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n.138 / 16
25 LUGLIO 2016
L’assurdità dell’mhp
e il provincialismo
tecnologico italiano
A ottobre 2004, in una conferenza convocata a
Cernobbio, fu dato il via ufficiale all’era del digitale
terrestre in Italia, fino ad allora poco più che una
sperimentazione. Il Ministro delle Telecomunicazioni
dell’epoca, Maurizio Gasparri, e il suo sottosegretario Giancarlo Innocenzi (già dirigente Mediaset)
lanciavano la via “italiana” al digitale terrestre tutta
basata sull’interattività, una reinterpretazione che
poco aveva a che fare con quanto stavano progettando gli altri Paesi europei. Alla stessa conferenza
di Cernobbio, un rappresentante della BBC (la BBC,
non TelePaesello) sostenne con forza che l’unica
lettura valida del digitale terrestre era la moltiplicazione dei canali e non certo l’interattività. Che
all’epoca, tra l’altro, poteva contare solo sul modem
integrato nei cosiddetti decoder interattivi, una cosa
che sembrava già vecchia e superata allora.
Il Sottosegretario Innocenzi scriveva così: “Il
Governo Italiano, in linea con la visione europea
della società dell’informazione e con gli obbiettivi
di inclusione di tutti i cittadini nel mondo della comunicazione on-line, vede il digitale terrestre come
piattaforma di fornitura di servizi interattivi anche a
coloro che, mentre hanno familiarità con il mezzo
televisivo, sono poco inclini all’utilizzo di computer
e di Internet. Ne trarranno beneficio i cittadini,
che potranno usufruire, comodamente seduti nel
proprio salotto, di molti servizi che attualmente richiedono di recarsi ad uno sportello, e le pubbliche
amministrazioni che potranno non solo snellire le
loro procedure, ma migliorare capacità di ascolto
e risposta nel rapporto con gli utenti che esse sono
chiamate a rappresentare e servire”. Parole che
lette ora fanno ridere. O forse, piangere.
Innocenzi parlava del famigerato T-Governement,
ovverosia la pubblica amministrazione che arriva a
casa degli utenti con la TV. I cittadini non ne trassero
alcun beneficio e non accadde nulla, malgrado
fossero stati stanziati diversi milioni di euro per lo
sviluppo di applicazioni interattive, che nessuno
aveva intenzione di usare, men che meno su una
piattaforma basata su modem. Per non parlare, poi,
di altre centinaia di milioni stanziati per finanziare
gli incentivi per l’acquisto dei decoder: 150 euro
per ogni box interattivo, una cifra esorbitante, che
ripagava abbondantemente i produttori e che
permise anche a una primaria catena distributiva di
offrire il decoder a zero euro.
In Italia è stata adottata la piattaforma mhp proprio
per questo antefatto. Una piattaforma applicata
praticamente solo in Italia e comunque con localismi e modifiche che hanno reso l’mhp italiano una
cosa unica. Tanto da dover costringere i produttori
a realizzare prodotti sviluppati ad hoc per il nostro
Paese, con i costi correlati. Oggi si è capito - ma a
ben vedere si capiva anche prima – che le uniche
applicazioni con diritto di cittadinanza su un TV
sono quelle che permettono di vedere contenuti
video, come le app di catch-up TV: RAI Replay
e ora anche tivùon, oltre alle app temporanee
come quella sugli europei di Francia 2016 e quella
in arrivo sulle Olimpiadi di Rio. Nel frattempo, i
“padri standardizzatori” italiani hanno deciso che
l’era dell’mhp volge al termine: scelta tardiva ma
corretta, anche il fatto che a condannarci a quella
piattaforma 12 anni prima siano state più o meno le
stesse persone desta qualche sospetto. A sostituirlo
arriverà HbbTV, questo sì uno standard più diffuso in
Europa, per il quale, però, i nostri compatrioti hanno
chiesto alcune modifiche, che si cristallizzeranno
nello standard 2.0.1. I test per la certificazione dei
TV non arriverà prima di fine anno e quindi, se va
bene, i primi TV compatibili saranno quelli del 2017.
Nel frattempo sono sempre più i marchi – che non
vedevano l’ora – ad aver levato dai propri TV mhp,
MAGAZINE
Inchiesta
Ultra HD Blu-ray
Chi l’ha visto? 09
Jaguar Land Rover
Tutte le tecnologie
del futuro
19
Raspberry Pi e tanta
fantasia: 10 progetti
tra i più folli
23
Ecco l’anagrafe di tutti i TV a norma
Da gennaio gli altri sono fuorilegge
Dal 1 gennaio 2017 si potranno vendere solo TV con tuner
DVB-T2 e codec HEVC, gli altri sono destinati all’estero
03
Sony ZD9: finalmente un TV
che prende l’HDR “sul serio”
04
Sony ha presentato ZD9, un TV Full LED
con sistema local dimming molto convincente
Arriva entro l’anno, si parte da 5.000 euro
Ecco la nuova gamma OLED
di LG: sono tutti TV 4K HDR
07
che così resta ancora in onda (e lo sarà per un bel
po’) ma con molti meno TV compatibili a scaffale.
Insomma, l’mhp se n’è già andato e l’HbbTV deve
ancora arrivare, lasciando un vuoto che verrà
colmato – ora e probabilmente per sempre – da
smartphone, phablet, tablet e affini.
Questo solo per ricordare come scelte “italiane”
nel contesto tecnologico non possano più esistere.
Abbiamo già sbagliato, facendo di testa nostra
e correndo dietro a questo o quell’interesse
particolare; sarebbe bene non farlo più. Il Ministero
dello Sviluppo Economico e l’AGCOM, in questa fase
di grandi cambiamenti tecnologici nelle trasmissioni
TV, devono dare indirizzi e programmare le azioni
future in uno scenario sì in costante mutamento ma
che ha caratteri globali. Far fare al mercato italiano,
anche quando si tratta di determinare gli standard,
non è quasi mai una buona cosa per il consumatore.
Gianfranco GIARDINA
Presentata la nuova gamma OLED in arrivo
in Italia da settembre: sono quasi tutti piatti,
solo una linea ha ancora lo schermo curvo
IN PROVA IN QUESTO NUMERO
24
26
LG OLED Signature Samsung KS9000
Qualità assoluta
Un TV tutto sostanza
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25 LUGLIO 2016
MAGAZINE
MERCATO Una ricerca del portale Idealo svela le caratteristiche più richieste dagli utenti
I TV 55’’ UHD sono i più acquistati in Italia
Bene 4K e schermo grande, prima in Italia si conferma Samsung con il 43% delle preferenze
di Gaetano MERO
I
l portale di e-commerce Idealo ha diffuso un interessante sondaggio che
fotografa le preferenze degli italiani
in fatto di TV. I dati sono stati raccolti,
in forma anonima, durante le ricerche
effettuate dagli utenti sulla piattaforma
nelle fasi preliminari all’acquisto di un
nuovo televisore, nei primi sei mesi del
2016.
L’elemento fondamentale per l’acquisto
di un nuovo apparecchio risulta essere
la dimensione dello schermo che costituisce il 42,19% del totale delle ricerche.
Nello specifico gli italiani sembrano preferire i grandi pannelli da 55 e 65 pollici,
ideali per il 4K ed i contenuti in Ultra HD,
su cui la scelta ricade rispettivamente
per il 16,13% e il 14,81% dei clienti del sito.
Segue la fascia di TV da 40 pollici con
il 14,73% delle preferenze mentre risulta
ancora molto richiesto il formato da 32’’
con una percentuale del 14,61. Gli schermi di piccoli dimensioni costituiscono
invece il segmento più debole e in calo
dall’inizio dell’anno.
La seconda caratteristica più ricercata
è la tipologia di apparecchio (16,92%).
I clienti hanno dimostrato di sapersi
orientare tra i vari formati e sembrano
indirizzati verso i TV abilitati al 4K, che
difatti superano il 35% delle preferenze.
Al secondo posto troviamo i più “classici” pannelli Full HD con un 26,22%, seguiti dai TV curvi (18,36%) che il portale
considera in una categoria a parte. La
tecnologia 3D riscuote ancora fascino tra gli utenti tanto da trovarsi al quarto posto tra le funzioni
più ricercate con un 13,56%.
Molto importante risulta inoltre il
brand e il rapporto di fiducia che
si riesce a creare con l’utente,
come terza voce più consultata
prima dell’acquisto troviamo infatti quella relativa al produttore. Tra tutti spicca Samsung che
abbraccia una grossa fetta delle
vendite totali su Idealo con il 43%,
bene anche LG che registra il 17%.
Grande balzo in avanti per Hisense che supera produttori storici
come Sony (7,49%) e Panasonic
(4,38%) registrando un 12,12%
delle ricerche totali, suo il TV attualmente più venduto: il modello
M7000 da 65 pollici UHD.
Nella classifica globale figurano inoltre:
al quarto posto il prezzo dell’apparecchio, al decimo posto la classe di consumo energetico e sorprendentemente
Il Prime Day di Amazon
ha segnato record
su tutti i fronti: è stato
il giorno con il più alto
numero di vendite
di sempre. In Italia
fino a 22 prodotti
venduti al secondo
di Franco AQUINI
alla posizione numero quindici il tipo di
sistema operativo supportato, che ricordiamo essere fondamentale per la fruizione di alcuni servizi streaming.
MERCATO Il popolare servizio di streaming video scivola sui dati relativi ai nuovi abbonati
Netflix incrementa gli utili, ma il titolo crolla in borsa
Troppo pochi i nuovi abbonati nel trimestre appena concluso, inevitabile il tonfo in borsa
di Dario RONZONI
R

isultati contrastanti per Netflix:
il colosso dello streaming video
supera le previsioni sugli utili, ma
la poca vitalità sul versante abbonati ne
determina un pesante tonfo in borsa.
Nel secondo trimestre del 2016 Netflix
ha fatto segnare ricavi per 2,11 miliardi di
dollari, contro gli 1,65 miliardi di dodici
mesi fa. I problemi emergono quando
si passa ad analizzare il numero degli
abbonati: il servizio non è riuscito a cen-
torna al sommario
trare le previsioni del trimestre scorso,
che parlavano di 2,5 milioni di iscritti
in più. L’incremento si è invece fermato a 1,7 milioni, cifra che porta il totale
degli abbonati a 83 milioni. Il risultato,
molto al di sotto delle aspettative, ha
causato così uno scivolone sui mercati,
con un deprezzamento del 15% per le
azioni Netflix. Dall’inizio dell’anno a Wall
Street le azioni di Netflix hanno perso il
14% del proprio valore. Per contrastare
una fase non certo brillante, già qualche
tempo fa il CEO Reed Hastings aveva
Amazon batte
tutti i record
Nel Prime Day
in Italia venduti
750 mila prodotti
annunciato investimenti per 6 miliardi
di dollari per la realizzazione di nuovi
contenuti. Una dichiarazione che al momento non pare rassicurare più di tanto
gli addetti ai lavori.
Il Prime Day di Amazon ha battuto tutti i record precedenti. Se già
nel 2015 aveva registrato numeri
da capogiro, quest’anno Amazon
ha registrato a livello globale un
incremento del 60% nelle vendite.
I numeri sono impressionanti soprattutto sui dispositivi a marchio
Amazon, come i tablet Fire, le Fire
TV e gli e-reader Kindle.
A chi ama i numeri basti sapere
che sono stati venduti, sempre a
livello mondiale, più di due milioni
di giocattoli, un milione di paia di
scarpe e 90.000 televisori. Il tutto
utilizzando sia il sito web che l’app
Amazon. L’ App stessa ha fatto registrare un altro record, totalizzando un milione di nuovi utenti che
hanno acquistato o semplicemente consultato le offerte. I numeri
sono impressionanti non solo a
livello globale, ma anche in Italia,
dove i prodotti ordinati sono stati
750.000 con un picco intorno alle
ore 14, dove la media di prodotti
venduti ha toccato i 22 pezzi al
secondo. Notevole inoltre la quantità di ordini effettuati già la notte.
Baldiflex, produttore e venditore di materassi e cuscini ha così
commentato:”Arrivare in ufficio e
trovare già ordini per 40.000 € è
stata una gran soddisfazione!”.
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25 LUGLIO 2016
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TV E VIDEO Dal 1 luglio i produttori non possono più commercializzare TV che non sono dotati di tuner DVB-T2 e di codec HEVC
Ecco tutti i TV “future proof” secondo la legge
Dal 1 gennaio 2017 i TV senza tuner DVB-T2 e codec HEVC saranno fuorilegge e non potranno più essere venduti nei negozi
S
di Gianfranco GIARDINA
catta la prima scadenza prevista dalla legge che
decreta il divieto di vendere in Italia TV senza
tuner DVB-T2 e codec HEVC. Infatti, dal 1 luglio
2016 i produttori non possono più introdurre nel canale
distributivo (e quindi vendere a rivenditori e distributori)
TV privi dell caratteristiche sopra indicate. I rivenditori
a loro volta hanno sei mesi, fino al 1 gennaio 2017, per
“liberarsi” dei TV che la legge ritiene obsoleti che, a
partire da questa data, non potranno più essere commercializzati neppure al dettaglio e saranno di fatto
“fuorilegge”. Va detto che i TV 2015, soprattutto nelle
gamme Full HD, sono quasi tutti non rispondenti alle
specifiche di legge e nei magazzini dei retailer ci sono
ancora molti pezzi di un po’ tutte le marche che devono essere venduti entro sei mesi; l’alternativa, per chi
al 1 gennaio del prossimo anno ne avesse ancora in
casa, è quella di cercare sbocchi di vendita all’estero:
la legge è Italiana e nulla di simile è previsto negli altri
Paesi comunitari.
I TV “fuorilegge” sono davvero obsoleti?
In realtà la legge è finalizzata a forzare uno svecchiamento del parco installato tale da rendere plausibile nei
prossimi anni un passaggio al nuovo standard televisivo DVB-T2 HEVC senza causare un ricambio massivo
di TV in un tempo troppo breve. I tempi però si sono un
po’ più ristretti perché la prevista cessione della banda 700 MHz ai servizi di telecomunicazioni mobili sta
spingendo il Governo italiano a pensare a uno switch
off delle attuali trasmissioni già nel 2022, a solo 5 anni
dall’entrata in vigore dell’obbligo.
Fino ad allora, i TV “fuorilegge” sono assolutamente
perfettamente funzionanti. Il rischio futuro, se ci sarà
effettivamente lo swtich off, è che questi TV richiedano,
per continuare a funzionare, l’affiancamento di un decoder esterno, con la conseguente scomodità di avere due telecomandi e di dover selezionare l’ingresso
giusto. Ma comunque non sarà necessario rottamare a
tutti i costi un TV ancora ben funzionante.
E quindi cosa è bene acquistare?
Nei prossimi 6 mesi è prevedibile che ci saranno offerte
speciali particolarmente convincenti sui TV che da fine
anno non si potranno più vendere e non è affatto detto
che non si tratti di affari da cogliere al volo. Ma è evi-
dente che, soprattutto con uno switch off già previsto, i
veri TV a prova di futuro sono quelli con tuner DVB-T2
e HEVC. La scelta giusta può essere quindi diversa da
acquirente ad acquirente: chi vuole la vita comoda e
vuole un prodotto al passo con i tempi, è bene che si
orienti verso gli apparecchi HEVC; chi invece cerca l’affare e, pur di farlo, è disposto a future piccole scomodità, può andare serenamente sui modelli “fuorilegge”. Il
vero problema è però spesso quello di riuscire a capire
se il modello che si sta prendendo in considerazione è
effettivamente adeguato alle specifiche di legge o no;
ovverosia se ha sia il tuner DVB-T2 (e questo è generalmente indicato sui siti dei produttori) e se dispone
di decodifica HEVC: quest’ultima caratteristica, pur essendo decisamente rilevante, non è quasi mai riportata
nelle schede tecniche sui siti di retailer e produttori e
questo è effettivamente un bel problema.
L’anagrafe dei TV “future proof”
Senza certezze su quali siano i modelli a prova di futuro
e quelli che la legge dichiara obsoleti, è difficile fare un
acquisto consapevole. Per questo motivo DDAY.it - visto
che le istituzioni non si sono mosse in tal senso - ha
predisposto l’anagrafe dei TV che rispondono alle specifiche di legge e che quindi sono più a prova di futuro
degli altri. Si tratta ovviamente solo di una lunga lista
di codici, molto utile però per chi vuole sapere se il TV
su cui ha messo gli occhi è tra quelli che si salveranno
dal 2017 o che usciranno definitivamente dai negozi. I
L’anagrafe dei TV a norma di legge

