L`editoriale
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L`editoriale
UN PASTO di Marco Cagnotti Sommario 2 3 4 6 Accidenti Un pasto gratis Contare di più «La propaganda non va tanto per il sottile» 8 Svincolo sì, svincolo no 10 Un socialismo all’ascolto degli altri 13 Gli occhi del Ticino a Berna 14 Proteggere e coccolare il Festival Hanno collaborato a questo numero Gabriele Castori, Firmino, Françoise Gehring, Marlis Gianferrari, Teo Lorini, Corrado Mordasini, Piumetta, Roberto Rippa Crediti: Copertina, C. Mordasini; 4, Vallemaggia Turismo; 5 PS Vallemaggia; 6, R. Kabanova; 7, Y. Arcurs; 8-9, ASTRA; 14-15, © Festival del film Locarno GRATIS «È immorale. Immorale. Immorale!»: il mio amico s’infervora. Nella sua voce percepisco la condanna. Perfino il disgusto. Ma per che cosa? Per il reddito di base. Anche noto come salario di cittadinanza. Cioè uno stipendio garantito a chiunque, lavoratore o disoccupato. Insomma, tu esisti e tanto basta perché lo Stato ti paghi. Poco, appena quanto serve per una vita dignitosa. «Ma è immorale!»: il mio amico insiste, perché l’idea che qualcuno possa vivere senza far nulla gli ripugna proprio. In difesa del reddito di base (ancora tutto da quantificare) ci sono argomenti razionali. Per esempio l’abbattimento del costo del lavoro. Infatti ogni dipendente riceverebbe dallo Stato la parte del suo stipendio corrispondente al reddito di base. Un bel risparmio per il datore di lavoro. Che così potrebbe investire quel denaro per produrre altra ricchezza. E il gettito fiscale aumenterebbe. Non solo: diventerebbero superflui i sussidi di disoccupazione e quelli di assistenza. E ancora: che dire di quel contributo alla società prezioso ma ora non riconosciuto che è il lavoro domestico? «Perché lavorare, allora? Tanto, se mi mantiene lo Stato…». A parte il fatto che il reddito di base garantirebbe solo il minimo vitale e per stare un po’ meglio bisognerebbe comunque lavorare, il lavoro non è solo fonte di reddito ma anche di soddisfazione e realizzazione individuale. Così è per quasi tutti. Chi non si stuferebbe, dopo qualche settimana fermo in casa a contemplarsi l’ombelico? «Ma è pur sempre immorale!». Ovvero: è ingiusto guadagnare senza fatica. Davvero? Chi l’ha detto? È forse una legge di natura? Sì, lo è: ogni animale sa che, se non si dà da fare per procacciarsi il cibo, muore di fame. Valeva per i nostri antenati cacciatori-raccoglitori nelle savane del Paleolitico e vale per noi nelle società postindustriali del terziario avanzato. Gli Americani, con il loro consueto pragmatismo, lo codificano in un proverbio: «There ain’t no such thing as a free lunch» (non esiste un pasto gratis). E molto prima di loro l’aveva capito l’ignoto autore della Genesi, quando descriveva la cacciata dall’Eden: «…con dolore partorirai figli…» e, soprattutto, «Con il sudore del tuo volto mangerai il pane». Ecco il tentativo di trovare in una decisione divina la spiegazione di un fatto naturale evidente: per campare bisogna faticare. La tradizione giudaico-cristiana l’ha trasformato in un precetto morale: chi non lavora non mangia. Se poi non basta il precetto divino, c’è sempre la legge di natura: così è per tutti da sempre. Lì affondano le radici della repulsione morale del mio amico, peraltro agnostico. Tuttavia l’esistenza umana nelle moderne società civili è tutto fuorché naturale. Se lo fosse, una polmonite o un’appendicite sarebbero fatali per chiunque, la mortalità infantile sarebbe devastante e la selezione darwiniana eliminerebbe i disabili. Per fortuna non è così: la tecnologia ci consente di emanciparci da queste leggi naturali. E del precetto divino chissenefrega. Tant’è che la donna, se lo desidera, oggi partorisce con l’epidurale. Se dunque il parto non è più sinonimo di dolore, perché il pane dovrebbe continuare a essere sinonimo di sudore? Del resto, a ben guardare, di fatto è già così. Che ne è della fatica associata al guadagno… nel mondo della finanza, dove il denaro produce denaro e basta aspettare speculando sui titoli? E che dire dei bonus concessi ai manager dopo i disastri provocati nelle loro aziende e nelle loro banche? Non è forse un compenso non solo per far nulla… ma addirittura per far danni? Dov’è in questi casi tutto il moralismo del mio amico? Come al solito, la questione morale si applica solo a comuni mortali. Nell’Olimpo l’han già risolta da tempo. Fregandosene. 3