Mercato del lavoro: la mappa del degrado

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Mercato del lavoro: la mappa del degrado
Nella morsa della flessibilità e della libera circolazione
Mercato del lavoro: la mappa del degrado
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1. Uno schizzo sintetico
Introduzione
L’OCST punta da tempo l’indice contro il degrado che sta contagiando il mercato del
lavoro. La quotidianità del lavoro sindacale consente di identificarne le manifestazioni
più corrosive, che vengono qui tratteggiate in modo sintetico e corredate da esempi e
testimonianze.
La libera circolazione (o più correttamente chi ne fa un uso distorto e speculativo) ne è
oggi la causa prevalente. Sarebbe tuttavia errato addebitarle integralmente la deriva
odierna. Ha semmai accelerato e amplificato una traiettoria che stava intaccando da
oltre un decennio il mercato del lavoro per la febbrile e ossessiva ricerca di flessibilità
messa in atto dall’economia e dalle imprese.
Alle distorsioni che si sono diffuse capillarmente nel mercato del lavoro è necessario
contrapporre un ulteriore inasprimento delle misure di accompagnamento. Occorre però
dare soprattutto forma ad una più solida regolazione del mercato del lavoro ad opera
delle parti sociali grazie in primo luogo allo strumento del contratto collettivo di lavoro.
Negli spazi non raggiungibili dalle parti sociali può pure essere utile l’intervento dello
Stato con l’emanazione di salari minimi legali. Le vie di intervento qui indicate sono
sviluppate in un testo separato che accompagna il presente documento.
2. Pressioni sulle condizioni di lavoro:
una miscellanea variegata
Le forme che va assumendo la degenerazione delle condizioni di lavoro sono molteplici
ed in continua evoluzione. Pur sommaria, l’elencazione qui proposta (articolata per
comodità in quattro aree distinte) è tale da lasciarne intravvedere la portata, la varietà e
la pericolosità.
2.1 Condizioni retributive
Le pressioni di natura salariale sono le più appariscenti e hanno catalizzato da subito
l’attenzione generale. La preoccupazione che generano è tanto più acuta poiché le
distorsioni salariali si sono insinuate anche nel settore terziario, dove opera e al quale
guarda prevalentemente la manodopera locale. Vi si stanno diffondendo salari
visibilmente inferiori al fabbisogno di chi vive in Ticino.
Strozzinaggio salariale
L’aspetto maggiormente palpabile è quello delle pressioni e delle speculazioni sui
salari. Retribuzioni inferiori a 2'000 franchi non sono ormai più occasionali. Persino nei
rami impiegatizi e tra il personale qualificato sono rintracciabili salari che sono ben
lontani dal normale fabbisogno di chi vive in Ticino. Ad inquietare è pure l’effetto di
risucchio che questi salari esercitano sui livelli retributivi generali, contribuendo ad un
loro progressivo abbassamento.
Salari in euro
Il versamento dei salari in euro è talvolta stato utilizzato per aggirare una corretta
retribuzione del lavoro. Alcune ditte hanno cioè proceduto a convertire in euro il salario
in franchi utilizzando tassi di cambio sfavorevoli (anche nettamente) al dipendente.
Le cause legali intentate dall’OCST sono sfociate in sentenze che decretano l’illegalità
di queste manovre speculative. Un datore di lavoro ha tuttavia ricorso al Tribunale
federale, dal quale si attende la decisione.
Il raggiro delle qualifiche e del profilo
Il diverso sistema formativo vigente oltre confine consente di fare figurare come non
qualificati dipendenti che sono in possesso di titoli non equiparati o che hanno alle
spalle una solida esperienza professionale. La differenza salariale è significativa.
In taluni casi viene poi fatto figurare un profilo diverso per sottrarsi ad obblighi retributivi.
2.2 Tempo e durata del lavoro
Le pressioni e gli abusi investono anche l’area del tempo e della durata del lavoro.
La formula più estrema e illegale di sfruttamento è rilevabile laddove viene retribuita
solo una parte del tempo effettivo di lavoro. Modalità più raffinate rientrano nella sfera
della flessibilità del lavoro.