Hisense
LG
Loewe
Metz
Panasonic
Philips
Samsung
Sony
TCL
Thomson
torna al sommario
DDAY.it ha compilato l’anagrafe dei TV a norma
di legge. Selezionando il link qui a fianco, è
possibile accedere agli elenchi suddivisi per
produttore. I TV non compresi in queste liste
potrebbero richiedere nei prossimi anni un
decoder esterno per poter funzionare. Le informazioni sono aggiornate a luglio 2016.
codici non riguardano solo i TV 2016 ma anche quelli del biennio precedente e sono divisi e raggruppati
secondo il marchio; questi dati ci sono stati comunicati
dai diversi produttori e presumiamo quindi che siano
completi e corretti. Ovviamente DDay.it non può essere
ritenuta responsabile per eventuali errori ed omissioni
e anzi la redazione esorta i marchi eventualmente non
citati ad inviare la propria lista per il relativo inserimento
nell’anagrafe dei TV “future proof”.
L’anagrafe dei TV a norma di legge pubblicata in queste
pagine è aggiornata a luglio 2016.
Attenzione, non tutti i TV a norma
sono veramente “future proof”
Un’ultima cautela per i prossimi futuri acquirenti di
TV: il fatto che un modello sia compreso nella lista e
risponda alle specifiche di legge, non vuol dire che si
tratti di un TV effettivamente al riparo da rischi di obsolescenza. Infatti ci sono alcune caratteristiche che
sarebbe meglio che un TV abbia e che non sempre i
modelli “a norma di legge” prevedono. La più importante è la disponibilità di un tuner satellitare, che in
condizioni di carenza di risorse frequenziali sul digitale terrestre, diventa sempre più importante. Tanto
per fare un esempio, le partite della fase finale di Euro
2016 sono trasmesse anche in 4K ma solamente via
satellite: se il TV non dispone del tuner, non resta che
uno scomodo e costoso decoder esterno. Allo stesso
modo, per essere veramente aperti al futuro, è bene
acquistare un TV 4k con il supporto pieno delle codifiche HDR, se possibile non solo HDR10 ma anche
Dolby Vision: le specifiche di legge nulla prevedono
anche in quest’ambito. Ma soprattutto, per quello che
riguarda le trasmissioni 4k, è importante che il TV
sia in grado di decodificare i flussi a 50 fotogrammi
progressivi al secondo (50p); esistono invece alcuni
TV dotati di DVB-T2 e HEVC (e quindi sono a norma
di legge) ma non vanno oltre il 30p in 4k: questi TV,
malgrado i dettami di legge, non sono certo “future
proof”. È quindi necessario, in alcuni casi, approfondire oltre le liste di questo articolo.
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25 LUGLIO 2016
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TV E VIDEO Presentato a Londra il top di gamma Sony, lo ZD9, un TV Full LED che arriverà entro la fine dell’anno in tre dimensioni
Con il TV LCD ZD9 Sony inizia a fare HDR sul serio
Un TV Full LED che finalmente fa debuttare un sistema di retroilluminazione local dimming pienamente convincente
A
di Gianfranco GIARDINA
l CES 2016 era solo un prototipo guardato a vista e
con obbligo, anche per la stampa, di non fotografare: un TV con luminosità di picco di 4000 nits e
un rinnovatissimo sistema di retroilluminazione diretta
in grado di gestire molte più aree. Ora quel prototipo
è cresciuto ed è diventato il nuovo TV top di gamma di
Sony: si chiama ZD9, presentato in un evento londinese
nella strana collocazione temporale di metà luglio e previsto in tre tagli “impegnativi”: 65”, 75” e addirittura 100”.
E si sa che Sony il prefisso “Z” lo usa solo per prodotti
che ritiene davvero top di gamma insuperabili. Sony
sceglie quindi di smarcarsi, di non aspettare la confusione dell’IFA ma di anticipare l’annuncio che molti appassionati aspettavano, anche se gli ZD9 arriveranno
più avanti, anche se comunque entro l’anno.
Per fare HDR ci vuole il Full LED
Ma per fare un ottimo Full LED
bisogna “lottare”
La grande attesa innovazione di questo ZD9 è il sistema di retroilluminazione Master Drive. In questo modello si impiega ancora una retroilluminazione cosiddetta
“Full LED” o anche FALD (Full Array Local Dimming),
decisamente più sofisticata e performante, ma anche
molto più costosa: in pratica dietro il pannello LCD c’è
un’intera matrice di LED che vengono modulati in maniera indipendente per garantire i massimi picchi di luminosità là dove serve e, contemporaneamente, senza
“ingrigire” i neri, tutte cose difficili se non impossibili da
ottenere ai massimi livelli con LCD in architettura LED
Edge, ovverosia con i LED di retroilluminazione disposti sui bordi dello schermo. E se avere una retroilluminazione Full LED era importante prima, ora in piena era
di contenuti HDR, un’architettura di questo tipo diviene ancora più basilare, con immagini che hanno neri
profondi (ma leggibili) e punti di illuminazione di picco
estremamente alti. Il problema che in passato i TV Full
LED hanno incontrato è comunque un’impossibilità di
avere luce solo e soltanto dove serve: le aree gestite
dai LED non vanno generalmente
oltre qualche centinaio e gli aloni
attorno alle aree più luminose si
fanno purtroppo sentire. l Sony
ZD9, con il suo sistema Master
Drive, promette di spostare avanti questo limite, con una matrice
di LED totalmente indipendenti (e
quindi non gestiti ad aree) e un
sistema integrato di ottiche e correzioni elettroniche che – a detta
dei progettisti – dà risultati incredibili; in particolare questo ZD9
non avrebbe nulla da invidiare ai
super-neri degli OLED, che essendo pannelli che non necessitano
di retroilluminazione, non sono
affetti dai medesimi limiti dei pannelli LCD.
Ecco una fotografia dello schermo, fatta con una buona reflex: già
da questa immagine si riesce a intuire la gamma dinamica estesa di
questo schermo e la sua grande luminosità di picco.
Resa ottima, numeri ignoti

A sinistra la modalità abituale con cui viene gestita
la retroilluminazione nei TV Full LED, ovverosia a
zone, per ridurre l’ingente mole di calcoli necessaria a gestire i singoli LED uno a uno. Cosa che
invece viene fatta nello ZD9 (schema a destra).
torna al sommario
Oltre al controllo discreto dei LED uno a uno,
l’engine Master Drive prevede anche una lente
capace di focalizzare in maniera molto più netta il
raggio luminoso sullo schermo, rendendo la trama
dei chiari-scuri più definita.
I manager di Sony, che pur al CES avevano rivelato
alcuni dati relativi al prototipo dimostrato (4000 nits
di picco e più di 1000 LED), non hanno voluto soddisfare le nostre domande e rivelare la quantità di LED
e le luminosità di picco raggiunta da questo apparecchio, il che fa pensare che, rispetto al prototipo di
Las Vegas, sia stato necessario raggiungere qualche
compromesso. In particolare, per quello che riguarda
la luminosità, lo ZD9 è parso decisamente brillante,
con la capacità di “abbagliare”; siamo certi che il TV
superi ampiamente il limite dei 1000 nits fissato dalla
certificazione Ultra HD Premium ma non è dato sapere quale sia il dato certo: il fatto che non sia stato
fatto un annuncio specifico, però, lascia pensare che
segue a pagina 05 
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TV E VIDEO
Sony ZD9
segue Da pagina 04 
l’obiettivo previsto dei 4000 nits sia stato mancato.
Lo stesso riserbo è stato applicato al numero di LED,
e quindi di aree sulle quali è gestito il local dimming:
gli ingegneri hanno solo detto che in ognuno dei tre
tagli c’è un numero diverso di LED con una distanza
tra di essi ottimizzata (e quindi differente) a seconda
dei polliciaggi. L’unica cosa che è stata mostrata è una
porzione di engine di retroilluminazione (con l’obbligo
assoluto di non fotografare), un rettangolo più o meno
di 20 x 30 cm con un reticolo a nido d’ape molto fitto
di LED, diremmo circa uno ogni 1,5 cm, sia in verticale
che in orizzontale. Se così fosse, per esempio nel 65”,
la quantità di LED sarebbe enorme, oltre 5000 LED:
sarebbe una soluzione troppo costosa e comunque
ben lontana da quel “più di 1000” che era stato dichiarato a Las Vegas per il prototipo. Ne dobbiamo dedurre che la “mattonella” di retroilluminazione che ci
è stata mostrata non è una porzione reale del TV ma
una ricostruzione più fitta. Ne prendiamo atto, anche
se – va detto – il TV ha una gestione del local dimming e delle prestazioni che non ricordiamo di aver
mai visto su un TV in questa tecnologia.
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base 4K (e non Full HD come fanno molti TV 4k); e poi
per distinguere gli oggetti sullo schermo e applicare
un profilo di riduzione del rumore e di aumento della
nitidezza appropriato. Lo ZD9 è stato concepito anche
e soprattutto per fornire ottime prestazioni “HDR-like”
anche su contenuti non HDR grazie a questa gestione
“selettiva” degli oggetti a schermo: l’espansione della
gamma dinamica dal segnale standard alle possibilità
di questo pannello viene gestita in maniera differenziata a seconda dei soggetti, operando diversamente e
con curve diverse nelle varie parti dello schermo e non
– come avviene con altri TV – imponendo una curva
unica all’intera schermata. A guadagnarci è la resa sia
della basse che delle alte luci e la resa sulle sfumature,
priva di banding.
Design curatissimo
Ma nei TV oramai è un fattore marginale
Le dimensioni schermo sono sempre più grosse, soprattutto per lo ZD9 che parte dal 65” a salire. E la cornice attorno allo schermo è sempre più ridotta: resta
poco da “disegnare” di un TV di questo tipo, se non
curare maniacalmente i dettagli. Cosa che il designer
di Sony, presente all’evento, ha fatto. Tre gli aspetti
base su cui si concentra il design: innanzitutto il bordo
laterale del TV, simile a quello delle migliori serie Sony
(con la doppia banda metallica) che però qui diventa
color oro.
Lo schienale, poi, che è totalmente “estetico”, con una
segue a pagina 06 
Confronto tra OLED LG della serie E6 (a sinistra) e il Sony ZD9 (a destra): resa del nero perfetta, nessun
alone. Solo il bagliore sulla destra risulta più arrotondato e morbido nell’OLED e con qualche artefatto
sulle sfumature nello ZD9. Ma sono dettagli.
Il processore “pompa” il 40% in più
degli altri TV 4K
Nulla di tutto ciò potrebbe essere fatto con un cuore
“debole”. E il processore video è ovviamente il cuore
pulsante di questo TV, che promette una cura nell’elaborazione del segnale senza precedenti: il protagonista si chiama “X1 Extreme”, una variazione potenziata
dell’X1 già presente sui TV Sony 2016 e capace di
gestire contemporaneamente tre tecnologie: objectbased HDR remaster, dual database processing, and
Super Bit Mapping™ 4K HDR, il tutto grazie a una potenza di calcolo incrementata di oltre il 40%.
In pratica, il processore è stato programmato innanzitutto per applicare tutti i filtri e calcolare le correzioni su

Così si presenta lo spessore del bordo schermo.
torna al sommario
Quando lo ZD9 (a destra) può mettere in gioco la sua super-luminosità, il confronto si fa duro per l’OLED
(a sinistra): la schiuma è molto più brillante e vaporosa. I picchi di luminosità raggiunti, dato che siamo in
una stanza semi oscurata, arrivano però a dare un po’ fastidio.
Ottima resa dello ZD9 (a destra) in questo confronto sempre con l’OLED (a sinistra): l’analisi delle diverse
zone e l’applicazione di curve differenziate, fa si che il TV sia in grado di migliorare il bilanciamento delle
piante sullo sfondo e della camicia bianca, migliorandone notevolmente il dettaglio, forse con un po’ di
incremento di troppo della nitidezza.
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TV E VIDEO
Sony ZD9
segue Da pagina 05 
piacevole finitura a riquadri (anche se di plastica) e che
prevede una serie di vani e cavedi per non avere alcun
cavo a vista, neppure quelli delle sorgenti. o schienale
è completamente “finito”; addirittura gli attacchi di una
eventuale staffa VESA per il fissaggio a parete sono
coperti da un carter per garantire una resa estetica
impeccabile anche per coloro che lo volessero usare
in modalità da appoggio. Ultimo aspetto è la base, interamente metallica ricavata dal pieno: nobile nei materiali ma forse un po’ troppo convenzionale e senza
fantasia.
Resa entusiasmante
Ma andrà rivisto con altri materiali
Va detto chiaramente che Sony, con questo ZD9 ha
portato il TV LCD là dove era quasi impensabile, superandone ancora una volta i limiti: gli aloni chiari delle
scritte bianche su fondo nero sono ridotti al minimo,
bisogna proprio andarli a cercare, soprattutto quando
la porzione chiara è molto sottile (come – per esempio
– nelle scritte a schermo quando si cambia ingresso).
Lo ZD9, ovviamente, non può essere super-sottile
Serve comunque spazio per la matrice di retroilluminazione. Opportuni vani e passaggi occultano
alla vista tutti i cavi.
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Ma al di là di questi esercizi da “tester”, la
resa è sensazionale: il combinato disposto
dell’estrema luminosità e dal controllo dei
neri, risultato ottenibile solo con la retroilluminazione diretta Full LED, è davvero notevole, con risultati sugli scuri quasi da OLED
ma brillantezza sulle alte luci irraggiungibile
per l’OLED, almeno al momento. Nessuna
particolarità è stata descritta per l’audio di
questi TV, definito da un rappresentante di
Sony “standard”: peccato non aver puntato
anche su un comparto audio al di sopra di
ogni sospetto. Basato su Android 6.0.1, lo
ZD9 è quindi un TV LCD allo stato dell’arte
per quanto riguarda la qualità di immagine, In questo scatto un dettaglio dell’angolo alto dello schermo
che però non ha la certificazione Ultra HD durante un cambio di sorgente: la grafica in sovraimpresPremium (“il TV rientra ampiamente nelle sione (HDMI3) è quanto di più difficile da gestire per un TV
specifiche richieste – ci ha detto uno rappre- Full LED, con le sottili scritte bianche su fondo nero pesto: lo
sentante di Sony – ma non siamo interessati ZD9 se la cava egregiamente anche se un leggero bagliore di
a questa certificazione”) e soprattutto non è troppo è comunque visibile.
compatibile con la codifica HDR Dolby Vision: non certo un problema di prestazioni
quanto una scelta “politica” per non sostenere – almemateriale demo) e il confronto con l’OLED (anch’esso
no in questa fase – i costi delle royalty. Peccato perché,
in modalità vivid) è stato eccellente, potremmo dire ad
visto il target “no compromise” a cui si rivolge questo
armi pari. Una cosa stupefacente se si pensa alle preTV, il Dolby Vision ci sarebbe stato bene. Abbiamo
messe della tecnologia LCD e della retroilluminazione,
avuto modo di vedere lo ZD9 in funzione con diversi
non certo un’aiuto. Giova invece la maggiore luminospezzoni, sia a confronto con un XD93 sempre di Sony
sità a disposizione del pannello rispetto all’OLED, che
che con l’atteso OLED serie D6 di LG. Contro la nostra
porta il contrasto e il microdettaglio percepito più in là:
volontà, tutte le demo sono state fatte con i TV in monel confronto A-B (che non è mai una buona cosa nei
TV, visto che spesso fa propendere per lo schermo più
dalità “vivid”: colori inutilmente sparati e luminosità “a
luminoso e saturo e non per il migliore) lo ZD9 vince
manetta”. Ovviamente, volendo dimostrare la gamma
a mani basse. Ma vorremmo rivedere le cose con altri
dinamica (quasi sempre con contenuti non HDR, un
contenuti e soprattutto con modalità non “vivid”. Sony
piccolo paradosso se si pensa che la conferenza stamha il merito di essere riuscita, ancora una volta, a spopa si è tenuta nell’head quarter europeo di Sony Pictures) la modalità Vivid garantisce una resa d’effetto nei
stare un po’ più in là le prestazioni dell’LCD, portandole
confronti, malgrado porti l’immagine ben lontana dalla
a tutto tondo nell’era dell’HDR. Certo, questo sforzo
realtà che vuole rappresentare. Il succo è che lo ZD9
porta con sé un costo non banale: il 65” arriverà a un
si è comportato molto bene nella chiusura dei neri: l’efprezzo di circa 5mila euro; il 75” costerà invece 8mila;
e – rullo di tamburi – per portarsi a casa il poderoso
fetto alone non si è praticamente visto (almeno con i
100” serviranno 70mila euro (oltre che un salotto bello
grande). Aspettiamo di poter provare questo TV (nel
taglio da 65”) nel nostro laboratorio e con tutti i tipi di
materiali (anche standard definition e Full HD, ma soprattutto anche materiale HDR) e capire se l’OLED da
oggi ha un grattacapo in più.
E insieme arrivano i rinforzi
sulla gamma bassa

In questa immagine si vede la porzione centrale dello schermo con la matrice LED tutta “aperta”: si può
così osservare come si comporta la retroilluminazione e come riesca di fatto a mappare in maniera abbastanza chiara e definita, le aree da illuminare rispetto a quelle totalmente buie. Uno speciale algoritmo,
poi, aiuta ad abbattere per via elettronica eventuali “sbavature” chiare su fondo scuro.
torna al sommario
La gamma Sony, oltre al nuovo top di gamma ZD9, si
arricchisce anche nella fascia più bassa: arrivano infatti
5 serie di TV a completamento della gamma 2016. SI
tratta in tutti i casi di TV 4K HDR di cui è stato detto
pochissimo e tra i quali - al momento - non ci risultano
differenze sostanziali nelle caratteristiche. Bisognerà
però capire più avanti, sia sulla base delle informazioni
ufficiali, al momento ridottissime, che sulle evidenze dei
test, le vere differenze di caratteristiche e prestazioni di
questi modelli. Qui di seguito le serie e le dimensioni
schermo in arrivo:
XD83 (49 pollici)
XD80 (55, 49 e 43 pollici)
XD75 (65 pollici)
XD70 (55 e 49 pollici)
SD80 (50 pollici)
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25 LUGLIO 2016
MAGAZINE
TV E VIDEO Presentata la nuova gamma di TV OLED che arriverà in Italia a partire da settembre. Ancora nulla sui prezzi
Nuova gamma TV OLED LG: piatti e tutti 4K HDR
Tutti 4K HDR (anche con Dolby Vision) e prevalenza netta di schermi piatti, con una sola linea destinata allo schermo curvo
L
di Gianfranco GIARDINA
a carica dei 22mila. Tanti sono stati gli OLED venduti dal 2015 a oggi, con un incremento rispetto
alle medie di vendita precedenti di oltre il 600%.
“Continuiamo settimana dopo settimana a essere leader di mercato – ci dice un manager di LG - nel segmento che più ci interessa, quello sopra i 1.750 euro. E
questo è niente rispetto a quello che accadrà con la
gamma nuova, dall’immediato dopo-IFA, a settembre”. E
a vedere i nuovi TV in funzione ci si convince che – anche
se la concorrenza non resterà a guardare - non potrà che
essere un successo. LG ha presentato a Milano, presso
lo show room di Rimadesio (produttore di arredamento
di design con cui LG ha stretto una partnership) la lineup di TV OLED che caratterizzerà la seconda parte del
2016, i cui pezzi forti sono stati protagonisti al CES di Las
Vegas lo scorso gennaio. Si tratta in buona sostanza di 4
linee nuove, tutte UltraHD, con una netta prevalenza per
i modelli piatti, per i quali non nascondiamo la nostra preferenza. I modelli presentati hanno molte caratteristiche
in comune, come per esempio la certificazione tivùsat e
tivùon (quindi hanno doppio tuner DTT + sat), la certificazione UltraHD Premium (che garantisce le prestazioni in
modalità HDR), il sistema operativo WebOs e l’audio progettato da harman/kardon. Finalmente attiva anche una
nomenclatura facile e chiara da interpretare; e soprattutto
immediata da mettere in ordine per qualità.
nuovo top di gamma LG, dotato anch’esso di un’elegante
soundbar alla base (realizzata su progetto harman/kardon) ma di dimensioni contenute in profondità, così da
risultare pochissimo invasiva in qualunque layout.
G6, un 77” per chi vuole il massimo
Si parte dall’alto con la serie G6, quella che fa parte
della famiglia di prodotti Signature, apparecchi esclusivi e totalmente senza compromessi: si tratta dell’OLED
protagonista di Las Vegas, dotato di soundbar profonda integrata nella base e che può essere ruotata di 90
in caso di installazione a parete.
Una delle caratteristiche distintive è legata alla cornice (sottilissima) in vetro che rende il già entusiasmante
design degli OLED ancora più esclusivo; ma quello che
più conta, la resa – almeno con le immagini dimostrative – è incredibile; non possiamo invece dare alcun giudizio, neppure sommario, sulla qualità dell’audio, dato
che la location rumorosa in cui sono stati presentati i
nuovi modelli non ha permesso di fare alcuna considerazione a riguardo.
B6, il sogno può diventare realtà
La novità che farà gola ai più è però la serie B6 (anche qui disponibile con schermo da 55” e 65”): si tratta
di un OLED piatto sempre 4K HDR e con buona parte delle caratteristiche dei modelli superiori, come la
certificazione UltraHD Premium e la compatibilità con
le principali codifiche HDR (sia con HDR10 che Dolby
Vision); viene meno in questo caso la capacità di riprodurre contenuti 3D, ma siamo certi che una grande
base di utenti farà volentieri a meno di questa funzione
pur di avere un OLED 4k HDR piatto a un prezzo più
accessibile e con un design ancora molto bello, sia per
la sottigliezza dello schermo che per l’assenza di cornice e la base, semplice ma elegante grazie all’utilizzo
di parti verticali in plexiglass che lasciano “volare” lo
schermo.
C6, a qualcuno piace curvo
La serie C6 (anch’essa in 55” e 65”) invece rappresenta l’unica concessione al curvo e, nella gamma, sembra
essere un’opzione destinata solo a chi è sedotto dai TV
non planari. In ogni caso non si tratta di un modello ai
livello della linea E6 visto che viene meno la soundbar.
L’OLED Signature è davvero senza compromessi: infatti
arriverà in Italia solo nell’impegnativo polliciaggio di 77”
piatto, un gigante 4K HDR di assoluto prestigio e anche
un discreto lusso, visto che il prezzo difficilmente potrà
collocarsi sotto i 20mila euro. Per pochissimi.
E6, quasi come il Signature
È perfetto per gli appassionati

