La storia del cappello alpino

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La storia del cappello alpino
La storia del cappello alpino
‘Onestà e solidarietà, queste le nostre regole’
E’ il motto della ‘86esima Adunata Nazionale Alpini’, la festa di popolo’ che con entusiasmo,
competenza e efficienza si sta avviando verso il traguardo piacentino dei giorni 10-11-12 maggio.
Come annunciato anche il nostro Portale offre ampia visibilità alla manifestazione con aneddoti,
curiosità e con immagini originali o restaurate da Oreste Grana e Camillo Murelli. Oggi parliamo
del Cappello Alpino rielaborando testi tratti da ‘Centomila gavette di ghiaccio’ di G. Bedeschi e da
altre fonti.
IL NOSTRO CAPPELLO ALPINO
L’elemento più rappresentativo degli alpini è senza ombra di dubbio il cappello. È formato da molti
elementi che rappresentano il grado, il reggimento, il battaglione, e la specialità di appartenenza.
Nel 1873 gli alpini per differenziarsi dal chepì usato dai fanti, adottarono un proprio cappello di
feltro nero a forma tronco conica a falda larga; sulla fronte aveva come fregio una stella a cinque
punte metallica bianca, con inciso il numero della compagnia. Sul lato sinistro, vi era una coccarda
tricolore con, al centro un bottoncino bianco con croce scanalata. Un rosso gallone a V rovesciata
decorava il cappello sullo stesso lato della coccarda e sotto questa era infilata una penna nera di
corvo. Gli ufficiali portavano lo stesso cappello, ma la penna era d’aquila. Nel 1880 la stella a
cinque punte venne sostituita da un fregio metallico bianco: un’aquila che sormontava una cornetta
contenente il numero di battaglione. La cornetta si trovava sopra un trofeo di fucili incrociati con
baionetta innestata, una piccozza e una scure circondati da una corona di foglie di alloro e quercia.
La versione attuale del cappello venne introdotta nel 1910.
... Gli alpini portavano uno strano cappello di feltro a larga tesa, all'indietro sollevata e in avanti
ricadente, ornato di una penna nera appiccicata a punta in su, sul lato sinistro del cocuzzolo. Nelle
intenzioni allusive di chi la prescrisse, la penna doveva essere d'aquila; ma in effetto gli alpini
ignari d'ogni complicazione e spregiatori d'ogni retorica, collocavano sopra l'ala penne di corvo,
di gallina, di tacchino e di qualunque altro pennuto, nere o d'altro colore purché fossero penne
lunghe e diritte e stessero a indicare da lontano che s'avanzava un alpino. In pratica, la penna sul
cappello resisteva rigida e lustra per poco tempo, ben presto si riduceva a un mozzicone
malconcio; e qui cominciavano tutti i guai degli alpini che facevano la guerra: perché, a osservarli
da vicino, si capiva subito che in pace e in guerra gli alpini potevano distaccarsi da tutto meno che
dal loro cappello per sbilenco e stravolto che fosse. È un tutt'uno con l'uomo, il cappello; tanto che
finite le guerre e deposto il grigioverde, il cappello resta al posto d'onore nelle baite alpestri come
nelle case di città.
C'è una ragione naturalmente, per tutto ciò; ce ne sono molte. La prima è che dal momento in cui il
magazziniere lo sbatte in testa al Bocia giunto dalla sua valle alla caserma, il cappello fa la vita
dell'alpino; sembra una cosa da niente, a dirlo, ma mettetevi in coda a un mulo e andate in giro a
fare la guerra, e poi saprete. Vi succede allora di vedere che col sole, sia anche quello del centro
d'Africa, l'alpino non conosce caschi di sughero o altri arnesi del genere, ma tiene in testa il suo
bravo cappello di feltro bollente, rivoltandolo tutt'al più all'indietro affinché l'ala ripari la nuca, e
l'ampia tesa dinanzi agli occhi non dia l'impressione di soffocare; e con la pioggia serve da
ombrello e da grondaia; con la neve, da tetto unico e solo per l'alpino che va sui monti.
