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n.138 / 16 25 LUGLIO 2016 L’assurdità dell’mhp e il provincialismo tecnologico italiano A ottobre 2004, in una conferenza convocata a Cernobbio, fu dato il via ufficiale all’era del digitale terrestre in Italia, fino ad allora poco più che una sperimentazione. Il Ministro delle Telecomunicazioni dell’epoca, Maurizio Gasparri, e il suo sottosegretario Giancarlo Innocenzi (già dirigente Mediaset) lanciavano la via “italiana” al digitale terrestre tutta basata sull’interattività, una reinterpretazione che poco aveva a che fare con quanto stavano progettando gli altri Paesi europei. Alla stessa conferenza di Cernobbio, un rappresentante della BBC (la BBC, non TelePaesello) sostenne con forza che l’unica lettura valida del digitale terrestre era la moltiplicazione dei canali e non certo l’interattività. Che all’epoca, tra l’altro, poteva contare solo sul modem integrato nei cosiddetti decoder interattivi, una cosa che sembrava già vecchia e superata allora. Il Sottosegretario Innocenzi scriveva così: “Il Governo Italiano, in linea con la visione europea della società dell’informazione e con gli obbiettivi di inclusione di tutti i cittadini nel mondo della comunicazione on-line, vede il digitale terrestre come piattaforma di fornitura di servizi interattivi anche a coloro che, mentre hanno familiarità con il mezzo televisivo, sono poco inclini all’utilizzo di computer e di Internet. Ne trarranno beneficio i cittadini, che potranno usufruire, comodamente seduti nel proprio salotto, di molti servizi che attualmente richiedono di recarsi ad uno sportello, e le pubbliche amministrazioni che potranno non solo snellire le loro procedure, ma migliorare capacità di ascolto e risposta nel rapporto con gli utenti che esse sono chiamate a rappresentare e servire”. Parole che lette ora fanno ridere. O forse, piangere. Innocenzi parlava del famigerato T-Governement, ovverosia la pubblica amministrazione che arriva a casa degli utenti con la TV. I cittadini non ne trassero alcun beneficio e non accadde nulla, malgrado fossero stati stanziati diversi milioni di euro per lo sviluppo di applicazioni interattive, che nessuno aveva intenzione di usare, men che meno su una piattaforma basata su modem. Per non parlare, poi, di altre centinaia di milioni stanziati per finanziare gli incentivi per l’acquisto dei decoder: 150 euro per ogni box interattivo, una cifra esorbitante, che ripagava abbondantemente i produttori e che permise anche a una primaria catena distributiva di offrire il decoder a zero euro. In Italia è stata adottata la piattaforma mhp proprio per questo antefatto. Una piattaforma applicata praticamente solo in Italia e comunque con localismi e modifiche che hanno reso l’mhp italiano una cosa unica. Tanto da dover costringere i produttori a realizzare prodotti sviluppati ad hoc per il nostro Paese, con i costi correlati. Oggi si è capito - ma a ben vedere si capiva anche prima – che le uniche applicazioni con diritto di cittadinanza su un TV sono quelle che permettono di vedere contenuti video, come le app di catch-up TV: RAI Replay e ora anche tivùon, oltre alle app temporanee come quella sugli europei di Francia 2016 e quella in arrivo sulle Olimpiadi di Rio. Nel frattempo, i “padri standardizzatori” italiani hanno deciso che l’era dell’mhp volge al termine: scelta tardiva ma corretta, anche il fatto che a condannarci a quella piattaforma 12 anni prima siano state più o meno le stesse persone desta qualche sospetto. A sostituirlo arriverà HbbTV, questo sì uno standard più diffuso in Europa, per il quale, però, i nostri compatrioti hanno chiesto alcune modifiche, che si cristallizzeranno nello standard 2.0.1. I test per la certificazione dei TV non arriverà prima di fine anno e quindi, se va bene, i primi TV compatibili saranno quelli del 2017. Nel frattempo sono sempre più i marchi – che non vedevano l’ora – ad aver levato dai propri TV mhp, MAGAZINE Inchiesta Ultra HD Blu-ray Chi l’ha visto? 09 Jaguar Land Rover Tutte le tecnologie del futuro 19 Raspberry Pi e tanta fantasia: 10 progetti tra i più folli 23 Ecco l’anagrafe di tutti i TV a norma Da gennaio gli altri sono fuorilegge Dal 1 gennaio 2017 si potranno vendere solo TV con tuner DVB-T2 e codec HEVC, gli altri sono destinati all’estero 03 Sony ZD9: finalmente un TV che prende l’HDR “sul serio” 04 Sony ha presentato ZD9, un TV Full LED con sistema local dimming molto convincente Arriva entro l’anno, si parte da 5.000 euro Ecco la nuova gamma OLED di LG: sono tutti TV 4K HDR 07 che così resta ancora in onda (e lo sarà per un bel po’) ma con molti meno TV compatibili a scaffale. Insomma, l’mhp se n’è già andato e l’HbbTV deve ancora arrivare, lasciando un vuoto che verrà colmato – ora e probabilmente per sempre – da smartphone, phablet, tablet e affini. Questo solo per ricordare come scelte “italiane” nel contesto tecnologico non possano più esistere. Abbiamo già sbagliato, facendo di testa nostra e correndo dietro a questo o quell’interesse particolare; sarebbe bene non farlo più. Il Ministero dello Sviluppo Economico e l’AGCOM, in questa fase di grandi cambiamenti tecnologici nelle trasmissioni TV, devono dare indirizzi e programmare le azioni future in uno scenario sì in costante mutamento ma che ha caratteri globali. Far fare al mercato italiano, anche quando si tratta di determinare gli standard, non è quasi mai una buona cosa per il consumatore. Gianfranco GIARDINA Presentata la nuova gamma OLED in arrivo in Italia da settembre: sono quasi tutti piatti, solo una linea ha ancora lo schermo curvo IN PROVA IN QUESTO NUMERO 24 26 LG OLED Signature Samsung KS9000 Qualità assoluta Un TV tutto sostanza n.138 / 16 25 LUGLIO 2016 MAGAZINE MERCATO Una ricerca del portale Idealo svela le caratteristiche più richieste dagli utenti I TV 55’’ UHD sono i più acquistati in Italia Bene 4K e schermo grande, prima in Italia si conferma Samsung con il 43% delle preferenze di Gaetano MERO I l portale di e-commerce Idealo ha diffuso un interessante sondaggio che fotografa le preferenze degli italiani in fatto di TV. I dati sono stati raccolti, in forma anonima, durante le ricerche effettuate dagli utenti sulla piattaforma nelle fasi preliminari all’acquisto di un nuovo televisore, nei primi sei mesi del 2016. L’elemento fondamentale per l’acquisto di un nuovo apparecchio risulta essere la dimensione dello schermo che costituisce il 42,19% del totale delle ricerche. Nello specifico gli italiani sembrano preferire i grandi pannelli da 55 e 65 pollici, ideali per il 4K ed i contenuti in Ultra HD, su cui la scelta ricade rispettivamente per il 16,13% e il 14,81% dei clienti del sito. Segue la fascia di TV da 40 pollici con il 14,73% delle preferenze mentre risulta ancora molto richiesto il formato da 32’’ con una percentuale del 14,61. Gli schermi di piccoli dimensioni costituiscono invece il segmento più debole e in calo dall’inizio dell’anno. La seconda caratteristica più ricercata è la tipologia di apparecchio (16,92%). I clienti hanno dimostrato di sapersi orientare tra i vari formati e sembrano indirizzati verso i TV abilitati al 4K, che difatti superano il 35% delle preferenze. Al secondo posto troviamo i più “classici” pannelli Full HD con un 26,22%, seguiti dai TV curvi (18,36%) che il portale considera in una categoria a parte. La tecnologia 3D riscuote ancora fascino tra gli utenti tanto da trovarsi al quarto posto tra le funzioni più ricercate con un 13,56%. Molto importante risulta inoltre il brand e il rapporto di fiducia che si riesce a creare con l’utente, come terza voce più consultata prima dell’acquisto troviamo infatti quella relativa al produttore. Tra tutti spicca Samsung che abbraccia una grossa fetta delle vendite totali su Idealo con il 43%, bene anche LG che registra il 17%. Grande balzo in avanti per Hisense che supera produttori storici come Sony (7,49%) e Panasonic (4,38%) registrando un 12,12% delle ricerche totali, suo il TV attualmente più venduto: il modello M7000 da 65 pollici UHD. Nella classifica globale figurano inoltre: al quarto posto il prezzo dell’apparecchio, al decimo posto la classe di consumo energetico e sorprendentemente Il Prime Day di Amazon ha segnato record su tutti i fronti: è stato il giorno con il più alto numero di vendite di sempre. In Italia fino a 22 prodotti venduti al secondo di Franco AQUINI alla posizione numero quindici il tipo di sistema operativo supportato, che ricordiamo essere fondamentale per la fruizione di alcuni servizi streaming. MERCATO Il popolare servizio di streaming video scivola sui dati relativi ai nuovi abbonati Netflix incrementa gli utili, ma il titolo crolla in borsa Troppo pochi i nuovi abbonati nel trimestre appena concluso, inevitabile il tonfo in borsa di Dario RONZONI R isultati contrastanti per Netflix: il colosso dello streaming video supera le previsioni sugli utili, ma la poca vitalità sul versante abbonati ne determina un pesante tonfo in borsa. Nel secondo trimestre del 2016 Netflix ha fatto segnare ricavi per 2,11 miliardi di dollari, contro gli 1,65 miliardi di dodici mesi fa. I problemi emergono quando si passa ad analizzare il numero degli abbonati: il servizio non è riuscito a cen- torna al sommario trare le previsioni del trimestre scorso, che parlavano di 2,5 milioni di iscritti in più. L’incremento si è invece fermato a 1,7 milioni, cifra che porta il totale degli abbonati a 83 milioni. Il risultato, molto al di sotto delle aspettative, ha causato così uno scivolone sui mercati, con un deprezzamento del 15% per le azioni Netflix. Dall’inizio dell’anno a Wall Street le azioni di Netflix hanno perso il 14% del proprio valore. Per contrastare una fase non certo brillante, già qualche tempo fa il CEO Reed Hastings aveva Amazon batte tutti i record Nel Prime Day in Italia venduti 750 mila prodotti annunciato investimenti per 6 miliardi di dollari per la realizzazione di nuovi contenuti. Una dichiarazione che al momento non pare rassicurare più di tanto gli addetti ai lavori. Il Prime Day di Amazon ha battuto tutti i record precedenti. Se già nel 2015 aveva registrato numeri da capogiro, quest’anno Amazon ha registrato a livello globale un incremento del 60% nelle vendite. I numeri sono impressionanti soprattutto sui dispositivi a marchio Amazon, come i tablet Fire, le Fire TV e gli e-reader Kindle. A chi ama i numeri basti sapere che sono stati venduti, sempre a livello mondiale, più di due milioni di giocattoli, un milione di paia di scarpe e 90.000 televisori. Il tutto utilizzando sia il sito web che l’app Amazon. L’ App stessa ha fatto registrare un altro record, totalizzando un milione di nuovi utenti che hanno acquistato o semplicemente consultato le offerte. I numeri sono impressionanti non solo a livello globale, ma anche in Italia, dove i prodotti ordinati sono stati 750.000 con un picco intorno alle ore 14, dove la media di prodotti venduti ha toccato i 22 pezzi al secondo. Notevole inoltre la quantità di ordini effettuati già la notte. Baldiflex, produttore e venditore di materassi e cuscini ha così commentato:”Arrivare in ufficio e trovare già ordini per 40.000 € è stata una gran soddisfazione!”. n.138 / 16 25 LUGLIO 2016 MAGAZINE TV E VIDEO Dal 1 luglio i produttori non possono più commercializzare TV che non sono dotati di tuner DVB-T2 e di codec HEVC Ecco tutti i TV “future proof” secondo la legge Dal 1 gennaio 2017 i TV senza tuner DVB-T2 e codec HEVC saranno fuorilegge e non potranno più essere venduti nei negozi S di Gianfranco GIARDINA catta la prima scadenza prevista dalla legge che decreta il divieto di vendere in Italia TV senza tuner DVB-T2 e codec HEVC. Infatti, dal 1 luglio 2016 i produttori non possono più introdurre nel canale distributivo (e quindi vendere a rivenditori e distributori) TV privi dell caratteristiche sopra indicate. I rivenditori a loro volta hanno sei mesi, fino al 1 gennaio 2017, per “liberarsi” dei TV che la legge ritiene obsoleti che, a partire da questa data, non potranno più essere commercializzati neppure al dettaglio e saranno di fatto “fuorilegge”. Va detto che i TV 2015, soprattutto nelle gamme Full HD, sono quasi tutti non rispondenti alle specifiche di legge e nei magazzini dei retailer ci sono ancora molti pezzi di un po’ tutte le marche che devono essere venduti entro sei mesi; l’alternativa, per chi al 1 gennaio del prossimo anno ne avesse ancora in casa, è quella di cercare sbocchi di vendita all’estero: la legge è Italiana e nulla di simile è previsto negli altri Paesi comunitari. I TV “fuorilegge” sono davvero obsoleti? In realtà la legge è finalizzata a forzare uno svecchiamento del parco installato tale da rendere plausibile nei prossimi anni un passaggio al nuovo standard televisivo DVB-T2 HEVC senza causare un ricambio massivo di TV in un tempo troppo breve. I tempi però si sono un po’ più ristretti perché la prevista cessione della banda 700 MHz ai servizi di telecomunicazioni mobili sta spingendo il Governo italiano a pensare a uno switch off delle attuali trasmissioni già nel 2022, a solo 5 anni dall’entrata in vigore dell’obbligo. Fino ad allora, i TV “fuorilegge” sono assolutamente perfettamente funzionanti. Il rischio futuro, se ci sarà effettivamente lo swtich off, è che questi TV richiedano, per continuare a funzionare, l’affiancamento di un decoder esterno, con la conseguente scomodità di avere due telecomandi e di dover selezionare l’ingresso giusto. Ma comunque non sarà necessario rottamare a tutti i costi un TV ancora ben funzionante. E quindi cosa è bene acquistare? Nei prossimi 6 mesi è prevedibile che ci saranno offerte speciali particolarmente convincenti sui TV che da fine anno non si potranno più vendere e non è affatto detto che non si tratti di affari da cogliere al volo. Ma è evi- dente che, soprattutto con uno switch off già previsto, i veri TV a prova di futuro sono quelli con tuner DVB-T2 e HEVC. La scelta giusta può essere quindi diversa da acquirente ad acquirente: chi vuole la vita comoda e vuole un prodotto al passo con i tempi, è bene che si orienti verso gli apparecchi HEVC; chi invece cerca l’affare e, pur di farlo, è disposto a future piccole scomodità, può andare serenamente sui modelli “fuorilegge”. Il vero problema è però spesso quello di riuscire a capire se il modello che si sta prendendo in considerazione è effettivamente adeguato alle specifiche di legge o no; ovverosia se ha sia il tuner DVB-T2 (e questo è generalmente indicato sui siti dei produttori) e se dispone di decodifica HEVC: quest’ultima caratteristica, pur essendo decisamente rilevante, non è quasi mai riportata nelle schede tecniche sui siti di retailer e produttori e questo è effettivamente un bel problema. L’anagrafe dei TV “future proof” Senza certezze su quali siano i modelli a prova di futuro e quelli che la legge dichiara obsoleti, è difficile fare un acquisto consapevole. Per questo motivo DDAY.it - visto che le istituzioni non si sono mosse in tal senso - ha predisposto l’anagrafe dei TV che rispondono alle specifiche di legge e che quindi sono più a prova di futuro degli altri. Si tratta ovviamente solo di una lunga lista di codici, molto utile però per chi vuole sapere se il TV su cui ha messo gli occhi è tra quelli che si salveranno dal 2017 o che usciranno definitivamente dai negozi. I L’anagrafe dei TV a norma di legge Hisense LG Loewe Metz Panasonic Philips Samsung Sony TCL Thomson torna al sommario DDAY.it ha compilato l’anagrafe dei TV a norma di legge. Selezionando il link qui a fianco, è possibile accedere agli elenchi suddivisi per produttore. I TV non compresi in queste liste potrebbero richiedere nei prossimi anni un decoder esterno per poter funzionare. Le informazioni sono aggiornate a luglio 2016. codici non riguardano solo i TV 2016 ma anche quelli del biennio precedente e sono divisi e raggruppati secondo il marchio; questi dati ci sono stati comunicati dai diversi produttori e presumiamo quindi che siano completi e corretti. Ovviamente DDay.it non può essere ritenuta responsabile per eventuali errori ed omissioni e anzi la redazione esorta i marchi eventualmente non citati ad inviare la propria lista per il relativo inserimento nell’anagrafe dei TV “future proof”. L’anagrafe dei TV a norma di legge pubblicata in queste pagine è aggiornata a luglio 2016. Attenzione, non tutti i TV a norma sono veramente “future proof” Un’ultima cautela per i prossimi futuri acquirenti di TV: il fatto che un modello sia compreso nella lista e risponda alle specifiche di legge, non vuol dire che si tratti di un TV effettivamente al riparo da rischi di obsolescenza. Infatti ci sono alcune caratteristiche che sarebbe meglio che un TV abbia e che non sempre i modelli “a norma di legge” prevedono. La più importante è la disponibilità di un tuner satellitare, che in condizioni di carenza di risorse frequenziali sul digitale terrestre, diventa sempre più importante. Tanto per fare un esempio, le partite della fase finale di Euro 2016 sono trasmesse anche in 4K ma solamente via satellite: se il TV non dispone del tuner, non resta che uno scomodo e costoso decoder esterno. Allo stesso modo, per essere veramente aperti al futuro, è bene acquistare un TV 4k con il supporto pieno delle codifiche HDR, se possibile non solo HDR10 ma anche Dolby Vision: le specifiche di legge nulla prevedono anche in quest’ambito. Ma soprattutto, per quello che riguarda le trasmissioni 4k, è importante che il TV sia in grado di decodificare i flussi a 50 fotogrammi progressivi al secondo (50p); esistono invece alcuni TV dotati di DVB-T2 e HEVC (e quindi sono a norma di legge) ma non vanno oltre il 30p in 4k: questi TV, malgrado i dettami di legge, non sono certo “future proof”. È quindi necessario, in alcuni casi, approfondire oltre le liste di questo articolo. n.138 / 16 25 LUGLIO 2016 MAGAZINE TV E VIDEO Presentato a Londra il top di gamma Sony, lo ZD9, un TV Full LED che arriverà entro la fine dell’anno in tre dimensioni Con il TV LCD ZD9 Sony inizia a fare HDR sul serio Un TV Full LED che finalmente fa debuttare un sistema di retroilluminazione local dimming pienamente convincente A di Gianfranco GIARDINA l CES 2016 era solo un prototipo guardato a vista e con obbligo, anche per la stampa, di non fotografare: un TV con luminosità di picco di 4000 nits e un rinnovatissimo sistema di retroilluminazione diretta in grado di gestire molte più aree. Ora quel prototipo è cresciuto ed è diventato il nuovo TV top di gamma di Sony: si chiama ZD9, presentato in un evento londinese nella strana collocazione temporale di metà luglio e previsto in tre tagli “impegnativi”: 65”, 75” e addirittura 100”. E si sa che Sony il prefisso “Z” lo usa solo per prodotti che ritiene davvero top di gamma insuperabili. Sony sceglie quindi di smarcarsi, di non aspettare la confusione dell’IFA ma di anticipare l’annuncio che molti appassionati aspettavano, anche se gli ZD9 arriveranno più avanti, anche se comunque entro l’anno. Per fare HDR ci vuole il Full LED Ma per fare un ottimo Full LED bisogna “lottare” La grande attesa innovazione di questo ZD9 è il sistema di retroilluminazione Master Drive. In questo modello si impiega ancora una retroilluminazione cosiddetta “Full LED” o anche FALD (Full Array Local Dimming), decisamente più sofisticata e performante, ma anche molto più costosa: in pratica dietro il pannello LCD c’è un’intera matrice di LED che vengono modulati in maniera indipendente per garantire i massimi picchi di luminosità là dove serve e, contemporaneamente, senza “ingrigire” i neri, tutte cose difficili se non impossibili da ottenere ai massimi livelli con LCD in architettura LED Edge, ovverosia con i LED di retroilluminazione disposti sui bordi dello schermo. E se avere una retroilluminazione Full LED era importante prima, ora in piena era di contenuti HDR, un’architettura di questo tipo diviene ancora più basilare, con immagini che hanno neri profondi (ma leggibili) e punti di illuminazione di picco estremamente alti. Il problema che in passato i TV Full LED hanno incontrato è comunque un’impossibilità di avere luce solo e soltanto dove serve: le aree gestite dai LED non vanno generalmente oltre qualche centinaio e gli aloni attorno alle aree più luminose si fanno purtroppo sentire. l Sony ZD9, con il suo sistema Master Drive, promette di spostare avanti questo limite, con una matrice di LED totalmente indipendenti (e quindi non gestiti ad aree) e un sistema integrato di ottiche e correzioni elettroniche che – a detta dei progettisti – dà risultati