tutta l`arte da vedere da OttOBre a dICeMBre

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tutta l`arte da vedere da OttOBre a dICeMBre
Supplemento a «Il Giornale dell’Arte» n. 346 OTTOBRE 2014
Museo Castello San Materno Ascona, Fondazione per la cultura Kurt e Barbara Alten, fotografia FotoStudio1 Ascona
vedere IN
CANTON TiCINO
il giornale dell’arte
umberto allemandi & C.
N. 2, OTTObre-DICEMBRE 2014
tutta l’arte da vedere da OTTOBRE A DICEMBRE
Un catalogo firmato Allemandi
non è un catalogo qualsiasi
AMBASCIATA D’ITALIA A PARIGI
ROSSO FIORENTINO
Ritorno in Francia|Retour en France
UMBERTO ALLEMANDI & C.
Un catalogo firmato Allemandi:
non costa di più
vale il doppio
Per informazioni e valutazioni: Umberto Allemandi & C. SpA | Via Mancini 8 | 10131 Torino | Tel 0118199111 | Fax 0118193090 | [email protected]
Che bel futuro avrà il Ticino
(se darà più importanza alla cultura)
Giovanni Carmine
© Sommerakademie, Zentrum Paul Klee, Berna
Il curatore di arte contemporanea di origine ticinese Giovanni Carmine
diagnostica l’isolamento ma anche le reali possibili espansioni del cantone italofono
Non ancora 40enne, Giovanni Carmine, direttore
della Kunst Halle di San Gallo, è stato il curatore del
Padiglione della Svizzera nell’ultima Biennale di Venezia
e nella precedente Biennale, curata da Bice Curiger, era stato
coordinatore artistico e co-curatore del catalogo. In Svizzera
è membro della Commissione Federale delle Belle Arti.
È nato nel Canton Ticino, a Bellinzona, da cui è partito da
quasi vent’anni, ma rimane perfettamente consapevole
dell’identità sospesa tra nord e sud di questo Cantone,
l’unico della Svizzera situato interamente nel versante
meridionale delle Alpi e l’unico che mantiene l’italiano come
lingua ufficiale esclusiva.
Lei come definisce il Canton Ticino?
Una terra di passaggio, o di frontiera, incastrata tra due culture
completamente diverse. Questa bipolarità lo rende un posto
interessante e al tempo stesso un luogo sempre alla ricerca di una
propria identità specifica. È un problema del Ticino, che invece di
riconoscersi nel bipolarismo, vuole essere qualcos’altro. È molta la
gente che passa, arrivando sia da nord che da sud; da questi passaggi
nascono esperienze interessanti. Le iniziative locali non sono sempre
all’altezza, sono talvolta caratterizzate da provincialismo, un vero
peccato visto il grandissimo potenziale di un luogo molto apprezzato
all’esterno, anche per il paesaggio selvaggio. In Ticino ci sono persone
e spazi ancora liberi di grande interesse: essi sono una miscela
potenzialmente esplosiva della quale il cantone potrà gradualmente
avvantaggiarsi.
Quali sono le reali prospettive per l’arte in Ticino?
In fase di ridefinizione. Seguo la scena artistica ticinese da lontano
e non sono coinvolto professionalmente nei suoi cambiamenti, ma
nel Canton Ticino ho le mie radici. In generale, però, mi sembra
che permanga un gusto tendenzialmente conservatore. In questo
momento, con la nascita del LAC, c’è la possibilità di aprirsi a nuovi
formati, a nuovi tipi di mostre e a nuovi nomi. La scena è abbastanza
piccola, ma molti privati stanno cominciando a uscire allo scoperto
e ciò crea un dinamismo da cui spero nasceranno nuove iniziative.
Alcune sono già nate: lo Spazio -1, della Collezione Olgiati, a Lugano, e
la Ghisla Art Collection, a Locarno.
Quali cambiamenti apporterà il LAC?
Sono molto curioso di vedere quali saranno gli sviluppi, perché, come
dicevo, il potenziale territoriale è grande. È importante che a livello
politico si comprenda che la cultura è fondamentale per la definizione
di una società. Non si tratta solo di un asset necessario per il turismo.
Manca da parte della politica il sostegno incondizionato alla cultura
e spero che il LAC aiuti a far capire che invece proprio la cultura,
specialmente l’arte, è il motore dell’innovazione.
Che cosa vuol dire essere un territorio di passaggio
per l’arte?
Sia di stanzialità che di passaggio. Storicamente ci sono intellettuali che si
sono ritirati qui, proprio perché il Canton Ticino è decentrato rispetto alle
capitali dell’arte, dove trovare la concentrazione è più difficile. Penso alla
colonia del Monte Verità, uno spazio libero e utopico in cui provare nuovi
modelli di vita. Oggi molti attori ticinesi dell’arte, soprattutto giovani,
non si fermano sul territorio, che offre poche possibilità. È un male, ma è
normale, perché oggi l’arte non si definisce a livello locale.
Quali artisti rappresentano il Ticino fuori dalla
regione?
Sono davvero pochi. I più conosciuti fanno parte della vecchia
guardia, come Niele Toroni e Felice Varini. Tra i più giovani possiamo
citare Luca Frei, ticinese che vive in Svezia. È andato via molto tempo
fa e sta facendo una carriera internazionale. Nelle accademie d’arte
svizzere ho recentemente incontrato molti nuovi giovani con una
grande voglia di emergere. Vedremo che cosa succederà.
Non è chiaro se nel Cantone si stia configurando
una scena giovane e indipendente.
Ci sono iniziative, ma estemporanee. Spesso i giovani cercano di
legarsi alla scena off della Svizzera tedesca: una strategia importante
per instaurare legami con il resto della nazione. In Ticino l’ambiente
è troppo piccolo e manca un’accademia d’arte. I giovani devono
spostarsi per avere più possibilità.
E dove si spostano gli aspiranti artisti?
Verso Milano e Bologna, molti verso la Svizzera francese, a Ginevra
e Losanna, dove spesso rimangono. La tendenza è comunque andare
dove si ha facilità linguistica, almeno per i primi anni, per poi
spostarsi un po’ ovunque, in Olanda, Germania, Inghilterra.
Che ruolo ha il Ticino nel panorama svizzero, in Italia
e a livello internazionale?
All’interno del panorama svizzero è assai isolato. La Svizzera tedesca
e francese sono attente a ciò che succede in Ticino, ma dall’altra
parte del Gottardo, l’offerta è talmente ampia che si trasforma
in concorrenza spietata. Da Basilea s’impiega meno tempo per
raggiungere una metropoli come Parigi che una piccola città come
Lugano. Lo stesso Canton Ticino si sente sganciato. Esempio ne è il
fatto che nelle votazioni spesso qui le scelte politiche vanno in un’altra
direzione rispetto al resto della Svizzera. Per un fattore prettamente
culturale il Ticino è più legato all’Italia, me sono reso conto, quasi
vent’anni fa, quando mi sono spostato per studiare nella Svizzera
francese e tedesca. A livello europeo credo invece che il Ticino sia
visto come una sorta di mito, legato a figure come quella di Harald
Szeemann. Forse dall’esterno si ha una visione romantica di quello che
è avvenuto. Bisogna ammettere che il Ticino non gioca ora un ruolo
importante né a livello nazionale, né europeo, non ancora almeno. Ma
spero che in futuro cambierà.
Che cosa prevede per il futuro?
Il futuro sarà positivo perché c’è dinamismo. Ci sono nuove iniziative
istituzionali, i privati aprono al pubblico le loro fantastiche collezioni.
Ci sono attori dell’arte importanti in Ticino, che se coinvolti dalle
istituzioni possono giocare un ruolo fondamentale nella cultura del
territorio, aiutandola a connettersi con l’esterno. Questa è la via da
seguire con uno spirito aperto e con sincera curiosità per quanto
accade al di fuori del territorio. q Mariella Rossi
Sommario
lugano
Intervista a Michel Gagnon
e Lorenzo Sganzini per il LAC 4
Intervista ai coniugi Olgiati 4
Intervista a Lara Calderari
sul restauro del Bramantino 5
Mostra del Bramantino
nel Museo Cantonale 6
6
Hans Richter nel Museo d’Arte Five Gallery 6
Intervista a Saverio Repettto
di De Primi Fine Art 7
Gli anni ’60 da Cortesi Contemporary 8
PARADISO
Libreria Art... on paper AGRA
Intervista a Elena Buchmann
della Buchmann Galerie
6
7
MONTAGNOLA
Fondazione Böhmer 8
Sighanda nel Museo Hermann Hesse 9
MELANO
Artrust BELLINZONA
Museo Villa dei Cedri Mact CHIASSO
Biennale dell’immagine Intervista a Nicoletta Ossanna
Cavadini sul m.a.x. museo
Ifarc LOCARNO
Il Castello Visconteo La Rada e gli spazi non profit Fondazioni e stamperie d’arte
Società editrice Umberto Allemandi & C., via Mancini 8, 10131 Torino, tel. 011.8199111 fax 011.8193090
«vedere in canton ticino» è una testata edita da il giornale dell’arte nell’ambito della linea di periodici «Vedere a...»
Claudia Carello, art director
Cinzia Fattori, pubblicità e product manager
(011.8199118 - [email protected])
Mariella Rossi è il curatore ospite
di questa edizione realizzata
con la collaborazione di Jenny Dogliani
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18
19
MINUSIO
Elisarion 19
LIGORNETTO
Intervista a Gianna A. Mina
sul Museo Vincenzo Vela 20
14
14
MENDRISIO
Not Vital nel Museo d’Arte Lo Spazio d’Arte Stellanove 20
21
15
RANCATE
Le mostre della Pinacoteca
Züst 21
BIASCA
Le mostre del Museo Pellanda 22
GIORNICO
Il Museo La Congiunta 22
ASCONA
Musei, castelli e itinerari culturali
10, 11
ad Ascona Luigi Russolo nel Museo
Comunale d’Arte Moderna 10
Lo studio Ana D’Apuzzo 14
Vedere in canton ticino
Umberto Allemandi, direttore responsabile
Franco Fanelli, vicedirettore
Barbara Antonetto, caporedattore
Jacques Lipchitz in Casa Rusca Il Palacinema Intervista ai coniugi Ghisla 9
Pubblicità in Canton Ticino: Valeria Riselli e Francesca Scoto
[email protected] [email protected]
Stampa: Roto3 Industria Grafica Spa Castano Primo (Mi)
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il giornale dell’arte
Il Giornale non risponde dell’autenticità delle attribuzioni
delle opere riprodotte, in particolare del contenuto delle
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Vedere in CANTON TICINO | 3
Un particolare dell’interno del LAC
di Lugano
Foto di Salvatore Vitale
Questo centro
dovrà cambiare
il Ticino
Per Michel Gagnon,
direttore generale, il LAC
sarà un luogo democratico
per le arti e per il pubblico
lugano. Dopo aver diretto la programmazione del più grande
centro di arti performative del Canada, la Place des Arts di
Montréal, Michel Gagnon sarà il direttore generale del
nuovo centro culturale LAC Lugano Arte e Cultura e ha già
idee chiarissime: creare un luogo accessibile in ogni momento.
Come sarà il LAC?
Ci saranno un museo, una sala concertistica e teatrale, uno spazio
che ospiterà eventi di condivisione e partecipazione e diversi altri
spazi. La programmazione del LAC sarà curata da diverse fondazioni
o enti, ognuno con un proprio direttore artistico. Per il Museo d’Arte
è stato scelto Marco Franciolli, per LuganoInScena Carmelo Rifici
e per Lugano Festival Etienne Reymond. Saranno responsabili del
programma, dei contenuti del loro settore e del proprio budget.
Lei che ruolo avrà?
Mi è stata affidata la direzione generale del LAC e il mio obiettivo primario
è che tutte le fondazioni lavorino insieme, in modo coordinato, con una
visione comune e complementare per sviluppare una programmazione
ricca e di alto livello per tutti i pubblici. Lavorerò duro per fare in modo che
la struttura, l’edificio e i servizi che il LAC offrirà, il box office, il sito web e
il marketing funzionino in modo efficiente. Il LAC non dovrà essere solo un
luogo dove si viene a vedere talvolta uno spettacolo, ma un luogo sempre
vivo: questa è la cosa più importante. Dobbiamo lavorare per sviluppare
il rapporto col pubblico. È quello che ho fatto anche a Montréal. Questo è il
modo in cui concepisco un centro culturale. Creerò anche progetti speciali
con questo scopo. Ho un’idea molto precisa: voglio rendere il LAC unico,
con un forte orientamento nazionale e internazionale. L’inaugurazione
nel settembre 2015, pensata e preparata in collaborazione con le diversi
fondazioni ed enti, darà un segnale forte al pubblico, farà capire che il LAC
è davvero un luogo per tutti.
Che cosa c’è di diverso rispetto a Montreal?
Qui si tratta di una start-up, devo costruire qualcosa di nuovo e
definire l’orientamento. A Montréal la struttura esisteva già da 40
anni. Sono due scenari molto diversi.
Com’è arrivato a Lugano?
A Montréal invitavamo gli artisti in residenza. Conoscevo l’attore,
regista e coreografo ticinese Daniele Finzi Pasca e tre anni fa l’ho
invitato a Montréal. L’anno seguente sono venuto a Lugano per la
prima volta nella mia vita per incontrarlo. In quell’occasione ho
visitato per caso il LAC. La scorsa estate la Città di Lugano mi ha
chiamato per discutere di un progetto per il LAC, volevano conoscere
la mia visione: avevamo gli stessi valori. È una bella sfida per me.
Ci sono vantaggi ad avere una visione esterna?
Mi hanno chiamato per la mia esperienza in una grande struttura
come la Place des Arts che ha sette teatri. Lì ero direttore della
programmazione, non direttore generale. Qui non avrei accettato la
stessa carica che avevo a Montréal: per costruire la programmazione,
innanzitutto, bisogna conoscere bene il territorio. Io porto con me
l’esperienza fatta finora e metto a disposizione del LAC l’importante
network internazionale che ho costruito nel tempo e metto tutto ciò a
servizio del LAC e della comunità locale, che deve esserne parte attiva.
Che cosa caratterizzerà il LAC nel panorama svizzero?
La differenza sta nel modo in cui i grandi teatri o centri culturali
sono concepiti. Il LAC, diversamente da altre strutture simili, dà lo
stesso peso alle arti visive, sceniche e alla musica classica. Questo lo
distinguerà.
Che cosa cambierà per il Ticino?
Sarà il principale centro culturale del Cantone, in grado di ospitare
artisti e compagnie internazionali, con l’ambizione di diventare, nel
tempo e sfruttando l’asse nord-sud, un punto d’interesse per tutti.
Sarà importante, soprattutto in una città come Lugano e in una
regione come il Ticino collaborare con le altre istituzioni nazionali e
internazionali, in modo che il LAC sia parte di una rete culturale estesa
che crei valore aggiunto per il territorio.
E in particolare per Lugano?
Come ogni grande progetto, il LAC è stato accolto in maniera
controversa. Quando sono arrivato ne ero a conoscenza, ma ora sono qui
perché ci credo. Anche la Place des Arts è stato un progetto controverso
all’inizio, ma ora non sarebbe più possibile immaginare Montréal senza.
Sono convinto che il LAC rappresenti una possibilità di sviluppo unica
per la città, un grande investimento per il futuro, che con il tempo darà i
suoi frutti anche in termini di ritorno economico e di immagine.
Lac, Lugano Arte Cultura, Lugano, da settembre 2015
Vedere a lugano | 4
Lugano avrà la sua grande piazza
per l’arte, la musica e il teatro
Lorenzo Sganzini, direttore del Dicastero attività
culturali del Comune di Lugano, illustra l’identità del
nuovo centro culturale che inaugurerà a settembre 2015
lugano. L’apertura del LAC Lugano Arte Cultura il prossimo anno si prospetta come un evento epocale
per Lugano e il Cantone. Ne parla Lorenzo Sganzini, direttore del Dicastero attività culturali del Comune di Lugano, già direttore della cultura cantonale e responsabile della Rete Due della RSI, la televisione della Svizzera Italiana.
Per lei e per il governo locale che cos’è il LAC?
Un luogo di creatività e d’incontro delle arti. Uno spazio multifunzionale in grado di accogliere con pari dignità le arti visive, la musica classica,
l’opera e il teatro. Ci sono sovente dei centri culturali che accolgono più contenuti, ma secondo una gerarchia: un museo che ha un auditorium,
un teatro che ospita un museo. Il LAC, invece, è una straordinaria occasione d’incontro e dialogo paritetico tra tutte le discipline artistiche.
Che cosa significa il LAC in particolare per la città, per Lugano?
Il LAC è realizzato in un luogo molto importante per la storia di Lugano. Qui ci sono la Chiesa di Santa Maria degli Angioli, con il grande
affresco del Luini, e un convento secolarizzato nell’Ottocento. Qui è sorto il primo grande albergo della stagione del turismo ottocentesco. E qui,
adesso, nasce il progetto del futuro, che recupera una zona abbandonata da decenni, dalla chiusura dell’albergo. Il LAC è anche un progetto
urbanistico. Il centro culturale, opera dell’architetto Ivano Gianola, inventa una piazza, che sarà la più grande di Lugano, e recupera un
parco alle sue spalle. Due cose rarissime nel centro di una città, dove la tendenza è di riempire gli spazi, piuttosto che di svuotarli. Creiamo un
centro culturale e creiamo spazi pubblici. Il LAC sarà la porta sud di Lugano che si affaccia sul lago, e segnerà idealmente il confine tra i nuovi
quartieri e il centro storico della città. Riguardo ai contenuti, un centro culturale come il LAC è il risultato di una storia di attività preesistenti,
di un fervore culturale con un passato lunghissimo. Pensiamo all’arte: esistono due musei a Lugano, il Museo d’Arte della città e il Museo Cantonale d’Arte, e grazie al LAC saranno fusi in un’unica fondazione, più forte ed efficiente, questo crea le condizioni per un ulteriore sviluppo.
Ritorna l’idea della piazza come luogo d’incontro della città.
Trovo molto bella questa idea della piazza e che sia il nuovo centro culturale a segnare la più grande piazza della città. Questa coincidenza
tra luogo di ritrovo e luogo della cultura è un grande valore.
Come dovrà essere il LAC secondo lei?
La prima cosa da fare è adeguare l’organizzazione culturale. Tra i cambiamenti più importanti c’è il passaggio da una gestione interamente
pubblica alla forma mista pubblico-privata rappresentata dalle fondazioni. In un progetto di questo calibro sono chiamate in gioco una
diversa responsabilità e partecipazione da parte della cittadinanza. Guardiamo al modello dei grandi musei svizzeri: il nostro museo d’arte
è giovane. Il rapporto forte con i privati, fatto di donazioni, di lasciti e di appartenenza delle istituzioni culturali alla città sono cose che
dobbiamo costruire. Abbiamo già segnali positivi. Il più evidente è quello dei coniugi Olgiati, la cui collezione straordinaria s’integrerà al LAC
e questo passaggio è stato possibile soltanto perché c’era la prospettiva di un nuovo museo. Oggi ci sono le condizioni perché i privati escano
allo scoperto e partecipino. I centri culturali rappresentano un luogo di aggregazione e di portatori di contenuti.
Come procedono i lavori, sarete puntuali?
Il cantiere si concluderà entro l’anno, siamo nella fase dei collaudi. Poi da gennaio all’estate verrà preparato per l’apertura di settembre 2015: un’apertura articolata in più settimane, proprio per la pluralità di contenuti, il teatro prima, poi il museo e infine la musica classica. Una grande festa per tutti, perché il LAC vuole essere un luogo culturale aperto al pubblico, alla cittadinanza e sul mondo. Da ottobre 2015 partirà subito la programmazione regolare.
Come immagina il LAC tra dieci o vent’anni?
Indispensabile, irrinunciabile. Un elemento senza il quale Lugano non possa essere immaginata. Oggi a Lugano non c’è luogo attrattivo con
un’offerta culturale di livello internazionale. Non basta il paesaggio. Ci vuole qualcos’altro, anche come attrattore residenziale.
Il LAC ha due assi nella manica
Le opere dei coniugi Olgiati sono la riserva
d’ossigeno del nuovo museo d’arte
lugano. Una collezione
privata si mette a
disposizione della città
e del nuovo Museo del
LAC, emulando una
tradizione svizzerotedesca: è la Collezione
Olgiati, costruita con rigore dagli anni ’80. La raccolta dei
coniugi Olgiati è già nella sua sede permanente, lo Spazio
-1, di fronte al LAC, dove ogni autunno l’allestimento si
rinnova. Quest’anno lo spazio compie 3 anni e lo fa con una
mostra al femminile, «Pink», fino al 7 dicembre. Ne parlano
Giancarlo e Danna Olgiati.
Com’è nata la vostra collezione?
Danna Olgiati (D.O.) Non esiste una collezione che diventi pubblica
che prima non abbia avuto lunghi anni di esperienza privatissima.
Mio marito colleziona da tutta la vita. Io prima di collezionare insieme
a lui sono stata gallerista, specialista di Futurismo italiano. Il progetto
della collezione è nato dopo il nostro incontro, all’inizio degli anni ’80.
Giancarlo Olgiati (G.O.) Collezionavo già da ragazzo, ho
cominciato a 16 anni con un espressionista svizzero, ma la prima
fase interessante è iniziata quando ho conosciuto mia moglie a
una Biennale di Venezia. Arman mi disse: «Qui ci sono davvero
dei futuristi interessanti». All’inizio ho collezionato gli artisti del
Nouveau Réalisme, come amici con un legame privilegiato.
Quali sono i fili conduttori della collezione?
G.O. La collezione si è andata a incentrare sull’astrattismo. Lo snodo
italiano futurista, poi il dadaismo, i russi, fino al suprematismo
e al costruttivismo sono stati i fattori di una svolta fondamentale
per capire non solo l’astrattismo, ma in particolare la riflessione
sull’oggetto, che è diventata il vero e proprio motore per
internazionalizzare la collezione, estendendola anche al dopoguerra.
Come scegliete le opere?
D.O. Abbiamo sempre dato più importanza alla qualità dell’opera
che al nome dell’artista.
G.O. Insieme e con grande curiosità verso un certo tipo di mercato.
È molto importante il rapporto con le grandi gallerie del mercato
primario, sono quelle che assicurano la possibilità di acquistare
opere di rilievo.
Continuate ad acquistare nuove opere?
D.O. Non vendiamo quello che possediamo, la collezione è in costante
aumento. Oggi conta 600 opere.
Com’è iniziata la vostra apertura verso il pubblico?
D.O. È arrivata a un certo punto. La collezione andava mostrata, bene
Ora il Bramantino è sottovuoto
L’intervento di restauro della «Fuga in Egitto» raccontato
dalla responsabile Lara Calderari
lugano. La «Fuga in Egitto»,
dipinta dal Bramantino nel 1515-20
per il Santuario della Madonna del
Sasso a Orselina (sopra Locarno), è
estremamente significativa per il
Canton Ticino ed è stata restaurata
per la retrospettiva sul pittore
lombardo (cfr. p. 6). Ne parla Lara
Calderari, dell’Ufficio dei Beni
Culturali del Canton Ticino.
