Il Cortese: Anno I - N° 1
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Il Cortese: Anno I - N° 1
IL CORTESE ………di cavalli e non La pagina dei “CAVALIERI DEL TURCHESE” Maggio - Giugno 2010 LA CULTURA DEL SILENZIO…. Io e il mio cavallo siamo immersi nel verde e avvertiamo, prepotente, l’energia della prossima estate. Siamo parte del bosco. Una cosa sola col vento che ci porta le voci di chi è lontano, il profumo dei ricordi appoggiato ai fiori dell’aglio selvatico. Eppure, dobbiamo farci da parte per lasciare passare due “creature” vestite di nero, col casco fiammeggiante e in sella a rombanti “quod” equipaggiati come per andare in guerra. E l’armonia si rompe. Ma dove è finita la cultura del silenzio? La filosofia dell’ascolto della Natura? Perché si insegue sempre il rumore? Ognuno è libero di fare ciò che vuole. Ma io, a cavallo, non calpesto la terra con fare di conquista, non semino fumo e fracasso. Il mio passaggio è invisibile e legato all’equilibrio. I due motorizzati invece, forti della loro liberta, ledono la mia. E spezzano l’incanto. Ah, i bei tempi in cui si cavalcava con la colt al fianco! Nuda la verità rimane tra le pieghe del silenzio. Nella voce sta la bugia, nel fiato l’imbroglio ma nell’assenza di suono si impara e si conosce. Troppi rumori distraggono mente e cuore, deviano il pensare e l’onesto compiere. Grida d’un progresso che non fa avanzare, d’un lusso che non porta ricchezza, sgraziate melodie di lamiere in agonia. Il contorcersi di vibrati instabili ferisce le orecchie, sposta l’attenzione, crea illusioni su illusioni. Mente al cuore degli uomini. Vivere senza silenzio è colmarsi di vuoto. Siamo abituati alla morte del vero e al successo del falso. Tu prega di posseder silenzio, di tenerti il coraggio e la volontà per costruir fortezza a preservare pace. Tu prega perché l’aria conduca al petto ansante solo suoni di natura, saldi nel ripetersi eterni. Ha più voci un albero sperduto che una città. Voci che insegnano, elargiscono proverbi e impartiscono esempi. Voci di lucciole e grilli col buio, di merli e passeri col sole. Prega per questo, pellegrino del silenzio. Roberto Allegri PAROLE IN SELLA…… SENSAZIONI MUSICALI Due suoni non hanno nessun significato presi singolarmente…e non accordati…capita però che questi suoni decidano per qualsiasi motivo consapevoli o non consapevoli di dirigersi da soli….ognuno vuole fare il maestro d’orchestra dell’altro, ognuno cerca di voler creare qualcosa con o senza l’approvazione dell’altro, ognuno vuole creare il proprio brano musicale ma a volte mentre ognuno procede per la propria strada ci si rende conto che anche l’altro suono ha fatto qualcosa di giusto...ed ecco che tutto migliora…I due suoni vanno in sintonia e sullo spartito inizia ad intravedersi una semplice composizione, nessuna nota pare errata e i due suoni aggiungono le parole: d’affetto, di ira(qualche volta), allegre, tristi ma rimanendo sempre romanticamente complici, piano piano inizia a nascere una 1 canzone … io e la Gamma siamo felici di cantarla e di suonarla con lo scalpitare dei suoi zoccoli e il battito dei nostri cuori…questo è il nostro inno… un inno alla persistenza che ci permette di diventare sempre più unite nonostante varie avventure… ogni tanto capita che stoniamo perché i due suoni tendono ad andare per conto loro…ma nel giro di un quarto si riassestano, i due suoni sanno di avere la stessa intonazione e uno dei due deve abbassare i toni...Qui comincia il divertimento: Tu, fiera corri nei prati, il terreno vibra e gli zoccoli scandiscono il ritmo di una musica chiamata libertà…il cinguettio dei passerotti, lo starnazzare delle anatre e il fluire del fiume completano l’orchestra Toc Toc..ho bussato alla tua porta… Oh…ho sentito qualcuno…qualcosa!Tu mi hai risposto..una voce sincera e profonda…ed ecco che compari, due orecchie attente che attendono un saluto e che ascoltano sempre poi guardi curiosa l’arrivo di un biscotto, di un pezzetto di carota, un filo di fieno in bocca…ma tu ci sei sempre… Criniera fluente, occhi luminosi e attenti hanno individuato la