incredibili; in particolare questo ZD9 non avrebbe nulla da invidiare ai super-neri degli OLED, che essendo pannelli che non necessitano di retroilluminazione, non sono affetti dai medesimi limiti dei pannelli LCD. Ecco una fotografia dello schermo, fatta con una buona reflex: già da questa immagine si riesce a intuire la gamma dinamica estesa di questo schermo e la sua grande luminosità di picco. Resa ottima, numeri ignoti A sinistra la modalità abituale con cui viene gestita la retroilluminazione nei TV Full LED, ovverosia a zone, per ridurre l’ingente mole di calcoli necessaria a gestire i singoli LED uno a uno. Cosa che invece viene fatta nello ZD9 (schema a destra). torna al sommario Oltre al controllo discreto dei LED uno a uno, l’engine Master Drive prevede anche una lente capace di focalizzare in maniera molto più netta il raggio luminoso sullo schermo, rendendo la trama dei chiari-scuri più definita. I manager di Sony, che pur al CES avevano rivelato alcuni dati relativi al prototipo dimostrato (4000 nits di picco e più di 1000 LED), non hanno voluto soddisfare le nostre domande e rivelare la quantità di LED e le luminosità di picco raggiunta da questo apparecchio, il che fa pensare che, rispetto al prototipo di Las Vegas, sia stato necessario raggiungere qualche compromesso. In particolare, per quello che riguarda la luminosità, lo ZD9 è parso decisamente brillante, con la capacità di “abbagliare”; siamo certi che il TV superi ampiamente il limite dei 1000 nits fissato dalla certificazione Ultra HD Premium ma non è dato sapere quale sia il dato certo: il fatto che non sia stato fatto un annuncio specifico, però, lascia pensare che segue a pagina 05 n.138 / 16 25 LUGLIO 2016 TV E VIDEO Sony ZD9 segue Da pagina 04 l’obiettivo previsto dei 4000 nits sia stato mancato. Lo stesso riserbo è stato applicato al numero di LED, e quindi di aree sulle quali è gestito il local dimming: gli ingegneri hanno solo detto che in ognuno dei tre tagli c’è un numero diverso di LED con una distanza tra di essi ottimizzata (e quindi differente) a seconda dei polliciaggi. L’unica cosa che è stata mostrata è una porzione di engine di retroilluminazione (con l’obbligo assoluto di non fotografare), un rettangolo più o meno di 20 x 30 cm con un reticolo a nido d’ape molto fitto di LED, diremmo circa uno ogni 1,5 cm, sia in verticale che in orizzontale. Se così fosse, per esempio nel 65”, la quantità di LED sarebbe enorme, oltre 5000 LED: sarebbe una soluzione troppo costosa e comunque ben lontana da quel “più di 1000” che era stato dichiarato a Las Vegas per il prototipo. Ne dobbiamo dedurre che la “mattonella” di retroilluminazione che ci è stata mostrata non è una porzione reale del TV ma una ricostruzione più fitta. Ne prendiamo atto, anche se – va detto – il TV ha una gestione del local dimming e delle prestazioni che non ricordiamo di aver mai visto su un TV in questa tecnologia. MAGAZINE base 4K (e non Full HD come fanno molti TV 4k); e poi per distinguere gli oggetti sullo schermo e applicare un profilo di riduzione del rumore e di aumento della nitidezza appropriato. Lo ZD9 è stato concepito anche e soprattutto per fornire ottime prestazioni “HDR-like” anche su contenuti non HDR grazie a questa gestione “selettiva” degli oggetti a schermo: l’espansione della gamma dinamica dal segnale standard alle possibilità di questo pannello viene gestita in maniera differenziata a seconda dei soggetti, operando diversamente e con curve diverse nelle varie parti dello schermo e non – come avviene con altri TV – imponendo una curva unica all’intera schermata. A guadagnarci è la resa sia della basse che delle alte luci e la resa sulle sfumature, priva di banding. Design curatissimo Ma nei TV oramai è un fattore marginale Le dimensioni schermo sono sempre più grosse, soprattutto per lo ZD9 che parte dal 65” a salire. E la cornice attorno allo schermo è sempre più ridotta: resta poco da “disegnare” di un TV di questo tipo, se non curare maniacalmente i dettagli. Cosa che il designer di Sony, presente all’evento, ha fatto. Tre gli aspetti base su cui si concentra il design: innanzitutto il bordo laterale del TV, simile a quello delle migliori serie Sony (con la doppia banda metallica) che però qui diventa color oro. Lo schienale, poi, che è totalmente “estetico”, con una segue a pagina 06 Confronto tra OLED LG della serie E6 (a sinistra) e il Sony ZD9 (a destra): resa del nero perfetta, nessun alone. Solo il bagliore sulla destra risulta più arrotondato e morbido nell’OLED e con qualche artefatto sulle sfumature nello ZD9. Ma sono dettagli. Il processore “pompa” il 40% in più degli altri TV 4K Nulla di tutto ciò potrebbe essere fatto con un cuore “debole”. E il processore video è ovviamente il cuore pulsante di questo TV, che promette una cura nell’elaborazione del segnale senza precedenti: il protagonista si chiama “X1 Extreme”, una variazione potenziata dell’X1 già presente sui TV Sony 2016 e capace di gestire contemporaneamente tre tecnologie: objectbased HDR remaster, dual database processing, and Super Bit Mapping™ 4K HDR, il tutto grazie a una potenza di calcolo incrementata di oltre il 40%. In pratica, il processore è stato programmato innanzitutto per applicare tutti i filtri e calcolare le correzioni su Così si presenta lo spessore del bordo schermo. torna al sommario Quando lo ZD9 (a destra) può mettere in gioco la sua super-luminosità, il confronto si fa duro per l’OLED (a sinistra): la schiuma è molto più brillante e vaporosa. I picchi di luminosità raggiunti, dato che siamo in una stanza semi oscurata, arrivano però a dare un po’ fastidio. Ottima resa dello ZD9 (a destra) in questo confronto sempre con l’OLED (a sinistra): l’analisi delle diverse zone e l’applicazione di curve differenziate, fa si che il TV sia in grado di migliorare il bilanciamento delle piante sullo sfondo e della camicia bianca, migliorandone notevolmente il dettaglio, forse con un po’ di incremento di troppo della nitidezza. n.138 / 16 25 LUGLIO 2016 TV E VIDEO Sony ZD9 segue Da pagina 05 piacevole finitura a riquadri (anche se di plastica) e che prevede una serie di vani e cavedi per non avere alcun cavo a vista, neppure quelli delle sorgenti. o schienale è completamente “finito”; addirittura gli attacchi di una eventuale staffa VESA per il fissaggio a parete sono coperti da un carter per garantire una resa estetica impeccabile anche per coloro che lo volessero usare in modalità da appoggio. Ultimo aspetto è la base, interamente metallica ricavata dal pieno: nobile nei materiali ma forse un po’ troppo convenzionale e senza fantasia. Resa entusiasmante Ma andrà rivisto con altri materiali Va detto chiaramente che Sony, con questo ZD9 ha portato il TV LCD là dove era quasi impensabile, superandone ancora una volta i limiti: gli aloni chiari delle scritte bianche su fondo nero sono ridotti al minimo, bisogna proprio andarli a cercare, soprattutto quando la porzione chiara è molto sottile (come – per esempio – nelle scritte a schermo quando si cambia ingresso). Lo ZD9, ovviamente, non può essere super-sottile Serve comunque spazio per la matrice di retroilluminazione. Opportuni vani e passaggi occultano alla vista tutti i cavi. MAGAZINE Ma al di là di questi esercizi da “tester”, la resa è sensazionale: il combinato disposto dell’estrema luminosità e dal controllo dei neri, risultato ottenibile solo con la retroilluminazione diretta Full LED, è davvero notevole, con risultati sugli scuri quasi da OLED ma brillantezza sulle alte luci irraggiungibile per l’OLED, almeno al momento. Nessuna particolarità è stata descritta per l’audio di questi TV, definito da un rappresentante di Sony “standard”: peccato non aver puntato anche su un comparto audio al di sopra di ogni sospetto. Basato su Android 6.0.1, lo ZD9 è quindi un TV LCD allo stato dell’arte per quanto riguarda la qualità di immagine, In questo scatto un dettaglio dell’angolo alto dello schermo che però non ha la certificazione Ultra HD durante un cambio di sorgente: la grafica in sovraimpresPremium (“il TV rientra ampiamente nelle sione (HDMI3) è quanto di più difficile da gestire per un TV specifiche richieste – ci ha detto uno rappre- Full LED, con le sottili scritte bianche su fondo nero pesto: lo sentante di Sony – ma non siamo interessati ZD9 se la cava egregiamente anche se un leggero bagliore di a questa certificazione”) e soprattutto non è troppo è comunque visibile. compatibile con la codifica HDR Dolby Vision: non certo un problema di prestazioni quanto una scelta “politica” per non sostenere – almemateriale demo) e il confronto con l’OLED (anch’esso no in questa fase – i costi delle royalty. Peccato perché, in modalità vivid) è stato eccellente, potremmo dire ad visto il target “no compromise” a cui si rivolge questo armi pari. Una cosa stupefacente se si pensa alle preTV, il Dolby Vision ci sarebbe stato bene. Abbiamo messe della tecnologia LCD e della retroilluminazione, avuto modo di vedere lo ZD9 in funzione con diversi non certo un’aiuto. Giova invece la maggiore luminospezzoni, sia a confronto con un XD93 sempre di Sony sità a disposizione del pannello rispetto all’OLED, che che con l’atteso OLED serie D6 di LG. Contro la nostra porta il contrasto e il microdettaglio percepito più in là: volontà, tutte le demo sono state fatte con i TV in monel confronto A-B (che non è mai una buona cosa nei TV, visto che spesso fa propendere per lo schermo più dalità “vivid”: colori inutilmente sparati e luminosità “a luminoso e saturo e non per il migliore) lo ZD9 vince manetta”. Ovviamente, volendo dimostrare la gamma a mani basse. Ma vorremmo rivedere le cose con altri dinamica (quasi sempre con contenuti non HDR, un contenuti e soprattutto con modalità non “vivid”. Sony piccolo paradosso se si pensa che la conferenza stamha il merito di essere riuscita, ancora una volta, a spopa si è tenuta nell’head quarter europeo di Sony Pictures) la modalità Vivid garantisce una resa d’effetto nei stare un po’ più in là le prestazioni dell’LCD, portandole confronti, malgrado porti l’immagine ben lontana dalla a tutto tondo nell’era dell’HDR. Certo, questo sforzo realtà che vuole rappresentare. Il succo è che lo ZD9 porta con sé un costo non banale: il 65” arriverà a un si è comportato molto bene nella chiusura dei neri: l’efprezzo di circa 5mila euro; il 75” costerà invece 8mila; e – rullo di tamburi – per portarsi a casa il poderoso fetto alone non si è praticamente visto (almeno con i 100” serviranno 70mila euro (oltre che un salotto bello grande). Aspettiamo di poter provare questo TV (nel taglio da 65”) nel nostro laboratorio e con tutti i tipi di materiali (anche standard definition e Full HD, ma soprattutto anche materiale HDR) e capire se l’OLED da oggi ha un grattacapo in più. E insieme arrivano i rinforzi sulla gamma bassa In questa immagine si vede la porzione centrale dello schermo con la matrice LED tutta “aperta”: si può così osservare come si comporta la retroilluminazione e come riesca di fatto a mappare in maniera abbastanza chiara e definita, le aree da illuminare rispetto a quelle totalmente buie. Uno speciale algoritmo, poi, aiuta ad abbattere per via elettronica eventuali “sbavature” chiare su fondo scuro. torna al sommario La gamma Sony, oltre al nuovo top di gamma ZD9, si arricchisce anche nella fascia più bassa: arrivano infatti 5 serie di TV a completamento della gamma 2016. SI tratta in tutti i casi di TV 4K HDR di cui è stato detto pochissimo e tra i quali - al momento - non ci risultano differenze sostanziali nelle caratteristiche. Bisognerà però capire più avanti, sia sulla base delle informazioni ufficiali, al momento ridottissime, che sulle evidenze dei test, le vere differenze di caratteristiche e prestazioni di questi modelli. Qui di seguito le serie e le dimensioni schermo in arrivo: XD83 (49 pollici) XD80 (55, 49 e 43 pollici) XD75 (65 pollici) XD70 (55 e 49 pollici) SD80 (50 pollici) n.138 / 16 25 LUGLIO 2016 MAGAZINE TV E VIDEO Presentata la nuova gamma di TV OLED che arriverà in Italia a partire da settembre. Ancora nulla sui prezzi Nuova gamma TV OLED LG: piatti e tutti 4K HDR Tutti 4K HDR (anche con Dolby Vision) e prevalenza netta di schermi piatti, con una sola linea destinata allo schermo curvo L di Gianfranco GIARDINA a carica dei 22mila. Tanti sono stati gli OLED venduti dal 2015 a oggi, con un incremento rispetto alle medie di vendita precedenti di oltre il 600%. “Continuiamo settimana dopo settimana a essere leader di mercato – ci dice un manager di LG - nel segmento che più ci interessa, quello sopra i 1.750 euro. E questo è niente rispetto a quello che accadrà con la gamma nuova, dall’immediato dopo-IFA, a settembre”. E a vedere i nuovi TV in funzione ci si convince che – anche se la concorrenza non resterà a guardare - non potrà che essere un successo. LG ha presentato a Milano, presso lo show room di Rimadesio (produttore di arredamento di design con cui LG ha stretto una partnership) la lineup di TV OLED che caratterizzerà la seconda parte del 2016, i cui pezzi forti sono stati protagonisti al CES di Las Vegas lo scorso gennaio. Si tratta in buona sostanza di 4 linee nuove, tutte UltraHD, con una netta prevalenza per i modelli piatti, per i quali non nascondiamo la nostra preferenza. I modelli presentati hanno molte caratteristiche in comune, come per esempio la certificazione tivùsat e tivùon (quindi hanno doppio tuner DTT + sat), la certificazione UltraHD Premium (che garantisce le prestazioni in modalità HDR), il sistema operativo WebOs e l’audio progettato da harman/kardon. Finalmente attiva anche una nomenclatura facile e chiara da interpretare; e soprattutto immediata da mettere in ordine per qualità. nuovo top di gamma LG, dotato anch’esso di un’elegante soundbar alla base (realizzata su progetto harman/kardon) ma di dimensioni contenute in profondità, così da risultare pochissimo invasiva in qualunque layout. G6, un 77” per chi vuole il massimo Si parte dall’alto con la serie G6, quella che fa parte della famiglia di prodotti Signature, apparecchi esclusivi e totalmente senza compromessi: si tratta dell’OLED protagonista di Las Vegas, dotato di soundbar profonda integrata nella base e che può essere ruotata di 90 in caso di installazione a parete. Una delle caratteristiche distintive è legata alla cornice (sottilissima) in vetro che rende il già entusiasmante design degli OLED ancora più esclusivo; ma quello che più conta, la resa – almeno con le immagini dimostrative – è incredibile; non possiamo invece dare alcun giudizio, neppure sommario, sulla qualità dell’audio, dato che la location rumorosa in cui sono stati presentati i nuovi modelli non ha permesso di fare alcuna considerazione a riguardo. B6, il sogno può diventare realtà La novità che farà gola ai più è però la serie B6 (anche qui disponibile con schermo da 55” e 65”): si tratta di un OLED piatto sempre 4K HDR e con buona parte delle caratteristiche dei modelli superiori, come la certificazione UltraHD Premium e la compatibilità con le principali codifiche HDR (sia con HDR10 che Dolby Vision); viene meno in questo caso la capacità di riprodurre contenuti 3D, ma siamo certi che una grande base di utenti farà volentieri a meno di questa funzione pur di avere un OLED 4k HDR piatto a un prezzo più accessibile e con un design ancora molto bello, sia per la sottigliezza dello schermo che per l’assenza di cornice e la base, semplice ma elegante grazie all’utilizzo di parti verticali in plexiglass che lasciano “volare” lo schermo. C6, a qualcuno piace curvo La serie C6 (anch’essa in 55” e 65”) invece rappresenta l’unica concessione al curvo e, nella gamma, sembra essere un’opzione destinata solo a chi è sedotto dai TV non planari. In ogni caso non si tratta di un modello ai livello della linea E6 visto che viene meno la soundbar. L’OLED Signature è davvero senza compromessi: infatti arriverà in Italia solo nell’impegnativo polliciaggio di 77” piatto, un gigante 4K HDR di assoluto prestigio e anche un discreto lusso, visto che il prezzo difficilmente potrà collocarsi sotto i 20mila euro. Per pochissimi. E6, quasi come il Signature È perfetto per gli appassionati La linea subito successiva è la E6, disponibile questa volta in tagli da 55” e 65” in layout piatto: si tratta – se escludiamo il Signature, da cui questo E6 eredita molto – del torna al sommario I prezzi? Ne parliamo a IFA A proposito di prezzi, nulla è trapelato per ora: per avere indicazioni certe bisognerà aspettare inizio settembre. Ma qualche considerazione preliminare si può anche ipotizzare: in realtà resterà in gamma anche un modello attuale Full HD (purtroppo curvo), che sarà importante per mantenere comunque un livello di ingresso nella tecnologia OLED un po’ più basso. In questo senso, quindi, anche volendo, la serie B6 non ha il ruolo di “entry level” (pur nella “nobile” categoria degli OLED) ma si spera possa rimanere, nel taglio da 55”, sotto i 3000 euro. Ma ne sapremo di più all’IFA: speriamo che le vacanze portino buon consiglio a chi sta ragionando sul posizionamento di prezzo di queste “Ferrari” dei TV. n.138 / 16 25 LUGLIO 2016 MAGAZINE TV E VIDEO Dopo Loewe, anche Metz anticipa il prossimo lancio (atteso per l’IFA di Berlino) di una serie di TV con pannello OLED Metz lancia l’OLED: 55” e 65”, debutto all’IFA La serie Novum, basata sul pannello LG, offre la tradizionale cura produttiva del marchio tedesco. Prezzi alti ma non assurdi A di Gianfranco GIARDINA nche Metz si prepara a salile sul carro dell’OLED e lo fa con un TV tagliato su misura sulle esigenze di un appassionato: l’appuntamento è per la prossima IFA di Berlino (dal 2 settembre) dove il marchio tedesco presenterà ufficialmente la gamma Novum. Si tratta di televisori basati su pannello OLED LG 4K di ultimissima generazione, tassativamente piatti, disponibili nei tagli da 55 e 65 pollici (Novum OLED 65 twin R e 55 Twin R), caratterizzati dalla maniacale cura per la qualità senza compromessi tipica di Metz. Abbiamo avuto modo di dare una rapida occhiata a un esemplare di pre-produzione che però esprime già chiaramente il suo grande potenziale. Il pannello utilizzato è lo stesso che è possibile trovare sulla serie E6 di LG; quello che cambia, oltre al telaio interamente metallico, un classico delle produzioni Metz, è tutta l’elettronica, a partire dallo stadio di alimentazione. Questo occupa quasi interamente la porzione del telaio dedicato all’elettronica. “Per come funziona la tecnologia OLED - ci spiega un tecnico Metz -l’alimentazione deve essere molto generosa per poter gestire senza sedersi schermate molto chiare”. E un vanto per i tecnici Metz è proprio l’insieme dei circuiti che governa l’immagine sullo schermo: per quello che abbiamo potuto vedere, il pilotaggio, fattore chiave in un OLED, è ai massimi livelli. I tecnici Metz sono anche convinti di aver spinto in avanti la qualità di immagine grazie all’implementazione del know how aziendale nei circuiti e nel trattamento dell’immagine. I Novum sono ovviamente HDR: da quanto ci è stato detto, dovrebbe essere verificata la compatibilità con le codifiche HDR10 e Dolby Vision, ma non abbiamo trovato riscontri certi su questo punto. Aldilà della qualità dell’elettronica che potremmo verificare solo in un test di qualità su un esemplare di produzione finale, i nuovi tv Novum sono un vero concentrato di tecnologia: si tratta di TV 4K HDR con capacità di raggiungere luminosità di picco di 500 nits su oltre metà dello schermo, com- torna al sommario patibile quindi con le specifiche UltraHD Premium. Il tuner è addirittura quadruplo: digitale terrestre, satellitare, cavo e anche analogico, ognuno di questi dual, ovverosia in grado di sintonizzare due canali per volta. La scelta di inserire anche il tuner analogico, apparentemente fuori del tempo, risulta invece molto intelligente: in questo modo è possibile agganciare eventuali canali modulati in analogico sul segnale d’antenna cosa che può essere utile per esempio per l’interfacciamento a sistemi di telecamere a circuito chiuso o per la distribuzione in tutta la casa di contenuti video provenienti da sorgenti analogiche. I TV Novum integrano poi un hard disk da 1 TB da utilizzare per ospitare contenuti e come supporto di registrazione per la modalità PVR. I contenuti presenti sul disco, comprese le registrazioni, possono essere visti anche su qualsiasi TV connesso di casa attraverso la condivisione DLNA che questo apparecchio lascia attiva anche quando è in stand-by. Particolarmente valido, poi, l’audio, ottenuto