Una notte di Natale Il giorno della Festa più bella, un`amica preziosa

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Una notte di Natale Il giorno della Festa più bella, un`amica preziosa
Una notte di Natale
Il giorno della Festa più bella, un'amica preziosa ci ha inoltrato
il messaggio natalizio di Papa Francesco: "... il regalo di Natale sei tu quando sei
un vero amico e fratello di tutti gli esseri umani ... il cenone di Natale sei tu quando
sazi di pane e di speranza il povero che ti sta a fianco".
Con queste parole nel cuore, il desiderio di viverle ed il timore di confinarle solo
nel momento Natalizio, abbiamo accolto in piazza Greco gli ospiti del Rifugio
Caritas di via Sammartini.
Per tutti, il rifugio di Fratel Ettore.
Ho letto recentemente il libro che Suor Teresa - "erede" spirituale e materiale
dell'opera di Fratel Ettore - ha scritto su quello che, per me, resta uno dei più vividi
esempi di santità che ho avuto la fortuna di incontrare. Nel libro traspare chiaramente
quanto molti, anche all'interno delle gerarchie religiose, considerassero Fratel Ettore
quanto meno eccentrico, al punto di ostacolarne a volte l'Opera. In realtà penso che la
sua instancabile ricerca di aiutare gli ultimi fosse chiaramente la sua missione di vita,
e che, semplicemente, non si curasse del resto: convenzioni, diffidenze, resistenze...
Il suo Faro era - ed è - la statua della Madonna di Fatima che portava sempre con sè,
a volte anche tra il sarcasmo di chi usciva da una chiesa.
Le persone che troviamo in piazza, ospiti ed operatori del Rifugio, la loro dignità e i
loro sorrisi genuini mi fanno capire, una volta di più, che aveva ragione lui.
Dopo un comprensibile imbarazzo, derivante probabilmente da un senso di
inadeguatezza di tutti (cosa posso dare a questi miei fratelli per una sera? come posso
essere Natale per loro?) la preghiera comune ed i canti intorno al presepe ci aiutano
ad avvicinarci.
La cena è realmente Natale.
Cibo ma soprattutto famiglie, bambini, religioni, colori, esperienze, storie ... sfilano
in una sincera condivisione.
Tutti si sforzano di cercare il proprio Fratello: chi per trovare ascolto, chi per servire.
Al mio tavolo mi confronto con la rabbia di Marco ("non venitemi a dire che l'anno
prossimo andrà meglio perchè non ci credo più"), la composta speranza di Najib
("devo trovare un lavoro, altrimenti non potrò più rivedere mia moglie"), la
disillusione di Amamud ("non capisco ... fino al 2008 sceglievo io che lavoro fare e
ora ... ")...
Ancora una volta il senso di inadeguatezza ...
Cosa dire loro? Come trovare parole che non siano banali e sappiano realmente dare
loro speranza, senza sembrare retorico?
E, a far da spalla, arriva il senso di colpa ... con che coraggio mi lamento dei futili
contrattempi che mi capitano nella quotidianità? con che diritto prego quando tutte
queste persone meriterebbero quantomeno una "corsia preferenziale"?
E, ancora una volta la stessa considerazione, già sentita ma quanto vera: siamo qui
per provare a dare ed in realtà riceviamo.
Cerco di fargli sentire la condivisione delle loro incredibili storie, dei loro giustificati
timori. E provo ad alimentare le loro speranze, a dar loro fiducia nella Provvidenza.
E' questo che posso dare. Ma è questo che in realtà cercano.
Sono tutte persone che hanno bisogno di condividere i loro sentimenti, di cenare
con qualcuno che li ascolti.
Hanno bisogno soprattutto di un po' di "normalità".
Ed è questo che riusciamo a dare loro: normali, sinceri, disinteressati momenti di
amicizia.
Gli abbracci al momento del congedo, le loro parole, il sentirsi chiamare "Fratello",
mi fanno capire che è stata molto di più di una cena.
E' stato Natale, veramente.