La linea subito successiva è la E6, disponibile questa volta in tagli da 55” e 65” in layout piatto: si tratta – se escludiamo il Signature, da cui questo E6 eredita molto – del
torna al sommario
I prezzi? Ne parliamo a IFA
A proposito di prezzi, nulla è trapelato per ora: per avere
indicazioni certe bisognerà aspettare inizio settembre.
Ma qualche considerazione preliminare si può anche
ipotizzare: in realtà resterà in gamma anche un modello
attuale Full HD (purtroppo curvo), che sarà importante
per mantenere comunque un livello di ingresso nella tecnologia OLED un po’ più basso. In questo senso, quindi,
anche volendo, la serie B6 non ha il ruolo di “entry level”
(pur nella “nobile” categoria degli OLED) ma si spera possa rimanere, nel taglio da 55”, sotto i 3000 euro. Ma ne
sapremo di più all’IFA: speriamo che le vacanze portino
buon consiglio a chi sta ragionando sul posizionamento
di prezzo di queste “Ferrari” dei TV.
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25 LUGLIO 2016
MAGAZINE
TV E VIDEO Dopo Loewe, anche Metz anticipa il prossimo lancio (atteso per l’IFA di Berlino) di una serie di TV con pannello OLED
Metz lancia l’OLED: 55” e 65”, debutto all’IFA
La serie Novum, basata sul pannello LG, offre la tradizionale cura produttiva del marchio tedesco. Prezzi alti ma non assurdi
A
di Gianfranco GIARDINA

nche Metz si prepara a salile sul carro dell’OLED
e lo fa con un TV tagliato su misura sulle esigenze di un appassionato: l’appuntamento è per
la prossima IFA di Berlino (dal 2 settembre) dove il
marchio tedesco presenterà ufficialmente la gamma
Novum. Si tratta di televisori basati su pannello OLED
LG 4K di ultimissima generazione, tassativamente piatti, disponibili nei tagli da 55 e 65 pollici (Novum OLED
65 twin R e 55 Twin R), caratterizzati dalla maniacale
cura per la qualità senza compromessi tipica di Metz.
Abbiamo avuto modo di dare una rapida occhiata a
un esemplare di pre-produzione che però esprime già
chiaramente il suo grande potenziale.
Il pannello utilizzato è lo stesso che è possibile trovare sulla serie E6 di LG; quello che cambia, oltre al
telaio interamente metallico, un classico delle produzioni Metz, è tutta l’elettronica, a partire dallo stadio
di alimentazione. Questo occupa quasi interamente la
porzione del telaio dedicato all’elettronica. “Per come
funziona la tecnologia OLED - ci spiega un tecnico
Metz -l’alimentazione deve essere molto generosa
per poter gestire senza sedersi schermate molto chiare”. E un vanto per i tecnici Metz è proprio l’insieme
dei circuiti che governa l’immagine sullo schermo: per
quello che abbiamo potuto vedere, il pilotaggio, fattore chiave in un OLED, è ai massimi livelli. I tecnici Metz
sono anche convinti di
aver spinto in avanti
la qualità di immagine
grazie all’implementazione del know how
aziendale nei circuiti
e nel trattamento dell’immagine. I Novum
sono ovviamente HDR:
da quanto ci è stato
detto, dovrebbe essere verificata la compatibilità con le codifiche
HDR10 e Dolby Vision,
ma non abbiamo trovato riscontri certi su
questo punto.
Aldilà della qualità
dell’elettronica
che
potremmo verificare
solo in un test di qualità su un esemplare
di produzione finale, i
nuovi tv Novum sono
un vero concentrato
di tecnologia: si tratta
di TV 4K HDR con capacità di raggiungere
luminosità di picco di
500 nits su oltre metà
dello schermo, com-
torna al sommario
patibile quindi con le specifiche UltraHD Premium. Il
tuner è addirittura quadruplo: digitale terrestre, satellitare, cavo e anche analogico, ognuno di questi
dual, ovverosia in grado di sintonizzare due canali per
volta. La scelta di inserire anche il tuner analogico,
apparentemente fuori del tempo, risulta invece molto
intelligente: in questo modo è possibile agganciare
eventuali canali modulati in analogico sul segnale
d’antenna cosa che può essere utile per esempio per
l’interfacciamento a sistemi di telecamere a circuito
chiuso o per la distribuzione in tutta la casa di contenuti video provenienti da sorgenti analogiche. I TV
Novum integrano poi un hard disk da 1 TB da utilizzare
per ospitare contenuti e come supporto di registrazione per la modalità PVR. I contenuti presenti sul disco,
comprese le registrazioni, possono essere visti anche
su qualsiasi TV connesso di casa attraverso la condivisione DLNA che questo apparecchio lascia attiva
anche quando è in stand-by.
Particolarmente valido, poi, l’audio, ottenuto attraverso
una soundbar integrata e posizionata alla base dello
schermo, interamente realizzata in legno: ad un primo
ascolto, è parsa decisamente valida, di certo molto
meglio di quanto non facciano i TV di questi tempi. Da
segnalare poi la compatibilità 3D con occhiali passivi
e soprattutto il doppio slot Common Interface +, ottimo per accedere contemporaneamente ai contenuti di
Premium e quelli di tivùsat. Molto ben realizzato il software gestione del TV che consente molte configurazioni, sia per quanto riguarda il controllo dell’immagine
sia per tutte le altre funzioni. Molto interessante, per
esempio, la possibilità di gestire impostazioni delle immagini e dei filtri differenti non solo sui singoli ingressi
esterni ma anche sui singoli canali sintonizzati: in questo modo è possibile scegliere per esempio un tipo di
impostazione per i canali in HD e un altro tipo per quelli
in standard definition, che richiedono spesso un profilo
di correzione degli artefatti più aggressivo. Interessante anche l’uscita cuffia, a volume indipendente, come
anche la disponibilità di un collegamento Bluetooth per
una cuffia o una soundbar o anche per una sorgente
audio esterna.
Molto bello il design, sopratttto quello della base: un
cerchio di metallo sul quale il TV sembra volare, tanto più che ruota facilmente senza che, a prima vista,
si possa capire come possa funzionare il meccanismo.
Da segnalare anche un piccolo display OLED posto
sotto lo schermo per la visualizzazione dell’ora o di altre informazioni, configurabile da menù e attivo sia a
TV acceso che in stand-by.
I prezzi non sono popolari (ma non lo è neppure l’apparecchio): il 65” dovrebbe sfiorare i 7mila euro, mentre il
55” dovrebbe fermarsi subito sotto i 5mila euro.
n.138 / 16
25 LUGLIO 2016
MAGAZINE
TV E VIDEO A tre mesi dal lancio il Blu-ray Ultra HD è ancora un fantasma: i dati di vendita non sono affatto incoraggianti
Inchiesta Ultra HD Blu-ray: c’è, ma chi l’ha visto?
Lo abbiamo cercato, si trova solo in pochi negozi, in aree specializzate. A confronto il Blu-ray è un successo planetario
N
di Roberto PEZZALI
evidente che è un player Ultra HD.
Online le possibilità aumentano, con Amazon che ha
a catalogo quasi tutti i titoli disponibili, ma è chiaro
che ad oggi il Blu-ray Ultra HD è una tipologia di prodotto che esiste solo per una nicchia di appassionati
minuscola anche rispetto agli acquirenti di Blu-ray.
Sembra assurdo, ma passeggiando di fronte alle corsie dell’home video all’interno di un grosso megastore sono ancora tante le persone che mettono nel
cestino o nel carrello una novità in DVD, quando magari allo stesso prezzo o ad un euro in più la versione
blu-ray è in bella mostra un paio di scaffali più avanti.
Warner Bros ammette una distribuzione ridotta: “Ci
siamo affidati soprattutto a Amazon e Media World,
ma i dischi sono presenti anche in qualche altro punto vendita di altre catene” ci dice un responsabile.
Quello che però impressiona maggiormente sono i
puri numeri: secondo il rapporto Univideo nel 2015 in
Italia si sono venduti, escluso il canale edicola, 16.5
milioni di DVD e 3.8 milioni di Blu-ray, quindi in quest’ultimo caso una media di 310.000 dischi al mese.
Se prendiamo il Blu-ray Ultra HD, uscito ad aprile,
Tutti hanno i Blu-ray, ma dei dischi 4K neppure
l’ombra in molti negozi
Tutti hanno i Blu-ray, ma dei dischi 4K neppure
l’ombra in molti negozi

eil Hunt, Chief Product Officer di Netflix, non
aveva tutti i torti quando definiva il Blu-ray
Ultra HD “un formato nato morto”. DVD e
Blu-ray, grazie anche ai forti sconti che ormai tutti
propongono, continuano a far registrare numeri tutto
sommato interessanti, ma non si può dire altrettanto del nuovo e rivoluzionario Ultra HD Blu-ray che
dovrebbe, secondo la BDA Association, traghettare
i consumatori verso 4K e HDR. Nessuna supposizione, solamente fatti: nel corso delle ultime settimane
abbiamo cercato nei principali negozi della grande
distribuzione player e dischi, confidenti del fatto che
una grande metropoli come Milano potesse offrire
un assortimento maggiore rispetto al punto vendita
del piccolo capoluogo di provincia, e i risultati non
sono certo stati soddisfacenti.
L’appassionato che vuole dischi in 4K a Milano deve
andare da Media World in viale Certosa: senza nessun cartello e senza essere messi in evidenza, i
nuovi Blu-ray Ultra HD sono esposti insieme agli altri
Blu-ray in corsia e solo la custodia rossa e il piccolo logo stampato nella parte alta lasciano intendere
che siamo davanti a qualcosa di diverso. Undici titoli
in tutto, nessuno imperdibile, rappresentano il maggior assortimento “fisico” che abbiamo trovato.
Grossi multimedia center come ad esempio
Mondadori, che conta su un buon catalogo di DVD e
Blu-ray, non hanno idea di quando (e se) arrivino i dischi, mentre altre catene come Unieuro confidano di
ricevere i dischi a fine agosto inizio settembre. “Chi
vuole vedere qualcosa adesso deve accontentarsi
del disco in bundle” ci dice un commesso, disco in
bundle nei lettori che quasi sempre devono essere
ordinati perché i pezzi disponibili son pochi.
Solo Samsung sembra aver distribuito nei punti vendita un modesto quantitativo di lettori Blu-ray Ultra
HD e in questo caso, al contrario dei dischi, chi visita
un negozio ha modo di capire di trovarsi davanti a
qualcosa di diverso: il lettore di BD UHD è posizionato a scaffale in mezzo agli altri lettori ma almeno è
torna al sommario
siamo di fronte a numeri decisamente diversi: in tre
mesi, dal primo di aprile al primo di luglio, ci risulta
siano stati venduti dai negozi 2.500 dischi 4K, con
The Revenant in testa ai gradimenti.
E i lettori? Ad oggi ci sono disponibili solo 2 modelli,
Samsung e Panasonic, che insieme hanno venduto
dai 450 ai 500 pezzi dal giorno del lancio (buona
parte Samsung). Un numero che combacia con il numero di dischi: probabile che i primi acquirenti abbiano acquistato una media di cinque dischi.
A tre mesi dal lancio sono 15 i titoli disponibili, 500
i lettori venduti e 2500 i dischi, numeri che non
giustificano neppure l’investimento necessario per
stampare in Ultra HD i nuovi titoli in uscita. Ed è proprio “investimento” la parola chiave: nessuna major
ha promosso il nuovo formato né nei negozi, né sui
giornali e nemmeno in TV. Non che negli altri paesi si
sia fatto qualcosa di diverso, ma almeno negli States
uno spot promozionale esiste.
Senza visibilità, una spinta promozionale decisa e un
preciso collocamento nei negozi il formato “del futuro” non arriva a domani.
Disegnata
per ascoltare
I nuovi diffusori CM10 S2 sono indubbiamente belli,
grazie alle loro linee pulite ed alle finiture di qualità
superiore. Ma come per tutte le realizzazioni Bowers
& Wilkins la forma deve seguire la funzione, grazie
alla doppia cupola dell’unità alti ed alla tecnologia
tweeter-on-top non crederete quanto bene la
musica può suonare.
www.audiogamma.it
n.138 / 16
25 LUGLIO 2016
MAGAZINE
ENTERTAINMENT Svelate tutte le nuove offerte Mediaset Premium per la prossima stagione
Ecco i nuovi prezzi di Mediaset Premium
Lo streaming su smartphone ora si paga
Si spende qualcosa in meno, ma senza il calcio e senza lo streaming su smartphone e tablet
Mediaset ha deciso di far pagare lo streaming su dispositivi mobili a parte: 3 euro al mese
di Roberto PEZZALI
M
ediaset Premium ha lanciato la nuova offerta “Premium”
che apre la calda stagione
2016 / 2017. Premium cercherà di valorizzare come sempre il suo contributo
principe, la Champions, e in quest’ottica
chi non è interessato al calcio apprezzerà un leggero ribasso del prezzo, con il
pacchetto “SERIE & DOC + CINEMA” che
costerà 20 euro al mese.
Serviranno 24 euro al mese invece per
i pacchetti “SERIE & DOC + SERIE A &
SPORT” e “SERIE & DOC + CHAMPIONS
& SPORT”, differenziati ovviamente dalla
presenza nel primo caso della Serie A e
nel secondo caso della Champions League. Servono 24 euro al mese anche per
“SERIE & DOC + SERIE A, CHAMPIONS
& SPORT”, perfetto per l’appassionato
di calcio che potrà vedere tutto: una tariffa che però è in promozione fino al 3
maggio 2017, poi si pagheranno 34 euro
al mese fino alla fine del vincolo contrattuale. In promozione anche il superpacchetto “SERIE & DOC + CINEMA + SERIE
A, CHAMPIONS & SPORT“, 29,00 euro al
mese fino al 3 maggio e dopo 39 euro al
mese. Per tutti i pacchetti è incluso l’HD
(per i pochi canali disponibili), la Smart
Cam Wi-fi e l’onDemand (con Infinity
incluso per chi ha il pacchetto Cinema).
Alle tariffe va ovviamente aggiunto il
corrispettivo iniziale di 69 euro, mentre
il costo della tessera sarà riaccreditato in
fattura. Oltre all’opzione bambini, che costerà 5 euro al mese, c’è una nuova opzione Play Mobilità che viene data gratis
per tre mesi e poi costa 3 euro al mese.
Questa è una vera novità: solo pagando
Play Mobilità di potrà accedere ai contenuti onDemand e ai canali in streaming
da browser, da smartphone e da tablet.
Mediaset vuole provare a fermare (tariffandola) la condivisione dell’accesso a
Premium Play: chi vorrà prestare l’ac-
count per vedere le partite ad una amico
o ad un parente sarà costretto a spendere 3 euro in più al mese. Una questione
questa ingarbugliata: quello che fino ad
oggi era Premium Play si sdoppia così in
onDemand e Mobilità: il primo permetterà di accedere al catalogo di circa 9000
contenuti (Infinity incluso) senza limiti da
TV con la Premium SmartCam, da decoder abilitati, da Xbox e Chromecast ma
non avrà i canali in streaming, il secondo darà l’accesso ai 9000 contenuti e ai
22 canali in streaming su smartphone,
tablet e browsernarsi su un canale compatibile per vedere comparire il “pallino”
verde con l’invito ad accedere a tivùon,
ovviamente solo sui TV e decoder compatibili.
ENTERTAINMENT Dopo il successo della finale di Champions, Premium pensa ad altre partite in 4K
Mediaset Premium: da settembre i big match in 4K
Premium si prepara alla prossima stagione: i big match del campionato saranno in Ultra HD
di Roberto PEZZALI
o avevamo già anticipato, ma ora alcuni produttori ci hanno confermato
che Mediaset sul 4K vuole fare sul
serio, anche guardando un po’ a quello
che farà Sky partendo dal 2017: la finale
di Champions League è stata solo un
antipasto. A partire da settembre i big
match della serie A saranno infatti trasmessi in 4K su Premium, anche perché
Mediaset si è messa in tasca i diritti accessori, quelli che permettono appunto
di trasmettere le partite sfruttando tutte
le ultime tecnologie disponibili.
Al momento si parla di circa 11/12 partite