attraverso una soundbar integrata e posizionata alla base dello schermo, interamente realizzata in legno: ad un primo ascolto, è parsa decisamente valida, di certo molto meglio di quanto non facciano i TV di questi tempi. Da segnalare poi la compatibilità 3D con occhiali passivi e soprattutto il doppio slot Common Interface +, ottimo per accedere contemporaneamente ai contenuti di Premium e quelli di tivùsat. Molto ben realizzato il software gestione del TV che consente molte configurazioni, sia per quanto riguarda il controllo dell’immagine sia per tutte le altre funzioni. Molto interessante, per esempio, la possibilità di gestire impostazioni delle immagini e dei filtri differenti non solo sui singoli ingressi esterni ma anche sui singoli canali sintonizzati: in questo modo è possibile scegliere per esempio un tipo di impostazione per i canali in HD e un altro tipo per quelli in standard definition, che richiedono spesso un profilo di correzione degli artefatti più aggressivo. Interessante anche l’uscita cuffia, a volume indipendente, come anche la disponibilità di un collegamento Bluetooth per una cuffia o una soundbar o anche per una sorgente audio esterna. Molto bello il design, sopratttto quello della base: un cerchio di metallo sul quale il TV sembra volare, tanto più che ruota facilmente senza che, a prima vista, si possa capire come possa funzionare il meccanismo. Da segnalare anche un piccolo display OLED posto sotto lo schermo per la visualizzazione dell’ora o di altre informazioni, configurabile da menù e attivo sia a TV acceso che in stand-by. I prezzi non sono popolari (ma non lo è neppure l’apparecchio): il 65” dovrebbe sfiorare i 7mila euro, mentre il 55” dovrebbe fermarsi subito sotto i 5mila euro. n.138 / 16 25 LUGLIO 2016 MAGAZINE TV E VIDEO A tre mesi dal lancio il Blu-ray Ultra HD è ancora un fantasma: i dati di vendita non sono affatto incoraggianti Inchiesta Ultra HD Blu-ray: c’è, ma chi l’ha visto? Lo abbiamo cercato, si trova solo in pochi negozi, in aree specializzate. A confronto il Blu-ray è un successo planetario N di Roberto PEZZALI evidente che è un player Ultra HD. Online le possibilità aumentano, con Amazon che ha a catalogo quasi tutti i titoli disponibili, ma è chiaro che ad oggi il Blu-ray Ultra HD è una tipologia di prodotto che esiste solo per una nicchia di appassionati minuscola anche rispetto agli acquirenti di Blu-ray. Sembra assurdo, ma passeggiando di fronte alle corsie dell’home video all’interno di un grosso megastore sono ancora tante le persone che mettono nel cestino o nel carrello una novità in DVD, quando magari allo stesso prezzo o ad un euro in più la versione blu-ray è in bella mostra un paio di scaffali più avanti. Warner Bros ammette una distribuzione ridotta: “Ci siamo affidati soprattutto a Amazon e Media World, ma i dischi sono presenti anche in qualche altro punto vendita di altre catene” ci dice un responsabile. Quello che però impressiona maggiormente sono i puri numeri: secondo il rapporto Univideo nel 2015 in Italia si sono venduti, escluso il canale edicola, 16.5 milioni di DVD e 3.8 milioni di Blu-ray, quindi in quest’ultimo caso una media di 310.000 dischi al mese. Se prendiamo il Blu-ray Ultra HD, uscito ad aprile, Tutti hanno i Blu-ray, ma dei dischi 4K neppure l’ombra in molti negozi Tutti hanno i Blu-ray, ma dei dischi 4K neppure l’ombra in molti negozi eil Hunt, Chief Product Officer di Netflix, non aveva tutti i torti quando definiva il Blu-ray Ultra HD “un formato nato morto”. DVD e Blu-ray, grazie anche ai forti sconti che ormai tutti propongono, continuano a far registrare numeri tutto sommato interessanti, ma non si può dire altrettanto del nuovo e rivoluzionario Ultra HD Blu-ray che dovrebbe, secondo la BDA Association, traghettare i consumatori verso 4K e HDR. Nessuna supposizione, solamente fatti: nel corso delle ultime settimane abbiamo cercato nei principali negozi della grande distribuzione player e dischi, confidenti del fatto che una grande metropoli come Milano potesse offrire un assortimento maggiore rispetto al punto vendita del piccolo capoluogo di provincia, e i risultati non sono certo stati soddisfacenti. L’appassionato che vuole dischi in 4K a Milano deve andare da Media World in viale Certosa: senza nessun cartello e senza essere messi in evidenza, i nuovi Blu-ray Ultra HD sono esposti insieme agli altri Blu-ray in corsia e solo la custodia rossa e il piccolo logo stampato nella parte alta lasciano intendere che siamo davanti a qualcosa di diverso. Undici titoli in tutto, nessuno imperdibile, rappresentano il maggior assortimento “fisico” che abbiamo trovato. Grossi multimedia center come ad esempio Mondadori, che conta su un buon catalogo di DVD e Blu-ray, non hanno idea di quando (e se) arrivino i dischi, mentre altre catene come Unieuro confidano di ricevere i dischi a fine agosto inizio settembre. “Chi vuole vedere qualcosa adesso deve accontentarsi del disco in bundle” ci dice un commesso, disco in bundle nei lettori che quasi sempre devono essere ordinati perché i pezzi disponibili son pochi. Solo Samsung sembra aver distribuito nei punti vendita un modesto quantitativo di lettori Blu-ray Ultra HD e in questo caso, al contrario dei dischi, chi visita un negozio ha modo di capire di trovarsi davanti a qualcosa di diverso: il lettore di BD UHD è posizionato a scaffale in mezzo agli altri lettori ma almeno è torna al sommario siamo di fronte a numeri decisamente diversi: in tre mesi, dal primo di aprile al primo di luglio, ci risulta siano stati venduti dai negozi 2.500 dischi 4K, con The Revenant in testa ai gradimenti. E i lettori? Ad oggi ci sono disponibili solo 2 modelli, Samsung e Panasonic, che insieme hanno venduto dai 450 ai 500 pezzi dal giorno del lancio (buona parte Samsung). Un numero che combacia con il numero di dischi: probabile che i primi acquirenti abbiano acquistato una media di cinque dischi. A tre mesi dal lancio sono 15 i titoli disponibili, 500 i lettori venduti e 2500 i dischi, numeri che non giustificano neppure l’investimento necessario per stampare in Ultra HD i nuovi titoli in uscita. Ed è proprio “investimento” la parola chiave: nessuna major ha promosso il nuovo formato né nei negozi, né sui giornali e nemmeno in TV. Non che negli altri paesi si sia fatto qualcosa di diverso, ma almeno negli States uno spot promozionale esiste. Senza visibilità, una spinta promozionale decisa e un preciso collocamento nei negozi il formato “del futuro” non arriva a domani. Disegnata per ascoltare I nuovi diffusori CM10 S2 sono indubbiamente belli, grazie alle loro linee pulite ed alle finiture di qualità superiore. Ma come per tutte le realizzazioni Bowers & Wilkins la forma deve seguire la funzione, grazie alla doppia cupola dell’unità alti ed alla tecnologia tweeter-on-top non crederete quanto bene la musica può suonare. www.audiogamma.it n.138 / 16 25 LUGLIO 2016 MAGAZINE ENTERTAINMENT Svelate tutte le nuove offerte Mediaset Premium per la prossima stagione Ecco i nuovi prezzi di Mediaset Premium Lo streaming su smartphone ora si paga Si spende qualcosa in meno, ma senza il calcio e senza lo streaming su smartphone e tablet Mediaset ha deciso di far pagare lo streaming su dispositivi mobili a parte: 3 euro al mese di Roberto PEZZALI M ediaset Premium ha lanciato la nuova offerta “Premium” che apre la calda stagione 2016 / 2017. Premium cercherà di valorizzare come sempre il suo contributo principe, la Champions, e in quest’ottica chi non è interessato al calcio apprezzerà un leggero ribasso del prezzo, con il pacchetto “SERIE & DOC + CINEMA” che costerà 20 euro al mese. Serviranno 24 euro al mese invece per i pacchetti “SERIE & DOC + SERIE A & SPORT” e “SERIE & DOC + CHAMPIONS & SPORT”, differenziati ovviamente dalla presenza nel primo caso della Serie A e nel secondo caso della Champions League. Servono 24 euro al mese anche per “SERIE & DOC + SERIE A, CHAMPIONS & SPORT”, perfetto per l’appassionato di calcio che potrà vedere tutto: una tariffa che però è in promozione fino al 3 maggio 2017, poi si pagheranno 34 euro al mese fino alla fine del vincolo contrattuale. In promozione anche il superpacchetto “SERIE & DOC + CINEMA + SERIE A, CHAMPIONS & SPORT“, 29,00 euro al mese fino al 3 maggio e dopo 39 euro al mese. Per tutti i pacchetti è incluso l’HD (per i pochi canali disponibili), la Smart Cam Wi-fi e l’onDemand (con Infinity incluso per chi ha il pacchetto Cinema). Alle tariffe va ovviamente aggiunto il corrispettivo iniziale di 69 euro, mentre il costo della tessera sarà riaccreditato in fattura. Oltre all’opzione bambini, che costerà 5 euro al mese, c’è una nuova opzione Play Mobilità che viene data gratis per tre mesi e poi costa 3 euro al mese. Questa è una vera novità: solo pagando Play Mobilità di potrà accedere ai contenuti onDemand e ai canali in streaming da browser, da smartphone e da tablet. Mediaset vuole provare a fermare (tariffandola) la condivisione dell’accesso a Premium Play: chi vorrà prestare l’ac- count per vedere le partite ad una amico o ad un parente sarà costretto a spendere 3 euro in più al mese. Una questione questa ingarbugliata: quello che fino ad oggi era Premium Play si sdoppia così in onDemand e Mobilità: il primo permetterà di accedere al catalogo di circa 9000 contenuti (Infinity incluso) senza limiti da TV con la Premium SmartCam, da decoder abilitati, da Xbox e Chromecast ma non avrà i canali in streaming, il secondo darà l’accesso ai 9000 contenuti e ai 22 canali in streaming su smartphone, tablet e browsernarsi su un canale compatibile per vedere comparire il “pallino” verde con l’invito ad accedere a tivùon, ovviamente solo sui TV e decoder compatibili. ENTERTAINMENT Dopo il successo della finale di Champions, Premium pensa ad altre partite in 4K Mediaset Premium: da settembre i big match in 4K Premium si prepara alla prossima stagione: i big match del campionato saranno in Ultra HD di Roberto PEZZALI o avevamo già anticipato, ma ora alcuni produttori ci hanno confermato che Mediaset sul 4K vuole fare sul serio, anche guardando un po’ a quello che farà Sky partendo dal 2017: la finale di Champions League è stata solo un antipasto. A partire da settembre i big match della serie A saranno infatti trasmessi in 4K su Premium, anche perché Mediaset si è messa in tasca i diritti accessori, quelli che permettono appunto di trasmettere le partite sfruttando tutte le ultime tecnologie disponibili. Al momento si parla di circa 11/12 partite L torna al sommario che verranno trasmesse (spegnendo alcuni canali) sul digitale terrestre, accendendo come già fatto nel corso della finale di Champions un canale temporaneo. La visione sarà garantita a tutti coloro che avranno un abbonamento attivo e un TV compatibile HEVC a 60p, gli stessi che hanno potuto vedere finale di Champions e Europei. Mediaset sta valutando anche cosa trasmettere in 4K della prossima Champions League: la finale appare quasi scontata, ma non è esclusa la trasmissione anche di qualche partita dei quarti e delle semifinali. Netflix accende i propulsori a curvatura La licenza di Star Trek è sua Netflix trasmetterà in tutto il mondo (tranne USA e Canada) la nuova stagione di Star Trek La licenza da il via libera alla trasmissione anche dei 727 episodi delle prime storiche serie. La partenza è fissata in data astrale 01/2017 di Michele LEPORI È ufficiale: Netflix ha acquisito i diritti per la trasmissione in 188 Paesi del mondo della nuova serie TV in partenza a gennaio e di tutti i 727 episodi che fino ad oggi hanno dato vita alla longeva epopea spaziale creata da Gene Roddenberry. Star Trek, Star Trek: The Next Generation, Star Trek: Deep Space Nine, Star Trek: Voyager e Star Trek: Enterprise arriveranno quindi sulla piattaforma di streaming verso la fine del 2016, giusto in tempo per la messa in onda della nuova serie in partenza a gennaio. Fra i 188 Paesi di cui dicevamo, mancano ovviamente gli Stati Uniti ed il Canada, dove CBS distribuirà tramite la sua piattaforma All Access sia le serie storiche dell’equipaggio dell’Enterprise sia la nuova generazione di esploratori dello spazio. Il lancio americano vedrà la trasmissione di un episodio speciale via CBS All Access, e poi la trasmissione seguirà la canonica messa in onda di un episodio a settimana. Per quanto riguarda la trama, bocche ancora cucite. n.138 / 16 25 LUGLIO 2016 MAGAZINE ENTERTAINMENT È attivo tivùon, aggrega i contenuti in streaming delle reti TV pubbliche tivùon: il VOD gratis ha la sua piattaforma Da una schermata diventano disponibili tutti i programmi on demand di RAI, Mediaset e La7 T di Roberto FAGGIANO ivùon è finalmente realtà: tutti i possessori di un televisore certificato tivùon possono accedere alla nuova applicazione che raggruppa in un’unica interfaccia user friendly la programmazione degli ultimi sette giorni delle reti generaliste italiane, Rai, Mediaset e La 7. L’applicazione è raggiungibile premendo il tasto “verde” del telecomando da digitale terrestre e satellite, e una grafica in sovraimpressione avvisa i telespettatori della novità invitando alla prova. tivùon è davvero ben fatto e risolve un problema che l’MHP si porta dietro da tempo, la frammentazione: ogni broadcaster per accedere ai contenuti onDemand ha creato una applicazione dedicata e l’utente era costretto ad entrare e uscire dalle diverse applicazioni per cercare i vari contenuti. Le app singole sono ancora raggiungibili tramite il menù TivuLink, ma indubbiamente la nuova applicazione che aggrega tutti i canali, con interfaccia semplificata e mini-guida, è molto più pratica. Via libera allo zapping anche per la “catch-up TV” Abbiamo provato in anteprima il servizio tivùon sia con un decoder Humax Tivùmax Pro che con un TV OLED LG, in entrambi i casi con successo. Per accedere all’applicazione basta andare su un canale RAI e premere il tasto verde, noi abbiamo provato tivùon prima del lancio ufficiale, ancora senza “inviti” a schermo ad accedere alla app: dal lancio ufficiale (avvenuto lunedì 18 luglio) basta posizionarsi su un canale compatibile per vedere comparire il “pallino” verde con l’invito ad accedere a tivùon, torna al sommario ovviamente solo sui TV e decoder compatibili. Questo “pallino” affianca quello rosso per le altre applicazioni fornite dalla RAI e da quello blu dedicato ad applicazioni temporanee (a breve ci sarà quella dedicata alle Olimpiadi di Rio). Una volta premuto il tasto verde del telecomando appare una schermata che riunisce i servizi di guida ai programmi (praticamente i palinsesti per i 7 giorni successivi), tivùlink (ovverosia le scorciatoie alle app dei vari broadcaster) e la vera funzione di tivùon, cioè l’accesso alla visione in streaming degli ultimi 7 giorni. Il servizio, almeno al momento, si riferisce ai canali principali di RAI (gli stessi che si trovano su RAI Replay), Medisaet e La7, ma non è da escludere che possano aggiungersene degli altri. Da qui basta spostarsi sulla destra per andare sul logo dell’emittente desiderata, cliccando su uno dei tre loghi si entra nella sezione dedicata. Quindi per la RAI possiamo accedere ai contenuti disponibili degli ultimi 7 giorni di Rai 1, Rai 2, Rai 3 e Rai 5. Per Mediaset ci sono Canale 5, Italia 1, Retequattro e La5 mentre per La7 troviamo La7 e La7D. Il vantaggio evidente rispetto alle applicazioni proprietarie è che si può passare dalla programmazione di un’emittente a quella di un’altra senza cambiare ambiente e app, inaugurando così l’era dello zapping anche per in video on demand. Da segnalare, almeno per quello che abbiamo potuto vedere che RAI mette a disposizione solo le trasmissioni dei 7 giorni precedenti ma non quelle del giorno corrente; Mediaset e La 7, pur con un certo ritardo, invece, caricano i contenuti anche durante la giornata. Una volta entrati nel giorno e nel canale desiderato si può scegliere il programma da vedere e farlo partire con un semplice clic: il contenuto arriva in streaming via Internet con una qualità generalmente “accettabile”, anche se migliorabile. Altrettanto semplice interrompere momentaneamente la visione. Poi, nella schermata principale e in tutti i menù, rimane visibile un riquadro con il programma in onda in quel momento, in modo tale che mentre si cerca il contenuto desiderato non si perde comunque la visione della diretta. Per semplificare la visione, una volta selezionato il contenuto desiderato, questo parte subito a tutto schermo, senza bisogno di premere altri tasti come accade ora con le singole applicazioni disponibili in MHP o su smartphone e tablet. Per accedere ai servizio tivùon è necessario un televisore o un decoder certificato (il bollino, tra quelli tivù, è a forma triangolare) e ovviamente un buon collegamento a Internet; per tutti gli altri tivù, anche se connessi, che non dovessero essere compatibili, semplicemente non esce l’avviso di premere il tasto verde e, premendolo, non accade nulla. Infinity a caccia di Netflix In arrivo 4K e HDR Secondo alcune indiscrezioni da noi raccolte, Infinity sarebbe pronta ad arricchire la sua offerta con contenuti 4K e HDR Manca una data precisa, ma l’autunno potrebbe essere periodo propizio Intanto arrivano anche le app per PSVita e Hisense di Roberto PEZZALI Infinity è pronta con HDR e 4K: ancora manca una data precisa ma secondo alcune indiscrezioni da noi raccolte l’autunno potrebbe essere il periodo propizio. La piattaforma di video on demand italiana è sempre stata molto attiva dal punto di vista tecnico, ed è anche una delle poche che oltre ad offrire l’app per tutti i dispositivi permette anche il download in mobilità. Dopo aver fatto un primo tentativo in chiave 4K con la gamma SUHD Samsung, Infinity è ora pronta ad allargare la fruizione di contenuti a risoluzione “ultra” anche ai TV degli altri produttori, aggiungendo per alcuni contenuti anche la possibilità di riproduzione HDR se il dispositivo è compatibile. Restano solo alcuni nodi da sciogliere legati ai contenuti, ma la piattaforma tecnica dovrebbe essere in fase di test avanzato. Nel frattempo non si ferma il rilascio dell’applicazione per un numero sempre più ampio di device: Infinity sbarca infatti sui TV Smart Hisense e su PS Vita, con l’ap scaricabile dal PS Store. n.138 / 16 25 LUGLIO 2016 MAGAZINE ENTERTAINMENT TIM ha lanciato il decoder TIMVision, basato su Android e compatibile 4K: un’occasione per valutare anche l’offerta TIMVision è meglio di Netflix, NowTV e Infinity? Il servizio di streaming di TIM è cresciuto talmente tanto da poter essere considerato sulla carta uno dei migliori in Italia T di Roberto PEZZALI IM ha annunciato la disponibilità del nuovo decoder TIMVision basato su Android TV. Del nuovo decoder avevamo già parlato quando era stato annunciato: un piccolo cilindro con all’interno Android TV, facile e semplice da usare e dotato anche di un tuner DVB-T2 HEVC per accedere ai contenuti TV di oggi e di domani. Il decoder, che abbiamo provato, funziona davvero bene e oltre ad assicurare la compatibilità con tutto l’ecosistema Android TV, quindi giochi e app (non moltissimi a dire il vero), permette anche di accedere al servizio), integra anche una nuova app TIM Vision con il suo ampio catalogo di contenuti. TIM si dimostra inoltre molto più aperta di altri: se il set top box di NowTV permette l’accesso solo al servizio Sky, sul decoder TIM Vision ci sono le app di Premium Online e a breve arriverà Netflix, applicazioni che sono comunque già fruibili grazie a Google Cast. Il decoder, che supporta 4K, audio multicanale, ha una connessione Wi-Fi integrata e una memoria espandibile (8 GB lo storage di base) sarà in vendita a 109 euro, da settembre sarà disponibile per i clienti che già usano TIMvision e hanno un vecchio decoder ed è in promozione di lancio per i clienti TIMSMART alle stesse condizioni dell’attuale decoder. Il decoder, se qualcuno dovesse pensare di fare un affare, funziona solo sulla rete di TIM, ma il servizio TIMvision, proprio come Infinity, Netflix e NowTV, funziona con tutti gli operatori ed è supportato da un numero davvero ampio di dispositivi. Perchè tutti parlano di Netflix e nessuno di TIMvision? Ci siamo quindi chiesti: ma è possibile che nessuno parli mai di TIMvision quando si prende in considerazione un servizio di streaming? Secondo TIM, TIMvision è leader di mercato, ha più abbonati di Netflix e dei servizi di Sky e Mediaset, con circa 700.000 clienti attivi: “le persone che avrebbero accesso al servizio sarebbero di più, ma noi consideriamo solo quelle che hanno guardato almeno un contenuto” ci dice