analisi del rischio e system dynamics

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analisi del rischio e system dynamics
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PERUGIA
SCUOLA DI SPECIALIZZAZIONE IN
SANITÀ ANIMALE, ALLEVAMENTO E
PRODUZIONI ZOOTECNICHE
Tesi di specialità
ANALISI DEL RISCHIO E SYSTEM DYNAMICS
Specializzando
Relatore
Dott. Giuseppe Noce
Prof. Camillo Pieramati
Anno Accademico 2004/2005
(matricola 166572)
The greatest of all virtues is
curiosity
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Indice
Analisi del rischio
Modelizzazione
System Dynamics
Costruzione modelli System Dynamics
Conclusioni
Letteratura citata
Pag. 4
Pag. 17
Pag. 21
Pag. 24
Pag. 40
Pag. 44
3
Analisi del rischio
L’analisi del rischio nasce nell'industria aeronautica e si sviluppa soprattutto
per esigenze legate all'industria bellica. Degli anni settanta sono i primi studi per
l'applicazione dell'analisi del rischio nell’industria chimica.
Nel 1994, in seguito all'aumento del commercio internazionale degli animali e
dei loro prodotti, con il conseguente aumento dei rischi connessi, l'Organizzazione
Mondiale del Commercio (WTO), per non creare barriere ingiustificate a questo
commercio, stabilisce che tutte le misure sanitarie da applicare dovevano essere
scientificamente valide e basarsi sull'analisi del rischio (Osborne C.G. e coll., 1995;
WTO,1995).
Nel 1995, la FAO ricorda che il ruolo delle autorità pubbliche è quello di
utilizzare l’analisi del rischio per determinare i livelli di rischio e come base per
l’elaborazione della legislazione e degli standard per la sicurezza alimentare (FAO,
1997).
Anche l’Unione Europea (UE), prima con il Libro Bianco e poi con il
Regolamento CE n. 178/2002 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 28
gennaio 2002 (Reg. 178/2002), introduce l'analisi del rischio come criterio guida per
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la valutazione e la gestione dei rischi sanitari e come base per la legislazione,
istituendo l’Autorità Europa per la Sicurezza Alimentare (EFTA), con sede a Parma,
il cui compito è di valutare i rischi e di emettere pareri scientifici sulla salute ed sul
benessere degli animali, sulla sicurezza alimentare e dei mangimi. Questi pareri
scientifici emanati dall’EFTA vanno poi utilizzati nella gestione del rischio.
L'analisi del rischio è uno strumento scientifico dinamico da utilizzare per
individuare i comportamenti a rischio per la salute dell'uomo o degli animali e, allo
stesso tempo, per individuare le misure sanitarie in grado di ridurlo o di eliminarlo.
Non è solo un esercizio di statistica, ma è un’attività scientifica che richiede
un’adeguata formazione, cultura e responsabilità. (WTO, 1995; Zapponi GA, 2001;
Mac Diarmind S.C. e Pharo H.J., 2003; Thiermann A, 2004; OIE, 2004a).
Con l'analisi del rischio si simula il sistema che è responsabile dei rischi di
salute pubblica. Diventa così importante disporre di dati e informazioni corretti e
scientificamente validi, derivanti da attività di sorveglianza, dalla letteratura
scientifica, dalle anagrafi del bestiame e dell’uomo. Rivestono importanza anche le
condizioni di trasporto degli animali e dei prodotti di origine animali e dei mangimi,
i trattamenti a cui sono stati sottoposti i prodotti alimentari per l’uomo e per gli
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animali, nonché la quantità di alimento consumato (Commissione Europea, 2003).
Per agevolare la raccolta delle informazioni e dei dati necessari all’analisi del rischio
è opportuno che le banche dati esistenti siano disponibili a chi è chiamato a gestire o
a valutare il rischio (Thiermann A., 2004).
Le fonti di informazione e dei dati vanno identificate per aumentare la
trasparenza dell'analisi (Commissione Europea, 2003a; OIE, 2004a).
I dati e le informazioni necessarie per la simulazione del sistema vanno
raccolte secondo i principi dell’Evidence Based Medicine (EBM) (Tranquillo P.,
2005).
Nel costruire un progetto di analisi del rischio è opportuno:
1. individuare un gruppo di lavoro multidisciplinare che comprende le
professionalità coinvolte (epidemiologi, patologi, climatologi, matematici,
statistici, economisti, biomatematici, gestori del rischio, etc) (Zapponi G.A.,
2001; OIE, 2004a);
2. definire con esattezza il rischio da valutare;
3. disegnare gli scenari possibili e identificare le variabili che interagiscono tra
di loro ed i loro legami (MacDiarmind S.C. e Pharo H.J., 2003; OIE, 2004a;
Pulina e coll, 2005)
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4. definire la strategia di comunicazione in funzione dei risultati ottenuti e dei
portatori di interesse (stakeholders)1 coinvolti (OIE, 2004a);
5. sottoporre l'analisi del rischio all'esame degli esperti (peer review) per
valutare la congruità dei dati utilizzati e la validità biologica dei risultati
ottenuti (Commissione Europea, 2003a; MacDiarmind S.C. e Pharo H.J.,
2003; OIE, 2004a, 2004b);
6. accettare e includere le osservazioni degli esperti e dei portatori di interesse
per sviluppare un'appropriata strategia sanitaria in linea con l'analisi del
rischio condotta ed implementarla (Commissione Europea, 2003; OIE, 2004)
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I portatori di interesse sono tutti quelli che sono interessati nel commercio degli animali o dei loro prodotti. Vengono
considerati stakeholders i servizi veterinari, i servizi di igiene pubblica, i commercianti e i produttori e loro
associazioni, le organizzazione dei consumatori, le istituzione scientifiche e accademiche e i media. I portatori di
interesse hanno delle responsabilità nella gestione e nella comunicazione del rischio (OIE, 2004a)
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1.1 Fasi dell'analisi del rischio
L'analisi del rischio viene convenzionalmente divisa in varie fasi:
–
identificazione del pericolo
–
valutazione del rischio
–
gestione del rischio
–
comunicazione del rischio
da OIE, 2004b
1.1.1 Identificazione dei pericoli (hazard identification)
Rappresenta la prima fase dell'analisi del rischio in modo così di rispondere alle
domande cosa può andare storto? Cosa
può succedere di pericoloso? Qual è
l’evento avverso che può succedere? (MacDiarmind S.C. e Pharo H.J., 2003; OIE,
2004a). Per pericolo si intende l'agente biologico, chimico o fisico, contenuto in un
alimento o in un mangime, oppure presente negli animali o i loro prodotti, che, se si
verificano certe condizioni, può provocare un effetto nocivo alla salute pubblica
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pregiudicando la qualità di vita2 (Commissione Europea, 2003b; ,MacDiarmind S.C.