Che cosa ha reso necessario
l’intervento di restauro?
La volontà di garantire al dipinto le
migliori condizioni di conservazione
durante l’esposizione e al suo rientro
a Orselina. Per prevenire possibili
movimenti degli strati pittorici, in caso di oscillazioni climatiche, il
quadro è stato dotato di una cassa climatizzata, studiata per essere
inserita anche nell’altare del Santuario senza modifiche.
In quali condizioni era l’opera?
Ha subito vari interventi. Quelli di cui abbiamo notizie certe sono del
secondo ’800 e del ’900; in particolare i restauri del basilese Fred Bentz
nel 1917-22 e quelli di Mauro Pellicioli eseguiti a Brera nel 1951-52.
Come avete interagito con i restauri precedenti?
Ci siamo limitati a consolidare la pellicola pittorica e a rimuovere lo sporco
superficiale, riducendo le ridipinture successive all’intervento Pellicioli
descritti in relazioni (che però non recavano l’indicazione dei materiali
utilizzati come ancora non usava all’epoca) conservate presso il nostro
Ufficio cantonale dei Beni Culturali, insieme alle immagini scattate nel
laboratorio di Brera. Copie di queste immagini sono anche nel laboratorio
fotografico di Brera, nel Getty Institute di Los Angeles e nella Fondazione
Zeri di Bologna, ma nel Ticino è conservata la serie più completa.
Come si presenta adesso il quadro?
Ripulito dallo sporco superficiale e da alcune maldestre ridipinture, ha
acquisito un equilibrio di colori e forme che ne permette una migliore
fruizione e valutazione critica. La decisione di non rimuovere le
integrazioni di Pellicioli, mantenendo la vernice di restauro, che smorza
il tono dei colori originali (visibili invece in altre opere in mostra del
pittore), è stata dettata principalmente dalla consapevolezza che si era
trattato di un restauro importante, esteso e ormai storicizzato.
Vi sono state delle analisi preliminari al restauro?
L’intervento è stato preceduto da indagini fisiche (riflettografia
a infrarossi, fluorescenza da ultravioletto, radiografia a raggi
X) e chimiche (prelievi di microcampioni per la realizzazione di
stratigrafie, l’identificazione dei leganti e dei pigmenti utilizzati dal
pittore) che hanno permesso una mappatura dei vari restauri.
Perché quest’opera è tanto significativa per il vostro
territorio?
È un’opera della maturità, in cui il pittore si libera dei retaggi
tardoquattrocenteschi. Ha influito sui pittori della zona, che l’hanno
e in spazi adeguati. C’è stato un incontro con la Città di Lugano,
che ha messo a disposizione questo spazio. Ora è esposta una parte
della collezione, che va dal secondo dopoguerra a oggi. Una sala
permanente è dedicata al futurismo con 1.200 titoli. Continuiamo a
occuparci personalmente della nostra collezione, dagli allestimenti
alle scelte culturali e tematiche.
Quali accordi avete stipulato con la Città?
D.O. e G.O. Abbiamo concesso un deposito di 179 opere, per 6 anni, che
poi proseguirà. Le opere saranno esposte nello Spazio -1, con un turn
over. Quest’anno è stata aggiunta un’opera di Anish Kapoor del 1982,
quando ancora si rapportava all’esperienza di Yves Klein, sono esposte
entrambe. Lo Spazio -1 è dedicato esclusivamente alla Collezione Olgiati,
depositata a condizione che i musei della città si unissero. L’unione era
necessaria e credo che abbiamo contribuito molto fermamente a creare
finalmente nel Ticino il primo museo di base, la nostra kunsthaus.
Avevate già avuto collaborazioni con i musei di Lugano?
D.O. Mio marito ha una lunga storia di collaborazione con i musei
luganesi, in quanto presidente degli Amici del Museo Cantonale. Il fatto
che la collezione sia diventata pubblica era una naturale conseguenza.
Vi saranno altri apporti della vostra collezione al
museo?
G.O. Sarà una base da cui il LAC potrà attingere per le esposizioni
e lo scambio con altri musei. Abbiamo così attuato una mia forte
convinzione, facendo quello che gli svizzeri tedeschi non hanno fatto:
insistere sulla centralità dell’arte italiana invece di essere Parigi centrici
o New York centrici, come il resto delle collezioni svizzere. La nostra
Collezione è un importante complemento del sistema museale elvetico.
preso a modello sin dagli anni ’20 del ’500. Già nel 1625, in una
cronaca del santuario, è valutata tra le più preziose e si parla anche di
molte copie. L’unica nota è una copia antica, un affresco del 1525 ca di
Bartolomeo da Ponte Tresa nella Cappella Camuzio della Chiesa degli
Angeli a Lugano. Giovanni Battista Cavalcaselle negli anni ’70 dell’800
ha dato il via al dibattito scientifico, ma è stato Wilhelm Suida a
inizio ’900 a consacrare la tavola come fondamentale nel percorso del
pittore. Era stata esposta nel 2010 nella Pinacoteca Giovanni Züst.
Chi ha eseguito il restauro?
Sara De Bernardis, per incarico del Servizio monumenti dell’Ufficio
dei Beni Culturali del Dipartimento del Territorio del Canton Ticino,
che ha finanziato l’intervento con la Confederazione Svizzera (tramite
l’Ufficio federale della Cultura) e il Museo Cantonale d’Arte di Lugano.
Bramantino, «Fuga in Egitto», 1515-1520 ca, Orselina, Santuario
della Madonna del Sasso
Mercoledì– Martedì
Domenica 14–18
10–18
Lunedì Chiuso
Bartolomeo
Suardi
detto il
BRAMANTINO
L’arte
nuova del
Rinascimento
lombardo
Museo
Cantonale
d’Arte
Lugano
Via
Canova
10
28
Settembre
2014
11
Gennaio
2015
Spazio -1, Lugano: «Collezione Olgiati»
Vedere a lugano | 5
A Lugano, a Lugano!
Il ritmo di Richter
L’innovatore seguace di Bramante
lugano. Il Museo Cantonale d’Arte dedica fino all’11 gennaio
a Bartolomeo Suardi, detto il Bramantino un’ampia retrospettiva (nella foto il suo «Giove e Mercurio in visita a Filemone e
Bauci», 1490-95 © Rheinisches Bildarchiv, Colonia). Il percorso
parte dalla sua collaborazione con Bramante, da cui prese il
soprannome, e prosegue fino alle opere più tardive, secondo
una successione cronologica innovativa proposta dal curatore Mauro Natale. La produzione di Bramantino è controversa:
molte attribuzioni e datazioni non sono assodate vista anche
la scarsità di documentazione dell’epoca. A renderne più complicata la comprensione sono le innovazioni che il Bramantino apportò agli stilemi figurativi della pittura del suo tempo,
nell’area lombarda, durante la crisi culturale e sociale che
coincide con la caduta dei Visconti e degli Sforza e con l’inizio
dell’occupazione francese. Il Ticino, nel XV secolo sotto il dominio di queste famiglie, ha condiviso lo stesso destino fino al
secolo successivo, quando è passato ai confederati elvetici. Il
Bramantino ha operato sul territorio ticinese, influenzandone
la pittura come testimonia il dipinto «Fuga in Egitto», realizzato
per Il Santuario della Madonna del Sasso a Orselina, sopra Locarno. Tra le altre opere esposte e restaurate vi è la «Madonna
con bambino e santi» della Galleria degli Uffizi, insieme a lavori
provenienti dalla Pinacoteca di Brera e da collezioni internazionali, come l’«Adorazione dei Magi» dal National Museum di
Londra, il «Cristo Risorto» dal Museo Thyssen-Bornemisza di
Madrid e la «Madonna con bambino» dal Museum of Fine Arts
di Boston. La ricerca di Bramantino fu animata da un forte spirito di rinnovamento e maturò anche grazie al contatto con personalità quali Leonardo e Raffaello. Una sezione della mostra
è riservata alla produzione pittorica, scultorea e grafica coeva.
Anche il catalogo è a cura di Mauro Natale. Il 6 e 7 novembre
il museo ospiterà un convegno sugli studi in corso sull’artista,
i cui atti verranno pubblicati.
Museo Cantonale d’Arte, Lugano: «Bramantino», fino all’11 gennaio
lugano. È uno dei protagonisti delle avanguardie
internazionali. Frequentò la colonia del Monte Verità
ad Ascona e trascorse gli ultimi anni a Minusio. In
Ticino, Hans Richter era arrivato da Zurigo, insieme
agli altri Dada. Il Museo d’Arte di Lugano gli dedica una monografica fino al 23 novembre, con 200
opere (nella foto «Dragonfly» del 1943 ©2013 Hans
Richter Estate. Foto Museum Associates/LACMA)
esposte in ordine cronologico, a cura di Elio Schenini
e Timothy Benson. La mostra documenta i diversi approcci, temi, stili e mezzi espressivi sviluppati dall’artista: dipinti, lavori su carta, disegni, libri, foto e film.
Richter è considerato un grande sperimentatore e
nella mostra emergono anche le affinità con gli autori del suo tempo. La mostra
è in collaborazione con il County Museum di Los Angeles e il Centre Pompidou
di Metz, dove è stata già allestita. Numerose sono però le opere aggiunte reperite sul territorio, visto il legame del Ticino con Richter. Provengono da collezioni
locali il «Ritratto Dada», donato nel 1965 da Hans e Marguerite Arp al Comune
di Locarno, «Cello», proveniente dalla Kunsthaus di Aarau e «Blauer Mann», da
quella di Zurigo. Ma è «Rythmus 23» a rappresentare il cardine della mostra,
un dipinto collegato a un’opera filmica omonima, che esprime le vaste modalità
espressive sperimentate dall’artista e che ha ispirato il titolo della rassegna:
«Hans Richter. Il ritmo dell’avanguardia». Questo quadro, come anche «Lokomotiveseele. Visionäres Portrait» del 1916, è di proprietà del Museo Cantonale di Lugano. Si tratta dunque di una condivisione del patrimonio artistico
dei due musei cittadini, che appare un’anticipazione della fusione delle due
istituzioni prevista per il prossimo anno.
Vedere a lugano | 6
paradiso. La cura dedicata alla ricerca di cataloghi, libri d’arte, architettura, fotografia è la
vocazione della Libreria Art...on paper, aperta
con una galleria al piano terra nel 1999 da John
e Daniela Dupuy a Lugano, dal 2006 a Paradiso
dopo un’esperienza avviata nel 1996 nel cuore
di Praga. All’offerta di cataloghi e libri d’arte
moderna, contemporanea e d’antiquariato si
affiancano mostre di grafica e fotografia. Lo
sguardo internazionale, con una particolare
attenzione per l’Est europeo, ha favorito collaborazioni con musei, biblioteche, collezionisti e
studi bibliografici europei e americani. A cataloghi rarissimi, delle avanguardie storiche, dal Futurismo alla Pop art, si affiancano opere di artisti e fotografi mitteleuropei, tra cui Josef Sudek,
Frantisek Drtikol, Jan Saudek, nonché svizzeri,
europei e americani. Le mostre integrano con
le opere i volumi, documentando il percorso di
avanguardie e movimenti d’oltre cortina. Una
ricerca particolare riguarda il rapporto tra arte
e propaganda, con manifesti politici di Picasso,
Miró, Calder, Max Bill, Nuñez. Né mancano libri
illustrati, d’artista, cataloghi di mostre storiche e riviste underground. q Luca M. Venturi
Libreria Art... on paper, Lugano
Museo d’Arte, Lugano: «Hans Richter», fino al 23 novembre
Le inedite proposte del gallerista bocconiano
lugano. «È stato lo stupore che ho provato per il mondo dell’arte contemporanea a spingermi in questa avventura» confessa Igor Rucci: «Arte contemporanea
ed economia sono accomunate dalla loro imprevedibilità». Dopo gli studi alla Bocconi è stato sedotto dal mercato dell’arte e ha
iniziato a frequentare le fiere, a dialogare con i professionisti, ad affidarsi a esperti che potessero guidarlo, finché nel 2013 ha
aperto in centro a Lugano la Five Gallery: «Ho iniziato da solo, poi con un’assistente, e per il futuro sto pensando a un curatore
fisso» spiega. Ha ideato una formula non usuale per una galleria nella quale ha applicato all’arte metodologie del mondo economico: «Considero i grandi maestri un investimento sicuro analogo al rendimento fisso e limitato delle obbligazioni. Gli artisti giovani
possono esplodere o sparire con la stessa probabilità, come i derivati, azzardati, ma sono anche alla base di possibili guadagni
altissimi». Ha cercato di unire la finanza e il mercato dell’arte, stringendo un rapporto speciale con l’acquirente, che all’acquisto di
ogni opera ha diritto, per tre anni, a percepire un rendimento fisso pari al 5% del valore iniziale dell’opera. Insomma, se il mercato
non offre certezze, lui cerca di darne almeno un po’. La Five Gallery ha un pubblico ampio e curioso, talvolta non ancora avvezzo
all’arte, come lo stesso Rucci all’inizio: «Quando mi sono avvicinato all’arte ho percepito un certo senso di elitarismo». La sua
convinzione, invece, è che il collezionista vada coinvolto, aiutato e invitato a tornare: «Spesso, chi ha acquistato un’opera decide di
utilizzare non l’opzione del rendimento fisso, ma lo sconto del 5% su un’altra opera» (nella foto: Not Important, «Illusion», particolare).
Five Gallery, Lugano
Libreria antiquaria e Galleria
via Cattori 5a, 6900 Lugano, Svizzera
Telefono: 0041 91 922 5553
[email protected] - www.artonpaper.ch
L’esca è l’opera o il libro?
Libri: arte - monografie - cataloghi
architettura - design - fotografia
Stampe originali: manifesti - disegni
fotografie originali
«Hans Kammermann
& Felicita Bianchi Duyne»
4-20 settembre 2014
La galleria è un vizio di famiglia
Saverio Repetto dopo la Svizzera ha aperto
anche a Londra cercando artisti in crescita
lugano. È «un vizio di famiglia», scherza Saverio Repetto, direttore di De Primi Fine Art, quando racconta la sua passione lunga
ormai mezzo secolo, che ha adeguato al mutare dell’ambiente artistico, fino alla recente apertura anche di una sede in Inghilterra.
Quando è nata la galleria?
In Svizzera nel 2007 a Lugano. Ma mio papà aveva iniziato negli anni ’60 ad Acqui Terme con la Galleria Repetto e Massucco. Mio fratello ha proseguito
l’attività come Galleria Repetto e ha aperto a Milano Repetto Projects, nel 2012. Entrambi cerchiamo di portare avanti il lavoro di nostro padre.
Che cos’è cambiato?
Il nostro grande cambiamento è stato superare lo status di galleria di provincia, anche se ai tempi l’attività di mio padre era innovativa e pur trovandosi in una cittadina della provincia piemontese era riuscito a lavorare con i grandi artisti del Novecento italiano e a organizzare una serie di mostre
istituzionali di livello. Ora però le abitudini del mercato sono diverse e io e mio fratello, con le gallerie in Italia e in Ticino, ci siamo internazionalizzati,
abbiamo fatto un salto di qualità, e abbiamo allargato la cerchia degli artisti, ora non più solo italiani, ma internazionali.
E ora ha deciso di aprire anche a Londra…
Sì, all’inizio dell’autunno, a Mayfair, la Repetto Gallery. La prima mostra è sulle ceramiche di Lucio Fontana e di Fausto Melotti, un artista,
quest’ultimo, già caro a mio padre, mentre noi manteniamo ottimi rapporti con la figlia. Vogliamo partire con il piede giusto.
Come stabilite i vostri rapporti con i collezionisti?
Non solo con l’attività di galleria ma anche attraverso il web e soprattutto le fiere, dove si incontrano collezionisti nuovi, con cui spesso s’instaura una
relazione basata sullo scambio continuo, sulla frequentazione della galleria, con i quali si rimane in contatto. Così nascono spesso legami duraturi.
Con quali artisti internazionali lavorate, oltre che italiani?
L’attenzione principale va ad artisti quotati e conosciuti in tutto il mondo. Uno fra tutti: Christo. Acquisiamo le sue opere direttamente da lui. Ma
anche l’Italia è una grande fucina di artisti apprezzati oltre confine, e la nostra funzione, visto che abbiamo una relazione privilegiata con l’ambiente
italiano, è quella di proporli sul mercato mondiale. Lo scorso anno all’Armory Show di New York abbiamo presentato Michelangelo Pistoletto e avevamo
già portato Pier Paolo Calzolari. Tutti e due hanno avuto successo oltre le aspettative. Ci occupiamo anche di fotografia, ad esempio di Luigi Ghirri.
Avete con loro relazioni dirette?
Sia con Calzolari che con Pistoletto. Abbiamo la fortuna di trattare artisti viventi, con cui siamo o cerchiamo di entrare in contatto, ma molte
opere arrivano anche dal mercato secondario. Abbiamo scelto di non occuparci del mercato primario e di non lavorare con i giovani artisti.
Con quali criteri scegliete i vostri artisti?
Guardiamo quelli che hanno un potenziale di crescita. Fa parte del nostro ruolo di anticipare il mercato e offrire ai collezionisti opportunità non solo
estetiche ed emozionali, ma anche d’investimento. È necessario un mix di conoscenze. Frequentiamo le fiere e vi partecipiamo, contattiamo i colleghi,
seguiamo le aste. Dobbiamo individuare tra gli artisti bravi quelli che saranno protagonisti di una crescita economica a breve termine, che possiamo
vendere a buoni prezzi e che presto varranno molto di più. Sto seguendo un artista giapponese, Sadamasa Motonaga, e da quando ho iniziato a
tenerlo sott’occhio, i prezzi sono quadruplicati. Farò una sua mostra il prossimo anno. È stato così anche con Yayoi Kusama: le opere che avevo venduto
ora sono quasi inavvicinabili. In questo modo si riesce a conquistare la fiducia dei collezionisti che oggi sono molto preparati e si muovono tantissimo.
Quali vantaggi offre il Ticino?
Il fatto di essere in Svizzera, non tanto in Ticino, rappresenta una garanzia per il collezionista. L’immagine di serietà della Svizzera fa sì che il
cliente paghi ancora prima di ricevere l’opera. Purtroppo la fiducia verso una galleria italiana, e verso l’Italia stessa, è ben diversa.
De Primi Fine Art, Lugano
Veduta della mostra «Seguire il filo del discorso» da Elena Buchmann
© Buchmann Galerie Agra/Lugano, Alberto Garutti, Marco D’Anna. Foto di Rémy Steinegger
Il suo problema
è che si innamora
Divisa tra Agra e Lugano
la gallerista Elena Buchmann
stimola gli artisti a sperimentare
agra. Tony Cragg aveva realizzato una prima serie di
bronzi per Buchmann Galerie negli anni Novanta. Ma la
storia di questa galleria è molto più lunga: quarant’anni,
sempre a stretto contatto con gli artisti, come racconta
Elena Buchmann nello spazio di Agra sulla Collina d’Oro
sopra Lugano, dove l’iscrizione su marmo serpentino di
Alberto Garutti, che fronteggia il verde assoluto del Monte
Generoso, suona quanto mai simbolica: «Tutti i passi che ho
fatto nella mia vita mi hanno portato qui, ora». Insieme a suo
marito Felix ha diretto la galleria a San Gallo, poi a Basilea
e dal ’98 ad Agra.
Che rapporti ha con i suoi artisti?
Sono rapporti che proseguono da anni. Wolfgang Laib mi ha
ora dedicato un disegno perché collaboriamo da 27 anni, ma
ci conosciamo già da 30. Con Tony Cragg dal 1980, con Tatsuo
Miyajima dal ’92. Con tutti gli artisti che tratto il rapporto è
lungo. Non sono interessata a realizzare mostre, il mio obiettivo è
incentivare gli artisti a produrre nuove opere, nuovi cicli e nuove
tipologie. Quando m’innamoro dell’opera di un artista vista in
qualche mostra, lo seguo a lungo prima di contattarlo.
Si innamora ancora delle opere degli artisti?
Sì. Ad esempio adesso di quelle di Alex Dorici e Véronique Arnold. Ogni
artista mi apre un mondo in cui io posso navigare. Véronique mi ha
appena scritto una frase molto poetica: «Sto guardando le rondini».
E io rimango stupita, da questa ragazza così giovane.
›8
Vedere a lugano | 7
Street artist
autorizzati
lugano. Un edificio a
due piani color caffelatte
con una serie di finestre
allineate e un tetto
a due spioventi da
quest’estate ospita una
nuova presenza. Non è la
prima volta che le facciate
di Lugano diventano
scenario per interventi
urbani di street artist:
in passato ci sono stati
Agostino Iacurci, DEM,
Sam3, ora è stato il turno
di MP5, invitata da Valeria
Donnarumma e Giacomo
Grandini della ego gallery
a lavorare nel quartiere
attorno a via Canonica,
in collaborazione con il
progetto del Dicastero
Giovani e Lavoro della
Città di Lugano intitolato
«Arte Urbana Lugano».
Fai Swiss
lugano. Un patrimonio
culturale comune è alla
base della nascita del Fai
Swiss. La fondazione con
sede a Lugano che ora
compie due anni ha lo
scopo di rafforzare i legami
tra la Svizzera e l’Italia e
di promuovere l’adesione
al Fai, Fondo Ambiente
Italiano. Si tratta di
rapporti bilaterali che non
portano solo l’attenzione
elvetica verso le bellezze
dell’Italia e viceversa,
ma che contribuiscono
anche a promuovere
l’idea della cultura quale
bene internazionale e
universale. Finora il Fai
ha fondato tre gruppi di
supporto internazionale:
oltre al Fai Swiss,
esistono dal febbraio
dello scorso anno il Fai
Uk-Italian Heritage Trust
e da oltre dieci anni
l’americana Friends of
Fai. Presidente del Fai
Swiss è Simona Zampa
Garelli, presidenti onorari
sono Mario Botta, Alfredo
Gysi e Marco Solari.
›7
Secondo lei qual è il
ruolo del gallerista
oggi?
Fare il massimo per l’artista
che ci regala la sua arte. Non
si tratta solo di opere da
vendere, è come ci affidassero
i loro figli e noi dovessimo
curarli. È molto bello quando
sentiamo di poter motivare
un artista, ma si deve
conoscere bene il suo lavoro.
Elena Buchmann con Marco
Mi è capitato con Felice
D’Anna Foto di Alberto Garutti
Varini. Stavo preparando
una collettiva sulla luce
e sentivo la necessità di avere anche lui, anche se non sapevo
immaginare cosa avrebbe potuto realizzare. La sua opera è ancora
lì, dopo quattro anni, nello spazio al piano inferiore. Ho spronato
anche Tony Cragg a eseguire nuove opere in vetro a Murano, una
parte delle quali è stata esposta a «Glasstress» a Venezia, e in seguito
in una personale a Cà Pesaro. Era già successo con la serie di bronzi
«Early forms» nel ’92: fino a quel momento non aveva mai lavorato
in quel modo. Una delle ultime opere nate grazie alla collaborazione
di Alberto Garutti: un lavoro studiato a lungo per lo spazio di
Lugano, dieci metri di tela che ruotano su rulli in ventiquattr’ore.