Daniela Biscarini, Responsabile Multimedia Entertainment & Consumer Digital Services di TIM. Sarà il suffisso “TIM”, poco adatto forse ad un servizio di video on demand, sarà che si tratta di un servizio italiano e spesso gli utenti guardano sempre al Le serie TV non sono moltissime, ma sono complete di tutte le stagioni torna al sommario prato del vicino credendolo più verde, sarà la partenza flop (ricordate Cubovision?) ma onestamente il TIMvision di oggi non merita affatto di essere dimenticato quando si deve sottoscrivere un servizio di streaming. Anzi, per certi aspetti si potrebbe dire che è addirittura migliore di Netflix, NowTV e Infinity, e potremmo portare un buon numero di elementi validi per avvalorare questa teoria. Costa 5 euro al mese Ha un numero enorme di contenuti Si parte dal prezzo, 5 euro al mese: di fatto è il più economico servizio di streaming disponibile in Italia, e con 5 euro si può accedere a circa 8.000 contenuti. Esatto: TIMvision ha più contenuti di Netflix, di Infinity e di NowTV. I numeri come sempre dicono poco, ma se si va ad analizzare il catalogo e si guarda alla qualità si scopre che non solo, dove disponibile, il contenuto è in HD, ma che il catalogo di TIMvision è oggi decisamente ricco di serie TV, film e contenuti per bambini. Sul sito il catalogo è consultabile liberamente quindi ognuno può farsi un’idea di quello che troverà, ma bisogna sempre ricordare che per un questione di diritti non è possibile attingere al catalogo di contenuti recenti in mano alle pay TV. TIM sta arricchendo il catalogo di mese in mese, e un recente accordo con NBCUniversal ha portato su TIMvision molti film e serie della major di grande richiamo, come ad esempio buona parte della filmografia di Hitchcock. TIMvision è forse un po’ carente forse sulle serie TV, dove i titoli di rilievo sono pochi, ma ogni serie disponibile è comunque completa in tutti gli episodi e in tutte le sue stagioni. La vera sorpresa è il catalogo bambini, che non solo integra tutti gli episodi dei contenuti preferiti dai piccoli di oggi (Alvin, Curioso come George, Masha e Orso, Paw Patrol, Peppa Pig etc) ma ha all’interno anche tutti i classici Disney e molti cartoni, completi di tutti gli episodi e stagioni, che hanno accompagnato nella loro infanzia i genitori di oggi. Stiamo parlando di Sampei, Holly e Benji, Mazinga, Il tulipano nero, Hello! Spank, i Puffi, Pollon e tanti altri cartoni, contenuti che ora possono essere rivisti interamente episodio per episodio. TIMvision ha un catalogo quindi che non è affatto male, e per la presenza dei classici Disney, di un numero enorme di cartoni e di moltissimi film in HD sicuramente non è inferiore ai competitor, anzi. Non abbiamo poi citato i documentari e i concerti, altra sezione inclusa decisamente vasta. TIMvision è anche cross-platform: l’applicazione è disponibile per iOS e Android, tablet e smartphone, c’è sulle principali piattaforme smart TV e funziona anche con Chromecast. C’è infine un altro aspetto che rende TIMvision decisamente interessante, ovvero il fatto che chi utilizza una SIM TIM non paga il traffico dati: questo vuol dire che basta un abbonamento TIM o una sim in un tablet (con l’accortezza di abilitare i dati per la sola app TIM Vision) e godere della visione illimitata dei contenuti in mobilità sotto rete 3G o 4G. La scelta di un servizio di streaming è legata molto al tipo di contenuto che propone, tuttavia il TIMvision di oggi non ha nulla da invidiare agli altri servizi, anzi. Ha un catalogo di film e contenuti per bambini (3500 film e cartoni) enorme rispetto agli altri servizi, ha una interfaccia finalmente veloce, ha l’HD ed è compatibile con un numero enorme di dispositivi, tutto questo a 5 euro al mese senza vincoli. Manca il download, ma con una SIM TIM nel tablet non serve. n.138 / 16 25 LUGLIO 2016 MAGAZINE MOBILE Compaiono in rete altre foto di iPhone 7: sono molto convincenti e mostrano tre modelli Gli iPhone 7 saranno tre: Standard, Plus e Pro Tutto sembra indicare che si tratti del vero iPhone, ma sul retro c’è una poco rassicurante “s” La nuova generazione di Gorilla Glass nei test di laboratorio ha dimostrato maggiore resistenza rispetto alla precedente generazione, anche da cadute da 1,6 metri di Franco AQUINI C i risiamo, di nuovo foto rubate del prossimo iPhone 7. Questa volta le foto mostrano chiaramente i tre presunti nuovi modelli di iPhone, dalla versione standard da 4,7 pollici alla Plus con display da 5,5’’ per finire con la new entry: l’iPhone 7 Pro con smart connector e dual camera. Tutto farebbe pensare che si tratti proprio del vero iPhone, apparso più volte in rete proprio con l’aspetto che ricalca quello del 6 e del 6s. Se non fosse per la foto che ritrae il retro, su cui compare la lettera S e che Apple associa normalmente al restyling che ogni due anni rivitalizza l’iPhone con caratteristiche tecniche potenziate rispetto al modello dell’anno precedente. Sulla carta, questo è l’anno dell’iPhone 7, quindi del modello con un design tutto nuovo. Tuttavia è ormai da tempo che si parla di un probabile restyling che spianerebbe la strada a novità più consistenti in arrivo l’anno prossimo, giusto in tempo per festeggiare il decennio dalla nascita del primo modello. Se così fosse, signifi- di Gaetano MERO cherebbe che Apple starebbe tentando la strada del ciclo di vita triennale anziché biennale. Come sempre, prendete tutto (foto comprese) con le pinze: è un rumor che arriva dall’altra parte del mondo e deve restare tale. È invece certo che da qualche anno Apple non riesce più a difendersi dalla fuga di notizie e puntualmente i rumor dei mesi precedenti la presentazione si rivelano fondati. Staremo a vedere, manca il “classico” paio di mesi alla verità. MOBILE ZTE ha stretto un accordo con Media World per commercializzare i propri device Da Media World arrivano gli smartphone ZTE Già disponibili gli smartphone Blade V7 e Blade V7 Lite e atri prodotti di fascia entry-level Z di Gaetano MERO TE ha siglato un accordo con la catena di elettronica di consumo Mediamarket S.p.A. per la commercializzazione dei propri device tramite i punti vendita Media World e attraverso la piattaforma e-commerce della società. Ciò permetterà al produttore cinese di introdurre per la prima volta all’interno del catalogo di un retailer italiano i due smartphone top di gamma Blade V7 e Blade V7 Lite. Blade V7 è dotato di un pannello IPS Full HD da 5.2”, bordi arrotondati, corpo in alluminio con uno spessore di appena 7,5 mm. La fotocamera principale è da 13 Mpx con doppio flash LED dual tone in grado di scattare foto con risoluzione 4128x3096 pixel e registrare video in Full HD alla risoluzione di 1920x1080 pixel. La fotocamera anteriore è invece da 5 Mpx. Il processore è un octa-core da 1,3 GHz torna al sommario Gorilla Glass 5 Sempre più indistruttibile Mediatek, a bordo troviamo anche 2 GB di RAM e 16 GB per lo storage interno espandibili con micro SD. La batteria è da 2.500 mAh e supporta la tecnologia di ricarica rapida “Quick Charge”. Il telefono è inoltre abilitato alle linee 4G LTE ed è già disponibile a 229€ nelle varianti grigio oppure oro. Anche Blade V7 Lite presenta della feature interessanti. Il display è un IPS da 5” con risoluzione di 1280x720 pixel. La fotocamera principale è da 13 Mpx, quella anteriore da 8 Mpx, . Il processore a bordo è un quad-core Mediatek da 1,0 GHz, la RAM in dotazione ammonta a 2 GB, 16 GB sono invece riservati alla ROM espandibile con scheda di memoria. Anche qui il case è in alluminio con uno spessore di 7,9 mm, in più dietro la scocca trova collocazione un lettore di impronte per sbloccare il telefono in 0,3 secondi, la batteria è identica al V7. È disponibile da subito, nell’unica colorazione silver, ad un prezzo di listino di 179€. Entrambi i modelli montano l’ultima versione del sistema operativo Android. ZTE proporrà tramite il catalogo Media World anche altri tre smartphone di fascia entry-level: il Blade L5 Plus ad un prezzo di 109€, il Blade A452 a 139€, e il Blade A506 a 159€. L’operazione costituisce la prima di una lunga serie di mosse strategiche di ZTE nel nostro Paese che ha manifestato l’intenzione di ampliare la presenza dei propri prodotti presso i principali canali distributivi italiani nei prossimi mesi. È già in produzione la quinta generazione di Gorilla Glass, il vetro utilizzato dalle principali società del settore hi-tech, che sarà montato sulla maggior parte dei device in uscita entro la fine dell’anno. Ad annunciarlo è stata l’azienda produttrice Corning che ha anche rivelato alcune delle nuove caratteristiche del prodotto. Gorilla Glass 5 andrà a sostituire la precedente versione, introdotta nel 2014, rispetto alla quale è più flessibile, più robusto e due volte più resistente alle cadute da circa un metro d’altezza su superfici irregolari. I test effettuati hanno dimostrato inoltre che il vetro resiste maggiormente ai graffi ed è rimasto integro l’80% delle volte in cui è stato fatto schiantare al suolo da 1,6 metri. La ricerca da parte di Corning si è concentrata sulle cadute accidentali più frequenti: all’altezza della vita, quando ad esempio il telefono scivola dalla tasca, e all’altezza delle spalle, posizione che assumiamo quando stiamo scattando un selfie o una foto. John Bayne general manager Corning ha dichiarato a The Verge che tuttavia le performance del vetro su uno smartphone dipendono molto dal design del dispositivo, dalla presenza di una cornice solida e dal livello in cui il vetro è collocato rispetto alla scocca. Corning, azienda leader che possiede ormai i tre quarti del mercato, partecipa inoltre alle fasi di progettazione dei device con la maggior parte dei produttori per garantire il miglior risultato possibile. n.138 / 16 25 LUGLIO 2016 MAGAZINE MOBILE Debutta in Cina la versione compatta di Honor V8 di cui riprende diversi elementi tecnici Honor 8, lo smartphone con doppia fotocamera È dotato di schermo da 5.2”, con processore Kirin 950 e una sezione fotografica di qualità di Giulio MINOTTI a gamma di Honor diventa ogni giorno sempre più ampia e interessante. In un evento svoltosi a Shangai è stato presentato il nuovo Honor 8, uno smartphone che riprende vari elementi tecnici del fratello maggiore Honor V8. A bordo di questo flagship troviamo un SoC octa core Kirin 950, con 4 core Cortex-A72 da 2.3 GHz e 4 del tipo A53 con frequenza di 1.8 GHz, affiancati da una GPU Mali-T880 MP4. Inoltre, è presente un display da 5.2 pollici con curvatura 2.5D e risoluzione FullHD, capace di riprodurre il 96% della gamma colori NTSC. Honor 8 verrà proposto in tre diverse configurazioni, la prima con 3 GB di RAM e 32 GB di memoria interna, la seconda con 4 GB di RAM e 32 GB di storage, mentre la terza offre 4 GB di RAM e 64 GB di memoria integrata, con la possibilità di espanderla ulteriormente con Micro SD fino a 128 GB. Passando al comparto fotografico, anteriormente troviamo un sensore da 8 Megapixel con apertura focale f/2.4, mentre sul posteriore è stato montato un doppio sensore da L L’atteso phablet del colosso coreano verrà mostrato al pubblico in un evento che si terrà a New York con presentazioni anche a Rio de Janeiro e Londra di Giulio MINOTTI 12 Megapixel (di cui uno monocromatico) con flash LED a doppio tono, autofocus laser, apertura f/2.2 e pixel delle dimensioni di 1,76 micron; camera che promette ottime foto anche in condizioni di bassa luminosità. Decisamente completa la connettività con il supporto alle reti LTE, Wi-Fi 802.11 a/b/g/n/ac (2.4 GHz e 5 GHz), Bluetooth 4.2, GPS, NFC e porta USB Type-C. La batteria ha una capacità di 2.900/3.000 mAh con ricarica rapida, mentre il sistema operativo è Android in versione 6.0 Marshmallow con interfaccia personalizzata EMUI 4.1. A bordo sono presenti anche un sensore infrarosso e quello per il riconoscimento delle impronte digitali posizionato nella parte posteriore. Le dimensioni di Honor 8 sono di 145.5 x 71 x 7.45 mm per un peso di 153 grammi e presenta una scocca rivestita da una doppia superficie in vetro, sia sul frontale che sul posteriore. Questo smartphone è disponibile in Cina in varie colorazioni (Pearl White, Sunrise Gold, Midnight Black, Sakura Pink e Sapphire Blue) con un prezzo da 270 a 338 euro. Honor 8 sarà presentato in Europa il 24 agosto. MOBILE Il phablet di HP si rivolge a un’utenza business e punta a sostituire in parte PC e notebook HP Elite x3 è in arrivo in Italia a 853 euro Il top di gamma del produttore americano ha uno schermo da 5,96” e SoC Snapdragon 820 P di Giulio MINOTTI resentato in occasione del Mobile World Congress 2016, HP Elite x3 arriva finalmente sullo store italiano a un prezzo a partire da 853 euro, Iva Inclusa. Una cifra importante per un phablet che si rivolge principalmente a un’utenza business e che punta a sostituire almeno in parte PC fissi e notebook grazie alla modalità Continuum di Windows 10 Mobile e alle due dock sviluppate da HP per questo device. Al momento sullo store dell’azienda è presente solo la Desk Dock, al costo di 157 euro, che consente di collegare all’Elite x3 un display esterno, mouse e tastiera, con porte USB e presa Gigabit Ethernet. Non dimentichiamo, inoltre, la Lap Dock, che consente di usufruire della torna al sommario È ufficiale il Galaxy Note 7 verrà presentato il 2 agosto modalità Continuum anche in mobilità grazie a un device che ricorda un comune notebook. Ovviamente privo di capacità di calcolo, questo accessorio include uno schermo da 12,5” Full HD, una tastiera con touchpad, una batteria da 46,5 WHr, porte USB Type-C e Micro HDMI, per un peso limitato a un chilogrammo. Concludiamo ricordando anche le specifiche dell’Elite x3 che include un potente SoC Snapdragon 820, affiancato da 4 GB di RAM e uno storage di 64 GB espandibile via MicroSD. Lo schermo è un generoso 5,96” AMOLED con risoluzione di 2.560x1.440 pixel, mentre la fotocamera posteriore è da 16 Megapixel e quella anteriore da 8. Ricordiamo, inoltre, la batteria da ben 4150 mAh, il lettore di impronte digitali e lo scanner dell’iride, oltre alla certificazione IP67 e la variante Dual SIM. HP Elite x3 dovrebbe arrivare sul mercato subito dopo l’estate. Dopo un’infinità di rumor, Samsung ha finalmente annunciato la data di presentazione del Galaxy Note 7, confermando inoltre la denominazione del suo prossimo phablet, che si uniforma all’attuale generazione della serie S. Il Note 7 verrà mostrato al pubblico al Samsung Galaxy Unpacked Event, presentazione trasmessa anche in streaming, che si terrà a New York il 2 agosto alle 11.00 ora locale (alle 17.00 ora italiana) in contemporanea con altri eventi che si svolgeranno a Rio de Janerio e Londra. Di questo smartphone sono note ormai la gran parte delle specifiche tecniche: uno schermo da 5.7 pollici con risoluzione QHD curvo ai lati, 4/6 GB di RAM, almeno 64 GB di storage (espandibile via Micro SD) e certificazione IP68, per la resistenza all’acqua e alla polvere. Inoltre, dovrebbe essere confermata la presenza dello scanner dell’iride con un prezzo di partenza di 849 € per la versione europea. Galaxy Note 7 monterà, molto probabilmente, il SoC Exynos 8893 con uno Snapdragon 82X riservato al mercato USA. Infine, dovrebbe essere presente lo stesso comparto fotografico dell’S7 con una camera posteriore da 12 Megapixel (Dual Pixel) e anteriore da 5 Megapixel. n.138 / 16 25 LUGLIO 2016 MAGAZINE MOBILE Scoperta una grave vulnerabilità in iOS e OS X: inviando una foto si può accedere al sistema Pieno accesso a Mac e iPhone con una foto Conviene aggiornare il sistema operativo Apple ha già provveduto a correggere il problema nelle ultime versioni dei suoi software N di Roberto PEZZALI essun sistema operativo è immune, e quelli che un tempo erano bug innocui oggi, nel mondo dei dispositivi connessi, si trasformano in pericolose vulnerabilità che i malintenzionati possono sfruttare per accedere ai dati personali. Apple è una delle aziende più attente alla sicurezza dei propri utenti, e proprio per questo fa sempre notizia la scoperta di un pericolosissimo bug che permette, semplicemente inviando una immagine, di eseguire codice maligno e avere accesso allo storage e alla cached password di sistema, che comunque sono criptate. La falla è simile nel principio a quella che aveva colpito Android: sul sistema di Google il buco era nella libreria di rendering dei contenuti multimediali, Stagefright, in iOS e OSX è nella Image I/O API, la libreria che gestisce il rendering e la visualizzazione delle immagini. In questo specifico caso il cavallo di troia è l’immagine in formato Tiff: un hacker potrebbe nascondere all’interno di una immagine opportunamente creata codice che viene eseguito automaticamente dallo smartphone o dal Mac quando Spotlight o l’applicazione che sfrutta la libreria prova a visualizzarla.Non serve nemmeno “aprire” il file, perché lo fa automaticamente il sistema operativo al posto nostro per mostrarci in anteprima il contenuto. Inutile però creare eccessivi allarmismi: la prima cosa da dire è che Apple ha già corretto la falla non appena gli è stata segnalata, la seconda è che comunque solo alcune versioni di iOS e OSX sono colpite dal bug e sono OS X Mavericks v10.9.5, OS X Yosemite v10.10.5 OSX, El Capitan v10.11.5 e iOS 9.3.2, watchOS 2.2.1 & tvOS 9.2.1. Gli utenti che hanno installato una Mastercard offre la sua tecnologia MasterPass direttamente alle banche per integrarla nelle piattaforme di pagamento e app di Emanuele VILLA di queste versioni devono in pratica aggiornare all’ultima versione disponibile per stare tranquilli, gli altri (anche coloro che hanno ancora iOS 8 o iOS 7) non corrono alcun pericolo. La situazione è quindi ben diversa da quanto successo con Android, dove i dispositivi in pericolo erano più di un miliardo: la falla in quel caso era un bug presente in quasi tutte le versioni del sistema operativo, e probabilmente nel 90% dei casi è ancora lì pronto per essere sfruttato. SCIENZA E FUTURO Aquila è un velivolo a energia solare progettato dal Facebook Connectivity Lab Primi test di Facebook Aquila, l’aereo progettato per portare Internet a 1,6 miliardi di persone Aquila mira a garantire l’accesso alle reti mobili a banda larga nelle zone prive di infrastrutture di Gaetano MERO F acebook ha annunciato l’esito più che positivo dei primi esperimenti di volo con Aquila, il velivolo senza pilota ad energia solare in grado di librarsi a 60.000 piedi d’altezza progettato per fornire ad oltre 1,6 miliardi di persone un accesso ad Internet nelle zone in cui non esistono infrastrutture. Aquila è il frutto del lavoro del Facebook Connectivity Lab, un laboratorio nato in seguito all’impegno preso dalla società all’interno del consorzio Internet.org, che ha come scopo la costruzione di nuove tecnologie, tra cui aerei, satelliti e sistemi di comunicazione wireless, a beneficio di quel 60% della popolazione mondiale priva di qualsiasi tipo di connessione al web. Durante il primo volo il prototipo è rimasto in quota torna al sommario circa 96 minuti, più del triplo del tempo previsto per il test, arrivando a 2.150 piedi con un consumo energetico di appena 2.000 watt. Aquila ha l’apertura alare di un aereo di linea, è dotato di un impianto di ricarica a pannelli solari e a progetto ultimato riuscirà a raggiungere 18 Km d’altezza, circondare una regione fino a circa 100 km di diametro fornendo connettività tramite un sistema ad onde millimetriche e volare autonomamente tre mesi consecutivi. La prova è servita per raccogliere fondamentali informazioni in merito ad aerodinamica, sistema di controllo e performance delle batterie. “Siamo incoraggiati da questo primo successo – afferma l’ingegnere responsabile del progetto Jay Parikh – ma abbiamo ancora molta strada da percorrere. Per raggiungere il nostro obiettivo infatti dovremo supera- MasterCard si allea con le banche per i pagamenti Contactless re il record mondiale di volo ad energia solare senza pilota che si attesta attualmente a due settimane, ciò richiederà progressi significativi nel campo della scienza. Sarà inoltre necessario lavorare di concerto con operatori, governi e altri partner per distribuire i velivoli nelle regioni di interesse”. Lo smartphone come strumento primario di pagamento, se ne parla da tanto ma, nonostante i molti annunci e la disponibilità di dispositivi mobili NFC, i pagamenti contactless stentano a decollare. Mastercard ha quindi deciso di smuovere le acque, rendendo disponibile MasterPass, la propria soluzione per i pagamenti in mobilità, direttamente alle banche che possono così