Tempo parziale fittizio
Per aggirare gli obblighi salariali fissati da contratti collettivi o contratti normali c’è chi
impiega collaboratori a tempo pieno facendoli figurare a tempo parziale e retribuendoli
di conseguenza. Si tratta di una piaga, purtroppo andatasi diffondendo, che risulta
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particolarmente subdola poiché molto difficile da smascherare. I dipendenti stessi,
temendo di compromettere il posto di lavoro, si fanno complici dell’impresa tacendo
questa modalità di sfruttamento.
Lavoro su chiamata
Il lavoro su chiamata, diffusosi notevolmente, è persino divenuto in talune aziende una
formula portante. Nei casi più sofisticati è intrecciata con il lavoro a tempo parziale, che
le fa da schermo. Il personale è cioè assunto a tempo parziale così da lasciare
all’azienda maggiori margini di movimento nell’impiego del dipendente. L’impiego
effettivo avviene poi in modo variabile (su chiamata) a dipendenza dei bisogni
dell’azienda.
Flessibilità a senso unico in zona Cesarini
Non sono pochi i casi di dipendenti che, presentatisi regolarmente in azienda nel
rispetto dei piani organizzativi, vengono rimandati a casa per carenza di lavoro. Per
alcuni di essi la perdita salariale subita diventa irreversibile. Ad altri viene chiesto di
ricuperare le ore perse in momenti di eccedenza di ordinativi secondo criteri unilaterali
dell’azienda.
Prestazioni non retribuite
Non sono rare le segnalazioni di lavoratori che svolgono prestazioni lavorative
straordinarie che non vengono compensate né in tempo libero né tantomeno in denaro.
Queste prestazioni tendono a dissolversi nel nulla.
2.3 Lavoro atipico e statuto del lavoratore
La ricerca di flessibilità ha dato forma e ha consolidato nuovi statuti ad elevata
precarietà tra i quali primeggiano il lavoro interinale e il lavoro su chiamata. La libera
circolazione, oltre ad incrementarne la diffusione, ha anche snaturato altri statuti
imprimendo loro un’impronta speculativa. E’ il caso per lo statuto dello stage e qua e là
persino per quello di apprendista.
Lavoro interinale
Con la possibilità per le agenzie di lavoro temporaneo di accedere al bacino dei
frontalieri, il lavoro interinale si è gonfiato notevolmente. Il bisogno di lavorare dei
frontalieri abbinato alle caratteristiche del lavoro interinale, per sua natura più flessibile
e più difficilmente controllabile, hanno alimentato qualche sacca di abusi. La cronaca ne
sta portando a galla alcuni che rispondono peraltro ad un disegno pianificato con
vergognosa raffinatezza.
Il raggiro dello stage
Soprattutto in alcune categorie qualificate che assumono personale con formazione
accademica si è fatta strada la formula dello stage. Giovani laureati - persino in taluni
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casi con già un po’ di esperienza alle spalle - operano e sono retribuiti come stagisti pur
fornendo prestazioni ben superiori.
Apprendisti adulti
E’ stata qua e là denunciata l’assunzione di apprendisti già maggiorenni e con alle
spalle alcuni anni di attività lavorativa che possono in tal modo essere retribuiti come un
tirociniante ma forniscono prestazioni normali.
Indipendenti impropri
Qualche azienda ha escogitato la formula di impiegare collaboratori che vengono fatti
lavorare oltre frontiera con la formula del telelavoro, facendoli figurare come
indipendenti.
In altri casi si tratta di lavoratori distaccati che figurano oltre confine come indipendenti
e che in Ticino vengono utilizzati da imprese locali de facto come dipendenti. Il loro
statuto di indipendente consente di non sottoporli agli obblighi retributivi del contratto
collettivo di categoria.
Sfruttamento del tempo di prova
Non mancano i casi di assunzione di personale, effettuate con una certa sistematicità,
che durante il periodo di prova non viene retribuito.
2.4 Protezione della personalità
Le acute difficoltà occupazionali che si registrano oltre confine inducono un volume
consistente di persone a cercare lavoro in Ticino e, nel timore di perdere il posto di
lavoro, a sopportare talvolta un trattamento in urto al corretto rispetto della personalità.
Pressioni e ricatti
Soprattutto laddove non vige un contratto collettivo di lavoro, la libera circolazione delle
persone tende ad essere percepita come un regime di gestione della manodopera che
concede alle imprese un margine di manovra esente da limiti e regole. Sapendosi
debole il personale tende a conformarsi anche a pratiche prevaricanti ed abusive.
