 Marzo–Ottobre Novembre–Febbraio Tutti i giorni Sabato e Domenica 10.30–17.30 10.30–17.30 www.hessemontagnola.ch L’ultima estate di Klingsor illustrato da Sighanda Carl Walter Liner, «Ritratto di giovane appenzellerin in costume» Sighanda, Hermann Hesse e il mito del Ticino L’artista belga Dominique Fidanza visita e illustra i luoghi del celebre scrittore Gallerista ma non troppo Patrizia Cattaneo Moresi ha fondato Artrust con ambizioni paramuseali montagnola. Il mithos del Ticino è al centro della mostra «Hermann Hesse: una mitologia melano. La sua specializzazione sono artisti storicizzati legati al territorio ticinese e svizdel Ticino. L’ultima estate di Klingsor illustrato da Sighanda», fino al primo febbraio nel zero. Ha iniziato a collezionare già da quindici anni e ora ha deciso di condividere le sue Museo Hermann Hesse Montagnola. Sono esposti un collage di testi, foto storiche e opere pit- opere, di esporle, di pubblicarle, di invitare le scuole a visionarle e anche di venderle. Così toriche di Hesse insieme ai lavori di Sighanda: acquerelli eseguiti nei medesimi luoghi che han- Patrizia Cattaneo Moresi ha concepito Artrust, il suo spazio espositivo aperto un anno fa no ispirato lo scrittore. L’idea è venuta a Dominique Fidanza, cantante e artista che ha scelto lo che dirige come una «banca dell’arte» e che quasi non vorrebbe identificare come una galpseudonimo Sighanda per realizzare in vari posti i suoi carnet de voyage, con immagini, timbri, leria. Il suo programma è più simile, infatti, all’approccio di uno spazio pubblico: «Ho creato parole e simboli. Sighanda, autrice delle opere e curatrice della mostra insieme a Matteo Genini, per le scuole visite guidate alle mostre in galleria, e adesso, per la prima volta, le organizzeremo su richieha vinto le ritrosie del Museo a esporre opere ispirate allo scrittore. Di solito la programmazione sta anche per i privati. In futuro desidero invitare giovani e anziani a incontrarsi di fronte alle opere». È è riservata all’autore e alla sua epoca, ma la direttrice Regina Bucher ha «sentito lo spirito di Her- chiaro il riferimento alle esperienze consolidate dei musei della Svizzera tedesca e ai progetti mann Hesse nelle opere di Sighanda» e le ha permesso di accedere ai luoghi di Hesse chiusi al pubbli- di confronto tra generazioni diverse attraverso il linguaggio universale dell’arte. Artrust staco dove ha così potuto lavorare; uno tra tutti l’appartamento di Casa Camuzzi a Montagnola, bilisce il proprio rapporto con i musei attraverso i prestiti, in particolare di opere di artisti in cui lo scrittore si trasferì dopo il 1919 e dove scrisse «L’ultima estate di Klingsor», fulcro della ticinesi, per nascita o adozione. Nell’ambito della collaborazione con la Fondazione Mario mostra e da sempre considerato una dichiarazione delle sue convinzioni estetiche esternate at- ed Hélène Comensoli di Zurigo, ha concesso in prestito, l’inverno scorso, quattro opere di traverso il protagonista, il pittore Klingsor. Anche il paesaggio da cui trae ispirazione Klingsor, Mario Comensoli al Museo Civico Villa dei Cedri di Bellinzona, per la mostra «Quelle vite che coincide, malgrado i nomi di fantasia, con il territorio in cui viveva Hesse, viene descritto in che vanno», e durante l’estate ha ospitato in galleria una mostra dello stesso artista. Le opere maniera dettagliata. La natura, i paesaggi, i primi piani di pietre e alberi, le visioni ravvicinate di di Marianne Werefkin sono state invece prestate per la rassegna «Dal Cavaliere Azzurro giardini e facciate: Hesse visse il Ticino come sintesi dell’esotismo. Sighanda osserva tutto dal all’Orsa Maggiore», in corso fino al 6 ottobre al Museen Böttcherstraße di Brema. Due le medesimo punto di vista, trasformandosi in un mediatore d’eccezione, capace di esposizioni (con catalogo e programma didattico) che Artrust organizza ogni penetrare in spazi nascosti e di trascinare lo spettatore in questa scoperta. Il pubblianno. In autunno è la volta della personale di Carl Walter Liner, realizzata in co ha a disposizione anche un altro strumento per sperimentare in prima persona collaborazione con il Museum Liner Appenzell. Un omaggio all’artista svizzero questi luoghi. Il Museo Hermann Hesse Montagnola e Marco Sorgesa, Responsabile a cui è dedicato il museo progettato dagli architetti zurighesi Annette Gigon e Sviluppo e Promozione Turismo della CIttà di Lugano, infatti, hanno tracciato il perMike Guyer nella cittadina di Appenzell, nell’omonimo cantone. Dall’11 ottocorso di un’escursione culturale che tocca tutte le località menzionate all’interno bre al 16 novembre sono esposte sessanta opere, appartenenti ai due linguagdel Klingsor. Un depliant con cartina accompagna il visitatore attraverso i paesi cari gi pittorici propri dell’artista, astratto e naturalistico. L’esposizione è preallo scrittore, come Carona, Pazzallo e Pambio, e svela angoli inaspettati come il sentata in occasione del centenario dalla nascita dell’artista ed è completata da grotto Morchino. Il programma del Museo, ospitato dal 1997 nella Torre Camuzzi, un catalogo con testo di Roland Scotti, curatore del Museo di Appenzell. Tra i l’unico dedicato a Hesse in Svizzera, organizza inoltre, insieme alla mostra, un ciclo progetti futuri la volontà di esporre gli artisti del gruppo Rot-Blau (Rosso-Blu), di letture ogni prima domenica del mese da ottobre a dicembre alle 16; due incontri ampiamente rappresentato all’interno della collezione. Questo movimento della serie «Aperitivo con lo scrittore» a ottobre e novembre; concerti il lunedì; una espressionista svizzero prese forma, seppur brevemente, attraverso i dipinti, conferenza il 4 ottobre con Heimo Schwilk sulla vita di Hesse e una lettura, l’11 ottoi disegni e le xilografie di Albert Müller, Paul Camenisch, Hermann Scherer e L’artista Sighanda disegna bre, della vasta corrispondenza, in gran parte inedita, con il figlio Martin. Werner Neuhaus, attratti dal Ticino, dalla sua natura e dalla luce del sud. Museo Hermann Hesse, Montagnola: «Hesse illustrato da Sighanda», fino al primo febbraio 2015 nei pressi di Lugano nel 2014 © Sighanda Galleria Artrust, Melano Vedere a lugano | 9 Una veduta di Ascona Ad Ascona, ad Ascona! Qui un nuovo museo Il passaggio obbligato di Ascona La bellezza del Lago Maggiore, la neutralità svizzera e il mito del Monte Verità hanno reso la città un luogo di forte richiamo per l’Europa degli anni ’10 ascona. Berlino, Monaco, Zurigo, Ascona. All’inizio del secolo scorso Ascona, il borgo sulle rive settentrionali del Lago Maggiore, era alla pari con le tre capitali: il «luogo dove essere», the place to be. Molti protagonisti dell’arte e della cultura del tempo sono passati qui: Carl Gustav Jung, Hermann Hesse, Hugo Ball, Otto van Rees, Otto Niemeyer, Oskar Schlemmer, El Lissitzky, Paul Klee, Hans Arp, Arthur Segal, Marianne Werefkin, Richard Seewald, Alexej Jawlensky, Charlotte Bara, Isadora Duncan. L’elenco potrebbe continuare a lungo. Ma perché proprio Ascona? Che cosa avveniva di così speciale in questa città? Sono molteplici i fattori che hanno reso Ascona «il paese degli artisti», come lo definisce Mara Folini. Sicuramente il lago, primo scorcio di Mediterraneo per i nordici sia per il clima che per la lingua (ora si parla di Ascona e del Ticino come del lato soleggiato della Svizzera). Senza dubbio la neutralità elvetica, accogliente in epoche di conflitti. E soprattutto il fatto che qui si concentrarono gruppi di pensatori e artisti per teorizzare e sperimentare soluzioni di vita alternative a quella industrializzata e massificante, che in quegli anni prendeva il sopravvento. Si tratta della Lebensreform, l’idea di rifondare la vita attraverso un ritorno alla natura cui ben si prestava l’altopiano panoramico delle Monescie, che sovrasta la cittadina, ribattezzato Monte Verità. La verità che qui prese forma non fu una sola: si andava dai modelli socialisti a quelli anarchici, dalla riscoperta dei filosofi mistici tedeschi del ’300, come Meister Eckhart, e del ’500, come Jakob Boehme, all’approfondimento delle religioni orientali, buddismo e induismo, e delle teorie esoteriche, e il centro dell’attenzione era sempre l’individuo. Il primo gruppo di pensatori e artisti si stabilì sul Monte Verità, abitato allora da sparuti pescatori, esattamente nel 1900, con la precisa volontà di fondare una colonia di naturisti e vegetariani; nel gruppo vi era Karl Gräser, insieme alla montenegrina Ida Hofmann e al fiammingo Henri Oedenkoven, mentre sul posto li accolse il politico e teosofo ticinese Alfredo Pioda. Presto la comunità creò un sanatorio basato sulle teorie di alimentazione naturale e vita all’aria aperta e nel 1913 si aggiunse una Scuola d’arte in linea con gli ideali di una sintesi delle arti. Rudolf von Laban spostò qui, da Monaco, la sua scuola sperimentale di danza. E fu proprio la Scuola di Laban a innescare l’interazione con la scena artistica zurighese e con il nascente movimento dadaista. Il legame tra Zurigo e la scuola di Laban è molto stretto, tra le sue allieve danzatrici figurano, infatti, Sophie Taeuber, compagna di Hans Arp, e Maja Krushek, compagna di Hans Richter (ora in mostra nel Museo d’Arte di Lugano). Gli anni ’10 furono l’età dell’oro del Monte Verità, dove la vita era «radicale, mistica, romantica», come la descrive più volte Mara Folini, autrice della guida «Il Monte Verità di Ascona» edito dalla Società di Storia dell’Arte in Svizzera. L’ultimo periodo clou fu nel 1917, quando Ascona e il Monte Verità avevano oramai già guadagnato il ruolo di «spazio in cui proiettare sogni individuali e collettivi», come scrisse Harald Szeemann. Nel 1917-18 arrivarono, infatti, gli artisti russi Marianne Werefkin e Alexej Jawlensky, dopo essere stati a Monaco, a Berlino tra le fila del Blaue Reiter, e a Zurigo, dove frequentarono l’ambiente Dada. Nel ’20, ebbe termine la Scuola d’arte, il testimone passò a Charlotte Bara, che si trasferì ad Ascona e continuò le sperimentazioni nell’ambito della danza. La danzatrice è sepolta nel cimitero monumentale della cittadina (descritto in una guida/cartina del Municipio realizzata dal Museo Comunale d’Arte Moderna Ascona). A riprova del fatto che Ascona era il luogo dove essere e rimanere. Il futurista spirituale ascona. Una mostra del Museo Comunale d’Arte Moderna, visitabile fino al 7 dicembre, mette per la prima volta in evidenza la vicinanza del pensiero del futurista italiano Luigi Russolo con le istanze filosofiche discusse al Monte Verità. «La rassegna si sofferma sulla sua continua ricerca dello spirituale», spiega la direttrice Mara Folini, che ha intitolato l’esposizione di Russolo con il titolo del suo trattato «Al di là della materia», scritto dopo l’avvicinamento alle filosofie orientali e alle idee del giornalista, drammaturgo, massone e magnetista Guido Torre, che conobbe a Parigi negli anni Venti. Il percorso parte dalle opere dell’ultimo periodo della sua vita, trascorso sul Lago Maggiore a Cerro di Laveno, e va a ritroso verso gli inizi della sua attività, passando anche attraverso la fase futurista, documentata dalla presenza di un esemplare di «Intonarumore». La scelta dei dipinti sottolinea, pur nella diversità degli stili sperimentati, una costante tensione verso la dimensione spirituale, presente nella fase prefuturista, futurista e culminante negli anni Quaranta, quando esegue raffigurazioni del mondo cosmico e ideale cui aveva anelato per tutta una vita. Dirompente nei suoi lavori è l’energia del mondo naturale. La mostra mette in luce un nuovo punto di vista sull’opera di Russolo basandosi su un’attenta rilettura dei suoi scritti, delle sue riflessioni e dei suoi diari recentemente ritrovati. L’opera simbolo di questo suo percorso è «Aurora boreale» del 1938, con i raggi luminosi che tutto sovrastano. Accanto a essa trovano spazio in mostra una cinquantina di lavori: dipinti, disegni e grafiche, tutti pubblicati nel catalogo insieme a una serie di testi di approfondimento sulla rilettura dell’opera di Russolo. Le istituzioni coinvolte per il prestito delle opere sono musei svizzeri come il Kunstmuseum di Basilea e internazionali come la Galleria degli Uffizi di Firenze, il Musée de la Ville di Parigi e il Mart di Rovereto, che a Russolo aveva dedicato un’ampia antologica nel 2006. A questi si aggiunge il Comune di Portogruaro, città natale dell’artista, che possiede, tra l’altro, «Impressioni di un bombardamento», opera con cui partecipò nel 1926 alla Biennale di Venezia. Infine vi sono prestiti dalle collezioni private, i meno visibili, ed è luganese quella da cui proviene «Aurora boreale». Museo Comunale d’Arte Moderna, Ascona: «Luigi Russolo. Al di là della materia», fino al 7 dicembre Vedere ad ascona | 10 ascona. Il 4 aprile è stato inaugurato il Museo Castello San Materno (www.museoascona.ch), un nuovo spazio espositivo e un tassello del patrimonio storico, culturale e artistico della città. La parte più antica del Castello, edificato nei pressi di un insediamento tardoneolitico, risale al VI-VIII secolo, quando i Longobardi costruirono la torre vedetta. Al suo interno ingloba una chiesa che conserva un affresco romanico-bizantino. Nel XII secolo l’edificio divenne proprietà della famiglia De Castelletto, utilizzato come fortezza e luogo di villeggiatura. Nel ’500 fu conquistato dagli svizzeri e abbandonato fino al XIX secolo, quando passò al conte di Nancy. Nel 1918 divenne un bene della famiglia Bachrach, di cui faceva parte Charlotte Bachrach, in arte Charlotte Bara, legata al Monte Verità. La danzatrice amava esibirsi nella sala principale del castello, di fronte all’abside affrescata con la «Majestas Domini», restaurata insieme all’intero edificio e allo splendido parco, d’intesa con il Servizio Cantonale dei Beni Culturali. Il museo ospita la collezione d’arte della Fondazione per la Cultura Kurt e Barbara Alten, che ha sponsorizzato gran parte del restauro e stipulato un accordo con il Comune. Esposta in permanenza, la collezione dei coniugi Alten si presenta per la prima volta nella sua interezza: con oltre quaranta opere di area tedesca realizzate tra fine Ottocento e primo dopoguerra, nel passaggio tra due epoche segnato da Impressionismo, Post-impressionismo, Espressionismo e Modernismo. Si tratta di opere dedicate al paesaggio di artisti quali August Macke, Emil Nolde, Lovis Corinth, Ernst Ludwig Kirchner, Max Liebermann, Alexej von Jawlensky, che venne ad Ascona insieme a Marianne Werefkin, e il meno noto Christian Rohlfs che lavorò nella città in più occasioni. Tutta la collezione ruota attorno a un’esperienza analoga a quella di Monte Verità: la colonia di artisti di Worpswede (nella Bassa Sassonia, a nord-est di Brema) caratterizzata dal desiderio del ritorno alla natura come ipotesi di