integrare nelle loro app e nella loro offerta multicanale i nuovi strumenti senza imporre ai titolare ulteriori download e configurazioni. Questa integrazione tra gli strumenti online già disponibili e il pagamento che si completa semplicemente avvicinando lo smartphone a uno dei 5 milioni di POS già abilitati presenti in negozi e supermarket di 77 Paesi nel mondo sarebbe, secondo Mastercard, l’ultimo tassello per realizzare la soluzione globale per l’e-payment. MasterPass al momento è disponibile soltanto su dispositivi NFC con sistema operativo Android, perché Apple, che può contare sul proprio servizio Apple Pay, rimane fuori dai giochi. Il servizio a disposizione delle banche, per il quale Mastercard ha realizzato vetrofania con logo dedicato, sarà attivato entro la fine di luglio negli Stati Uniti per poi arrivare in Europa e negli altri continenti tra la fine di quest’anno e l’inizio del 2017. n.138 / 16 25 LUGLIO 2016 MAGAZINE GAMING Nintendo ha annunciato il ritorno dal prossimo 11 novembre di Nintendo Classic Mini: Nintendo Entertainment System NES, la storica console Nintendo a 8 bit, torna nei negozi Grazie ad una piccola console anni ‘80 si potranno riscoprire perle del calibro di Super Mario Bros, Donkey Kong e Pac Man di Francesco FIORILLO trent’anni dal suo storico debutto e dopo aver segnato un’intera generazione di videogiocatori, la famosa console a 8bit di Nintendo è pronta per un grande ritorno. Il colosso di Kyoto ha annunciato infatti che dal prossimo 11 novembre, sugli scaffali dei negozi, giungerà il Nintendo Classic Mini: Nintendo Entertainment System, una versione simile a quella originale degli anni ‘80, ma dotata di dimensioni ridottissime. Questo nuovo esperimento nostalgico potrà essere collegato alle TV ad alta definizione tramite il cavo HDMI incluso, mentre i 30 giochi preinstallati, tra cui figurano gli amatissimi Super Mario Bros., The Legend of Zelda, Metroid, Donkey Kong, PAC-MAN e Kirby’s Adventure, proveranno sia a far rivivere dolci ricordi assopiti dallo scorrere del tempo, sia incuriosire i giocatori di oggi. Nella confezione del Nintendo Classic Mini: Nintendo Entertainment System, A oltre al cavo HDMI, troverà posto la console, un cavo USB per alimentarla e un Nintendo Classis NES Controller, anch’esso adattato alle inedite dimensioni mini. I giocatori, ha specificato Nintendo, potranno collegare un secondo Mini Controller, venduto separatamente al prezzo di 10 €, o utilizzare magari un Controller Tradizionale o un Controller Pro per Wii. L’attacco di queste ultime periferiche è infatti lo stesso presente sulla nuova console e, volendo, si potrà anche utilizzare il mini pad del nuovo Nes per giocare su Wii e Wii U, dopo averlo ovviamente collegato al Telecomando Wii. Per rivivere le emozioni del passato o, magari, creane di nuove con il Nintendo Classic Mini: NES occorreranno circa 60€, mentre i trenta giochi pre installati (la nuova macchina da gioco non è compatibile ovviamente con le vecchie cartucce) offriranno di fatto la possibilità di riscoprire i vecchi capolavori del passa- GAMING Microsoft ha annunciato un nuovo bundle: Xbox One S e Gears of War 4. Prezzo 449$ Xbox One S, svelato il bundle con Gears of War 4 Stile decisamente sopra le righe per la Xbox One S in edizione limitata: rosso sangue! I di Francesco FIORILLO n concomitanza con l’uscita dell’atteso quarto capitolo della saga di Gears of War 4, lo ricordiamo atteso per il prossimo 7 ottobre, Microsoft distribuirà nei negozi di tutto il globo una versione speciale della sua nuova console. Il bundle a tiratura limitata consentirà di avere, in cambio di 449 dollari (che in Europa si tramuteranno quasi certamente in 449€), una Xbox One Slim da 2TB in tinta “rosso sangue”, una copia digitale del gioco in versione Ultimate Edition (compatibile dunque con le funzionalità Play Anywhere e comprensiva del season pass), lo stand per posizionamento in verticale e un controller sempre in tema Gears of War. Oltre a tale particolare edizione per collezionisti, caratterizzata tra l’altro da diverse serigrafie legate allo sparattutto di The Colaition, il prossimo ottobre i fan della serie potranno mettere le torna al sommario mani anche su un secondo controller speciale, ispirato questa volta al design dell’armatura indossata dal protagonista J.D. Fenix. Il prezzo di quest’ultimo è fissato sui 74,99$, mentre il filmato pubblicato dal colosso di Redmond ci permettere di ammirare ogni piccolo dettaglio sia della nuova Xbox One S, sia del controller grigio-blu. to. Nintendo NES Mini Classic si limiterà a includere trenta giochi e non offrirà la possibilità di scaricarne altri, neppure tramite il servizio di Virtual Console presente su Wii U e Nintendo 3DS. La console, inoltre, non presenterà ingressi per schede SD o altri supporti e non potrà neppure essere connessa alla rete. Di seguito i giochi racchiusi nel case retrò di quest’ultima trovata della grande N.o. Balloon Fight, BUBBLE BOBBLE, Castlevania, Castlevania II: Simon’s Quest, Donkey Kong, Donkey Kong Jr, DOUBLE DRAGON II: THE REVENGE, Dr. Mario, Excitebike, FINAL FANTASY, Galaga, GHOSTS‘N GOBLINS, GRADIUS, Ice Climber, Kid Icarus, Kirby’s Adventure, Mario Bros, MEGA MAN 2, Metroid, NINJA GAIDEN, PAC-MAN, PunchOut!!Featuring Mr. Dream, StarTropics, SUPER C, Super Mario Bros, Super Mario Bros 2, Super Mario Bros 3, Tecmo Bowl, The Legend of Zelda, Zelda II: The Adventure of Link GAMING Xbox One S Nei negozi il 2 agosto Esposta per la prima volta sotto le calde luci della ribalta in occasione della conferenza Microsoft pre-E3 2016, Xbox One S ha una nuova data d’uscita. Prevista inizialmente per il 31 agosto, la bianca console, che lo ricordiamo potrà contare su dimensioni ridotte del 40% e sulla possibilità di riprodurre video in 4K (compresi i Blu-ray Ultra HD), apparirà sugli scaffali dei negozi di tutto il mondo (Italia compresa) il prossimo 2 agosto. Quasi con un mese di anticipo. Come già precedentemente annunciato dalla stessa Microsoft, in tale data sarà disponibile esclusivamente la versione da 2TB, commercializzata ad un prezzo di 399€. I modelli da 500GB e 1TB, venduti rispettivamente a 299€ e 349€, non hanno invece una data di uscita. Almeno per il momento. n.138 / 16 25 LUGLIO 2016 MAGAZINE PC Per guardare i contenuti di Netflix sul PC a 1080p bisogna utilizzare il web browser di Microsoft Netflix: 1080p su PC solo con Microsoft Edge La riproduzione con tutti gli altri browser, Opera Chrome e anche Firefox, si ferma a 720p F di Francesco FIORILLO in dai giorni successivi al lancio di Edge, la società statunitense si è impegnata molto per far si che il suo neonato web browser giocasse ad armi pari con i dominatori della scena, Chrome e Firefox in testa, avviando così una guerra a colpi di proclami, annunci e app esclusive, che ha comunque portato il colosso di Redmond a spendere ingenti risorse. Giusto la scorsa settimana, tramite una nota ufficiale, Microsoft ha annunciato ad esempio che fra i grandi web browser, che comprendono Chrome, Firefox e Opera, solo Edge è in grado di offrire una risoluzione di 1080p durante la riproduzione dei contenuti di Netflix. Il portale PCWorld ha provato quest’oggi a constatare la veridicità di tale affermazione, testando proprio Da Seagate l’hard disk da 10TB Seagate ha annunciato la nuova serie di hard disk Guardian, composta da tre famiglie destinate a diversi segmenti di mercato. La prima, BarraCuda Pro, è stata pensata per l’utente consumer, la IronWolf è invece destinata ai NAS, mentre la SkyHawk è stata progettata per i sistemi di videosorveglianza. Al top della gamma troviamo versioni con capacità fino a 10TB, con una rotazione dei dischi di 7200RPM. In particolare BarraCuda Pro integra 256MB di cache su tutti i modelli da 6, 8 e 10TB, con garanzia di 5 anni, interfaccia (Sata 6Gbps) e transfer rate massimo fino a 220 MByte al secondo. Per quanto riguarda i prezzi negli Stati Uniti, il Seagate BarraCuda Pro da 10TB viene venduto a 535 dollari, mentre IronWolf e SkyHawk rispettivamente a 470 e 460 dollari. torna al sommario il flusso video del noto servizio di streaming online on demand.I risultati hanno dimostrato in effetti che solo utilizzando Edge si può ottenere una risoluzione di 1920x1080, mentre i restanti browser si sono fermati ai canonici 720p. Microsoft è poi intervenuta di nuovo sulla faccenda, annunciando di essere impegnata attualmente nello sviluppo di codec e formati specifici per la nuova generazione di media, in modo da garantire la diffusione dei video UltraHD. Nuovo record Samsung per gli SSD Arriva il disco da 4TB Finalmente il limite di capacità degli SSD diventa un ricordo legato al passato Samsung rilascia infatti un nuovo taglio del modello EVO 850, l’unità SATA da 2,5” da ben 4TB Il prezzo è proibitivo ma la strada ormai è spianata di Franco AQUINI APP WORLD Plex: stessa esperienza su tutti i dispositivi Plex rinnova l’app per Windows 10 I di Franco AQUINI l noto server multimediale Plex scrive un nuovo capitolo della sua storia: sul Windows Store è disponibile l’attesa Universal App per desktop, che sostituisce la vecchia applicazione realizzata per Windows 8. Con la nuova app, sfogliare il catalogo di contenuti multimediale sarà più semplice su tutti i dispositivi, poichè il concetto stesso di Universal App consiste nel garantire la stessa esperienza utente sia su desktop, che su smartphone e tablet. Il condizionale è d’obbligo, perché la versione mobile, per ora, non è ancora disponibile. La nuova app di Plex sfrutterà inoltre le caratteristiche di Windows 10, come Cortana e Continuum. Con la prima sarà possibile interagire con l’app tramite comandi vocali. Continuum invece permetterà agli smartphone, collegati tramite docking station a un monitor esterno, di visualizzare un’interfaccia molto simile a quella desktop. I dischi SSD sono la manna dal cielo per qualsiasi computer, il solo lato negativo è la capacità di memorizzazione, almeno fino ad oggi. Samsung introduce un nuovo taglio da 4 TB dell’850 EVO, ovvero il modello SATA da 2,5 pollici, quello più utilizzato in assoluto per rimpiazzare i dischi meccanici su notebook e desktop. È quindi chiusa l’epoca in cui bisognava scegliere tra capacità o prestazioni? Quasi, perché la capacità ora c’è, a patto di avere anche un portafogli abbastanza capace. Il prezzo per questa unità da 4 TB è di 1500$, il che la rende appetibile solo a una ristretta schiera di fanatici o tecno maniaci. Tuttavia è un buon segnale, perché l’introduzione di questo modello spingerà al ribasso i tagli più piccoli (esiste anche un taglio da 2 TB a 700$) e perché dimostra che i limiti tecnologici sono ormai ampiamente superati. n.138 / 16 25 LUGLIO 2016 MAGAZINE AUTOMOTIVE Al momento, non si hanno informazioni certe da parte dell’azienda sul lancio sul mercato di queste tecnologie Reportage dai laboratori di Jaguar Land Rover Tutte le tecnologie per l’automobile del futuro Jaguar Land Rover ha in cantiere un’infinità di tecnologie dedicate alla futura auto (anche fuoristrada) a guida autonoma La redazione di DDay.it è andata in Inghilterra a scoprirle e possiamo tranquillamente dire che la ricerca è a buon punto di Emanuele VILLA S iamo a Gaydon, in Inghilterra, sede del centro ricerca e sviluppo di Jaguar Land Rover. L’idea non è tanto quella di approfondire i contenuti tecnologici delle vetture del gruppo inglese, ma di andare avanti nel tempo e parlare di future technology, di guida autonoma anche in classe offroad e di tutte le tecnologie che nei prossimi anni renderanno le nostre auto sempre più smart e connesse. Non che non lo siano già, tra app che aprono e chiudono le portiere e mettono in sicurezza la macchina con un tocco dello schermo, tag RFID che aprono il bagagliaio, controllo a distanza e sistemi di infotainment super evoluti, ma qui andiamo molto oltre e parliamo di convogli connessi, sistemi a ultrasuoni di predizione (non solo di riconoscimento) del terreno, rilevamento automatico degli ostacoli, assistenza alla guida, videocamere 3D che mappano in tempo reale il terreno e soluzioni di sicurezza avanzata. Dal canto nostro, abbiamo avuto modo di provare sul campo tutte queste tecnologie e possiamo testimoniare non solo la grande attività dell’azienda sul fronte hi-tech, ma anche il fatto che alcune di queste tecnologie saranno davvero in grado di cambiarci la vita. Quando? Ecco, questo è il punto dolente: nessuno degli ingegneri e dei tecnici consultati è stato in grado di fornirci una previsione accurata di lancio sul mercato, ma la certezza è che tra qualche anno i modelli attuali sembreranno lontani progenitori. reno, ostacoli, modalità di marcia ecc), Land Rover ha senza dubbio l’esperienza giusta per giungere a un risultato brillante. Ma c’è una precisazione da fare: Jaguar Land Rover crede fortemente nelle tecnologie di guida autonoma e semi-autonoma ma non ha nessuna intenzione di realizzare un’auto driver less, ovvero totalmente senza pilota. Vuoi per una questione di piacere di guida o perchè un’auto senza pilota richiede interventi normativi molto complessi e un’attenta gestione del capitolo responsabilità, il concetto emerso è che le auto dei due marchi non saranno mai driver less ma metteranno a disposizione del pilota un arsenale di tecnologie pensate per rendere la guida più rilassante, efficiente e sicura. Sempre con le mani sul volante. Guida autonoma sì ma il pilota non si tocca Rischio tamponamento annullato con C-ACC Il primo tema affrontato dai dirigenti Jaguar Land Rover è relativo alle auto a guida autonoma. L’azienda ci crede al punto da dedicare alla futura auto a guida autonoma la stragrande maggioranza delle tecnologie su cui sta lavorando, anche - e soprattutto - in ambito fuoristrada. Pur essendo consapevoli delle enormi difficoltà nel far sposare concetti come guida autonoma e offroad (basti pensare alle variabili di ter- Ai non addetti ai lavori, il nome potrebbe risultare inquietante: la tecnologia si chiama C-ACC, acronimo di Co-Operative Adaptive Cruise Control ed è un sistema avanzato di comunicazione V2I (Vehicle to Infrastructure) e V2V (Vehicle to Vehicle) capace di offrire significativi benefici sulla sicurezza di guida. Tutti conoscono il Cruise Control e la sua variante Adaptive, che regola la velocità di crociera sulla base di quella del veicolo (o dei veicoli) che precede la vettura, ma trattandosi di una tecnologia basata su radar, la distanza da tenere tra le due vetture è piuttosto ampia perchè i tempi di reazione non sono istantanei nè in frenata nè in accelerazione. In questo caso il Gap tra i veicoli è di appena 6 metri. La tecnologia è appunto nata per accorciare fortemente le distanze rispetto all’ACC classico. La tecnologia in fase di studio nei laboratori JLR aggiunge all’adaptive Cruise Control una comunicazione wireless diretta (DSRC, Dedicated Short Range Communication) tra i veicoli, di modo tale che l’intervento da porre in essere sia estremamente rapido ed efficiente. L’abbiamo provato, il risultato è notevole: le due vetture possono tenere una distanza (regolabile tramite interventi software) nell’ambito della ventina di metri, ma soprattutto possono muoversi a velocità sostenuta; gli interventi - anche bruschi - sui freni della vettura che precede sono replicati in millisecondi di distanza da quella che segue, con un effetto di reale sicurezza aggiunta. Certo, l’impressione iniziale è quella di un vero e proprio atto di fede, specie quando le due vetture viaggiano a 20 metri di distanza e 80 Km/h di velocità, ma (pur in condizioni di test, su una pista deserta e in rettilineo) possiamo testimoniarne un funzionamento promettente. Piuttosto, abbiamo domandato all’ingegnere JLR se si tratti di una tecnologia proprietaria e che come tale potrebbe avere limitate applicazioni (modelli dello stesso marchio e licenze connesse) ma fortunatamente apprendiamo che si tratta di una piattaforma sulla quale l’azienda sta lavorando di concerto con altre aziende del settore tech ed automotive, cosa che la renderà presto uno standard. Presto quanto? Anche qui, nessuno si sbilancia. segue a pagina 20 torna al sommario n.138 / 16 25 LUGLIO 2016 MAGAZINE AUTOMOTIVE Reportage Land Rover segue Da pagina 19 te i risultati migliori si otterranno quando entrambe le tecnologie, quella basata sugli ultrasuoni e il mapping 3D del terreno saranno integrate nel medesimo sistema di bordo: in questo modo, infatti, il fuoristrada a guida autonoma potrà prevedere un cambio di terreno e contestualmente la presenza di un ostacolo, regolando in autonomia modalità di guida e velocità di approccio all’ostacolo. Clicca qui per il video. Fuoristrada, ora il convoglio è connesso Una delle novità più interessanti per chi ama il fuoristrada è la tecnologia Off-Road Connected Convoy, una primizia assoluta in questo campo e una delle poche nuove tecnologie a non essere dedicata espressamente a un futuro autonomo. Qui il concetto è diverso: in una situazione di fuoristrada impegnativo, dove le auto procedono in convoglio, chi apre la fila deve essere il pilota migliore e con più esperienza; chi segue, deve poter recepire informazioni in tempo reale per procedere in modo sicuro e spedito. Anche se il suo livello di esperienza e abilità è inferiore. In tutte le auto del convoglio viene installato un tablet (poi sarà tutto integrato nell’infotainment) che indica la posizione delle auto dello stesso via GPS e un’infinità di altre informazioni derivanti dalla marcia del capofila: in pratica se questo si ferma, incontra un ostacolo, cambia le impostazioni della modalità di guida ecc, tutto il convoglio viene allertato e invitato ad agire di conseguenza per non avere sorprese. Ma la tecnologia potrebbe servire anche a scopi turistici, magari per segnalare alle auto del convoglio il luogo migliore per scattare delle fotografie, fermarsi e scendere ad ammirare la natura e via dicendo. Il sistema wireless basato su tecnologia DSRC (Dedicated Short Range Communications) offre un link diretto tra le auto fino a 1 Km di distanza, più che sufficiente in queste condizioni di utilizzo e per lo scopo della tecnologia stessa. Gli ingegneri JLR ci hanno comunicato che è già allo studio lo step successivo, che consentirà al capofila di modificare (previo consenso delle auto del convoglio) le impostazioni di guida delle altre vetture. Così anche i meno esperti potranno avventurarsi in situazioni che normalmente richiederebbero un bel po’ di pratica con tutta la tranquillità di avere un istruttore esperto sempre con sé. Clicca qui per il video. Previsione del tipo di terreno grazie a ultrasuoni e 3D mapping Una delle tecnologie che abbiamo potuto approfondire con gli ingegneri JLR si chiama Surface ID ed è indirizzata alla realizzazione del primo fuoristrada a guida autonoma. Le tecnologie attuali consentono di rilevare e modificare l’assetto e la modalità di guida torna al sommario Occhio ai lavori stradali sulla base del tipo di terreno, ma nessuna si spinge al punto di prevedere un cambio di terreno 5 metri prima che la vettura ci salga sopra. Ci siamo fatti spiegare il funzionamento, che si basa su un sensore a ultrasuoni posizionato sul parafanghi anteriore (poi ovviamente verrà integrato per risultare trasparente alla vista): i tipi di terreno, come asfalto, ghiaia, sabbia, erba ecc, rispondono in maniera molto diversa agli ultrasuoni, e in questo modo l’auto è in grado di gestire la modalità di guida sulla base della lettura dei sensori. Il problema qui sono i dati: gli ingegneri ci comunicano di non avere alcuna intenzione di limitare la lettura a macrocategorie come quelle citate ma vogliono affinare enormemente la sensibilità del sistema e per questo stanno percorrendo in lungo e in largo svariati tipi di terreno per acquisire informazioni che saranno indispensabili per i futuri modelli commerciali. È un po’ come fa Google, in pratica, ma per scopi molto diversi. Clicca qui per il video. Questa tecnologia verrà poi integrata con un’altra, che JLR chiama Terrein Based Speed Adaptation, per ottenere i migliori risultati nella guida autonoma. Quest’ultima, che abbiamo avuto il piacere di provare, non si basa sugli ultrasuoni ma su due videocamere 3D capaci di mappare l’ambiente fino a 30 metri di fronte ad esso e di coordinare i risultati con i dati degli accelerometri, sterzo, altezza di marcia e sensori di parcheggio; nonostante non sia in grado di prevedere cambi di terreno, potrà visualizzare modifiche brusche di pendenza, restringimenti, eventuali terreni sconnessi, buche e via