La branda - ElevaMente al Cubo

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La branda - ElevaMente al Cubo
La branda
(11 luglio ’06)
Stavano insieme da un mese e lui quel weekend l’avrebbe lasciata sola per
andare a Genova a trovare zia Elisabetta.
«Chi cazzo è questa zia Elisabetta?» reagì lei alla notizia: la cosa le
suonava strana, un moroso che va a stare un weekend “da una zia…”; la
ragazza credeva, era certa, che quel viaggio celasse un incontro clandestino;
ma lui le spiegò che zia Elisabetta era la sorella più vecchia di sua madre, una
zitellona di buon cuore che, dopo aver lavorato per vent’anni nelle navi da
crociera, si era ritirata a vivere a Genova, dove aveva comprato e col tempo
arredato un appartamentino tutto suo; e lui andava a trovarla almeno due
volte l’anno. La zia ci teneva particolarmente che lui andasse a trovarla
“almeno due volte l’anno”, ed egli non poteva non andare perché era l’unico
nipote maschio, “il nipote preferito” come gli soleva ripetere la zia.
Così Edoardo era partito per Genova; e Mirka sarebbe rimasta a casa per
due giorni a rodersi nervosamente il fegato; lei non era capace di dissimulare il
nervosismo, anche sua madre se ne sarebbe accorta… Ma Edoardo doveva
aver riso della sua gelosia e averne riferito qualcosa alla zia perché la sera del
primo giorno che era a Genova, quando lui la chiamò a casa per darle un
saluto, la zia volle parlare con lei per conoscerla e salutarla, per dirle che
Edoardo era effettivamente con lei, e che la prossima volta avrebbe aspettato
anche lei a Genova con lui; Mirka si era un poco fidata e tranquillizzata, ma
credette anche d’aver colto nella voce della donna qualcosa di falso. Vuoi
vedere che è tutta una commedia e quella riesce a far finta di essere più
vecchia di quello che è?
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Quando Edoardo tornò con dei regalini da Genova per lei, Mirka non
poté fare a meno di dirgli che non le era piaciuta la voce della zia, che le era
sembrata la voce di una persona… finta, sì, ecco, finta, l’aveva detto; lui si
irritò con lei e le disse che era prevenuta e che invece la zia era proprio
simpatica.
Oltretutto era bene tenersela amica la zia perché, aggiunse Edoardo, nel
tempo ella aveva acquistato o ereditato anche altri appartamenti a Genova e
nei dintorni, e, non avendo parenti, andava dicendo che avrebbe lasciato tutto
a lui, al nipote preferito… Se non per il resto almeno per quello era il caso di
tenersela cara. Ma allora sei un avido opportunista! lo rimproverò Mirka. Ma
no, quello era solo un fatto, una circostanza, la realtà era che lui era da sempre
molto legato alla zia, e lei era affezionatissima a lui, e “loro due” non
mancavano mai di telefonarsi per gli auguri di Pasqua, Natale e compleanno, e
lei di inviargli regalini e di ospitarlo due volte l’anno a casa sua per qualche
giorno, vacanze durante le quali lo ricopriva d’attenzioni e di regali.
A Mirka tutte queste cose suonavano strane, o quantomeno melense, e in
seguitò, quando ne capitò l’occasione, non si trattenne dal fare battute acide
sullo strano legame tra nipote e zia. Per troncare quella catena di malevolenze,
Edoardo decise che la volta successiva lui e Mirka sarebbero andati insieme a
trovare la zia, all’inizio dell’estate, e avrebbero trascorso da lei i primi due
giorni di vacanza – la loro prima vacanza in compagnia – prima di trasferirsi
sulla riviera del Conero. Mirka era un po’ curiosa, un po’ preoccupata e un po’
contenta perché era ansiosa di conoscere questa zia; e anche la zia, quando le
fu annunciata durante una delle sue numerose telefonate, si dichiarò contenta.
Mirka però, nel salutarla, ravvisò ancora una volta nella sua voce la nota falsa
che aveva udito la prima volta. E credette di averne una conferma quando due
giorni prima che partissero la donna telefonò a casa di Edoardo per dirgli che
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non aveva letti a sufficienza per farli dormire entrambi e che avrebbero
dovuto portarsi una brandina…
Una brandina? Ma allora perché ci invita se non ha posto per farci
dormire, brontolò Mirka… Spera che adesso rinunciamo e che vai solo tu? Sei
la solita prevenuta, spiegò Edoardo: invece è così gentile che pur non avendo
posto ci invita entrambi.