riforma della vita e ispirata alle sperimentazioni proprie del mondo germanofono e francese. Nella Colonia di Worpswede si formò la stessa Charlotte Bara, che lì conobbe l’architetto Carl Weidemeyer, il quale realizzò per lei il Teatro San Materno, adiacente al Castello. Inaspettati intrecci di esperienze e aspirazioni artistiche emergono nella visita al Museo Castello San Materno, diretto, come il Museo Comunale d’Arte Moderna, da Mara Folini. Museo Castello San Materno, Ascona Le dodici meraviglie Una guida in quattro lingue accompagnerà l’itinerario tra i luoghi simbolo di Ascona ascona. Il primo teatro da camera moderno della Svizzera e i più importanti esempi di Bauhaus del Ticino sono ad Ascona e rappresentano solo alcuni dei luoghi d’interesse della città identificati all’interno del nuovo Itinerario culturale, un fascicolo con cartina in quattro lingue (italiano, tedesco, francese, inglese) in uscita grazie a un progetto del Museo Comunale d’Arte Moderna, sviluppato in collaborazione con il Capo Dicastero Cultura Michela Ris e il Capo Dicastero Turismo Mario Bazzi. In puro stile Bauhaus è costruito l’albergo del Monte Verità, opera dell’architetto Emil Fahrenkamp che sostituì il precedente edificio della Casa Centrale in stile Art Nouveau della colonia d’artisti d’inizio Novecento per volere del nuovo proprietario, il collezionista Eduard von Heydt. L’adiacente Casa Anatta, invece, ha mantenuto l’identità che vollero darle i fondatori Ida Hofmann e Henri Oedenkoven, uno stile eclettico e un Museo parrocchiale nella chiesa dei Santi Fabiano e Sebastiano nome che significa «casa dell’anima». Entrambi gli edifici fanno parte dal 1989 della Fondazione Monte Verità. Legato all’esperienza del Monte Verità, ma situato a valle, è il Teatro San Materno, costruito tra ’27 Casa Serodine Un’istituzione centenaria guarda al futuro Le infinite verità del Monte Verità ascona. Ha una storia lunga quasi cento anni, fortemente radicata nell’identità culturale e storica della città, ma al tempo stesso rappresenta un centro di ricerca sull’avanguardia della creatività in tutto il mondo. Il Museo Comunale d’Arte Moderna di Ascona (www.museoascona.ch) è caratterizzato dall’oscillazione tra passato e presente, tra locale e internazionale, tra esposizione e ricerca (nella foto sopra le installazioni di Niele Toroni e Ferruccio Ascari nel Museo Comunale d’Arte Moderna Ascona (foto di Davide Tatti). È stato fondato nei primi anni Venti del Novecento, a conclusione del periodo mitico di Monte Verità e prova che quell’esperienza non era confinata alla colonia ma che influenzò la vita culturale dell’intero borgo. La volontà di dare forma a un museo in città venne dagli stessi artisti, sia da quelli che frequentavano il Monte, sia da quelli locali. Insieme raccolsero oltre cinquanta opere, costituendo il primo nucleo della collezione che oggi conta oltre quindici mila pezzi, compresi anche i documenti. Il promotore fu Ernst Kempter, che aveva firmato insieme al ticinese Giugni Polonia e alla russa Marianne Werefkin l’atto costitutivo. Sei artisti ticinesi offrirono le loro opere, così fece anche la Werefkin che si adoperò intensamente per raccogliere altri lavori. Nel 1922 Werefkin era ad Ascona da appena quattro anni, ma era già una figura fondamentale nella scena artistica; intesseva contatti con Arthur Segal e nella sua Casa all’Angolo si ritrovava, tra gli altri, con Cèsar Domela e con l’artista e antroposofa Anna Iduna Zehnder. Anche quest’ultima donò un’opera e un suo Fondo di 150 pezzi è stato recentemente acquisito dallo stesso Museo. Werefkin, che aveva partecipato alla Biennale di Venezia del 1920 nel padiglione russo, ideò il logo del Museo: un disegno che stabilisce la data della sua costituzione, il 6 aprile (celebrata anche da un articolo del giornale svizzero in lingua tedesca Die Südschweiz del 15 maggio 1922) e un campanile, simbolo del borgo, al centro del sole, simbolo invece della natura, tanto cara alle istanze della Lebensreform. La sede, identificata nel 1922, è la cinquecentesca Casa Pancaldi, dove il museo è tornato nel 1980; nel frattempo l’istituzione non ha avuto un’esistenza lineare. Dal 2008 è direttrice Mara Folini, che ha rapporti con il museo dal 1991, come studiosa dell’opera di Marianne Werefkin della quale il museo conserva ed espone le opere della Fondazione Marianne Werefkin insieme al Fondo Carl Weidemeyer e al patrimonio della Fondazione Richard e Uli Seewald. Della Werefkin Mara Folini ha realizzato nel 2010 una mostra a Mosca, concentrandosi sull’inizio della carriera. In seguito ha portato ad Ascona le opere del realismo e del simbolismo russo che hanno influenzato gli anni della sua formazione e nel catalogo ha pubblicato gli scambi epistolari con gli amici russi. Senza dubbio una mostra di ricerca, che per la direttrice è un’attività fondamentale. Alla programmazione del Museo Comunale e del Museo Castel San Materno si affianca inoltre l’attività espositiva di Casa Serodine, dedicata agli artisti della zona e all’arte contemporanea. Se nell’attività di ricerca i rapporti sono con istituzioni internazionali, soprattutto dell’area germanofona, per la programmazione più giovane vengono attivate relazioni con le associazioni culturali locali. Da segnalare, nell’ambito del programma di relazioni transfrontaliere Interreg, la collaborazione con il Museo Tornielli di Ameno, con cui è stata organizzata l’esposizione di opere di Francesca Gagliardi e Luca Mengoni dal titolo «Il laboratorio delle metamorfosi» (il tema è infatti quello dei mutamenti fisici e interiori analizzati da un punto di vista sia maschile sia femminile), e il «Campo Nomade Primaverile Sabbione», iniziativa che prevede prove pratiche di fusione e incisione in luoghi aperti immersi nella natura. ascona. Chiusa l’esperienza della colonia d’intellettuali d’inizio secolo scorso, Ascona ha continuato ad attrarre artisti e pensatori, fino ai giorni nostri. La tenuta del Monte Verità è di proprietà della Repubblica e del Cantone dal 1964, l’ha ricevuta in eredità dal collezionista Eduard von der Heydt, che ne fu proprietario dalla fine degli anni Venti. È gestita da una Fondazione istituita nel 1989, composta dal Cantone, dal Comune di Ascona, e dai due politecnici federali di Losanna e di Zurigo. Sempre nel 1989 è stato creato il Centro Stefano Franscini del Politecnico federale di Zurigo, una piattaforma d’incontro per congressi che ha contribuito a fare del Monte Verità il centro congressuale e culturale auspicato da von der Heydt che lo voleva «utilizzato per attività artistiche e culturali di altissimo livello, di richiamo internazionale». Il complesso presenta numerose strutture architettoniche e nel 1992 è stata aggiunta una nuova ala con un auditorium, dell’architetto ticinese Livio Vacchini, che ha saputo confrontarsi con l’esemplare struttura in stile Bauhaus dell’albergo. Nel complesso museale del Monte Verità è in corso un articolato progetto di lavori di restauro. Un primo settore, Casa Selma (casa dei vegetariani), è stato riaperto a settembre per le Giornate europee del patrimonio. La prossima primavera sarà inaugurata invece la Casa dei Russi, destinata a mostre temporanee e installazioni. Alla fine del 2015 si potrà rientrare anche nel Padiglione Elisarion, dove si trova il dipinto «Chiaro mondo dei beati» di Elisar von Kupffer che Harald Szeemann volle lì trasferendolo dalla casa del pittore a Minusio, ora sede del Centro Culturale Elisarion. All’inizio del 2016 riaprirà la Casa Anatta, con un’esposizione permanente sulla storica mostra: «Le mammelle della verità», allestita in questa sede nel 1978 da Szeemann, e poi presentata a Zurigo, Berlino, Vienna e Monaco di Baviera. Sempre nel 2016 è in programma l’inaugurazione del complesso museale del Monte Verità nella sua interezza, che dopo «questo intervento, spiega il direttore Lorenzo Sonognini tornerà a raccontare la sua storia unica e a ispirare, come un tempo, i suoi visitatori», ed è in lavorazione anche una guida per smartphone e tablet. È sempre possibile, inoltre, fruire del nucleo dell’archivio di Harald Szeemann (di proprietà del Monte Verità dal 2007), con i documenti sulla storia del Monte alla base della sua esposizione, che il critico aveva conservato nello studio a Maggia, vicino a Locarno, in una piccola manifattura identificata come «la fabbrica». Il Fondo si trova dal 2011 presso l’Archivio di Stato del Canton Ticino a Bellinzona, è consultabile negli orari di ufficio, ed è disponibile un catalogo a esso relativo. Oltre al calendario dei congressi del Centro Stefano Franscini, il Monte Verità propone un programma culturale realizzato in collaborazione con istituzioni locali e svizzere, tra cui anche le Fondazioni Epper e Eranos di Ascona. Il 18 ottobre vi sarà un simposio della Fondazione Sir John Eccles di Riazzino. Tra ottobre e dicembre, invece, quattro conferenze organizzate dalla Fondazione Eranos nell’ambito delle «Eranos-Jung Lectures». In ottobre e novembre, ancora, le conferenze in lingua tedesca dal titolo «Gemeinsamdenken» (Pensare insieme) che sottolineano come il Monte Verità sia stato, e sia tutt’ora, un centro d’attrazione per l’ambiente nordico e germanofono. L’energia speciale, e tuttora viva, del Monte Verità, infine, è immortalata negli scatti di Christof Klute, in mostra fino al 31 ottobre nel suo Salone Balint. (Nella foto un’immagine tratto dallo spettacolo di Dorothée Thébert e Filippo Filliger «Si può essere rivoluzionari e amare i fiori?» ispirato alla storia del Monte Verità, foto di Dorothée Thébert Filliger) Museo Comunale d’Arte Moderna, Ascona Fondazione Monte Verità, Ascona e ’28 su progetto di Carl Weidemeyer. Rimasto integro e in uso fino a oggi, rappresenta un unicum a livello europeo. A volerlo fu la danzatrice Charlotte Bara, che si stabilì ad Ascona con la famiglia nel Castello San Materno e nel Teatro poco distante fondò la sua scuola di danza, arte teatrale e canto. Anche il Castello San Materno è incluso nel percorso, essendo stato appena restaurato e aperto al Collegio Papio Fondazione Eranos pubblico come Museo. Vengono poi descritte tre fondazioni private. La prima è la Fondazione Eranos, dove dagli anni Trenta a oggi si organizzano convegni e cenacoli intellettuali, partendo dall’idea di banchetto legata al nome greco Eranos. Ad avviare tale tradizione fu Olga Fröbe-Kapteyn, il filosofo Carl Gustav Jung contribuì alla realizzazione dei primi convegni, influenzandone i contenuti con i suoi studi su archetipi, miti e simboli. La sede è Casa Gabriella, in località Moscia lungo il Lago Maggiore, visitabile su appuntamento (www. eranosfoundation.org) dove sono conservati gli scritti originali lasciati dai partecipanti, gli oltre settanta volumi di annuari e la collezione di raffigurazioni di simboli archetipi portata a termine dalla fondatrice. Lungo le rive del lago si trova anche la Fondazione Ignaz & Mischa Epper, dedicata alle opere degli artisti che arrivarono ad Ascona tra la prima e la seconda guerra mondiale. Fruibile dal pubblico è la collezione di dipinti e incisioni di Ignaz Epper (uno dei maggiori esponenti dell’espressionismo svizzero) e le sculture della moglie. Rolf Gérard, invece, si stabilì ad Ascona nel 1977, dopo un ventennio a New York come scenografo Chiesa dei Santi Pietro e Paolo Fondazione Epper Teatro San Materno Museo Comunale d’Arte Moderna Fondazione Gérard Castello San Materno della Metropolitan Opera, a testimonianza del permanere dell’attrattività culturale della città ticinese. La Fondazione che porta il suo nome è aperta al pubblico dal 2002 e ospita in particolare i bozzetti dei suoi allestimenti operistici e teatrali e i suoi dipinti. Sono compresi nell’itinerario Casa Serodine, che accompagna l’attività del Museo Comunale d’Arte Moderna concentrandosi sulla creatività del territorio, Collegio Papio, un istituto scolastico costruito su iniziativa di Carlo Borromeo nel 1585, la chiesa tardogotica di Santa Maria della Misericordia, la chiesa medievale dei Santi Fabiano e Sebastiano che ospita il museo parrocchiale e la chiesa dei Santi Pietro e Paolo costruita nel XIII secolo e rimaneggiata nei secoli XVI e XVIII. Chiesa di Santa Maria della Misericordia Fondazione Monte Verità Vedere ad ascona | 11 Castello Visconteo Museo Archeologico Importante collezione di vetri romani (I-IV sec. d.C.) scoperti nel Locarnese. Apertura da aprile a ottobre Martedì-domenica 10:00-12:00 14:00-17:00 Città di Locarno Servizi culturali Via Bartolomeo Rusca 5 CH-6600 Locarno Tel. +41(0) 91 756 31 70 -80 -85 [email protected] www.locarno.ch Ana D’Apuzzo ha sette vite L’artista serbo-croata ha scelto la Svizzera Nella Villa dei Cedri si fanno sogni di carta L’istituzione riaprirà a marzo dopo i lavori di ammodernamento, con mostre e pubblicazioni «Window on a forest» di Ana D’Apuzzo, 2013 ascona. Artista, designer e architetta serbo-croata, nata nella città di Kruševac nel 1978, Ana D’Apuzzo ha deciso di traferirsi ad Ascona, attratta dalla storia e dalle atmosfere della città del Ticino che si affaccia sul Lago Maggiore. Non vi è arrivata per sfuggire alla guerra, come avveniva spesso nel secolo scorso, quando molti artisti si rifugiarono nel territorio della neutrale Svizzera e nelle suggestive colonie sorte sul Monte Verità. Infatti, ai tempi del conflitto della ex-Jugoslavia si trovava a Lisbona, dove si era trasferita per frequentare gli studi artistici e aveva deciso di tornare nella sua terra natale, per stare con la propria famiglia. La sua idea dell’arte è di un’esperienza totalizzante e ha quindi pensato di aprire il suo Studio d’Arte e Architettura al pubblico e di sperimentare uno sviluppo esteso della sua espressività ad Ascona. Definisce «seven lives», le sette vite della sua arte, ciascuna delle quali corrisponde a una diversa tipologia artistica, come la pittura, le installazioni di luce, i tatuaggi o la produzione di tessuti con cui confeziona abiti. Il suo processo creativo inizia scansionando in tre dimensioni immagini di volti, che vengono successivamente sezionate fino a diventare elementi non riconoscibili all’interno di complesse costruzioni caleidoscopiche. Il viso perde la sua funzione identitaria e richiama nuove costruzioni architettoniche. Le superfici utilizzate per gli abiti assumono una consistenza tridimensionale e il carattere della profondità non manca neanche alle realizzazioni video o alle stampe digitali su alluminio. Con un gioco di parole preso in prestito dalla moda, intitola i suoi lavori «Portraits-a-porter», ritratti da portare. Anche nelle sue opere pittoriche è insita un’ambiguità che confonde la percezione dello spettatore. Sono fluide e impalpabili come acquerelli, pur essendo realizzate con olio su tela. Tra i vari premi vinti da Ana D’Apuzzo ricordiamo «Red Cross Art Contest» (Jugoslavia, 1990), «Bid Zone Krusevac-Mercy Corps» (Usa, 2003), «Pittori in piazza a Caviano» (Svizzera, 2010) e la menzione come finalista a «Create the Void» organizzato dal Guggenheim di New York nel 2010. bellinzona. Inaugurato nel ’94 con una personale di Martin Disler, il CACT Centro Arte Contemporanea Ticino, diretto da Mario Casanova, ha appena celebrato 20 anni dall’apertura con una mostra dello stesso artista, nel frattempo scomparso. L’esposizione è stata realizzata in collaborazione con il Nachlass Martin Disler (Martin Disler Estate) e una serie di disegni sono rimasti in collezione, perché, nel 2009 il CACT è raddoppiato diventando anche MACT Museo Arte Contemporanea Ticino e da allora raccoglie opere provenienti da collezioni private. La stagione autunnale si divide tra pittura e fotografia, citiazionismo e antiaccademismo. Fino al 9 novembre sono in mostra i dipinti dello svizzero Stéphane Zaech: «messe in scena teatrali, dove il personaggio grottesco posa entro scenografie costruite all’uopo», si legge nei propositi scritti sul suo lavoro. L’artista affronta i generi del ritratto e del paesaggio rifacendosi al passato, per esempio alle vedute rinascimentali, con spirito critico, innescando una vena grottesca che mette in evidenza la mancanza di adesione al reale e denuncia l’abitudine della società moderna di imporre canoni e convinzioni. Fino all’8 febbraio, inoltre, vi è la personale intitolata «Kein Körper» dell’italiano Valter Luca Signorile. La sua formazione fuori da scuole di pensiero e incasellamenti, offre lo spunto a Mario Casanova per sottolineare come «le connotazioni spesso identificate in artisti giovani, o più consolidati, sono la base di un pensiero curatoriale mirato allo studio della non-cultura, a fenomeni di ribellione nei confronti dell’universalità illuminista, borghese e istituzionale». A Valter Luca Signorile è dedicato l’ottavo numero della rivista «Cahier d’Art», che il MACT/CACT pubblica da 2 anni. bellinzona. Tre mostre dedicate alle opere su carta nel programma del Museo Villa dei Cedri per il 2015 annunciato dalla curatrice Carole Haensler Huguet, dopo che grazie alla chiusura per lavori di adeguamento e conservazione dell’edificio, ha fatto il punto «sull’identità del museo, le sue collezioni e la sua ragion d’essere rispetto al territorio circostante». Il focus di tale riflessione è nel cuore del museo, nelle sue opere, oltre tremila: 500 dipinti, un’ottantina di sculture e il resto, per circa il 60%, incisioni e opere su carta provenienti da donazioni e depositi. Da qui sono state individuate due parole chiave: partecipazione e carta. La focalizzazione sulle opere su carta non è una scelta degli inizi, quando il museo venne costituito come Civica galleria d’arte di origine partecipativa, nel 1985. Già negli anni ’70 l’esigenza di uno spazio espositivo comunale era nata infatti da una donazione di dipinti del Sei, Sette e Ottocento, devoluti da Emilio Sacchi e Adolfo Rossi. La sede scelta, rimasta «Memoria II» di Massimo Cavalli, 1978 invariata, ricadde allora su una villa borghese circondata da un parco di alberi secolari, sullo sfondo della bassa Valle del Ticino e del Lago Maggiore. La collezione di opere su carta del Museo prende il via idealmente da un ciclo di 11 xilografie di Félix Vallotton di fine ’800. L’arte xilografica del Ticino nel dopoguerra è rappresentata da Giovanni Bianconi, Angelo Cassina, Ugo Cleis e Ubaldo Monico, quest’ultimo con quasi 150 stampe, numerose matrici di legno e lastre incise. Il nucleo principale dei disegni è invece costituito dal gruppo di artisti del «Piccolo Novecento ticinese», tra cui Filippo Boldini, Mario Marioni, Giuseppe Foglia ed Edmondo Dobrzanski. È da segnalare, inoltre, la presenza della biblioteca di volumi d’arte, con una sezione speciale dedicata ai ragazzi, costituita nel 1995. In futuro la curatrice Carole Haensler Huguet punta a dare spazio espositivo anche ai libri d’artista. La prima delle tre mostre sulla collezione sarà «Le carte dei poeti», da marzo a fine maggio. Qui l’arte visiva dialoga con la letteratura: le opere del patrimonio del museo sono poste in relazione con poeti e scrittori ticinesi e italiani. Due diversi modi di esprimersi, uno libero e uno condizionato da un codice. La mostra sarà accompagnata da una pubblicazione, l’ottavo numero della collana «Scritti al Museo», che prosegue il percorso di ricerca già iniziato con altri due libri «Le carte del museo» a fine anni ’90 e successivamente «Leggere le carte». Il volume è composto da 60 pagine, ciascuna delle quali ospita, esclusivamente, un testo o un’immagine, messi in relazione dai curatori Carole Haensler Huguet e Matteo Bianchi. La pubblicazione analizza anche gli sviluppi potenziali della collezione seguiti ai riconoscimenti all’estero, come quello sancito dalla mostra: «Viaggio attraverso le collezioni della Villa dei Cedri di Bellinzona» al Musée Jenisch di Vevey nel ’99. A riflettere sugli esiti contemporanei sarà la mostra in calendario da giugno a settembre, intitolata «Dimensione disegno». Saranno esposte opere di artisti della Svizzera italiana, francese e tedesca, tra cui Didier Rittener, Julia Steiner e Marc Bauer. Il percorso documenterà l’utilizzo dei diversi supporti e strumenti del disegno, che nel caso di Valentina Pini e Denis Savary divengono materia plastica per creare sculture. Inerente alla mostra sarà la serata del 20 giugno, con una selezione a cura di Jean-Paul Fellay e Olivier Kaeser del Centre culturel suisse di Parigi, di quindici film, tratti esclusivamente da disegni d’animazione di artisti quali Augustin Rebetez e Joëlle Flumet. In autunno, infine, seguirà la rassegna «L’anima del segno», in cui uno dei fondi monografici del Museo, quello dell’artista ticinese Massimo Cavalli, verrà messo in relazione con opere dell’artista francotedesco Hans Hartung e dell’italiano Guido Strazza. Cact, Mact, Bellinzona: «Stéphane Zaech», fino al 9 novembre; «Kein Körper», fino all’8 febbraio Villa dei Cedri, Bellinzona: «Le carte dei poeti», mar.-mag.; «Dimensione disegno» giu.-set .;«L’anima del segno» Studio Ana D’Apuzzo, Ascona Il CACT è diventato MACT Tre rassegne personali e l’ottavo numero della rivista Cahier d’Art celebrano i vent’anni del museo Vedere ad ascona e bellinzona | 14 Una veduta dell’8a Biennale dell’immagine a Chiasso, 2012-2013 © Stefano Galli 9a Biennale dell’immagine: «Trasformazioni» Chiasso m.a.x. museo •«Werner Bischof (1916-1954). La trasformazione dell’immagine» dal 12 ott. all’11 gen.’15 Spazio Officina •«Trasformazioni del territorio. Foto svizzere anonime in archivi pubblici e privati» •«Di nuovo Gottardo, BSI Art Collection» •«Beat Streuli: Chiasso. Città di confine. Estate 2014» dal 12 ott. all’11 gen.’15 Radio Gwendalyn presso Spazio Officina • «Secret Sound Stories» 12 ott. Cons Arc/Galleria •«Promising Bay» dal 12 ott. al 20 dic. Galleria Mosaico •«Trasformazioni» dal 14 ott. al 22 nov. Cinema Teatro •Rassegna cinematografica «Petrolio e ritorno» 19 ott.; 26 ott.; 9 nov.; 30 nov.; 11 gen. 2015 Bruzella Fondazione Rolla •«Visioni Parallele. Zone Condivise» fino al 12 feb. 2015 Como Camera di Commercio •«Visioni Parallele. Litoranee Sparse» fino al 12 feb. 2015 Morbio Inferiore Parco delle Gole della Breggia, Torre dei forni •«Ricerca sul campo» dal 18 ott. al 9 nov. Mendrisio Biblioteca dell’Accademia di architettura •«Fotografie dell’archivio Augusto Rima di Locarno (1916-2003)» dal 15 ott. al 2 feb.2015 Pinacoteca Giovanni Züst •«Le prime immagini della Ferrovia del Gottardo di Adolphe Braun» dal 12 ott. all’11 gen.’15 Meride Museo dei fossili e Fondazione del Monte San Giorgio •«Naturalia» dal 14 ott. all’11 gen.’15 Capolago Casa d’arte Miler •«La grande bruttezza» dal 7 nov. al 13 dic. Riva San Vitale Sala Patriziale al Torchio •«Laveggio» dal 16 al 26 ott. Sala Palazzo comunale •«Ritratti Metropolitani #72. “From B to Y” #25» dal 15 al 23 nov. Stabio Ex Stabilimento Balneare Sociale ai Bagni Stabio •«L’odore della brace spenta» dal 26 ott. al 7 dic. Museo della civiltà contadina del Mendrisiotto •«Lungo il binario Mendrisio, Stabio» dal 4 ott. all’11 gen. 2015 Lugano Museo delle Culture •«Il Giappone dell’800 nella Collezione Perino» fino al 25 gen. 2015 Choisi – one at a time •«Lugano-Tesserete. Evoluzione di un percorso ferroviario» dal 4 ott. al 15 nov. Spazio 1929 •«Tavole di testo» e «Otto Pfenniger» dal 17 ott. al primo dic. Galleria Doppia V •«Manuel Archain» dal 20 ott. al 28 nov. Sonnenstube •«Fen» dal 31 ott. al 15 nov. La Biennale: immagini in 22 sedi da Lugano a Como Dedicata a fotografia e arti visive, analizza i mutamenti del Ticino e oltre, dilagando in nuove città chiasso. La 9a Biennale dell’immagine coinvolgerà per tre mesi 22 sedi da Lugano a Como, espandendosi nel territorio ticinese fino all’area insubrica. L’appuntamento è dal 12 ottobre all’11 gennaio, con cerimonia di apertura il 12 alle ore 16 nel Cinema Teatro di Chiasso. L’evento è promosso dal Dicastero Cultura, dal Dicastero Servizi, attività sociali e giovani del Comune di Chiasso, in collaborazione con la Cons Arc/Galleria di Chiasso e il Centro Culturale Chiasso e il Comitato della Biennale. Questo è composto da Nicoletta Ossanna Cavadini, direttrice del m.a.x. museo e dello Spazio Officina, da Andrea Banfi e Lucia Ceccato di Chiasso, Culture in movimento, Daniela e Guido Giudici della Cons Arc/Galleria, Simonetta Candolfi, Antonio Mariotti, critico e giornalista, Gian Franco Ragno, storico della fotografia, Gianna Macconi della Galleria Mosaico, e Rosella Zanardini Rolla della Fondazione Rolla-Rolla.info. Al centro della manifestazione sono la fotografia, la videoarte e il cinema. Il titolo «Trasformazioni» allude ai mutamenti epocali che hanno interessato il territorio ticinese dal recente passato fino a oggi. Visto il numero delle sedi e la durata della manifestazione, il programma è piuttosto ampio ed è composto da esposizioni ideate e presentate nelle singole strutture, oltre a eventi e una rassegna di film a cura del Cineclub del Mendrisiotto proiettati nel Cinema Teatro di Chiasso. Le istituzioni coinvolte a Chiasso sono sedi pubbliche, come il m.a.x. museo e lo Spazio Officina, ma anche private, come Cons Arc/Galleria, la Galleria Mosaico e Radio Gwendalyn con una performance. Tra le sedi fuori dalla città di frontiera partecipano invece la Biblioteca dell’Accademia di architettura a Mendrisio, tra le maggiori sulla storia dell’architettura e dell’arte di tutta la Svizzera, ma anche il Parco delle Gole della Breggia (Torre dei forni) a Morbio Inferiore, la Pinacoteca cantonale Giovanni Züst a Rancate, Casa d’arte Miler a Capolago, due sedi a Riva San Vitale con i Cittadini per il territorio del Mendrisiotto. Non mancano poi luoghi inaspettati, come l’Ex Stabilimento Balneare Sociale ai Bagni di Stabio, la cui nuova vocazione è quella di luogo di cultura. Lugano partecipa con le iniziative del Museo delle Culture, di Choisi - one at a time, Spazio 1929, Galleria Doppia V e Sonnenstube Offspace. Anche istituzioni non prevalentemente votate alle arti visive hanno aderito alla Biennale, tra queste il Museo dei fossili del Monte San Giorgio a Meride, ristrutturato da Mario Botta, e il Museo della civiltà contadina del Mendrisiotto a Stabio. A superare i confini nazionali è la Fondazione Rolla, che presenta un progetto condiviso tra la sua sede di Bruzella, in Ticino, e la Camera di Commercio di Como. m.a.x. museo Via Dante Alighieri 6 6830 Chiasso orari ma−do 10−12 15−18 grafica comunicazione visiva fotografia design t f +41 (0)91 695 08 88 +41 (0)91 695 08 96 [email protected] centroculturalechiasso.ch Vedere a chiasso | 15 Il museo è giovane ma parlerà subito di «Trasformazioni» Nicoletta Ossanna Cavadini ripercorre la storia e anticipa i progetti del m.a.x. museo di Chiasso chiasso. Per Nicoletta Ossanna Cavadini, direttrice del m.a.x. museo di Chiasso, mettersi in rete significa costruire progetti in sinergia con una visione integrata, realizzare un programma di mostre ad hoc seguendo la missione del museo e avviare importanti collaborazioni internazionali. La stagione espositiva che porta all’Expo 2015 si apre con la mostra dell’artista svizzero Daniel Spoerri, inventore della Eat Art, e quindi in connessione con l’Expo e il padiglione svizzero. Quali sono le finalità del m.a.x. museo? È un’istituzione pubblica dal 2010, ma ha mantenuto le finalità previste dalla Fondazione Max Huber-Kono (che ne aveva promosso la costituzione e realizzazione nel 2007): un’attività legata alla grafica, al design e alla comunicazione visiva. Questo rimane un ambito di pertinenza importante con tre mostre all’anno dedicate a tre filoni: la grafica storica (con le grandi opere degli incisori del passato), la grafica contemporanea (con personalità viventi che hanno contribuito alla produzione dell’ultimo secolo e che spesso sono state in contatto con Max Huber o il suo entourage) e i maestri del XX secolo (pittori, scultori e architetti che hanno operato attività grafica ad alti livelli). A tutto ciò si lega l’approccio che il Comitato Scientifico ha voluto in questi ultimi anni avviando collaborazioni internazionali importanti. Quali mostre avete creato con altre istituzioni? La monografica di Heinz Waibel, appena conclusa, sarà a Montreal nel 2016. Il tema della mostra è «Il viaggio creativo». Waibl si recò alla fine degli anni Sessanta negli Stati Uniti, dove fu apprezzato come portatore della cultura europea. Quando rientrò in Italia venne visto come l’americano in Head Office IFARC Sagl Via Canova 18 6900 Lugano CH - Switzerland Laboratory c/o Punto Franco Chiasso Via Magazzini Generali 14 6828 Balerna CH - Switzerland il m.a.x. museo in una foto di Gian Paolo Minelli. Progetto degli architetti Pia Durisch & Aldo Nolli, premio SIA Ticino, 2007 Europa. Da qui l’idea di mettersi in connessione con l’Ecole du Design di Montréal che ha avviato studi e ricerche sui grafici europei in America. L’8 ottobre viene inoltre inaugurata a Roma la mostra su Luigi Rossini all’Istituto Nazionale per la Grafica. L’autore, che nacque alla fine del 1700, è l’ultimo grande incisore delle meraviglie di Roma e Pompei prima della fotografia. La sua figura è affrontata anche grazie alla ricerca svolta in Canton Ticino, dove sono conservati alcuni disegni acquerellati, eseguiti per le matrici delle stampe. La mostra, intitolata «Luigi Rossini (1790-1857) incisore. Il viaggio segreto», curata da Maria Antonella Fusco e da me, è stata esposta al m.a.x. museo lo scorso inverno. La programmazione della scorsa stagione era dedicata al viaggio. «Serge Brignoni (1903-2002) artista e collezionista. Il viaggio silenzioso», su uno dei maggiori collezionisti di arte etnica e uno dei maggiori esponenti del