e coll., 2003; OIE, 2004b).
Scopo della fase è quello di individuare i pericoli per la salute pubblica: diventa
perciò importante conoscere lo stato sanitario della zona da cui provengono gli
animali e i prodotti introdotti, così come le caratteristiche biologiche dell'agente
pericoloso (OIE, 2004a; Purina G. e coll., 2004).
1.1.2 Valutazione del rischio (risk assessment)
In questa fase si cerca di rispondere alle domande quali possono essere le
conseguenze dei pericoli individuati? Qual è la probabilità che il pericolo si
manifesti? Che succederà se non faccio niente? (MacDiarmind S.C. e Pharos H.J.,
2003; OIE, 2004a). Scopo di questa fase è quello di determinare la probabilità e le
conseguenze economiche e biologiche dell'entrata, della diffusione di un pericolo
(OIE, 2004b).
Il rischio (risk) rappresenta la probabilità e la severità con cui si possono
manifestare i pericoli e viene espresso in termini misurabili. In termini matematici è
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Qualità di vita è un stato di completo benessere psicologico e sociale in assenza di malattie o di infermità o di ansietà
della popolazione umana.
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proporzionale al pericolo ed inversamente proporzionale alle misure di tutela
adottate:
rischio = pericolo / tutela
ossia un pericolo, per il quale si adottino poche azioni di salvaguardia, può causare
dei gravi danni per la salute pubblica; al contrario, quando si aumentino le azioni di
salvaguardia, anche di fronte ad un grosso pericolo, i danni per la salute pubblica
diminuiscono. Sono state identificate diverse categorie di rischio, che possono essere
così classificate:
●
Rischi più o meno consueti e di probabilità significativa legati al singolo
individuo a piccoli gruppi (tossinfezioni alimentari);
●
Rischi significativi, correlati a basse dosi di fattori di rischio conseguenti ad
prolungate esposizione a fattori di rischio (tumori);
●
Rischi connessi a fenomeni particolarmente critici come terremoti, alluvioni,
guerre, bioterrorismo, epidemie;
●
Rischi potenzialmente molto gravi come nel caso degli OGM, legati al concetto
del principio di precauzione (Zapponi G.A., 2001).
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Nella valutazione del rischio ultimamente viene sempre più spesso considerata,
sia per correttezza scientifica che per questioni etiche, anche la Percezione del
Rischio3 che la popolazione umana può avere deve essere considerata (Slovic P.,
1987; Commissione Europea 2003a, 2003b).
La valutazione dei rischi viene suddivisa in quattro sottofasi (FAO, 1997;
Commissione Europea, 2003a; MacDiarmind S.C. e Pharo H.J., 2003; OIE, 2004a,
2004b; Pulina e coll., 2005). Nella caratterizzazione del pericolo (release
assessment), la prima, vengono esaminati e descritti gli elementi caratteristici del
pericolo in esame come le modalità di ingresso del pericolo, le probabilità che
questo avvenga e i determinanti che ne influenzano lo sviluppo (Thrusfield M.,
1995). La valutazione dell'esposizione al pericolo (exposure assessment) è la
seconda sottofase: esamina e stima la probabilità e le modalità con cui l'esposizione
al pericolo può aver luogo e può essere stimata con l'utilizzo di modelli
deterministici (Commissione Europea, 2003a). Nella terza sottofase, la valutazione
delle conseguenze dell'esposizione (consequence assessment), vengono esaminate le
conseguenze dell'esposizione all'agente sulla salute e sul benessere degli animali,
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Il rischio significa perdite di tipo fisico, psicologico, sociale, culturale, economico, etc. Il significato di queste perdite
varia tra le persone e i gruppi di persone: per cui quello che può essere grave perdita per un gruppo di persone, può non
esserlo per un altro gruppo. La percezione del rischio descrive il giudizio che viene dato al rischio da parte della
popolazione che avverte come più pericolosi i rischi incontrollabili o di cui si sa poco o nulla (come la BSE o gli
OGM), mentre sono considerati meno pericolosi rischi controllabili o apparentemente tali (come gli incidenti stradali) o
quelli che si manifestano con una frequenza temporale molto bassa (come i terremoti, le inondazioni, etc).
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sulla qualità della vita delle popolazione umane, sull'economia e sull'ambiente,
nonché quelle politiche, sociali ed etiche (Garner e coll., 2001; Commissione
Europea, 2003a, 2003b; Mangen M.J.J. e coll., 2003).
La quarta ed ultima sottofase rappresenta la combinazione di tutte le analisi
precedenti: misura i rischi associati con i pericoli identificati ed è denominata
caratterizzazione del rischio (risk estimation).
La valutazione del rischio può avvenire con metodi qualitativi,
semiquantitativi o qualitativi, ed è un modello statico in cui l'influenza del
tempo è nulla (Commissione Europea, 2003a).
L'output della fase è un documento che descrive la probabilità con cui
l'evento dannoso si può manifestare. Questo documento diventa la base per la
gestione del rischio, interconnessa ed interdipendente con la valutazione del
rischio (OIE, 2004a).