Arrivarono a Genova e parcheggiarono lungo la strada in salita davanti al
palazzo della zia: la sorpresero mentre stava litigando e urlando come una
matta col vicino di casa; la zia si quietò un poco non appena vide il nipote, ma
si tenne l’espressione corrucciata che aveva al momento della lite e,
soprattutto, non fece nessuna calorosa accoglienza a Mirka, che si ritrovò
subito in imbarazzo. Poi, come se nulla fosse accaduto, li invitò a scaricare i
bagagli; aiutò quindi Edoardo a portare al terzo piano una delle sue borse,
mentre lui portava su l’altra borsa e la branda.
Poiché era quasi ora di cena, la zia si diede subito da fare per preparare la
tavola: «Sai, ho comprato quella focaccia che a te piace tanto, Edoardo… Ho
preparato anche il pesto, per cui vai matto…»; la zia veramente ricopriva il
nipote di attenzioni e sorrisi, notò Mirka. Le frasi invece dirette a lei le
parevano scostanti e finte.
Quando furono a tavola, la zia chiese al nipote come andavano gli studi,
«bene…» rispose il nipote con la bocca piena; era certa che andassero bene,
disse la zia, presto il suo nipote preferito sarebbe stato ingegnere. Edoardo,
col boccone in bocca, si limitava ad annuire. Poi la zia chiese che studi facesse
Mirka e la ragazza rispose «lettere»; la zia le disse che avrebbe fatto meglio a
studiare giurisprudenza; poi, guardando il nipote come se avesse trascurato un
dettaglio importante, aveva ribadito guardandolo: “Giurisprudenza sì che è
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una facoltà”. Mirka si sentì umiliata e fuori posto. E guardò Edoardo che, con
la bocca di nuovo piena, si guardava bene dal fare qualunque commento.
Poi, bevuto il caffè, uscirono a fare due passi per Genova e la zia prese
più volte sottobraccio il nipote, lasciando Mirka da sola, in imbarazzo.
Edoardo, in un momento in cui rimase solo con la morosa, l’invitò a non dare
peso alle stravaganze della zia, in fondo era una persona sola, semplicemente
felice quando il nipote preferito l’andava a trovare. Mirka gli rimproverò di
non aver detto nulla a sua difesa quando la zia l’aveva interrogata sui suoi
studi ed era stata così scorbutica. Non ne valeva la pena, rispose Edoardo. Va
bene che siamo ospiti, ma l’educazione è educazione, pensava Mirka, che
riduceva tutti i problemi di relazione e convivenza tra le persone a una
questione di rispetto e di educazione.
La sera, tornati a casa, al momento di aprire la branda, che fu sistemata
in salotto, e mentre la zia vi distendeva sopra le lenzuola, Mirka si chiese chi ci
avrebbe dormito; certo non avrebbe voluto costringere la zia, che vi avrebbe
dormito malvolentieri, e che abituata com’era probabilmente a dormire nel
suo lettone, in quello avrebbe fatto malvolentieri posto a lei. Certo non
sarebbe toccato nemmeno a Edoardo dormire sulla branda, perché Mirka non
pensava che il moroso l’avrebbe messa a dormire nel matrimoniale con la zia,
con la quale lei non aveva nessuna confidenza. Dunque sarebbe toccato a lei,
che pure aveva sempre dormito male sulle brandine, e l’indomani si sarebbe
svegliata con le ossa rotte… Cercò di convincersi di avere spirito di
adattamento e concluse che non era la fine del mondo dormire su di una
branda… mentre Edoardo avrebbe dormito con la zia. Solo allora Mirka
realizzò che anche le altre volte Edoardo doveva aver dormito con la zia, che
doveva aver sempre dormito con la zia tutte le volte che era andato a Genova,
visto che le altre volte lui non era certo andato a trovarla con la branda. Non
che ci fosse alcunché di male a dormire con la zia, la quale era davvero una
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signora di sessant’anni al di sopra o al di là di ogni tentazione, però a Mirka
fece un non so che pensare che due volte all’anno Edoardo, di venticinque
anni, andava a trovare la zia più che sessantenne e dormiva nel lettone con
lei…
Invece, quando venne ora di andare a dormire, inaspettatamente fu la zia
a sistemarsi sulla branda, e Mirka fu felice di dormire per la prima volta in
compagnia di Edoardo: per la prima volta avrebbe avuto la possibilità di
addormentarsi abbracciata a lui, di svegliarsi con lui. Ma evidentemente la zia
dovette trovare la branda scomoda fin da subito oppure quella notte, per
qualche strana ragione, non riuscì a prendere sonno perché per tutta la notte
tenne la televisione accesa. Così Mirka ed Edoardo non riuscirono a
combinare nulla quella notte per via del rumore della televisione accesa,
seppur desiderassero da tempo ‘dormire’ insieme.