La forzatura del divieto di concorrenza
Una formula subdola di pressione sul personale è oggi rappresentata da un uso sempre
più ampio della norma che regola il divieto di concorrenza. Concepita per proteggere un
legittimo interesse dell’azienda, l’uso eccessivo di questa disposizione costituisce un
vincolo che impedisce al lavoratore di liberarsi dal rapporto di lavoro, pena
l’impossibilità di esercitare la professione per un periodo e in un raggio convenzionale.
In questo modo il lavoratore, trovandosi in una condizione di impotenza, si presta più
facilmente a situazioni di pressione e sfruttamento.
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3. L’impatto sull’occupazione
Il funzionamento e lo sviluppo dell’economia ticinese è inscindibile dall’apporto della
manodopera frontaliera. Anche la libera circolazione, quando concorre a colmare le
carenze quantitative di manodopera e qualitative di profili professionali, fornisce un
contributo prezioso. Laddove viene al contrario utilizzata in maniera distorta e
speculativa, spezzando la linea di auspicabile complementarietà tra manodopera
indigena e frontaliera, dà origine a distorsioni e squilibri disgreganti (la cui
responsabilità ricade sulle imprese e non sui frontalieri).
3.1 Compressione degli sbocchi occupazionali
Le pressioni sull’occupazione si manifestano essenzialmente in due modi. Quello più
consistente comporta la contrazione delle occasioni di inserimento nel mercato del
lavoro per i giovani e le persone disoccupate. Numericamente contenuta ma
radicalmente più dirompente è la sostituzione di personale indigeno con manodopera
frontaliera.
Negli scorsi anni i posti di lavoro offerti dall’economia ticinese sono andati aumentando.
L’incremento è tuttavia coinciso in buona parte con la parallela crescita del numero di
frontalieri. L’assunzione abbondante di manodopera frontaliera ha perciò contratto gli
sbocchi occupazionali per la manodopera locale ed in particolare per i disoccupati e i
giovani in entrata nel mercato del lavoro. Questa tendenza è emersa in modo tanto più
visibile e tangibile quando, in periodi di calo congiunturale, si è assistito al
contemporaneo aumento della disoccupazione e alla persistente crescita dei frontalieri.
Questo fenomeno è sovente intrecciato con l’offerta di salari bassi che risultano
difficilmente compatibili con il fabbisogno di chi vive in loco. Tra le nuove entrate
figurano oltretutto persone con curricoli formativi particolarmente avanzati. La miscela
tra professionalità elevate e bassi salari innesca un processo di ancora più acuta
concorrenzialità a scapito della manodopera locale. La situazione è tanto più avvertita
nel settore terziario impiegatizio che rimane lo sbocco privilegiato dei residenti.
Non mancano nemmeno, anche se di più difficile rilevamento poiché non
completamente coincidenti dal profilo temporale, segnalazioni di aperta sostituzione di
manodopera locale con frontalieri.
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3.2 Una flessibilità accentuata
Il mercato del lavoro denota un accresciuto tasso di flessibilità. Vi concorre la possibilità
di fare capo a intermittenti e reversibili apporti di manodopera e collaborazioni d’oltre
frontiera. Nelle acque più instabili del mercato del lavoro prosperano più facilmente la
precarietà e le situazioni di abuso.
La libera circolazione ha dato ossigeno alla traiettoria, già in atto da tempo, di una
crescente flessibilità del mercato del lavoro. A dilatarne la portata hanno in particolare
contribuito:
- la facoltà concessa alle agenzie di lavoro a prestito di reclutare personale
interinale anche oltre frontiera;
- la possibilità per le ditte locali di assumere personale frontaliero fino a 90 giorni
annui con modalità agevoli e celeri (tramite una semplice notifica);
- la possibilità, per ditte o lavoratori indipendenti d’oltre confine, di svolgere attività
temporanee in Ticino (lavoro distaccato).
La ricerca di flessibilità delle aziende vi ha trovato ulteriore linfa. Ne è conseguita una
consistente accentuazione del grado di flessibilità del mercato del lavoro, che
contribuisce ad aumentarne l’opacità e il dissesto con conseguente incremento della
precarietà dei rapporti di lavoro e delle condizioni lavorative.