1.1.2 gestione del rischio (risk management)
L’obiettivo della fase è quello di rispondere alle domande cosa può essere fatto
per ridurre o eliminare il pericolo? Quali scelte sono le migliori? Quali misure
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possono essere efficaci ed efficienti? Quale impatto possono avere le misure scelte?
Qual è il livello ed il tipo di incertezza? (MacDiarmind S.C. e Pharos H.J., 2003;
OIE, 2004a). Scopo della fase è governare e tenere sotto controllo il rischio
selezionando e implementando le misure sanitarie in grado di ridurre il rischio ad un
livello accettabile per garantire un adeguato grado di protezione per la salute
pubblica e, allo stesso tempo, minimizzare gli effetti negativi sul commercio (FAO,
1997; Perry B.D., 1999; Chilonda P. e Van Huylenbroeck G., 2001; Garner e coll.,
2001; Mangen e coll., 2003; OIE; 2004a, 2004b; Ortenzi R. e coll., 2004; Consumers
Unit, 2005).
Anche la gestione del rischio viene convenzionalmente divisa in quattro
sottofasi (FAO, 1997a; Commissione Europea, 2003a; OIE, 2004a, 2004b; Pulina G.
e coll., 2005). La prima è la valutazione del rischio (risk evaluation), nella quale si
identificano gli elementi del pericolo e del rischio rilevanti e prioritari. Quindi nella
valutazione delle opzioni (option evalution) si identificano e si valutano l'efficacia e
l'efficienza delle possibili misure utilizzabili per raggiungere il livello di protezione
scelto. La scelta delle misure è un processo scientifico e multidisciplinare che
coinvolge anche gli economisti. Le misure ritenute migliori vengono applicate
(implementation). Vanno messi in atto sistemi per monitorare le misure applicate
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per verificarne i risultati e per poi, se è il caso, intervenire (monitoring and review)
(FAO, 1997; OIE 2004b).
Qualora non esistano sufficienti informazioni per una completa analisi del
rischio, è possibile adottare, a tutela della salute pubblica, misure temporanee, non
discriminatorie, in linea con i principi generali dell'analisi del rischio (principio di
precauzione). Il principio di precauzione non è ben definito e prevale una visione
molto forte per cui nulla si può fare senza la certezza che non sia dannosa per la
salute pubblica, mentre l’altra visione non giustifica l’applicazione di misure di
protezione in assenza di una piena certezza sulla pericolosità per la salute umana
(Majone G., 2002; Lofstedt R., 2004; Basili M. e Franzini M., 2005). Ma, per far sì
che il principio di precauzione sia da guida per la tutela della salute pubblica, il
principio va applicato a situazioni e a eventi caratterizzati da incertezza scientifica,
oppure sulla base delle conseguenze che si possono avere se si verificasse il caso
peggiore (WTO, 1995; Belèze H., 2003; OIE, 2004a; Basili M. e Franzini M., 2005).
In ogni caso le scelte per la gestione del rischio devono essere trasparenti,
riproducibili e scientificamente valide (Consumers Unit, 1995; FAO, 1997). La
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gestione del rischio è una prerogativa dell’Autorità Politica o dell’Autorità Sanitarie,
in funzione dei diversi ordinamenti statali. Le Autorità preposte definiscono gli
standard, i regolamenti, le leggi o le prescrizioni per tenere sotto controllo il pericolo
e per verificare che le azioni scelte vengono implementate correttamente. Questi
output possono essere diversi tra i vari Stati o Territori coinvolti, anche per la
diversa percezione che la popolazione umana può avere del rischio in esame
(Commissione Europea, 2003a).
1.1.3 Comunicazione del rischio (risk communication)
Didatticamente la comunicazione del rischio viene posta come ultima fase
dell’analisi del rischio. In realtà la comunicazione è uno processo che inizia
contemporaneamente all'analisi del rischio e che continua per tutto l'intero arco
dell'analisi (FAO, 1997; OIE, 2004a; Pulina G. e coll., 2005) diventando un effettivo,
aperto e trasparente scambio di informazioni che coinvolge chi valuta il rischio, chi
lo gestisce, i consumatori, le industrie, gli allevatori, le università, la comunità
scientifica e tutti gli interessati (OIE, 2004a; Thiermann A., 2004). Scopo della fase è
quello di comunicare agli interessati i risultati della valutazione e della gestione del
rischio, fornendo le fonti delle informazioni e dei dati. Per garantire la trasparenza va
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comunicato anche quello che non si sa sul rischio in esame (McCrea D., 2003; OIE,
2004a, 2004b; Thiermann A., 2004). Sottoporre il modello ottenuto alla valutazione
degli esperti (peer review) è fare comunicazione del rischio.
Sono definiti tre modelli di comunicazione umana.
Il primo modello, descritto sul finire degli anni quaranta, è il cosiddetto
modello lineare. Si basa sulla triade Emittente-Messaggio-Ricevente, ed è una
comunicazione unilaterale, paternalista, tra gli esperti ed il pubblico dei non esperti,
considerati come una macchina decodificatrice, muta, passiva. Avviene da coloro
che hanno le informazioni, l'emittente, a coloro che devono utilizzare la valutazione
del rischio oppure a coloro che devono applicare le misure individuate, il ricevente
(Beccastrini S., 2001; McCrea D., 2003; Bernhardt J.M., 2004).
Un secondo modello, descritto negli anni sessanta, è l'interattivo. Scompare la
triade Emittente-Messaggio-Ricevente: il ricevente non è più un elemento che
passivamente accetta il messaggio trasmessogli, ma partecipa alla comunicazione
con un feedback alla comunicazione altrui. Il processo comunicativo diventa un
processo tra due o più interlocutori in cui nessuno può definirsi l’emittente.