fonte, assetata di te stessa riempi di orgoglio chi ti è vicino. Chiara e limpida come l’acqua, ogni tuo stato d’animo si rispecchia in me Vitale e burrascosa come un torrente in piena che mi risucchia nel suo vortice Forte e dura come una roccia ma capace di sgretolarsi facilmente se urta un’altra roccia più resistente Fredda e ghiacciata come la neve che si scioglie facilmente non con il calore del sole ma col calore dell’animo Solare e luminosa, spesso di giallo sei vestita ma d’altronde sei dolce e buona come il miele Puoi essere tutto e niente….l’importante è che sei semplicemente te stessa tanto mi piaci così come sei. Caterina Denari PERSONE & PERSONAGGI di Grazia Vittadini Secondo me il Turchese è una specie di calamita: molte persone hanno ruotato intorno a questo posto, ma alcune restano “appiccicate”, come avendo trovato un posto comodo che si addice loro…Lasciate che vi racconti qualche storia: IL FABBRO Nel gergo del Turchese, fabbro sta per maniscalco. Dovete sapere che quello dei maniscalchi è un mondo che raccoglie i caratteri più diversi e stravaganti. D’altronde, pensateci un attimo: che tipo d’uomo potrà essere uno che per vivere infila la testa sotto la pancia di cavalli non sempre concordi e maneggia chiodi affilati come rasoi infilandoli in piedi dai movimenti imprevedibili? Ci vuole di sicuro un buon grado di coraggio, incoscienza, o anche un filo di sottile follia. Forza fisica, sangue freddo, sprezzo del caldo estivo e del gelo invernale, stoica sopportazione dei moschini e vero horse– sense distinguono il bravo maniscalco, che è innanzitutto uomo di cavalli, e poi un po’ veterinario, un po’ cavaliere, un po’ sussurratore, un po’ stregone. Il nostro più che sussurrare bestemmia. La prima volta che ho visto il fabbro Giordano avevo una sola cavalla, la mia prima Olandese, una bestia difficile come carattere e sofferente di una navicolite cronica che la rendeva ancora più bizzosa: sembrava davvero un’impresa tenerla diritta e avevo già sperimentato diversi maniscalchi con successi modesti e grandi spese. Me lo presentò un’amica comune alla fiera di Rogoredo, una calda serata estiva affollata di palloncini, cavalli, trattori e zucchero filato. Già da quella prima chiacchierata mi ero intesa con lui, che aveva afferrato al volo l’idea della ferratura che secondo me ci voleva. Disposta a fidarmi, gli permisi di ferrare Amora: sono passati dodici anni e moltissimi cavalli da allora, e una martellata dopo l’altra si è costruita un’amicizia solida come il ferro. . . Giordano il fabbro è un individuo davvero singolare, pur nella stranezza di fondo della categoria: capelli biondo grano, mani enormi, parlantina sciolta e un’età indefinibile ma sufficiente ad avere accumulato un’esperienza immensa. Coi cavalli ha un modo di fare tutto suo, frutto di anni di pratica e di un numero indefinito di calci, morsi e rampate: armato dell’inseparabile capezzone maremmano e di una testardaggine proverbiale (“Tant el fo istess”, ossia “Tanto lo faccio lo stesso”, dice al cavallo riottoso che non vuole dargli i piedi) l’ho visto venire a capo di cavalli veramente difficili. Se lo guardate lavorare sembra un uomo brutale, violento: ma è tutta scena, fatta per mettere in soggezione il cavallo. E’ uno spettacolo di teatro fantastico, in cui il cavallo si fa piccino e si sottomette alle manovre dell’uomo che potrebbe facilmente ferire o schiacciare. Appena finito, il fabbro getta la maschera e gli dà qualche pacca sulla spalla: “T’et vist? T’u fa nagott” (Hai visto? Non ti ho fatto niente) e il cavallo lo guarda con una faccia stranita meravigliosa (“Ma se mi volevi uccidere? Boh?”). C’è qualcosa di magico nella ferratura, nella sequenza di gesti sempre uguali come un rito, 2 nel guardare il ferro in tralice per controllare se è diritto, nel martello che canta contro l’incudine. Ogni tanto invece fallisce il colpo e pesta diritto sul dito del fabbro: e allora si sente un altro canto. . . .Ma fa parte del gioco: le mani del fabbro raccontano quarant’anni di lavoro nelle nodosità, nelle storture delle fratture mal