surrealismo svizzero, era allestita in due musei (con biglietto coordinato): il Museo delle Culture di Lugano e il m.a.x. museo, dove la mostra faceva parte del filone dedicato ai maestri del XX secolo. Come partecipate alla Biennale dell’immagine? Proponiamo dal 12 di ottobre all’11 di gennaio 2015 una mostra su Werner Bischof, grande fotoreporter della cultura internazionale. Qual è il programma della prossima stagione? Il tema «Trasformazioni» cui è dedicata la biennale caratterizzerà la stagione espositiva del museo. Le trasformazioni intese in senso culturale, artistico, metaforico, fino alla trasformazione del cibo, che ci lega all’Expo 2015 di Milano. Dopo Werner Bischof ci sarà una mostra legata al filone della grafica storica, poi «Daniel Spoerri. Eat Art in transformation», dal primo maggio al 30 agosto 2015, saranno esposte anche le sue grafiche, poco conosciute, che provengono dalla Biblioteca nazionale svizzera di Berna, insieme a sculture, «tableaux-piège» e alle sue ultime opere. Durante l’Expo si terrà anche «La grafica per l’aperitivo. Trasformazioni del brindisi», dal 19 settembre 2015, con opere di Fortunato Depero, Marcello Dudovich, Leopoldo Metlicoviz, Armando Testa e altri. Com’è la sede del museo? Il m.a.x. museo è stato progettato dagli architetti svizzeri Durisch + Nolli ed è il più recente museo pubblico nel Canton Ticino costruito ex novo. È interessante anche come esempio di architettura museale contemporanea. In primavera lo Spazio Officina ospiterà la mostra «Durisch + Nolli. Trasformazioni in area» dedicata alla storia della piazza dove sorgono il Centro Culturale Chiasso, il Museo, lo Spazio Officina e il Cinema Teatro; un luogo di contaminazione creativa e una cerniera fra la cultura svizzera e italiana. Che cos’è lo Spazio Officina? È il secondo spazio espositivo che dirigo, un’autorimessa novecentesca ristrutturata dagli stessi architetti. Qui abbiamo voluto mantenere il sillogismo con l’officina come spazio di azione e sperimentazione. Una mostra dello «street photographer» Beat Streuli documenterà, all’interno della Biennale dell’immagine, i cambiamenti culturali del Canton Ticino segnati dall’arrivo della ferrovia a fine Ottocento e dalla costruzione dell’autostrada cinquant’anni fa, e dalla conseguente nascita di un mix tra cultura mitteleuropea e latina. Quali rapporti intendete stabilire con il pubblico? Il Museo è improntato al dialogo, con le altre istituzioni e con il pubblico. La stessa architettura caratterizzata dalla trasparenza del vetro esprime un’idea di apertura. Del resto la grafica è comunicazione. Sono convinta che il Museo possa contribuire a diffondere una consapevolezza degli aspetti legati alla comunicazione visiva. I laboratori didattici per bambini e ragazzi sono svolti da mediatori specializzati che applicano il metodo Munari con un’esperienza creativa diretta. Organizziamo visite guidate gratuite la prima e l’ultima settimana di ogni esposizione (basta pagare unicamente il biglietto d’ingresso alla mostra) seguite da un aperitivo che stimola l’incontro fra pubblico e direzione museale. Organizziamo anche conferenze serali e aperture notturne, cui ha partecipato Heinz Waibl, 83 anni. Daniel Spoerri sarà presente all’opening, alla messa in scena di un balletto al Cinema Teatro e a una grande cena che ricorderà le performance del «Ristorante Spoerri». m.a.x. museo, Chiasso: «Werner Bischof», 12 ottobre-11 gennaio Tel.: +41 91 682 17 81 Mob.: +41 79 770 76 63 www.ifarc.ch Il Centro, attivo a Balerna, presso il Punto Franco di Chiasso, ha come scopo l’esecuzione di analisi strumentali e chimiche finalizzate allo studio tecnico e materico delle opere d’arte di qualsiasi natura, tecnica ed epoca e naturalmente alla loro conservazione e restauro. Indagini strumentali non invasive ai raggi X, U.V., I.R e con videomicroscopio a fibre ottiche rappresentano, insieme alle analisi chimiche stratigrafiche, il supporto tecnico indispensabile per lo studio storico artistico condotto da esperti individuati di volta in volta in base alle proprie competenze specifiche - e per una corretta valutazione dell’opera. IFARC, nato dalla collaborazione tra Fabrizio e Federico Mion di Aion Masterpieces di Lugano e Anna Rosa Nicola, Nicola Pisano e Roberto Ronco di Nicola Restauri di Aramengo, offre ai propri clienti, siano essi proprietari o acquirenti di opere d’arte di grande rilevanza, un servizio di altissima qualità, affrontando e risolvendo problematiche legate alla contrattualistica, a perizie, valutazioni, assicurazioni, fiscalità internazionale e scelte d’investimento. Negli spazi sorvegliati del Punto Franco, storici dell’arte, restauratori, professionisti in materia legale e fiscale operano con serietà e competenza e con la massima trasparenza nei confronti delle autorità doganali. Vedere a chiasso | 16 ia L’avvocato ha deciso che a Chiasso bisogna fare il restauratore Dopo l’AION Masterpieces, Fabrizio Mion ha fondato IFARC, il primo centro ticinese di restauro all’avanguardia che offre consulenze a domicilio chiasso. Tutto è cominciato da un’opera di Rubens e dalla necessità di eseguire delle radiografie. L’avvocato Fabrizio Mion aveva da poco fondato la AION Masterpieces, una società di management dell’arte (insieme a Federico Mion, economista, e Claudio Metzger, storico ed esperto d’arte) con l’obiettivo di far confluire tre diverse esperienze professionali: gestione, promozione e compravendita delle opere d’arte, spesso oggetto di processi ereditari e di vendita che rendono difficili o vane le scelte in merito, e non facilmente identificabili i canali di provenienza delle opere. A fine 2012 la AION ha presentato a Lugano e ad Ascona una selezione di otto opere di Peter Paul Rubens, e in quell’occasione si è presentata la necessità di eseguire delle radiografie a una di esse. «Volevo far eseguire tutti gli studi e le analisi scientifiche non invasive sull’opera per ottenere le fondamentali informazioni complementari alle expertise soggettive. E mi sono accorto che in Ticino non era facile». È molto chiaro Fabrizio Mion quando racconta la nascita dell’IFARC, Institute for Fine Art Reasearch & Conservation, il centro di ricerca, restauro e conservazione di capolavori che ha aperto a Chiasso lo scorso aprile. Determinante si è rivelato l’incontro con Anna Rosa Nicola e suo marito Nicola Pisano, titolari di un laboratorio di analisi e di restauro attivo da tre generazioni in Piemonte ad Aramengo. I due avevano già curato il restauro di un’altra tela di Rubens in mostra. La reazione di Fabrizio Mion è stata pragmatica e immediata: insieme agli altri due titolari e al presidente Roberto Ronco dell’italiana Nicola Restauri ha fondato IFARC. A Lugano la sede con gli uffici, nel Punto Franco di Chiasso, l’area doganale della città al confine con l’Italia, vi è invece il laboratorio, che qui gode di sicurezza, sorveglianza, connessione immediata con i mezzi di trasporto, rendendo agevole lavorare anche su opere in temporanea importazione. Il laboratorio è composto di una zona per le analisi e una per il restauro. Grazie alla dotazione di strumentazione portatile per l’esecuzione di radiografie e di vari tipi di analisi (ultravioletto, infrarosso, infrarosso a falsi colori, fluorescenza a raggi X, videomicroscopio a fibre ottiche, ecc.), i collaboratori dell’IFARC sono anche in grado di spostarsi al domicilio del cliente. I primi interventi hanno già dato risultati. «Il nostro primo intervento è stato simbolico. Si tratta di un quadro che, grazie alle analisi e alle operazioni di restauro, ha svelato il volto di un’anziana e accollata lavandaia e la firma di un autore olandese sotto il ritratto di una giovane e procace ragazza alla fontana, racconta Fabrizio Mion, in quel momento ho avuto la conferma della grande differenza che esiste fra quello che l’occhio umano è in grado di vedere e quello che non può assolutamente vedere». I risultati scientifici possono essere confrontati con il contenuto delle varie expertise e sono Sopra il porto c’è il castello: è un museo Attività nei laboratori IFARC un indispensabile supporto per lo studio storico-artistico dell’opera, aiutando al tempo stesso i restauratori nella comprensione degli interventi già eseguiti in passato e nella valutazione di quelli ancora da attuare. I responsabili delle operazioni di analisi e di restauro nella sede di Chiasso sono gli stessi titolari della Nicola Restauri, che «si spostano in Ticino per eseguire personalmente ogni fase di lavoro, convinti che in futuro si possa pensare a formare delle figure professionali sul territorio. Del resto presso la SUPSI di Lugano, la Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana, spiega Mion, esiste già un corso di laurea in conservazione e restauro ed è nostro desiderio interagire con le istituzioni cantonali e comunali, oltre che con i collezionisti privati». Intanto all’IFARC, a pochi mesi dall’apertura, sono già state affidate per analisi e restauri numerose opere antiche e contemporanee: per quest’ultime, infatti, la salvaguardia e la conservazione non sono meno importanti. Ci vuole una stanza soleggiata La storia della città è scritta nella fortezza viscontea tra reperti archeologici, antiche tracce portuali ma anche opere di arte contemporanea locarno. Il castello visconteo è il simbolo di Locarno, del suo passato e del suo presente. È una struttura difensiva storica, oggi sede del Museo Civico e Archeologico, e nel secolo scorso del primo museo comunale d’arte della cittadina, dove confluirono opere internazionali del secondo dopoguerra. Molti sono i rimandi storici, a partire dal legame con le grandi dinastie lombarde. La sua costruzione si colloca tra il XIII e il XV secolo, e di tale periodo conserva il cortile rinascimentale. La sua funzione difensiva si interrompe con la caduta dei Visconti e degli Sforza e con il passaggio sotto i confederati elvetici. Nel Museo sono conservati reperti del territorio dalla tarda età del Bronzo al tardo Medioevo, insieme alla collezione di vetri di epoca romana di Emilio Balli. Nel sottosuolo del castello sono emrsi elementi dell’antico porto, ubicato più nell’entroterra rispetto a oggi. Anche le vicende della comunità artistica di Locarno del ’900 sono legate castello, che allora ospitava il primo museo comunale di Locarno, il Museo d’Arte Contemporanea, spostatosi dal 1987 in Casa Rusca come Pinacoteca comunale. Come nel caso del Museo Comunale della vicina Ascona, l’apertura dell’istituzione non fu programmata o imposta, ma scaturì dall’iniziativa degli artisti, che a Locarno furono molti e non solo autoctoni. Tra il 1955 e il 1975 la scena artistica cittadina fu particolarmente vivace. Jean Arp, Hans Richter e Julius Bissier arrivarono nella zona attirati dalle locali colonie di artisti. Julius Bissier chiamò in Ticino lo svizzero tedesco Raffael Benazzi, poi arrivarono artiste come Ingeborg Lüscher, l’inglese Ben Nicholson e l’italiano Italo Valenti. Con l’Italia e con Brera c’era uno stretto legame. Era ed è l’Accademia più vicina, e fu frequentata da Remo Rossi, personalità trascinante, membro della Commissione Federale delle Belle Arti (della quale divenne presidente dal ‘69 al ’79), commissario del Padiglione Svizzero a Venezia dal ’62 al ’72. A Locarno, già dalla fine degli anni ’50, Rossi diede vita (di fianco al suo studio privato ai Saleggi) a un complesso di atelier che divennero il cuore della vita artistica di Locarno. Fu proprio da una delle amicizie nate qui, quella tra Remo Rossi e Jean Arp, che si formò l’idea del museo d’arte. Sulla base dell’importante donazione che i coniugi Arp fecero alla Città, Rossi, nel 1965, si adoperò affinché la città istituisse un Museo per ospitare le opere. Da allora il museo è cresciuto e oggi la Pinacoteca Comunale Casa Rusca ospita più collezioni: il lascito Nesto Jacometti, con dipinti e incisioni di circa 150 artisti; xilografie e legni della donazione di Giovanni Bianconi e le donazioni di Rudolf Mumprecht, di Emilio Maria Beretta e di Rosalda Gilardi Bernocco. Anche la Fondazione Filippo Franzoni ha consegnato in deposito le proprie opere, esposte nel palazzo Casorella che fa parte del complesso museale del castello visconteo, diretto, come la Pinacoteca comunale Casa Rusca e il Museo Civico e Archeologico, da Riccardo Carazzetti. Museo Civico e Archeologico, Locarno Locarno vista da Orselina locarno. La Rada di Locarno è uno spazio non profit per l’arte contemporanea, con una storia pluridecennale di ricerca, esposizione e produzione artistica ed editoriale. Adesso cambia sede e si sposta dalle scuole di Piazza Remo Rossi, che ospiteranno il futuro Palacinema, all’ex centrale telefonica di via della Morettina. Il centro La Rada era stato fondato nel 1996 da Tina Stolz, con l’obiettivo di generare una cultura capace di superare le barriere tra diverse espressioni artistiche, linguistiche, geografiche e nazionali. Innumerevoli le interazioni di La Rada con il territorio ticinese e internazionale (Italia inclusa). L’ultima è una collaborazione con i ragazzi della Sonnenstube, un altro centro non profit: cinque artisti venticinquenni che hanno lasciato il Ticino per frequantare le accademie e si sono dati appuntamento qui per organizzare la programmazione di uno spazio espositivo. Dietro al nome tedesco Sonnenstube, che significa stanza soleggiata, vi sono dei giovani che hanno studiato e hanno lo studio a Milano, Ginevra e Zurigo: Marta Margnetti, Damiano Merzari, Sébastien Peter, Salvatore Vitale e Gianmaria Zanda. Insieme hanno aperto il centro un anno fa a Lugano, a pochi metri dalle gallerie ego e Primae Noctis. Due gli spazi, non lontani, che li hanno ispirati: lo Spazio 1929, basato sul coworking di una decina di creativi, registi e produttori, e l’Artelier, studio personale dell’artista Alex Dorici, ora in mostra alla Buchmann Galerie di Agra. Artelier è in centro a Lugano, a pochi passi da via Canonica, ma era stato a lungo in una struttura ex industriale fuori città. Choisi-one at a time è invece nella città a Lugano: è lo spazio di un’associazione culturale focalizzata sull’editoria d’arte e i libri d’artista e impegnata in una programmazione regolare di mostre ed eventi d’arte contemporanea (nella foto un’installazione di Teres Wydler del 2013 a La Rada, Spazio d’arte contemporanea di Locarno). Vedere a chiasso e locarno | 17 Questa città Lipchitz ritorna! Pinacoteca comunale è costellata di stelle Nella Casa Rusca una grande Un particolare del nuovo edificio della Fondazione Marguerite ArpHagenbach a Solduno-Locarno © Fondazione Marguerite Arp-Hagenbach, Locarno Le fondazioni Arp, Rossi e Jawlensky e le stamperie private disseminate nel locarnese locarno. La presenza degli artisti ha segnato la vita culturale della città, che oggi è costellata