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Caratteristica di questo modello è che non si può non comunicare, in quanto a
qualunque processo comunicativo è sotto inteso un processo meta-comunicativo di
tipo non verbale, per cui se per un certo rischio manteniamo un silenzio comunque
comunichiamo arroganza o reticenza (Beccastrini S., 2001).
Negli anni ottanta si sviluppa un ulteriore modello comunicativo, denominato
dialogico, caratterizzato da una gestione concertata del significato. In questo modo
non c’è una verità precostituita, ma la verità viene costruita nel processo
comunicativo (Beccastrini S., 2001).
Tutti e tre questi modelli si applicano alla comunicazione del rischio.
L’informazione al pubblico è l’applicazione del modello lineare. Esistono gli
emittenti (gli scienziati, le istituzioni, etc.) che possiedono le informazioni e
preparano i messaggi, debitamente incanalati e codificati verso i riceventi (la
popolazione, il pubblico, etc.).
Anche il secondo modello può essere applicato alla comunicazione del rischio.
Attualmente il livello culturale medio della popolazione è molto elevato. Il
reperimento delle informazioni, tramite gli organi di stampa, le televisioni, la radio
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ed internet, è molto più facile del passato e non è più sufficiente dare delle
informazioni, ma è necessario anche considerare la popolazione come soggetto
capace di esprimere opinioni, pareri, critiche e suggerimenti, realizzando così il
feedback che caratterizza il modello interattivo della comunicazione (Beccastrini S.,
2001; Bernhardt J.M., 2004).
Anche il terzo modello può essere applicato. Non c’è una valutazione del
rischio fatta dagli esperti che precede la comunicazione, ma è durante il processo di
comunicazione tra tutti gli interessati al rischio che viene prodotta la valutazione del
rischio come risultato della sommatoria e del compromesso accettabile tra tutti i
punti di vista dei vari portatori di interesse; questo è il modello di costruzione sociale
della valutazione del rischio dell’Europa e dell’EFSA (Beccastrini S., 2001): in
questo modo gli interessati si sentono partecipi delle motivazioni utilizzate e delle
misure scelte (WTO, 1995; OIE, 2004a).
Lo scopo della comunicazione è di mettere in comune, condividendo con gli
interessati i temi della sicurezza alimentare e della salute pubblica per incrementarle
e per agevolare l'applicazione delle misure suggerite dall'analisi del rischio (WTO,
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1995; Beccastrini S., 2001; McCrea D., 2003; Bernhardt J.M., 2004; OIE, 2004a;
Thiermann A., 2004).
La comunicazione deve essere trasparente, chiara e comprensibile; deve tener
conto della cultura, degli interessi e delle esigenze dell'interessato (McCrea D., 2003;
Bernhardt J.M., 2004; Pauwels L., 2005). Nella comunicazione, inoltre, si deve tener
conto anche delle differenti percezioni del rischio del destinatario, utilizzando grafici
e disegni piuttosto che stime numeriche (Commissione Europea, 2003a; Batty G.D. e
Deary I.J., 2005), perché “… i lunghi discorsi dei dotti molte volte infastidiscono gli
ascoltatori e così i diversi pareri dei libri diversi. Gli uomini infatti non vogliono
sapere se non le conclusioni di quello che loro giova …”[Theatrum Sanitatis XV
secolo].
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MODELLIZZAZIONE
Nell’analisi del rischio sono da considerare molteplici aspetti, da quelli
strettamente sanitari a quelli relativi ai portatori d’interesse coinvolti, inclusi gli
aspetti economici: è necessario riprodurre in un modello l'intero sistema4
responsabile del rischio per essere in grado di anticiparne il comportamento. La
riproduzione del sistema può favorire anche l’evoluzione della conoscenza del
sistema in esame (Thrusfield M., 1995; Ford A., 1999; Hannon B. e Ruth M., 2001;
Mangen M.J.J. e coll., 2003; OIE, 2004a).
Esistono vari tipi di modelli.
Un aeroplano di carta è un modello che viene usato dai ragazzi per le loro prime
esperienze di “volo”: questi, sulla base degli esperimenti; lo modificano
continuamente per farlo volare sempre meglio.
Un modello può essere mentale, se si costruisce nella mente di ognuno di noi,
oppure può essere formalizzato sulla carta, con l'utilizzo di equazioni matematiche
ed è un modello matematico. I modelli matematici forniscono buoni risultati nella
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Il sistema è un gruppo di elementi interconnessi tra di loro. Se riconosce una sola causa come determinante per la sua
manifestarsi, il sistema è detto complicato, altrimenti il sistema è definito complesso.
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rappresentazione del sistema, ma l'utilizzo dei formalismi matematici può essere di
difficile comprensione per i non addetti ai lavori e non sempre si arriva alla
risoluzione del modello. Per superare queste difficoltà, il sistema può essere emulato
con un altro, in scala più piccolo, con il quale si studia il fenomeno, riportando poi i
risultati così ottenuti nel sistema iniziale (Bagni E. e coll., 2002; Boriani E.M.,
2005).
Anche in campo sanitario si è provveduto nel tempo ad applicare modelli
matematici per studiare l'evoluzione dei rischi sanitari e per determinare gli effetti
dei programmi di controllo (Thrusfield M., 1995). I primi modelli matematici di
simulazione per lo studio delle malattie risalgono al 18° secolo, quando si applicò la
tavola della sopravvivenza al vaiolo, riuscendo a dimostrare che la vaiolizzazione era
efficace e conferiva un'immunità per tutta la vita (Bernoulli M.D., 1766; Daley D.J. e
Gani J., 1999). Nel tempo i modelli sono diventati sempre più realistici e vengono
attualmente utilizzati per trovare la strategia di controllo del rischio (Bailey N.T.J.,
1975; Daley D.J. e Gani J., 1999; Diekmann O. e Heesterbeek J.A.P., 2000; Hannon
B. e Ruth M., 2001; Bagni R. e coll., 2002; Mangen M.J.J. e coll., 2003). Qualora la
risoluzione del modello matematico non è possibile, si emula il sistema utilizzando
gli animali di laboratorio (Noce G. e coll., 1999).