ricomposte, nelle cicatrici degli squarci fatti dai chiodi: eppure vedere quelle mani che volano sui piedi dei cavalli è uno spettacolo, e se ho un attimo di tempo quando ferra il fabbro sto a guardarlo un po’. In tanti anni che ferra per me, Giordano ha fatto veri e propri “miracoli”, e ho imparato sempre di più a fidarmi del suo giudizio e a lasciargli fare quando c’è un problema. Ha un modo tutto suo di definire le varie patologie, ma sa benissimo quello che va fatto per correggere e guarire, e ormai non mi stupisco più quando gli porto un cavallo zoppo e me lo restituisce “diritto”. Se non gli riesce, e il cavallo rimane zoppo, mi dice “Ciama ‘l vetrinari: l’è minga il pè” (Chiama il veterinario, non è colpa del piede). Con la riflessione obbligatoria che tantissime, troppe volte, un cavallo è zoppo per colpa di una ferratura inadeguata. Ormai al Turchese Giordano è di casa: sa lui chi c’è da ferrare e quando: l’unico problema è che ha una memoria prodigiosa per i cavalli, di cui ricorda perfettamente il numero del ferro e la data di ferratura, ma pessima per i nomi in generale. Quindi mi chiama e mi dice: “Ghè de ferà el caval, quel lì. . . dela tua amisa. . . quela biunda . . “e ogni volta ricostruire qual è il cavallo e qual è l’amica è un’impresa. Credo che dopo tanti anni di sicuro non si ricordi ancora neanche il mio nome: o almeno è uno dei suoi vezzi. Infine, sotto la rude scorza di uomo di cavalli bruciato dal sole, dietro il vocione tonante, si nasconde un uomo buono e gentile, sempre disposto a farsi in quattro, sempre pronto ad aiutare. Un vero amico per me e per il Turchese, anche e soprattutto in tempi recenti non sempre facili. Una persona di cuore su cui posso contare, un appoggio solido e colonna portante del mio mondo: a buon titolo, socio onorario. IL BUON SENSO IN VENDITA La rete pullula di metodi e sistemi, addestramenti e trucchi, vie del sapere e consigli su come instaurare un rapporto di fiducia tra uomo e cavallo. Alcuni sono noti, famosi e ricercati. Altri, più nascosti. Ma tutti hanno una cosa in comune: in cambio di denaro vendono il buon senso. A parte le eccezioni che riguardano animali davvero difficili, con seri problemi di comportamento che richiedono l’intervento di un esperto, esiste un solo segreto per conquistare il cuore di un cavallo: comporta tempo e dedizione. Nient’altro. Solo dividendo il proprio tempo con il cavallo, ascoltandolo, imparando un giorno alla volta a capire come è fatto – per comprendere in questo modo come siamo fatti noi stessi – si riesce a costruire un rapporto che ha la tempra dell’acciaio e che dura una vita intera. Ottenere la fiducia di un cavallo è immenso e come tutte le grandi cose nella vita, quelle che hanno davvero importanza, va conquistata attraverso la pazienza e il sacrificio. Senza fretta. Purtroppo viviamo in un’epoca in cui si vuole tutto e subito. Basta accendere la TV e guardare le televendite: muscoli in una settimana, magri in 10 giorni, pelle perfetta in un mese, denti bianchi in quindici giorni. Non esiste più l’acquisizione passo dopo passo, l’ottenere con sforzo e volontà. Noi però siamo gente di cavalli, per questo diversi. Non ci facciamo ingannare dalle ombre. Seguiamo invece le voci della natura, guardiamo il cammino del sole e la ronda della luna. E conquistiamo il cuore di un cavallo, così come quello di una donna, lentamente, goccia a goccia, secondo un ritmo antico ma sempre presente. Groom UNA BOTTE DI VINO NON BASTA (appello del grumo assetato) Una radicata tradizione esige che chi cade di sella paghi da bere. C’è stato un periodo in cui, per mia imperizia e perché il mio cavallo non era abituato a portare i ferri, ho rischiato di trasformare il maneggio in un covo di alcolizzati. Le bottiglie non si contavano, così come le rovinose cadute nella polvere. Ora, non vorrei girare il coltello nella piaga ma al Turchese c’è chi deve arrivare con almeno un paio di damigiane di rosso, un paio di bianco e una cassa di cognac. A buon intenditor……..Chi cavalca deve mettere in conto il prendere un morso, il farsi pestare un piede da