Le imprese dispongono oggi di una variegata gamma di modalità di impiego della
manodopera che consentono non solo di rispondere ai condizionamenti di un mercato
più competitivo e imprevedibile ma anche di scaricare notevolmente sui lavoratori i
rischi aziendali.
4. Incrinature profonde nei settori e nelle professioni
Il degrado si è diffuso capillarmente, scuotendo l’intero tessuto delle imprese e del
lavoro. Alcuni settori e professioni ne hanno subìto contraccolpi particolarmente
vigorosi.
4.1 Nell’edilizia
Il settore dell’edilizia allargata è il primo ad avere lasciato trasparire diffusi segnali di
disagio. Alla radice sta la concorrenza sfrenata tra le imprese. Emerge pure
un’attitudine contradditoria nelle misura in cui le ditte locali fanno abbondantemente
capo al subappalto e al lavoro distaccato lamentandosi poi per i contraccolpi che ne
derivano.
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L’edilizia, con il perno delle costruzioni e i diversi satelliti artigianali che vi ruotano
attorno, si è dato nel tempo un rallegrante quadro organizzativo. Le imprese delle
diverse categorie sono aggregate in associazioni rappresentative. Il dialogo con i
sindacati e la regolamentazione delle condizioni di lavoro hanno radici consolidate.
Malgrado questi presupposti, anche il settore dell’edilizia è stato risucchiato da
preoccupanti forme di degrado. Il loro diffondersi è stato propiziato da una concorrenza
acuta tra le imprese che non si allenta nemmeno durante le fasi congiunturali favorevoli
(come è il caso negli ultimi anni). Per guadagnare competitività hanno puntato a
contenere i costi, optando per modalità di ribaltamento all’esterno dei normali rischi
aziendali.
La manifestazioni più emblematiche di questa tendenza sono ravvisabili nell’aumento:
- del lavoro interinale (nel 2013 le agenzie di lavoro temporaneo hanno assunto e
dirottato verso l’edilizia circa 1’000 frontalieri con contratto fino a 90 giorni ai
quali vanno aggiunti circa 1’200 frontalieri alle loro dipendenze con un permesso
di più lungo termine);
- degli impieghi a termine (nel 2013 le imprese locali hanno assunto circa 1300
frontalieri per prestazioni lavorative fino a 90 giorni);
- dei subappalti;
- del lavoro distaccato (nel 2013 sono entrati circa 9'000 lavoratori, 3’500 dei quali
indipendenti).
4.1 Nel terziario impiegatizio
Sbocco privilegiato della manodopera locale, il deterioramento della situazione nel
terziario impiegatizio è fonte di acuta preoccupazione poiché le pressioni di natura
occupazionale e salariale vi esercitano un impatto rilevante sulla popolazione.
Quello impiegatizio è il settore che si è presentato all’appuntamento con la libera
circolazione maggiormente sprovvisto di strumenti protettivi e antidoti. Essendo stato in
passato al riparo dall’accesso di manodopera frontaliera e avendo maturato una debole
propensione al dialogo tra le parti sociali, si è trovato repentinamente esposto
all’afflusso di manodopera d’oltre confine e alla conseguente pressione occupazionale
senza peraltro disporre di una adeguata rete di contratti collettivi di lavoro che ne
tutelasse perlomeno i livelli retributivi.
L’impatto è stato accentuato dall’insediamento numericamente rilevante di aziende del
terziario provenienti da oltre confine che hanno sovente portato o fatto prioritariamente
capo a manodopera frontaliera, importando pure le prassi salariali del luogo di
provenienza.
Una prima ricaduta è di natura occupazionale. Possono essere stimate a circa 500 le
nuove entrate di manodopera impiegatizia affluite negli ultimi anni.
Si rileva poi un consistente impatto salariale, nella misura in cui una rilevante quota di
questi lavoratori (attorno al 40%) percepisce salari particolarmente bassi (inferiori a
3'000.- franchi mensili).
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Particolarmente emblematica è la situazione venutasi a creare nel ramo delle fiduciarie
dove è stata costatata una situazione di comprovato dumping salariale. Questo ramo,
che ha un passato prestigioso e che ha sempre offerto posti di lavoro ben rimunerati,
esibisce oggi una situazione di comprovato dumping salariale (quasi il 40% del
personale amministrativo entrato negli ultimi due anni da oltre frontiera percepisce
salari inferiori al minimo fissato dal contratto collettivo per i giovani che ultimano
l’apprendistato e iniziano a lavorare quali impiegati di commercio - 3'180.- franchi nel
2013 -).