L
torna al sommario
che verranno trasmesse (spegnendo alcuni
canali) sul digitale terrestre, accendendo come
già fatto nel corso della
finale di Champions un
canale temporaneo. La
visione sarà garantita a
tutti coloro che avranno un abbonamento
attivo e un TV compatibile HEVC a 60p, gli stessi che hanno
potuto vedere finale di Champions e
Europei. Mediaset sta valutando anche
cosa trasmettere in 4K della prossima
Champions League: la finale appare
quasi scontata, ma non è esclusa la trasmissione anche di qualche partita dei
quarti e delle semifinali.
Netflix accende
i propulsori
a curvatura
La licenza
di Star Trek
è sua
Netflix trasmetterà
in tutto il mondo (tranne
USA e Canada) la nuova
stagione di Star Trek
La licenza da il via
libera alla trasmissione
anche dei 727 episodi
delle prime storiche
serie. La partenza
è fissata in data
astrale 01/2017
di Michele LEPORI
È ufficiale: Netflix ha acquisito i diritti per la trasmissione in
188 Paesi del mondo della nuova
serie TV in partenza a gennaio e
di tutti i 727 episodi che fino ad
oggi hanno dato vita alla longeva epopea spaziale creata da
Gene Roddenberry. Star Trek,
Star Trek: The Next Generation,
Star Trek: Deep Space Nine, Star
Trek: Voyager e Star Trek: Enterprise arriveranno quindi sulla piattaforma di streaming verso la fine
del 2016, giusto in tempo per la
messa in onda della nuova serie
in partenza a gennaio. Fra i 188
Paesi di cui dicevamo, mancano
ovviamente gli Stati Uniti ed il
Canada, dove CBS distribuirà tramite la sua piattaforma All Access
sia le serie storiche dell’equipaggio dell’Enterprise sia la nuova
generazione di esploratori dello
spazio. Il lancio americano vedrà
la trasmissione di un episodio
speciale via CBS All Access, e poi
la trasmissione seguirà la canonica messa in onda di un episodio a
settimana. Per quanto riguarda la
trama, bocche ancora cucite.
n.138 / 16
25 LUGLIO 2016
MAGAZINE
ENTERTAINMENT È attivo tivùon, aggrega i contenuti in streaming delle reti TV pubbliche
tivùon: il VOD gratis ha la sua piattaforma
Da una schermata diventano disponibili tutti i programmi on demand di RAI, Mediaset e La7
T
di Roberto FAGGIANO
ivùon è finalmente realtà: tutti i possessori di un televisore certificato
tivùon possono accedere alla nuova
applicazione che raggruppa in un’unica
interfaccia user friendly la programmazione degli ultimi sette giorni delle reti
generaliste italiane, Rai, Mediaset e La 7.
L’applicazione è raggiungibile premendo il tasto “verde” del telecomando da
digitale terrestre e satellite, e una grafica in sovraimpressione avvisa i telespettatori della novità invitando alla prova.
tivùon è davvero ben fatto e risolve un
problema che l’MHP si porta dietro da
tempo, la frammentazione: ogni broadcaster per accedere ai contenuti onDemand ha creato una applicazione
dedicata e l’utente era costretto ad entrare e uscire dalle diverse applicazioni
per cercare i vari contenuti. Le app singole sono ancora raggiungibili tramite
il menù TivuLink, ma indubbiamente la
nuova applicazione che aggrega tutti i
canali, con interfaccia semplificata e mini-guida, è molto più pratica.
Via libera allo zapping
anche per la “catch-up TV”

Abbiamo provato in anteprima il servizio tivùon sia con un decoder Humax
Tivùmax Pro che con un TV OLED LG,
in entrambi i casi con successo. Per accedere all’applicazione basta andare su
un canale RAI e premere il tasto verde,
noi abbiamo provato tivùon prima del
lancio ufficiale, ancora senza “inviti” a
schermo ad accedere alla app: dal lancio ufficiale (avvenuto lunedì 18 luglio)
basta posizionarsi su un canale compatibile per vedere comparire il “pallino”
verde con l’invito ad accedere a tivùon,
torna al sommario
ovviamente solo sui TV e decoder compatibili. Questo “pallino” affianca quello
rosso per le altre applicazioni fornite
dalla RAI e da quello blu dedicato ad
applicazioni temporanee (a breve ci
sarà quella dedicata alle Olimpiadi di
Rio). Una volta premuto il tasto verde
del telecomando appare una schermata che riunisce i servizi di guida ai programmi (praticamente i palinsesti per i
7 giorni successivi), tivùlink (ovverosia
le scorciatoie alle app dei vari broadcaster) e la vera funzione di tivùon, cioè
l’accesso alla visione in streaming degli ultimi 7 giorni. Il servizio, almeno al
momento, si riferisce ai canali principali
di RAI (gli stessi che si trovano su RAI
Replay), Medisaet e La7, ma non è da
escludere che possano aggiungersene
degli altri.
Da qui basta spostarsi sulla destra per
andare sul logo dell’emittente desiderata, cliccando su uno dei tre loghi si
entra nella sezione dedicata. Quindi per
la RAI possiamo accedere ai contenuti
disponibili degli ultimi 7 giorni di Rai 1,
Rai 2, Rai 3 e Rai 5. Per Mediaset ci sono
Canale 5, Italia 1, Retequattro e La5
mentre per La7 troviamo La7 e La7D.
Il vantaggio evidente rispetto alle applicazioni proprietarie è che si può passare
dalla programmazione di un’emittente a
quella di un’altra senza cambiare ambiente e app, inaugurando così l’era
dello zapping anche per in video on demand. Da segnalare, almeno per quello che abbiamo potuto vedere che RAI
mette a disposizione solo le trasmissioni
dei 7 giorni precedenti ma non quelle
del giorno corrente; Mediaset e La 7, pur
con un certo ritardo, invece, caricano i
contenuti anche durante la giornata.
Una volta entrati nel giorno e nel canale desiderato si può scegliere il programma da vedere e farlo partire con
un semplice clic: il contenuto arriva in
streaming via Internet con una qualità
generalmente “accettabile”, anche se
migliorabile. Altrettanto semplice interrompere momentaneamente la visione.
Poi, nella schermata principale e in tutti i
menù, rimane visibile un riquadro con il
programma in onda in quel momento, in
modo tale che mentre si cerca il contenuto desiderato non si perde comunque
la visione della diretta. Per semplificare
la visione, una volta selezionato il contenuto desiderato, questo parte subito
a tutto schermo, senza bisogno di premere altri tasti come accade ora con le
singole applicazioni disponibili in MHP o
su smartphone e tablet.
Per accedere ai servizio tivùon è necessario un televisore o un decoder certificato (il bollino, tra quelli tivù, è a forma
triangolare) e ovviamente un buon collegamento a Internet; per tutti gli altri tivù,
anche se connessi, che non dovessero
essere compatibili, semplicemente non
esce l’avviso di premere il tasto verde e,
premendolo, non accade nulla.
Infinity a caccia
di Netflix
In arrivo
4K e HDR
Secondo alcune
indiscrezioni da noi
raccolte, Infinity
sarebbe pronta ad
arricchire la sua offerta
con contenuti 4K e HDR
Manca una data
precisa, ma l’autunno
potrebbe essere
periodo propizio
Intanto arrivano
anche le app
per PSVita e Hisense
di Roberto PEZZALI
Infinity è pronta con HDR e 4K:
ancora manca una data precisa
ma secondo alcune indiscrezioni
da noi raccolte l’autunno potrebbe essere il periodo propizio. La
piattaforma di video on demand
italiana è sempre stata molto attiva dal punto di vista tecnico, ed è
anche una delle poche che oltre
ad offrire l’app per tutti i dispositivi permette anche il download in
mobilità. Dopo aver fatto un primo
tentativo in chiave 4K con la gamma SUHD Samsung, Infinity è ora
pronta ad allargare la fruizione
di contenuti a risoluzione “ultra”
anche ai TV degli altri produttori,
aggiungendo per alcuni contenuti
anche la possibilità di riproduzione HDR se il dispositivo è compatibile. Restano solo alcuni nodi da
sciogliere legati ai contenuti, ma
la piattaforma tecnica dovrebbe
essere in fase di test avanzato.
Nel frattempo non si ferma il rilascio dell’applicazione per un numero sempre più ampio di device:
Infinity sbarca infatti sui TV Smart
Hisense e su PS Vita, con l’ap
scaricabile dal PS Store.
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25 LUGLIO 2016
MAGAZINE
ENTERTAINMENT TIM ha lanciato il decoder TIMVision, basato su Android e compatibile 4K: un’occasione per valutare anche l’offerta
TIMVision è meglio di Netflix, NowTV e Infinity?
Il servizio di streaming di TIM è cresciuto talmente tanto da poter essere considerato sulla carta uno dei migliori in Italia
T
di Roberto PEZZALI
IM ha annunciato la disponibilità del nuovo decoder TIMVision basato su Android TV. Del nuovo decoder avevamo già parlato quando era
stato annunciato: un piccolo cilindro con all’interno
Android TV, facile e semplice da usare e dotato anche di un tuner DVB-T2 HEVC per accedere ai contenuti TV di oggi e di domani. Il decoder, che abbiamo
provato, funziona davvero bene e oltre ad assicurare la
compatibilità con tutto l’ecosistema Android TV, quindi
giochi e app (non moltissimi a dire il vero), permette anche di accedere al servizio), integra anche una nuova
app TIM Vision con il suo ampio catalogo di contenuti.
TIM si dimostra inoltre molto più aperta di altri: se il set
top box di NowTV permette l’accesso solo al servizio
Sky, sul decoder TIM Vision ci sono le app di Premium
Online e a breve arriverà Netflix, applicazioni che sono
comunque già fruibili grazie a Google Cast.
Il decoder, che supporta 4K, audio multicanale, ha una
connessione Wi-Fi integrata e una memoria espandibile (8 GB lo storage di base) sarà in vendita a 109 euro,
da settembre sarà disponibile per i clienti che già usano TIMvision e hanno un vecchio decoder ed è in promozione di lancio per i clienti TIMSMART alle stesse
condizioni dell’attuale decoder.
Il decoder, se qualcuno dovesse pensare di fare un affare, funziona solo sulla rete di TIM, ma il servizio TIMvision, proprio come Infinity, Netflix e NowTV, funziona
con tutti gli operatori ed è supportato da un numero
davvero ampio di dispositivi.
Perchè tutti parlano di Netflix
e nessuno di TIMvision?
Ci siamo quindi chiesti: ma è possibile che nessuno
parli mai di TIMvision quando si prende in considerazione un servizio di streaming?
Secondo TIM, TIMvision è leader di mercato, ha più
abbonati di Netflix e dei servizi di Sky e Mediaset, con
circa 700.000 clienti attivi: “le persone che avrebbero accesso al servizio sarebbero di più, ma noi consideriamo solo quelle che hanno guardato almeno
un contenuto” ci dice Daniela Biscarini, Responsabile
Multimedia Entertainment & Consumer Digital Services
di TIM. Sarà il suffisso “TIM”, poco adatto forse ad un
servizio di video on demand, sarà che si tratta di un
servizio italiano e spesso gli utenti guardano sempre al

Le serie TV non sono moltissime, ma sono complete di tutte le stagioni
torna al sommario
prato del vicino credendolo più verde, sarà la partenza
flop (ricordate Cubovision?) ma onestamente il TIMvision di oggi non merita affatto di essere dimenticato
quando si deve sottoscrivere un servizio di streaming.
Anzi, per certi aspetti si potrebbe dire che è addirittura
migliore di Netflix, NowTV e Infinity, e potremmo portare un buon numero di elementi validi per avvalorare
questa teoria.
Costa 5 euro al mese
Ha un numero enorme di contenuti
Si parte dal prezzo, 5 euro al mese: di fatto è il più economico servizio di streaming disponibile in Italia, e con
5 euro si può accedere a circa 8.000 contenuti. Esatto: TIMvision ha più contenuti di Netflix, di Infinity e di
NowTV. I numeri come sempre dicono poco, ma se si
va ad analizzare il catalogo e si guarda alla qualità si
scopre che non solo, dove disponibile, il contenuto è in
HD, ma che il catalogo di TIMvision è oggi decisamente
ricco di serie TV, film e contenuti per bambini. Sul sito
il catalogo è consultabile liberamente quindi ognuno può farsi un’idea di quello che troverà, ma bisogna
sempre ricordare che per un questione di diritti non è
possibile attingere al catalogo di contenuti recenti in
mano alle pay TV. TIM sta arricchendo il catalogo di
mese in mese, e un recente accordo con NBCUniversal ha portato su TIMvision molti film e serie della major
di grande richiamo, come ad esempio buona parte
della filmografia di Hitchcock. TIMvision è forse un po’
carente forse sulle serie TV, dove i titoli di rilievo sono
pochi, ma ogni serie disponibile è comunque completa
in tutti gli episodi e in tutte le sue stagioni.
La vera sorpresa è il catalogo bambini, che non solo
integra tutti gli episodi dei contenuti preferiti dai piccoli
di oggi (Alvin, Curioso come George, Masha e Orso,
Paw Patrol, Peppa Pig etc) ma ha all’interno anche tutti i classici Disney e molti cartoni, completi di tutti gli
episodi e stagioni, che hanno accompagnato nella loro
infanzia i genitori di oggi. Stiamo parlando di Sampei,
Holly e Benji, Mazinga, Il tulipano nero, Hello! Spank, i
Puffi, Pollon e tanti altri cartoni, contenuti che ora possono essere rivisti interamente episodio per episodio.
TIMvision ha un catalogo quindi che non è affatto male,
e per la presenza dei classici Disney, di un numero
enorme di cartoni e di moltissimi film in HD sicuramente non è inferiore ai competitor, anzi. Non abbiamo poi
citato i documentari e i concerti, altra sezione inclusa
decisamente vasta. TIMvision è anche cross-platform:
l’applicazione è disponibile per iOS e Android, tablet
e smartphone, c’è sulle principali piattaforme smart TV
e funziona anche con Chromecast. C’è infine un altro
aspetto che rende TIMvision decisamente interessante, ovvero il fatto che chi utilizza una SIM TIM non paga
il traffico dati: questo vuol dire che basta un abbonamento TIM o una sim in un tablet (con l’accortezza di
abilitare i dati per la sola app TIM Vision) e godere della
visione illimitata dei contenuti in mobilità sotto rete 3G
o 4G. La scelta di un servizio di streaming è legata molto al tipo di contenuto che propone, tuttavia il TIMvision
di oggi non ha nulla da invidiare agli altri servizi, anzi.
Ha un catalogo di film e contenuti per bambini (3500
film e cartoni) enorme rispetto agli altri servizi, ha una
interfaccia finalmente veloce, ha l’HD ed è compatibile con un numero enorme di dispositivi, tutto questo a
5 euro al mese senza vincoli. Manca il download, ma
con una SIM TIM nel tablet non serve.
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25 LUGLIO 2016
MAGAZINE
MOBILE Compaiono in rete altre foto di iPhone 7: sono molto convincenti e mostrano tre modelli
Gli iPhone 7 saranno tre: Standard, Plus e Pro
Tutto sembra indicare che si tratti del vero iPhone, ma sul retro c’è una poco rassicurante “s”
La nuova generazione
di Gorilla Glass
nei test di laboratorio
ha dimostrato maggiore
resistenza rispetto
alla precedente
generazione, anche
da cadute da 1,6 metri
di Franco AQUINI
C
i risiamo, di nuovo foto rubate del
prossimo iPhone 7. Questa volta
le foto mostrano chiaramente i tre
presunti nuovi modelli di iPhone, dalla
versione standard da 4,7 pollici alla Plus
con display da 5,5’’ per finire con la new
entry: l’iPhone 7 Pro con smart connector
e dual camera. Tutto farebbe pensare che si tratti proprio del vero iPhone,
apparso più volte in rete proprio con
l’aspetto che ricalca quello del 6 e del 6s.
Se non fosse per la foto che ritrae il retro,
su cui compare la lettera S e che Apple
associa normalmente al restyling che
ogni due anni rivitalizza l’iPhone con caratteristiche tecniche potenziate rispetto
al modello dell’anno precedente.
Sulla carta, questo è l’anno dell’iPhone 7,
quindi del modello con un design tutto
nuovo. Tuttavia è ormai da tempo che si
parla di un probabile restyling che spianerebbe la strada a novità più consistenti
in arrivo l’anno prossimo, giusto in tempo
per festeggiare il decennio dalla nascita
del primo modello. Se così fosse, signifi-
di Gaetano MERO
cherebbe che Apple starebbe tentando
la strada del ciclo di vita triennale anziché biennale. Come sempre, prendete
tutto (foto comprese) con le pinze: è un
rumor che arriva dall’altra parte del mondo e deve restare tale. È invece certo
che da qualche anno Apple non riesce
più a difendersi dalla fuga di notizie e
puntualmente i rumor dei mesi precedenti la presentazione si rivelano fondati. Staremo a vedere, manca il “classico”
paio di mesi alla verità.
MOBILE ZTE ha stretto un accordo con Media World per commercializzare i propri device
Da Media World arrivano gli smartphone ZTE
Già disponibili gli smartphone Blade V7 e Blade V7 Lite e atri prodotti di fascia entry-level
Z
di Gaetano MERO