A metà anni ’90 suo figlio André ha aperto una sede
a Colonia e ora a Berlino (dove ospita l’archivio dei
disegni della Tony Cragg Foundation). Mantenete
rapporti professionali?
Ci sentiamo giornalmente. Le opere di William Tucker le ha scoperte
lui. A me erano totalmente sconosciute, ma quando le ho viste da
lui, si è accesa una scintilla.
Recentemente lei ha aperto un secondo spazio
a Lugano.
È uno spazio che ha trovato me, un’unica sala di 36 metri quadrati,
alta quasi 5 metri. L’ho aperto l’anno scorso in primavera e lì
espongo un’unica opera.
Quali collaborazioni ha con le istituzioni pubbliche?
Dal primo di gennaio curo il lascito di Martin Disler, che sarà
oggetto di mostre in gallerie e nei musei. Il Museo d’Arte di San
Gallo ha acquistato tutte le sue sculture in gesso e quando saranno
riordinate e restaurate ci sarà una grande mostra.
La sua galleria produce anche pubblicazioni?
Abbiamo realizzato 52 cataloghi. L’ultimo è un piccolo volume su
Emilio Vedova. Desideravo mostrare le sculture di piccolo formato
che mi hanno molto colpito: non le conoscevo prima, anche se avevo
già lavorato con lui.
Secondo lei sono cambiati oggi i collezionisti?
Sono molto cambiati. Il collezionista sempre più spesso non compra
un pezzo di cultura, non compra per piacere ma per investimento.
Credo la colpa sia dei mass media e delle aste che esaltano solo le
cifre esorbitanti. Invece c’è dell’altro: dal piccolo nasce il grande.
Quali sono i suoi progetti per l’apertura del LAC?
Un anno fa, dopo sei mesi di lavoro, sono riuscita a motivare le
gallerie di Lugano a realizzare un dépliant con elencate le mostre
nelle sedi private e nei musei e ci sono tre progetti che vogliamo
programmare per l’apertura del LAC. Insieme possiamo essere
più forti. A Lugano organizzo «Musica in galleria» con i ragazzi
del Conservatorio della Svizzera Italiana una volta al mese, a
mezzogiorno, nel bar di fronte alla galleria: bisogna prenotare
perché i posti vanno esauriti. Naturalmente continuiamo a lavorare,
tantissimo, in diverse direzioni.
E si diverte?
Sì, mi dà gioia.
Buchmann Galerie, Agra e Lugano
Böhmer nell’era digitale
Nuove interazioni culturali per il futuro
della fondazione dedicata a Gunter Böhmer
montagnola, collina d’oro (lugano). La capacità di
instaurare un legame intenso con gli autori e un’interazione forte tra diversi ambiti della cultura, che
contraddistinse la personalità di Gunter Böhmer,
è cio su cui punta la Fondazione Ursula e Gunter
Böhmer, le cui attività sono coordinate da Alessandro Soldini, membro del consiglio di Fondazione
e cofondatore dell’istituzione nel 1996. Il bilancio,
dopo quasi 20 anni dall’apertura, è stato fatto dalla
conservatrice Sara De Bernardis in un dossier aggiornato con i progetti svolti finora e con gli obiettivi di valorizzazione che la Fondazione si propone
nei prossimi dieci anni attraverso l’organizzazione
di mostre temporanee, e altri eventi. Nella fondamentale logica della conservazione e promozione
del patrimonio dell’artista è stata l’operazione di inventariazione e digitalizzazione che ha già portato a identificare oltre 3.000 oggetti. La collezione è
composta principalmente di opere di Böhmer, opere
grafiche, acquerelli e alcuni dipinti a olio (255, da- «Autoritratto» di Gunter Böhmer
tati fino agli anni Cinquanta). A questi si aggiunge un
fondo con documenti, corrispondenza, immagini
fotografiche, e una biblioteca che la fondazione intende inserire nel circuito bibliotecario
nazionale e che rappresenta un elemento importante nella valorizzazione a tutto tondo di
Böhmer, strettamente legato al mondo della scrittura. Numerose sono infatti le tavole da lui
realizzate per edizioni librarie, motivo che lo spinse fino a Montagnola, in Ticino, dove nel
1933 entrato in contatto epistolare con Hermann Hesse fu invitato inaspettatamente a fargli
visita. Nella sua carriera ha realizzato più di 500 copertine. Era solito partire da schizzi che
migliorava via, via, fino a giungere all’opera definitiva. Ma è vietato parlare di lui come di un
illustratore, fu piuttosto un artista appartenente a quel mondo dell’arte e della scrittura in cui
si collocano anche le sue edizioni con grafiche originali eseguite per D’annunzio, Carducci e
Pirandello pubblicate da Hans Mardersteig-Officina Bodoni. Si è confrontato soprattutto con
autori tedeschi, Hesse e Thomas Mann, ma anche con Poe e autori russi. La programmazione
futura della Fondazione prevede l’interazione con altre istituzioni culturali per dare vita a mostre temporanee, prestiti di opere, rapporti con istituzioni comunali, cantonali e turistiche,
incontri con il pubblico. Un desiderio di commistione che vuole coinvolgere scrittori, artisti e
musicisti, per presentare l’opera di Böhmer in un panorama più ampio e articolato.
Fondazione Ursula e Gunter Böhmer, Montagnola
Come veniva immaginato
il futuro negli anni Sessanta
lugano. L’entusiasmo per il futuro incendiava la società degli anni ’60, inebriata dai più recenti sviluppi dell’evoluzione
scientifica e tecnologica che alimentavano grandi aspettative
e speranze. Quest’atmosfera contagiò anche il mondo dell’arte, come documenta una mostra, aperta fino al 22 novembre
nella Cortesi Contemporary, curata da Marco Meneguzzo e intitolata «Great expectations
#1. Il pensiero del futuro nell’arte degli anni ’60». Il percorso include opere realizzate con diversi linguaggi da artisti quali Getulio Alviani, Marina Apollonio (nella foto «Dinamica circolare
6RR3» del 1966 ©Bruno Bani), Bernard Aubertin, Gianni Colombo, Dadamaino, Heinz Mack,
Marcello Morandini, Jesus Rafael Soto, Grazia Varisco e Victor Vasarely.
Cortesy Contemporary, Lugano: «Great expectations #1», fino al 22 novembre
Fondazione Gunter e Ursula Böhmer
www.gunterboehmer.com
[email protected]
Tra sogno e incubo
13.09.2014 –
01.02.2015
Museo
Hermann Hesse
Montagnola
Hermann Hesse
Una mitologia del Ticino
Vedere a lugano | 8
Gunter Böhmer (1911-1986)
Tra sogno e incubo – Zwischen Traum und
Albtraum, Skira Editore, 2011
Marzo–Ottobre Novembre–Febbraio
Tutti i giorni
Sabato e Domenica
10.30–17.30
10.30–17.30
www.hessemontagnola.ch
L’ultima estate di Klingsor
illustrato da Sighanda
Carl Walter Liner,
«Ritratto di giovane
appenzellerin in
costume»
Sighanda, Hermann Hesse
e il mito del Ticino
L’artista belga Dominique Fidanza visita
e illustra i luoghi del celebre scrittore
Gallerista
ma non troppo
Patrizia Cattaneo Moresi ha fondato
Artrust con ambizioni paramuseali
montagnola. Il mithos del Ticino è al centro della mostra «Hermann Hesse: una mitologia melano. La sua specializzazione sono artisti storicizzati legati al territorio ticinese e svizdel Ticino. L’ultima estate di Klingsor illustrato da Sighanda», fino al primo febbraio nel zero. Ha iniziato a collezionare già da quindici anni e ora ha deciso di condividere le sue
Museo Hermann Hesse Montagnola. Sono esposti un collage di testi, foto storiche e opere pit- opere, di esporle, di pubblicarle, di invitare le scuole a visionarle e anche di venderle. Così
toriche di Hesse insieme ai lavori di Sighanda: acquerelli eseguiti nei medesimi luoghi che han- Patrizia Cattaneo Moresi ha concepito Artrust, il suo spazio espositivo aperto un anno fa
no ispirato lo scrittore. L’idea è venuta a Dominique Fidanza, cantante e artista che ha scelto lo che dirige come una «banca dell’arte» e che quasi non vorrebbe identificare come una galpseudonimo Sighanda per realizzare in vari posti i suoi carnet de voyage, con immagini, timbri, leria. Il suo programma è più simile, infatti, all’approccio di uno spazio pubblico: «Ho creato
parole e simboli. Sighanda, autrice delle opere e curatrice della mostra insieme a Matteo Genini, per le scuole visite guidate alle mostre in galleria, e adesso, per la prima volta, le organizzeremo su richieha vinto le ritrosie del Museo a esporre opere ispirate allo scrittore. Di solito la programmazione sta anche per i privati. In futuro desidero invitare giovani e anziani a incontrarsi di fronte alle opere». È
è riservata all’autore e alla sua epoca, ma la direttrice Regina Bucher ha «sentito lo spirito di Her- chiaro il riferimento alle esperienze consolidate dei musei della Svizzera tedesca e ai progetti
mann Hesse nelle opere di Sighanda» e le ha permesso di accedere ai luoghi di Hesse chiusi al pubbli- di confronto tra generazioni diverse attraverso il linguaggio universale dell’arte. Artrust staco dove ha così potuto lavorare; uno tra tutti l’appartamento di Casa Camuzzi a Montagnola, bilisce il proprio rapporto con i musei attraverso i prestiti, in particolare di opere di artisti
in cui lo scrittore si trasferì dopo il 1919 e dove scrisse «L’ultima estate di Klingsor», fulcro della ticinesi, per nascita o adozione. Nell’ambito della collaborazione con la Fondazione Mario
mostra e da sempre considerato una dichiarazione delle sue convinzioni estetiche esternate at- ed Hélène Comensoli di Zurigo, ha concesso in prestito, l’inverno scorso, quattro opere di
traverso il protagonista, il pittore Klingsor. Anche il paesaggio da cui trae ispirazione Klingsor, Mario Comensoli al Museo Civico Villa dei Cedri di Bellinzona, per la mostra «Quelle vite
che coincide, malgrado i nomi di fantasia, con il territorio in cui viveva Hesse, viene descritto in che vanno», e durante l’estate ha ospitato in galleria una mostra dello stesso artista. Le opere
maniera dettagliata. La natura, i paesaggi, i primi piani di pietre e alberi, le visioni ravvicinate di di Marianne Werefkin sono state invece prestate per la rassegna «Dal Cavaliere Azzurro
giardini e facciate: Hesse visse il Ticino come sintesi dell’esotismo. Sighanda osserva tutto dal all’Orsa Maggiore», in corso fino al 6 ottobre al Museen Böttcherstraße di Brema. Due le
medesimo punto di vista, trasformandosi in un mediatore d’eccezione, capace di
esposizioni (con catalogo e programma didattico) che Artrust organizza ogni
penetrare in spazi nascosti e di trascinare lo spettatore in questa scoperta. Il pubblianno. In autunno è la volta della personale di Carl Walter Liner, realizzata in
co ha a disposizione anche un altro strumento per sperimentare in prima persona
collaborazione con il Museum Liner Appenzell. Un omaggio all’artista svizzero
questi luoghi. Il Museo Hermann Hesse Montagnola e Marco Sorgesa, Responsabile
a cui è dedicato il museo progettato dagli architetti zurighesi Annette Gigon e
Sviluppo e Promozione Turismo della CIttà di Lugano, infatti, hanno tracciato il perMike Guyer nella cittadina di Appenzell, nell’omonimo cantone. Dall’11 ottocorso di un’escursione culturale che tocca tutte le località menzionate all’interno
bre al 16 novembre sono esposte sessanta opere, appartenenti ai due linguagdel Klingsor. Un depliant con cartina accompagna il visitatore attraverso i paesi cari
gi pittorici propri dell’artista, astratto e naturalistico. L’esposizione è preallo scrittore, come Carona, Pazzallo e Pambio, e svela angoli inaspettati come il
sentata in occasione del centenario dalla nascita dell’artista ed è completata da
grotto Morchino. Il programma del Museo, ospitato dal 1997 nella Torre Camuzzi,
un catalogo con testo di Roland Scotti, curatore del Museo di Appenzell. Tra i
l’unico dedicato a Hesse in Svizzera, organizza inoltre, insieme alla mostra, un ciclo
progetti futuri la volontà di esporre gli artisti del gruppo Rot-Blau (Rosso-Blu),
di letture ogni prima domenica del mese da ottobre a dicembre alle 16; due incontri
ampiamente rappresentato all’interno della collezione. Questo movimento
della serie «Aperitivo con lo scrittore» a ottobre e novembre; concerti il lunedì; una
espressionista svizzero prese forma, seppur brevemente, attraverso i dipinti,
conferenza il 4 ottobre con Heimo Schwilk sulla vita di Hesse e una lettura, l’11 ottoi disegni e le xilografie di Albert Müller, Paul Camenisch, Hermann Scherer e
L’artista Sighanda disegna
bre, della vasta corrispondenza, in gran parte inedita, con il figlio Martin.
Werner Neuhaus, attratti dal Ticino, dalla sua natura e dalla luce del sud.
Museo Hermann Hesse, Montagnola: «Hesse illustrato da Sighanda», fino al primo febbraio 2015
nei pressi di Lugano nel
2014 © Sighanda
Galleria Artrust, Melano
Vedere a lugano | 9
Una veduta di Ascona
Ad Ascona, ad Ascona!
Qui un nuovo museo
Il passaggio obbligato di Ascona
La bellezza del Lago Maggiore, la neutralità svizzera e il mito del Monte Verità
hanno reso la città un luogo di forte richiamo per l’Europa degli anni ’10
ascona. Berlino, Monaco, Zurigo, Ascona. All’inizio del secolo scorso Ascona, il borgo sulle rive settentrionali del
Lago Maggiore, era alla pari con le tre capitali: il «luogo dove essere», the place to be. Molti protagonisti dell’arte
e della cultura del tempo sono passati qui: Carl Gustav Jung, Hermann Hesse, Hugo Ball, Otto van Rees, Otto
Niemeyer, Oskar Schlemmer, El Lissitzky, Paul Klee, Hans Arp, Arthur Segal, Marianne Werefkin, Richard
Seewald, Alexej Jawlensky, Charlotte Bara, Isadora Duncan. L’elenco potrebbe continuare a lungo. Ma perché
proprio Ascona? Che cosa avveniva di così speciale in questa città? Sono molteplici i fattori che hanno reso Ascona
«il paese degli artisti», come lo definisce Mara Folini. Sicuramente il lago, primo scorcio di Mediterraneo per i nordici
sia per il clima che per la lingua (ora si parla di Ascona e del Ticino come del lato soleggiato della Svizzera). Senza
dubbio la neutralità elvetica, accogliente in epoche di conflitti. E soprattutto il fatto che qui si concentrarono
gruppi di pensatori e artisti per teorizzare e sperimentare soluzioni di vita alternative a quella industrializzata
e massificante, che in quegli anni prendeva il sopravvento. Si tratta della Lebensreform, l’idea di rifondare la vita
attraverso un ritorno alla natura cui ben si prestava l’altopiano panoramico delle Monescie, che sovrasta la cittadina, ribattezzato Monte Verità. La verità che qui prese forma non fu una sola: si andava dai modelli socialisti a
quelli anarchici, dalla riscoperta dei filosofi mistici tedeschi del ’300, come Meister Eckhart, e del ’500, come Jakob
Boehme, all’approfondimento delle religioni orientali, buddismo e induismo, e delle teorie esoteriche, e il centro
dell’attenzione era sempre l’individuo. Il primo gruppo di pensatori e artisti si stabilì sul Monte Verità, abitato allora
da sparuti pescatori, esattamente nel 1900, con la precisa volontà di fondare una colonia di naturisti e vegetariani;
nel gruppo vi era Karl Gräser, insieme alla montenegrina Ida Hofmann e al fiammingo Henri Oedenkoven, mentre sul posto li accolse il politico e teosofo ticinese Alfredo Pioda. Presto la comunità creò un sanatorio basato sulle
teorie di alimentazione naturale e vita all’aria aperta e nel 1913 si aggiunse una Scuola d’arte in linea con gli ideali
di una sintesi delle arti. Rudolf von Laban spostò qui, da Monaco, la sua scuola sperimentale di danza. E fu proprio
la Scuola di Laban a innescare l’interazione con la scena artistica zurighese e con il nascente movimento dadaista. Il
legame tra Zurigo e la scuola di Laban è molto stretto, tra le sue allieve danzatrici figurano, infatti, Sophie Taeuber,
compagna di Hans Arp, e Maja Krushek, compagna di Hans Richter (ora in mostra nel Museo d’Arte di Lugano).
Gli anni ’10 furono l’età dell’oro del Monte Verità, dove la vita era «radicale, mistica, romantica», come la descrive più
volte Mara Folini, autrice della guida «Il Monte Verità di Ascona» edito dalla Società di Storia dell’Arte in Svizzera.
L’ultimo periodo clou fu nel 1917, quando Ascona e il Monte Verità avevano oramai già guadagnato il ruolo di «spazio
in cui proiettare sogni individuali e collettivi», come scrisse Harald Szeemann. Nel 1917-18 arrivarono, infatti, gli artisti
russi Marianne Werefkin e Alexej Jawlensky, dopo essere stati a Monaco, a Berlino tra le fila del Blaue Reiter, e a
Zurigo, dove frequentarono l’ambiente Dada. Nel ’20, ebbe termine la Scuola d’arte, il testimone passò a Charlotte
Bara, che si trasferì ad Ascona e continuò le sperimentazioni nell’ambito della danza. La danzatrice è sepolta nel cimitero monumentale della cittadina (descritto in una guida/cartina del Municipio realizzata dal Museo Comunale
d’Arte Moderna Ascona). A riprova del fatto che Ascona era il luogo dove essere e rimanere.
Il futurista spirituale
ascona. Una mostra del Museo Comunale d’Arte Moderna, visitabile
fino al 7 dicembre, mette per la prima volta in evidenza la vicinanza del
pensiero del futurista italiano Luigi
Russolo con le istanze filosofiche
discusse al Monte Verità. «La rassegna si sofferma sulla sua continua
ricerca dello spirituale», spiega la
direttrice Mara Folini, che ha intitolato l’esposizione di Russolo con il
titolo del suo trattato «Al di là della materia», scritto dopo l’avvicinamento alle filosofie
orientali e alle idee del giornalista, drammaturgo, massone e magnetista Guido Torre,
che conobbe a Parigi negli anni Venti. Il percorso parte dalle opere dell’ultimo periodo
della sua vita, trascorso sul Lago Maggiore a Cerro di Laveno, e va a ritroso verso gli
inizi della sua attività, passando anche attraverso la fase futurista, documentata dalla
presenza di un esemplare di «Intonarumore». La scelta dei dipinti sottolinea, pur nella
diversità degli stili sperimentati, una costante tensione verso la dimensione spirituale,
presente nella fase prefuturista, futurista e culminante negli anni Quaranta, quando
esegue raffigurazioni del mondo cosmico e ideale cui aveva anelato per tutta una vita.
Dirompente nei suoi lavori è l’energia del mondo naturale. La mostra mette in luce un
nuovo punto di vista sull’opera di Russolo basandosi su un’attenta rilettura dei suoi
scritti, delle sue riflessioni e dei suoi diari recentemente ritrovati. L’opera simbolo di questo suo percorso è «Aurora boreale» del 1938, con i raggi luminosi che tutto sovrastano.
Accanto a essa trovano spazio in mostra una cinquantina di lavori: dipinti, disegni e grafiche, tutti pubblicati nel catalogo insieme a una serie di testi di approfondimento sulla
rilettura dell’opera di Russolo. Le istituzioni coinvolte per il prestito delle opere sono
musei svizzeri come il Kunstmuseum di Basilea e internazionali come la Galleria degli
Uffizi di Firenze, il Musée de la Ville di Parigi e il Mart di Rovereto, che a Russolo aveva
dedicato un’ampia antologica nel 2006. A questi si aggiunge il Comune di Portogruaro,
città natale dell’artista, che possiede, tra l’altro, «Impressioni di un bombardamento»,
opera con cui partecipò nel 1926 alla Biennale di Venezia. Infine vi sono prestiti dalle
collezioni private, i meno visibili, ed è luganese quella da cui proviene «Aurora boreale».
Museo Comunale d’Arte Moderna, Ascona: «Luigi Russolo. Al di là della materia», fino al 7 dicembre
Vedere ad ascona | 10
ascona. Il 4 aprile è stato inaugurato il Museo Castello San
Materno (www.museoascona.ch), un nuovo spazio espositivo
e un tassello del patrimonio storico, culturale e artistico della
città. La parte più antica del Castello, edificato nei pressi di un
insediamento tardoneolitico, risale al VI-VIII secolo, quando i
Longobardi costruirono la torre vedetta. Al suo interno ingloba
una chiesa che conserva un affresco romanico-bizantino. Nel
XII secolo l’edificio divenne proprietà della famiglia De Castelletto, utilizzato come fortezza e luogo di villeggiatura. Nel ’500
fu conquistato dagli svizzeri e abbandonato fino al XIX secolo,
quando passò al conte di Nancy. Nel 1918 divenne un bene
della famiglia Bachrach, di cui faceva parte Charlotte Bachrach,
in arte Charlotte Bara, legata al Monte Verità. La danzatrice
amava esibirsi nella sala principale del castello, di fronte all’abside affrescata con la «Majestas Domini», restaurata insieme
all’intero edificio e allo splendido parco, d’intesa con il Servizio Cantonale dei Beni Culturali. Il museo ospita la collezione
d’arte della Fondazione per la Cultura Kurt e Barbara Alten,
che ha sponsorizzato gran parte del restauro e stipulato un accordo con il Comune. Esposta in permanenza, la collezione dei
coniugi Alten si presenta per la prima volta nella sua interezza:
con oltre quaranta opere di area tedesca realizzate tra fine
Ottocento e primo dopoguerra, nel passaggio tra due epoche
segnato da Impressionismo, Post-impressionismo, Espressionismo e Modernismo. Si tratta di opere dedicate al paesaggio
di artisti quali August Macke, Emil Nolde, Lovis Corinth, Ernst
Ludwig Kirchner, Max Liebermann, Alexej von Jawlensky, che
venne ad Ascona insieme a Marianne Werefkin, e il meno noto
Christian Rohlfs che lavorò nella città in più occasioni. Tutta la
collezione ruota attorno a un’esperienza analoga a quella di
Monte Verità: la colonia di artisti di Worpswede (nella Bassa
Sassonia, a nord-est di Brema) caratterizzata dal desiderio del
ritorno alla natura come ipotesi di riforma della vita e ispirata
alle sperimentazioni proprie del mondo germanofono e francese. Nella Colonia di Worpswede si formò la stessa Charlotte
Bara, che lì conobbe l’architetto Carl Weidemeyer, il quale realizzò per lei il Teatro San Materno, adiacente al Castello. Inaspettati intrecci di esperienze e aspirazioni artistiche emergono
nella visita al Museo Castello San Materno, diretto, come il
Museo Comunale d’Arte Moderna, da Mara Folini.