Questa tendenza incide non solo sui livelli retributivi innescando un processo di
abbassamento dei salari che nel lungo termine contagerà l’intero settore. Diventa anche
un fattore di concorrenza occupazionale poiché mette fuori gioco la manodopera locale
alla ricerca di impiego, che si trova nell’impossibilità di accettare posti di lavoro la cui
rimunerazione non è in linea con il fabbisogno di chi vive in Ticino.
4.2 Nelle aree tecniche
Sono sotto assedio anche professioni notoriamente qualificate e persino prestigiose,
che la collettività promuove con iter formativi avanzati. La loro dequalificazione
comprometterebbe non solo la loro attrattività ma di conseguenza anche la propensione
dei giovani a puntare nella loro direzione.
Si stanno scardinando anche categorie, il cui livello di professionalità sembrerebbe tale
da poterle mantenere al riparo da scombussolamenti incisivi.
Un caso inquietante è quello del settore informatico, dove si sono fatte largo condizioni
retributive scandalose. La rapidità con la quale evolve la tecnologia e la possibilità di
delocalizzare i servizi concorrono del resto ad acuire le pressioni e ad affievolire le
possibilità di difesa del personale.
Una tendenza analoga è rintracciabile nelle professioni - particolarmente qualificate degli architetti e degli ingegneri. Anche su questo fronte si sta assistendo al franare di
statuti professionali finora prestigiosi. L’assunzione di collaboratori frontalieri retribuiti
con salari bassi come pure l’abuso degli stages stanno intaccando ampiamente i livelli
retributivi.
Ne può derivare un decadimento di queste professioni ed una perdita di attrattività sui
giovani locali. Questo pericolo contrasta visibilmente con l’impegno messo in campo
dalla collettività per avere in Ticino curricoli formativi di livello universitario.
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5. Un mutamento culturale e organizzativo
Il degrado non investe solo le condizioni di lavoro e l’occupazione. Affonda le radici
anche in un mutamento della cultura delle imprese (o di una parte di esse) e delle forme
organizzative con le quali rispondono ad un mercato più competitivo e turbolento.
5.1 Circolazione senza regole?
Una interpretazione coscientemente distorta della libera circolazione ha iniettato nel
tessuto delle imprese la cultura del “tutto è possibile”. La maggiore libertà di movimento
nell’assunzione di manodopera estera viene fatta confluire in una ben più estesa libertà
di movimento che non si cura di scadere in forme di arbitrio e di sfruttamento. Viene
pure trascurata la cultura del dialogo sociale che è un patrimonio prezioso del mondo
del lavoro ticinese.
Una cultura del dialogo in perdita di velocità
La libera circolazione delle persone, che ha abolito i vincoli e i controlli riguardanti
l’assunzione di manodopera, viene indebitamente convertita da una crescente cerchia
di imprese in un’autorizzazione a muoversi in piena libertà, ben al di là del campo delle
assunzioni di manodopera estera. Quanto ne limita l’autonomia o abbia il sapore di
responsabilità sociale viene percepito come un intralcio fastidioso.
Ne fanno le spese anche il dialogo e la collaborazione tra imprenditori e sindacati, che
costituiscono un patrimonio di grande valore del nostro territorio. Sono presupposto di
pace e coesione sociale; garanti di migliore conciliazione tra gli interessi dell’economia
e della società; espressioni emblematiche della cultura democratica del Paese.
La minore attenzione al valore del dialogo sociale è soprattutto ravvisabile nelle ditte e
nei manager che, grazie alla libera circolazione, si sono insediati in gran numero negli
ultimi anni. Avendo lasciato alle spalle una realtà contraddistinta da lacci e vincoli che
intralciavano l’attività delle imprese, tendono a cogliere con ingordigia i maggiori margini
di manovra offerti dal nostro ordinamento e dalla flessibilità del mercato del lavoro. In
questo ambito, puntano sovente a combinare i vantaggi offerti dal territorio (stabilità
politica e sociale, fiscalità favorevole, amministrazione pubblica e servizi efficienti,
manodopera qualificata, posizionamento lungo assi di traffico internazionali…) con i
parametri salariali importati da oltre confine e imposti sfruttando l’arrendevolezza del
personale frontaliero. Ci si cura poco di considerare gli interessi del Ticino dal profilo
occupazionale e retributivo né si mira a coltivare e sviluppare solide radici nel territorio
di insediamento.