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I modelli matematici vengono classificati in vario modo. Una prima
classificazione è in funzione del tipo: modelli qualitativi, quantitativi e
semiquantitativi. I modelli qualitativi rappresentano il risultato di operazioni
logiche che, senza far uso di espressioni numeriche, valutano il rischio in alto, basso,
medio o trascurabile (Osborne C.G. e coll., 1995; OIE, 2004a; Pulina G. e coll.,
2005). Questi modelli vengono preferiti nei casi in cui non si ha un'ottima
conoscenza del fenomeno oppure i dati disponibili sono pochi o di bassa qualità
(Pulina G. e coll., 2005). I modelli semiquantitativi sono una via di mezzo tra i
modelli qualitativi e quantitativi: possono essere utilizzati quando è necessario
ridurre la variabilità ma la quantità e la qualità dei dati non è sufficiente per un
modello quantitativo; i punteggi assegnati (alto, basso, medio, etc.) sono determinati
in maniera arbitraria e soggettiva (Osborne C.G. e coll., 1995; Pulina G. e coll.,
2005). I modelli quantitativi richiedono l'uso di input matematici e gli output sono
sempre espressi in termini matematici. I modelli quantitativi sono utilizzabili quando
si ha una buona conoscenza del fenomeno e i dati e le informazioni disponibili sono
buoni in qualità e quantità (OIE, 2004a; Pulina G. e coll., 2005).
In funzione del modo di rappresentare la realtà i modelli matematici vengono
classificati in modelli deterministici, stocastici o probabilistici, continui, discreti,
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statici o dinamici. I modelli deterministici sono modelli in cui tutte le variazioni
sono ignorate e i parametri sono considerati fissi: il risultato è la stima di un punto. I
modelli stocastici o probabilistici sono modelli in cui gli eventi sono variabili e
rappresentati da una distribuzione di probabilità; i modelli stocastici sono utili se si
studiano popolazioni con un numero di individui molto piccolo (Thrusfield M.,
1995; Commissione Europea, 2003a). I modelli continui sono quelli che osservano
il rischio sanitario come un evento che continua nel tempo. I modelli discreti
considerano il comportamento del rischio sanitario nei diversi stadi evolutivi in cui
gli individui passano: ad esempio, suscettibile, immune, infetto, morto, vaccinato,
etc.. I modelli statici sono modelli che descrivono la realtà in un particolare
momento, al contrario dei modelli dinamici che descrivono come un sistema cambia
nel tempo (Ford, A. 1999).
I modelli matematici possono avere una classificazione logica in modelli
retrospettivi, utilizzati per l'interpretazione quantitativa dei dati di campo, ed in
modelli prospettivi, che servono per predire l'evoluzione di un rischio sanitario
(modello prospettivo predittivo) o per esplorare i vari possibili scenari (modello
prospettivo esplorativo) (Zanardi G., 2005).
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I modelli matematici possono essere classificati anche in modelli differenziali o
di simulazione. I modelli differenziali si basano sulla tecnica matematica del calcolo
differenziale (Thrusfield M., 1995). I modelli di simulazione permettono di
simulare il comportamento dell’agente eziologico del rischio sanitario: per la loro
risoluzione si utilizza il metodo Montecarlo, il modello di Markov o la metodologia
dell'Agent Based (Elverback L, 1971; de Jong M.C.M. e Diekmann O., 1992;
Thrusfield M., 1995; Luna F. e Stefansson B., 2000; Bagni R. e coll., 2002).
L'evoluzione ed il progresso dei software e dell'hardware ha permesso di
utilizzare la Dinamica dei sistemi (system dynamics) (SD) anche per modellare e
simulare i rischi sanitari (Motohaschi Y. e Nishi S., 1991; Heidenberger K. e Flessa
S., 1993; van Asseldonk M.A.P.M. e coll., 1993; Sanchez Navarro J.D.e coll., 1993;
Taylor K. e Lane D., 1998; Flessa S., 1999; Ford A., 1999; Rietchie-Dunham J.L. e
Mendez Galvan J.F., 1999; Finkenstandt B.F. e Grenfell B.T., 2000; Stave K.A.,
2000; Hannon B. e Ruth M., 2001; Bagni R. e coll., 2002; Newman J. e coll., 2003;
Boriani E.M., 2005; Feliziani F. e coll., 2005; Zeng Z.C. e coll., 2005).
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SYSTEM DYNAMICS
La SD nasce negli anni ‘60. E' una branca della scienza del management
utilizzata nel problem solving e nella scelta delle decisioni da prendere; essa mette a
disposizione i principi, le tecniche e la filosofia per trasformare la realtà in un
modello, favorendo la comprensione delle regole che lo governano (Forrester J.,
1969; Ford A., 1999; Hannon B. e Ruth M. coll., 2001; Bagni R. e coll., 2002;
Caulfield C.W. e Maj S.P., 2002; Boriani E.M., 2005).
Sebbene i modelli SD abbiano una rigida base matematica, per la loro
realizzazione non sono richieste alte competenze matematiche. Serve il system
thinghing (ST) o pensiero sistemico. Il ST guida il modellizzatore a vedere la realtà
come un sistema complesso di variabili correlate tra di loro. La correlazione è tale
che l'interazione tra una variabile e l'altra può provocare un effetto che, attraverso
una catena chiusa di causa ed effetto, ritorna alla prima variabile, creando un sistema
di controllo (feedback). Per ricostruire un sistema complesso, come i rischi sanitari,
non è quindi sufficiente considerare il singolo evento e la causa che l'ha determinato,
ma occorre concentrarsi sull'intero sistema, sviluppando la capacità di affrontare
problemi complessi con approccio flessibile, cogliendo gli elementi di trasversalità
senza dogmi o pregiudizi, ed applicando invece la capacità critica che è propria del
25
metodo scientifico (Forrester J., 1994; Ford A., 1999; Caulfield C.W. e Maj S.P.,
2002; Boriani E.M., 2005). Ricostruito il sistema, la SD permette di esaminare i vari
scenari e di sperimentare le conseguenze delle azioni proposte sull'intero sistema,
comprendendo così meglio le interazioni e le ramificazioni delle decisioni prese
(Ritchie-Dunham J.L. e Mendez Galvan J.F., 1999; Boriani E.M., 2005).