E se l'alpino ha sete, una sapiente manata sul cocuzzolo ne ha una coppa, buona per attingere
acqua quando c'è ruscello; eccellente perfino a raccogliere, dicano quel che vogliono il capitano e
il medico, la pasta asciutta e addirittura la minestra in brodo.
È tanto amico e compagno, il cappello, che gli si farebbe un torto a sostituirlo con l'elmetto, in
trincea; nessuno dice che il feltro ripari dalle pallottole più che l'acciaio, siamo d'accordo, ma è
proprio bello averlo in testa a quattro salti dai nemici, ci si sente più alpini, e pare che il fischio
rabbioso debba passare sempre a due dita più in là, per non bucarlo…
La Penna
La penna, portata sul lato sinistro del cappello, è lunga circa 25-30 cm, leggermente inclinata
all’indietro di colore nero di corvo per i militari di truppa, di aquila marrone per gli ufficiali
inferiori ed i sottufficiali; di oca bianca per i generali e gli ufficiali superiori.
La nappina
Sul lato sinistro del cappello è presente il dischetto, a forma ovoidale, nel quale viene infilata la
penna ovvero la nappina. Il dischetto è di lana colorata su un’anima in legno per i gradi di sergente,
sergente maggiore, graduato e militare di truppa. Per gli ufficiali, la nappina è di metallo dorato e,
nei reparti di Valle d’Aosta e Piemonte, porta al centro la croce sabauda. Per i gradi superiori al
generale di brigata la nappina è di metallo argentato.
Originariamente il colore della nappina distingueva i battaglioni all’interno dei vari reggimenti,
quindi il 1º battaglione aveva nappina bianca, il 2° rossa, il 3° verde e, il 4º azzurra.
Successivamente vennero aggiunte altre nappine colorate, con numeri e sigle specifiche per le
diverse specialità e i vari reparti.
FANTERIA ALPINA
verde: 2º Rgt. Alpini (Btg. Saluzzo), 6º Rgt. Alpini (Btg. Bassano),
bianca: 4º Rgt. Alpini (Btg. Ivrea), 5º Rgt. Alpini (Btg. Morbegno), 7º Rgt. Alpini (Btg.
Feltre), 8° Rgt Alpini (Btg. Gemona) Centro Addestramento Alpino (Btg. Aosta),
rossa: 8º Rgt. Alpini (Btg. Tolmezzo), Scuola Ufficiali Aosta,
azzurra: 3º Rgt. Alpini (Btg. Susa), 9º Rgt. Alpini (Btg. L’Aquila), Centro
Addestramento Alpino (escluso Btg. Aosta), personale fuori corpo,
azzurra, dischetto nero, ‘R’ bianca: supporti reggimentali (CCSL reggimentali),
azzurra, dischetto nero, ‘B’ bianca: Reparto Comando e trasmissioni di Brigata alpina
(Taurinense e Julia),
azzurra, dischetto centrale nero e lettere ‘c/c’ in bianco: Compagnia controcarri di
Brigata alpina,
ARTIGLIERIA DA MONTAGNA
verde, ovale nero, nr. giallo: batterie da montagna (il nr. corrisponde al nr. della
batteria),
verde, ovale nero, ‘CG’ giallo: Comandi di Gruppi di artiglieria da montagna (Batterie
Comando e servizi),
verde, ovale nero senza sigle: personale fuori corpo,
GENIO, TRASMISSIONI, SERVIZI
amaranto: genio (2º e 32º Rgt. genio guastatori) e trasmissioni (2º Rgt. Trasm.),
viola: Battaglione Logistico di Brigata alpina.
Immagini: Parma 1859. Le divise dei Volontari disegnate dal noto illustratore Quinto Cenni. Da
notare il copricapo, molto simile a quello che diverrà il primo cappello degli Alpini