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5.2 Organizzazione dell’attività
La maggiore competizione in atto nell’economia tende ad alimentare forme di
organizzazione dell’attività che consentono alle imprese di scaricare all’esterno i rischi
aziendali. Questa tendenza è incrementata dalla vicinanza al nutrito tessuto di imprese
che opera oltre confine e che guarda con indistinto interesse alle occasioni di lavoro in
Ticino.
Subappalti a catena
Quella del subappalto è una prassi ormai consolidata. Per vincere la concorrenza e per
scaricare all’esterno i rischi aziendali le imprese locali hanno fatto appello in misura
crescente a ditte estere e al lavoro distaccato. Questo stratagemma è subito diventato
un terreno fertile per gli abusi salariali. Il meccanismo si rivela ancor più sofisticato e
insidioso quando il subappalto si prolunga a cascata (subappalti a catena).
Lavoro distaccato e padroncini
Il lavoro distaccato, prestato sia da lavoratori dipendenti sia da lavoratori autonomi, ha
raggiunto vette che denotano una situazione di squilibrio e di disordine. Nel 2013 le
notifiche sono ammontate per i dipendenti a 9'500 e per gli indipendenti a 4'600 per un
totale di giornate lavorative di circa 300'000 unità (ciò che corrisponde a circa 1'200
impieghi a tempo pieno). La concentrazione di queste prestazioni soprattutto in alcuni
rami (vi spicca il settore edile) ne rafforza ulteriormente l’impatto. Le difficoltà di
controllo in loco e soprattutto di verifica oltre confine ne fanno un veicolo di infrazione
alle norme (soprattutto salariali) vigenti in Ticino.
Imprese di facciata
Per meglio muoversi nel mercato locale, alcune ditte estere hanno creato una sede
anche in Ticino dove operano prevalentemente con lavoratori distaccati che dipendono
dalla casa madre.
Imprese volatili
Qualche ditta si è avventurata nel territorio della flessibilità fino a utilizzare un organico
costituito in misura prevalente da personale interinale alle dipendenze di un’agenzia di
lavoro temporaneo. E’ evidente l’assenza di solidità e affidabilità di una simile struttura,
che mette in dubbio la serietà stessa dell’azienda.
Imprese locatarie
Non mancano casi di imprese che, con palese intento speculativo, operano utilizzando
risorse (materiale, veicoli..) prese in prestito da aziende separate ma facenti capo allo
stesso ceppo e agli stessi proprietari. In caso di fallimento o di pretese monetarie nei
suoi confronti l’impresa non dispone di risorse alle quali attingere per soddisfare in tutto
o in parte le pretese dei creditori. Il patrimonio dei proprietari non viene in tal modo
intaccato.
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6. Invertire rotta
Conclusione
Il degrado si è insinuato nelle pieghe più capillari del mercato del lavoro. L’esito della
recente votazione sull’iniziativa contro l’immigrazione di massa manifesta del resto
ampiamente le preoccupazioni della popolazione per le distorsioni che sono andate
proliferando in parallelo all’uso distorto e speculativo del regime di libera circolazione.
Questo testo intende offrire uno spaccato sintetico dei tarli che stanno corrodendo in
profondità il mercato del lavoro. La loro percezione e più precisa conoscenza devono
indurre ad agire con vigore nell’intento di ristabilire un mercato del lavoro più
equilibrato, la cui regolazione sia alimentata in primo luogo da un rapporto di dialogo e
di collaborazione tra le parti sociali.
L’OCST ribadisce quanto ripetutamente sollecitato. Le associazioni padronali devono
sapere assumere, congiuntamente ai sindacati, la responsabilità di regolare più
adeguatamente il mercato del lavoro soprattutto attraverso l’uso dello strumento
contrattuale. All’autorità federale si chiede pure un rapido e consistente rafforzamento
delle misure di accompagnamento. Va pure considerata la possibilità di utilizzare lo
strumento del salario minimo legale laddove le parti sociali non riescano a codificare le
condizioni minime di lavoro.
Segretariato cantonale
M. Robbiani
ALLEGATO :
“Indagini, testimonianze, esempi, il caso dell’edilizia”
Lugano, 16 settembre 2014
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