Museo Castello San Materno, Ascona
Le dodici meraviglie
Una guida in quattro lingue accompagnerà l’itinerario
tra i luoghi simbolo di Ascona
ascona. Il primo teatro
da camera moderno della
Svizzera e i più importanti
esempi di Bauhaus del
Ticino sono ad Ascona e
rappresentano solo alcuni
dei luoghi d’interesse della
città identificati all’interno
del nuovo Itinerario
culturale, un fascicolo
con cartina in quattro
lingue (italiano, tedesco,
francese, inglese) in uscita
grazie a un progetto del
Museo Comunale d’Arte
Moderna, sviluppato in
collaborazione con il Capo
Dicastero Cultura Michela
Ris e il Capo Dicastero
Turismo Mario Bazzi.
In puro stile Bauhaus è
costruito l’albergo del
Monte Verità, opera
dell’architetto Emil
Fahrenkamp che sostituì
il precedente edificio della
Casa Centrale in stile Art
Nouveau della colonia
d’artisti d’inizio Novecento
per volere del nuovo
proprietario, il collezionista
Eduard von Heydt.
L’adiacente Casa Anatta,
invece, ha mantenuto
l’identità che vollero darle
i fondatori Ida Hofmann
e Henri Oedenkoven,
uno stile eclettico e un
Museo parrocchiale nella chiesa
dei Santi Fabiano e Sebastiano
nome che significa «casa
dell’anima». Entrambi gli
edifici fanno parte dal 1989
della Fondazione Monte
Verità. Legato all’esperienza
del Monte Verità, ma situato
a valle, è il Teatro San
Materno, costruito tra ’27
Casa Serodine
Un’istituzione centenaria guarda al futuro
Le infinite verità del Monte Verità
ascona. Ha una storia lunga quasi cento anni, fortemente radicata nell’identità culturale e storica
della città, ma al tempo stesso rappresenta un centro di ricerca sull’avanguardia della creatività
in tutto il mondo. Il Museo Comunale d’Arte Moderna di Ascona (www.museoascona.ch) è caratterizzato dall’oscillazione tra passato e presente, tra locale e internazionale, tra esposizione
e ricerca (nella foto sopra le installazioni di Niele Toroni e Ferruccio Ascari nel Museo Comunale
d’Arte Moderna Ascona (foto di Davide Tatti). È stato fondato nei primi anni Venti del Novecento, a
conclusione del periodo mitico di Monte Verità e prova che quell’esperienza non era confinata alla
colonia ma che influenzò la vita culturale dell’intero borgo. La volontà di dare forma a un museo
in città venne dagli stessi artisti, sia da quelli che frequentavano il Monte, sia da quelli locali.
Insieme raccolsero oltre cinquanta opere, costituendo il primo nucleo della collezione che oggi
conta oltre quindici mila pezzi, compresi anche i documenti. Il promotore fu Ernst Kempter, che
aveva firmato insieme al ticinese Giugni Polonia e alla russa Marianne Werefkin l’atto costitutivo.
Sei artisti ticinesi offrirono le loro opere, così fece anche la Werefkin che si adoperò intensamente
per raccogliere altri lavori. Nel 1922 Werefkin era ad Ascona da appena quattro anni, ma era già
una figura fondamentale nella scena artistica; intesseva contatti con Arthur Segal e nella sua
Casa all’Angolo si ritrovava, tra gli altri, con Cèsar Domela e con l’artista e antroposofa Anna
Iduna Zehnder. Anche quest’ultima donò un’opera e un suo Fondo di 150 pezzi è stato recentemente acquisito dallo stesso Museo. Werefkin, che aveva partecipato alla Biennale di Venezia del
1920 nel padiglione russo, ideò il logo del Museo: un disegno che stabilisce la data della sua
costituzione, il 6 aprile (celebrata anche da un articolo del giornale svizzero in lingua tedesca Die
Südschweiz del 15 maggio 1922) e un campanile, simbolo del borgo, al centro del sole, simbolo
invece della natura, tanto cara alle istanze della Lebensreform. La sede, identificata nel 1922, è la
cinquecentesca Casa Pancaldi, dove il museo è tornato nel 1980; nel frattempo l’istituzione non
ha avuto un’esistenza lineare. Dal 2008 è direttrice Mara Folini, che ha rapporti con il museo dal
1991, come studiosa dell’opera di Marianne Werefkin della quale il museo conserva ed espone
le opere della Fondazione Marianne Werefkin insieme al Fondo Carl Weidemeyer e al patrimonio
della Fondazione Richard e Uli Seewald. Della Werefkin Mara Folini ha realizzato nel 2010 una
mostra a Mosca, concentrandosi sull’inizio della carriera. In seguito ha portato ad Ascona le opere
del realismo e del simbolismo russo che hanno influenzato gli anni della sua formazione e nel catalogo ha pubblicato gli scambi epistolari con gli amici russi. Senza dubbio una mostra di ricerca,
che per la direttrice è un’attività fondamentale. Alla programmazione del Museo Comunale e del
Museo Castel San Materno si affianca inoltre l’attività espositiva di Casa Serodine, dedicata agli
artisti della zona e all’arte contemporanea. Se nell’attività di ricerca i rapporti sono con istituzioni
internazionali, soprattutto dell’area germanofona, per la programmazione più giovane vengono
attivate relazioni con le associazioni culturali locali. Da segnalare, nell’ambito del programma di relazioni transfrontaliere Interreg, la collaborazione con il Museo Tornielli di Ameno, con cui è stata
organizzata l’esposizione di opere di Francesca Gagliardi e Luca Mengoni dal titolo «Il laboratorio
delle metamorfosi» (il tema è infatti quello dei mutamenti fisici e interiori analizzati da un punto
di vista sia maschile sia femminile), e il «Campo Nomade Primaverile Sabbione», iniziativa che
prevede prove pratiche di fusione e incisione in luoghi aperti immersi nella natura.
ascona. Chiusa l’esperienza della colonia d’intellettuali d’inizio secolo scorso, Ascona ha continuato ad attrarre artisti e pensatori, fino ai giorni nostri. La tenuta del Monte Verità è di proprietà della Repubblica e del Cantone dal 1964, l’ha ricevuta in eredità dal collezionista Eduard
von der Heydt, che ne fu proprietario dalla fine degli anni Venti. È gestita da una Fondazione
istituita nel 1989, composta dal Cantone, dal Comune di Ascona, e dai due politecnici federali di
Losanna e di Zurigo. Sempre nel 1989 è stato creato il Centro Stefano Franscini del Politecnico
federale di Zurigo, una piattaforma d’incontro per congressi che ha contribuito a fare del Monte
Verità il centro congressuale e culturale auspicato da von der Heydt che lo voleva «utilizzato
per attività artistiche e culturali di altissimo livello, di richiamo internazionale». Il complesso
presenta numerose strutture architettoniche e nel 1992 è stata aggiunta una nuova ala con un
auditorium, dell’architetto ticinese Livio Vacchini, che ha saputo confrontarsi con l’esemplare
struttura in stile Bauhaus dell’albergo. Nel complesso museale del Monte Verità è in corso un
articolato progetto di lavori di restauro. Un primo settore, Casa Selma (casa dei vegetariani), è
stato riaperto a settembre per le Giornate europee del patrimonio. La prossima primavera sarà
inaugurata invece la Casa dei Russi, destinata a mostre temporanee e installazioni. Alla fine del
2015 si potrà rientrare anche nel Padiglione Elisarion, dove si trova il dipinto «Chiaro mondo dei
beati» di Elisar von Kupffer che Harald Szeemann volle lì trasferendolo dalla casa del pittore a
Minusio, ora sede del Centro Culturale Elisarion. All’inizio del 2016 riaprirà la Casa Anatta, con
un’esposizione permanente sulla storica mostra: «Le mammelle della verità», allestita in questa
sede nel 1978 da Szeemann, e poi presentata a Zurigo, Berlino, Vienna e Monaco di Baviera.
Sempre nel 2016 è in programma l’inaugurazione del complesso museale del Monte Verità
nella sua interezza, che dopo «questo intervento, spiega il direttore Lorenzo Sonognini tornerà a
raccontare la sua storia unica e a ispirare, come un tempo, i suoi visitatori», ed è in lavorazione
anche una guida per smartphone e tablet. È sempre possibile, inoltre, fruire del nucleo dell’archivio di Harald Szeemann (di proprietà del Monte Verità dal 2007), con i documenti sulla storia
del Monte alla base della sua esposizione, che il critico aveva conservato nello studio a Maggia,
vicino a Locarno, in una piccola manifattura identificata come «la fabbrica». Il Fondo si trova dal
2011 presso l’Archivio di Stato del Canton Ticino a Bellinzona, è consultabile negli orari di
ufficio, ed è disponibile un catalogo a esso relativo. Oltre al calendario dei congressi del Centro
Stefano Franscini, il Monte Verità propone un programma culturale realizzato in collaborazione
con istituzioni locali e svizzere, tra cui anche le Fondazioni Epper e Eranos di Ascona. Il 18 ottobre vi sarà un simposio della Fondazione Sir John Eccles di Riazzino. Tra ottobre e dicembre,
invece, quattro conferenze organizzate dalla Fondazione Eranos nell’ambito delle «Eranos-Jung
Lectures». In ottobre e novembre, ancora, le conferenze in lingua tedesca dal titolo «Gemeinsamdenken» (Pensare insieme) che sottolineano come il Monte Verità sia stato, e sia tutt’ora,
un centro d’attrazione per l’ambiente nordico e germanofono. L’energia speciale, e tuttora viva,
del Monte Verità, infine, è immortalata negli scatti di Christof Klute, in mostra fino al 31 ottobre
nel suo Salone Balint. (Nella foto un’immagine tratto dallo spettacolo di Dorothée Thébert e
Filippo Filliger «Si può essere rivoluzionari e amare i fiori?» ispirato alla storia del Monte Verità,
foto di Dorothée Thébert Filliger)
Museo Comunale d’Arte Moderna, Ascona
Fondazione Monte Verità, Ascona
e ’28 su progetto di Carl
Weidemeyer. Rimasto
integro e in uso fino a oggi,
rappresenta un unicum a
livello europeo. A volerlo
fu la danzatrice Charlotte
Bara, che si stabilì ad
Ascona con la famiglia nel
Castello San Materno e nel
Teatro poco distante fondò
la sua scuola di danza, arte
teatrale e canto. Anche il
Castello San Materno
è incluso nel percorso,
essendo stato appena
restaurato e aperto al
Collegio Papio
Fondazione Eranos
pubblico come Museo.
Vengono poi descritte tre
fondazioni private. La prima
è la Fondazione Eranos,
dove dagli anni Trenta a oggi
si organizzano convegni
e cenacoli intellettuali,
partendo dall’idea di
banchetto legata al nome
greco Eranos. Ad avviare
tale tradizione fu Olga
Fröbe-Kapteyn, il filosofo
Carl Gustav Jung contribuì
alla realizzazione dei primi
convegni, influenzandone
i contenuti con i suoi studi
su archetipi, miti e simboli.
La sede è Casa Gabriella,
in località Moscia lungo il
Lago Maggiore, visitabile
su appuntamento (www.
eranosfoundation.org)
dove sono conservati gli
scritti originali lasciati
dai partecipanti, gli
oltre settanta volumi di
annuari e la collezione di
raffigurazioni di simboli
archetipi portata a termine
dalla fondatrice. Lungo le
rive del lago si trova anche
la Fondazione Ignaz &
Mischa Epper, dedicata
alle opere degli artisti
che arrivarono ad Ascona
tra la prima e la seconda
guerra mondiale. Fruibile
dal pubblico è la collezione
di dipinti e incisioni di
Ignaz Epper (uno dei
maggiori esponenti
dell’espressionismo
svizzero) e le sculture
della moglie. Rolf
Gérard, invece, si stabilì
ad Ascona nel 1977, dopo
un ventennio a New
York come scenografo
Chiesa dei Santi Pietro e Paolo
Fondazione Epper
Teatro San Materno
Museo Comunale d’Arte Moderna
Fondazione Gérard
Castello San Materno
della Metropolitan Opera,
a testimonianza del
permanere dell’attrattività
culturale della città ticinese.
La Fondazione che porta
il suo nome è aperta al
pubblico dal 2002 e ospita
in particolare i bozzetti dei
suoi allestimenti operistici e
teatrali e i suoi dipinti.
Sono compresi
nell’itinerario Casa
Serodine, che accompagna
l’attività del Museo
Comunale d’Arte Moderna
concentrandosi sulla
creatività del territorio,
Collegio Papio, un
istituto scolastico costruito
su iniziativa di Carlo
Borromeo nel 1585,
la chiesa tardogotica
di Santa Maria della
Misericordia, la chiesa
medievale dei Santi
Fabiano e Sebastiano
che ospita il museo
parrocchiale e la chiesa
dei Santi Pietro e Paolo
costruita nel XIII secolo e
rimaneggiata nei secoli
XVI e XVIII.
Chiesa di Santa Maria della Misericordia
Fondazione Monte Verità
Vedere ad ascona | 11
Castello Visconteo
Museo Archeologico
Importante collezione di vetri romani (I-IV sec. d.C.)
scoperti nel Locarnese.
Apertura da
aprile a ottobre
Martedì-domenica
10:00-12:00
14:00-17:00
Città di Locarno
Servizi culturali
Via Bartolomeo Rusca 5
CH-6600 Locarno
Tel. +41(0) 91 756 31 70 -80 -85
[email protected]
www.locarno.ch
Ana D’Apuzzo
ha sette vite
L’artista serbo-croata
ha scelto la Svizzera
Nella Villa dei Cedri
si fanno sogni di carta
L’istituzione riaprirà a marzo dopo i lavori
di ammodernamento, con mostre e pubblicazioni
«Window on a forest» di Ana D’Apuzzo, 2013
ascona. Artista, designer e architetta serbo-croata, nata nella città di Kruševac nel 1978, Ana
D’Apuzzo ha deciso di traferirsi ad Ascona, attratta dalla storia e dalle atmosfere della città
del Ticino che si affaccia sul Lago Maggiore. Non vi è arrivata per sfuggire alla guerra, come
avveniva spesso nel secolo scorso, quando molti artisti si rifugiarono nel territorio della neutrale Svizzera e nelle suggestive colonie sorte sul Monte Verità. Infatti, ai tempi del conflitto
della ex-Jugoslavia si trovava a Lisbona, dove si era trasferita per frequentare gli studi artistici
e aveva deciso di tornare nella sua terra natale, per stare con la propria famiglia. La sua idea
dell’arte è di un’esperienza totalizzante e ha quindi pensato di aprire il suo Studio d’Arte
e Architettura al pubblico e di sperimentare uno sviluppo esteso della sua espressività ad
Ascona. Definisce «seven lives», le sette vite della sua arte, ciascuna delle quali corrisponde
a una diversa tipologia artistica, come la pittura, le installazioni di luce, i tatuaggi o la
produzione di tessuti con cui confeziona abiti. Il suo processo creativo inizia scansionando
in tre dimensioni immagini di volti, che vengono successivamente sezionate fino a diventare
elementi non riconoscibili all’interno di complesse costruzioni caleidoscopiche. Il viso perde
la sua funzione identitaria e richiama nuove costruzioni architettoniche. Le superfici utilizzate per gli abiti assumono una consistenza tridimensionale e il carattere della profondità non
manca neanche alle realizzazioni video o alle stampe digitali su alluminio. Con un gioco di
parole preso in prestito dalla moda, intitola i suoi lavori «Portraits-a-porter», ritratti da portare. Anche nelle sue opere pittoriche è insita un’ambiguità che confonde la percezione dello
spettatore. Sono fluide e impalpabili come acquerelli, pur essendo realizzate con olio su tela.
Tra i vari premi vinti da Ana D’Apuzzo ricordiamo «Red Cross Art Contest» (Jugoslavia, 1990),
«Bid Zone Krusevac-Mercy Corps» (Usa, 2003), «Pittori in piazza a Caviano» (Svizzera, 2010) e la
menzione come finalista a «Create the Void» organizzato dal Guggenheim di New York nel 2010.
bellinzona. Inaugurato nel ’94 con una personale di Martin Disler, il CACT Centro Arte
Contemporanea Ticino, diretto da Mario Casanova, ha appena celebrato 20 anni dall’apertura con una mostra dello stesso artista, nel frattempo scomparso. L’esposizione è stata
realizzata in collaborazione con il Nachlass Martin Disler (Martin Disler Estate) e una serie
di disegni sono rimasti in collezione, perché, nel 2009 il CACT è raddoppiato diventando anche MACT Museo Arte Contemporanea Ticino e da allora raccoglie opere provenienti da
collezioni private. La stagione autunnale si divide tra pittura e fotografia, citiazionismo e antiaccademismo. Fino al 9 novembre sono in mostra i dipinti dello svizzero Stéphane Zaech:
«messe in scena teatrali, dove il personaggio grottesco posa entro scenografie costruite all’uopo», si legge
nei propositi scritti sul suo lavoro. L’artista affronta i generi del ritratto e del paesaggio rifacendosi al passato, per esempio alle vedute rinascimentali, con spirito critico, innescando una
vena grottesca che mette in evidenza la mancanza di adesione al reale e denuncia l’abitudine
della società moderna di imporre canoni e convinzioni. Fino all’8 febbraio, inoltre, vi è la personale intitolata «Kein Körper» dell’italiano Valter Luca Signorile. La sua formazione fuori da
scuole di pensiero e incasellamenti, offre lo spunto a Mario Casanova per sottolineare come «le
connotazioni spesso identificate in artisti giovani, o più consolidati, sono la base di un pensiero curatoriale
mirato allo studio della non-cultura, a fenomeni di ribellione nei confronti dell’universalità illuminista,
borghese e istituzionale». A Valter Luca Signorile è dedicato l’ottavo numero della rivista «Cahier
d’Art», che il MACT/CACT pubblica da 2 anni.
bellinzona. Tre mostre dedicate alle opere
su carta nel programma del Museo Villa dei
Cedri per il 2015 annunciato dalla curatrice
Carole Haensler Huguet, dopo che grazie
alla chiusura per lavori di adeguamento e conservazione dell’edificio, ha fatto il punto «sull’identità del museo, le sue collezioni e la sua ragion
d’essere rispetto al territorio circostante». Il focus
di tale riflessione è nel cuore del museo, nelle
sue opere, oltre tremila: 500 dipinti, un’ottantina di sculture e il resto, per circa il 60%,
incisioni e opere su carta provenienti da
donazioni e depositi. Da qui sono state individuate due parole chiave: partecipazione e carta. La focalizzazione sulle opere su carta non è
una scelta degli inizi, quando il museo venne
costituito come Civica galleria d’arte di origine partecipativa, nel 1985. Già negli anni ’70
l’esigenza di uno spazio espositivo comunale
era nata infatti da una donazione di dipinti
del Sei, Sette e Ottocento, devoluti da Emilio
Sacchi e Adolfo Rossi. La sede scelta, rimasta
«Memoria II» di Massimo Cavalli, 1978
invariata, ricadde allora su una villa borghese circondata da un parco di alberi secolari,
sullo sfondo della bassa Valle del Ticino e del Lago Maggiore. La collezione di opere su carta
del Museo prende il via idealmente da un ciclo di 11 xilografie di Félix Vallotton di fine ’800.
L’arte xilografica del Ticino nel dopoguerra è rappresentata da Giovanni Bianconi, Angelo
Cassina, Ugo Cleis e Ubaldo Monico, quest’ultimo con quasi 150 stampe, numerose matrici
di legno e lastre incise. Il nucleo principale dei disegni è invece costituito dal gruppo di artisti
del «Piccolo Novecento ticinese», tra cui Filippo Boldini, Mario Marioni, Giuseppe Foglia
ed Edmondo Dobrzanski. È da segnalare, inoltre, la presenza della biblioteca di volumi
d’arte, con una sezione speciale dedicata ai ragazzi, costituita nel 1995. In futuro la curatrice
Carole Haensler Huguet punta a dare spazio espositivo anche ai libri d’artista. La prima delle
tre mostre sulla collezione sarà «Le carte dei poeti», da marzo a fine maggio. Qui l’arte visiva
dialoga con la letteratura: le opere del patrimonio del museo sono poste in relazione con
poeti e scrittori ticinesi e italiani. Due diversi modi di esprimersi, uno libero e uno condizionato da un codice. La mostra sarà accompagnata da una pubblicazione, l’ottavo numero della
collana «Scritti al Museo», che prosegue il percorso di ricerca già iniziato con altri due libri «Le
carte del museo» a fine anni ’90 e successivamente «Leggere le carte». Il volume è composto
da 60 pagine, ciascuna delle quali ospita, esclusivamente, un testo o un’immagine, messi in
relazione dai curatori Carole Haensler Huguet e Matteo Bianchi. La pubblicazione analizza
anche gli sviluppi potenziali della collezione seguiti ai riconoscimenti all’estero, come quello
sancito dalla mostra: «Viaggio attraverso le collezioni della Villa dei Cedri di Bellinzona» al
Musée Jenisch di Vevey nel ’99. A riflettere sugli esiti contemporanei sarà la mostra in calendario da giugno a settembre, intitolata «Dimensione disegno». Saranno esposte opere di artisti
della Svizzera italiana, francese e tedesca, tra cui Didier Rittener, Julia Steiner e Marc
Bauer. Il percorso documenterà l’utilizzo dei diversi supporti e strumenti del disegno, che
nel caso di Valentina Pini e Denis Savary divengono materia plastica per creare sculture.
Inerente alla mostra sarà la serata del 20 giugno, con una selezione a cura di Jean-Paul Fellay
e Olivier Kaeser del Centre culturel suisse di Parigi, di quindici film, tratti esclusivamente da
disegni d’animazione di artisti quali Augustin Rebetez e Joëlle Flumet. In autunno, infine,
seguirà la rassegna «L’anima del segno», in cui uno dei fondi monografici del Museo, quello
dell’artista ticinese Massimo Cavalli, verrà messo in relazione con opere dell’artista francotedesco Hans Hartung e dell’italiano Guido Strazza.
Cact, Mact, Bellinzona: «Stéphane Zaech», fino al 9 novembre; «Kein Körper», fino all’8 febbraio
Villa dei Cedri, Bellinzona: «Le carte dei poeti», mar.-mag.; «Dimensione disegno» giu.-set .;«L’anima del segno»
Studio Ana D’Apuzzo, Ascona
Il CACT è diventato MACT
Tre rassegne personali e l’ottavo numero della rivista
Cahier d’Art celebrano i vent’anni del museo
Vedere ad ascona e bellinzona | 14
Una veduta dell’8a
Biennale dell’immagine
a Chiasso, 2012-2013
© Stefano Galli
9a Biennale dell’immagine: «Trasformazioni»
Chiasso
m.a.x. museo
•«Werner Bischof
(1916-1954).
La trasformazione
dell’immagine»
dal 12 ott. all’11 gen.’15
Spazio Officina
•«Trasformazioni
del territorio. Foto
svizzere anonime in
archivi pubblici e privati»
•«Di nuovo Gottardo,
BSI Art Collection»
•«Beat Streuli: Chiasso.
Città di confine.