La mattina dopo la zia preparò loro la colazione e raccontò al nipote, del
resto parlava sempre e solo col nipote e quasi mai con Mirka, che non era
riuscita a dormire, ma non sapeva esattamente per quale motivo…
Mirka cominciò a pensare che la zia fosse gelosa di lei, di una gelosia da
fidanzatina del tutto ridicola vista l’età della signora. Già al momento del loro
arrivo a Genova, quando aveva visto la zia litigare furiosamente col vicino,
Mirka aveva cercato di comprendere i problemi che affliggevano la donna, lo
faceva per abitudine, senza rendersi conto che chi vede problemi in tutti gli
altri è perché non ha percezione dei propri: sono i malati a considerare malato
il mondo; sono i pazzi a considerare pazzo il mondo. Così quella mattina
Mirka giunse alla conclusione che la zia dovesse sentirsi in competizione con
lei e non poté non sbigottire, confermata nella propria ipotesi, quando la zia,
entrata in bagno e piazzatasi alle loro spalle mentre loro due si stavano
lavando i denti e dando le ultime ritoccatine prima di uscire, cominciò a
gonfiare i capelli davanti allo specchio sollevandoli con entrambe le mani
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aperte a pettine e infine chiese al nipote: “Ma se avessi trent’anni di meno ti
piacerei?”
Edoardo si limitò a sorridere e non poté nemmeno lanciare nessuno
sguardo d’intesa o di scherzo verso Mirka perché lo specchio l’avrebbe tradito.
Dopo che ebbero camminato un poco per Genova, la zia ebbe voglia di
focaccia e loro, anche per sdebitarsi dell’ospitalità, decisero che gliel’avrebbero
offerta. «Qui, qui le fanno buone, andiamo qui» disse la zia prima d’entrare di
corsa nel forno che indicò loro; Mirka si offese perché la zia s’era fiondata
dentro il forno senza chiedere loro se erano d’accordo; e loro l’avevano
seguita. Avevano preso un pezzo di focaccia a testa, Mirka aveva pagato, poi
erano usciti; dopo qualche minuto Edoardo e la zia avevano già finito il loro
pezzo di focaccia, Mirka invece non era ancora a metà del suo, un po’ perché
voleva stare attenta a non ungersi la camicia e un po’ perché voleva gustarsela
morso a morso. A quel punto la zia ebbe sete e volle entrare in un bar dove
vendevano pure focacce e Mirka, che era ancora a metà del suo pezzo e non
voleva entrare lì con la focaccia comprata nel negozio a fianco, fece segno al
moroso che sarebbe rimasta fuori.
Edoardo fu combattuto per un attimo se stare accanto alla morosa o
seguire la capricciosa zia dentro il bar: guardò Mirka e intuì che da lei avrebbe
avuto più comprensione e seguì la zia.
Certo quella donna non aveva un minimo di educazione e di rispetto, si
ripeté Mirka, che entrò a sua volta nel bar quando ebbe finito il suo pezzo di
focaccia, giusto in tempo per udire la zia, che non s’era accorta del suo
ingresso, chiedere al nipote ma che razza di deficiente s’era trovato, neanche
bella poi, guarda te se mio nipote doveva stare con una che studia lettere,
facoltà che notoriamente non serve a nulla, una che oltretutto non ha nulla né
d’interessante né di appetibile. Mirka a quel punto ritenne suo dovere reagire e
le chiese se non si vergognava a mancarle così tanto di rispetto, e soprattutto a
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mancare di rispetto al nipote offendendone la morosa e dandole della
deficiente. La zia, scomponendosi appena un poco sulla sua sedia, credendo
che lei avesse udito solo l’ultima frase, con la faccia più bronzea del mondo le
disse che stava parlando della commessa che non si sbrigava a servirli, e si girò
verso il bancone per sollecitare l’ordine; in quell’istante Mirka si girò attorno
esterrefatta e credette di vedere una studentessa seduta a un tavolo del bar alle
spalle della zia che le faceva segno di no con la testa… quasi a volerla
confermare che sì, era lei dalla parte dalla ragione e non c’era nessuna sincerità
nella spiegazione della zia.