In caso contrario, le soluzioni sono intuitive e basate sui sintomi e sulle
conseguenze, piuttosto che sulle cause che hanno determinato il rischio e le soluzioni
così trovate possono funzionare a breve, ma nel tempo producono malessere ed
insuccessi (Caulfield C.W. e Maj S.P., 2002).
Il modello SD è utile per comunicare il rischio evidenziato. L'applicazione della
SD consente di includere nel modello l’esperienza, le conoscenze e le opinioni degli
interessati, realizzando la valutazione del rischio come sommatoria di tutti i punti di
vista, rendendo più accettabile quello che può succedere e quello che si può fare per
evitare che ciò succeda (Rietchie-Dunham J.L. e Mendez Galvan J.F., 1999).
La trasformazione del mondo reale in un modello non è ancora una scienza
esatta e sono sempre possibili errori e/o omissioni. La realizzazione di un modello
26
SD è, allo stesso tempo, un’arte ed una tecnica. La collaborazione con gli esperti può
contribuire alla realizzazione del modello (Hannon B. e Ruth M., 2001). Anche la
validazione del modello, effettuata con tecniche statistiche o verificando gli output
del modello con la realtà, può aiutare (Boriani E.M., 2005). Un’altra possibilità è la
peer review: il modello realizzato viene presentato agli esperti del settore (Ford A.,
1999). La validazione può anche avvenire tenendo conto delle nuove scoperte
scientifiche o di dati aggiuntivi (Mendley G.F. e Anderson R.M., 1992; Hannon B. e
Ruth M., 2001).
I rischi sanitari sono considerati sistemi complessi e dinamici che si modificano
nel tempo e nello spazio, e che includono relazioni complesse e dinamiche con cicli
di controllo (feedback), e per la simulazione di questi sistemi va, quindi, privilegiato
l'approccio sistemico ed olistico5 che consente di determinare e di condizionare il
futuro (Riechie-Dunham J.L. e Mendez Galvan J.F., 1999; Smith K.F. e coll, 2005).
Non sempre i modelli di altro tipo riescono a fornire simulazioni valide (Flessa S.,
1999).
5
Ossia che a partire dal tutto che si spiegano la natura e le funzioni delle singole parti, mentre le analisi delle singole
parti non spiega la natura dell'intero sistema che ha proprietà proprie ed emergenti non riconducibili a quelle delle sue
componenti.
27
COSTRUZIONE DEL MODELLO SYSTEM
DYNAMICS
Per trasformare il mondo reale in un modello SD sono disponibili diversi
software, tutti ugualmente validi, intuitivi e flessibili. La scelta dipende dall'obiettivo
dello studio.
Se lo studio è destinato alla valutazione della probabilità che un determinato
pericolo si manifesti sono utili modelli statici, che non tengono conto dell'evoluzione
nel tempo, come i cosiddetti spreadsheets o fogli elettronici, (ossia evoluzione di
Visicalc, quale il famoso 1-2-3 Lotus o gli attuali Excel di Microsoft o il Calc di
OpenOffice). Il più noto è @Risk di Palisade Corporation. L’uso degli spreadsheets
richiede di avere dimestichezza con gli elementi dei fogli elettronici (celle, righe e
colonne). L'utilizzo di questi software per la valutazione dei rischi in OIE (2004a).
Con gli spreadsheets, l'attenzione si concentra sui numeri. Gli spreadsheets
sono ottimi per la simulazione di modelli statici che studiano il sistema in un punto
ben determinato del tempo. Sono poco utili per lo studio di modelli quantitativi
dinamici e complessi (Forrester J., 1961, 1968; KirKwood C.W., 1998; Ford A.,
1999).
28
Se l'obiettivo è di capire la dinamica del pericolo ed i rischi collegati nel
tempo risultano più utili i software che utilizzano la metodologia stocks-flows
(Forrester J., 1961, 1968 e 1969; Kirkwood C.W., 1998; Ford A., 1999; Caulfield
C.W. e Maj S.P., 2002; Boriani E.M., 2005).
Questi software utilizzano un linguaggio molto semplice costituito da soli tre
elementi di base: Stocks, Flows e Converters. Il loro uso è molto intuitivo e
combinandoli tra di loro è possibile realizzare il modello. Agli elementi di base
vanno aggiunti semplici equazioni e, se il caso, del testo.
Gli Stocks sono le variabili principali del modello e rappresentano i punti dove
il flusso in studio si accumula. Metodologicamente sono il punto di partenza del
modello. Didatticamente sono definiti nomi o livelli, e sono rappresentati
graficamente da quadrati o da rettangoli.
I Flows sono le azioni che determinano il cambiamento degli stocks in un nuovo
livello. Didatticamente sono anche detti verbi o tassi e sono rappresentati da linee ad
una o due vie; metodologicamente vengono aggiunti a collegare gli stocks. Gli
stocks hanno un’unità di misura che nei flows è divisa per l'unità di tempo.
A completare il modello ci sono altri elementi detti converters o arrows o
information link o ausiliari, che servono a indicare come l'azione (flows) modifica le
29
variabili (stocks). Sono didatticamente avverbi che aiutano a descrivere l'azione dei
verbi o flows
Esistono vari tipi di software che utilizzano questa metodologia.