di fondazioni private, dedite ad attività di ricerca, promozione ed espositive, e di atelier, aperti all’interazione tra artisti e scrittori come le stamperie d’arte. Le fondazioni sono state create intorno alle figure di artisti locarnesi e internazionali che hanno operato sul territorio. La Fondazione Remo Rossi è dedicata alla figura clou dell’ambiente artistico locarnese del secolo scorso, che aprì i suoi studi agli amici e diede vita al museo d’arte cittadino. La ristrutturazione della sua abitazione fornirà a breve l’opportunità di vedere esposte le circa settecento opere della sua collezione personale, che include opere dei suoi compagni di viaggio, uno fra tutti: Jean Arp. A queste si aggiungono l’archivio fotografico e cartaceo, consultabile dal pubblico, e la sua biblioteca. Negli atelier ai Saleggi, in via Nessi, sono invece conservate le sculture e i gessi, testimonianza dei suoi numerosi interventi d’arte pubblica in Ticino, tra i quali ricordiamo la Fontana della foca a Bellinzona e la statuetta simbolo del Festival del film di Locarno. Anche gli atelier, rimasti inalterati, saranno oggetto di un’opera di restauro, in seguito alla quale saranno aperti a giovani artisti in formazione, come vuole la presidente Diana Rizzi. Al più caro amico di Remo Rossi, Jean Arp, è dedicata la Fondazione Marguerite ArpHagenbach, istituita a fine anni Ottanta dalla seconda moglie dell’artista, che le ha dato anche il proprio nome. La sede è nella casa-studio di Arp, nel quartiere di Solduno, dove è appena stato inaugurato un nuovo edificio, pensato come sala espositiva e come deposito dove conservare l’opera dell’artista, sia visiva sia letteraria. La fondazione custodisce i dattiloscritti delle poesie, una biblioteca con numerose prime edizioni dei suoi libri, fotografie storiche e un’ampia corrispondenza. Nella primavera dell’anno prossimo la Fondazione sarà aperta al pubblico su appuntamento, in orari fissi. Fino ad allora, invece, è riservata ai ricercatori. Il conservatore Rainer Hüben pensa a un allestimento permanente della collezione, che verrà cambiato una volta all’anno in modo da presentare a rotazione tutte le opere di Jean Arp, della prima moglie Sophie Taeuber-Arp e di artisti a lui vicini come Max Ernst e Joan Mirò. Un’altra istituzione privata, dedicata a un artista internazionale trapiantato a Locarno, è l’Archivio Alexej von Jawlensky, diretto dalla pronipote dell’artista, Angelica Jawlensky Bianconi. Quest’anno, per i 150 anni dalla nascita dell’autore russo, avvenuta nel marzo del 1864, è stato organizzato un ciclo di mostre, in collaborazione con Kunstsammlung Chemnitz-Museum Gunzenhauser, Landes-Stiftung Arp Museum Bahnhof Rolandseck, Schloßmuseum Murnau e con il Museum Wiesbaden (che conserva un ampio numero di opere dell’artista), ma la vocazione dell’Archivio rimane la ricerca. Tra fine 2014 e inizio 2015 è prevista una nuova pubblicazione con inediti studi sull’artista, sulle sue tecniche pittoriche e i materiali utilizzati, cui seguirà il completamento del catalogo ragionato. Una delle stamperie di Locarno è l’atelier L’Impressione di Franco Lafranca che si occupa di calcografia e serigrafia. Tra le sue edizioni, «Pagine aperte» è un unico foglio dove si confrontano un artista e uno scrittore e «Leporello» è una pagina piegata a fisarmonica. Con lui hanno collaborano artisti come Franco Mazzucchelli e scrittori come il ticinese Fabio Pusterla. Per Lafranca il foglio di carta è un supporto sul quale esercitare l’arte, ma è anche un tradizionale luogo di scrittura, dove svaniscono i confini tra gli autori, come documentano i racconti lunghi un sedicesimo realizzati da un collettivo di scrittori. A ottobre uscirà il quinto volume. Tra le stamperie Il Salice di Manlio Monti realizza stampa con caratteri in piombo e incisioni e organizza anche corsi aperti al pubblico. Tra le sue edizioni, «Le cartelle nere» (la prossima con Giulia Napoleone e Flavio Paolucci) e la collana di poesie e incisioni «I semi del Salice». Fondazione Remo Rossi, Fondaz. Marguerite Arp-Hagenbach, Archivio Alexej von Jawlensky, Stamperia L’Impressione, Stamperia Il Salice, Locarno Il Palazzo del Pardo locarno. La città del Festival Internazionale del Film sta per avere il suo Palazzo del Cinema, un centro permanente di presentazione e ricerca. I lavori sono appena iniziati, l’ubicazione è centrale, poco distante da piazza Grande. È stato scelto l’edificio delle ex scuole comunali in piazzetta Remo Rossi. L’edificio originale fu progettato da Ferdinando Bernasconi senior a fine Ottocento e successivamente fu ampliato da Silverio Bianda e Respini. Verrà recuperato con il mantenimento delle facciate e delle due ali laterali, l’occupazione dell’attuale corte interna e la sopraelevazione di un piano, venendo a creare un attico dorato. Il progetto è dello studio d’architettura londinese Zaera-Polo. Ospiterà tre sale di proiezione, la sede amministrativa del Festival e il suo archivio cinematografico (attualmente negli spazi dell’Archivio di Stato del Cantone Ticino a Bellinzona) che così potrà essere messo in relazione di fruibilità con la Cineteca nazionale svizzera. Il Palacinema si affaccerà su piazza Castello, sulla quale gravita anche il complesso museale del maniero visconteo. Piazza Castello è il risultato di un intervento di viabilità che ha segnato profondamente negli anni Novanta l’assetto urbano. Differenti architetture cittadine concepite in momenti diversi dell’ultimo secolo sono diventate dei classici contemporanei. C’è il bagno pubblico, uno stabile balneare di matrice razionalista firmato alla fine degli Venti da Ferdinando Bernasconi junior e Ferdinando Fischer. La scuola elementare di Livio Vacchini è degli anni Settanta. Fu progettata avendo come modello la città: le aule come case, ordinate a scacchiera, i corridoi come strade e gli spazi per il gioco come piazze. Di Vacchini è anche la «ferriera» dei primi anni 2000, che, per l’involucro metallico portante perimetrale di tutto l’edificio, ha vinto il Premio europeo per le costruzioni in acciaio (nella foto il Palacinema di Locarno © AZPML - Alejandro Zaera-Polo & Maider Llaguno Architecture, Londra; © Città di Locarno). Palacinema, Locarno Vedere a locarno | 18 retrospettiva sull’artista lituano Lipchitz nel suo atelier a New York locarno. Lipchitz è l’autore dell’imponente scultura che svetta davanti alla facciata della Columbia University a New York. Negli anni Settanta avrebbe voluto trasferirsi a Locarno negli atelier di Remo Rossi e ora ritorna idealmente sul Lago Maggiore grazie alle sue sculture. Fino al 6 gennaio, infatti, la Pinacoteca comunale Casa Rusca dedica a Jacques Lipchitz una mostra retrospettiva. Le opere dell’artista di origini lituane risalgono all’esperienza cubista e delle avanguardie e provengono dal Metropolitan di New York, dalla Tate di Londra e dal Boijmans Van Beuningen di Rotterdam. Oltre a sculture monumentali, bassorilievi e bozzetti, un disegno è il cuore della rassegna. Si tratta di «Ratto di Europa» del 1970, che Lipchitz regalò al locarnese Remo Rossi, in memoria del loro rapporto di amicizia. Una sezione è dedicata al confronto tra le opere dei due artisti sui medesimi soggetti: i bassorilievi «Toro e condor» e «Picador» di Lipchitz e «Contadini e buoi» dello scultore locarnese. Un altro confronto è quello con Jean Arp, presente con due opere dalle quali emerge che «Lipchitz costruisce e Arp modella, Lipchitz interconnette forme e Arp cerca essenze pure», come spiega Kosme de Barañano, che insieme al direttore della Pinacoteca Riccardo Carazzetti ha curato la mostra realizzata in collaborazione con la Marlborough Gallery di New York, accompagnata da un catalogo. Si può ammirare l’intera produzione di Lipchitz, dagli anni della formazione agli ultimi lavori, secondo un ordine cronologico e tematico che documenta le diverse fasi della vita dell’autore, trapiantato dalla Lituania a Parigi per studiare, costretto a fuggire a New York durante la guerra, poi tornato in Europa e in Italia. Nella sezione «immagini italiane» si trovano pezzi realizzati nel 1962, anno in cui affittò uno studio in Villa Bosio a Pieve di Camaiore, nei pressi di Firenze. Fu però negli Stati Uniti, negli anni della guerra e dell’esilio, che la sua carriera raggiunse l’apice. Le sale al primo piano ospitano i bozzetti di questi anni centrali, che testimoniano i suoi interventi di arte pubblica. Tra gli altri, gli schizzi di «Bellerofonte che doma Pegaso», scelto dalla Columbia, quello della scultura monumentale realizzata per il Fairmount Art Park di Filadelfia e quello delle opere per una chiesa nell’Indiana. Non mancano le sculture come «Il governo del popolo», posizionata nella corte del palazzo, e un’opera fusa in America nel 1948, intitolata «Agar». La produzione degli ultimi anni è esposta al secondo piano e termina con l’ultimo monumento «Il nostro Albero della vita» del Monte Scopus di Gerusalemme. A chiudere la mostra sono esposti i ritratti di galleristi quali Albert Skira o Curt Valentin, e quello dell’artista eseguito da Théodore Géricault, che racconta: «Volevo realizzare un ritratto il più realistico possibile, e ho studiato vari documenti e tutti i ritratti già esistenti. Questo è il mio omaggio a un grande artista che ho amato tantissimo». Pinacoteca comunale Casa Rusca, Locarno: «Lipchitz», fino al 6 gen.’15 Sede monolitica per una collezione di coppia Inaugurata lo scorso aprile la Fondazione Ghisla Art Collection ospita su due piani 80 opere dei coniugi Ghisla locarno. Un cubo rosso con una sola apertura verso l’esterno. È la monolitica sede della nuova Fondazione Ghisla Art Collection, inaugurata la scorsa primavera accanto al Casinò, quasi fronte lago, aperta ai visitatori ogni pomeriggio dal martedì alla domenica. All’interno, otto sale espositive su due piani, dove vengono presentate al pubblico 80 delle 190 opere della collezione privata dei coniugi Martine e Pierino Ghisla. Per la primavera dell’anno prossimo hanno già annunciato un nuovo allestimento e un altro catalogo. Com’è nata l’idea di una sede pubblica per la vostra collezione? Cominciava a diventare troppo importante per esporla solo privatamente e per conviverci. Non avevamo molte soluzioni: o venderla o esporla al pubblico. Venderla non potevamo, perché rappresenta una passione troppo lunga. Ogni collezionista condivide la sua passione almeno con un altro collezionista, o con un artista. Perché allora non condividerla con il pubblico? L’arte è cultura per tutti. Chi è geloso non ama la cultura, chi ha creato un’opera l’ha fatto per mostrarla agli altri. Speriamo che altri seguiranno le nostre orme. Non tanto nel possedere. Ma nel condividere. Il «vostro museo che cosa rappresenta per voi? Un giornalista ha parlato della sede come di una «scatola delle meraviglie». Ecco, qui dentro ci sono le nostre meraviglie di trent’anni. Come si è sviluppato il progetto? È cominciato con l’acquisto della casa otto anni fa. Il primo progetto prevedeva di demolirla e di realizzare un edificio importante e innovativo, ma fuori dalla nostra portata a livello gestionale. Dall’acquisto l’idea era di raderla al suolo ma quando siamo entrati nella casa per la prima volta ci siamo resi conto degli spazi. L’edificio sembra nuovo, ma abbiamo adattato quello esistente. Dov’era prima la vostra collezione? Vivevamo in Belgio. Sono mancato dal Ticino per 45 anni, anche se abbiamo sempre trascorso le vacanze a Locarno. A Bruxelles abbiamo una casa grande dove esponevamo le nostre opere. Negli ultimi 5 anni ci siamo permessi di comprare opere più importanti, come «The colossus» di Claire Morgan, proprio perché avevamo in mente questo spazio. Che cos’è cambiato rispetto a tenere le opere in casa? Le vedo e le apprezzo ancora di più. Vengo qui tutti i giorni, spesso accompagno i visitatori. Spiego quello che sento di fronte ai quadri. E quando trovo qualcuno entusiasta, iniziano lunghi scambi. Per me è un piacere. Come scegliete le opere? Ogni volta è un colpo di fulmine, sempre più forte. Quando abbiamo disimballato qui per la prima volta «Bianco» di Agostino Bonalumi del 1967, che non avevamo mai installato prima, mi sono venute le lacrime. Compriamo solo quello che ci emoziona. Ricordo che un gallerista c’invitò per mostrarci un’opera di Antoni Tàpies. Abbiamo preso un aperitivo, conversato a lungo, ovviamente d’arte, ma l’opera che proponeva non ci piaceva per nulla. Uscendo ne abbiamo vista una di Jean-Michel Basquiat che è stata appesa alle pareti di casa nostra per 17 anni. Quando avete iniziato a collezionare? Mio marito era stato al Sablon a Bruxelles. Quando è tornato a A sinistra, i coniugi Pierino e Martine Ghisla (Foto di Fotoearte SA) Qui sopra, la sede di Ghisla Art Collection (Foto di Fotoearte SA) casa mi ha detto che aveva visto un’opera favolosa! Era di Georges Mathieu e da allora ha iniziato a cercare le sue opere, finché ha trovato quella che abbiamo qui esposta. Si parla di trent’anni fa. Ma non è stato così immediato. Prima avevamo sempre comperato paesaggi, poi mio marito è arrivato con il Mathieu. All’inizio non lo capivo, ma a un certo punto non mi piacevano più i nostri vecchi quadri con i paesaggi e le mucche. Un giorno allora Pierino mi ha fatto una sorpresa: con la complicità di un amico gallerista ha scambiato tutti quei paesaggi del XIX secolo per un Christo. Da allora ho sempre amato Christo. Spesso ci sono opere in collezione che piacciono di più a uno di noi e meno all’altro. Il gusto cambia, evolve, credo sia così per tutti. Ciascuno reagisce a modo suo, secondo la sua educazione. Una delle vostre opere è nel parco pubblico di fronte al museo. La collezione ha una casa, ma purtroppo non un giardino. È un peccato, perché abbiamo parecchie sculture. Per l’apertura la città di Locarno ci ha permesso di collocare un’opera di Bernar Venet a tempo indeterminato. Ma non tutte le nostre opere sono adatte a un parco pubblico. Che relazioni avete con la città di Locarno? La Fondazione è privata ed è stata realizzata senza alcun supporto da parte della città. Ora è presto, ma in futuro avranno modo di rendersi conto di quanto abbiamo portato. Fondazione Ghisla Art Collection, Locarno L’Elisarion dell’eterna giovinezza: un Sanctuarium Artis minusio. L’Elisarion ha oggi due identità, una è legata al passato, l’altra all’attualità. Una è quella di Centro Culturale, impegnato in una programmazione continua di mostre ed eventi, l’altra quella di Museo, con l’archivio dedicato ai protagonisti delle cosiddette teorie clariste di Elisàr von Kupffer e Eduard von Mayer. Furono loro a far erigere l’edificio negli anni Venti nel comune sul Lago Maggiore alle porte di Locarno. A pochi metri da esso si trasferì il poeta tedesco Stefan George. A Muralto, un paese vicino, Paul