uno zoccolo, il cadere. Infatti la strada dell’apprendimento è lastricata anche di tuffi e piroette……e quindi anche di sonore bevute. LOS CABALLEROS DE LA TORQUESA E LA POESIA PERDUTA saga semi-seria di galoppi, avventure, borrachos e poesia. (Prima parte) Il cavaliere era l’unico movimento nella piana assolata. Una sagoma ondeggiante che a tratti si confondeva con i radi alberi inceneriti 3 dal calore del deserto. Avanzava reggendosi a fatica in sella, una mano che stringeva le redini e l’altra che artigliava una bottiglia di “Don Ernesto” ormai vuota. Montava un criollo pezzato dallo sguardo assente, un animale dall’espressione annoiata che metteva una zampa davanti all’altra quasi con rammarico. Il cavallo portava il vecchio in sella già da molti giorni attraverso la valle e aveva sopportato il suo parlare a voce alta e le incomprensibile canzoni da ubriaco. L’uomo, da parte sua, aveva perso la cognizione del tempo e veleggiava in una dimensione sospesa in cui tutto era leggero. Sapeva solo che una missione di vitale importanza doveva essere compiuta. Era molto anziano, il volto irto di una barba che pareva la pelle di un cactus. Il ventre immenso trovava a mala pena spazio sulla groppa del cavallo. Gli occhi socchiusi, quasi due fessure sull’ignoto del suo pensare, erano ormai spenti. Con un ultimo rutto, il vecchio cadde di sella rimanendo disteso sull’erba gialla come una improbabile balena spiaggiata. <<Si el vino viene, viene la vida!>>, gridò con voce roca. <<Por la mierda de el diablo de la perra de la puta madre! No puedo morir aquì! Yo sono el grande poeta Horatio Guarany e ho da morir in sella!>> Poi mise una mano nella giacca e ne trasse un plico di carta sigillato con la ceralacca. <<Este es el gran secreto. E debe arrivare a su destinazione. Nelle manos dei Caballeros de la Torquesa! Ah! Donde siete, hermanos de mi vino! Non me abbandonate! Don Coño de la Concha! Don Pablo de Los Petes! Aiutatemi! Socorro! Socorro!>> (fine prima parte) DALL’ALTRA PARTE DEL MONDO De mi hermano querido Sale de mi corazón y esto es para vos Hermano mió, esta es tu canción Y un abraso necesito de alguien mas que un amigo De vos, hermano querido Paolo “El Sapo” Padin NEWS - Il 2 maggio dimostrazione ed esibizione sotto la sella di cavalli Haflinger per la Fiera di Borghetto Lodigiano. A rappresentarci: Caterina con Gamma, Grazia con Luna N si sibiranno nel pomeriggio. Al mattino invece, apriranno la manifestazione reggendo le bandiere HAFLINGER ITALIA a fianco delle autorità. - Il 9 maggio, prima tappa GYMKANA riservata agli Haflinger a Cornegliano Lombardo. In rappresentanza del Turchese, Caterina con Gamma e Denise con Luna N. - Il 20 maggio, mostra regionale del cavallo Haflinger a Crema. Porteremo Luna N e Optima. - Il 2 giugno, seconda tappa GYMKANA al “Dù Dì Country” a Cassina de’ Pecchi. - Il 9 giugno, Mostra Provinciale del cavallo Haflinger a Cassina de’ Pecchi. - La ASD Cavalieri del Turchese si è iscritta all’Albo delle Associazioni di Cornate d’Adda. Siamo così presenti sul sito www.comune.cornatedadda.mi.it nella sezione “associazioni”. - Tutti quanti insieme facciamo i più sinceri auguri a Daniela (la mamma della Sun) per le sue nozze. Il 29 maggio Daniela lascia la categoria dilettanti per passare a quella dei professionisti. E inizia una nuova strada che la porterà di certo lontano nell’avventura della vita. Dall’Argentina arrivano le parole di questa canzone scritta dal “nostro Paolino” che rivela doti e talento. Come dire, spalando letame si concima l’estro poetico! Hermano mió, No sabes lo que yo daría por que vuelvas conmigo. Todavía no puedo explicar, porque no estas aca Y el dolor que me hace llorar, sabiendo que no volverás Si hasta ayer estábamos juntos, compartiendo un mismo hogar Parte de mi vida que ya no esta, en mi alma un hueco quedara Con que nada se podrá llenar Sale de mi corazón y esto es para vos Hermano mió, esta es tu canción Y un abraso necesito de alguien mas que un amigo IL TURCHESE Villa Paradiso di Cornate d’Adda Milano www.ilturchese-horses.it il [email protected] 348.2258991 4