Estate 2014»
dal 12 ott.
all’11 gen.’15
Radio Gwendalyn
presso Spazio Officina
• «Secret Sound Stories»
12 ott.
Cons Arc/Galleria
•«Promising Bay»
dal 12 ott. al 20 dic.
Galleria Mosaico
•«Trasformazioni»
dal 14 ott. al 22 nov.
Cinema Teatro
•Rassegna cinematografica
«Petrolio e ritorno»
19 ott.; 26 ott.; 9 nov.;
30 nov.; 11 gen. 2015
Bruzella
Fondazione Rolla
•«Visioni Parallele. Zone
Condivise»
fino al 12 feb. 2015
Como
Camera di Commercio
•«Visioni Parallele.
Litoranee Sparse»
fino al 12 feb. 2015
Morbio Inferiore
Parco delle Gole della
Breggia, Torre dei forni
•«Ricerca sul campo»
dal 18 ott. al 9 nov.
Mendrisio
Biblioteca dell’Accademia
di architettura
•«Fotografie dell’archivio
Augusto Rima di Locarno
(1916-2003)»
dal 15 ott.
al 2 feb.2015
Pinacoteca
Giovanni Züst
•«Le prime immagini
della Ferrovia
del Gottardo
di Adolphe Braun»
dal 12 ott.
all’11 gen.’15
Meride
Museo dei fossili e
Fondazione
del Monte San Giorgio
•«Naturalia»
dal 14 ott. all’11 gen.’15
Capolago
Casa d’arte Miler
•«La grande bruttezza»
dal 7 nov. al 13 dic.
Riva San Vitale
Sala Patriziale al Torchio
•«Laveggio»
dal 16 al 26 ott.
Sala Palazzo comunale
•«Ritratti Metropolitani
#72. “From B to Y” #25»
dal 15 al 23 nov.
Stabio
Ex Stabilimento
Balneare Sociale
ai Bagni Stabio
•«L’odore della brace spenta»
dal 26 ott. al 7 dic.
Museo della civiltà
contadina del Mendrisiotto
•«Lungo il binario Mendrisio, Stabio»
dal 4 ott. all’11 gen. 2015
Lugano
Museo delle Culture
•«Il Giappone dell’800
nella Collezione Perino»
fino al 25 gen. 2015
Choisi – one at a time
•«Lugano-Tesserete.
Evoluzione di un percorso
ferroviario»
dal 4 ott. al 15 nov.
Spazio 1929
•«Tavole di testo»
e «Otto Pfenniger»
dal 17 ott. al primo dic.
Galleria Doppia V
•«Manuel Archain»
dal 20 ott. al 28 nov.
Sonnenstube
•«Fen» dal 31 ott. al 15 nov.
La Biennale: immagini
in 22 sedi da Lugano a Como
Dedicata a fotografia e arti visive, analizza
i mutamenti del Ticino e oltre, dilagando in nuove città
chiasso. La 9a Biennale dell’immagine coinvolgerà per tre mesi 22 sedi da Lugano a Como,
espandendosi nel territorio ticinese fino all’area insubrica. L’appuntamento è dal 12 ottobre all’11
gennaio, con cerimonia di apertura il 12 alle ore 16 nel Cinema Teatro di Chiasso. L’evento è promosso dal Dicastero Cultura, dal Dicastero Servizi, attività sociali e giovani del Comune di Chiasso,
in collaborazione con la Cons Arc/Galleria di Chiasso e il Centro Culturale Chiasso e il Comitato
della Biennale. Questo è composto da Nicoletta Ossanna Cavadini, direttrice del m.a.x. museo
e dello Spazio Officina, da Andrea Banfi e Lucia Ceccato di Chiasso, Culture in movimento,
Daniela e Guido Giudici della Cons Arc/Galleria, Simonetta Candolfi, Antonio Mariotti,
critico e giornalista, Gian Franco Ragno, storico della fotografia, Gianna Macconi della Galleria Mosaico, e Rosella Zanardini Rolla della Fondazione Rolla-Rolla.info. Al centro della
manifestazione sono la fotografia, la videoarte e il cinema. Il titolo «Trasformazioni» allude ai
mutamenti epocali che hanno interessato il territorio ticinese dal recente passato fino a oggi. Visto
il numero delle sedi e la durata della manifestazione, il programma è piuttosto ampio ed è composto da esposizioni ideate e presentate nelle singole strutture, oltre a eventi e una rassegna di
film a cura del Cineclub del Mendrisiotto proiettati nel Cinema Teatro di Chiasso. Le istituzioni
coinvolte a Chiasso sono sedi pubbliche, come il m.a.x. museo e lo Spazio Officina, ma anche
private, come Cons Arc/Galleria, la Galleria Mosaico e Radio Gwendalyn con una performance. Tra le sedi fuori dalla città di frontiera partecipano invece la Biblioteca dell’Accademia di
architettura a Mendrisio, tra le maggiori sulla storia dell’architettura e dell’arte di tutta la Svizzera, ma anche il Parco delle Gole della Breggia (Torre dei forni) a Morbio Inferiore, la Pinacoteca
cantonale Giovanni Züst a Rancate, Casa d’arte Miler a Capolago, due sedi a Riva San Vitale con
i Cittadini per il territorio del Mendrisiotto. Non mancano poi luoghi inaspettati, come l’Ex Stabilimento Balneare Sociale ai Bagni di Stabio, la cui nuova vocazione è quella di luogo di cultura.
Lugano partecipa con le iniziative del Museo delle Culture, di Choisi - one at a time, Spazio 1929,
Galleria Doppia V e Sonnenstube Offspace. Anche istituzioni non prevalentemente votate alle
arti visive hanno aderito alla Biennale, tra queste il Museo dei fossili del Monte San Giorgio
a Meride, ristrutturato da Mario Botta, e il Museo della civiltà contadina del Mendrisiotto a
Stabio. A superare i confini nazionali è la Fondazione Rolla, che presenta un progetto condiviso
tra la sua sede di Bruzella, in Ticino, e la Camera di Commercio di Como.
m.a.x. museo
Via Dante Alighieri 6
6830 Chiasso
orari
ma−do
10−12
15−18
grafica
comunicazione
visiva
fotografia
design
t
f
+41 (0)91 695 08 88
+41 (0)91 695 08 96
[email protected]
centroculturalechiasso.ch
Vedere a chiasso | 15
Il museo è giovane
ma parlerà subito di «Trasformazioni»
Nicoletta Ossanna Cavadini ripercorre la storia
e anticipa i progetti del m.a.x. museo di Chiasso
chiasso. Per Nicoletta Ossanna Cavadini, direttrice del
m.a.x. museo di Chiasso, mettersi in rete significa costruire
progetti in sinergia con una visione integrata, realizzare un
programma di mostre ad hoc seguendo la missione del museo
e avviare importanti collaborazioni internazionali. La stagione espositiva che porta all’Expo 2015 si apre con la mostra
dell’artista svizzero Daniel Spoerri, inventore della Eat Art,
e quindi in connessione con l’Expo e il padiglione svizzero.
Quali sono le finalità del m.a.x. museo?
È un’istituzione pubblica dal 2010, ma ha mantenuto le finalità previste
dalla Fondazione Max Huber-Kono (che ne aveva promosso la costituzione
e realizzazione nel 2007): un’attività legata alla grafica, al design e
alla comunicazione visiva. Questo rimane un ambito di pertinenza
importante con tre mostre all’anno dedicate a tre filoni: la grafica
storica (con le grandi opere degli incisori del passato), la
grafica contemporanea (con personalità viventi che
hanno contribuito alla produzione dell’ultimo secolo
e che spesso sono state in contatto con Max Huber o
il suo entourage) e i maestri del XX secolo (pittori,
scultori e architetti che hanno operato attività
grafica ad alti livelli). A tutto ciò si lega l’approccio
che il Comitato Scientifico ha voluto in questi
ultimi anni avviando collaborazioni internazionali
importanti.
Quali mostre avete creato
con altre istituzioni?
La monografica di Heinz Waibel, appena
conclusa, sarà a Montreal nel 2016. Il tema
della mostra è «Il viaggio creativo». Waibl si
recò alla fine degli anni Sessanta negli Stati
Uniti, dove fu apprezzato come portatore
della cultura europea. Quando rientrò
in Italia venne visto come l’americano in
Head Office
IFARC Sagl
Via Canova 18
6900 Lugano
CH - Switzerland
Laboratory
c/o Punto Franco Chiasso
Via Magazzini Generali 14
6828 Balerna
CH - Switzerland
il m.a.x. museo in una foto di Gian Paolo Minelli. Progetto degli architetti Pia
Durisch & Aldo Nolli, premio SIA Ticino, 2007
Europa. Da qui l’idea di mettersi in connessione con l’Ecole du Design di
Montréal che ha avviato studi e ricerche sui grafici europei in America.
L’8 ottobre viene inoltre inaugurata a Roma la mostra su Luigi Rossini
all’Istituto Nazionale per la Grafica. L’autore, che nacque alla fine del
1700, è l’ultimo grande incisore delle meraviglie di Roma e Pompei prima
della fotografia. La sua figura è affrontata anche grazie alla ricerca
svolta in Canton Ticino, dove sono conservati alcuni disegni acquerellati,
eseguiti per le matrici delle stampe. La mostra, intitolata «Luigi Rossini
(1790-1857) incisore. Il viaggio segreto», curata da Maria Antonella
Fusco e da me, è stata esposta al m.a.x. museo lo scorso inverno. La
programmazione della scorsa stagione era dedicata al viaggio. «Serge
Brignoni (1903-2002) artista e collezionista. Il viaggio silenzioso», su uno
dei maggiori collezionisti di arte etnica e uno dei maggiori esponenti del
surrealismo svizzero, era allestita in due musei (con biglietto coordinato):
il Museo delle Culture di Lugano e il m.a.x. museo, dove la mostra faceva
parte del filone dedicato ai maestri del XX secolo.
Come partecipate alla Biennale dell’immagine?
Proponiamo dal 12 di ottobre all’11 di gennaio 2015 una mostra su
Werner Bischof, grande fotoreporter della cultura internazionale.
Qual è il programma della prossima stagione?
Il tema «Trasformazioni» cui è dedicata la biennale caratterizzerà la
stagione espositiva del museo. Le trasformazioni intese in senso culturale,
artistico, metaforico, fino alla trasformazione del cibo, che ci lega all’Expo
2015 di Milano. Dopo Werner Bischof ci sarà una mostra legata al filone
della grafica storica, poi «Daniel Spoerri. Eat Art in transformation», dal
primo maggio al 30 agosto 2015, saranno esposte anche le sue grafiche,
poco conosciute, che provengono dalla Biblioteca nazionale svizzera
di Berna, insieme a sculture, «tableaux-piège» e alle sue ultime opere.
Durante l’Expo si terrà anche «La grafica per l’aperitivo. Trasformazioni
del brindisi», dal 19 settembre 2015, con opere di Fortunato Depero,
Marcello Dudovich, Leopoldo Metlicoviz, Armando Testa e altri.
Com’è la sede del museo?
Il m.a.x. museo è stato progettato dagli architetti svizzeri
Durisch + Nolli ed è il più recente museo pubblico nel Canton Ticino
costruito ex novo. È interessante anche come esempio di architettura
museale contemporanea. In primavera lo Spazio Officina ospiterà la
mostra «Durisch + Nolli. Trasformazioni in area» dedicata alla storia
della piazza dove sorgono il Centro Culturale Chiasso, il Museo,
lo Spazio Officina e il Cinema Teatro; un luogo di contaminazione
creativa e una cerniera fra la cultura svizzera e italiana.
Che cos’è lo Spazio Officina?
È il secondo spazio espositivo che dirigo, un’autorimessa novecentesca
ristrutturata dagli stessi architetti. Qui abbiamo voluto mantenere
il sillogismo con l’officina come spazio di azione e sperimentazione.
Una mostra dello «street photographer» Beat Streuli documenterà,
all’interno della Biennale dell’immagine, i cambiamenti culturali del
Canton Ticino segnati dall’arrivo della ferrovia a fine Ottocento e
dalla costruzione dell’autostrada cinquant’anni fa, e dalla conseguente
nascita di un mix tra cultura mitteleuropea e latina.
Quali rapporti intendete stabilire con il pubblico?
Il Museo è improntato al dialogo, con le altre istituzioni e con il pubblico.
La stessa architettura caratterizzata dalla trasparenza del vetro
esprime un’idea di apertura. Del resto la grafica è comunicazione. Sono
convinta che il Museo possa contribuire a diffondere una consapevolezza
degli aspetti legati alla comunicazione visiva. I laboratori didattici per
bambini e ragazzi sono svolti da mediatori specializzati che applicano
il metodo Munari con un’esperienza creativa diretta. Organizziamo
visite guidate gratuite la prima e l’ultima settimana di ogni esposizione
(basta pagare unicamente il biglietto d’ingresso alla mostra) seguite
da un aperitivo che stimola l’incontro fra pubblico e direzione museale.
Organizziamo anche conferenze serali e aperture notturne, cui ha
partecipato Heinz Waibl, 83 anni. Daniel Spoerri sarà presente
all’opening, alla messa in scena di un balletto al Cinema Teatro e a una
grande cena che ricorderà le performance del «Ristorante Spoerri».
m.a.x. museo, Chiasso: «Werner Bischof», 12 ottobre-11 gennaio
Tel.: +41 91 682 17 81
Mob.: +41 79 770 76 63
www.ifarc.ch
Il Centro, attivo a Balerna, presso il Punto Franco di Chiasso, ha come
scopo l’esecuzione di analisi strumentali e chimiche finalizzate allo
studio tecnico e materico delle opere d’arte di qualsiasi natura, tecnica
ed epoca e naturalmente alla loro conservazione e restauro. Indagini
strumentali non invasive ai raggi X, U.V., I.R e con videomicroscopio a
fibre ottiche rappresentano, insieme alle analisi chimiche stratigrafiche,
il supporto tecnico indispensabile per lo studio storico artistico condotto da esperti individuati di volta in volta in base alle proprie
competenze specifiche - e per una corretta valutazione dell’opera.
IFARC, nato dalla collaborazione tra Fabrizio e Federico Mion di Aion
Masterpieces di Lugano e Anna Rosa Nicola, Nicola Pisano e Roberto
Ronco di Nicola Restauri di Aramengo, offre ai propri clienti, siano
essi proprietari o acquirenti di opere d’arte di grande rilevanza, un
servizio di altissima qualità, affrontando e risolvendo problematiche
legate alla contrattualistica, a perizie, valutazioni, assicurazioni, fiscalità
internazionale e scelte d’investimento.
Negli spazi sorvegliati del Punto Franco, storici dell’arte, restauratori,
professionisti in materia legale e fiscale operano con serietà e competenza
e con la massima trasparenza nei confronti delle autorità doganali.
Vedere a chiasso | 16
ia
L’avvocato ha deciso che a Chiasso
bisogna fare il restauratore
Dopo l’AION Masterpieces, Fabrizio Mion ha fondato IFARC, il primo
centro ticinese di restauro all’avanguardia che offre consulenze a domicilio
chiasso. Tutto è cominciato da un’opera di Rubens e dalla
necessità di eseguire delle radiografie. L’avvocato Fabrizio
Mion aveva da poco fondato la AION Masterpieces, una
società di management dell’arte (insieme a Federico
Mion, economista, e Claudio Metzger, storico ed esperto
d’arte) con l’obiettivo di far confluire tre diverse esperienze
professionali: gestione, promozione e compravendita
delle opere d’arte, spesso oggetto di processi ereditari e di
vendita che rendono difficili o vane le scelte in merito, e
non facilmente identificabili i canali di provenienza delle
opere. A fine 2012 la AION ha presentato a Lugano e ad
Ascona una selezione di otto opere di Peter Paul Rubens, e in
quell’occasione si è presentata la necessità di eseguire delle
radiografie a una di esse. «Volevo far eseguire tutti gli studi e le
analisi scientifiche non invasive sull’opera per ottenere le fondamentali
informazioni complementari alle expertise soggettive. E mi sono
accorto che in Ticino non era facile». È molto chiaro Fabrizio Mion
quando racconta la nascita dell’IFARC, Institute for Fine
Art Reasearch & Conservation, il centro di ricerca, restauro
e conservazione di capolavori che ha aperto a Chiasso lo
scorso aprile. Determinante si è rivelato l’incontro con Anna
Rosa Nicola e suo marito Nicola Pisano, titolari di un
laboratorio di analisi e di restauro attivo da tre generazioni in
Piemonte ad Aramengo. I due avevano già curato il restauro
di un’altra tela di Rubens in mostra. La reazione di Fabrizio
Mion è stata pragmatica e immediata: insieme agli altri due
titolari e al presidente Roberto Ronco dell’italiana Nicola
Restauri ha fondato IFARC. A Lugano la sede con gli uffici,
nel Punto Franco di Chiasso, l’area doganale della città al
confine con l’Italia, vi è invece il laboratorio, che qui gode di
sicurezza, sorveglianza, connessione immediata con i mezzi
di trasporto, rendendo agevole lavorare anche su opere in
temporanea importazione. Il laboratorio è composto di una
zona per le analisi e una per il restauro. Grazie alla dotazione
di strumentazione portatile per l’esecuzione di radiografie
e di vari tipi di analisi (ultravioletto, infrarosso, infrarosso a
falsi colori, fluorescenza a raggi X, videomicroscopio a fibre
ottiche, ecc.), i collaboratori dell’IFARC sono anche in grado
di spostarsi al domicilio del cliente. I primi interventi hanno
già dato risultati. «Il nostro primo intervento è stato simbolico.
Si tratta di un quadro che, grazie alle analisi e alle operazioni di
restauro, ha svelato il volto di un’anziana e accollata lavandaia
e la firma di un autore olandese sotto il ritratto di una giovane e
procace ragazza alla fontana, racconta Fabrizio Mion, in quel
momento ho avuto la conferma della grande differenza che esiste
fra quello che l’occhio umano è in grado di vedere e quello che non
può assolutamente vedere». I risultati scientifici possono essere
confrontati con il contenuto delle varie expertise e sono
Sopra il porto c’è il castello: è un museo
Attività nei laboratori IFARC
un indispensabile supporto per lo studio storico-artistico
dell’opera, aiutando al tempo stesso i restauratori nella
comprensione degli interventi già eseguiti in passato e nella
valutazione di quelli ancora da attuare. I responsabili delle
operazioni di analisi e di restauro nella sede di Chiasso sono
gli stessi titolari della Nicola Restauri, che «si spostano in Ticino
per eseguire personalmente ogni fase di lavoro, convinti che in futuro
si possa pensare a formare delle figure professionali sul territorio. Del
resto presso la SUPSI di Lugano, la Scuola universitaria professionale
della Svizzera italiana, spiega Mion, esiste già un corso di laurea
in conservazione e restauro ed è nostro desiderio interagire con le
istituzioni cantonali e comunali, oltre che con i collezionisti privati».
Intanto all’IFARC, a pochi mesi dall’apertura, sono già state
affidate per analisi e restauri numerose opere antiche e
contemporanee: per quest’ultime, infatti, la salvaguardia e la
conservazione non sono meno importanti.
Ci vuole una stanza soleggiata
La storia della città è scritta nella fortezza viscontea tra reperti archeologici,
antiche tracce portuali ma anche opere di arte contemporanea
locarno. Il castello visconteo è il simbolo di Locarno, del suo passato e del suo presente. È una struttura difensiva storica, oggi sede
del Museo Civico e Archeologico, e nel secolo scorso del primo museo comunale d’arte della cittadina, dove confluirono opere
internazionali del secondo dopoguerra. Molti sono i rimandi storici, a partire dal legame con le grandi dinastie lombarde. La sua
costruzione si colloca tra il XIII e il XV secolo, e di tale periodo conserva il cortile rinascimentale. La sua funzione difensiva si interrompe con la caduta dei Visconti e degli Sforza e con il passaggio sotto i confederati elvetici. Nel Museo sono conservati reperti
del territorio dalla tarda età del Bronzo al tardo Medioevo, insieme alla collezione di vetri di epoca romana di Emilio Balli. Nel sottosuolo del castello sono emrsi elementi dell’antico porto, ubicato più nell’entroterra rispetto a oggi. Anche le vicende
della comunità artistica di Locarno del ’900 sono legate castello, che allora ospitava il primo museo comunale di Locarno, il Museo
d’Arte Contemporanea, spostatosi dal 1987 in Casa Rusca come Pinacoteca comunale. Come nel caso del Museo Comunale
della vicina Ascona, l’apertura dell’istituzione non fu programmata o imposta, ma scaturì dall’iniziativa degli artisti, che a Locarno
furono molti e non solo autoctoni. Tra il 1955 e il 1975 la scena artistica cittadina fu particolarmente vivace. Jean Arp, Hans Richter
e Julius Bissier arrivarono nella zona attirati dalle locali colonie di artisti. Julius Bissier chiamò in Ticino lo svizzero tedesco Raffael
Benazzi, poi arrivarono artiste come Ingeborg Lüscher, l’inglese Ben Nicholson e l’italiano Italo Valenti. Con l’Italia e con Brera
c’era uno stretto legame. Era ed è l’Accademia più vicina, e fu frequentata da Remo Rossi, personalità trascinante, membro della
Commissione Federale delle Belle Arti (della quale divenne presidente dal ‘69 al ’79), commissario del Padiglione Svizzero a Venezia
dal ’62 al ’72. A Locarno, già dalla fine degli anni ’50, Rossi diede vita (di fianco al suo studio privato ai Saleggi) a un complesso di
atelier che divennero il cuore della vita artistica di Locarno. Fu proprio da una delle amicizie nate qui, quella tra Remo Rossi e Jean
Arp, che si formò l’idea del museo d’arte. Sulla base dell’importante donazione che i coniugi Arp fecero alla Città, Rossi, nel 1965,
si adoperò affinché la città istituisse un Museo per ospitare le opere. Da allora il museo è cresciuto e oggi la Pinacoteca Comunale
Casa Rusca ospita più collezioni: il lascito Nesto Jacometti, con dipinti e incisioni di circa 150 artisti; xilografie e legni della donazione di Giovanni Bianconi e le donazioni di Rudolf Mumprecht, di Emilio Maria Beretta e di Rosalda Gilardi Bernocco.
Anche la Fondazione Filippo Franzoni ha consegnato in deposito le proprie opere, esposte nel palazzo Casorella che fa parte del
complesso museale del castello visconteo, diretto, come la Pinacoteca comunale Casa Rusca e il Museo Civico e Archeologico, da
Riccardo Carazzetti.
Museo Civico e Archeologico, Locarno
Locarno vista da Orselina
locarno. La Rada di Locarno è uno spazio non profit per
l’arte contemporanea, con una storia pluridecennale di
ricerca, esposizione e produzione artistica ed editoriale.
Adesso cambia sede e si sposta dalle scuole di Piazza Remo Rossi, che ospiteranno il futuro Palacinema,
all’ex centrale telefonica di via della Morettina. Il centro
La Rada era stato fondato nel 1996 da Tina Stolz, con
l’obiettivo di generare una cultura capace di superare le
barriere tra diverse espressioni artistiche, linguistiche,
geografiche e nazionali. Innumerevoli le interazioni di La
Rada con il territorio ticinese e internazionale (Italia inclusa). L’ultima è una collaborazione con i ragazzi della
Sonnenstube, un altro centro non profit: cinque artisti
venticinquenni che hanno lasciato il Ticino per frequantare le accademie e si sono dati appuntamento qui per
organizzare la programmazione di uno spazio espositivo.