dicendo, regolando in maniera autonoma e proattiva la velocità. Ovviamen- All’interno del centro di ricerca e sviluppo di Gaydon, le tecnologie che Jaguar Land Rover sta sviluppando e che vedranno la luce nel prossimo futuro sono moltissime. In questo servizio ci siamo soffermati su quelle che abbiamo ritenuto più interessanti, molte delle quali sono indirizzate alla futura realizzazione dell’auto e del fuoristrada a guida autonoma. Ma oltre i grandi pilastri tecnologici come il Connected Convoy e il riconoscimento/adattamento al tipo di terreno, ci sono tante altre tecnologie in fase di lavorazione: parliamo per esempio del Safe Pullaway, che impedisce al conducente di accelerare da fermo quando la distanza dall’auto che precede è troppo ristretta e di effettuare manovre di sorpasso (sempre da fermo) quando non c’è spazio a sufficienza per effettuarle, ma anche dell’Overhead Clearing Assist, che calcola autonomamente l’altezza di una barriera (ma anche di un ramo, nel caso di attività fuoristrada) per accertarsi che l’auto ci passi senza problemi. Certo, ne abbiamo sempre fatto a meno, ma che dire del caso in cui si debbano portare delle biciclette sul tetto? L’altezza dell’auto va impostata a mano, dopo di che il calcolo di quella dell’ostacolo è gestita in autonomia dall’auto. Classica barriera all’ingresso di un parcheggio. L’auto ci comunica che la sua altezza è di 1.8 metri, ma l’auto (con le bici sul tetto) è a 2.6 metri. Frenare! Last but not least, direbbero gli anglofoni, ci vogliamo soffermare su Roadwork assist, pensata per facilitare la guida attraverso una congestionata situazione di lavori stradali e tassello importante del concetto di auto a guida autonoma secondo Jaguar Land Rover. Quando ci si trova in una situazione di lavori stradali, con i classici restringimenti di corsia, roadwork assist riconosce grazie al 3D mapping e a un sofisticato software di riconoscimento delle immagini, gli elementi di segnalazione (tipicamente, i coni stradali e le transenne) e guida l’auto al centro della corsia. Il sistema è pensato per essere perennemente in stato d’allerta: l’intervento è segnalato con un’icona sul cruscotto e si percepisce una lieve assistenza allo sterzo per mantenere la vettura al centro del passaggio. Il sistema funziona, ma anche qui non è ammesso distrarsi: il sistema facilita l’inserimento in stretti corridoi applicando una forza contraria ai movimenti che ritiene sbagliati, ma non fa tutto da sola. n.138 / 16 25 LUGLIO 2016 MAGAZINE AUTOMOTIVE L’autonomia passa a 183 km reali, oppure quasi 300 in stile di guida urbano 300 km per la nuova batteria per BMW i3 Come era nei piani, BMW ha presentato la versione aggiornata della sua auto elettrica i3 Chi ha acquistato la vecchia versione potrà installare la nuova batteria da 33 kWh e 300 km di Massimilano ZOCCHI onsiderando il progetto sotto tutti i punti di vista, probabilmente la BMW i3 è una delle migliori auto elettriche in circolazione, grazie a design appositamente studiato, l’uso del carbonio nel telaio, plastica riciclata, e interni all’avanguardia. Ha sempre sofferto però come molte altre auto 100% “agli elettroni” di una autonomia che la relega ad auto urbana o poco più, ovvero poco meno di 200 km (oppure 130 km nel severo standard EPA). Ora BMW, come più volte annunciato ha lanciato la nuova versione 2017, con una batteria che passa dai vecchi 21.6 kWh a 33.2 kWh, il che porta l’autonomia a 183 km reali, oppure quasi 300 in stile di guida urbano. La notizia però che farà felici coloro i quali sono già proprietari della compatta elettrica è che BMW, come deciso fin dalla creazione del progetto, ha previsto la possibilità per i vecchi clienti di passare al nuovo pacco batte- C ria. Così, chi lo desidera può restituire la batteria meno performante e farsi installare quella nuova, al costo di 7.000 euro. Il pacco batterie rimosso verrà riutilizzato per creare storage di rete. Al momento questa possibilità è confermata solo per la Germania e il Regno Unito, ma è ragionevole pensare che come in passato la prassi sarà la stessa in tutti i mercati principali europei. Anco- ra in forse invece gli Stati Uniti. La nuova batteria è grande quanto la vecchia, ma ha una densità energetica di circa il 50% in più, con le celle che passano da 60 Ah a 94 Ah, mantenendo però quasi lo stesso peso. Chi opterà per l’acquisto direttamente del modello 2017 sarà lieto di sapere che ha un listino quasi invariato, con solo 1200 euro in più, cioè 36.150 euro. AUTOMOTIVE Secondo Master Plan di Tesla, il precedente era stato pubblicato dieci anni fa Pick-up, SUV, autobus e car sharing nei piani di Tesla Nei piani ci sono anche mezzi di trasporto merci, urbani e lo sviluppo di tecnologie solari di Giulio MINOTTI opo 10 anni dal primo Master Plan, articolo/manifesto pubblicato nel 2006, Elon Musk individua le prossime evoluzioni dell’attività di Tesla riassumendole in alcuni elementi principali. Dopo l’annuncio della fusione tra Tesla Motors e SolarCity (azienda che opera nei sistemi fotovoltaici) l’obiettivo è creare ora un’unica piattaforma con pannelli solari e batterie delle due compagnie gestibili facilmente anche tramite l’app dello smartphone, in grado ovviamente di alimentare abitazioni ed auto elettriche. Si passa poi ai piani di sviluppo dei prossimi modelli; Tesla lancerà un nuovo tipo di pick-up ed un SUV compatto, ma non ci sarà un’auto più economica della Model 3. Inoltre l’azienda americana presenterà il prossimo anno un veicolo pesante da lavoro ed un mezzo per i trasporti urbani. Autobus che con l’avvento della guida autonoma, sarà più piccolo, D torna al sommario versatile e con migliori spazi interni. Nel suo Master Plan, Elon Musk ha sottolineato anche l’importanza di incrementare rapidamente i volumi produttivi, sviluppando nuovi macchinari sempre più evoluti. Il terzo punto del manifesto è, invece, dedicato ai sistemi di guida autonoma, che diventeranno più sicuri, a prova d’errore o malfunzionamento. L’evoluzione del software dell’Autopilot richiederà tempo ed Elon Musk, sottolineando come questo sia ancora in beta ha anche affermato ” una volta arrivati al punto in cui l’Autopilot sarà circa 10 volte più sicuro rispetto alla media dei veicoli degli Stati Uniti, la denominazione beta verrà rimossa”. Infine viene introdotto il capitolo “Sharing”; l’arrivo della guida completamente autonoma consentirà ai clienti di inserire le proprie Tesla all’interno di una flotta tramite la pressione di un semplice pulsante sullo smartphone; auto che potrà essere, quindi, messa a disposizione di altri utenti. I proprietari di Tesla guadagneranno del denaro dalla condivisione della propria auto che diventerà, quindi, accessibile anche a chi oggi non può permettersela. Inoltre nelle città dove la domanda supererà l’offerta di macchine di proprietà, Tesla opererà con una propria flotta. VolksWagen vuole la sua Gigafactory Magari in Cina Il gruppo tedesco ha annunciato che entro il 2025 intende vendere fino a 3 milioni di vetture plug-in e elettriche, ma per far ciò non basteranno le batterie dei partner Spunta l’idea di una “Gigafactory” proprietaria e il posto giusto per costruirla sembra la Cina di Massimiliano ZOCCHI VolksWagen ha dichiarato un nuovo corso che punta fortissimo alla mobilità sostenibile. Entro il 2025, coinvolgendo i marchi controllati dal gruppo, sono previsti fino a 30 modelli completamente elettrici, oltre a varie versioni ibride e plug-in. La stima di portare su strada fino a 3 milioni di vetture elettrificate porta a un altro problema: come reperire la grande quantità di batterie necessarie? Fonti vicine al management tedesco hanno raccontato ad Automotive News che l’idea di una mega fabbrica proprietaria, in stile Tesla Gigafactory, è tutt’altro che lontana. La capacità produttiva odierna è stimata in 27 GWh, per l’intera industria di settore. VW calcola che avrà bisogno da sola di oltre 150 GWh di batterie al litio. Secondo la fonte sarebbe l’equivalente di circa 10 fabbriche, con un investimento da 2 miliardi di euro ognuna. E come per molti altri settori, la Cina è estremamente attraente come possibile candidata ad accogliere questo progetto. n.138 / 16 25 LUGLIO 2016 MAGAZINE GADGET Bastano poche decine di dollari (o di euro) per portarsi a casa un Raspberry Pi, il PC in miniatura per antonomasia Un Raspberry Pi e fantasia: ecco i 10 progetti più folli Ciò che si può realizzare è davvero senza limiti: autoradio, photobooth, smartphone, audiolibri... l’unico limite è la fantasia di Francesco TUCCI rrivato ormai alla sua terza generazione, il Raspberry Pi è un prodotto geniale: rispetto ad Arduino, molto più semplice nella sua essenza, ha a bordo una distribuzione (solitamente Linux based) che può interagire anche con i vari connettori di ingresso e uscita disponibili sulla board, connettori che con una serie di librerie possono quindi gestire motori, sensori, fotocamere e ogni tipo di device di input e di output. Dal lancio di questa scheda la fantasia dei makers è stata liberata e sono usciti progetti interessanti, divertenti e anche molto strani o pazzi. Ecco una carrellata dei più particolari che ci sono capitati tra le mani. A Il telefono Fischer-Price Prendere il classico telefono di plastica della FischerPrice, e con un’operazione a “cuore aperto” agGrant’s talking smartphone giungere un Raspberry con la WiFi, una cassa amplificata e un servo per far muovere gli occhi. Ed ecco che si ottiene uno smartphone di plastica, con le ruote e gli occhi mobili che in base a come si gira il disco del selettore può avviare interazioni con twitter e API di ogni genere, come le azioni o il meteo. Il tutto è integrato con Ptyhon e IFTTT, l’immancabile servizio causa-effetto su Internet. Molto più di una classica autoradio Stanchi della solita autoradio limitata nelle funzioni e assolutamente non espandibile? Un Raspberry, un display LCD touch e un hotspot WiFi e la vostra auto non sarà più la stessa. La difficoltà non è proprio banale, ci va anche un po’ di conoscenza di elettronica e di saldatura per aggiungere i moduli e i pomelli che ruotano (che autoradio è se non ha almeno un pomello che ruota?). Il risultato, però, può essere brillante: tra le sue possibili funzionalità troviamo il supporto per la stragrande maggioranza dei formati audio/video esistenti, svariate app come gmail, Facebook, YouTube e altre, Radio FM, supporto per la camera retrovisore, navigazione offline e via dicendo. Insomma, un sistema di gestione di bordo di ultimissima generazione. Gli occhiali smart ma non di Google Google ha montato su un hype non da poco, per anni, per poi dire quasi addio al progetto. Stiamo parlando dei Google Glass, gli occhiali del futuro che purtroppo non hanno neanche più un passato. Partendo da queste basi abbiamo trovato un progetto per poterseli fare per conto proprio, un po’ di di inventiva e di fantasia ed ecco un paio di occhiali connessi, con tanto di localizzazione GPS integrata. L’idea del progetto è geniale e prevede torna al sommario una serie di funzionalità non da poco, come la visione notturna aiutata da LED infrarossi, il comando vocale e l’interfacciamento con lo smartphone. Il costo è irrisorio, ma per farselo ci vuole un bel po’ di pazienza... Dar da mangiare al cane con un’email Ricordate il primo Ritorno al Futuro, quando Marty entra in casa di Doc e c’è il sistema che Raspberry Pi webcam cane apre la scatoletta del cibo per cani e lo versa in una ciotola già stracolma? Questo progetto ci assomiglia, ma è più avanzato, presuppone che ci si possa produrre la confezione fresata da un macchinario CNC (ci sono i disegni CAD già pronti), ma perché non pensare a una stampa in 3D? Il dispositivo è pensato per nutrire il nostro amico a quattro zampe quando siamo fuori casa, magari durante la giornata lavorativa. Ogni qual volta si invia un’email al dispositivo, questo risponde fornendo dei dolcetti al cane e fotografandolo mentre si nutre, così da fornire al padrone la prova del lavoro ultimato. Un lettore di audiolibri mono-pulsante La tecnologia può essere ostica a chi non è molto avvezzo a queste nuove cose. Con questo sistema si può creare un lettore di audiolibri con tutte le funzionalità del caso, comandate da un unico bottone. Nessuna interfaccia complicata, nessun display difficile da capire, una pressione avvia la lettura, un’altra la mette in pausa, una pressione più lunga torna indietro: magari non sarà la cosa più semplice da realizzare, ma usarlo è un gioco da ragazzi. Mantiene il segno e supporta un’infinità di formati audio. Una reflex ultra-smart Prendere un battery pack di una reflex, tenerne solo l’involucro e metterci dentro un rasberry. Il tutto per ottenere una reflex molto più smart di quello che ci si possa immaginare. Il rasberry può provvedere alla connessione della reflex con l’esterno in modo da ottenere funzioni sempre interessanti, come un intervallometro, il download istantaneo delle foto scattate su un PC esterno, comando remoto da qualunque dispositivo, Wi-Fi, un secondo display USB e via dicendo. Il Kindle come monitor del raspberry Un vecchio Kindle (quello con la tastiera) può essere trasformato in un efficiente display per il nostro Raspberry Pi, consuma meno di un monitor LCD e se quanto scritto non cambia, lui non consuma energia. Attenzione che la garanzia viene persa e c’è la possibilità di bloccarlo in modo irreversibile, fatelo a vostro rischio e pericolo, ma potrebbe essere un’idea niente male. La macchina del caffè a comando vocale Un caffè, per favore. Ma non lo state dicendo al barista, lo dite alla vostra macchinetta del caffè che procederà a farvi il vostro caffè senza che si debba muovere un dito, tranne che per berlo. Rispetto a molti progetti presi in considerazione in questa rassegna, questo è un po’ più complesso, ma volete mettere la soddisfazione di realizzare la prima macchina del caffè “interattiva?” Giocare con il Codice Morse Il primo sistema di trasmissione remota può rivivere nel vostro Raspberry, ovviamente dovete sapere cos’è il Codice Morse e come si usa. Una guida sorprendentemente dettagliata vi spiega riga per riga tutte le funzioni del programma in Phyton, un ottimo spunto per imparare questo fantastico linguaggio di programmazione. Polaroid su carta termica Un Rasberry Pi, la videocamera (RPi camera module) e una stampante termica. Tutto sapientemente inserito dentro una scatola a forma di Polaroid, che molti assoceranno alla loro infanzia. Più che un progetto da seguire, è una bella idea da cui partire per imparare a far dialogare questi tre dispositivi. n.138 / 16 25 LUGLIO 2016 MAGAZINE TEST A settembre arriveranno i nuovi TV OLED LG: abbiamo provato il G6 Signature, anche se (per ora) non arriverà in Italia In prova l’OLED Signature G6: il TV gioiello di LG Il modello G6 Signature è un TV da sogno nel vero senso della parola: la qualità delle immagini ci ha lasciati a bocca aperta di Roberto PEZZALI n TV senza compromessi, un televisore di altissimo livello destinato a pochi fortunati che possono portarsi a casa la massima espressione di design, prestazioni e innovazione. Il nuovo OLED LG Signature, G6 per gli amanti delle sigle, è sicuramente uno dei TV più belli da vedere e tra i più avanzati dal punto di vista tecnologico mai realizzati. Superfluo parlare di prezzo: siamo davanti ad un prodotto premium, un lusso per pochi che ha spinto LG a scegliere, saggiamente, di tenere a catalogo solo il modello da 77” ad un listino che probabilmente si aggirerà intorno ai 20.000 euro. Il TV che abbiamo avuto per oltre un mese in redazione è un prodotto unico, un modello G6 da 65” che non arriverà (almeno per ora) in Italia ma che assomiglia molto al TV che invece vedremo a settembre nei negozi, il modello E6 (che proveremo comunque a breve): stesse funzioni, stessa elettronica, stesso pannello, cambia solo il design e la soundbar, che nel modello in prova può essere reclinata quando si attacca il TV al muro. Siamo davanti ad un TV “spettacolare” in tutti i sensi, sia da acceso che da spento: lo spessore di pochi millimetri spalmato su un 65” lascia senza parole e la qualità espressa pure. U Per chi cerca il top design… Sotto il profilo estetico c’è davvero poco da dire: LG ha realizzato un prodotto che, per finiture e materiali, giustifica senza alcun dubbio il prezzo a cui viene proposto. Il TV nel caso del G6 coincide praticamente con il pannello stesso, un foglio di pochi millimetri di spessore incollato su un substrato in vetro che aiuta a tenerlo perfettamente piatto. Il vetro è ovviamente temperato e infrangibile, ma è indubbio che, visto di profilo, l’impressione è di trovarci di fronte ad un prodotto tanto bello quanto comunque delicato. L’elemento caratterizzante di questo modello è la grossa soundbar che funziona anche da base: LG ha inserito all’interno tutta la parte elettronica, e il risultato è un piedistallo che non può essere in alcun modo rimosso neppure per attaccarlo a parete. La soluzione in ogni caso esiste, perché la base può essere reclinata all’indietro scomparendo quasi del tutto, e con i soli diffusori a vista. Le finiture come abbiamo detto sono di alto livello e anche il gioco di cerniere è decisamente robusto: quattro grosse viti tengono ancorato il pannello alla base in entrambe le posizioni, e l’unica accortezza per l’acquirente è selezionare in fase di installazione il tipo di posizionamento perché la resa audio verrà adeguata di conseguenza. La base flottante video lab LG OLED65G6V UN RIFERIMENTO ASSOLUTO PER LA QUALITÀ D’IMMAGINE Più LG mette a punto la sua tecnologia e più ci avviciniamo al nuovo riferimento assoluto per la qualità di immagine. Il nuovo modello di OLED LG è un ulteriore passo nella giusta direzione con immagini spesso semplicemente sbalorditive, specie quando il nero perfetto dell’OLED incontra l’HDR del Dolby Vision. In generale il nuovo LG è ancora più pulito, definito, mentre vengono via via limate le lievi imperfezioni sulle basse luci che avevamo rilevato nelle generazioni precedenti. C’è ancora forse qualche margine di miglioramento, ma possiamo dire con confidenza che siamo finalmente di fronte a una tecnologia matura e dalla qualità impareggiabile che ha se vogliamo un solo unico vero difetto: questa qualità costa ancora cara. 9.3 Qualità 10 Longevità 9 Qualità d’immagine eccezionale COSA CI PIACE Design mozzafiato ultra slim WebOS ricco di app e veloce Design 9 Semplicità 9 COSA NON CI PIACE con sistema audio harman/kardon da 60 watt e 4.2 canali è il vero plus di questa versione signature, e questa volta non siamo di fronte al classico logo messo su un prodotto dopo aver sganciato qualche euro di royalty: harman ha lavorato attivamente al diffusore che dispone anche di un DSP per la calibrazione dell’ambiente che cattura i dati con il microfono del telecomando, da posizionare nel punto di ascolto. LG non ha avuto troppi problemi nel posizionare al meglio i connettori: grazie alla larga base aveva a disposizione circa un metro di spazio e lo ha sfruttato al meglio, con 4 porte HDMI 2.0, 3 porte USB una delle quali USB 3.0 e tutte le connessioni che servono. Unica nota il singolo slot per la CAM, su un TV di questo livello una doppia cam era preferibile per soddisfare l’esigenza italiana D-Factor Prezzo 8 10 Un solo slot per la CAM Il prezzo è elevato che prevede sia Premium sia Tivù Sat con due moduli di accesso condizionato separati. Il telecomando è una versione “Premium” di quello classico LG, giroscopio all’interno per muoversi nei menù di WebOS con la comoda freccia ma anche tasti tradizionali per aiutare nello zapping e nella regolazione delle opzioni più semplici coloro che sono ancorati alle tradizioni. Lo abbiamo trovato davvero comodo e ben fatto. … e per chi vuole la sostanza Il G6 utilizza l’ultima generazione di pannello OLED LG da 65”: la tecnologia è sempre quella del white OLED con filtri colore RGB, ma LG su questa ultima versione dovrebbe non solo aver corretto alcuni problemi di uniformità sulle bassissime luci ma anche aumentato leggermente la luminosità per poter raggiungere la certificazione Ultra HD Premium. Per l’HDR non ci sono segue a pagina 25 torna al sommario n.138 / 16 25 LUGLIO 2016 TEST MAGAZINE LG continua a sfornare una nuova generazione di TV OLED ogni anno che passa, andando a raffinare sempre più quella che è indubbiamente la tecnologia di riproduzione dell’immagine più interessante degli ultimi anni. I modelli dello scorso anno di OLED LG ci avevano sicuramente entusiasmato (a cominciare dall’introduzione dei primi