TE ha siglato un accordo con la
catena di elettronica di consumo
Mediamarket S.p.A. per la commercializzazione dei propri device tramite i
punti vendita Media World e attraverso
la piattaforma e-commerce della società.
Ciò permetterà al produttore cinese di
introdurre per la prima volta all’interno
del catalogo di un retailer italiano i due
smartphone top di gamma Blade V7 e
Blade V7 Lite.
Blade V7 è dotato di un pannello IPS Full
HD da 5.2”, bordi arrotondati, corpo in
alluminio con uno spessore di appena
7,5 mm. La fotocamera principale è da
13 Mpx con doppio flash LED dual tone
in grado di scattare foto con risoluzione
4128x3096 pixel e registrare video in Full
HD alla risoluzione di 1920x1080 pixel. La
fotocamera anteriore è invece da 5 Mpx.
Il processore è un octa-core da 1,3 GHz
torna al sommario
Gorilla Glass 5
Sempre più
indistruttibile
Mediatek, a bordo troviamo anche 2 GB
di RAM e 16 GB per lo storage interno
espandibili con micro SD. La batteria è
da 2.500 mAh e supporta la tecnologia
di ricarica rapida “Quick Charge”. Il telefono è inoltre abilitato alle linee 4G LTE
ed è già disponibile a 229€ nelle varianti
grigio oppure oro.
Anche Blade V7 Lite presenta della feature interessanti. Il display è un IPS da 5”
con risoluzione di 1280x720 pixel. La fotocamera principale è da 13 Mpx, quella
anteriore da 8 Mpx, . Il processore a bordo è un quad-core Mediatek da 1,0 GHz,
la RAM in dotazione ammonta a 2 GB, 16
GB sono invece riservati alla ROM espandibile con scheda di memoria. Anche qui
il case è in alluminio con uno spessore
di 7,9 mm, in più dietro la scocca trova
collocazione un lettore di impronte per
sbloccare il telefono in 0,3 secondi, la
batteria è identica al V7. È disponibile da
subito, nell’unica colorazione silver, ad
un prezzo di listino di 179€.
Entrambi i modelli montano l’ultima versione del sistema operativo Android.
ZTE proporrà tramite il catalogo Media
World anche altri tre smartphone di fascia entry-level: il Blade L5 Plus ad un
prezzo di 109€, il Blade A452 a 139€,
e il Blade A506 a 159€. L’operazione
costituisce la prima di una lunga serie
di mosse strategiche di ZTE nel nostro
Paese che ha manifestato l’intenzione di
ampliare la presenza dei propri prodotti
presso i principali canali distributivi italiani nei prossimi mesi.
È già in produzione la quinta
generazione di Gorilla Glass, il
vetro utilizzato dalle principali
società del settore hi-tech, che
sarà montato sulla maggior parte
dei device in uscita entro la fine
dell’anno. Ad annunciarlo è stata l’azienda produttrice Corning
che ha anche rivelato alcune
delle nuove caratteristiche del
prodotto. Gorilla Glass 5 andrà a
sostituire la precedente versione, introdotta nel 2014, rispetto
alla quale è più flessibile, più
robusto e due volte più resistente alle cadute da circa un metro
d’altezza su superfici irregolari.
I test effettuati hanno dimostrato
inoltre che il vetro resiste maggiormente ai graffi ed è rimasto
integro l’80% delle volte in cui
è stato fatto schiantare al suolo
da 1,6 metri. La ricerca da parte
di Corning si è concentrata sulle
cadute accidentali più frequenti:
all’altezza della vita, quando ad
esempio il telefono scivola dalla
tasca, e all’altezza delle spalle,
posizione che assumiamo quando stiamo scattando un selfie o
una foto. John Bayne general
manager Corning ha dichiarato a The Verge che tuttavia le
performance del vetro su uno
smartphone dipendono molto
dal design del dispositivo, dalla
presenza di una cornice solida e dal livello in cui il vetro è
collocato rispetto alla scocca.
Corning, azienda leader che
possiede ormai i tre quarti del
mercato, partecipa inoltre alle
fasi di progettazione dei device
con la maggior parte dei produttori per garantire il miglior risultato possibile.
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25 LUGLIO 2016
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MOBILE Debutta in Cina la versione compatta di Honor V8 di cui riprende diversi elementi tecnici
Honor 8, lo smartphone con doppia fotocamera
È dotato di schermo da 5.2”, con processore Kirin 950 e una sezione fotografica di qualità
di Giulio MINOTTI
a gamma di Honor diventa ogni
giorno sempre più ampia e interessante. In un evento svoltosi a
Shangai è stato presentato il nuovo
Honor 8, uno smartphone che riprende
vari elementi tecnici del fratello maggiore Honor V8. A bordo di questo flagship
troviamo un SoC octa core Kirin 950,
con 4 core Cortex-A72 da 2.3 GHz e 4
del tipo A53 con frequenza di 1.8 GHz,
affiancati da una GPU Mali-T880 MP4.
Inoltre, è presente un display da 5.2
pollici con curvatura 2.5D e risoluzione
FullHD, capace di riprodurre il 96% della gamma colori NTSC. Honor 8 verrà
proposto in tre diverse configurazioni,
la prima con 3 GB di RAM e 32 GB di
memoria interna, la seconda con 4 GB
di RAM e 32 GB di storage, mentre la
terza offre 4 GB di RAM e 64 GB di
memoria integrata, con la possibilità di
espanderla ulteriormente con Micro SD
fino a 128 GB. Passando al comparto
fotografico, anteriormente troviamo un
sensore da 8 Megapixel con apertura
focale f/2.4, mentre sul posteriore è
stato montato un doppio sensore da
L
L’atteso phablet
del colosso coreano
verrà mostrato
al pubblico in un evento
che si terrà a New York
con presentazioni
anche a Rio de Janeiro
e Londra
di Giulio MINOTTI
12 Megapixel (di cui uno monocromatico) con flash LED a doppio tono, autofocus laser, apertura f/2.2 e pixel delle
dimensioni di 1,76 micron; camera che
promette ottime foto anche in condizioni di bassa luminosità. Decisamente
completa la connettività con il supporto
alle reti LTE, Wi-Fi 802.11 a/b/g/n/ac (2.4
GHz e 5 GHz), Bluetooth 4.2, GPS, NFC
e porta USB Type-C. La batteria ha una
capacità di 2.900/3.000 mAh con ricarica rapida, mentre il sistema operativo
è Android in versione 6.0 Marshmallow
con interfaccia personalizzata EMUI 4.1.
A bordo sono presenti anche un sensore infrarosso e quello per il riconoscimento delle impronte digitali posizionato nella parte posteriore. Le dimensioni
di Honor 8 sono di 145.5 x 71 x 7.45 mm
per un peso di 153 grammi e presenta una scocca rivestita da una doppia
superficie in vetro, sia sul frontale che
sul posteriore. Questo smartphone è
disponibile in Cina in varie colorazioni
(Pearl White, Sunrise Gold, Midnight
Black, Sakura Pink e Sapphire Blue) con
un prezzo da 270 a 338 euro. Honor 8
sarà presentato in Europa il 24 agosto.
MOBILE Il phablet di HP si rivolge a un’utenza business e punta a sostituire in parte PC e notebook
HP Elite x3 è in arrivo in Italia a 853 euro
Il top di gamma del produttore americano ha uno schermo da 5,96” e SoC Snapdragon 820
P
di Giulio MINOTTI

resentato in occasione del Mobile
World Congress 2016, HP Elite x3
arriva finalmente sullo store italiano a un prezzo a partire da 853 euro,
Iva Inclusa. Una cifra importante per
un phablet che si rivolge principalmente a un’utenza business e che punta a
sostituire almeno in parte PC fissi e notebook grazie alla modalità Continuum
di Windows 10 Mobile e alle due dock
sviluppate da HP per questo device. Al
momento sullo store dell’azienda è presente solo la Desk Dock, al costo di 157
euro, che consente di collegare all’Elite
x3 un display esterno, mouse e tastiera,
con porte USB e presa Gigabit Ethernet. Non dimentichiamo, inoltre, la Lap
Dock, che consente di usufruire della
torna al sommario
È ufficiale
il Galaxy Note 7
verrà presentato
il 2 agosto
modalità Continuum
anche in mobilità
grazie a un device
che ricorda un comune
notebook.
Ovviamente privo di
capacità di calcolo,
questo accessorio
include uno schermo da 12,5” Full HD,
una tastiera con
touchpad, una batteria da 46,5 WHr, porte USB Type-C e
Micro HDMI, per un peso limitato a un
chilogrammo. Concludiamo ricordando
anche le specifiche dell’Elite x3 che include un potente SoC Snapdragon 820,
affiancato da 4 GB di RAM e uno storage di 64 GB espandibile via MicroSD. Lo
schermo è un generoso 5,96” AMOLED
con risoluzione di 2.560x1.440 pixel,
mentre la fotocamera posteriore è da
16 Megapixel e quella anteriore da 8.
Ricordiamo, inoltre, la batteria da ben
4150 mAh, il lettore di impronte digitali
e lo scanner dell’iride, oltre alla certificazione IP67 e la variante Dual SIM. HP
Elite x3 dovrebbe arrivare sul mercato
subito dopo l’estate.
Dopo un’infinità di rumor, Samsung
ha finalmente annunciato la data di
presentazione del Galaxy Note 7,
confermando inoltre la denominazione del suo prossimo phablet,
che si uniforma all’attuale generazione della serie S. Il Note 7 verrà
mostrato al pubblico al Samsung
Galaxy Unpacked Event, presentazione trasmessa anche in streaming, che si terrà a New York il
2 agosto alle 11.00 ora locale (alle
17.00 ora italiana) in contemporanea con altri eventi che si svolgeranno a Rio de Janerio e Londra.
Di questo smartphone sono note
ormai la gran parte delle specifiche tecniche: uno schermo da
5.7 pollici con risoluzione QHD curvo ai lati, 4/6 GB di RAM, almeno
64 GB di storage (espandibile via
Micro SD) e certificazione IP68,
per la resistenza all’acqua e alla
polvere. Inoltre, dovrebbe essere confermata la presenza dello
scanner dell’iride con un prezzo di
partenza di 849 € per la versione
europea. Galaxy Note 7 monterà, molto probabilmente, il SoC
Exynos 8893 con uno Snapdragon
82X riservato al mercato USA. Infine, dovrebbe essere presente lo
stesso comparto fotografico dell’S7 con una camera posteriore da
12 Megapixel (Dual Pixel) e anteriore da 5 Megapixel.
n.138 / 16
25 LUGLIO 2016
MAGAZINE
MOBILE Scoperta una grave vulnerabilità in iOS e OS X: inviando una foto si può accedere al sistema
Pieno accesso a Mac e iPhone con una foto
Conviene aggiornare il sistema operativo
Apple ha già provveduto a correggere il problema nelle ultime versioni dei suoi software
N
di Roberto PEZZALI
essun sistema operativo è immune, e quelli che un tempo erano
bug innocui oggi, nel mondo dei
dispositivi connessi, si trasformano in pericolose vulnerabilità che i malintenzionati possono sfruttare per accedere ai dati
personali. Apple è una delle aziende più
attente alla sicurezza dei propri utenti, e
proprio per questo fa sempre notizia la
scoperta di un pericolosissimo bug che
permette, semplicemente inviando una
immagine, di eseguire codice maligno e
avere accesso allo storage e alla cached
password di sistema, che comunque
sono criptate. La falla è simile nel principio a quella che aveva colpito Android:
sul sistema di Google il buco era nella
libreria di rendering dei contenuti multimediali, Stagefright, in iOS e OSX è nella
Image I/O API, la libreria che gestisce il
rendering e la visualizzazione delle immagini. In questo specifico caso il cavallo
di troia è l’immagine in formato Tiff: un
hacker potrebbe nascondere
all’interno
di una immagine opportunamente creata
codice che viene eseguito automaticamente
dallo smartphone o dal
Mac quando Spotlight
o l’applicazione che
sfrutta la libreria prova
a visualizzarla.Non serve nemmeno “aprire”
il file, perché lo fa automaticamente il sistema operativo al posto nostro per mostrarci in anteprima il contenuto. Inutile
però creare eccessivi allarmismi: la prima
cosa da dire è che Apple ha già corretto
la falla non appena gli è stata segnalata,
la seconda è che comunque solo alcune versioni di iOS e OSX sono colpite
dal bug e sono OS X Mavericks v10.9.5,
OS X Yosemite v10.10.5 OSX, El Capitan
v10.11.5 e iOS 9.3.2, watchOS 2.2.1 & tvOS
9.2.1. Gli utenti che hanno installato una
Mastercard
offre la sua tecnologia
MasterPass direttamente
alle banche
per integrarla
nelle piattaforme
di pagamento e app
di Emanuele VILLA
di queste versioni devono in pratica aggiornare all’ultima versione disponibile
per stare tranquilli, gli altri (anche coloro
che hanno ancora iOS 8 o iOS 7) non
corrono alcun pericolo. La situazione è
quindi ben diversa da quanto successo
con Android, dove i dispositivi in pericolo
erano più di un miliardo: la falla in quel
caso era un bug presente in quasi tutte
le versioni del sistema operativo, e probabilmente nel 90% dei casi è ancora lì
pronto per essere sfruttato.
SCIENZA E FUTURO Aquila è un velivolo a energia solare progettato dal Facebook Connectivity Lab
Primi test di Facebook Aquila, l’aereo progettato
per portare Internet a 1,6 miliardi di persone
Aquila mira a garantire l’accesso alle reti mobili a banda larga nelle zone prive di infrastrutture
di Gaetano MERO
F

acebook ha annunciato l’esito più
che positivo dei primi esperimenti
di volo con Aquila, il velivolo senza
pilota ad energia solare in grado di librarsi a 60.000 piedi d’altezza progettato per
fornire ad oltre 1,6 miliardi di persone un
accesso ad Internet nelle zone in cui non
esistono infrastrutture. Aquila è il frutto
del lavoro del Facebook Connectivity
Lab, un laboratorio nato in seguito all’impegno preso dalla società all’interno
del consorzio Internet.org, che ha come
scopo la costruzione di nuove tecnologie,
tra cui aerei, satelliti e sistemi di comunicazione wireless, a beneficio di quel 60%
della popolazione mondiale priva di qualsiasi tipo di connessione al web. Durante
il primo volo il prototipo è rimasto in quota
torna al sommario
circa 96 minuti, più del triplo del tempo
previsto per il test, arrivando a 2.150 piedi
con un consumo energetico di appena
2.000 watt. Aquila ha l’apertura alare di
un aereo di linea, è dotato di un impianto
di ricarica a pannelli solari e a progetto
ultimato riuscirà a raggiungere 18 Km d’altezza, circondare una regione fino a circa
100 km di diametro fornendo connettività
tramite un sistema ad onde millimetriche
e volare autonomamente tre mesi consecutivi. La prova è servita per raccogliere
fondamentali informazioni in merito ad
aerodinamica, sistema di controllo e performance delle batterie. “Siamo incoraggiati da questo primo successo – afferma
l’ingegnere responsabile del progetto
Jay Parikh – ma abbiamo ancora molta
strada da percorrere. Per raggiungere il
nostro obiettivo infatti dovremo supera-
MasterCard
si allea
con le banche
per i pagamenti
Contactless
re il record mondiale di volo ad energia
solare senza pilota che si attesta attualmente a due settimane, ciò richiederà
progressi significativi nel campo della
scienza. Sarà inoltre necessario lavorare
di concerto con operatori, governi e altri
partner per distribuire i velivoli nelle regioni di interesse”.
Lo smartphone come strumento primario di pagamento, se ne
parla da tanto ma, nonostante i
molti annunci e la disponibilità di
dispositivi mobili NFC, i pagamenti
contactless stentano a decollare.
Mastercard ha quindi deciso di
smuovere le acque, rendendo disponibile MasterPass, la propria
soluzione per i pagamenti in mobilità, direttamente alle banche che
possono così integrare nelle loro
app e nella loro offerta multicanale
i nuovi strumenti senza imporre ai
titolare ulteriori download e configurazioni. Questa integrazione tra
gli strumenti online già disponibili
e il pagamento che si completa
semplicemente avvicinando lo
smartphone a uno dei 5 milioni di
POS già abilitati presenti in negozi
e supermarket di 77 Paesi nel mondo sarebbe, secondo Mastercard,
l’ultimo tassello per realizzare la
soluzione globale per l’e-payment.
MasterPass al momento è disponibile soltanto su dispositivi NFC con
sistema operativo Android, perché
Apple, che può contare sul proprio
servizio Apple Pay, rimane fuori dai
giochi. Il servizio a disposizione
delle banche, per il quale Mastercard ha realizzato vetrofania con
logo dedicato, sarà attivato entro
la fine di luglio negli Stati Uniti per
poi arrivare in Europa e negli altri
continenti tra la fine di quest’anno
e l’inizio del 2017.
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25 LUGLIO 2016
MAGAZINE
GAMING Nintendo ha annunciato il ritorno dal prossimo 11 novembre di Nintendo Classic Mini: Nintendo Entertainment System
NES, la storica console Nintendo a 8 bit, torna nei negozi
Grazie ad una piccola console anni ‘80 si potranno riscoprire perle del calibro di Super Mario Bros, Donkey Kong e Pac Man
di Francesco FIORILLO
trent’anni dal suo storico debutto e dopo aver segnato un’intera
generazione di videogiocatori, la
famosa console a 8bit di Nintendo è
pronta per un grande ritorno. Il colosso di Kyoto ha annunciato infatti che
dal prossimo 11 novembre, sugli scaffali
dei negozi, giungerà il Nintendo Classic
Mini: Nintendo Entertainment System,
una versione simile a quella originale
degli anni ‘80, ma dotata di dimensioni
ridottissime.
Questo nuovo esperimento nostalgico
potrà essere collegato alle TV ad alta
definizione tramite il cavo HDMI incluso,
mentre i 30 giochi preinstallati, tra cui figurano gli amatissimi Super Mario Bros.,
The Legend of Zelda, Metroid, Donkey
Kong, PAC-MAN e Kirby’s Adventure,
proveranno sia a far rivivere dolci ricordi assopiti dallo scorrere del tempo, sia
incuriosire i giocatori di oggi.
Nella confezione del Nintendo Classic
Mini: Nintendo Entertainment System,
A
oltre al cavo HDMI, troverà posto la
console, un cavo USB per alimentarla
e un Nintendo Classis NES Controller,
anch’esso adattato alle inedite dimensioni mini. I giocatori, ha specificato Nintendo, potranno collegare un secondo
Mini Controller, venduto separatamente
al prezzo di 10 €, o utilizzare magari un
Controller Tradizionale o un Controller
Pro per Wii. L’attacco di queste ultime
periferiche è infatti lo stesso presente
sulla nuova console e, volendo, si potrà
anche utilizzare il mini pad del nuovo
Nes per giocare su Wii e Wii U, dopo
averlo ovviamente collegato al Telecomando Wii.
Per rivivere le emozioni del passato o,
magari, creane di nuove con il Nintendo Classic Mini: NES occorreranno circa
60€, mentre i trenta giochi pre installati
(la nuova macchina da gioco non è compatibile ovviamente con le vecchie cartucce) offriranno di fatto la possibilità di
riscoprire i vecchi capolavori del passa-
GAMING Microsoft ha annunciato un nuovo bundle: Xbox One S e Gears of War 4. Prezzo 449$
Xbox One S, svelato il bundle con Gears of War 4
Stile decisamente sopra le righe per la Xbox One S in edizione limitata: rosso sangue!
I
di Francesco FIORILLO

n concomitanza con l’uscita dell’atteso quarto capitolo della saga di
Gears of War 4, lo ricordiamo atteso per il prossimo 7 ottobre, Microsoft
distribuirà nei negozi di tutto il globo
una versione speciale della sua nuova console. Il bundle a tiratura limitata
consentirà di avere, in cambio di 449
dollari (che in Europa si tramuteranno quasi certamente in 449€), una
Xbox One Slim da 2TB in tinta “rosso
sangue”, una copia digitale del gioco
in versione Ultimate Edition (compatibile dunque con le funzionalità Play
Anywhere e comprensiva del season
pass), lo stand per posizionamento
in verticale e un controller sempre in
tema Gears of War.
Oltre a tale particolare edizione per
collezionisti, caratterizzata tra l’altro da
diverse serigrafie legate allo sparattutto di The Colaition, il prossimo ottobre
i fan della serie potranno mettere le
torna al sommario
mani anche su un secondo controller
speciale, ispirato questa volta al design dell’armatura indossata dal protagonista J.D. Fenix.
Il prezzo di quest’ultimo è fissato sui
74,99$, mentre il filmato pubblicato
dal colosso di Redmond ci permettere
di ammirare ogni piccolo dettaglio sia
della nuova Xbox One S, sia del controller grigio-blu.
to. Nintendo NES Mini Classic si limiterà
a includere trenta giochi e non offrirà la
possibilità di scaricarne altri, neppure
tramite il servizio di Virtual Console presente su Wii U e Nintendo 3DS.
La console, inoltre, non presenterà ingressi per schede SD o altri supporti
e non potrà neppure essere connessa
alla rete. Di seguito i giochi racchiusi nel
case retrò di quest’ultima trovata della
grande N.o.
Balloon Fight, BUBBLE BOBBLE,
Castlevania, Castlevania II: Simon’s
Quest, Donkey Kong, Donkey Kong Jr,
DOUBLE DRAGON II: THE REVENGE, Dr.
Mario, Excitebike, FINAL FANTASY, Galaga, GHOSTS‘N GOBLINS, GRADIUS,
Ice Climber, Kid Icarus, Kirby’s Adventure, Mario Bros, MEGA MAN 2, Metroid,
NINJA GAIDEN, PAC-MAN, PunchOut!!Featuring Mr. Dream, StarTropics,
SUPER C, Super Mario Bros, Super Mario Bros 2, Super Mario Bros 3, Tecmo
Bowl, The Legend of Zelda, Zelda II:
The Adventure of Link
GAMING
Xbox One S
Nei negozi
il 2 agosto
Esposta per la prima volta sotto
le calde luci della ribalta in occasione della conferenza Microsoft
pre-E3 2016, Xbox One S ha
una nuova data d’uscita. Prevista
inizialmente per il 31 agosto, la
bianca console, che lo ricordiamo potrà contare su dimensioni
ridotte del 40% e sulla possibilità
di riprodurre video in 4K (compresi
i Blu-ray Ultra HD), apparirà sugli
scaffali dei negozi di tutto il mondo (Italia compresa) il prossimo 2
agosto. Quasi con un mese di anticipo. Come già precedentemente
annunciato dalla stessa Microsoft,
in tale data sarà disponibile esclusivamente la versione da 2TB,
commercializzata ad un prezzo di
399€. I modelli da 500GB e 1TB,
venduti rispettivamente a 299€ e
349€, non hanno invece una data
di uscita. Almeno per il momento.
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MAGAZINE
PC Per guardare i contenuti di Netflix sul PC a 1080p bisogna utilizzare il web browser di Microsoft
Netflix: 1080p su PC solo con Microsoft Edge
La riproduzione con tutti gli altri browser, Opera Chrome e anche Firefox, si ferma a 720p
F
di Francesco FIORILLO
in dai giorni successivi al lancio
di Edge, la società statunitense
si è impegnata molto per far si
che il suo neonato web browser giocasse ad armi pari con i dominatori
della scena, Chrome e Firefox in testa, avviando così una guerra a colpi
di proclami, annunci e app esclusive,
che ha comunque portato il colosso di
Redmond a spendere ingenti risorse.
Giusto la scorsa settimana, tramite
una nota ufficiale, Microsoft ha annunciato ad esempio che fra i grandi web
browser, che comprendono Chrome,
Firefox e Opera, solo Edge è in grado di offrire una risoluzione di 1080p
durante la riproduzione dei contenuti
di Netflix.
Il portale PCWorld ha provato quest’oggi a constatare la veridicità di
tale affermazione, testando proprio
Da Seagate
l’hard disk
da 10TB