Dietro al nome tedesco Sonnenstube, che significa stanza soleggiata, vi sono dei giovani che hanno studiato e
hanno lo studio a Milano, Ginevra e Zurigo: Marta Margnetti, Damiano Merzari, Sébastien Peter, Salvatore Vitale e Gianmaria Zanda. Insieme hanno aperto il centro
un anno fa a Lugano, a pochi metri dalle gallerie ego e
Primae Noctis. Due gli spazi, non lontani, che li hanno
ispirati: lo Spazio 1929, basato sul coworking di una
decina di creativi, registi e produttori, e l’Artelier, studio personale dell’artista Alex Dorici, ora in mostra alla
Buchmann Galerie di Agra. Artelier è in centro a Lugano,
a pochi passi da via Canonica, ma era stato a lungo in
una struttura ex industriale fuori città. Choisi-one at a
time è invece nella città a Lugano: è lo spazio di un’associazione culturale focalizzata sull’editoria d’arte e i libri d’artista e impegnata in una programmazione regolare di mostre ed eventi d’arte contemporanea (nella foto
un’installazione di Teres Wydler del 2013 a La Rada,
Spazio d’arte contemporanea di Locarno).
Vedere a chiasso e locarno | 17
Questa città
Lipchitz ritorna!
Pinacoteca comunale
è costellata di stelle Nella
Casa Rusca una grande
Un particolare del nuovo edificio della Fondazione Marguerite ArpHagenbach a Solduno-Locarno
© Fondazione Marguerite Arp-Hagenbach, Locarno
Le fondazioni Arp, Rossi
e Jawlensky e le stamperie private
disseminate nel locarnese
locarno. La presenza degli artisti ha segnato la vita culturale della città, che oggi è costellata di fondazioni private, dedite ad
attività di ricerca, promozione ed espositive, e di atelier, aperti all’interazione tra artisti e scrittori come le stamperie d’arte. Le
fondazioni sono state create intorno alle figure di artisti locarnesi e internazionali che hanno operato sul territorio. La Fondazione Remo Rossi è dedicata alla figura clou dell’ambiente artistico locarnese del secolo scorso, che aprì i suoi studi agli amici
e diede vita al museo d’arte cittadino. La ristrutturazione della sua abitazione fornirà a breve l’opportunità di vedere esposte le
circa settecento opere della sua collezione personale, che include opere dei suoi compagni di viaggio, uno fra tutti: Jean Arp. A
queste si aggiungono l’archivio fotografico e cartaceo, consultabile dal pubblico, e la sua biblioteca. Negli atelier ai Saleggi, in
via Nessi, sono invece conservate le sculture e i gessi, testimonianza dei suoi numerosi interventi d’arte pubblica in Ticino, tra i
quali ricordiamo la Fontana della foca a Bellinzona e la statuetta simbolo del Festival del film di Locarno. Anche gli atelier,
rimasti inalterati, saranno oggetto di un’opera di restauro, in seguito alla quale saranno aperti a giovani artisti in formazione,
come vuole la presidente Diana Rizzi. Al più caro amico di Remo Rossi, Jean Arp, è dedicata la Fondazione Marguerite ArpHagenbach, istituita a fine anni Ottanta dalla seconda moglie dell’artista, che le ha dato anche il proprio nome. La sede è nella
casa-studio di Arp, nel quartiere di Solduno, dove è appena stato inaugurato un nuovo edificio, pensato come sala espositiva e
come deposito dove conservare l’opera dell’artista, sia visiva sia letteraria. La fondazione custodisce i dattiloscritti delle poesie,
una biblioteca con numerose prime edizioni dei suoi libri, fotografie storiche e un’ampia corrispondenza. Nella primavera
dell’anno prossimo la Fondazione sarà aperta al pubblico su appuntamento, in orari fissi. Fino ad allora, invece, è riservata ai
ricercatori. Il conservatore Rainer Hüben pensa a un allestimento permanente della collezione, che verrà cambiato una volta
all’anno in modo da presentare a rotazione tutte le opere di Jean Arp, della prima moglie Sophie Taeuber-Arp e di artisti a lui
vicini come Max Ernst e Joan Mirò. Un’altra istituzione privata, dedicata a un artista internazionale trapiantato a Locarno, è
l’Archivio Alexej von Jawlensky, diretto dalla pronipote dell’artista, Angelica Jawlensky Bianconi. Quest’anno, per i 150 anni
dalla nascita dell’autore russo, avvenuta nel marzo del 1864, è stato organizzato un ciclo di mostre, in collaborazione con Kunstsammlung Chemnitz-Museum Gunzenhauser, Landes-Stiftung Arp Museum Bahnhof Rolandseck, Schloßmuseum Murnau e con
il Museum Wiesbaden (che conserva un ampio numero di opere dell’artista), ma la vocazione dell’Archivio rimane la ricerca. Tra
fine 2014 e inizio 2015 è prevista una nuova pubblicazione con inediti studi sull’artista, sulle sue tecniche pittoriche e i materiali
utilizzati, cui seguirà il completamento del catalogo ragionato. Una delle stamperie di Locarno è l’atelier L’Impressione di
Franco Lafranca che si occupa di calcografia e serigrafia. Tra le sue edizioni, «Pagine aperte» è un unico foglio dove si confrontano un artista e uno scrittore e «Leporello» è una pagina piegata a fisarmonica. Con lui hanno collaborano artisti come Franco
Mazzucchelli e scrittori come il ticinese Fabio Pusterla. Per Lafranca il foglio di carta è un supporto sul quale esercitare l’arte, ma è
anche un tradizionale luogo di scrittura, dove svaniscono i confini tra gli autori, come documentano i racconti lunghi un sedicesimo realizzati da un collettivo di scrittori. A ottobre uscirà il quinto volume. Tra le stamperie Il Salice di Manlio Monti realizza
stampa con caratteri in piombo e incisioni e organizza anche corsi aperti al pubblico. Tra le sue edizioni, «Le cartelle nere»
(la prossima con Giulia Napoleone e Flavio Paolucci) e la collana di poesie e incisioni «I semi del Salice».
Fondazione Remo Rossi, Fondaz. Marguerite Arp-Hagenbach, Archivio Alexej von Jawlensky, Stamperia L’Impressione, Stamperia Il Salice, Locarno
Il Palazzo del Pardo
locarno. La città del Festival Internazionale del
Film sta per avere il suo Palazzo del Cinema, un
centro permanente di presentazione e ricerca. I
lavori sono appena iniziati, l’ubicazione è centrale, poco distante da piazza Grande. È stato scelto l’edificio delle ex scuole comunali in piazzetta
Remo Rossi. L’edificio originale fu progettato da
Ferdinando Bernasconi senior a fine Ottocento e
successivamente fu ampliato da Silverio Bianda
e Respini. Verrà recuperato con il mantenimento
delle facciate e delle due ali laterali, l’occupazione dell’attuale corte interna e la sopraelevazione
di un piano, venendo a creare un attico dorato. Il progetto è dello studio d’architettura londinese Zaera-Polo. Ospiterà tre sale
di proiezione, la sede amministrativa del Festival e il suo archivio cinematografico (attualmente negli spazi dell’Archivio di Stato
del Cantone Ticino a Bellinzona) che così potrà essere messo in relazione di fruibilità con la Cineteca nazionale svizzera. Il Palacinema si affaccerà su piazza Castello, sulla quale gravita anche il complesso museale del maniero visconteo. Piazza Castello è
il risultato di un intervento di viabilità che ha segnato profondamente negli anni Novanta l’assetto urbano. Differenti architetture
cittadine concepite in momenti diversi dell’ultimo secolo sono diventate dei classici contemporanei. C’è il bagno pubblico, uno
stabile balneare di matrice razionalista firmato alla fine degli Venti da Ferdinando Bernasconi junior e Ferdinando Fischer. La
scuola elementare di Livio Vacchini è degli anni Settanta. Fu progettata avendo come modello la città: le aule come case,
ordinate a scacchiera, i corridoi come strade e gli spazi per il gioco come piazze. Di Vacchini è anche la «ferriera» dei primi anni
2000, che, per l’involucro metallico portante perimetrale di tutto l’edificio, ha vinto il Premio europeo per le costruzioni in acciaio
(nella foto il Palacinema di Locarno © AZPML - Alejandro Zaera-Polo & Maider Llaguno Architecture, Londra; © Città di Locarno).
Palacinema, Locarno
Vedere a locarno | 18
retrospettiva sull’artista lituano
Lipchitz nel suo atelier a New York
locarno. Lipchitz è l’autore dell’imponente scultura che
svetta davanti alla facciata della Columbia University a New
York. Negli anni Settanta avrebbe voluto trasferirsi a Locarno
negli atelier di Remo Rossi e ora ritorna idealmente sul Lago
Maggiore grazie alle sue sculture. Fino al 6 gennaio, infatti,
la Pinacoteca comunale Casa Rusca dedica a Jacques
Lipchitz una mostra retrospettiva. Le opere dell’artista
di origini lituane risalgono all’esperienza cubista e delle
avanguardie e provengono dal Metropolitan di New York,
dalla Tate di Londra e dal Boijmans Van Beuningen di
Rotterdam. Oltre a sculture monumentali, bassorilievi e
bozzetti, un disegno è il cuore della rassegna. Si tratta di
«Ratto di Europa» del 1970, che Lipchitz regalò al locarnese
Remo Rossi, in memoria del loro rapporto di amicizia.
Una sezione è dedicata al confronto tra le opere dei due
artisti sui medesimi soggetti: i bassorilievi «Toro e condor»
e «Picador» di Lipchitz e «Contadini e buoi» dello scultore
locarnese. Un altro confronto è quello con Jean Arp,
presente con due opere dalle quali emerge che «Lipchitz
costruisce e Arp modella, Lipchitz interconnette forme e Arp cerca
essenze pure», come spiega Kosme de Barañano, che insieme
al direttore della Pinacoteca Riccardo Carazzetti ha curato
la mostra realizzata in collaborazione con la Marlborough
Gallery di New York, accompagnata da un catalogo.
Si può ammirare l’intera produzione di Lipchitz, dagli anni
della formazione agli ultimi lavori, secondo un ordine
cronologico e tematico che documenta le diverse fasi della vita
dell’autore, trapiantato dalla Lituania a Parigi per studiare,
costretto a fuggire a New York durante la guerra, poi tornato
in Europa e in Italia. Nella sezione «immagini italiane» si
trovano pezzi realizzati nel 1962, anno in cui affittò uno studio
in Villa Bosio a Pieve di Camaiore, nei pressi di Firenze. Fu
però negli Stati Uniti, negli anni della guerra e dell’esilio,
che la sua carriera raggiunse l’apice. Le sale al primo piano
ospitano i bozzetti di questi anni centrali, che testimoniano
i suoi interventi di arte pubblica. Tra gli altri, gli schizzi di
«Bellerofonte che doma Pegaso», scelto dalla Columbia,
quello della scultura monumentale realizzata per il
Fairmount Art Park di Filadelfia e quello delle opere per
una chiesa nell’Indiana. Non mancano le sculture come «Il
governo del popolo», posizionata nella corte del palazzo, e
un’opera fusa in America nel 1948, intitolata «Agar».
La produzione degli ultimi anni è esposta al secondo piano e
termina con l’ultimo monumento «Il nostro Albero della
vita» del Monte Scopus di Gerusalemme. A chiudere la mostra
sono esposti i ritratti di galleristi quali Albert Skira o Curt
Valentin, e quello dell’artista eseguito da Théodore Géricault,
che racconta: «Volevo realizzare un ritratto il più realistico possibile,
e ho studiato vari documenti e tutti i ritratti già esistenti. Questo è il
mio omaggio a un grande artista che ho amato tantissimo».
Pinacoteca comunale Casa Rusca, Locarno: «Lipchitz», fino al 6 gen.’15
Sede monolitica per
una collezione di coppia
Inaugurata lo scorso aprile la Fondazione
Ghisla Art Collection ospita su due piani
80 opere dei coniugi Ghisla
locarno. Un cubo rosso con una sola apertura verso l’esterno.
È la monolitica sede della nuova Fondazione Ghisla Art
Collection, inaugurata la scorsa primavera accanto al Casinò,
quasi fronte lago, aperta ai visitatori ogni pomeriggio dal
martedì alla domenica. All’interno, otto sale espositive su
due piani, dove vengono presentate al pubblico 80 delle 190
opere della collezione privata dei coniugi Martine e Pierino
Ghisla. Per la primavera dell’anno prossimo hanno già
annunciato un nuovo allestimento e un altro catalogo.
Com’è nata l’idea di una sede pubblica
per la vostra collezione?
Cominciava a diventare troppo importante per esporla solo
privatamente e per conviverci. Non avevamo molte soluzioni: o
venderla o esporla al pubblico. Venderla non potevamo, perché
rappresenta una passione troppo lunga. Ogni collezionista condivide la
sua passione almeno con un altro collezionista, o con un artista. Perché
allora non condividerla con il pubblico? L’arte è cultura per tutti.
Chi è geloso non ama la cultura, chi ha creato un’opera l’ha fatto per
mostrarla agli altri. Speriamo che altri seguiranno le nostre orme. Non
tanto nel possedere. Ma nel condividere.
Il «vostro museo che cosa rappresenta per voi?
Un giornalista ha parlato della sede come di una «scatola delle
meraviglie». Ecco, qui dentro ci sono le nostre meraviglie di trent’anni.
Come si è sviluppato il progetto?
È cominciato con l’acquisto della casa otto anni fa. Il primo progetto
prevedeva di demolirla e di realizzare un edificio importante
e innovativo, ma fuori dalla nostra portata a livello gestionale.
Dall’acquisto l’idea era di raderla al suolo ma quando siamo entrati
nella casa per la prima volta ci siamo resi conto degli spazi. L’edificio
sembra nuovo, ma abbiamo adattato quello esistente.
Dov’era prima la vostra collezione?
Vivevamo in Belgio. Sono mancato dal Ticino per 45 anni, anche se
abbiamo sempre trascorso le vacanze a Locarno. A Bruxelles abbiamo
una casa grande dove esponevamo le nostre opere. Negli ultimi 5 anni ci
siamo permessi di comprare opere più importanti, come «The colossus»
di Claire Morgan, proprio perché avevamo in mente questo spazio.
Che cos’è cambiato rispetto a tenere le opere in casa?
Le vedo e le apprezzo ancora di più. Vengo qui tutti i giorni, spesso
accompagno i visitatori. Spiego quello che sento di fronte ai quadri. E
quando trovo qualcuno entusiasta, iniziano lunghi scambi. Per me
è un piacere.
Come scegliete le opere?
Ogni volta è un colpo di fulmine, sempre più forte. Quando abbiamo
disimballato qui per la prima volta «Bianco» di Agostino Bonalumi del
1967, che non avevamo mai installato prima, mi sono venute le lacrime.
Compriamo solo quello che ci emoziona. Ricordo che un gallerista c’invitò
per mostrarci un’opera di Antoni Tàpies. Abbiamo preso un aperitivo,
conversato a lungo, ovviamente d’arte, ma l’opera che proponeva non
ci piaceva per nulla. Uscendo ne abbiamo vista una di Jean-Michel
Basquiat che è stata appesa alle pareti di casa nostra per 17 anni.
Quando avete iniziato a collezionare?
Mio marito era stato al Sablon a Bruxelles. Quando è tornato a
A sinistra, i coniugi Pierino e Martine Ghisla (Foto di Fotoearte SA)
Qui sopra, la sede di Ghisla Art Collection (Foto di Fotoearte SA)
casa mi ha detto che aveva visto un’opera favolosa! Era di Georges
Mathieu e da allora ha iniziato a cercare le sue opere, finché ha
trovato quella che abbiamo qui esposta. Si parla di trent’anni fa.
Ma non è stato così immediato. Prima avevamo sempre comperato
paesaggi, poi mio marito è arrivato con il Mathieu. All’inizio non
lo capivo, ma a un certo punto non mi piacevano più i nostri vecchi
quadri con i paesaggi e le mucche. Un giorno allora Pierino mi
ha fatto una sorpresa: con la complicità di un amico gallerista ha
scambiato tutti quei paesaggi del XIX secolo per un Christo. Da
allora ho sempre amato Christo. Spesso ci sono opere in collezione
che piacciono di più a uno di noi e meno all’altro. Il gusto cambia,
evolve, credo sia così per tutti. Ciascuno reagisce a modo suo,
secondo la sua educazione.
Una delle vostre opere è nel parco pubblico
di fronte al museo.
La collezione ha una casa, ma purtroppo non un giardino. È un
peccato, perché abbiamo parecchie sculture. Per l’apertura la città
di Locarno ci ha permesso di collocare un’opera di Bernar Venet a
tempo indeterminato. Ma non tutte le nostre opere sono adatte a un
parco pubblico.
Che relazioni avete con la città di Locarno?
La Fondazione è privata ed è stata realizzata senza alcun supporto
da parte della città. Ora è presto, ma in futuro avranno modo di
rendersi conto di quanto abbiamo portato.
Fondazione Ghisla Art Collection, Locarno
L’Elisarion dell’eterna giovinezza: un Sanctuarium Artis
minusio. L’Elisarion ha oggi due identità, una è legata al passato, l’altra all’attualità. Una è quella di Centro Culturale, impegnato in una programmazione
continua di mostre ed eventi, l’altra quella di Museo, con l’archivio dedicato ai protagonisti delle cosiddette teorie clariste di Elisàr von Kupffer e Eduard von
Mayer. Furono loro a far erigere l’edificio negli anni Venti nel comune sul Lago Maggiore alle porte di Locarno. A pochi metri da esso si trasferì il poeta tedesco
Stefan George. A Muralto, un paese vicino, Paul Klee, mentre a Minusio morì nel ’77 Hans Richter. Proprio in questa cittadina i protagonisti delle teorie clariste
vollero edificare il tempio della filosofia fondata da von Mayer e dipinta dal compagno e artista Elisàr von Kupffer, come aspirazione a un mondo lontano da
caos e oscurità. Si tratta di esperienze legate a quelle di Monte Verità ad Ascona, dove è conservata l’opera principale di von Kupffer, il dipinto monumentale «Il
Chiaro Mondo dei Beati», che Harald Szeemann spostò dalla villa rimasta chiusa per una ventina d’anni. Il Centro culturale e Museo Elisarion ha infatti aperto i
battenti nel 1981. Il curatore responsabile della programmazione è Claudio Berger, che ogni anno presenta, accanto a un programma di concerti, due mostre:
una d’arte contemporanea, in primavera, e una dedicata alla pittura e scultura locarnese, nella stagione autunnale. Wilhelm Schwerzmann è protagonista
della mostra che aprirà a metà novembre, curata da Marco Gurtner, membro della Commissione culturale del Comune di Minusio. Lo scultore svizzero creò per
l’Elisarion un bassorilievo con impressa in tedesco la frase polemica «I maiali hanno mangiato i frutti dell’albero della vita» e probabilmente anche le colonne in
graniglia dell’edificio sono di sua fattura. Egli era, infatti, un esperto nell’utilizzo di tale materiale, che ritroviamo alla base di alcune delle sue sculture di dimensioni
ridotte esposte in mostra, come il ritratto di «Winston Churchill» (nella foto). Figurano inoltre opere in legno e modelli in gesso di diverse fontane. A Minusio realizzò
due interventi d’arte pubblica, un asino, simbolo del paese, e il portone delle scuole elementari. Numerosi sono i suoi interventi in spazi pubblici in tutta la Svizzera e
a Zurigo: fervente pacifista, egli non ebbe paura a ritrarre un politico del tempo come un rinoceronte. Nell’archivio del museo, che è possibile visitare ogni martedì dalle 14 alle 17, sono
conservati gli scambi epistolari tra Schwerzmann e von Mayer, oltre a testi, libri, disegni e schizzi di von Kupffer, e una collezione di immagini fotografiche dedicate a san Sebastiano che
von Mayer raccolse durante la sua permanenza in Italia. A tutto ciò si aggiunge il Fondo fotografico Elisarion, del quale oltre 900 immagini (lastre, pellicole e stampe) sono già state digitalizzate e pubblicate sul sito con il contributo dell’organizzazione nazionale Memoriav. L’occasione per dare inizio al recupero del patrimonio dell’Elisarion è stata la ricorrenza dei trent’anni
dall’apertura, celebrata con una mostra organizzata in collaborazione con l’associazione Pro Elisarion, incentrata su quanto il Sanctuarium Artis ha rappresentato nella sua storia.
Centro culturale e Museo Elisarion, Minusio
Vedere a locarno e minusio | 19
Fate Vela sui musei
Riaprirà in primavera il Museo Vincenzo Vela diretto da Gianna A. Mina
ligornetto. Un museo federale, nato oltre
130 anni fa, una casa d’artista e un centro
culturale: il Museo Vincenzo Vela è tutte
queste cose insieme. Posto a Ligornetto, a
pochi metri dal confine con l’Italia, rappresenta, come la gipsoteca di Canova a
Possagno, uno dei maggiori esempi di casa
museo ottocentesca ed espone permanentemente i modelli delle numerose sculture monumentali che il ticinese Vincenzo
Vela, attivo a Torino, realizzò ritraendo i
protagonisti del Risorgimento italiano.
Quest’anno il Museo è rimasto chiuso per
lavori di miglioria di alcuni impianti. L’edificio fu progettato nel 1862 da Cipriano
Ajmetti, architetto della corte sabauda, e
profondamente ristrutturato a fine anni
Novanta dall’architetto Mario Botta. La riapertura è prevista la primavera prossima,
con una mostra dedicata ad Adèle d’Affry,
scultrice conosciuta con lo pseudonimo di
Marcello, nata nel 1836 a Friburgo: coordinata dal Museo federale, si svolgerà in
quattro tappe che inizieranno a novembre al Musée d’art et d’histoire Fribourg
(MAHF). Il Museo, che organizza progetti di
mediazione culturale, visite guidate, concerti e attività per le scuole, ha mantenuto
il coinvolgimento del suo pubblico anche
durante il periodo di chiusura, ospitando
sotto il pergolato della foresteria una serie
d’incontri dal titolo «Aggiungi un posto
al Vela». Inoltre ha appena pubblicato un
nuovo numero della collana «Saggi sulla
scultura», dedicato alle committenze della
famiglia lombarda d’Adda, di cui beneficiarono i fratelli Lorenzo e Vincenzo Vela. Su
«La Pizia» di Marcello, 1880 ca © Musée d’art et
d’histoire Fribourg. Foto di Primula Bosshard
questo tema è stata anche organizzata una mostra in collaborazione con il comune di
Arcore presso Villa Borromeo d’Adda, tutt’ora in corso. L’idea di museo allargato è da anni
promossa dalla direttrice Gianna A. Mina che ha risposto alle nostre domande.
Come descrive Vincenzo Vela?
È stato anzitutto un grandissimo artista, indubbiamente uno dei massimi scultori di metà Ottocento.