Il primo ad essere utilizzato è stato DYNAMO, sviluppato negli anni ‘60 con lo
scopo di supportare lo sviluppo nell'uso della dinamica di sistema per studiare
sistemi economici e sociali complessi. Sono disponibili diverse pubblicazioni su
questo software (Forrester J, 1961, 1968 e 1969; Sanchez Navarro J.D. e coll., 1993;
Ford A., 1999).
Un altro possibile software è STELLA®; la cui documentazione è disponibile
dalla Hight Performance Systems, Inc.; molto semplice da utilizzare, facilita la
modellizzazione del sistema integrando le competenze di esperti di versi campi e
rendendo più semplice l’approccio multidisciplinare dell’analisi del rischio (HPS,
1992, 1993).
In passato veniva utilizzato anche ITHINK (Caulfield C.W. e Maj S.P., 2002;
Boriani E.M., 2005).
Un ulteriore software da considerare è POWERSIM, sviluppato con l'obiettivo
di concettualizzare, costruire e testare i modelli creati; la documentazione è
disponibile presso la Powersim Corporation (1996).
30
VENSIM® è un ulteriore software, creato per sviluppare modelli di dinamica
dei sistemi e per velocizzare lo sviluppo di modelli di alta qualità. È un programma
orientato graficamente, e quindi di uso intuitivo, con il quale è possibile realizzare
un diagramma schematico del sistema da esaminare. Anche VENSIM®, al pari di
STELLA®, è un programma semplice da utilizzare, che facilita la modelizzazione
del problema e rende più agevole l’approccio multidisciplinare dell’analisi del
rischio
con
l'integrazione
dell'apporto
di
esperti
di
diversi
campi.
Su
www.vensim.com è disponibile ampia documentazione sull’uso di VENSIM® ed è
possibile scaricare sia le versioni commerciali che quelle riservate ad un uso
personale. In questa tesi si userà la versione 5.4 di questo software.
Individuato il software e applicando il ST, va definito il problema e lo scopo
del modello ossia occorre definire la domanda a cui il modello deve dare la risposta.
Se il problema è molto ampio è opportuno definire i vari sottosistemi e gli obiettivi
di ciascun di questi sottosistemi. Quindi vanno individuate le modalità con cui il
rischio sanitario evolve dinamicamente, investigando il comportamento nel tempo di
una o più variabili (come il numero dei morti, dei malati, degli infetti, dei
suscettibili, dei trattati o dei vaccinati, etc). Sulla base del comportamento osservato
diventa possibile individuare e descrivere la struttura e le interazioni che sono alla
31
base della dinamica osservata. (Kirkwood C.W., 1998; Ford A., 1999). Il
comportamento di un sistema dinamico può evolvere secondo questi schemi
Il passo successivo, sulla base dell'andamento temporale della variabile
osservata è la rappresentazione grafica degli elementi e delle loro influenze causaeffetto, in modo da individuare i cicli di feedback, ossia i cicli di trasmissione e di
ritorno delle informazione. (Ford a., 1999; Ritchie-Dunham J.L. e Mendez Galvan
J.F., 1999). Nel caso si osservi un andamento come nel grafico
32
è possibile ipotizzare che i loop o cicli di feedback possono essere così schematizzati
se si tratta dell'evoluzione di una popolazione animale con R che indica un loop
positivo che rappresenta un processo di crescita e con B che indica un loop negativo
che tende a frenare l'evoluzione, oppure
33
se si vuole rappresentare un rischio sanitario tipo SI (suscettibile-infetto) con - che
indica un loop negativo e con + che indica un loop positivo.
La rappresentazione con il diagramma causa-effetto aumenta la nostra
conoscenza sul sistema che si sta modellizzando e, nel caso di un rischio sanitario
mostra come una popolazione di soggetti suscettibili passa nei vari stadi tipici del
rischio. Questa rappresentazione non dice nulla di utile per la gestione del rischio,
mancando le informazioni sulla quantità, ad esempio mancano informazioni sul
numero di animali che muore o che guarisce dopo un certo tempo.
Occorre sviluppare un modello quantitativo o diagramma stocks-flows,
definendo le variabili che indicano lo stato del sistema (stocks), che devono essere
34
semplici con unità di misura ben definite, e quelle che controllano il sistema (flows),
anche queste devono essere semplici e con unità di misura ben definite, possono
essere aggiunti anche gli arrows. Utilizzando le maschere del software
si aggiungono le equazioni necessarie per il modello. Nella costruzione del
digramma stocks-flows fare attenzione che i flows entranti e uscenti abbiano la stessa
unità di misura dello stocks ad eccezione dell'inverso del tempo e che i flows se
partono da uno stocks ne diminuiscono il livello, mentre se vanno verso uno stocks
lo aumentano. La soluzione la dà il software ed in base ai risultati ottenuti si verifica
se il modello creato traduce bene la realtà oppure è necessario ridefinire le equazioni
o le interazioni tra le variabili.
35
Per applicare la SD in sanità è utile dividere la popolazione ospite in vari
compartimenti o livelli o stadi. Oltre al SR, c'è un altro schema di descrizione del
rischio sanitario il SIR (Susceptible, Infected, Recovered) ossia i soggetti nascono
come suscettibili, se entrano in contatto con un soggetto infetto diventano infettivi
per un certo tempo, tipico della malattia, e poi guariscono e si assume siano immuni
per tutta la vita. Esistono altri modelli di evoluzione di un rischio sanitario (Kendall
D.G., 1956; Daley D.J. e Gani J., 1999; Diekmann O. e Heesterbeek J.A.P., 2000),
come
36
Per i rischi sanitari di natura infettiva (virus, batteri, protozoi), si utilizza il
modello SLIR (Susceptible, Latent, Infected, Recovered) ossia la popolazione viene
divisa in quattro compartimenti: suscettibili, infetti ma non trasmettono la malattia,
infetti ed in grado di trasmettere la malattia e guariti (Zanardi G., 2005) che secondo
la logica del diagramma causa-effetto può essere così schematizzato
37
che rappresenta una prima schematizzazione del modello SLIR: la popolazione dal
livello di suscettibili, passa a quello di infetti non infettanti (o con infezione latente),
quindi la popolazione può essere sottoposta a trattamento (infetti trattati) o non
sottoposta (infetti non trattati) e quindi può guarire (guariti). È stata aggiunto il costo
della malattia.