Seagate ha annunciato la nuova serie di hard disk Guardian, composta
da tre famiglie destinate a diversi
segmenti di mercato. La prima,
BarraCuda Pro, è stata pensata
per l’utente consumer, la IronWolf
è invece destinata ai NAS, mentre
la SkyHawk è stata progettata per
i sistemi di videosorveglianza. Al
top della gamma troviamo versioni
con capacità fino a 10TB, con una
rotazione dei dischi di 7200RPM. In
particolare BarraCuda Pro integra
256MB di cache su tutti i modelli da
6, 8 e 10TB, con garanzia di 5 anni,
interfaccia (Sata 6Gbps) e transfer
rate massimo fino a 220 MByte
al secondo. Per quanto riguarda i
prezzi negli Stati Uniti, il Seagate
BarraCuda Pro da 10TB viene venduto a 535 dollari, mentre IronWolf
e SkyHawk rispettivamente a 470 e
460 dollari.
torna al sommario
il flusso video del noto servizio di
streaming online on demand.I risultati hanno dimostrato in effetti che
solo utilizzando Edge si può ottenere
una risoluzione di 1920x1080, mentre
i restanti browser si sono fermati ai
canonici 720p.
Microsoft è poi intervenuta di nuovo sulla faccenda, annunciando di
essere impegnata attualmente nello
sviluppo di codec e formati specifici
per la nuova generazione di media,
in modo da garantire la diffusione dei
video UltraHD.
Nuovo record
Samsung
per gli SSD
Arriva il disco
da 4TB
Finalmente il limite
di capacità degli SSD
diventa un ricordo
legato al passato
Samsung rilascia infatti
un nuovo taglio
del modello EVO 850,
l’unità SATA da 2,5”
da ben 4TB
Il prezzo è proibitivo
ma la strada ormai
è spianata
di Franco AQUINI
APP WORLD Plex: stessa esperienza su tutti i dispositivi
Plex rinnova l’app per Windows 10
I
di Franco AQUINI
l noto server multimediale Plex scrive un nuovo capitolo della sua storia: sul
Windows Store è disponibile l’attesa Universal App per desktop, che sostituisce la vecchia applicazione realizzata per Windows 8. Con la nuova app,
sfogliare il catalogo di contenuti multimediale sarà più semplice su tutti i dispositivi, poichè il concetto stesso di Universal App consiste nel garantire la stessa
esperienza utente sia su desktop, che su smartphone e tablet. Il condizionale è d’obbligo, perché la versione mobile, per ora, non è ancora disponibile.
La nuova app di Plex sfrutterà inoltre le caratteristiche di Windows 10, come Cortana
e Continuum. Con la prima sarà possibile interagire con l’app tramite comandi vocali. Continuum invece permetterà agli smartphone, collegati tramite docking station a
un monitor esterno, di visualizzare un’interfaccia molto simile a quella desktop.
I dischi SSD sono la manna dal
cielo per qualsiasi computer, il
solo lato negativo è la capacità di memorizzazione, almeno
fino ad oggi. Samsung introduce un nuovo taglio da 4 TB
dell’850 EVO, ovvero il modello
SATA da 2,5 pollici, quello più
utilizzato in assoluto per rimpiazzare i dischi meccanici su notebook e desktop.
È quindi chiusa l’epoca in cui bisognava scegliere tra capacità
o prestazioni? Quasi, perché la
capacità ora c’è, a patto di avere
anche un portafogli abbastanza capace. Il prezzo per questa
unità da 4 TB è di 1500$, il che
la rende appetibile solo a una
ristretta schiera di fanatici o tecno maniaci. Tuttavia è un buon
segnale, perché l’introduzione
di questo modello spingerà al
ribasso i tagli più piccoli (esiste
anche un taglio da 2 TB a 700$)
e perché dimostra che i limiti
tecnologici sono ormai ampiamente superati.
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AUTOMOTIVE Al momento, non si hanno informazioni certe da parte dell’azienda sul lancio sul mercato di queste tecnologie
Reportage dai laboratori di Jaguar Land Rover
Tutte le tecnologie per l’automobile del futuro
Jaguar Land Rover ha in cantiere un’infinità di tecnologie dedicate alla futura auto (anche fuoristrada) a guida autonoma
La redazione di DDay.it è andata in Inghilterra a scoprirle e possiamo tranquillamente dire che la ricerca è a buon punto
di Emanuele VILLA
S
iamo a Gaydon, in Inghilterra, sede del centro
ricerca e sviluppo di Jaguar Land Rover. L’idea
non è tanto quella di approfondire i contenuti
tecnologici delle vetture del gruppo inglese, ma di andare avanti nel tempo e parlare di future technology,
di guida autonoma anche in classe offroad e di tutte le
tecnologie che nei prossimi anni renderanno le nostre
auto sempre più smart e connesse. Non che non lo
siano già, tra app che aprono e chiudono le portiere e
mettono in sicurezza la macchina con un tocco dello
schermo, tag RFID che aprono il bagagliaio, controllo
a distanza e sistemi di infotainment super evoluti, ma
qui andiamo molto oltre e parliamo di convogli connessi, sistemi a ultrasuoni di predizione (non solo di
riconoscimento) del terreno, rilevamento automatico
degli ostacoli, assistenza alla guida, videocamere 3D
che mappano in tempo reale il terreno e soluzioni di
sicurezza avanzata.
Dal canto nostro, abbiamo avuto modo di provare
sul campo tutte queste tecnologie e possiamo testimoniare non solo la grande attività dell’azienda sul
fronte hi-tech, ma anche il fatto che alcune di queste
tecnologie saranno davvero in grado di cambiarci la
vita. Quando? Ecco, questo è il punto dolente: nessuno degli ingegneri e dei tecnici consultati è stato
in grado di fornirci una previsione accurata di lancio
sul mercato, ma la certezza è che tra qualche anno i
modelli attuali sembreranno lontani progenitori.
reno, ostacoli, modalità di marcia ecc), Land Rover ha
senza dubbio l’esperienza giusta per giungere a un
risultato brillante.
Ma c’è una precisazione da fare: Jaguar Land Rover
crede fortemente nelle tecnologie di guida autonoma
e semi-autonoma ma non ha nessuna intenzione di
realizzare un’auto driver less, ovvero totalmente senza pilota. Vuoi per una questione di piacere di guida o
perchè un’auto senza pilota richiede interventi normativi molto complessi e un’attenta gestione del capitolo
responsabilità, il concetto emerso è che le auto dei
due marchi non saranno mai driver less ma metteranno a disposizione del pilota un arsenale di tecnologie
pensate per rendere la guida più rilassante, efficiente
e sicura. Sempre con le mani sul volante.
Guida autonoma sì
ma il pilota non si tocca
Rischio tamponamento annullato
con C-ACC
Il primo tema affrontato dai dirigenti Jaguar Land Rover è relativo alle auto a guida autonoma. L’azienda
ci crede al punto da dedicare alla futura auto a guida
autonoma la stragrande maggioranza delle tecnologie su cui sta lavorando, anche - e soprattutto - in
ambito fuoristrada. Pur essendo consapevoli delle
enormi difficoltà nel far sposare concetti come guida
autonoma e offroad (basti pensare alle variabili di ter-
Ai non addetti ai lavori, il nome potrebbe risultare inquietante: la tecnologia si chiama C-ACC, acronimo di
Co-Operative Adaptive Cruise Control ed è un sistema avanzato di comunicazione V2I (Vehicle to Infrastructure) e V2V (Vehicle to Vehicle) capace di offrire
significativi benefici sulla sicurezza di guida. Tutti conoscono il Cruise Control e la sua variante Adaptive,
che regola la velocità di crociera sulla base di quella
del veicolo (o dei veicoli) che precede la vettura, ma
trattandosi di una tecnologia basata su radar, la distanza da tenere tra le due vetture è piuttosto ampia
perchè i tempi di reazione non sono istantanei nè in
frenata nè in accelerazione. In questo caso il Gap tra
i veicoli è di appena 6 metri. La tecnologia è appunto
nata per accorciare fortemente le distanze rispetto
all’ACC classico. La tecnologia in fase di studio nei
laboratori JLR aggiunge all’adaptive Cruise Control
una comunicazione wireless diretta (DSRC, Dedicated
Short Range Communication) tra i veicoli, di modo tale
che l’intervento da porre in essere sia estremamente
rapido ed efficiente. L’abbiamo provato, il risultato è
notevole: le due vetture possono tenere una distanza (regolabile tramite interventi software) nell’ambito
della ventina di metri, ma soprattutto possono muoversi a velocità sostenuta; gli interventi - anche bruschi - sui freni della vettura che precede sono replicati
in millisecondi di distanza da quella che segue, con
un effetto di reale sicurezza aggiunta.
Certo, l’impressione iniziale è quella di un vero e proprio atto di fede, specie quando le due vetture viaggiano a 20 metri di distanza e 80 Km/h di velocità,
ma (pur in condizioni di test, su una pista deserta e in
rettilineo) possiamo testimoniarne un funzionamento
promettente. Piuttosto, abbiamo domandato all’ingegnere JLR se si tratti di una tecnologia proprietaria
e che come tale potrebbe avere limitate applicazioni (modelli dello stesso marchio e licenze connesse)
ma fortunatamente apprendiamo che si tratta di una
piattaforma sulla quale l’azienda sta lavorando di concerto con altre aziende del settore tech ed automotive, cosa che la renderà presto uno standard. Presto
quanto? Anche qui, nessuno si sbilancia.

segue a pagina 20 
torna al sommario
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AUTOMOTIVE
Reportage Land Rover
segue Da pagina 19 
te i risultati migliori si otterranno quando entrambe le
tecnologie, quella basata sugli ultrasuoni e il mapping
3D del terreno saranno integrate nel medesimo sistema di bordo: in questo modo, infatti, il fuoristrada a
guida autonoma potrà prevedere un cambio di terreno e contestualmente la presenza di un ostacolo,
regolando in autonomia modalità di guida e velocità
di approccio all’ostacolo.
Clicca qui per il video.
Fuoristrada, ora il convoglio è connesso
Una delle novità più interessanti per chi ama il fuoristrada è la tecnologia Off-Road Connected Convoy,
una primizia assoluta in questo campo e una delle poche nuove tecnologie a non essere dedicata espressamente a un futuro autonomo. Qui il concetto è diverso: in una situazione di fuoristrada impegnativo,
dove le auto procedono in convoglio, chi apre la fila
deve essere il pilota migliore e con più esperienza; chi
segue, deve poter recepire informazioni in tempo reale per procedere in modo sicuro e spedito. Anche se
il suo livello di esperienza e abilità è inferiore. In tutte
le auto del convoglio viene installato un tablet (poi
sarà tutto integrato nell’infotainment) che indica la
posizione delle auto dello stesso via GPS e un’infinità
di altre informazioni derivanti dalla marcia del capofila: in pratica se questo si ferma, incontra un ostacolo,
cambia le impostazioni della modalità di guida ecc,
tutto il convoglio viene allertato e invitato ad agire di
conseguenza per non avere sorprese. Ma la tecnologia potrebbe servire anche a scopi turistici, magari
per segnalare alle auto del convoglio il luogo migliore
per scattare delle fotografie, fermarsi e scendere ad
ammirare la natura e via dicendo. Il sistema wireless
basato su tecnologia DSRC (Dedicated Short Range
Communications) offre un link diretto tra le auto fino a
1 Km di distanza, più che sufficiente in queste condizioni di utilizzo e per lo scopo della tecnologia stessa.
Gli ingegneri JLR ci hanno comunicato che è già allo
studio lo step successivo, che consentirà al capofila di
modificare (previo consenso delle auto del convoglio)
le impostazioni di guida delle altre vetture. Così anche
i meno esperti potranno avventurarsi in situazioni che
normalmente richiederebbero un bel po’ di pratica
con tutta la tranquillità di avere un istruttore esperto
sempre con sé. Clicca qui per il video.
Previsione del tipo di terreno
grazie a ultrasuoni e 3D mapping

Una delle tecnologie che abbiamo potuto approfondire con gli ingegneri JLR si chiama Surface ID ed è
indirizzata alla realizzazione del primo fuoristrada a
guida autonoma. Le tecnologie attuali consentono di
rilevare e modificare l’assetto e la modalità di guida
torna al sommario
Occhio ai lavori stradali
sulla base del tipo di terreno, ma nessuna si spinge al
punto di prevedere un cambio di terreno 5 metri prima
che la vettura ci salga sopra. Ci siamo fatti spiegare il
funzionamento, che si basa su un sensore a ultrasuoni
posizionato sul parafanghi anteriore (poi ovviamente
verrà integrato per risultare trasparente alla vista): i
tipi di terreno, come asfalto, ghiaia, sabbia, erba ecc,
rispondono in maniera molto diversa agli ultrasuoni,
e in questo modo l’auto è in grado di gestire la modalità di guida sulla base della lettura dei sensori. Il
problema qui sono i dati: gli ingegneri ci comunicano
di non avere alcuna intenzione di limitare la lettura a
macrocategorie come quelle citate ma vogliono affinare enormemente la sensibilità del sistema e per
questo stanno percorrendo in lungo e in largo svariati
tipi di terreno per acquisire informazioni che saranno
indispensabili per i futuri modelli commerciali. È un
po’ come fa Google, in pratica, ma per scopi molto
diversi. Clicca qui per il video.
Questa tecnologia verrà poi integrata con un’altra,
che JLR chiama Terrein Based Speed Adaptation,
per ottenere i migliori risultati nella guida autonoma.
Quest’ultima, che abbiamo avuto il piacere di provare,
non si basa sugli ultrasuoni ma su due videocamere 3D capaci di mappare l’ambiente fino a 30 metri
di fronte ad esso e di coordinare i risultati con i dati
degli accelerometri, sterzo, altezza di marcia e sensori di parcheggio; nonostante non sia in grado di
prevedere cambi di terreno, potrà visualizzare modifiche brusche di pendenza, restringimenti, eventuali
terreni sconnessi, buche e via dicendo, regolando in
maniera autonoma e proattiva la velocità. Ovviamen-
All’interno del centro di ricerca e sviluppo di Gaydon,
le tecnologie che Jaguar Land Rover sta sviluppando e che vedranno la luce nel prossimo futuro sono
moltissime. In questo servizio ci siamo soffermati su
quelle che abbiamo ritenuto più interessanti, molte
delle quali sono indirizzate alla futura realizzazione
dell’auto e del fuoristrada a guida autonoma. Ma oltre
i grandi pilastri tecnologici come il Connected Convoy e il riconoscimento/adattamento al tipo di terreno,
ci sono tante altre tecnologie in fase di lavorazione:
parliamo per esempio del Safe Pullaway, che impedisce al conducente di accelerare da fermo quando
la distanza dall’auto che precede è troppo ristretta e
di effettuare manovre di sorpasso (sempre da fermo)
quando non c’è spazio a sufficienza per effettuarle,
ma anche dell’Overhead Clearing Assist, che calcola
autonomamente l’altezza di una barriera (ma anche di
un ramo, nel caso di attività fuoristrada) per accertarsi
che l’auto ci passi senza problemi. Certo, ne abbiamo
sempre fatto a meno, ma che dire del caso in cui si
debbano portare delle biciclette sul tetto? L’altezza
dell’auto va impostata a mano, dopo di che il calcolo
di quella dell’ostacolo è gestita in autonomia dall’auto. Classica barriera all’ingresso di un parcheggio.
L’auto ci comunica che la sua altezza è di 1.8 metri,
ma l’auto (con le bici sul tetto) è a 2.6 metri. Frenare!
Last but not least, direbbero gli anglofoni, ci vogliamo
soffermare su Roadwork assist, pensata per facilitare la guida attraverso una congestionata situazione
di lavori stradali e tassello importante del concetto di
auto a guida autonoma secondo Jaguar Land Rover.
Quando ci si trova in una situazione di lavori stradali,
con i classici restringimenti di corsia, roadwork assist
riconosce grazie al 3D mapping e a un sofisticato software di riconoscimento delle immagini, gli elementi
di segnalazione (tipicamente, i coni stradali e le transenne) e guida l’auto al centro della corsia.
Il sistema è pensato per essere perennemente in stato
d’allerta: l’intervento è segnalato con un’icona sul cruscotto e si percepisce una lieve assistenza allo sterzo per
mantenere la vettura al centro del passaggio. Il sistema
funziona, ma anche qui non è
ammesso distrarsi: il sistema
facilita l’inserimento in stretti
corridoi applicando una forza
contraria ai movimenti che
ritiene sbagliati, ma non fa
tutto da sola.
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AUTOMOTIVE L’autonomia passa a 183 km reali, oppure quasi 300 in stile di guida urbano
300 km per la nuova batteria per BMW i3
Come era nei piani, BMW ha presentato la versione aggiornata della sua auto elettrica i3
Chi ha acquistato la vecchia versione potrà installare la nuova batteria da 33 kWh e 300 km
di Massimilano ZOCCHI
onsiderando il progetto sotto tutti
i punti di vista, probabilmente la
BMW i3 è una delle migliori auto
elettriche in circolazione, grazie a design appositamente studiato, l’uso del
carbonio nel telaio, plastica riciclata, e
interni all’avanguardia. Ha sempre sofferto però come molte altre auto 100%
“agli elettroni” di una autonomia che la
relega ad auto urbana o poco più, ovvero poco meno di 200 km (oppure 130
km nel severo standard EPA). Ora BMW,
come più volte annunciato ha lanciato
la nuova versione 2017, con una batteria
che passa dai vecchi 21.6 kWh a 33.2
kWh, il che porta l’autonomia a 183 km
reali, oppure quasi 300 in stile di guida
urbano. La notizia però che farà felici
coloro i quali sono già proprietari della
compatta elettrica è che BMW, come
deciso fin dalla creazione del progetto,
ha previsto la possibilità per i vecchi
clienti di passare al nuovo pacco batte-
C
ria. Così, chi lo desidera può restituire
la batteria meno performante e farsi installare quella nuova, al costo di 7.000
euro. Il pacco batterie rimosso verrà
riutilizzato per creare storage di rete.
Al momento questa possibilità è confermata solo per la Germania e il Regno
Unito, ma è ragionevole pensare che
come in passato la prassi sarà la stessa
in tutti i mercati principali europei. Anco-
ra in forse invece gli Stati Uniti. La nuova batteria è grande quanto la vecchia,
ma ha una densità energetica di circa il
50% in più, con le celle che passano da
60 Ah a 94 Ah, mantenendo però quasi
lo stesso peso. Chi opterà per l’acquisto direttamente del modello 2017 sarà
lieto di sapere che ha un listino quasi
invariato, con solo 1200 euro in più, cioè
36.150 euro.
AUTOMOTIVE Secondo Master Plan di Tesla, il precedente era stato pubblicato dieci anni fa
Pick-up, SUV, autobus e car sharing nei piani di Tesla
Nei piani ci sono anche mezzi di trasporto merci, urbani e lo sviluppo di tecnologie solari
di Giulio MINOTTI
opo 10 anni dal primo Master Plan,
articolo/manifesto pubblicato nel
2006, Elon Musk individua le prossime evoluzioni dell’attività di Tesla riassumendole in alcuni elementi principali.
Dopo l’annuncio della fusione tra Tesla
Motors e SolarCity (azienda che opera
nei sistemi fotovoltaici) l’obiettivo è creare ora un’unica piattaforma con pannelli
solari e batterie delle due compagnie
gestibili facilmente anche tramite l’app
dello smartphone, in grado ovviamente
di alimentare abitazioni ed auto elettriche. Si passa poi ai piani di sviluppo dei
prossimi modelli; Tesla lancerà un nuovo
tipo di pick-up ed un SUV compatto, ma
non ci sarà un’auto più economica della Model 3. Inoltre l’azienda americana
presenterà il prossimo anno un veicolo
pesante da lavoro ed un mezzo per i trasporti urbani. Autobus che con l’avvento
della guida autonoma, sarà più piccolo,