Impegnato politicamente; è stato un idealista dal temperamento risoluto, poco incline ai compromessi:
un personaggio vissuto a cavallo dei confini nazionali, abilissimo nell’intrecciare fruttuosi legami con
le cerchie aristocratiche antiaustriache e al contempo attento ai bisogni dei meno fortunati tra i suoi
concittadini. Ma fu anche vittima della storia e della mutata situazione politica postunitaria, che lo
costrinse a far rientro in Ticino; questa condizione lo rende più moderno ai nostri occhi. Generoso,
sebbene non del tutto disinteressato, il suo straordinario dono alla cittadinanza svizzera tramite il
lascito testamentario del figlio Spartaco della spettacolare casa-museo e delle cospicue collezioni ivi
raccolte. Ancora oggi questo è un luogo di forte suggestione, dove, per prendere a prestito le parole di
un visitatore, «la storia riposa».
Come mantenete i rapporti con il vostro pubblico?
Il Museo Vincenzo Vela è nato come luogo d’incontro, il suo stesso fondatore lo aprì al pubblico nel
lontano 1881. Interpretare un luogo che ha una storia e che nasce dalla volontà di un artista-donatore,
significa comprenderne la visione. Vela fu un artista «pubblico», abituato al confronto, desideroso che
la sua residenza una volta pubblica diventasse scuola d’arte o museo, luogo di celebrazionema anche
di formazione. Oggi non è più tempo di celebrazioni, ma senza un’apertura a 360 gradi sui pubblici
più diversi, questo scambio resterebbe incompleto. La scelta di visitare il nostro museo richiede una
precisa volontà, data la nostra ubicazione appartata. Forse nasce proprio da questo avvicinamento
non scontato, addolcito dal bellissimo parco che lo circonda, il punto di forza di questa istituzione,
legittimata dai suoi visitatori e dalla coerenza dei suoi progetti, dedicati soprattutto alla riscoperta di
scultrici e scultori meritevoli.
Lei dimostra di avere una nozione molto precisa di cosa deve essere un museo.
Esistono numerose pubblicazioni dedicate alla definizione di museo e non si contano i convegni sul
tema. L’ICOM formula una definizione completa, sebbene piuttosto «tecnica» e il rischio di formulare
delle banalità è alto. Preferisco fare riferimento al loro insieme, alla comunità dei musei, di cui esistono
innumerevoli tipologie, anche curiose, che incontro nella mia funzione di presidente dell’Associazione
dei Musei Svizzeri. I musei sono garanti di diversità culturale, un bene prezioso e raro, perseguono
compiti importanti per la civiltà quali la conservazione del patrimonio e la promozione della creatività. Generano conoscenza e producono sapere: sono dei formidabili strumenti di decifrazione del mondo
attuale attraverso il confronto con il passato. Spazi ove ci viene concesso il privilegio della contemplazione e del confronto con noi stessi.
Museo Vincenzo Vela, Ligornetto, dalla primavera 2015
L’artista è un licantropo
Nel Museo di Mendrisio la monografica dell’eclettico
cittadino del mondo Not Vital
«Il Toffus» di Not Vital
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mendrisio. Il Museo d’arte di Mendrisio ospita l’artista svizzero Not Vital con una personale
visitabile fino all’11 gennaio, ultimo capitolo di una serie di monografiche dedicate negli ultimi
dieci anni a personalità di rilievo ticinesi e svizzere. Le opere esposte sono sculture, dipinti,
fotografie e lavori grafici e rendono conto dell’eclettismo di Not Vital. La mostra è intitolata
«Il pavimento di cucina della mia nonna» ed è curata da Simone Soldini e Alma Zevi. In
contemporanea Not Vital partecipa fino al 22 novembre alla Busan Biennale «Inhabiting the
World (abitare il mondo)» a cura di Olivier Kaeppelin nella Corea del Sud con l’opera «Tongue
(lingua)». Nel 2001 aveva partecipato alla Biennale di Venezia nella «Platea dell’umanità» invitato
da Harald Szeemann. Not Vital è nato nel Cantone Grigioni, nella Bassa Engadina dove si parla
la lingua romancia, a Sent, cittadina confinante con l’Italia e l’Alto Adige immersa nelle Alpi. Il
suo lavoro si è sviluppato accogliendo variegate influenze da tutto il pianeta, dal Niger, dove
risiede, alla Cina, dove ha uno studio, da Roma, dove ha studiato, a Lucca, che ama visitare e dal
Cile all’Africa, alla Patagonia. I suoi campi d’interesse si estendono dalla manualità artigianale
alla cultura, dalla mitologia alla storia, dalle convinzioni ideologiche alla natura. Egli si nutre
di citazioni colte in tutto il mondo, in particolare in Occidente. Ma nelle sue opere egli non si
sente più un uomo occidentale, bensì «Mezzo uomo e mezzo animale», come ricorda il titolo
di un film a lui dedicato. In Niger, in un’oasi nel deserto a nord di Agadez, tra il 2000 e il 2007,
Vital ha perfino realizzato edifici scultura: una scuola (dove la forma piramidale è fruibile dai
bambini sia internamente che esternamente), un cinema, un osservatorio astronomico e una
serie di abitazioni in cui uomo e opera d’arte si fondono con la natura circostante.
Museo d’arte, Mendrisio: «Not Vital», fino all’11 gennaio
Vedere a ligornetto e mendrisio | 20
Quei doni d’amore
sono uno sfoggio di ricchezza
Nella Pinacoteca Züst i dipinti ticinesi del XIX secolo e
una mostra sulla condizione della donna nell’antichità
rancate. Giovanni Züst collezionava oggetti antichi (che affidò all’Antikenmuseum di Basilea e
all’Historisches Museum di San Gallo) e dipinti di arte ticinese e lombarda che donò al Cantone nel
1966. Nell’anno successivo vi fu la costituzione della Pinacoteca che reca il suo nome, nell’edificio
di Rancate, adattato su progetto di Tita Carloni, con lo scopo di ospitare tali opere. La sede è stata
rinnovata nei primi anni Novanta dall’architetto Claudio Cavadini e ospita sia opere permanenti, in particolare dei ticinesi Giovanni Serodine e Giuseppe Antonio Petrini e del pittore locale
del XIX secolo Antonio Rinaldi, sia mostre temporanee. La Pinacoteca cantonale Giovanni
Züst inaugura il 12 ottobre «Doni d’amore» una mostra sul periodo tardogotico e rinascimentale,
curata da Patricia Lurati (fino a metà gennaio). L’attenzione della curatrice si è rivolta anche al
valore sociale degli oggetti, scelti in modo da definire il ruolo femminile tra XIV e XVI secolo.
Si tratta infatti di doni offerti alle donne nei momenti salienti della loro vita: il fidanzamento,
il matrimonio e il parto. Queste tre tappe danno luogo a tre sezioni caratterizzate da simboli e
messaggi, come la stretta di mani sul grembo materno evocata dai cofanetti. Anche le figure dei
donatori, prima il padre, poi il fidanzato e quindi il marito, segnano il mutare dei legami della
ragazza con la propria famiglia d’origine e il passaggio di tutela. Accomunano gli oggetti la ricercatezza della fattura e la preziosità dei materiali, che rendono fede del clima sociale da cui derivano,
famiglie benestanti che attraverso tali doni ostentano ricchezza e potere. Un ulteriore livello di
lettura è proposto dagli accostamenti di gioielli, tessuti e oggetti a dipinti che rappresentano
scene d’epoca. Opere e oggetti in mostra provengono da collezioni ticinesi, come quella della
città di Lugano, e da musei svizzeri, tra cui il Musée cantonal des Beaux-Arts di Losanna, il Musée
d’art et d’histoire di Ginevra e la Zentralbibliotek di Zurigo. Numerosi prestiti provengono anche
da musei italiani: la Galleria degli Uffizi di Firenze, la Pinacoteca di Brera, il Museo Civico Medievale di Bologna, il Museo di Castelvecchio di Verona, il Museo Internazionale delle Ceramiche di
Faenza, ai quali si aggiungono prestiti da collezioni internazionali come la Thyssen-Bornemiza che
presenta una testa di martora in cristallo di rocca con smalti e rubini nella sezione dedicata
alla nascita. Le opere esposte sono documentate in una pubblicazione. L’interazione tra ambiti
culturali differenti sarà anche alla base della mostra sull’Ottocento, curata da Matteo Bianchi
il prossimo autunno, che analizzerà i rapporti tra dipinti, scrittura e lettura: il libro, simbolo d’istruzione, la Bibbia, nesso con la religiosità, e le lettere d’amore, evasione dalla realtà. Le opere
in mostra sono svizzere, con Albert Anker e Adolfo Feragutti Visconti, e italiane, (Francesco
Hayez, Giuseppe Pellizza da Volpedo, Umberto Boccioni).
I ritratti di Francesco Sforza e Bianca Maria Visconti eseguiti da un pittore lombardo nel 1480 ca
Pinacoteca Züst, Rancate: «Doni d’amore», dal 12 ottobre a metà gennaio
Le carte di una figlia d’arte
mendrisio. La carta non è soltanto un semplice supporto, ma può diventare la base di
forme espressive differenti, come dimostra
Gabrielle-Dominique Rondez, fondatrice dello
Spazio d’Arte Stellanove, che espone incisioni, serigrafie, disegni, libri d’artista e opere
letterarie, attingendo alla tradizione locale di
stamperie d’arte, e ad artisti italiani di nascita o formatisi in Italia. Rondez estende il
confronto con l’ambiente della Svizzera tedesca e francese, dove il disegno dagli anni
’70 è un campo di ricerca prediletto dagli artisti. L’attenzione di Gabrielle-Dominique
Rondez per la carta ha una radice nella sua stessa origine, essendo la curatrice del
fondo di Armand Rondez, suo padre, pittore e incisore zurighese al quale aveva dedicato
l’apertura della galleria, nel 2006, a 20 anni dalla scomparsa. La prossima mostra, dal
12 ottobre al 16 novembre, è della romana Giulia Napoleone (nella foto una sua opera)
con presentazione di Carole Haensler Huguet e Matteo Bianchi. Il percorso è alquanto
articolato, le differenti modalità espressive sono esposte in luoghi diversi si retrocede
dalla produzione recente agli anni Novanta. Nello Spazio d’Arte Stellanove sono esposti
i pastelli eseguiti dal ’97 al ’99 per il ciclo «Al mutare dell’ora» e due libri d’artista: «Il
buio e il petalo», del ’73, con incisioni per poesie dello scrittore nato a Mendrisio Alberto
Nessi, e «Tempi innocenti», che ripropone un libro della stessa artista del 1980, in una
versione pubblicata recentemente con un testo di Yves Peyré e un prologo di Matteo
Bianchi e Catherine Leite. La mostra prosegue poi nel vicino Atelier Josef Weiss, uno
spazio dedicato alla stampa e alla rilegatura d’arte. Qui sono esposti altri libri d’artista
di Giulia Napoleone: «Nero», composto di disegni a inchiostro accompagnati da una selezione di versi tratti dal «De rerum natura di Lucrezio». Infine, nelle vetrine di un negozio
dismesso in Piazza del Ponte a Mendrisio è possibile ammirare recenti pastelli su carta
di grandi dimensioni.
Spazio d’Arte Stellanove, Mendrisio: «Giulia Napoleone», dal 12 ottobre al 16 novembre
GIULIA NAPOLEONE
Libri e Carte
12 ottobre - 16 novembre 2014
STELLANOVE Spazio d’Arte
Via Stella 9 CH - 6850 Mendrisio
Tel. +41 91 646 23 64 +41 79 386 75 56
[email protected] www.stellanove.ch
Orari durante le mostre:
giovedì 15-19 sabato 10-17
domenica 10-14 o su appuntamento
Vedere a mendrisio | 21
Un uomo di valle
e quella frana spaventosa
Giovanni Bianconi e Gianfranco Bonetti
in mostra nel Museo Pellanda
biasca. Un uomo di valle. Così Marco Gurtner, direttore dei
servizi culturali del Comune di Biasca, definisce Giovanni Bianconi, xilografo, pittore, poeta dialettale ed etnografo, nato a
Minuso a fine ’800 e vissuto fino all’inizio degli anni ’80, figura
fondamentale per la comprensione del paesaggio rurale del Ticino. Il Centro culturale e Museo Casa Cavalier Pellanda gli
dedica una mostra dal 25 ottobre al 25 gennaio. In cinque sale
del palazzo rinascimentale che da cinque anni ospita l’istituzione comunale e nella Bibliomedia della Svizzera italiana sono
esposte 130 opere della Donazione Giovanni Bianconi, conservata dalla Pinacoteca comunale Casa Rusca. Si tratta di xilografie, suddivise dal curatore Gurtner per tematiche: dai ritratti
agli autoritratti, dai soggetti faunistici ai paesaggi. La passione
di Bianconi per la natura l’ha portato anche a essere etnografo
e a realizzare migliaia d’immagini fotografiche, uno strumento
Un’opera di Gianfranco Bonetti
prezioso per comprendere i territori extra urbani del Cantone,
la realtà contadina e alpina, i villaggi e le vallate, il fondo valle e
gli insediamenti in quota. Bianconi testimoniò il fenomeno di spopolamento che ha investito i
paesi ticinesi (e non solo). In occasione della mostra, la Bibliomedia della Svizzera italiana a Biasca ospita la sera del 25 ottobre un incontro sulla poesia dialettale dell’autore. Il Museo presenta
inoltre una rassegna su Gianfranco Bonetti, nata come coda di un omaggio a Giovanni Testori
iniziato lo scorso anno in occasione dei 20 anni dalla morte e dei 90 dalla nascita. Lo spunto è
dato dalla grande passione di Testori per tre artisti, Giacometti, Bacon e Varlin; sono esposti una
serie di ritratti di questi artisti eseguiti da Bonetti, insieme ai suoi dipinti, incisioni, carte
e documenti. Accompagna il progetto un libro «Da Grünewald alla grande Triade testoriana:
Giacometti, Bacon, Varlin», con un saggio di Stefano Crespi e un testo di Giovanni Testori. Per
l’autunno prossimo è prevista una mostra storica. Cadrà la ricorrenza dei 500 anni dalla tragedia
della Buzza di Biasca, un’alluvione che sconvolse la vallata fino al Lago Maggiore e causò una
frana di dimensioni estese che si riversò sull’incrocio tra le vallate. L’ostruzione formò un lago
che ruppe questa diga naturale e un’immane massa d’acqua investì tutto il territorio a valle per
chilometri, alterando l’assetto geografico e culturale di questa via di transito attraverso le Alpi.
Centro culturale e Museo Pellanda, Biasca: «Giovanni Bianconi», dal 25 ottobre al 25 gennaio 2015
Centro
culturale
e Museo
Centro culturale
e Museo
Casa Cavalier
Pellanda Pellanda
Casa
Cavalier
Biasca
Biasca
Gianfranco
Bonetti
1947 - 2007
Una modernissima architettura di Peter Märkli
ospita le opere di Hans Josephsohn
giornico. Si va all’osteria del paese, ci si fa dare la chiave e si entra da soli. Così si visita il Museo La Congiunta, dedicato allo scultore zurighese Hans Josephsohn. Una fruizione intima
e personale che esula da qualsiasi schema di visita tradizionale. All’interno sono esposti permanentemente i suoi rilievi e le sue sculture. La successione è cronologica e si articola lungo
tre spazi consecutivi che presentano, rispettivamente, sei grandi rilievi realizzati negli anni
’50, otto altorilievi datati tra il 1960 e il 1970, e tre statue. La struttura in conglomerato di
cemento che funge da involucro del museo si staglia sui prati verdi della bassa Val Leventina,
e appare come una drop sculpture, una scultura catapultata dal cielo. È un’opera dell’architetto
Peter Märkli, che l’ha realizzata nel 1992 su commissione della Fondazione istituita alla morte di Josephsohn. L’architetto era un suo grande amico e spesso gli aveva chiesto opere per i
suoi edifici. Il Museo sorge tra il fiume Ticino e la ferrovia, a Giornico, un villaggio che vanta
importanti testimonianze del passato: fu infatti uno snodo per l’attraversamento del passo del
San Gottardo situato sull’antica via Francigena, come ricordano la quattrocentesca chiesa di
San Pellegrino e la chiesa di San Nicolao, quest’ultima monumento di rilevanza nazionale
e uno dei più importanti esempi di architettura romanica del Ticino. Nei paesi alpini del
Ticino vi sono molte chiese di elevato interesse storico e artistico. A Brione Verzasca, per
esempio, c’è la chiesa parrocchiale di Santa Maria Assunta, con importanti affreschi altogotici di stile giottesco, fondata probabilmente alla fine del 1200. E a Bellinzona la collegiata
rinascimentale dei Santi Pietro e Stefano. Nel comune di Lavizzara in Vallemaggia un
cilindro in pietra di Mogno è la chiesa progettata da Mario Botta nel 1987 in sostituzione
dell’antica chiesetta seicentesca, distrutta da una valanga.
Nel territorio di confine si fa cultura di contrabbando
Giovanni
Bianconi
1891 - 1981
Silografie dalla «Donazione
Giovanni Bianconi»
(Collezione Città di Locarno,
Pinacoteca Casa Rusca)
25. 10. 2014 - 25. 01. 2015
me-sa-do 14:00 -18:00 / ve 16:00 -19:00
La mostra con le silografie di Giovanni
Bianconi viene estesa presso:
Bibliomedia della Svizzera
italiana, Biasca
25. 10. 2014 - 25.01. 2015
lu-ve 8:30 - 11:30 / 13:30 - 17:00
info: [email protected]
Vedere in canton tICINO | 22
Chiedete le chiavi in osteria
e restate soli con le sculture
Museo La Congiunta, Giornico: «Hans Josephsohn»
Da Grünewald alla grande Triade testoriana:
Giacometti, Bacon, Varlin
Dipinti, incisioni, carte e documenti
Gianfranco Bonetti «Giovanni Testori a Zurigo» Incisione,1981
Il Museo La Congiunta
Si fa contrabbando di cultura, ma non è import export di
opere d’arte e nemmeno è la
migrazione delle gallerie italiane verso la Svizzera raccontata dalla giornalista della RSI
Radio della Svizzera Italiana,
Monica Bonetti. «Viavai. Contrabbando culturale SvizzeraLombardia» è un programma
di scambi tra le due nazioni,
che proseguirà fino ad aprile e
coinvolge 19 progetti, curatori
come Barbara Fässler e Noah
Stolz e numerose istituzioni e
organizzazioni attive nell’ambito delle arti visive, della musica, della danza, della performance e del teatro. La Fondazione Monte Verità di Ascona interagisce con MACAO-Centro per le Arti di Milano, il Tatro San Materno di Ascona con il Teatro Out Off milanese, il
Museo Cantonale d’Arte di Lugano con il Museo MAGA di Gallarate. Nel progetto intervengono DOCVA, Viafarini e CAREOF, università e accademie come Brera e la SUPSI di
Lugano, case editrici, come l’italiana Marcos y Marcos e la ticinese Edizioni Casagranda,
la Fondazione Rolla con mostre a Como e a Bruzella. I progetti si svolgono in diverse sedi
tra Ticino e Lombardia, tra Milano e Zurigo. L’iniziativa è della Fondazione svizzera per la
cultura Pro Helvetia (che già in passato aveva creato programmi di scambio con le regioni
della Francia e della Germania confinanti con la Confederazione Elvetica) in partenariato
con i cantoni Ticino e Vallese, la città di Zurigo e la Ernst Göhner Stiftung. Questa edizione
dedicata all’Italia vuole anche essere un percorso di avvicinamento all’Expo, integrando
le interazioni già in atto tra i due Paesi grazie alle sedi dell’Istituto Svizzero a Roma e
Milano, nelle quali Salvatore Lacagnina è responsabile del programma artistico. Ci sono
poi i movimenti degli artisti, da nord a sud per frequentare le accademie italiane nonché il
flusso opposto verso gli atelier di Remo Rossi a Locarno (nella foto una produzione delle
Edizioni Casagrande © Edizioni Casagrande).
Tutte le mostre da vedere in Canton Ticino
Lugano
Biblioteca Salita dei Frati Porticato
salita dei Frati 4/a www.fogli.ch
Smens. Rivista
di xilografia
Opere di Gianfranco Schialvino
e Gianni Verna realizzate per la
rivista Smens.
11 ott. ➤ 15 nov.
Fondazione Extrafid
via Canova 9
+41 91 9119011
www.extrafid.ch/fondazione.aspx
Biascart
Personale di Biscart, nome d’arte di Ivano Biasca.
➤ 31 ott.
Museo Cantonale d’Arte
via Canova 10
+41 91 815 7971
www.museo-cantonale-arte.ch
Bramantino.
L’arte nuova del
Rinascimento lombardo
L’itinerario culturale ed espressivo di Bartolomeo Suardi, detto il Bramantino, è ripercorso
attraverso una sequenza cronologica inedita e presenta opere
restaurate per l’occasione.
➤ 11 gen. 2015
Mario Marioni
Parte di una serie di mostre
per la valorizzazione della
collezione permanente, questa
esposizione punta l’attenzione
sull’opera grafica dell’artista
nato a Milano da padre ticinese, e tornato a vivere nel
Ticino.
➤ 2 nov.
Annaïk Lou Pitteloud
Nata a Losanna nel 1980, l’artista si è fatta conoscere per i
suoi video e lavori fotografici
sul ruolo dei media; le sue
opere più recenti invece si
collocano sul versante dell’arte
concettuale.
22 nov. ➤ 11 feb. 2015
Premio Kiefer Hablitzel
2014
Come ogni anno la Fondazione
Kiefer Hablitzel seleziona una
decina di artisti svizzeri under
30, che esporranno agli Swiss
Art Awards a Basilea.
14 dic. ➤ 15 feb. 2015
Museo d’Arte Lugano
Villa Malpensata, Riva Caccia 5
+41 58 8667214
www.mda.lugano.ch
Hans Richter.
Il ritmo dell’avanguardia
Con 200 opere tra pitture,
disegni, fotografie, film, libri
e riviste, la mostra ripercorre
l’intera carriera di questo artista
del XX secolo che ha trascorso
gran parte dei suoi ultimi anni
in Ticino.
➤ 23 nov.
Museo delle Culture
Heleneum, via Cortivo 24-28
+41 58 8666960
www.mcl.lugano.ch
Il Giappone dell’800
nelle diapositive colorate
della Collezione Perino
Il visitatore è trasportato
nell’atmosfera piena di luce e
di colori del Giappone di fine
Ottocento, grazie a un centinaio di opere, tra diapositive in
vetro, fotografie all’albumina e
cromolitografie.
➤ 25 gen. 2015
Arte aborigena
contemporanea.
La Collezione Knoblauch
Una serie di oltre cento opere
tra sculture e dipinti su tela selezionati nelle principali aree di
produzione dell’Australia offre
una panoramica sull’arte contemporanea aborigena.
➤ 6 gen. 2015
Museo Wilhelm Schmid
Brè, contrada Prò 22,
+41 58 866 69 10
Arté - Grand Hotel Villa
Castagnola au Lac
piazza Emilio Bossi 7
www.villacastagnola.com
Fabian Vogler
Sculture in acciaio inox, bronzo, argilla e gesso dell’artista di
Amburgo classe 1977.