Klee, mentre a Minusio morì nel ’77 Hans Richter. Proprio in questa cittadina i protagonisti delle teorie clariste vollero edificare il tempio della filosofia fondata da von Mayer e dipinta dal compagno e artista Elisàr von Kupffer, come aspirazione a un mondo lontano da caos e oscurità. Si tratta di esperienze legate a quelle di Monte Verità ad Ascona, dove è conservata l’opera principale di von Kupffer, il dipinto monumentale «Il Chiaro Mondo dei Beati», che Harald Szeemann spostò dalla villa rimasta chiusa per una ventina d’anni. Il Centro culturale e Museo Elisarion ha infatti aperto i battenti nel 1981. Il curatore responsabile della programmazione è Claudio Berger, che ogni anno presenta, accanto a un programma di concerti, due mostre: una d’arte contemporanea, in primavera, e una dedicata alla pittura e scultura locarnese, nella stagione autunnale. Wilhelm Schwerzmann è protagonista della mostra che aprirà a metà novembre, curata da Marco Gurtner, membro della Commissione culturale del Comune di Minusio. Lo scultore svizzero creò per l’Elisarion un bassorilievo con impressa in tedesco la frase polemica «I maiali hanno mangiato i frutti dell’albero della vita» e probabilmente anche le colonne in graniglia dell’edificio sono di sua fattura. Egli era, infatti, un esperto nell’utilizzo di tale materiale, che ritroviamo alla base di alcune delle sue sculture di dimensioni ridotte esposte in mostra, come il ritratto di «Winston Churchill» (nella foto). Figurano inoltre opere in legno e modelli in gesso di diverse fontane. A Minusio realizzò due interventi d’arte pubblica, un asino, simbolo del paese, e il portone delle scuole elementari. Numerosi sono i suoi interventi in spazi pubblici in tutta la Svizzera e a Zurigo: fervente pacifista, egli non ebbe paura a ritrarre un politico del tempo come un rinoceronte. Nell’archivio del museo, che è possibile visitare ogni martedì dalle 14 alle 17, sono conservati gli scambi epistolari tra Schwerzmann e von Mayer, oltre a testi, libri, disegni e schizzi di von Kupffer, e una collezione di immagini fotografiche dedicate a san Sebastiano che von Mayer raccolse durante la sua permanenza in Italia. A tutto ciò si aggiunge il Fondo fotografico Elisarion, del quale oltre 900 immagini (lastre, pellicole e stampe) sono già state digitalizzate e pubblicate sul sito con il contributo dell’organizzazione nazionale Memoriav. L’occasione per dare inizio al recupero del patrimonio dell’Elisarion è stata la ricorrenza dei trent’anni dall’apertura, celebrata con una mostra organizzata in collaborazione con l’associazione Pro Elisarion, incentrata su quanto il Sanctuarium Artis ha rappresentato nella sua storia. Centro culturale e Museo Elisarion, Minusio Vedere a locarno e minusio | 19 Fate Vela sui musei Riaprirà in primavera il Museo Vincenzo Vela diretto da Gianna A. Mina ligornetto. Un museo federale, nato oltre 130 anni fa, una casa d’artista e un centro culturale: il Museo Vincenzo Vela è tutte queste cose insieme. Posto a Ligornetto, a pochi metri dal confine con l’Italia, rappresenta, come la gipsoteca di Canova a Possagno, uno dei maggiori esempi di casa museo ottocentesca ed espone permanentemente i modelli delle numerose sculture monumentali che il ticinese Vincenzo Vela, attivo a Torino, realizzò ritraendo i protagonisti del Risorgimento italiano. Quest’anno il Museo è rimasto chiuso per lavori di miglioria di alcuni impianti. L’edificio fu progettato nel 1862 da Cipriano Ajmetti, architetto della corte sabauda, e profondamente ristrutturato a fine anni Novanta dall’architetto Mario Botta. La riapertura è prevista la primavera prossima, con una mostra dedicata ad Adèle d’Affry, scultrice conosciuta con lo pseudonimo di Marcello, nata nel 1836 a Friburgo: coordinata dal Museo federale, si svolgerà in quattro tappe che inizieranno a novembre al Musée d’art et d’histoire Fribourg (MAHF). Il Museo, che organizza progetti di mediazione culturale, visite guidate, concerti e attività per le scuole, ha mantenuto il coinvolgimento del suo pubblico anche durante il periodo di chiusura, ospitando sotto il pergolato della foresteria una serie d’incontri dal titolo «Aggiungi un posto al Vela». Inoltre ha appena pubblicato un nuovo numero della collana «Saggi sulla scultura», dedicato alle committenze della famiglia lombarda d’Adda, di cui beneficiarono i fratelli Lorenzo e Vincenzo Vela. Su «La Pizia» di Marcello, 1880 ca © Musée d’art et d’histoire Fribourg. Foto di Primula Bosshard questo tema è stata anche organizzata una mostra in collaborazione con il comune di Arcore presso Villa Borromeo d’Adda, tutt’ora in corso. L’idea di museo allargato è da anni promossa dalla direttrice Gianna A. Mina che ha risposto alle nostre domande. Come descrive Vincenzo Vela? È stato anzitutto un grandissimo artista, indubbiamente uno dei massimi scultori di metà Ottocento. Impegnato politicamente; è stato un idealista dal temperamento risoluto, poco incline ai compromessi: un personaggio vissuto a cavallo dei confini nazionali, abilissimo nell’intrecciare fruttuosi legami con le cerchie aristocratiche antiaustriache e al contempo attento ai bisogni dei meno fortunati tra i suoi concittadini. Ma fu anche vittima della storia e della mutata situazione politica postunitaria, che lo costrinse a far rientro in Ticino; questa condizione lo rende più moderno ai nostri occhi. Generoso, sebbene non del tutto disinteressato, il suo straordinario dono alla cittadinanza svizzera tramite il lascito testamentario del figlio Spartaco della spettacolare casa-museo e delle cospicue collezioni ivi raccolte. Ancora oggi questo è un luogo di forte suggestione, dove, per prendere a prestito le parole di un visitatore, «la storia riposa». Come mantenete i rapporti con il vostro pubblico? Il Museo Vincenzo Vela è nato come luogo d’incontro, il suo stesso fondatore lo aprì al pubblico nel lontano 1881. Interpretare un luogo che ha una storia e che nasce dalla volontà di un artista-donatore, significa comprenderne la visione. Vela fu un artista «pubblico», abituato al confronto, desideroso che la sua residenza una volta pubblica diventasse scuola d’arte o museo, luogo di celebrazionema anche di formazione. Oggi non è più tempo di celebrazioni, ma senza un’apertura a 360 gradi sui pubblici più diversi, questo scambio resterebbe incompleto. La scelta di visitare il nostro museo richiede una precisa volontà, data la nostra ubicazione appartata. Forse nasce proprio da questo avvicinamento non scontato, addolcito dal bellissimo parco che lo circonda, il punto di forza di questa istituzione, legittimata dai suoi visitatori e dalla coerenza dei suoi progetti, dedicati soprattutto alla riscoperta di scultrici e scultori meritevoli. Lei dimostra di avere una nozione molto precisa di cosa deve essere un museo. Esistono numerose pubblicazioni dedicate alla definizione di museo e non si contano i convegni sul tema. L’ICOM formula una definizione completa, sebbene piuttosto «tecnica» e il rischio di formulare delle banalità è alto. Preferisco fare riferimento al loro insieme, alla comunità dei musei, di cui esistono innumerevoli tipologie, anche curiose, che incontro nella mia funzione di presidente dell’Associazione dei Musei Svizzeri. I musei sono garanti di diversità culturale, un bene prezioso e raro, perseguono compiti importanti per la civiltà quali la conservazione del patrimonio e la promozione della creatività. Generano conoscenza e producono sapere: sono dei formidabili strumenti di decifrazione del mondo attuale attraverso il confronto con il passato. Spazi ove ci viene concesso il privilegio della contemplazione e del confronto con noi stessi. Museo Vincenzo Vela, Ligornetto, dalla primavera 2015 L’artista è un licantropo Nel Museo di Mendrisio la monografica dell’eclettico cittadino del mondo Not Vital «Il Toffus» di Not Vital Vela ncenzo a i V o e s irà Il Mu to riapr t e n r o g a Li 15 20 marzo la.ch .ch useo-ve www.m la @ bak.admin cenzovela e in .v v o o e e mus mus k.com/ faceboo 81 30 40 84 T. +41 5 mendrisio. Il Museo d’arte di Mendrisio ospita l’artista svizzero Not Vital con una personale visitabile fino all’11 gennaio, ultimo capitolo di una serie di monografiche dedicate negli ultimi dieci anni a personalità di rilievo ticinesi e svizzere. Le opere esposte sono sculture, dipinti, fotografie e lavori grafici e rendono conto dell’eclettismo di Not Vital. La mostra è intitolata «Il pavimento di cucina della mia nonna» ed è curata da Simone Soldini e Alma Zevi. In contemporanea Not Vital partecipa fino al 22 novembre alla Busan Biennale «Inhabiting the World (abitare il mondo)» a cura di Olivier Kaeppelin nella Corea del Sud con l’opera «Tongue (lingua)». Nel 2001 aveva partecipato alla Biennale di Venezia nella «Platea dell’umanità» invitato da Harald Szeemann. Not Vital è nato nel Cantone Grigioni, nella Bassa Engadina dove si parla la lingua romancia, a Sent, cittadina confinante con l’Italia e l’Alto Adige immersa nelle Alpi. Il suo lavoro si è sviluppato accogliendo variegate influenze da tutto il pianeta, dal Niger, dove risiede, alla Cina, dove ha uno studio, da Roma, dove ha studiato, a Lucca, che ama visitare e dal Cile all’Africa, alla Patagonia. I suoi campi d’interesse si estendono dalla manualità artigianale alla cultura, dalla mitologia alla storia, dalle convinzioni ideologiche alla natura. Egli si nutre di citazioni colte in tutto il mondo, in particolare in Occidente. Ma nelle sue opere egli non si sente più un uomo occidentale, bensì «Mezzo uomo e mezzo animale», come ricorda il titolo di un film a lui dedicato. In Niger, in un’oasi nel deserto a nord di Agadez, tra il 2000 e il 2007, Vital ha perfino realizzato edifici scultura: una scuola (dove la forma piramidale è fruibile dai bambini sia internamente che esternamente), un cinema, un osservatorio astronomico e una serie di abitazioni in cui uomo e opera d’arte si fondono con la natura circostante. Museo d’arte, Mendrisio: «Not Vital», fino all’11 gennaio Vedere a ligornetto e mendrisio | 20 Quei doni d’amore sono uno sfoggio di ricchezza Nella Pinacoteca Züst i dipinti ticinesi del XIX secolo e una mostra sulla condizione della donna nell’antichità rancate. Giovanni Züst collezionava oggetti antichi (che affidò all’Antikenmuseum di Basilea e all’Historisches Museum di San Gallo) e dipinti di arte ticinese e lombarda che donò al Cantone nel 1966. Nell’anno successivo vi fu la costituzione della Pinacoteca che reca il suo nome, nell’edificio di Rancate, adattato su progetto di Tita Carloni, con lo scopo di ospitare tali opere. La sede è stata rinnovata nei primi anni Novanta dall’architetto Claudio Cavadini e ospita sia opere permanenti, in particolare dei ticinesi Giovanni Serodine e Giuseppe Antonio Petrini e del pittore locale del XIX secolo Antonio Rinaldi, sia mostre temporanee. La Pinacoteca cantonale Giovanni Züst inaugura il 12 ottobre «Doni d’amore» una mostra sul periodo tardogotico e rinascimentale, curata da Patricia Lurati (fino a metà gennaio). L’attenzione della curatrice si è rivolta anche al valore sociale degli oggetti, scelti in modo da definire il ruolo femminile tra XIV e XVI secolo. Si tratta infatti di doni offerti alle donne nei momenti salienti della loro vita: il fidanzamento, il matrimonio e il parto. Queste tre tappe danno luogo a tre sezioni caratterizzate da simboli e messaggi, come la stretta di mani sul grembo materno evocata dai cofanetti. Anche le figure dei donatori, prima il padre, poi il fidanzato e quindi il marito, segnano il mutare dei legami della ragazza con la propria famiglia d’origine e il passaggio di tutela. Accomunano gli oggetti la ricercatezza della fattura e la preziosità dei materiali, che rendono fede del clima sociale da cui derivano, famiglie benestanti che attraverso tali doni ostentano ricchezza e potere. Un ulteriore livello di lettura è proposto dagli accostamenti di gioielli, tessuti e oggetti a dipinti che rappresentano scene d’epoca. Opere e oggetti in mostra provengono da collezioni ticinesi, come quella della città di Lugano, e da musei svizzeri, tra cui il Musée cantonal des Beaux-Arts di Losanna, il Musée d’art et d’histoire di Ginevra e la Zentralbibliotek di Zurigo. Numerosi prestiti provengono anche da musei italiani: la Galleria degli Uffizi di Firenze, la Pinacoteca di Brera, il Museo Civico Medievale di Bologna, il Museo di Castelvecchio di Verona, il Museo Internazionale delle Ceramiche di Faenza, ai quali si aggiungono prestiti da collezioni internazionali come la Thyssen-Bornemiza che presenta una testa di martora in cristallo di rocca con smalti e rubini nella sezione dedicata alla nascita. Le opere esposte sono documentate in una pubblicazione. L’interazione tra ambiti culturali differenti sarà anche alla base della mostra sull’Ottocento, curata da Matteo Bianchi il prossimo autunno, che analizzerà i rapporti tra dipinti, scrittura e lettura: il libro, simbolo d’istruzione, la Bibbia, nesso con la religiosità, e le lettere d’amore, evasione dalla realtà. Le opere in mostra sono svizzere, con Albert Anker e Adolfo Feragutti Visconti, e italiane, (Francesco Hayez, Giuseppe Pellizza da Volpedo, Umberto Boccioni). I ritratti di Francesco Sforza e Bianca Maria Visconti eseguiti da un pittore lombardo nel 1480 ca Pinacoteca Züst, Rancate: «Doni d’amore», dal 12 ottobre a metà gennaio Le carte di una figlia d’arte mendrisio. La carta non è soltanto un semplice supporto, ma può diventare la base di forme espressive differenti, come dimostra Gabrielle-Dominique Rondez, fondatrice dello Spazio d’Arte Stellanove, che espone incisioni, serigrafie, disegni, libri d’artista e opere letterarie, attingendo alla tradizione locale di stamperie d’arte, e ad artisti italiani di nascita o formatisi in Italia. Rondez estende il confronto con l’ambiente della Svizzera tedesca e francese, dove il disegno dagli anni ’70 è un campo di ricerca prediletto dagli artisti. L’attenzione di Gabrielle-Dominique Rondez per la carta ha una radice nella sua stessa origine, essendo la curatrice del fondo di Armand Rondez, suo padre, pittore e incisore zurighese al quale aveva dedicato l’apertura della galleria, nel 2006, a 20 anni dalla scomparsa. La prossima mostra, dal 12 ottobre al 16 novembre, è della romana Giulia Napoleone (nella foto una sua opera) con presentazione di Carole Haensler Huguet e Matteo Bianchi. Il percorso è alquanto articolato, le differenti modalità espressive sono esposte in luoghi diversi si retrocede dalla produzione recente agli anni Novanta. Nello Spazio d’Arte Stellanove sono esposti i pastelli eseguiti dal ’97 al ’99 per il ciclo «Al mutare dell’ora» e due libri d’artista: «Il buio e il petalo», del ’73, con incisioni per poesie dello scrittore nato a Mendrisio Alberto Nessi, e «Tempi innocenti», che ripropone un libro della stessa artista del 1980, in una versione pubblicata recentemente con un testo di Yves Peyré e un prologo di Matteo Bianchi e Catherine Leite. La mostra prosegue poi nel vicino Atelier Josef Weiss, uno spazio dedicato alla stampa e alla rilegatura d’arte. Qui sono esposti altri libri d’artista di Giulia Napoleone: «Nero», composto di disegni a inchiostro accompagnati da una selezione di versi tratti dal «De rerum natura di Lucrezio». Infine, nelle vetrine di un negozio dismesso in Piazza del Ponte a Mendrisio è possibile ammirare recenti pastelli su carta di grandi dimensioni. Spazio d’Arte Stellanove, Mendrisio: «Giulia Napoleone», dal 12 ottobre al 16 novembre GIULIA NAPOLEONE Libri e Carte 12 ottobre - 16 novembre 2014 STELLANOVE Spazio d’Arte Via Stella 9 CH - 6850 Mendrisio Tel. +41 91 646 23 64 +41 79 386 75 56 [email protected] www.stellanove.ch Orari durante le mostre: giovedì 15-19 sabato 10-17 domenica 10-14 o su appuntamento Vedere a mendrisio | 21 Un uomo di valle e quella frana spaventosa Giovanni Bianconi e Gianfranco Bonetti in mostra nel Museo Pellanda biasca. Un uomo di valle. Così Marco Gurtner, direttore dei servizi culturali del Comune di Biasca, definisce Giovanni Bianconi, xilografo, pittore, poeta dialettale ed etnografo, nato a Minuso a fine ’800 e vissuto fino all’inizio degli anni ’80, figura fondamentale per la comprensione del paesaggio rurale del Ticino. Il Centro culturale e Museo Casa Cavalier Pellanda gli dedica una mostra dal 25 ottobre al 25 gennaio. In cinque sale del palazzo rinascimentale che da cinque anni ospita l’istituzione comunale e nella Bibliomedia della Svizzera italiana sono esposte 130 opere della Donazione Giovanni Bianconi, conservata dalla Pinacoteca comunale Casa Rusca. Si tratta di xilografie, suddivise dal curatore Gurtner per tematiche: dai ritratti agli autoritratti, dai soggetti faunistici ai paesaggi. La passione di Bianconi per la natura l’ha portato anche a essere etnografo e a realizzare migliaia d’immagini fotografiche, uno strumento Un’opera di Gianfranco Bonetti prezioso per comprendere i territori extra urbani del Cantone, la realtà contadina e alpina, i villaggi e le vallate, il fondo valle e gli insediamenti in quota. Bianconi testimoniò il fenomeno di spopolamento che ha investito i paesi ticinesi (e non solo). In occasione della mostra, la Bibliomedia della Svizzera italiana a Biasca ospita la sera del 25 ottobre un incontro sulla poesia dialettale dell’autore. Il Museo presenta inoltre una rassegna su Gianfranco Bonetti, nata come coda di un omaggio a Giovanni Testori iniziato lo scorso anno in occasione dei 20 anni dalla morte e dei 90 dalla nascita. Lo spunto è dato dalla grande passione di Testori per tre artisti, Giacometti, Bacon e Varlin; sono esposti una serie di ritratti di questi artisti eseguiti da Bonetti, insieme ai suoi dipinti, incisioni, carte e documenti. Accompagna il progetto un libro «Da Grünewald alla grande Triade testoriana: Giacometti, Bacon, Varlin», con un saggio di Stefano Crespi e un testo di Giovanni Testori. Per l’autunno prossimo è prevista una mostra storica. Cadrà la ricorrenza dei 500 anni dalla tragedia della Buzza di Biasca, un’alluvione che sconvolse la vallata fino al Lago Maggiore e causò una frana di dimensioni estese che si riversò sull’incrocio tra le vallate. L’ostruzione formò un lago che ruppe questa diga naturale e un’immane massa d’acqua investì tutto il territorio a valle per chilometri, alterando l’assetto geografico e culturale di questa via di transito attraverso le Alpi. Centro culturale e Museo Pellanda, Biasca: «Giovanni Bianconi», dal 25 ottobre al 25 gennaio 2015 Centro culturale e Museo Centro culturale e Museo Casa Cavalier Pellanda Pellanda Casa Cavalier Biasca Biasca Gianfranco Bonetti 1947 - 2007 Una modernissima architettura di Peter Märkli ospita le opere di Hans Josephsohn giornico. Si va all’osteria del paese, ci si fa dare la chiave e si entra da soli. Così si visita il Museo La Congiunta, dedicato allo scultore zurighese Hans Josephsohn. Una fruizione intima e personale che esula da qualsiasi schema di visita tradizionale. All’interno sono esposti permanentemente i suoi rilievi e le sue sculture. La successione è cronologica e si articola lungo tre spazi consecutivi che presentano, rispettivamente, sei grandi rilievi realizzati negli anni ’50, otto altorilievi datati tra il 1960 e il 1970, e tre statue. La struttura in conglomerato di cemento che funge da involucro del museo si staglia sui prati verdi della bassa Val Leventina, e appare come una drop sculpture, una scultura catapultata dal cielo. È un’opera dell’architetto Peter Märkli, che l’ha realizzata nel 1992 su commissione della Fondazione istituita alla morte di Josephsohn. L’architetto era un suo grande amico e spesso gli aveva chiesto opere per i suoi edifici. Il Museo sorge tra il fiume Ticino e la ferrovia, a Giornico, un villaggio che vanta importanti testimonianze del passato: fu infatti uno snodo per l’attraversamento del passo del San Gottardo situato sull’antica via Francigena, come ricordano la quattrocentesca chiesa di San Pellegrino e la chiesa di San Nicolao, quest’ultima monumento di rilevanza nazionale e uno dei più importanti esempi di architettura romanica del Ticino. Nei paesi alpini del Ticino vi sono molte chiese di elevato interesse storico e artistico. A Brione Verzasca, per esempio, c’è la chiesa parrocchiale di Santa Maria Assunta, con importanti affreschi altogotici di stile giottesco, fondata probabilmente alla fine del 1200. E a Bellinzona la collegiata rinascimentale dei Santi Pietro e Stefano. Nel comune di Lavizzara in Vallemaggia un cilindro in pietra di Mogno è la chiesa progettata da Mario Botta nel 1987 in sostituzione dell’antica chiesetta seicentesca, distrutta da una valanga. Nel territorio di confine si fa cultura di contrabbando Giovanni Bianconi 1891 - 1981 Silografie dalla «Donazione Giovanni Bianconi» (Collezione Città di Locarno, Pinacoteca Casa Rusca) 25. 10. 2014 - 25. 01. 2015 me-sa-do 14:00 -18:00 / ve 16:00 -19:00 La mostra con le silografie di Giovanni Bianconi viene estesa presso: Bibliomedia della Svizzera italiana, Biasca 25. 10. 2014 - 25.01. 2015 lu-ve 8:30 - 11:30 / 13:30 - 17:00 info: [email protected] Vedere in canton tICINO | 22 Chiedete le chiavi in osteria e restate soli con le sculture Museo La Congiunta, Giornico: «Hans Josephsohn» Da Grünewald alla grande Triade testoriana: Giacometti, Bacon, Varlin Dipinti, incisioni, carte e documenti Gianfranco Bonetti «Giovanni Testori a Zurigo» Incisione,1981 Il Museo La Congiunta Si fa contrabbando di cultura, ma non è import export di opere d’arte e nemmeno è la migrazione delle gallerie italiane verso la Svizzera raccontata dalla giornalista della RSI Radio della Svizzera Italiana, Monica Bonetti. «Viavai. Contrabbando culturale SvizzeraLombardia» è un programma di scambi tra le due nazioni, che proseguirà fino ad aprile e coinvolge 19 progetti, curatori come Barbara Fässler e Noah Stolz e numerose istituzioni e organizzazioni attive nell’ambito delle arti visive, della musica, della danza, della performance e del teatro. La Fondazione Monte Verità di Ascona interagisce con MACAO-Centro per le Arti di Milano, il Tatro San Materno di Ascona con il Teatro Out Off milanese, il Museo Cantonale d’Arte di Lugano con il Museo MAGA di Gallarate. Nel progetto intervengono DOCVA, Viafarini e CAREOF, università e accademie come Brera e la SUPSI di Lugano, case editrici, come l’italiana Marcos y Marcos e la ticinese Edizioni Casagranda, la Fondazione Rolla con mostre a Como e a Bruzella. I progetti si svolgono in diverse sedi tra Ticino e Lombardia, tra Milano e Zurigo. L’iniziativa è della Fondazione svizzera per la cultura Pro Helvetia (che già in passato aveva creato programmi di scambio con le regioni della Francia e della Germania confinanti con la Confederazione Elvetica) in partenariato con i cantoni Ticino e Vallese, la città di Zurigo e la Ernst Göhner Stiftung. Questa edizione dedicata all’Italia vuole anche essere un percorso di avvicinamento all’Expo, integrando le interazioni già in atto tra i due Paesi grazie alle sedi dell’Istituto Svizzero a Roma e Milano, nelle quali Salvatore Lacagnina è responsabile del programma artistico. Ci sono poi i movimenti degli artisti, da nord a sud per frequentare le accademie italiane nonché il flusso opposto verso gli atelier di Remo Rossi a Locarno (nella foto una produzione delle Edizioni Casagrande © Edizioni Casagrande). Tutte le mostre da vedere in Canton Ticino Lugano Biblioteca Salita dei Frati Porticato salita dei Frati 4/a www.fogli.ch Smens. Rivista di xilografia Opere di Gianfranco Schialvino e Gianni Verna realizzate per la rivista Smens. 11 ott. ➤ 15 nov. Fondazione Extrafid via Canova 9 +41 91 9119011 www.extrafid.ch/fondazione.aspx Biascart Personale di Biscart, nome d’arte di Ivano Biasca. ➤ 31 ott. Museo Cantonale d’Arte via Canova 10 +41 91 815 7971 www.museo-cantonale-arte.ch Bramantino. L’arte nuova del Rinascimento lombardo L’itinerario culturale ed espressivo di Bartolomeo Suardi, detto il Bramantino, è ripercorso attraverso una sequenza cronologica inedita e presenta opere restaurate per l’occasione. ➤ 11 gen. 2015 Mario Marioni Parte di una serie di mostre per la valorizzazione della collezione permanente, questa esposizione punta l’attenzione sull’opera grafica dell’artista nato a Milano da padre ticinese, e tornato a vivere nel Ticino. ➤ 2 nov. Annaïk Lou Pitteloud Nata a Losanna nel 1980, l’artista si è fatta conoscere per i suoi video e lavori fotografici sul ruolo dei media; le sue opere più recenti invece si collocano sul versante dell’arte concettuale. 22 nov. ➤ 11 feb. 2015 Premio Kiefer Hablitzel 2014 Come ogni anno la Fondazione Kiefer Hablitzel seleziona una decina di artisti svizzeri under 30, che esporranno agli Swiss Art Awards a Basilea. 14 dic. ➤ 15 feb. 2015 Museo d’Arte Lugano Villa Malpensata, Riva Caccia 5 +41 58 8667214 www.mda.lugano.ch Hans Richter. Il ritmo dell’avanguardia Con 200 opere tra pitture, disegni, fotografie, film, libri e riviste, la mostra ripercorre l’intera carriera di questo artista del XX secolo che ha trascorso gran parte dei suoi ultimi anni in Ticino. ➤ 23 nov. Museo delle Culture Heleneum, via Cortivo 24-28 +41 58 8666960 www.mcl.lugano.ch Il Giappone dell’800 nelle diapositive colorate della Collezione Perino Il visitatore è trasportato nell’atmosfera piena di luce e di colori del Giappone di fine Ottocento, grazie a un centinaio di opere, tra diapositive in vetro, fotografie all’albumina e cromolitografie. ➤ 25 gen. 2015 Arte aborigena contemporanea. La Collezione Knoblauch Una serie di oltre cento opere tra sculture e dipinti su tela selezionati nelle principali aree di produzione dell’Australia offre una panoramica sull’arte contemporanea aborigena. ➤ 6 gen. 2015 Museo Wilhelm Schmid Brè, contrada Prò 22, +41 58 866 69 10 Arté - Grand Hotel Villa Castagnola au Lac piazza Emilio Bossi 7 www.villacastagnola.com Fabian Vogler Sculture in acciaio inox, bronzo, argilla e gesso dell’artista di Amburgo classe 1977. ➤ 22 nov. Wilhelm Schmid. Opere Selezione di opere di Wilhelm Schmid, dai capolavori del periodo della Nuova oggettività degli anni Venti e Trenta alle straordinarie vedute del villaggio di Brè e dintorni. ➤ 26 ott. Spazio -1 Central Park, Riva Caccia 1 +41 58 866 7214 Pink. Collezione Giancarlo e Danna Olgiati. Arte dalle avanguardie del XX e XXI secolo Si rinnova anche quest’anno la proposta espositiva che vede protagoniste oltre 140 opere della Collezione Olgiati di alcuni fra i più importanti artisti internazionali delle avanguardie del XX e XXI secolo. ➤ 7 dic. Buchmann Lugano via della Posta 2 +41 91 980 08 30 www.buchmanngalerie.com Véronique Arnold Nella sede cittadina della Buchmann è esposta l’opera «Et ces moutons, si doux, dévorent les humaines» realizzata da Véronique Arnold per la mostra «Seguire il filo del discorso». ➤ 18 ott. Ciriaca+Erre Per la nuova performance dal titolo «In/Significant - I’m in silence», l’artista italiana Ciriaca+Erre rimarrà in silenzio per 366 ore e coinvolgerà lo spettatore in un gesto intimo e ancestrale. 25 ott. ➤ 21 dic. Choisi - one at a time via F. Pelli 13 +41 91 922 00 38 www.choisi.info Hiroyuki Masuyama In mostra il video dell’artista giapponese intitolato «Bloom» e realizzato nel 2006 nell’ambito del 12mo Festival Culturescape Tokyo 2014. Per oltre quattro settimane l’artista ha fotografato la fioritura di 24 fiori. ➤ 18 ott. Kengiro Azuma In concomitanza con il 12mo Festival Culturescape Tokyo 2014 di Basilea, viene presentato il libro d’artista «La forma del vuoto», eseguito da Azuma nel 2008 in 55 esemplari. 22 ott. ➤ 22 nov. Jakub Nepraš Curata da Larissa Galler, l’esposizione è incentrata su un’opera di Nepraš proveniente dalla Collezione di Artphilein Foundation. 29 nov. ➤ 10 gen. 2015 Cortesi Contemporary via Frasca 5 +41 919214000 www.cortesicontemporary.ch Great Expectations: il senso del futuro nell’arte degli anni ’60 Curata da Marco Meneguzzo, la mostra analizza l’atmosfera di grande aspettativa sul futuro vissuta da una generazione di artisti venuta alla ribalta negli anni Sessanta. ➤ 22 nov. De Primi Fine Art SA piazza Cioccaro 2 +41 91 9234833 www.deprimi.ch Agostino Bonalumi Le opere dell’artista italiano nato nel 1935, ne ripercorrono l’intera carriera sino agli anni Novanta. 10 ott. ➤ 23 nov. Doppia v via Moncucco 3 +41 91 966 0894 www.galleriadoppiav.com Manuel Archain L’artista argentino, nato a Buenos Aires nel 1983, presenta le sue scenografie irreali, sviluppate iniziando a lavorare nello studio della madre, l’artista Silvina Viaggio. ➤ 28 nov. ego gallery via Canonica 9 +41 79 280 40 53 www.egogallery.ch MP5 L’artista romana MP5 presenta in galleria l’opera permanente realizzata sulla facciata di una casa del quartiere: uno degli interventi urbani promossi da ego gallery. 24 ott. ➤ 29 nov. Hitnes Personale dedicata all’artista che ha già esposto la scorsa estate nella collettiva «Mal d’Africa», insieme ad altri nomi della street art su cui si concentra la galleria. 5 dic. ➤ 24 gen. 2015 Galleria Canesso piazza Riforma 2 +41 91 6828980 www.galleriacanesso.ch Pier Francesco Mola Dopo essere stata nella sede parigina della galleria, arriva a Lugano l’opera dell’artista ticinese Pier Francesco Mola (attivo in Italia) intitolata «Satiretto che beve da un cannello». 10 ott. ➤ 15 nov. Photographica Fine Art via Cantonale 9 +41 91 9239657 www.photographicafineart.com Silvio Wolf. Present perfect Lo spazio della galleria è pensato come un unico percorso visivo ed esperienziale attraverso cicli di lavoro che riflettono sulla percezione dell’immagine. ➤ 14 nov. Primae Noctis Art Gallery +41 91 922 20 03 www.primaenoctis.com Soly Cisse Personale dell’artista senegalese che ha partecipato alla rassegna «Africa Remix» esposta nel Mori Museum di Tokyo, nella Hayward Gallery di Londra e nel Centre Pompidou di Parigi. 