D
torna al sommario
versatile e con migliori spazi interni. Nel
suo Master Plan, Elon
Musk ha sottolineato
anche l’importanza di
incrementare rapidamente i volumi produttivi, sviluppando nuovi
macchinari sempre più
evoluti.
Il terzo punto del manifesto è, invece, dedicato ai sistemi di guida autonoma, che
diventeranno più sicuri, a prova d’errore
o malfunzionamento. L’evoluzione del
software dell’Autopilot richiederà tempo
ed Elon Musk, sottolineando come questo sia ancora in beta ha anche affermato
” una volta arrivati al punto in cui l’Autopilot sarà circa 10 volte più sicuro rispetto
alla media dei veicoli degli Stati Uniti, la
denominazione beta verrà rimossa”.
Infine viene introdotto il capitolo “Sharing”; l’arrivo della guida completamente
autonoma consentirà ai clienti di inserire
le proprie Tesla all’interno di una flotta
tramite la pressione di un semplice pulsante sullo smartphone; auto che potrà
essere, quindi, messa a disposizione di
altri utenti. I proprietari di Tesla guadagneranno del denaro dalla condivisione
della propria auto che diventerà, quindi,
accessibile anche a chi oggi non può
permettersela. Inoltre nelle città dove la
domanda supererà l’offerta di macchine
di proprietà, Tesla opererà con una propria flotta.
VolksWagen
vuole la sua
Gigafactory
Magari in Cina
Il gruppo tedesco
ha annunciato che
entro il 2025 intende
vendere fino a 3 milioni
di vetture plug-in
e elettriche, ma per
far ciò non basteranno
le batterie dei partner
Spunta l’idea di
una “Gigafactory”
proprietaria e il posto
giusto per costruirla
sembra la Cina
di Massimiliano ZOCCHI
VolksWagen ha dichiarato un
nuovo corso che punta fortissimo
alla mobilità sostenibile. Entro il
2025, coinvolgendo i marchi controllati dal gruppo, sono previsti
fino a 30 modelli completamente
elettrici, oltre a varie versioni ibride e plug-in. La stima di portare
su strada fino a 3 milioni di vetture elettrificate porta a un altro
problema: come reperire la grande quantità di batterie necessarie? Fonti vicine al management
tedesco hanno raccontato ad Automotive News che l’idea di una
mega fabbrica proprietaria, in
stile Tesla Gigafactory, è tutt’altro
che lontana. La capacità produttiva odierna è stimata in 27 GWh,
per l’intera industria di settore.
VW calcola che avrà bisogno da
sola di oltre 150 GWh di batterie
al litio. Secondo la fonte sarebbe
l’equivalente di circa 10 fabbriche,
con un investimento da 2 miliardi
di euro ognuna. E come per molti altri settori, la Cina è estremamente attraente come possibile
candidata ad accogliere questo
progetto.
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GADGET Bastano poche decine di dollari (o di euro) per portarsi a casa un Raspberry Pi, il PC in miniatura per antonomasia
Un Raspberry Pi e fantasia: ecco i 10 progetti più folli
Ciò che si può realizzare è davvero senza limiti: autoradio, photobooth, smartphone, audiolibri... l’unico limite è la fantasia
di Francesco TUCCI
rrivato ormai alla sua terza generazione, il Raspberry Pi è un prodotto geniale: rispetto ad Arduino,
molto più semplice nella sua essenza, ha a bordo
una distribuzione (solitamente Linux based) che può interagire anche con i vari connettori di ingresso e uscita
disponibili sulla board, connettori che con una serie di
librerie possono quindi gestire motori, sensori, fotocamere e ogni tipo di device di input e di output. Dal
lancio di questa scheda la fantasia dei makers è stata
liberata e sono usciti progetti interessanti, divertenti e
anche molto strani o pazzi. Ecco una carrellata dei più
particolari che ci sono capitati tra le mani.
A
Il telefono Fischer-Price
Prendere
il classico
telefono di
plastica della FischerPrice, e con
un’operazione a “cuore
aperto” agGrant’s talking smartphone
giungere un
Raspberry con la WiFi, una cassa amplificata e un servo
per far muovere gli occhi. Ed ecco che si ottiene uno
smartphone di plastica, con le ruote e gli occhi mobili
che in base a come si gira il disco del selettore può avviare interazioni con twitter e API di ogni genere, come
le azioni o il meteo. Il tutto è integrato con Ptyhon e IFTTT, l’immancabile servizio causa-effetto su Internet.
Molto più di una classica autoradio
Stanchi della solita autoradio limitata nelle funzioni e assolutamente non espandibile? Un Raspberry, un display
LCD touch e un hotspot WiFi e la vostra auto non sarà
più la stessa. La difficoltà non è proprio banale, ci va
anche un po’ di conoscenza di elettronica e di saldatura per aggiungere i moduli e i pomelli che ruotano (che
autoradio è se non ha almeno un pomello che ruota?).
Il risultato, però, può essere brillante: tra le sue possibili funzionalità troviamo il supporto per la stragrande
maggioranza dei formati audio/video esistenti, svariate
app come gmail, Facebook, YouTube e altre, Radio FM,
supporto per la camera retrovisore, navigazione offline
e via dicendo. Insomma, un sistema di gestione di bordo
di ultimissima generazione.
Gli occhiali smart ma non di Google

Google ha montato su un hype non da poco, per anni,
per poi dire quasi addio al progetto. Stiamo parlando
dei Google Glass, gli occhiali del futuro che purtroppo
non hanno neanche più un passato. Partendo da queste
basi abbiamo trovato un progetto per poterseli fare per
conto proprio, un po’ di di inventiva e di fantasia ed ecco
un paio di occhiali connessi, con tanto di localizzazione
GPS integrata. L’idea del progetto è geniale e prevede
torna al sommario
una serie di funzionalità non da poco, come la visione
notturna aiutata da LED infrarossi, il comando vocale e
l’interfacciamento con lo smartphone. Il costo è irrisorio,
ma per farselo ci vuole un bel po’ di pazienza...
Dar da mangiare al cane con un’email
Ricordate il
primo Ritorno al Futuro, quando
Marty entra
in casa di
Doc e c’è il
sistema che
Raspberry Pi webcam cane
apre la scatoletta del
cibo per cani e lo versa in una ciotola già stracolma?
Questo progetto ci assomiglia, ma è più avanzato,
presuppone che ci si possa produrre la confezione fresata da un macchinario CNC (ci sono i disegni CAD già
pronti), ma perché non pensare a una stampa in 3D? Il
dispositivo è pensato per nutrire il nostro amico a quattro zampe quando siamo fuori casa, magari durante la
giornata lavorativa. Ogni qual volta si invia un’email al
dispositivo, questo risponde fornendo dei dolcetti al
cane e fotografandolo mentre si nutre, così da fornire al
padrone la prova del lavoro ultimato.
Un lettore di audiolibri mono-pulsante
La tecnologia può essere ostica a chi non è molto
avvezzo a queste nuove cose. Con questo sistema si
può creare un lettore di audiolibri con tutte le funzionalità del caso, comandate da un unico bottone. Nessuna
interfaccia complicata, nessun display difficile da capire,
una pressione avvia la lettura, un’altra la mette in pausa,
una pressione più lunga torna indietro: magari non sarà
la cosa più semplice da realizzare, ma usarlo è un gioco
da ragazzi. Mantiene il segno e supporta un’infinità di
formati audio.
Una reflex ultra-smart
Prendere un battery pack di una reflex, tenerne solo
l’involucro e metterci dentro un rasberry. Il tutto per
ottenere una reflex molto più smart di quello che ci si
possa immaginare. Il rasberry può provvedere alla connessione della reflex con l’esterno in modo da ottenere
funzioni sempre interessanti, come un intervallometro,
il download istantaneo delle foto scattate su un PC
esterno, comando remoto da qualunque dispositivo,
Wi-Fi, un secondo display USB e via dicendo.
Il Kindle come monitor del raspberry
Un vecchio Kindle (quello con la tastiera) può essere trasformato in un efficiente display per il nostro
Raspberry Pi, consuma meno di un monitor LCD e se
quanto scritto non cambia, lui non consuma energia. Attenzione che la garanzia viene persa e c’è la possibilità
di bloccarlo in modo irreversibile, fatelo a vostro rischio
e pericolo, ma potrebbe essere un’idea niente male.
La macchina del caffè a comando vocale
Un caffè, per favore. Ma non lo state dicendo al barista,
lo dite alla vostra macchinetta del caffè che procederà
a farvi il vostro caffè senza che si debba muovere un
dito, tranne che per berlo. Rispetto a molti progetti presi
in considerazione in questa rassegna, questo è un po’
più complesso, ma volete mettere la soddisfazione di
realizzare la prima macchina del caffè “interattiva?”
Giocare con il Codice Morse
Il primo sistema di trasmissione remota può rivivere
nel vostro Raspberry, ovviamente dovete sapere cos’è il Codice Morse e come si usa. Una guida sorprendentemente dettagliata vi spiega riga per riga tutte le
funzioni del programma in Phyton, un ottimo spunto
per imparare questo fantastico linguaggio di programmazione.
Polaroid su carta termica
Un Rasberry Pi, la videocamera (RPi camera module)
e una stampante termica. Tutto sapientemente inserito dentro una scatola a forma di Polaroid, che molti
assoceranno alla loro infanzia. Più che un progetto da
seguire, è una bella idea da cui partire per imparare a
far dialogare questi tre dispositivi.
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TEST A settembre arriveranno i nuovi TV OLED LG: abbiamo provato il G6 Signature, anche se (per ora) non arriverà in Italia
In prova l’OLED Signature G6: il TV gioiello di LG
Il modello G6 Signature è un TV da sogno nel vero senso della parola: la qualità delle immagini ci ha lasciati a bocca aperta
di Roberto PEZZALI
n TV senza compromessi, un televisore di altissimo livello destinato a pochi fortunati che possono portarsi a casa la massima espressione di
design, prestazioni e innovazione. Il nuovo OLED LG
Signature, G6 per gli amanti delle sigle, è sicuramente uno dei TV più belli da vedere e tra i più avanzati
dal punto di vista tecnologico mai realizzati. Superfluo
parlare di prezzo: siamo davanti ad un prodotto premium, un lusso per pochi che ha spinto LG a scegliere,
saggiamente, di tenere a catalogo solo il modello da
77” ad un listino che probabilmente si aggirerà intorno ai 20.000 euro. Il TV che abbiamo avuto per oltre
un mese in redazione è un prodotto unico, un modello
G6 da 65” che non arriverà (almeno per ora) in Italia
ma che assomiglia molto al TV che invece vedremo a
settembre nei negozi, il modello E6 (che proveremo
comunque a breve): stesse funzioni, stessa elettronica,
stesso pannello, cambia solo il design e la soundbar,
che nel modello in prova può essere reclinata quando
si attacca il TV al muro. Siamo davanti ad un TV “spettacolare” in tutti i sensi, sia da acceso che da spento: lo
spessore di pochi millimetri spalmato su un 65” lascia
senza parole e la qualità espressa pure.
U
Per chi cerca il top design…
Sotto il profilo estetico c’è davvero poco da dire: LG
ha realizzato un prodotto che, per finiture e materiali,
giustifica senza alcun dubbio il prezzo a cui viene proposto. Il TV nel caso del G6 coincide praticamente con
il pannello stesso, un foglio di pochi millimetri di spessore incollato su un substrato in vetro che aiuta a tenerlo
perfettamente piatto. Il vetro è ovviamente temperato e
infrangibile, ma è indubbio che, visto di profilo, l’impressione è di trovarci di fronte ad un prodotto tanto bello
quanto comunque delicato. L’elemento caratterizzante
di questo modello è la grossa soundbar che funziona
anche da base: LG ha inserito all’interno tutta la parte
elettronica, e il risultato è un piedistallo che non può
essere in alcun modo rimosso neppure per attaccarlo a
parete. La soluzione in ogni caso esiste, perché la base
può essere reclinata all’indietro scomparendo quasi del
tutto, e con i soli diffusori a vista. Le finiture come abbiamo detto sono di alto livello e anche il gioco di cerniere
è decisamente robusto: quattro grosse viti tengono ancorato il pannello alla base in entrambe le posizioni, e
l’unica accortezza per l’acquirente è selezionare in fase
di installazione il tipo di posizionamento perché la resa
audio verrà adeguata di conseguenza. La base flottante
video
lab
LG OLED65G6V
UN RIFERIMENTO ASSOLUTO PER LA QUALITÀ D’IMMAGINE
Più LG mette a punto la sua tecnologia e più ci avviciniamo al nuovo riferimento assoluto per la qualità di immagine. Il nuovo modello di OLED
LG è un ulteriore passo nella giusta direzione con immagini spesso semplicemente sbalorditive, specie quando il nero perfetto dell’OLED
incontra l’HDR del Dolby Vision. In generale il nuovo LG è ancora più pulito, definito, mentre vengono via via limate le lievi imperfezioni sulle
basse luci che avevamo rilevato nelle generazioni precedenti. C’è ancora forse qualche margine di miglioramento, ma possiamo dire con
confidenza che siamo finalmente di fronte a una tecnologia matura e dalla qualità impareggiabile che ha se vogliamo un solo unico vero
difetto: questa qualità costa ancora cara.
9.3
Qualità
10
Longevità
9
Qualità d’immagine eccezionale
COSA CI PIACE Design mozzafiato ultra slim
WebOS ricco di app e veloce
Design
9
Semplicità
9
COSA NON CI PIACE
con sistema audio harman/kardon da 60 watt e 4.2 canali è il vero plus di questa versione signature, e questa
volta non siamo di fronte al classico logo messo su un
prodotto dopo aver sganciato qualche euro di royalty:
harman ha lavorato attivamente al diffusore che dispone anche di un DSP per la calibrazione dell’ambiente
che cattura i dati con il microfono del telecomando, da
posizionare nel punto di ascolto.
LG non ha avuto troppi problemi nel posizionare al meglio i connettori: grazie alla larga base aveva a disposizione circa un metro di spazio e lo ha sfruttato al meglio,
con 4 porte HDMI 2.0, 3 porte USB una delle quali USB
3.0 e tutte le connessioni che servono. Unica nota il singolo slot per la CAM, su un TV di questo livello una doppia cam era preferibile per soddisfare l’esigenza italiana
D-Factor
Prezzo
8
10
Un solo slot per la CAM
Il prezzo è elevato
che prevede sia Premium sia Tivù Sat con due moduli di
accesso condizionato separati.
Il telecomando è una versione “Premium” di quello classico LG, giroscopio all’interno per muoversi nei menù di
WebOS con la comoda freccia ma anche tasti tradizionali per aiutare nello zapping e nella regolazione delle
opzioni più semplici coloro che sono ancorati alle tradizioni. Lo abbiamo trovato davvero comodo e ben fatto.
… e per chi vuole la sostanza
Il G6 utilizza l’ultima generazione di pannello OLED LG
da 65”: la tecnologia è sempre quella del white OLED
con filtri colore RGB, ma LG su questa ultima versione dovrebbe non solo aver corretto alcuni problemi di
uniformità sulle bassissime luci ma anche aumentato
leggermente la luminosità per poter raggiungere la
certificazione Ultra HD Premium. Per l’HDR non ci sono