Quand’ebbero finito di bere, la zia si alzò per andare a pagare e l’uomo
seduto al tavolino a fianco, un operaio di quelli che a mezzogiorno pranzano
da soli fuori casa, le diede un’occhiata come per dirle “Coraggio…” e Mirka
apprezzò molto il gesto dell’uomo. Tutti intorno a lei parevano dalla sua parte
ma questo non diminuiva il suo senso di frustrazione. Anche Edoardo era
certamente sorpreso dalla condotta della zia, Mirka ebbe il sentimento che
fosse così, e se fino a quel momento Edoardo aveva soprattutto badato a non
urtarne la sensibilità della zia, visto che erano loro ospiti, invitando piuttosto
Mirka ad essere tollerante, ora la sua faccia basita mostrava almeno una presa
di distanza…
Dal punto di vista di Mirka invece tutto era già rotto dalla sera prima,
definitivamente, e non era più ricomponibile: quella donna doveva avere dei
problemi seri, e Mirka era quasi contenta di aver avuto ragione fin dall’inizio,
fin da quando la zia le aveva telefonato la prima volta per tranquillizzarla e lei
aveva immaginato che zia Elisabetta doveva essere una persona falsa e
sgradevole, e ancor di più quando aveva chiesto loro di portare una branda…
Ogni cosa successa da allora era andata confermando la prima impressione di
Mirka.
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A metà del pomeriggio, di nuovo seduti a bere in un bar di uno dei
paesini che la zia li aveva accompagnati a visitare poco fuori Genova, poiché il
clima di tensione non accennava a diminuire e Mirka si sentiva fortemente in
difficoltà, contravvenendo ai consigli di Edoardo che più volte l’aveva
incoraggiata a lasciar perdere, chiese alla zia se ce l’avesse con lei, e per quale
motivo, e soprattutto se non ce l’avesse con lei solamente perché era la
morosa di Edoardo; sembrava volere una resa dei conti. La zia si finse
sorpresa, ma cosa andava a pensare… però effettivamente, a dirla tutta,
sentenziò la zia, lei, cara la mia Mirka, non si sapeva comportare, né stare al
mondo, ed ebbe il coraggio di sbatterle in faccia che una che viene a dormire a
scrocco e si presenta senza neanche un regalo…
A Mirka cedettero le forze: sapeva bene che si era presentata senza un
regalo ma la sua intenzione era quella di conoscere prima un poco la zia per
capire che tipa fosse, che gusti avesse, e per capire di cosa potesse aver
bisogno, o di cosa potesse aver bisogno la sua casa, per poi comprarle
qualcosa di azzeccato per sdebitarsi. Eppoi le aveva già offerto la focaccia a
mezzogiorno… non era un granché ma era un primo segnale di disponibilità,
che però non aveva sortito alcun effetto. Dopo tutto quello che era successo
Mirka non aveva più né lo spirito né tanto meno il desiderio di cercare
qualcosa di adatto per quella donna insopportabile.
Così non cercò più un regalo per lei e giunse a cena senza nulla; ma
quando la zia tornò a battere su quell’argomento – la donna doveva aver
percepito di averla ferita parecchio vista la faccia che Mirka aveva fatto – la
ragazza scoppiò improvvisamente in lacrime, perché l’umiliazione di non
riuscire a replicare nella maniera dovuta, lei che di solito era così spontanea,
così sincera, così bendisposta verso tutti, era più forte di quanto potesse
reggere… Lei sapeva benissimo di non avere grosse qualità, rispose
piangendo, di non avere particolari qualità fisiche né intellettuali e aveva
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puntato sulla sincerità e sull’amicizia e si era presentata come una persona
sincera, disposta a dare e ricevere amicizia, e la feriva molto essere trattata a
quel modo… E cavando dal cuore tutte le energie di cui era capace le parlò in
maniera dura, più dura che potesse, le disse fuori dai denti che piuttosto era lei
la donna ridicola che si comportava come una bambina, anzi peggio, come
una morosa rivale, e glielo disse tra le lacrime mentre il naso cominciava a
colarle, cosa che la costrinse a cercare un fazzolettino di carta nella borsetta, e
con il fazzolettino ormai madido Mirka continuò a raccogliere dal naso le
nuove gocce e dagli occhi le nuove lacrime di pianto finché non si fu sfogata
del tutto. Ma era ancora completamente scossa. La zia la guardò come una
povera imbecille incapace di relazionarsi con gli estranei e disse qualcosa in
merito: a quel punto anche Edoardo non fu più capace di sopportare le
critiche della zia e le rimproverò la condotta di tutto il giorno e le disse che
non sarebbero rimasti un minuto di più in quella casa; andò in camera e
cominciò a comporre la valigia e poi venne a chiamare Mirka, che si mise a
fare la sua, e in tre minuti furono pronti e uscirono dall’appartamento. La zia
rimase in silenzio. I due uscirono dall’appartamento salutando scortesemente e
scesero le scale.
Solo quando furono usciti dal portone del palazzo e si apprestavano a
salire in macchina la zia si affacciò alla finestra urlando loro: «La branda!»
Edoardo risalì con stizza al terzo piano e ridiscese poco dopo con la
branda, che sistemò con malagrazia nel bagagliaio.
CARLO DARIOL
Racconto 66, “La branda”
tratto dal volume “Strane storie e vacche beorie”.
Tutti i diritti riservati.
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