9 ott. ➤ 9 nov. Sonnenstube Offspace via Luigi Canonica 12 www.diesonnenstube.ch Fen La collettiva rientra nel programma della 9a Biennale dell’immagine e presenta le opere di Florian Bessler, Sandro Pianetti, Gabriel Stöckli, Vera Trachsel e Gianmaria Zanda. 31 ott. ➤ 15 nov. Spazio 1929 via Ciseri 3 +41 91 911 97 00 www.spazio1929.ch Otto Pfenniger La mostra, parte del programma della 9a Biennale dell’immagine intitolata «Trasformazioni», è dedicata a Luca Capuano e Otto Pfenniger. 17 ott. ➤ 1 dic. Studio Dabbeni corso Pestalozzi 1 +41 919232980 www.studiodabbeni.ch Luca Frei Quarta personale dedicata dalla galleria all’artista luganese del 1976, residente in Svezia. 10 ott. ➤ 6 dic. Theca Gallery via Pessina 13, www.theca-art.com Ohya Masaaki Prima personale in Svizzera del giapponese Ohya Masaaki dal titolo «Nature: Beyond time and space», a cura di Monica Anziliero e Alice Tegazi. ➤ 2 nov. Agra Buchmann Galerie via Gamee +41 91 980 08 30 www.buchmanngalerie.com Seguire il filo del discorso In mostra l’opera di Alberto Garutti dal gruppo «Matasse», una nuova serie fotografica di Marco D’Anna intitolata «Visibilio» e due installazioni di Alex Dorici. ➤ 23 dic. Ascona Centro Monte Verità Salone Balint +41 91 785 40 40 www.monteverita.org Anatta. Lo spirito del Monte Verità Il fotografo tedesco Christof Klute, prima dei lavori di restauro degli edifici sul Monte Verità, ha immortalato l’aura del luogo. ➤ 31 ott. Fondazioneo Epper Via Albarelle 14 +41 91 791 19 42 www.inrete.ch/2/museoepper.htm Il Ticino di Alis Guggenheim Alla fine degli anni Trenta Alis Guggenheim fa un viaggio in Ticino: è amore a prima vista; nel 1942 si stabilirà definitivamente a Muzzano. ➤ 2 nov. Museo Comunale d’Arte Moderna via Borgo 34 +41 91 7598140 www.museoascona.ch Luigi Russolo al di là della materia La mostra, curata da Mara Folini, Anna Gasparotto e Franco Tagliapietra, presenta 50 opere, tra dipinti, disegni e grafiche del periodo simbolista, protofuturista, futurista e moderno. ➤ 7 dic. Bellinzona Castello Sasso Corbaro +41 91 825 21 31 www.bellinzonaturismo.ch/it/ castelli/sasso-corbaro.aspx Il ritorno dei Visconti In mostra le ricchezze del Ducato di Milano che dominò in Ticino: tessuti, gioielli, armature, monete, quadri, tavole e arazzi del periodo visconteo sforzesco. ➤ 11 nov. AlpTrasit e la porta del Ticino L’esposizione fotografica di Nicola Demaldi documenta i lavori di perforazione del progetto Alptransit. MACT/CACT via Tamaro 3 +41 91 8254085 www.cacticino.net Stéphane Zaech La poetica dell’artista svizzero si fonda sui principi puri della pittura, di cui egli sperimenta generi quali il ritratto e il paesaggio. ➤ 9 nov. Valter Luca Signorile La mostra presenta la sintesi dei molti temi attorno cui l’artista piemontese lavora da anni. ➤ 8 feb. 2015 Museo in Erba piazza Buffi 8 +41 91 8355254 www.museoinerba.com Oh, Cézanne! Nel museo rivolto ai bambini e ai ragazzi delle medie e dei licei, il percorso espositivo presenta una passeggiata interattiva fra i cavalletti del pittore francese Paul Cézanne. ➤ 22 feb. 2015 Biasca Centro culturale e Museo Casa Cavalier Pellanda via Lucomagno 14 +41 91 862 30 31 www.casapellanda.ch Gianfranco Bonetti Mostra accompagnata dalla pubblicazione con saggio di Stefano Crespi e uno scritto di Giovanni Testori intitolata «Da Grünewald alla grande Triade testoriana: Giacometti, Bacon, Varlin». ➤ 25 gen. 2015 Giovanni Bianconi La mostra dell’artista, poeta ed etnografo presenta una selezione di xilografie dalla Donazione Giovanni Bianconi della Collezione Città di Locarno-Pinacoteca comunale Casa Rusca. ➤ 25 gen. 2015 BrUZELLA Fondaz. Rolla-Rolla.info via Municipio +41 774 74 05 49 www.rolla.info Visioni Parallele-Zone Condivise Fabio Tasca indaga l’area lungo l’autostrada A9, mentre Giuseppe Chietera si concentra sulle periferie di Locarno. ➤ 12 feb. 2015 CABBIO Museo etnografico della Valle di Muggio Casa Cantoni +41 91 690 20 38 www.mevm.ch La scoperta del Monte Generoso Il mutamento del paesaggio alpino dallo sviluppo del turismo ai progetti edilizi degli ultimi decenni del secolo scorso, alle norme di protezione della montagna. ➤ 2 nov. Cantoni Ticino e Vallese - Zurigo Regione Lombardia Sedi varie Un esteso programma di scambi tra Svizzera e Italia che proseguirà fino ad aprile coinvolgendo diciannove progetti e ancor più numerose istituzioni e organizzazioni. Viavai-Contrabbando Culturale ➤ 7 apr. 2015 capolago Casa d’Arte Miler piazza Duttweiler +41 91 9947192 www.miler.ch La grande bruttezza Organizzata nell’ambito della 9a Biennale dell’immagine, la mostra presenta le opere di Enrico Minasso. 6 nov.. ➤ 13 dic. Chiasso 9a Biennale dell’immagine La 9a edizione della manifestazione dedicata a fotografia e arti visive analizza la trasformazione del territorio del Canton Ticino e si allarga ad altre sedi e città, tra cui Lugano. (Per l’elenco completo degli eventi vedi p.15) 12 ott. ➤ 11 gen. 2015 m.a.x. museo via Dante Alighieri 6 +41 91 695 08 88 www.centroculturalechiasso.ch Werner Bischof. La trasformazione dell’immagine Nell’ambito della 9a Biennale dell’immagine il m.a.x. museo presenta una mostra antologica del fotografo svizzero Werner Bischof (1916-1954), a sessant’anni dalla sua scomparsa. 12 ott. ➤ 11 gen. 2015 Spazio Officina via Dante Alighieri 4 +41 91 695 08 88/95 www.centroculturalechiasso.ch Beat Streuli: Chiasso. Città di confine Nell’ambito della 9a Biennale dell’immagine Streuli è stato invitato a produrre un video che offre un’immagine nuova della città di frontiera. 12 ott. ➤ 11 gen. 2015 Una veduta del lago di Lugano Trasformazioni del territorio. Foto svizzere anonime in archivi pubblici e privati Selezione di immagini inedite sulle strade nazionali, sull’autostrada A2 e sulle ferrovie 12 ott. ➤ 11 gen. 2015 «Di nuovo Gottardo» BSI Art Collection Fotografie diJohn Davies, Alberto Flammer, Gian Paolo Minelli, Gabriele Basilico, Mimmo Jodice e altri. 12 ott. ➤ 11 gen. 2015 Cons Arc/Galleria via Gruetli 1 +41 91 683 79 49 www.consarc.ch Promising Bay Nella galleria che ha ideato in collaborazione con l’Ufficio Cultura del Comune di Chiasso nel 1996 la Biennale dell’Immagine, presentate le opere fotografiche di Georg Aerni. 12 ott. ➤ 20 dic. Galleria Mosaico Via Bossi 32 +41 79 446 83 09 Trasformazioni Con l’omonimo titolo della 9a Biennale dell’immagine di cui il programma fa parte, la mostra presenta opere di Ramona Banfi, Tommaso Donati e Marta Malinverni. 12 ott. ➤ 22 nov. CORZONESO Fondazione Archivio Donetta Casa Rotonda +41 91 871 12 63 www.archiviodonetta.ch Dentro il paesaggio Opere omaggio alla Valle di Blenio nelle immagini d’inizio ’900 di Roberto Donetta e alla fotografia storica come fonte per lo studio dei mutamenti del paesaggio. ➤ 12 ott. Locarno Pinacoteca comunale Casa Rusca piazza S. Antonio +41 91 7519871 www.locarno.ch Jacques Lipchitz La mostra dedicata allo scultore di origini lituane offre nelle 12 sale di Casa Rusca una panoramica della sua produzione dal 1911 al 1972. ➤ 6 gen. 2015 Ireneo Nicora Installazione multisensoriale sul tema della vanitas, sviluppato nell’arte a partire dal Seicento sotto forma di nature morte arricchite da elementi allusivi. ➤ 6 gen. 2015 Fondazione Ghisla Art Collection via Ciseri 3 +41 91 751 01 52 www.ghisla-art.ch Ghisla Art Collection Nelle otto sale espositive su due piani sono allestite ottanta delle centonovanta opere della collezione privata dei coniugi Martine e Pierino Ghisla. ➤ 4 gen. 2015 LOTTIGNA Museo storico etnografico della Valle di Blenio +41 91 871 19 77 www.museodiblenio.vallediblenio.ch Ghiacciai ieri, oggi e domani Uno sguardo sul possibile aspetto di un ghiacciaio nel 2100 accanto a una carta topografica dell’era glaciale che mostra l’immagine del paese 20mila anni fa. ➤ 2 nov. Melano Artrust via Pedemonte di sopra 1 +41 91 6493336 www.artrust.ch Carl Walter Liner Nell’anno in cui ricorre il centenario della nascita del pittore svizzero, più di 60 opere affrontano il linguaggio informale e naturalistico in un percorso incentrato sull’uso dei colori. 11 ott. ➤ 16 nov. Mendrisio Accademia di Architettura Via Turconi +41 58 666 59 10 biblio.arc.usi.ch Acque, infrastrutture e memoria Parte del programma della 9a Biennale dell’immagine, l’esposizione presenta una selezione di documenti fotografici tratti dall’archivio dell’ingegner Augusto Rima di Locarno (1916-2003). 15 ott. ➤ 2 apr. 2015 Museo d’arte di Mendrisio piazza San Giovanni 41 91 6403350 museo.mendrisio.ch/it/home.html Not Vital Dello scultore svizzero sono presenti una serie di sculture (alcune di grandi dimensioni), fotografie, dipinti e lavori grafici. ➤ 11 gen. 2015 Meride Museo dei fossili del Monte San Giorgio via Peyer 9 +41 91 640 00 80 www.montesangiorgio.org Naturalia Parte del programma della 9 Biennale dell’immagine, l’esposizione presenta l’artista Francine Mury. 8 nov. ➤ 11 gen. 2015 Stellanove Spazio d’Arte via Stella 9 +42 91 646 23 64 www.stellanove.ch Giulia Napoleone Mostra dell’artista romana Giulia Napoleone presentata da Carole Haensler-Huguet e Matteo Bianchi, con pastelli su carta e libri d’artista. ➤ 16 nov. Minusio Centro culturale e museo Elisarion via Simen 3 +41 91 743 66 71 www.minusio.ch/elisarion Wilhelm Schwerzmann Per la serie «Pittura e scultura nel Locarnese», presentate le opere dell’artista svizzero che realizzò numerosi interventi d’arte pubblica, anche a Minusio e per il Sanctuarium Artis Elisarion. La mostra è chiusa dal 15 dicembre al 15 gennaio. ➤ 22 feb. 2015 Montagnola Museo Hermann Hesse 41 91 993 37 Torre Camuzzi www.hessemontagnola.ch Hermann Hesse illustrato da Sighanda L’artista Sighanda ha illustrato i luoghi luganesi descritti nel Klingsor. ➤ 1 feb. 2015 Rancate Pinacoteca cantonale Giovanni Züst piazza della Chiesa parrocchiale +41 91 816 47 91 www.ti.ch/zuest Doni d’amore Selezione di oggetti datati tra il XIV e il XVI secolo, che venivano offerti alla donna per celebrare il fidanzamento, il matrimonio e il parto. 12 ott. ➤ 11 gen. 2015 Il Fascino della modernità Nell’ambito della 9a Biennale dell’immagine sono esposte le prime immagini della ferrovia del Gottardo di Adolphe Braun 12 ott. ➤ 11 gen. 2015 Riva san vitale Sala Patriziale al Torchio piazza Grande www.cittadiniperilterritorio.ch Laveggio Organizzata nell’ambito della 9a Biennale dell’immagine, la mostra presenta le opere di Carlotta Zarattini 16 ott. ➤ 26 gen. 2015 Sala Palazzo comunale piazza Grande www.cittadiniperilterritorio.ch Ritratti metropolitani #72. From B to Y #25 Organizzata nell’ambito della 9a Biennale dell’immagine, la mostra presenta le opere di Matteo Fieni. 15 nov. ➤ 23 nov. Sonogno Museo Val Verzasca Casa Genardini +41 91 746 17 77 www.museovalverzasca.ch I Fratelli Neri tra finzione e realtà Fatti di cronaca dell’Ottocento hanno ispirato gli autori de «I Fratelli Neri» (1941) Lisa Tetzner e Kurt Kläber, immersi nell’ambiente ticinese. La mostra è in collaborazione con il Museo Hermann Hesse di Montagnola. ➤ 25 ott. Stabio Museo della civiltà contadina del Mendrisiotto piazza Maggiore +41 91 641 69 90 www.stabio.ch/museo-dellacivilta-contadina.html Lungo il binario Mendrisio-Stabio L’esposizione rientra nel programma della 9 Biennale dell’immagine e presenta le opere di Giovanni Luisoni. 4 ott. ➤ 11 gen. 2015 Ex Stabilimento Balneare Sociale ai Bagni Stabio via Piazzolo/piazza Maggiore +41 91 6024500 L’odore della brace spenta La mostra organizzata nell’ambito della 9a Biennale dell’immagine presenta le fotografie di Martino Giovanettina. 25 ott. ➤ 7 dic. Vedere in CANTON TICINO | 23 Museo Comunale d’Arte Moderna Orari d’apertura via Borgo 34 CH-6612 Ascona tel.: +41 (0)91 759 81 40 fax: +41 (0)91 759 81 49 [email protected] 14 settembre - 7 dicembre 2014 Martedì - Sabato 10.00 - 12.00 / 15.00 - 18.00 Domenica e festivi 10.30 - 12.30 Lunedì chiuso Il museo Nato nel 1922 su iniziativa degli artisti residenti ad Ascona, il Museo Comunale D’Arte Moderna di Ascona fin dalle sue origini vantava le opere dei rappresentati dei movimenti più significativi del ‘900 internazionale (realismo, simbolismo, espressionismo e astrattismo) - con opere di Marianne Werefkin, Alexej Jawlensky, Arthur Segal, Paul Klee e tantissimi altri, che formano oggi la Collezione comunale. Il museo custodisce e valorizza inoltre le opere della Fondazione Marianne Werefkin, della Fondazione Uli e Richard Seewald e dei Fondi dedicati a Carl Weidemeier (architetto del Teatro San Materno) e alla danzatrice sacra Charlotte Bara. Il Museo alterna, alle mostre permanenti della collezione comunale e delle fondazioni, quelle temporanee, che trovano spesso affinità o relazione con la storia culturale del territorio, in particolare con quella della colonia di Monte Verità. Museo Comunale d’Arte Moderna Ascona, foto Roberto Buzzini la Mostra La mostra “Luigi Russolo al di là della materia” in corso al Museo... fino al 7 dicembre, si articola attorno all’ultima produzione pittorica dell’artista degli anni Trenta e Quaranta, attraverso una chiave di lettura che vede nella ricerca “dello spirituale nell’arte” una costante in tutta l’attività artistica del futurista Russolo - dalle prime grafiche simboliste a quelle pittoriche proto- futuriste, passando per quelle futuriste e di “ritorno all’ordine” sarfattiano degli anni Venti, per finire con quelle tarde “classico moderne”, dichiaratamente a carattere mistico-esoterico. Quando il poliedrico Russolo (pittore, musicista, inventore di strumenti e compositore rumorista), si ritira volontariamente nel suo eremo di Cerro a Laveno sul lago Maggiore e si rivela filosofo coltissimo nello scrivere il suo trattato “Al di là della materia” (che ha dato il titolo alla mostra), ricco di letteratura “sapienziale” - che risale fino al presunto egizio Ermete Trismegisto (punto di contatto della tradizione esoterica occidentale e di quella orientale), per spaziare poi nella tradizione vedica dello Yoga, in quella magico-alchemica, in quella teosofica, fino alla più attuale antroposofia steineriana. Libro iniziatico, nella forma del dialogo, che ci propone una concezione cosmogonia, animistica del mondo, dove l’artista-vate si pone mediatore tra Cielo e Terra. Le sue opere esprimono così paesaggi assoluti, così veri da sembrare irreali, ora vibranti di colori forti ed espressivi, ora lievi di diafane gradazioni in divenire. Nelle foto, dall’alto, Luigi Russolo, «Aurora boreale», 1938, olio su tela, 60x91cm, Lugano, collezione privata. Luigi Russolo «Compenetrazione di case + luce + cielo», 1912, olio su tela, 100x100 cm, Kunstmuseum Basel, foto Kunstmuseum Basel, Martin P. Bühler.