Utilizzando la metodologia stocks-flows, il diagramma diventa
è un modello relativamente semplice che può rappresentare come nel tempo evolve
un sistema di malattia, come l'afta, nel quale ci sono animali suscettibili, infetti non
infettanti o con infezione latente, soggetti infetti (nel nostro modello divisi in animali
che possono essere trattati e quelli no), i soggetti che guariscono e quelli che
perdono l'immunità. Per aumentare la leggibilità del modello, si possono usare i
38
connettori o arrows, che permettono di definire meglio alcuni aspetti come quello
dal trattamento e della guarigione (nel modello precedente) o dell'infezione (nel
modello seguente)
e quindi nel modello completo
39
Gli arrows e le costanti inserite (es. numero contatti/gg, durata immunità,etc.)
permettono di gestire più efficacemente il modello. È possibile anche inserire le
politiche di controllo che si intendono implementare e, in relazione alle
caratteristiche del rischio, si possono fare le assunzioni che si ritengono più
opportune (Zanardi G., 2005).
Creato il modello, viene validato e utilizzato per testare le politiche di
controllo e per valutare i risultati. Lo studio procede simulando il comportamento del
sistema inserendo nel modello le politiche di controllo che si vorrebbero utilizzare.
Può essere utile simulare quando l'infezione finisce.
40
Per controllare l'evoluzione della malattia si vuole provare se la vaccinazione è
in grado di bloccare l'evoluzione della malattia. Ipotizzando il trattamento del 10% o
il 50% o il 100% dei soggetti malati è possibile spendere
Totale globale – è la somma delle varie spese sostenute per il trattamento e
conseguenti alla perdita di produzione degli animali infetti
Sommatoria – è l'integrale del totale globale e rappresenta l'evoluzione nel
tempo del sistema
Con lo stesso modello è possibile descrivere la curva epidemica
41
curva epidemica
10,000
8,000
6,000
4,000
2,000
0
0
60
120
180
240
300
Time (Month)
360
suscettibili : 100 %
tot infetti : 100 %
Tot infetti – sono tutti gli infetti sia trattati che non trattati
Guariti – sono gli animali che guariscono o perchè trattati o per
guarigione spontanea
Totale morti – tutti i morti
Perdita di immunità – gli animali che perdono l'immunità e
possono rinfettarsi
42
420
480
540
o, sempre con lo stesso modello, è possibile verificare il comportamento di altre
variabili
- perdita immunità e totale infetti
curva epidemica
600
450
300
150
0
0
20
40
60
80
100
120
Time (Month)
perdita di immunita : current
tot infetti : current
- suscettibili e guariti
43
140
160
180
200
curva epidemica
10,000
7,500
5,000
2,500
0
0
20
40
60
80
100
120
Time (Month)
140
160
180
200
suscettibili : current
guariti : current
tot infetti : current
Altri esempi di modelli SD applicati alla riproduzione dei rischi sanitari, come
nel caso di malattie da insetti
o della leucosi bovina enzootica
44
45
46
CONCLUSIONE
Fino all'istituzione del Servizio Sanitario Nazionale (SSN), l'obiettivo dei
veterinari era la tutela del reddito degli agricoltori.
Con l'istituzione del SSN (legge 23 dicembre 1978, n. 833), i Servizi Veterinari
Pubblici (SV) hanno il compito di tutelare la salute pubblica evitando che le malattie
e i rischi sanitari possano manifestarsi (prevenzione), prima come garanti della
salute pubblica, assicurando che i processi di produzione e di allevamento alimenti
fossero conformi alla legislazione vigente, e poi, con l'introduzione del sistema
HACCP, i SV valutano se le azioni definite dai privati sono in grado a proteggere i
consumatori.
Questo obiettivo è raggiungibile ponendo come base dell'azione dei SV le
capacità proprie del professionista, ossia le conoscenze scientifiche, la capacità di
lavorare in rete e in ambienti multidisciplinari senza dogmi e verità preconcette. Le
conoscenze e il metodo scientifico sono state riconosciute, con il regolamento (CE)
178/2002, base della legislazione alimentare. Quindi, è necessario, anche nella
pratica routinaria, utilizzare il metodo scientifico per raccogliere dati e informazioni
47
(Zapponi G.A., 2001; WHO, 2002; Lafiandra D.C., 2003; Zapeda e coll., 2005).
Infatti solo con un approccio scientifico, olistico e sistemico che la SD può garantire,
il personale sanitario del SSN, inquadrato nella dirigenza per poter decidere in
autonomia, è in grado di valutare scientificamente i dati e le informazioni raccolte di
decidere le strategie migliori per la tutela della salute pubblica.
Occorre quindi investire nella formazione del personale del SSN e del SV,
come richiesto anche dalla legislazione europea e nazionale, favorendo l'inserimento
del personale in possesso del titolo di dottore di ricerca. Infatti, durante il corso di
dottorato di ricerca, oltre a perfezionare e approfondire le competenze accademiche
e specifiche, il dottorando acquisisce le competenze manageriali, utili per pianificare
e organizzare il lavoro, le capacità di lavoro in ambiente multidisciplinare, la
creatività e la capacità di auto aggiornamento: il dottorato è la palestra della futura
classe dirigente (Vittadini, 2004).
48
RINGRAZIAMENTI
Si ringrazia il prof. Roberto Berchi per i suoi preziosi e insostituibili
suggerimenti e aiuti nella costituzione dei modelli SD e per i modelli della leucosi
bovina enzootica e delle malattie trasmesse dagli insetti.
49
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