modelli piatti), ma avevano ancora dei margini di miglioramento su cui LG è andata a lavorare in modo encomiabile, come testimonia il modello oggetto di questa prova. Questo nuovo 65 pollici presenta infatti un netto miglioramento rispetto al modello dello scorso anno prima di tutto sul fronte dell’uniformità. Sparisce infatti finalmente quella vignettatura che fino a oggi affliggeva in una certa misura gli OLED nelle scene meno luminose e migliora significativamente in generale l’uniformità complessiva. Sotto il 5% di grigio non è ancora perfetta, ma resta qualcosa di visibile unicamente in condizioni di test e non nella visione di normali contenuti. L’OLED è giustamente famoso per la sua capacità di riprodurre il nero perfetto, visto che i pixel si spengono completamente, ma si è scoperto più in difficoltà nel controllare livelli di luminosità appena sopra il nero. Ora LG sembra aver scoperto come intervenire su questo aspetto, tanto che nel menù delle impostazioni è anche spuntata una funzione apposita per “ricalibrare” il pannello e ottenere una migliore uniformità (anche se a dire il vero noi abbiamo visto cambiamenti impercettibili). Resta il fatto che eliminata la vignettatura, le scene più scure sono ancora più godibili, rivelando l’incredibile contrasto offerto dalla capacita dell’OLED nel riprodurre il nero perfetto. Di default LG ha impostato la luminosità in modo da chiudere leggermente sui livelli più bassi di grigio, tra l’1 e il 3% per intenderci, ma andando a ricalibrare questo parametro emerge la tendenza in alcune scene molto scure a non spegnere completamente i pixel sul nero, motivo per cui alla fine abbiamo preferito mantenere l’impostazione di default, con risultati comunque eccezionali e soprattutto un nero sempre perfetto, nonostante qualche chiusura più marcata delle ombre. Detto questo basta poco per accorgersi che l’OLED 2016 ha una marcia in più rispetto ai modelli dello scorso anno. Da una parte abbiamo una calibrazione di fabbrica (almeno impostando la modalità di immagine su ISF stanza scura) forse non perfetta, ma comunque molto vicina ai riferimenti, che regala immagini cromaticamente corrette anche per chi non ha tempo/voglia/risorse per effettuare una taratura più accurata. Dall’altra LG sembra aver lavorato principalmente su due aspetti: pulizia delle immagini e dinamica. Per quanto riguarda il primo punto, possiamo dire che l’immagine di questo OLED appare ancora più definita e compatta rispetto ai modelli dello scorso anno. Sparisce quel look forse leggermente granuloso della generazione precedente (intendiamoci, stiamo parlando di sfumature), con il risultato che le immagini appaiono quasi davvero dipinte sullo schermo, il tutto guardando questo 65 pollici a non più di 2 metri di distanza. Tutte le app sono raggruppate nella parte bassa: l’utente può modificare l’ordine e portare le app in primo piano Solo due porte HDMI supportano l’Ultra HD Deep Color, e questa opzione deve essere attivata da menù. TV LG OLED65G6V segue Da pagina 24 i 1000 e passa nits dei TV LCD, ma questo LG passa senza problemi i 500 nits e riesce a generare l’incredibile dinamica richiesta dall’HDR grazie al sul livello del nero inferiore a 0,0005 nits. Restando in tema di HDR siamo davanti anche a uno dei pochi TV compatibile con tutti gli standard, dall’Hybrid Log Gamma per le trasmissioni a HDR-10 e Dolby Vision, quest’ultimo godibile visualizzando i contenuti HDR 4K da Netflix. Una nota a parte la dedichiamo all’ultima versione di WebOS, il sistema operativo di LG ulteriormente migliorato rispetto alla versione dello scorso anno. WebOS 3.0 è veloce e decisamente facile da utilizzare, e come nel caso di Tizen l’aspetto più apprezzabile è che non “ruba” scena all’immagine restando in secondo piano, ben organizzato in una barra nella parte bassa gestibile dall’utente. Qui sono raggruppate tutte le applicazioni, anche se LG ha scelto di occupare la memoria interna di oltre 4 GB con poche app rispetto a quelle presenti sullo store. Tra le app disponibili nello store le più interessanti sono Infinity, Mediaset Premium Play, Spotify e Plex. Le app occupano pochissimo spazio, pochi Kb, essendo semplici client in linguaggio HTML5. Interessante il pannello di regolazione: tranne quando si attiva l’HDR, con il TV che carica un suo profilo, si possono modificare moltissimi parametri e per la regolazione dell’immagine il TV è in grado anche di generare i pattern internamente. L’interfaccia è ben fatta, ogni opzione è spiegata nel migliore dei modi. Solo due porte HDMI supportano l’Ultra HD Deep Color, e questa opzione deve essere attivata da menù. Chi ha un blu-ray Ultra HD deve sfruttare queste porte. Il primo comandamento di LG “Non avrai altro TV migliore di me” torna al sommario Ma più in generale è proprio l’impressione di pulizia e precisione che emerge maggiormente, specie nelle scene luminose. Rimane da migliorare a nostro avviso la precisione sulle ombre, dove il TV di LG continua a evidenziare eventuali artefatti di compressione in modo un po’ marcato, specie da sorgenti come Netflix dove la compressione è più spinta. Parlando di Netflix, è proprio con il Dolby Vision che questo TV rivela i passi in avanti fatti da LG sulla sua tecnologia. Marco Polo in Ultra HD e HDR è una vera e propria gioia per gli occhi (ottima la scelta di Netflix di scegliere questa serie come showcase della tecnologia): la bella fotografia sfrutta la maggiore gamma dinamica, non tanto per offrire un’immagine più brillante (che comunque lo è), bensì per lasciare respirare tutte le sfumature intermedie regalando una ricchezza di colori che sposta l’asticella dall’artificiale sempre più vicina al reale. Una ricchezza di sfumature che emerge tanto nelle scene più luminose che quelle più scure, mentre spicca su tutto la maggiore fedeltà nella riproduzione di oggetti metallici o gli elementi dorati dei bei costumi. Anche gli incarnati appaiono più realistici, ricchi di sfumature e “veri”. Se c’è un limite dell’HDR, almeno come visto in Marco Polo, è che forse alcune scene appaiono fin troppo reali e in grado di rivelare il fatto che ci stiamo trovando letteralmente di fronte a una rappresentazione in costume, tanto che a volte ci si aspetta prima o poi di vedere comparire la troupe al lavoro, quasi stessimo guardando il set attraverso una finestra. Per il resto c’è davvero poco da aggiungere: quando un TV si vede così bene è difficile trovare qualcosa da criticare, se non la già citata tendenza a mettere bene in mostra eventuali difetti presenti nel materiale di partenza. Una parola infine sull’audio. Questo modello si contraddistingue per la presenza della base che funge anche da soundbar. Pur non potendo offrire una gamma bassa corposa, come in un sistema con casse esterne e/o un subwoofer dedicato, la soundbar offre una risposta equilibrata e tutto sommato piacevole. Il TV integra persino un sistema di calibrazione automatico che effettua l’analisi della risposta acustica della stanza attraverso il microfono integrato nel telecomando, applicando così un’equalizzazione in modo da ottimizzare l’ascolto in base alla propria stanza. La resa è sicuramente interessante, ma non affiancare a un TV del genere un impianto dedicato è un delitto. n.138 / 16 25 LUGLIO 2016 MAGAZINE TEST Abbiamo provato il nuovissimo TV KS9000, top di gamma dell’attuale generazione di televisori SUHD Samsung Samsung KS9000: un TV più completo non c’è Un TV completissimo e per chi bada alla sostanza, con un design impeccabile e un’interfaccia veloce e immediata di Roberto PEZZALI amsung ha le idee chiare: “Questo è il TV”. Recita così lo spot della nuova serie K SUHD con la quale Samsung vuole confermare, anche quest’anno, di essere il numero uno e di meritarsi il posto che occupa. Il produttore coreano è assediato da più fronti: da una parte c’è Panasonic che racconta a tutti di aver prodotto il miglior LCD mai realizzato, dall’altra c’è l’acerrimo nemico, LG, che definisce l’LCD roba vecchia mostrando a tutti un meraviglioso OLED, e infine c’è Sony, che forte del suo brand ha una line-up completa e competitiva. Eravamo molto curiosi nel provare il nuovo TV di fascia alta Samsung, e se solitamente Samsung è uno dei primi produttori a lanciare i TV sul mercato quest’anno è arrivata un po’ lunga, appena in tempo per l’inizio degli europei. A rendere infatti più complessi i piani è il nuovo processo produttivo che ha accompagnato il debutto della serie KS, una costruzione a incastro senza viti visibili sul pannello posteriore che racconta come Samsung abbia davvero curato ogni dettaglio. Una banalità per alcuni, ma il messaggio “Questo è il TV”, come potrete leggere alla fine della prova, calza a pennello per un televisore davvero completo. Samsung non è solo estetica, sebbene il design sia uno degli elementi fondamentali del messaggio che Samsung manda ai consumatori: pannello a 10 bit veri, Ultra HD, luminosità di picco di 1000 nits, HDR, copertura del 90% dello spazio colore DCI-P3 e interfaccia smart di ultima generazione basata su Tizen sono un ottimo biglietto da visita. S Elegante, raffinato e curato nei dettagli Inutile girarci attorno: sarà colpa delle mogli, sarà perché l’occhio vuole la sua parte, ma il design è ancora oggi uno dei motivi di vendita di un TV. Samsung ha costruito la sua fortuna soprattutto sul design, è stata la prima a lanciare un TV super sottile da appendere come un quadro ed è stata anche la prima ad eliminare le pesanti cornici dei TV favorendo l’acquisto di TV più grandi capaci però di occupare lo stesso spazio. Non tutte le rivoluzioni sono state apprezzate dal pubblico, e ci riferiamo ovviamente allo schermo curvo, ma è indubbio che Samsung sia stata l’azienda che negli ultimi anni ha contribuito maggiormente allo sviluppo del design dei TV. Il KS9000 riesce ulteriormente a migliorare un design già vincente: l’angolo di curvatura sembra essere leggermente meno accentuato di quello del scorso anno, tanto che il modello da 55” sembra quasi piatto, e la torna al sommario video lab Samsung UE55KS9000 2.499,00 € UN TV CHE GUARDA PIÙ AL PRESENTE CHE AL FUTURO Siamo davanti al miglior TV sul mercato per qualità video? Probabilmente no, sono prodotti che obiettivamente hanno qualcosina in più, ma sono anche posizionati diversamente di prezzo. L’HDR patisce la tecnologia Edge LED, soprattutto in questo caso dove i LED sono posizionati solo sotto, ma dobbiamo ricordare che Samsung ha in gamma un KS9500 che con la sua illuminazione Full LED sembra fatto apposta per dare il massimo sotto questo punto di vista. Eppure questo Samsung ci è piaciuto, e anche tanto, perché è un prodotto incredibilmente completo che guarda soprattutto al presente. La qualità video è ottima con la TV e con i segnali HD, quindi con il 99% di quello che oggi il mondo offre, ha un pannello privo dei classici difetti di molti altri TV posizionati sulla stessa fascia, un ottimo nero e un processore d’immagine che fa miracoli con l’upscaling. L’interfaccia Smart TV è la migliore che ci sia capitata di usare, per velocità, completezza e facilità d’uso, design e qualità costruttiva sono portati davvero ai massimi livelli. Il KS9000 non sarà la prima scelta per chi cerca il massimo a livello qualitativo e si è comprato un blu-day Ultra HD, ma per la maggior parte delle persone che cerca un TV top è uno dei migliori prodotti che si possano trovare. 8.8 Qualità 9 Longevità 9 Design 9 Ottima qualità video con SD e HD COSA CI PIACE Interfaccia smart intuitiva, veloce e completa Design e costruzione impeccabile base in alluminio sottile crea una sensazione di leggerezza e eleganza che pochi TV riescono a trasmettere. Samsung parla di “360 design”, e effettivamente grazie ad un gioco di incastri è impossibile vedere una sola vite sul pannello posteriore, con un TV che può tranquillamente essere posizionato al centro di una stanza senza vergognarsi se qualcuno guarda il retro. L’unico appunto è la separazione tra il parco connettori e la presa di alimentazione: Samsung ha realizzato un ottimo collegamento tra TV e base, ma non è facilissimo celare i cavi, soprattutto quello di alimentazione. Per quanto riguarda i collegamenti Samsung ha mantenuto la logica del box di connessione esterne, ma siamo davanti ad un box che integra solo le connessioni e i tuner, nessuna logica né processore. Questo vuol dire che è tramontato definitivamente il progetto Evolution Kit, un’ottima idea che però non ha accolto i favori del pubblico: pochi erano disposti a spendere per rinnovare il TV ogni anno, segno che gli sforzi fatti dalle aziende per accontentare i più appassionati spesso Semplicità 9 D-Factor 9 Prezzo 8 COSA NON CI PIACE A non tutti piace il curvo L’HDR non rende al meglio sono investimenti che non portano poi risultati. Il Connect Box è pratico per portare i collegamenti lontani dal retro del TV, soprattutto se dobbiamo collegare una chiavetta con fotografie o filmati e il TV è attaccato al muro. Samsung ha previsto anche un piccolo sportello per nascondere i connettori. Nonostante ci piacciano i telecomandi tradizionali, quelli con tutti i tasti a vista e ben retroilluminati, dobbiamo dire che il piccolo telecomando che Samsung fornisce con il KS9000 è un piccolo gioiellino. Nonostante i pochi tasti, grazie alla perfetta integrazione con l’interfaccia Tizen e i quick menu che compaiono a schermo si riesce tranquillamente ad utilizzare il TV in tutte le sue funzioni. L’assenza di retroilluminazione non impatta più di tanto sull’uso: dopo qualche giorno si capisce subito qual è il tasto, a portata di pollice, che porta a effettuare una determinata operazione. Non deve stupire più di tanto l’assenza nella confezione degli occhiali 3D: per Samsung, ma non solo per lei, il 3D è morto. segue a pagina 27 n.138 / 16 25 LUGLIO 2016 TEST Samsung UE55KS9000 segue Da pagina 26 Interfaccia immediata, veloce e completa Dopo qualche anno di lavoro e di grandi cambiamenti Samsung sembra aver finalmente trovato la quadra nella realizzazione di una interfaccia smart che non distolga l’attenzione dal TV. Basata su Tizen, l’interfaccia che Samsung ha inserito sulla nuova gamma prende solo la parte bassa dello schermo con un menu a due livelli e lascia così il televisore, le immagini, in primo piano. Oltre alla velocità di navigazione, con ogni operazione praticamente immediata, ci ha colpito anche la semplicità: le sorgenti collegate vengono riconosciute e identificate automaticamente, passare da una funzione all’altra richiede pochissimo tempo, le estensioni delle app facilitano la scelta di alcune opzioni senza entrare nei menu e soprattutto la parte televisiva è ben strutturata, con una guida chiara e facile e il cambio canale reattivo sia sul tuner digitale terrestre sia sul sat. Il TV Samsung è compatibile ovviamente con le future trasmissioni DVB-T2 HEVC e riceve i segnali 4K da satellite, sebbene non sia certificato Tivù Sat. Samsung ha rivisto leggermente, ma senza stravolgimenti, anche i menù: la modifica più eclatante riguarda la parte immagine, con l’accorpamento di due modalità di riproduzione speciale (game e sport) e lo spostamento di tutte le regolazioni secondarie in una zona per esperti. Le opzioni controllabili sono quelle classiche, e oltre ai soliti filtri troviamo anche il CMS per la regolazione avanzate a 2 o 10 zone.Inutile dire che questa soluzione è gestibile solo con gli strumenti adeguati, e l’utente che non ha accesso a sonda e software di calibrazione deve per forza di cose affidarsi alla regolazione di default, che come vedremo è tutt’altro che impeccabile. torna al sommario MAGAZINE Grande resa in HD ma per l’HDR serve altro Samsung è uno dei maggiori produttori di pannelli LCD e sulla sua gamma di fascia alta ha usato uno dei suoi migliori pannelli VA a 10 bit. L’illuminazione, come si può sentire appoggiando una mano sul bordo, è stata inserita solo nella zona inferiore, una soluzione che sulla carta potrebbe apparire come criticabile, anche perché non è più possibile oscurare le due fasce nere nel caso di film in formato 2.35:1 (Cinema Black). Nonostante questo il KS9000 non solo riesce a sfoggiare un ottimo nero di base, ma riesce pure ad avere, nonostante il pannello curvo, una notevole uniformità del pannello. Nella nostra stanza totalmente nera, con la luminosità calibrata, si percepisce solo una luminosità leggermente più elevata ai due angoli inferiori, cosa però percepibile solo con una schermata scura. La situazione peggiore leggermente in modalità HDR, dove la maggior luminosità mette in mostra una uniformità non proprio perfetta. Utilizzando il software Calman 5 con la nostra sonda accuratamente profilata abbiamo misurato il profilo cinema di default, con una resa tutt’altro che perfetta e una temperatura colore Caldo 2 che vira leggermente al rosso: tutto si può sistemare con gli strumenti giusti e il CMS, ma la maggior parte degli utenti si troverà comunque di fronte ad una calibrazione non accuratissima. Passando alle immagini, e partiamo proprio da un tradizionale blu-ray, ci troviamo davanti ad una resa davvero sorprendente: il filtro Moth Eye che Samsung ha usato per abbattere i riflessi e aumentare il contrasto dell’immagine funziona davvero bene, con il TV sfoggia un nero convincente e un’ottimo controllo delle basse luci. Il pannello è 4K, ma l’upscaler lavora davvero bene: il segnale 1080p portato a 4K è del tutto esente da difetti di aliasing, un’ottima nitidezza generale e un perfetto controllo degli artefatti di moto. Il processore video di questo TV, ed è possibile vederlo soprattutto nel corso delle partite di calcio in programma in questi giorni, lavora davvero bene sia sul movimento orizzontale dell’immagine sia sul movimento di oggetti veloci, ed insieme al pannello è uno dei veri punti di forza del TV. La misurazione della modalità film mette in luce una resa tutt’altro che accurata. Utilizzando una sonda e gli strumenti adeguati, e lavorando molto sul CMS, si riesce comunque ad arrivare ad un risultato davvero soddisfacente. In ogni caso, nonostante le misure non sia perfette, il 99% delle persone resterà a bocca aperta di fronte alle immagini perchè il pannello è privo di cluding, banding e altri difetti ben più evidenti all’occhio umano rispetto ad una resa cromatica imperfetta. Nessuna sorpresa con il 4K: un segnale più nobile e più risoluto permette di spremere al meglio il pannello 4K a 10 bit e la resa è ovviamente sorprendente: ottimo nero e ottima definizione, ma questo è terreno facile e quasi tutti i TV si comportano bene quando il materiale di partenza è eccellente. Come per la maggior parte dei TV dotati di pannello PVA l’angolo di visione non è ampissimo e La misurazione della modalità film mette in luce una resa tutt’altro che accurata. Utilizzando una sonda e gli strumenti adeguati, e lavorando molto sul CMS, si riesce comunque ad arrivare ad un risultato davvero soddisfacente. In ogni caso, nonostante le misure non sia perfette, il 99% delle persone resterà a bocca aperta di fronte alle immagini perchè il pannello è privo di cluding, banding e altri difetti ben più evidenti all’occhio umano rispetto ad una resa cromatica imperfetta. spostandosi dal centro si percepisce una diminuzione di contrasto e un cambio della resa cromatica, tuttavia quest’aspetto è stato migliorato su questo KS9000 e anche chi non siede in posizione centrale può godere di una resa discreta. Non poteva mancare ovviamente una prova con Blu-ray Ultra HD e Netflix: il TV gestisce ovviamente lo spazio colore esteso e grazie anche all’uso dei Quantum Dots la differenza è evidente: Mad Max - Fury Road mette in luce una resa cromatica più convincente, un’ottima saturazione e un arancione che esce quasi dallo schermo. Non esalta invece l’HDR: la presenza della illuminazione nella sola parte bassa rende difficilissima la gestione del local dimming, e il miglior HDR si ottiene quanto il TV è in grado di concentrare una grande quantità di luce in un punto ben preciso. La differenza c’è, soprattutto sulla luminosità di picco che è davvero alta, tuttavia un TV come il Panasonic DX900 con la sua illuminazione Full LED riesce ad essere più incisivo: la sensazione è che l’HDR sul KS9000 riesce a dare un’immagine più dinamica e impattante alzando però globalmente la luminosità della scena, senza però creare zone di elevatissima dinamica che possano davvero dare quella sensazione di “wow” che abbiamo provato osservando le scene notturne con il fuoco di Marco Polo in Dolby Vision sul TV OLED di LG o i riflessi