➤ 22 nov.
Wilhelm Schmid. Opere
Selezione di opere di Wilhelm
Schmid, dai capolavori del
periodo della Nuova
oggettività
degli anni Venti e Trenta alle
straordinarie vedute del villaggio di Brè e dintorni.
➤ 26 ott.
Spazio -1
Central Park, Riva Caccia 1
+41 58 866 7214
Pink. Collezione Giancarlo
e Danna Olgiati.
Arte dalle avanguardie
del XX e XXI secolo
Si rinnova anche quest’anno la
proposta espositiva che vede
protagoniste oltre 140 opere
della Collezione Olgiati di alcuni fra i più importanti artisti
internazionali delle avanguardie del XX e XXI secolo.
➤ 7 dic.
Buchmann Lugano
via della Posta 2
+41 91 980 08 30
www.buchmanngalerie.com
Véronique Arnold
Nella sede cittadina della
Buchmann è esposta l’opera
«Et ces moutons, si doux,
dévorent les humaines» realizzata da Véronique Arnold per
la mostra «Seguire il filo del
discorso».
➤ 18 ott.
Ciriaca+Erre
Per la nuova performance dal
titolo «In/Significant - I’m
in silence», l’artista italiana
Ciriaca+Erre rimarrà in silenzio
per 366 ore e coinvolgerà lo
spettatore in un gesto intimo e
ancestrale.
25 ott. ➤ 21 dic.
Choisi - one at a time
via F. Pelli 13
+41 91 922 00 38
www.choisi.info
Hiroyuki Masuyama
In mostra il video dell’artista
giapponese intitolato «Bloom»
e realizzato nel 2006 nell’ambito
del 12mo Festival Culturescape
Tokyo 2014. Per oltre quattro
settimane l’artista ha fotografato la fioritura di 24 fiori.
➤ 18 ott.
Kengiro Azuma
In concomitanza con il 12mo
Festival Culturescape Tokyo
2014 di Basilea, viene presentato il libro d’artista «La forma
del vuoto», eseguito da Azuma
nel 2008 in 55 esemplari.
22 ott. ➤ 22 nov.
Jakub Nepraš
Curata da Larissa Galler, l’esposizione è incentrata su un’opera
di Nepraš proveniente dalla Collezione di Artphilein Foundation.
29 nov. ➤ 10 gen. 2015
Cortesi Contemporary
via Frasca 5 +41 919214000
www.cortesicontemporary.ch
Great Expectations: il
senso del futuro nell’arte
degli anni ’60
Curata da Marco Meneguzzo,
la mostra analizza l’atmosfera
di grande aspettativa sul futuro
vissuta da una generazione di
artisti venuta alla ribalta negli
anni Sessanta.
➤ 22 nov.
De Primi Fine Art SA
piazza Cioccaro 2
+41 91 9234833
www.deprimi.ch
Agostino Bonalumi
Le opere dell’artista italiano
nato nel 1935, ne ripercorrono
l’intera carriera sino agli anni
Novanta.
10 ott. ➤ 23 nov.
Doppia v
via Moncucco 3
+41 91 966 0894
www.galleriadoppiav.com
Manuel Archain
L’artista argentino, nato a Buenos Aires nel 1983, presenta le
sue scenografie irreali, sviluppate iniziando a lavorare nello
studio della madre, l’artista
Silvina Viaggio.
➤ 28 nov.
ego gallery
via Canonica 9
+41 79 280 40 53
www.egogallery.ch
MP5
L’artista romana MP5 presenta
in galleria l’opera permanente
realizzata sulla facciata di una
casa del quartiere: uno degli
interventi urbani promossi da
ego gallery.
24 ott. ➤ 29 nov.
Hitnes
Personale dedicata all’artista
che ha già esposto la scorsa
estate nella collettiva «Mal
d’Africa», insieme ad altri nomi
della street art su cui si concentra la galleria.
5 dic. ➤ 24 gen. 2015
Galleria Canesso
piazza Riforma 2
+41 91 6828980
www.galleriacanesso.ch
Pier Francesco Mola
Dopo essere stata nella sede
parigina della galleria, arriva
a Lugano l’opera dell’artista
ticinese Pier Francesco Mola
(attivo in Italia) intitolata «Satiretto che beve da un cannello».
10 ott. ➤ 15 nov.
Photographica Fine Art
via Cantonale 9
+41 91 9239657
www.photographicafineart.com
Silvio Wolf. Present
perfect
Lo spazio della galleria è
pensato come un unico percorso visivo ed esperienziale
attraverso cicli di lavoro che
riflettono sulla percezione
dell’immagine.
➤ 14 nov.
Primae Noctis Art Gallery
+41 91 922 20 03
www.primaenoctis.com
Soly Cisse
Personale dell’artista senegalese che ha partecipato alla rassegna «Africa Remix» esposta nel
Mori Museum di Tokyo, nella
Hayward Gallery di Londra e nel
Centre Pompidou di Parigi.
9 ott. ➤ 9 nov.
Sonnenstube Offspace
via Luigi Canonica 12
www.diesonnenstube.ch
Fen
La collettiva rientra nel programma della 9a Biennale
dell’immagine e presenta le
opere di Florian Bessler, Sandro
Pianetti, Gabriel Stöckli, Vera
Trachsel e Gianmaria Zanda.
31 ott. ➤ 15 nov.
Spazio 1929
via Ciseri 3
+41 91 911 97 00
www.spazio1929.ch
Otto Pfenniger
La mostra, parte del programma della 9a Biennale dell’immagine intitolata «Trasformazioni», è dedicata a Luca
Capuano e Otto Pfenniger.
17 ott. ➤ 1 dic.
Studio Dabbeni
corso Pestalozzi 1
+41 919232980
www.studiodabbeni.ch
Luca Frei
Quarta personale dedicata dalla
galleria all’artista luganese del
1976, residente in Svezia.
10 ott. ➤ 6 dic.
Theca Gallery
via Pessina 13,
www.theca-art.com
Ohya Masaaki
Prima personale in Svizzera
del giapponese Ohya Masaaki
dal titolo «Nature: Beyond time
and space», a cura di Monica
Anziliero e Alice Tegazi.
➤ 2 nov.
Agra
Buchmann Galerie
via Gamee
+41 91 980 08 30
www.buchmanngalerie.com
Seguire il filo del discorso
In mostra l’opera di Alberto
Garutti dal gruppo «Matasse»,
una nuova serie fotografica di
Marco D’Anna intitolata «Visibilio» e due installazioni di
Alex Dorici.
➤ 23 dic.
Ascona
Centro Monte Verità
Salone Balint
+41 91 785 40 40
www.monteverita.org
Anatta. Lo spirito
del Monte Verità
Il fotografo tedesco Christof
Klute, prima dei lavori di restauro degli edifici sul Monte
Verità, ha immortalato l’aura
del luogo.
➤ 31 ott.
Fondazioneo Epper
Via Albarelle 14
+41 91 791 19 42
www.inrete.ch/2/museoepper.htm
Il Ticino
di Alis Guggenheim
Alla fine degli anni Trenta Alis
Guggenheim fa un viaggio in
Ticino: è amore a prima vista;
nel 1942 si stabilirà definitivamente a Muzzano.
➤ 2 nov.
Museo Comunale d’Arte
Moderna
via Borgo 34
+41 91 7598140
www.museoascona.ch
Luigi Russolo al di là
della materia
La mostra, curata da Mara Folini, Anna Gasparotto e Franco
Tagliapietra, presenta 50 opere,
tra dipinti, disegni e grafiche
del periodo simbolista, protofuturista, futurista e moderno.
➤ 7 dic.
Bellinzona
Castello Sasso Corbaro
+41 91 825 21 31
www.bellinzonaturismo.ch/it/
castelli/sasso-corbaro.aspx
Il ritorno dei Visconti
In mostra le ricchezze del Ducato di Milano che dominò in
Ticino: tessuti, gioielli, armature, monete, quadri, tavole e
arazzi del periodo visconteo
sforzesco.
➤ 11 nov.
AlpTrasit e la porta del
Ticino
L’esposizione fotografica di
Nicola Demaldi documenta i
lavori di perforazione del progetto Alptransit.
MACT/CACT
via Tamaro 3
+41 91 8254085
www.cacticino.net
Stéphane Zaech
La poetica dell’artista svizzero
si fonda sui principi puri della
pittura, di cui egli sperimenta
generi quali il ritratto e il paesaggio.
➤ 9 nov.
Valter Luca Signorile
La mostra presenta la sintesi
dei molti temi attorno cui l’artista piemontese lavora da anni.
➤ 8 feb. 2015
Museo in Erba
piazza Buffi 8
+41 91 8355254
www.museoinerba.com
Oh, Cézanne!
Nel museo rivolto ai bambini
e ai ragazzi delle medie e dei
licei, il percorso espositivo
presenta una passeggiata interattiva fra i cavalletti del pittore
francese Paul Cézanne.
➤ 22 feb. 2015
Biasca
Centro culturale e Museo
Casa Cavalier Pellanda
via Lucomagno 14
+41 91 862 30 31
www.casapellanda.ch
Gianfranco Bonetti
Mostra accompagnata dalla
pubblicazione con saggio di
Stefano Crespi e uno scritto di
Giovanni Testori intitolata «Da
Grünewald alla grande Triade
testoriana: Giacometti, Bacon,
Varlin».
➤ 25 gen. 2015
Giovanni Bianconi
La mostra dell’artista, poeta ed
etnografo presenta una selezione di xilografie dalla Donazione
Giovanni Bianconi della Collezione Città di Locarno-Pinacoteca comunale Casa Rusca.
➤ 25 gen. 2015
BrUZELLA
Fondaz. Rolla-Rolla.info
via Municipio
+41 774 74 05 49
www.rolla.info
Visioni Parallele-Zone
Condivise
Fabio Tasca indaga l’area lungo
l’autostrada A9, mentre Giuseppe Chietera si concentra
sulle periferie di Locarno.
➤ 12 feb. 2015
CABBIO
Museo etnografico della
Valle di Muggio
Casa Cantoni
+41 91 690 20 38
www.mevm.ch
La scoperta
del Monte Generoso
Il mutamento del paesaggio
alpino dallo sviluppo del turismo ai progetti edilizi degli ultimi decenni del secolo scorso,
alle norme di protezione della
montagna.
➤ 2 nov.
Cantoni Ticino e
Vallese - Zurigo Regione Lombardia
Sedi varie
Un esteso programma di
scambi tra Svizzera e Italia che
proseguirà fino ad aprile coinvolgendo diciannove progetti e
ancor più numerose istituzioni
e organizzazioni.
Viavai-Contrabbando
Culturale
➤ 7 apr. 2015
capolago
Casa d’Arte Miler
piazza Duttweiler
+41 91 9947192
www.miler.ch
La grande bruttezza
Organizzata nell’ambito della
9a Biennale dell’immagine, la
mostra presenta le opere di
Enrico Minasso.
6 nov.. ➤ 13 dic.
Chiasso
9a Biennale dell’immagine
La 9a edizione della manifestazione dedicata a fotografia e
arti visive analizza la trasformazione del territorio del Canton
Ticino e si allarga ad altre sedi
e città, tra cui Lugano.
(Per l’elenco completo degli
eventi vedi p.15)
12 ott. ➤ 11 gen. 2015
m.a.x. museo
via Dante Alighieri 6
+41 91 695 08 88
www.centroculturalechiasso.ch
Werner Bischof. La trasformazione dell’immagine
Nell’ambito della 9a Biennale
dell’immagine il m.a.x. museo
presenta una mostra antologica del fotografo svizzero
Werner Bischof (1916-1954),
a sessant’anni dalla sua
scomparsa.
12 ott. ➤ 11 gen. 2015
Spazio Officina
via Dante Alighieri 4
+41 91 695 08 88/95
www.centroculturalechiasso.ch
Beat Streuli: Chiasso. Città
di confine
Nell’ambito della 9a Biennale
dell’immagine Streuli è stato
invitato a produrre un video
che offre un’immagine nuova
della città di frontiera.
12 ott. ➤ 11 gen. 2015
Una veduta del lago di Lugano
Trasformazioni del territorio. Foto svizzere anonime
in archivi pubblici e privati
Selezione di immagini inedite
sulle strade nazionali, sull’autostrada A2 e sulle ferrovie
12 ott. ➤ 11 gen. 2015
«Di nuovo Gottardo»
BSI Art Collection
Fotografie diJohn Davies, Alberto Flammer, Gian Paolo Minelli, Gabriele Basilico, Mimmo
Jodice e altri.
12 ott. ➤ 11 gen. 2015
Cons Arc/Galleria
via Gruetli 1
+41 91 683 79 49
www.consarc.ch
Promising Bay
Nella galleria che ha ideato in
collaborazione con l’Ufficio Cultura del Comune di Chiasso nel
1996 la Biennale dell’Immagine,
presentate le opere fotografiche
di Georg Aerni.
12 ott. ➤ 20 dic.
Galleria Mosaico
Via Bossi 32
+41 79 446 83 09
Trasformazioni
Con l’omonimo titolo della 9a
Biennale dell’immagine di cui
il programma fa parte, la mostra presenta opere di Ramona
Banfi, Tommaso Donati e Marta
Malinverni.
12 ott. ➤ 22 nov.
CORZONESO
Fondazione Archivio
Donetta
Casa Rotonda
+41 91 871 12 63
www.archiviodonetta.ch
Dentro il paesaggio
Opere omaggio alla Valle di
Blenio nelle immagini d’inizio
’900 di Roberto Donetta e alla
fotografia storica come fonte
per lo studio dei mutamenti del
paesaggio.
➤ 12 ott.
Locarno
Pinacoteca comunale Casa
Rusca
piazza S. Antonio
+41 91 7519871
www.locarno.ch
Jacques Lipchitz
La mostra dedicata allo scultore
di origini lituane offre nelle 12
sale di Casa Rusca una panoramica della sua produzione dal
1911 al 1972.
➤ 6 gen. 2015
Ireneo Nicora
Installazione multisensoriale sul
tema della vanitas, sviluppato
nell’arte a partire dal Seicento
sotto forma di nature morte arricchite da elementi allusivi.
➤ 6 gen. 2015
Fondazione Ghisla Art
Collection
via Ciseri 3
+41 91 751 01 52
www.ghisla-art.ch
Ghisla Art Collection
Nelle otto sale espositive su
due piani sono allestite ottanta
delle centonovanta opere della
collezione privata dei coniugi
Martine e Pierino Ghisla.
➤ 4 gen. 2015
LOTTIGNA
Museo storico etnografico
della Valle di Blenio
+41 91 871 19 77
www.museodiblenio.vallediblenio.ch
Ghiacciai ieri, oggi e domani
Uno sguardo sul possibile
aspetto di un ghiacciaio nel 2100
accanto a una carta topografica
dell’era glaciale che mostra l’immagine del paese 20mila anni fa.
➤ 2 nov.
Melano
Artrust
via Pedemonte di sopra 1
+41 91 6493336
www.artrust.ch
Carl Walter Liner
Nell’anno in cui ricorre il centenario della nascita del pittore
svizzero, più di 60 opere affrontano il linguaggio informale e
naturalistico in un percorso
incentrato sull’uso dei colori.
11 ott. ➤ 16 nov.
Mendrisio
Accademia di Architettura
Via Turconi
+41 58 666 59 10
biblio.arc.usi.ch
Acque, infrastrutture e
memoria
Parte del programma della 9a
Biennale dell’immagine, l’esposizione presenta una selezione di
documenti fotografici tratti dall’archivio dell’ingegner Augusto
Rima di Locarno (1916-2003).
15 ott. ➤ 2 apr. 2015
Museo d’arte di Mendrisio
piazza San Giovanni
41 91 6403350
museo.mendrisio.ch/it/home.html
Not Vital
Dello scultore svizzero sono
presenti una serie di sculture
(alcune di grandi dimensioni),
fotografie, dipinti e lavori grafici.
➤ 11 gen. 2015
Meride
Museo dei fossili
del Monte San Giorgio
via Peyer 9
+41 91 640 00 80
www.montesangiorgio.org
Naturalia
Parte del programma della 9
Biennale dell’immagine, l’esposizione presenta l’artista Francine Mury.
8 nov. ➤ 11 gen. 2015
Stellanove Spazio d’Arte
via Stella 9
+42 91 646 23 64
www.stellanove.ch
Giulia Napoleone
Mostra dell’artista romana Giulia Napoleone presentata da Carole Haensler-Huguet e Matteo
Bianchi, con pastelli su carta e
libri d’artista.
➤ 16 nov.
Minusio
Centro culturale e museo
Elisarion
via Simen 3
+41 91 743 66 71
www.minusio.ch/elisarion
Wilhelm Schwerzmann
Per la serie «Pittura e scultura
nel Locarnese», presentate le
opere dell’artista svizzero che
realizzò numerosi interventi
d’arte pubblica, anche a Minusio e per il Sanctuarium Artis
Elisarion. La mostra è chiusa
dal 15 dicembre al 15 gennaio.
➤ 22 feb. 2015
Montagnola
Museo Hermann Hesse
41 91 993 37
Torre Camuzzi
www.hessemontagnola.ch
Hermann Hesse
illustrato da Sighanda
L’artista Sighanda ha illustrato
i luoghi luganesi descritti nel
Klingsor.
➤ 1 feb. 2015
Rancate
Pinacoteca cantonale
Giovanni Züst
piazza della Chiesa
parrocchiale
+41 91 816 47 91
www.ti.ch/zuest
Doni d’amore
Selezione di oggetti datati tra
il XIV e il XVI secolo, che venivano offerti alla donna per
celebrare il fidanzamento, il
matrimonio e il parto.
12 ott. ➤ 11 gen. 2015
Il Fascino
della modernità
Nell’ambito della 9a Biennale
dell’immagine sono esposte le
prime immagini della ferrovia
del Gottardo di Adolphe Braun
12 ott. ➤ 11 gen. 2015
Riva san vitale
Sala Patriziale al Torchio
piazza Grande
www.cittadiniperilterritorio.ch
Laveggio
Organizzata nell’ambito della 9a
Biennale dell’immagine, la mostra presenta le opere di Carlotta
Zarattini
16 ott. ➤ 26 gen. 2015
Sala Palazzo comunale
piazza Grande
www.cittadiniperilterritorio.ch
Ritratti metropolitani #72.
From B to Y #25
Organizzata nell’ambito della 9a
Biennale dell’immagine, la mostra presenta le opere di Matteo
Fieni.
15 nov. ➤ 23 nov.
Sonogno
Museo Val Verzasca
Casa Genardini
+41 91 746 17 77
www.museovalverzasca.ch
I Fratelli Neri
tra finzione e realtà
Fatti di cronaca dell’Ottocento
hanno ispirato gli autori de
«I Fratelli Neri» (1941) Lisa
Tetzner e Kurt Kläber, immersi
nell’ambiente ticinese. La mostra è in collaborazione con
il Museo Hermann Hesse di
Montagnola.
➤ 25 ott.
Stabio
Museo della civiltà
contadina del Mendrisiotto
piazza Maggiore
+41 91 641 69 90
www.stabio.ch/museo-dellacivilta-contadina.html
Lungo il binario
Mendrisio-Stabio
L’esposizione rientra nel programma della 9 Biennale
dell’immagine e presenta le
opere di Giovanni Luisoni.
4 ott. ➤ 11 gen. 2015
Ex Stabilimento
Balneare Sociale
ai Bagni Stabio
via Piazzolo/piazza Maggiore
+41 91 6024500
L’odore della brace spenta
La mostra organizzata nell’ambito della 9a Biennale dell’immagine presenta le fotografie di
Martino Giovanettina.
25 ott. ➤ 7 dic.
Vedere in CANTON TICINO | 23
Museo Comunale d’Arte Moderna
Orari d’apertura
via Borgo 34 CH-6612 Ascona
tel.: +41 (0)91 759 81 40
fax: +41 (0)91 759 81 49
[email protected]
14 settembre - 7 dicembre 2014
Martedì - Sabato 10.00 - 12.00 / 15.00 - 18.00
Domenica e festivi 10.30 - 12.30
Lunedì chiuso
Il museo
Nato nel 1922 su iniziativa degli artisti
residenti ad Ascona, il Museo Comunale
D’Arte Moderna di Ascona fin dalle sue
origini vantava le opere dei rappresentati
dei movimenti più significativi del ‘900
internazionale (realismo, simbolismo,
espressionismo e astrattismo) - con opere
di Marianne Werefkin, Alexej Jawlensky,
Arthur Segal, Paul Klee e tantissimi altri,
che formano oggi la Collezione comunale.
Il museo custodisce e valorizza inoltre le opere
della Fondazione Marianne Werefkin, della
Fondazione Uli e Richard Seewald e dei Fondi
dedicati a Carl Weidemeier (architetto
del Teatro San Materno) e alla danzatrice
sacra Charlotte Bara. Il Museo alterna,
alle mostre permanenti della collezione
comunale e delle fondazioni, quelle
temporanee, che trovano spesso affinità
o relazione con la storia culturale del territorio,
in particolare con quella della colonia
di Monte Verità.
Museo Comunale d’Arte Moderna Ascona,
foto Roberto Buzzini
la Mostra
La mostra “Luigi Russolo al di là della materia” in corso al Museo...
fino al 7 dicembre, si articola attorno all’ultima produzione pittorica
dell’artista degli anni Trenta e Quaranta, attraverso una chiave di lettura
che vede nella ricerca “dello spirituale nell’arte” una costante
in tutta l’attività artistica del futurista Russolo - dalle prime grafiche
simboliste a quelle pittoriche proto- futuriste, passando per quelle futuriste
e di “ritorno all’ordine” sarfattiano degli anni Venti, per finire con quelle
tarde “classico moderne”, dichiaratamente a carattere mistico-esoterico.
Quando il poliedrico Russolo (pittore, musicista, inventore di strumenti
e compositore rumorista), si ritira volontariamente nel suo eremo
di Cerro a Laveno sul lago Maggiore e si rivela filosofo coltissimo
nello scrivere il suo trattato “Al di là della materia” (che ha dato il titolo
alla mostra), ricco di letteratura “sapienziale” - che risale fino
al presunto egizio Ermete Trismegisto (punto di contatto della tradizione
esoterica occidentale e di quella orientale), per spaziare poi nella tradizione
vedica dello Yoga, in quella magico-alchemica, in quella teosofica,
fino alla più attuale antroposofia steineriana.
Libro iniziatico, nella forma del dialogo, che ci propone una concezione
cosmogonia, animistica del mondo, dove l’artista-vate si pone mediatore
tra Cielo e Terra. Le sue opere esprimono così paesaggi assoluti, così veri
da sembrare irreali, ora vibranti di colori forti ed espressivi, ora lievi
di diafane gradazioni in divenire.
Nelle foto, dall’alto, Luigi Russolo, «Aurora boreale», 1938, olio su tela, 60x91cm, Lugano, collezione privata.
Luigi Russolo «Compenetrazione di case + luce + cielo», 1912, olio su tela, 100x100 cm, Kunstmuseum Basel,
foto Kunstmuseum Basel, Martin P. Bühler.