del sole sui pannelli solari in The Martian. Samsung è riuscita comunque a migliorare il già ottimo modello dello scorso anno in tutti gli aspetti, dal nero alla resa cromatica per arrivare a interfaccia, angolo di visione e processamento dell’immagine. E, come se non bastasse, migliorano anche i consumi: l’eliminazione di una striscia di LED porta il consumo di questo TV in modalità standard a circa 100 Watt, ma una volta calibrato si toccano i 60 Watt, pochissimo per un TV da 55”. Sale ovviamente il consumo quando il pannello, in modalità HDR, spinge oltre i 1420 nits: siamo sui 125 watt. Per chi sceglie un TV anche in base alle prestazioni “gaming” segnaliamo un input lag bassissimo in ogni condizione, dai 20 ai 25 ms. n.138 / 16 25 LUGLIO 2016 MAGAZINE TEST Tutti ne parlano, le notizie si moltiplicano velocemente e Pokémon GO sta assumendo rapidamente un alto tasso di viralità Pokémon GO: gioco dell’anno o moda passeggera? Dopo aver passato qualche giorno in compagnia del titolo Niantic Labs, proviamo a scoprire i motivi del suo successo P di Francesco FIORILLO er accorgersi del successo di Pokémon GO occorrono giusto una manciata di minuti. Non solo l’app di Nintendo sta macinando numeri da record, ma dal mare delle grande rete emerge un quantitativo davvero elevato di notizie, post e immagini, accompagnate spesso anche da aneddoti in bilico su quella sottile linea che separa il divertimento dalla follia. In America ci sono giocatori che entrano nelle proprietà altrui solo per “catturare” un Pokémon e automobilisti che, per lo stesso fine, procedono addirittura a passo d’uomo, costringendo il Dipartimento dei Trasporti dello stato di Washington a pubblicare un avviso ufficiale. Nel Missouri alcuni criminali intraprendenti si sono appostati in un luogo d’interesse per derubare ignari allenatori e fra le tante segnalazioni non è mancato neppure il classico ritrovamento accidentale di un cadavere. Certo, sono solo episodi, ma sono anche una chiara dimostrazione dell’affermazione del progetto nato dalla collaborazione fra Niantic Labs e The Pokémon Company. Anche noi abbiamo passato più di qualche giorno con lo sguardo fisso sullo smartphone in cerca sia di Pokémon, sia dei motivi che hanno generato tanto clamore. Dopo aver macinato chilometri, trovato qualche utile Pokéstop, diversi allenatori e dopo aver tentato, senza successo, di conquistare le palestre dislocate sul territorio dell’Hinterland milanese, siamo giunti alla conclusione che questo Pokémon GO non può proprio esser considerato come un buon gioco di Pokémon e, molto probabilmente, neppure come un buon videogioco nel senso più ampio del termine. Ma procediamo con ordine. La Pokémania degli anni ‘90 è tornata I piccoli mostriciattoli tascabili, legati all’immaginario del “Dr. Bug” Satoshi Tajiri, sono oramai delle icone riconosciute a livello planetario e ogni gioco incentrato su di loro riesce nell’intento di spopolare e divertire milioni di aspiranti allenatori. Le premesse alla base di quest’ultimo progetto legato a Pikachù e compagni, però, sono diverse. Il gioco sviluppato da Niantic permette, come torna al sommario video da tradizione, di catturare e far combattere gli iconici mostriciattoli tascabili di Nintendo, ma nel farlo propone un inedito mix di meccaniche ludiche touch, realtà aumentata e ricerca nel mondo reale tramite GPS. Il meccanismo di base è di una semplicità disarmante: dopo aver ospitato la creazione dell’immancabile avatar, lo schermo visualizza una mappa reale della zona (similare a quella presente in Google Maps) con strade, parchi, edifici e fiumi, mentre in basso a destra un semplice indicatore suggerisce i Pokémon presenti nei paraggi. Al giocatore non resta altro da fare che avventurarsi fra le vie e i parchetti della propria città e, dopo aver scovato un mostriciattolo, provare a catturalo mediante le solite Pokéball. In questi specifici casi, grazie all’implementazione della realtà aumentata, i Pokémon appaiono sullo schermo dello smartphone, mentre lo sfondo resta vincolato a una realtà filtrata tramite la fotocamera del telefono. Ora basta un rapido e preciso gesto col pollice per direzionare la sfera verso il Pokémon visualizzato e, se il tirò avrà rispettato i giusti requisiti di precisione, lo si vedrà entrare a far parte della propria collezione. Una pratica tanto semplice quanto immediata, pronta per esser assimilata in una manciata di secondi. Nel mondo di gioco non ci sono solo mostriciattoli da catturare, sul territorio trovano posto anche diversi punti di interesse, lab solitamente ubicati in prossimità di strutture rilevanti e indispensabili per recuperare oggetti come pozioni e Pokéball e molte Palestre. Il problema è che attualmente in Pokémon GO manca l’anima che da sempre caratterizza la serie, sin dal suo lontano debutto avvento all’epoca del primo Game Boy. L’idea di crescere il proprio compagno preferito e la libertà di decidere come far evolvere il team, sono infatti aspetti vanificati dai nuovi meccanismi del gioco, mentre la possibilità di scambiare i propri Pokémon o di sfidare altri allenatori sono addirittura opzioni assenti. Le uniche battaglie avvengono nel momento in cui si decide di conquistare una palestra, ma anche in questi casi un’eccessiva semplificazione ha portato gli sviluppatori a realizzare un sistema fin troppo approssimativo. In pratica tutto si riduce a un continuo e forsennato picchiettare sullo schermo, nella speranza che l’energia del Pokémon avversario arrivi allo zero prima della nostra. In realtà negli scontri viene offerta anche la possibilità di schivare gli attacchi muovendo orizzontalmente l’indice sul touch screen, ma un’eccessiva presenza di lag, dovuta forse ai problemi di connessione, rende ogni tentativo di difesa un vero e proprio suicidio. Passare su tali lacune comunque non è impresa ardua, segue a pagina 29 n.138 / 16 25 LUGLIO 2016 MAGAZINE GAMING I numeri dell’app Nintendo fanno impallidire l’intero mercato delle microtransazioni Pokémon GO Re Mida dei giochi: incassi super Si parla di 6.5 milioni di dollari al giorno e di una percentuale di nuovi clienti del +53% N di Francesco FIORILLO onostante le sue meccaniche ludiche non brillino Pokémon GO continua a macinare numeri sbalorditivi. Sappiamo che la situazione sta divenendo alquanto ripetitiva, ma il problema è che il titolo mobile di Nintendo riesce a frantumare record su record con una facilità disarmante. La società di analisi finanziaria Slice Intelligence, ad esempio, fa sapere i che il 10 luglio scorso Pokémon GO è riuscito nel difficile intento di produrre da solo il 47% dei ricavi totali giornalieri del mercato mobile. In altre parole, in 24 ore il gioco ha generato più denaro di tutte le altre app messe insieme. Il noto portale online ha poi divulgato altri dettagli interessanti, specificando che molti degli utenti che hanno speso e stanno spendendo soldi MAGAZINE Estratto dal quotidiano online www.DDAY.it Registrazione Tribunale di Milano n. 416 del 28 settembre 2009 direttore responsabile Gianfranco Giardina editing Claudio Stellari, Maria Chiara Candiago, Alessandra Lojacono, Simona Zucca veri nel gioco si sono approcciati per la prima volta al mercato delle microtransazioni e che la percentuale di nuovi clienti si aggira intorno al 53%. Il pacchetto più acquistato è quello da cento monete, ma sembra che il più redditizio per Niantic sia il bundle da 1.200 Coins, in vendita a 4,99 euro. Stando a questi ultimi dati, comunque destinati a salire (in Giappone l’app non è ancora disponibile ma lo sarà tra 24 ore), Pokémon GO genera guadagni pari a circa 6.5 milioni di dollari al giorno. Un dato davvero incredibile, sopra ad ogni più rosea aspettativa. Editore Scripta Manent Servizi Editoriali srl via Gallarate, 76 - 20151 Milano P.I. 11967100154 Per informazioni [email protected] Per la pubblicità [email protected] TEST Pokémon GO segue Da pagina 28 soprattutto se si è spinti dalla curiosità o dalla voglia di recuperare i vecchi compagni di tante avventure, ma il sistema delle palestre e di crescita dei Pokémon risulta nel complesso davvero troppo punitivo nei confronti di chi comincia a giocare in ritardo o di chi, semplicemente, non può permettersi frequenti gite in giro per la città. Potenziare i primi Pokémon catturati sembra inoltre più uno spreco di tempo e risorse che non una pratica finalizzata al miglioramento, anche perché lo stesso mostriciattolo catturato con un avatar di livello superiore vanta sempre caratteristiche incredibilmente più alte. Si finisce così per morire ad ogni battaglia e dopo l’ennesima e ingiusta sconfitta molti non potranno far altro che desistere nell’impresa, abbandonando una delle poche opzioni ludiche presenti. Un sogno che si avvera Il successo dell’opera di Niantic non va dunque ricercato nelle sue meccaniche ludiche. I difetti abbondano, i problemi tecnici e le incoerenze di design porteranno più di un utente ad aggrottare un sopracciglio, ma Pokémon GO resta ugualmente una delle esperienze mobile più travolgenti degli ultimi anni. Questo perché l’app di Nintendo riesce nel difficile intento di combinare egregiamente innovazione tecnologica, componente ludica e interazione sociale, il tutto avvalendosi del grande richiamo che da sempre accompagna lo storico franchise. Bastano pochi elementi, come la raccolta e la collezione delle strambe creature o la possibilità di scattare fotografie che portano i famigerati Pokémon nel mondo reale, a spingere i giocatori torna al sommario a percorrere molti chilometri in compagnia del proprio cellulare. Il successo di Pokémon GO è infatti racchiuso nell’intento, tra l’altro largamente raggiunto, di convincere bambini, ragazzi e adulti ad abbandonare la comodità del proprio divano per avventurarsi in città, al mare o in montagna. In questi giorni (date un’occhiata in giro...) molte sono le persone in cerca nelle aree verdi cittadine, altri si incontrano nei locali più vicini ai Pokéstop, mentre qualcuno organizza addirittura vere e proprie scampagnate in compagnia. Ovviamente nei mesi a venire il fenomeno potrebbe ridimensionarsi, ma vi è anche la concreta possibilità che ciò non avvenga. Stando alle parole di John Hanke, CEO della software house, presto si potranno infatti scambiare i nostri Pokémon con quelli degli altri allenatori, mentre le palestre e i Pokéstop andranno incontro a notevoli cambiamenti. Pokémon GO è in definitiva una sorta di MMO (acronimo utilizzato per indicare i giochi online multigiocatore in un mondo virtuale persistente) in cui la mappa di gioco coincide con il mondo reale e l’avatar collima con il corpo del giocatore ma, soprattutto, è una specie di sogno che si realizza. È uno scenario magico, quasi distopico, paurosamente vicino alle fantasie di chi vent’anni fa giocava con un Game Boy e provava con tutte le sue forze a catturare quelle buffe creature dipinte tramite una manciata di pixel verdi. Con l’App Trony VINCI LA TECNOLOGIA Scarica l’App Trony e registrati, potrai vincere premi esclusivi! Se hai già l’App sul tuo smartphone basterà effettuare il login. CARTA FAN VOUCHER La tua Carta Fan è digitale: utilizzala in tutti i punti vendita per raccogliere punti Fan. Scarica l’App per ricevere subito dei buoni sconto da utilizzare direttamente nei punti vendita. PUNTI VENDITA PRODOTTI E QR CODE Cerca i punti vendita più vicini a te per scoprire gli orari di apertura e le promozioni in corso. Inquadra il codice a barre del prodotto che ti interessa per accedere alla scheda tecnica. L’App Trony è disponibile su: Dall’1 al 31 luglio tutti gli utenti che si registreranno sull’App Trony ed effettueranno almeno un login, parteciperanno all’estrazione* di 55 Purificatori Ventilatori Dyson e di 50 Lavatrici Samsung ADD WASH. Scaricala subito, uno dei vincitori potresti essere tu! *Concorso valido dall’1 al 31 luglio 2016, tot. montepremi 67.345€, estrazione premi in palio 1° settembre 2016, regolamento completo su trony.it n.138 / 16 25 LUGLIO 2016 MAGAZINE TEST Abbiamo provato il più recente esponente della serie Design di Denon, un amplificatore integrato con network player Denon DRA-100: in prova il sexy ampli “connesso” L’ampli dà il meglio di sé con la musica in alta risoluzione. Purtroppo anche il prezzo è adeguato al livello, ma non ha rivali di Roberto FAGGIANO a figura del classico amplificatore stereo è ormai sempre più sbiadita di fronte alle mutate esigenze dei giovani ascoltatori, e non solo loro. Ormai un amplificatore deve avere almeno il Bluetooth per collegarsi allo smartphone o meglio ancora, deve essere connesso in rete per le funzioni di streaming, proprio come il Denon DRA-100 (999 euro) che abbiamo messo alla prova in questo test. L video Bello e completo Come si conviene a un esponente della linea Design il DRA 100 ha un’estetica molto elegante e pulita, compatto nelle dimensioni e facilmente inseribile in un ambiente elegante. Il suo compagno ideale è il lettore CD DCD-50 ma in questo caso ne abbiamo fatto a meno. Sul pannello frontale pochi comandi essenziali a fianco del display OLED di controllo con luminosità regolabile, inoltre troviamo l’ingresso usb e il sensore per l’abbinamento automatico NFC del Bluetooth. Riguardo alla presa cuffia bisogna notare che è possibile impostare il livello di uscita su tre valori diversi, in modo da avere la migliore situazione per ogni tipo di cuffia, una vera rarità non solo in questa categoria. Le dimensioni sono di poco superiori a quelle dei componenti Ceol perché qui la versatilità non manca e si è già previsto che il potenziale acquirente abbia già altri componenti da collegare. In dettaglio ecco cosa è possibile sfruttare come sorgente diretta o esterna per il DRA 100: Bluetooth con abbinamento automatico NFC, Wi-fi con DLNA per server casalinghi, Airplay di Apple e Spotify Connect, oltre alle radio Web con vTuner e file musicali da USB con tutte le maggiori codifiche fino ai DSD in alta risoluzione. ul retro non c’è molto affollamento di prese ma non manca nulla di fondamentale: ci sono due ingressi analogici, due ingressi digitali ottici e un coassiale; poi troviamo la presa di rete cablata torna al sommario lab Denon DRA-100 999,00 € IL MEGLIO CON LA MUSICA IN ALTA RISOLUZIONE Il Denon DRA-100 è un ottimo network amplifier, nato per diffondere musica di qualità anche partendo da un semplice streaming; tuttavia le migliori prestazioni si ottengono con musica in alta risoluzione, dove l’amplificatore sembra voler superare i suoi limiti senza mai perdere il controllo. Non ci sono molti concorrenti nella categoria e di questo il DRA-100 sa cogliere il vantaggio, tuttavia il prezzo di listino non trascurabile ci impone di ricordare che il concorrente più temibile di questo Denon è proprio in casa Denon e si chiama Ceol, specie per l’utente medio che non possiede musica in alta risoluzione ma si accontenta di streaming, MP3 e del buon vecchio CD. 8.3 Qualità 8 Longevità 9 Design Semplicità 9 8 Prestazioni sonore con musica in alta risoluzione COSA CI PIACE Finitura molto curata Versatilità e delle uscite stereo a livello fisso o variabile per altri componenti oltre a un subwoofer. A voler essere molto esigenti mancherebbe l’ingresso USB per un PC, ma questo apparecchio privilegia le funzioni wireless oppure la presenza di un NAS dove archiviare la musica. Per quanto riguarda i diffusori ci sono buoni morsetti a vite che possono anche accettare terminali a banana. Tutte le prese sono incassate e lasciano sporgere dal retro solo le antenne per il Wi-fi quando utilizzate, l’ingombro quindi è minimo. D-Factor COSA NON CI PIACE 8 Prezzo 8 Prezzo elevato Applicazione migliorabile Denon ha scelto di dare in dotazione un telecomando di tipo tradizionale, anche se volendo si può usare l’applicazione Hi-Fi Remote per tutte le funzioni; sicuramente è più comodo e fruibile rispetto alle versione carta di credito. I tasti sono ben distribuiti e la zona centrale con i tasti direzionali è importante durante le prime impostazioni. Dal punto di vista più tecnico la potenza disponibile è di 2 x 70 watt (0,01% THD, 4 ohm) o 2 x 35 watt (0,01% THD, 8 ohm) ottenuto con un amplificatore digitale DDFA della CSR, la stessa azienda che ha sviluppato il Bluetooth aptX. Nella sezione di conversione D/A viene poi utilizzato l’esclusivo circuito Advanced AL32 che può funzionare anche con le sorgenti esterne. Un’applicazione datata ma completa L’applicazione Denon hi-fi remote è da qualche anno sulla breccia e con qualche aggiornamento ha sapu- segue a pagina 32 n.138 / 16 25 LUGLIO 2016 MAGAZINE GADGET Withings allarga la sua gamma di prodotti fit e per la salute con un nuovo componente: sia chiama Thermo Withings Thermo, arriva sul mercato la rivoluzione dei termometri Promette di far diventare connessa anche la misurazione della temperatura corporea, basta avvicinarlo a 1 cm dalla pelle D di Michele LEPORI opo averlo visto al CES 2016, Withings annuncia l’arrivo sul mercato (inizialmente solo USA) di un nuovo dispositivo per il controllo della propria salute, e nello specifico della temperatura corporea: Thermo, questo il nome del neonato dell’affiliata al gruppo Nokia, promette di semplificare e velocizzare il processo di lettura della temperatura garantendo anche una tracciatura costante. Grazie all’uso della tecnologia HotSpot Sensor, il termometro andrà a rilevare 4000 misurazioni in due secondi, individuando il punto più caldo dell’area di lettura ed indicando con i LED in dotazione il valore corretto. Withings ci tiene a sottolineare l’approccio 100% igienico rispetto ai termometri tradizionali, dato che il semplice avvicinamento a circa 1 cm dalla pelle garantirà la corretta lettura, anche su neonati agitati: oltre al valore di temperatura, altri LED colorati illumineranno di verde il Thermo in caso di temperatura normale, arancione se elevata o rossa se critica. Prima della misurazione, è richiesto solo l’inserimento dell’età del malato: ogni TEST Denon DRA-100 segue Da pagina 31 singola misurazione sarà associata a quel profilo e tramite l’app scaricabile gratuitamente sarà possibile tenere traccia dell’evoluzione della febbre ed inserire anche l’eventuale assunzione di farmaci, per avere un grafico pre e post terapia. Negli USA, e più precisamente al Boston Children’s Hospital, l’app di Thermo si integra nel programma Thermia™ che aiuta i genitori ad ottenere infor- Poi la presenza del telecomando e l’ottimo display aiutano anche a operare direttamente sull’apparecchio. Un ascolto all’altezza della situazione to seguire le evoluzioni della tecnologia e delle funzioni più utilizzate, quindi anche con il DRA-100 se la cava bene nella maggior parte delle situazioni. In aiuto vengono le compatibilità con Spotify Connect e Airplay che permettono di farne a meno, pertanto le funzioni più utili sono quelle delle impostazioni iniziali, i controlli di tono e soprattutto quando si va a riprodurre musica da server e chiavette USB. torna al sommario Abbiamo collegato il DRA-100 ai nostri diffusori di riferimento, utilizzando praticamente tutte le sorgenti disponibili. Le prime impressioni con Spotify Connect sono molto positive, il Denon mostra personalità con una gamma bassa molto profonda e in primo piano, ma sempre ben controllata e senza rimbombi. Ottime le voci maschili e femminili, sempre con il giusto corpo e mai stridenti. Aumentando le aspettative con un lettore CD di fascia media ci sarem- mazioni e fornire terapie e consigli da applicare su bambini affetti da febbre alta. Più in generale, Thermo ha ottenuto la certificazione medica FDA e si integra con il programma CareKit. Per tutti gli interessati, Thermo si potrà acquistare a 99 euro sul sito Withings. com, tramite il canale Retail ed Online di Apple e sull’immancabile Amazon ma al momento la vendita è disponibile sul solo suolo americano. mo aspettati qualcosa di più in gamma acuta e per quanto riguarda la precisione della tridimensionalità; anche usando lo stadio di conversione interna le cose non migliorano come ci saremmo aspettati, è sempre un ottimo ascoltare però per 1.000 euro di listino la resa ci pare ancora migliorabile. Il salto di qualità arriva sfruttando file in alta risoluzione Flac e DSD, dove finalmente la scena appare ben scolpita e i musicisti trovano una collocazione ottimale sul palco. Su tutto comunque prevale la piacevolezza ritmica e dinamica che sicuramente piacerà al pubblico più giovane. La sensazione è quella di utilizzare un amplificatore ben più potente del dichiarato e questo è sempre un bel biglietto da visita.