segue a pagina 25 
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TEST
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LG continua a sfornare una nuova generazione di TV
OLED ogni anno che passa, andando a raffinare sempre più quella che è indubbiamente la tecnologia di
riproduzione dell’immagine più interessante degli ultimi
anni. I modelli dello scorso anno di OLED LG ci avevano
sicuramente entusiasmato (a cominciare dall’introduzione dei primi modelli piatti), ma avevano ancora dei
margini di miglioramento su cui LG è andata a lavorare
in modo encomiabile, come testimonia il modello oggetto di questa prova.
Questo nuovo 65 pollici presenta infatti un netto miglioramento rispetto al modello dello scorso anno prima di
tutto sul fronte dell’uniformità. Sparisce infatti finalmente quella vignettatura che fino
a oggi affliggeva in una certa misura gli
OLED nelle scene meno luminose e migliora significativamente in generale l’uniformità complessiva. Sotto il 5% di grigio non è
ancora perfetta, ma resta qualcosa di visibile unicamente in condizioni di test e non
nella visione di normali contenuti. L’OLED è
giustamente famoso per la sua capacità di
riprodurre il nero perfetto, visto che i pixel
si spengono completamente, ma si è scoperto più in difficoltà nel controllare livelli
di luminosità appena sopra il nero. Ora LG
sembra aver scoperto come intervenire su
questo aspetto, tanto che nel menù delle
impostazioni è anche spuntata una funzione apposita per “ricalibrare” il pannello
e ottenere una migliore uniformità (anche
se a dire il vero noi abbiamo visto cambiamenti impercettibili). Resta il fatto che eliminata la vignettatura, le
scene più scure sono ancora più godibili, rivelando
l’incredibile contrasto offerto dalla capacita dell’OLED
nel riprodurre il nero perfetto. Di default LG ha impostato la luminosità in modo da chiudere leggermente
sui livelli più bassi di grigio, tra l’1 e il 3% per intenderci,
ma andando a ricalibrare questo parametro emerge la
tendenza in alcune scene molto scure a non spegnere
completamente i pixel sul nero, motivo per cui alla fine
abbiamo preferito mantenere l’impostazione di default,
con risultati comunque eccezionali e soprattutto un
nero sempre perfetto, nonostante qualche chiusura più
marcata delle ombre. Detto questo basta poco per accorgersi che l’OLED 2016 ha una marcia in più rispetto
ai modelli dello scorso anno. Da una parte abbiamo una
calibrazione di fabbrica (almeno impostando la modalità di immagine su ISF stanza scura) forse non perfetta,
ma comunque molto vicina ai riferimenti, che regala
immagini cromaticamente corrette anche per chi non
ha tempo/voglia/risorse per effettuare una taratura più
accurata. Dall’altra LG sembra aver lavorato principalmente su due aspetti: pulizia delle immagini e dinamica.
Per quanto riguarda il primo punto, possiamo dire che
l’immagine di questo OLED appare ancora più definita
e compatta rispetto ai modelli dello scorso anno. Sparisce quel look forse leggermente granuloso della generazione precedente (intendiamoci, stiamo parlando
di sfumature), con il risultato che le immagini appaiono
quasi davvero dipinte sullo schermo, il tutto guardando questo 65 pollici a non più di 2 metri di distanza.
Tutte le app sono raggruppate nella parte bassa:
l’utente può modificare l’ordine e portare le app in
primo piano
Solo due porte HDMI supportano l’Ultra HD Deep
Color, e questa opzione deve essere attivata da
menù.
TV LG OLED65G6V
segue Da pagina 24 
i 1000 e passa nits dei TV LCD, ma questo LG passa
senza problemi i 500 nits e riesce a generare l’incredibile dinamica richiesta dall’HDR grazie al sul livello
del nero inferiore a 0,0005 nits. Restando in tema di
HDR siamo davanti anche a uno dei pochi TV compatibile con tutti gli standard, dall’Hybrid Log Gamma per
le trasmissioni a HDR-10 e Dolby Vision, quest’ultimo
godibile visualizzando i contenuti HDR 4K da Netflix.
Una nota a parte la dedichiamo all’ultima versione
di WebOS, il sistema operativo di LG ulteriormente
migliorato rispetto alla versione dello scorso anno.
WebOS 3.0 è veloce e decisamente facile da utilizzare, e come nel caso di Tizen l’aspetto più apprezzabile
è che non “ruba” scena all’immagine restando in secondo piano, ben organizzato in una barra nella parte
bassa gestibile dall’utente. Qui sono raggruppate tutte
le applicazioni, anche se LG ha scelto di occupare la
memoria interna di oltre 4 GB con poche app rispetto
a quelle presenti sullo store. Tra le app disponibili nello store le più interessanti sono Infinity, Mediaset Premium Play, Spotify e Plex. Le app occupano pochissimo
spazio, pochi Kb, essendo semplici client in linguaggio
HTML5. Interessante il pannello di regolazione: tranne
quando si attiva l’HDR, con il TV che carica un suo profilo, si possono modificare moltissimi parametri e per la
regolazione dell’immagine il TV è in grado anche di generare i pattern internamente. L’interfaccia è ben fatta,
ogni opzione è spiegata nel migliore dei modi.
Solo due porte HDMI supportano l’Ultra HD Deep Color, e questa opzione deve essere attivata da menù. Chi
ha un blu-ray Ultra HD deve sfruttare queste porte.

Il primo comandamento di LG
“Non avrai altro TV migliore di me”
torna al sommario
Ma più in generale è proprio l’impressione di pulizia
e precisione che emerge maggiormente, specie nelle
scene luminose. Rimane da migliorare a nostro avviso
la precisione sulle ombre, dove il TV di LG continua a
evidenziare eventuali artefatti di compressione in modo
un po’ marcato, specie da sorgenti come Netflix dove la
compressione è più spinta.
Parlando di Netflix, è proprio con il Dolby Vision che
questo TV rivela i passi in avanti fatti da LG sulla sua
tecnologia. Marco Polo in Ultra HD e HDR è una vera
e propria gioia per gli occhi (ottima la scelta di Netflix
di scegliere questa serie come showcase della tecnologia): la bella fotografia sfrutta la maggiore gamma dinamica, non tanto per offrire un’immagine più brillante
(che comunque lo è), bensì per lasciare respirare tutte
le sfumature intermedie regalando una ricchezza di colori che sposta l’asticella dall’artificiale sempre più vicina
al reale. Una ricchezza di sfumature che emerge tanto
nelle scene più luminose che quelle più scure, mentre
spicca su tutto la maggiore fedeltà nella riproduzione
di oggetti metallici o gli elementi dorati dei bei costumi.
Anche gli incarnati appaiono più realistici, ricchi di sfumature e “veri”. Se c’è un limite dell’HDR, almeno come
visto in Marco Polo, è che forse alcune scene appaiono
fin troppo reali e in grado di rivelare il fatto che ci stiamo
trovando letteralmente di fronte a una rappresentazione in costume, tanto che a volte ci si aspetta prima o
poi di vedere comparire la troupe al lavoro, quasi stessimo guardando il set attraverso una finestra. Per il resto c’è davvero poco da aggiungere: quando un TV si
vede così bene è difficile trovare qualcosa da criticare,
se non la già citata tendenza a mettere bene in mostra
eventuali difetti presenti nel materiale di partenza.
Una parola infine sull’audio. Questo modello si contraddistingue per la presenza della base che funge anche
da soundbar. Pur non potendo offrire una gamma bassa corposa, come in un sistema con casse esterne e/o
un subwoofer dedicato, la soundbar offre una risposta
equilibrata e tutto sommato piacevole. Il TV integra persino un sistema di calibrazione automatico che effettua
l’analisi della risposta acustica della stanza attraverso il
microfono integrato nel telecomando, applicando così
un’equalizzazione in modo da ottimizzare l’ascolto in
base alla propria stanza. La resa è sicuramente interessante, ma non affiancare a un TV del genere un impianto dedicato è un delitto.
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TEST Abbiamo provato il nuovissimo TV KS9000, top di gamma dell’attuale generazione di televisori SUHD Samsung
Samsung KS9000: un TV più completo non c’è
Un TV completissimo e per chi bada alla sostanza, con un design impeccabile e un’interfaccia veloce e immediata
di Roberto PEZZALI
amsung ha le idee chiare: “Questo è il TV”. Recita
così lo spot della nuova serie K SUHD con la quale
Samsung vuole confermare, anche quest’anno, di
essere il numero uno e di meritarsi il posto che occupa.
Il produttore coreano è assediato da più fronti: da una
parte c’è Panasonic che racconta a tutti di aver prodotto
il miglior LCD mai realizzato, dall’altra c’è l’acerrimo nemico, LG, che definisce l’LCD roba vecchia mostrando a
tutti un meraviglioso OLED, e infine c’è Sony, che forte
del suo brand ha una line-up completa e competitiva.
Eravamo molto curiosi nel provare il nuovo TV di fascia
alta Samsung, e se solitamente Samsung è uno dei primi produttori a lanciare i TV sul mercato quest’anno è
arrivata un po’ lunga, appena in tempo per l’inizio degli
europei. A rendere infatti più complessi i piani è il nuovo
processo produttivo che ha accompagnato il debutto
della serie KS, una costruzione a incastro senza viti visibili sul pannello posteriore che racconta come Samsung abbia davvero curato ogni dettaglio. Una banalità
per alcuni, ma il messaggio “Questo è il TV”, come potrete leggere alla fine della prova, calza a pennello per
un televisore davvero completo. Samsung non è solo
estetica, sebbene il design sia uno degli elementi fondamentali del messaggio che Samsung manda ai consumatori: pannello a 10 bit veri, Ultra HD, luminosità di
picco di 1000 nits, HDR, copertura del 90% dello spazio
colore DCI-P3 e interfaccia smart di ultima generazione
basata su Tizen sono un ottimo biglietto da visita.
S
Elegante, raffinato e curato nei dettagli

Inutile girarci attorno: sarà colpa delle mogli, sarà perché l’occhio vuole la sua parte, ma il design è ancora
oggi uno dei motivi di vendita di un TV.
Samsung ha costruito la sua fortuna soprattutto sul design, è stata la prima a lanciare un TV super sottile da
appendere come un quadro ed è stata anche la prima
ad eliminare le pesanti cornici dei TV favorendo l’acquisto di TV più grandi capaci però di occupare lo stesso
spazio. Non tutte le rivoluzioni sono state apprezzate
dal pubblico, e ci riferiamo ovviamente allo schermo
curvo, ma è indubbio che Samsung sia stata l’azienda
che negli ultimi anni ha contribuito maggiormente allo
sviluppo del design dei TV.
Il KS9000 riesce ulteriormente a migliorare un design
già vincente: l’angolo di curvatura sembra essere leggermente meno accentuato di quello del scorso anno,
tanto che il modello da 55” sembra quasi piatto, e la
torna al sommario
video
lab
Samsung UE55KS9000
2.499,00 €
UN TV CHE GUARDA PIÙ AL PRESENTE CHE AL FUTURO
Siamo davanti al miglior TV sul mercato per qualità video? Probabilmente no, sono prodotti che obiettivamente hanno qualcosina in più, ma
sono anche posizionati diversamente di prezzo. L’HDR patisce la tecnologia Edge LED, soprattutto in questo caso dove i LED sono posizionati
solo sotto, ma dobbiamo ricordare che Samsung ha in gamma un KS9500 che con la sua illuminazione Full LED sembra fatto apposta per dare
il massimo sotto questo punto di vista. Eppure questo Samsung ci è piaciuto, e anche tanto, perché è un prodotto incredibilmente completo
che guarda soprattutto al presente. La qualità video è ottima con la TV e con i segnali HD, quindi con il 99% di quello che oggi il mondo offre,
ha un pannello privo dei classici difetti di molti altri TV posizionati sulla stessa fascia, un ottimo nero e un processore d’immagine che fa
miracoli con l’upscaling. L’interfaccia Smart TV è la migliore che ci sia capitata di usare, per velocità, completezza e facilità d’uso, design e
qualità costruttiva sono portati davvero ai massimi livelli. Il KS9000 non sarà la prima scelta per chi cerca il massimo a livello qualitativo e si è
comprato un blu-day Ultra HD, ma per la maggior parte delle persone che cerca un TV top è uno dei migliori prodotti che si possano trovare.
8.8
Qualità
9
Longevità
9
Design
9
Ottima qualità video con SD e HD
COSA CI PIACE Interfaccia smart intuitiva, veloce e completa
Design e costruzione impeccabile
base in alluminio sottile crea una sensazione di leggerezza e eleganza che pochi TV riescono a trasmettere.
Samsung parla di “360 design”, e effettivamente grazie
ad un gioco di incastri è impossibile vedere una sola
vite sul pannello posteriore, con un TV che può tranquillamente essere posizionato al centro di una stanza
senza vergognarsi se qualcuno guarda il retro. L’unico
appunto è la separazione tra il parco connettori e la
presa di alimentazione: Samsung ha realizzato un ottimo collegamento tra TV e base, ma non è facilissimo
celare i cavi, soprattutto quello di alimentazione. Per
quanto riguarda i collegamenti Samsung ha mantenuto la logica del box di connessione esterne, ma siamo
davanti ad un box che integra solo le connessioni e i
tuner, nessuna logica né processore. Questo vuol dire
che è tramontato definitivamente il progetto Evolution
Kit, un’ottima idea che però non ha accolto i favori del
pubblico: pochi erano disposti a spendere per rinnovare il TV ogni anno, segno che gli sforzi fatti dalle
aziende per accontentare i più appassionati spesso
Semplicità
9
D-Factor
9
Prezzo
8
COSA NON CI PIACE A non tutti piace il curvo
L’HDR non rende al meglio
sono investimenti che non portano poi risultati. Il Connect Box è pratico per portare i collegamenti lontani
dal retro del TV, soprattutto se dobbiamo collegare una
chiavetta con fotografie o filmati e il TV è attaccato al
muro. Samsung ha previsto anche un piccolo sportello
per nascondere i connettori. Nonostante ci piacciano i
telecomandi tradizionali, quelli con tutti i tasti a vista e
ben retroilluminati, dobbiamo dire che il piccolo telecomando che Samsung fornisce con il KS9000 è un
piccolo gioiellino. Nonostante i pochi tasti, grazie alla
perfetta integrazione con l’interfaccia Tizen e i quick
menu che compaiono a schermo si riesce tranquillamente ad utilizzare il TV in tutte le sue funzioni. L’assenza di retroilluminazione non impatta più di tanto sull’uso:
dopo qualche giorno si capisce subito qual è il tasto, a
portata di pollice, che porta a effettuare una determinata operazione. Non deve stupire più di tanto l’assenza
nella confezione degli occhiali 3D: per Samsung, ma
non solo per lei, il 3D è morto.
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TEST
Samsung UE55KS9000
segue Da pagina 26 
Interfaccia immediata, veloce e completa
Dopo qualche anno di lavoro e di grandi cambiamenti
Samsung sembra aver finalmente trovato la quadra nella realizzazione di una interfaccia smart che non distolga l’attenzione dal TV. Basata su Tizen, l’interfaccia che
Samsung ha inserito sulla nuova gamma prende solo la
parte bassa dello schermo con un menu a due livelli e
lascia così il televisore, le immagini, in primo piano.

Oltre alla velocità di navigazione, con ogni operazione
praticamente immediata, ci ha colpito anche la semplicità: le sorgenti collegate vengono riconosciute e
identificate automaticamente, passare da una funzione
all’altra richiede pochissimo tempo, le estensioni delle
app facilitano la scelta di alcune opzioni senza entrare
nei menu e soprattutto la parte televisiva è ben strutturata, con una guida chiara e facile e il cambio canale
reattivo sia sul tuner digitale terrestre sia sul sat.
Il TV Samsung è compatibile ovviamente con le future
trasmissioni DVB-T2 HEVC e riceve i segnali 4K da satellite, sebbene non sia certificato Tivù Sat.
Samsung ha rivisto leggermente, ma senza stravolgimenti, anche i menù: la modifica più eclatante riguarda
la parte immagine, con l’accorpamento di due modalità
di riproduzione speciale (game e sport) e lo spostamento di tutte le regolazioni secondarie in una zona
per esperti. Le opzioni controllabili sono quelle classiche, e oltre ai soliti filtri troviamo anche il CMS per
la regolazione avanzate a 2 o 10 zone.Inutile dire che
questa soluzione è gestibile solo con gli strumenti adeguati, e l’utente che non ha accesso a sonda e software di calibrazione deve per forza di cose affidarsi alla
regolazione di default, che come vedremo è tutt’altro
che impeccabile.
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Grande resa in HD
ma per l’HDR serve altro
Samsung è uno dei maggiori produttori di pannelli LCD
e sulla sua gamma di fascia alta ha usato uno dei suoi
migliori pannelli VA a 10 bit. L’illuminazione, come si
può sentire appoggiando una mano sul bordo, è stata inserita solo nella zona inferiore, una soluzione che
sulla carta potrebbe apparire come criticabile, anche
perché non è più possibile oscurare le due fasce nere
nel caso di film in formato 2.35:1 (Cinema Black). Nonostante questo il KS9000 non solo riesce a sfoggiare
un ottimo nero di base, ma riesce pure ad avere, nonostante il pannello curvo, una notevole uniformità del
pannello. Nella nostra stanza totalmente nera, con la
luminosità calibrata, si percepisce solo una luminosità
leggermente più elevata ai due angoli inferiori, cosa
però percepibile solo con una schermata scura. La situazione peggiore leggermente in modalità HDR, dove
la maggior luminosità mette in mostra una uniformità
non proprio perfetta. Utilizzando il software Calman 5
con la nostra sonda accuratamente profilata abbiamo
misurato il profilo cinema di default, con una resa tutt’altro che perfetta e una temperatura colore Caldo 2 che
vira leggermente al rosso: tutto si può sistemare con
gli strumenti giusti e il CMS, ma la maggior parte degli
utenti si troverà comunque di fronte ad una calibrazione
non accuratissima. Passando alle immagini, e partiamo
proprio da un tradizionale blu-ray, ci troviamo davanti
ad una resa davvero sorprendente: il filtro Moth Eye che
Samsung ha usato per abbattere i riflessi e aumentare
il contrasto dell’immagine funziona davvero bene, con
il TV sfoggia un nero convincente e un’ottimo controllo
delle basse luci. Il pannello è 4K, ma l’upscaler lavora
davvero bene: il segnale 1080p portato a 4K è del tutto
esente da difetti di aliasing, un’ottima nitidezza generale e un perfetto controllo degli artefatti di moto. Il processore video di questo TV, ed è possibile vederlo soprattutto nel corso delle partite di calcio in programma
in questi giorni, lavora davvero bene sia sul movimento
orizzontale dell’immagine sia sul movimento di oggetti
veloci, ed insieme al pannello è uno dei veri punti di
forza del TV. La misurazione della modalità film mette in luce una resa tutt’altro che accurata. Utilizzando
una sonda e gli strumenti adeguati, e lavorando molto
sul CMS, si riesce comunque ad arrivare ad un risultato davvero soddisfacente. In ogni caso, nonostante le
misure non sia perfette, il 99% delle persone resterà a
bocca aperta di fronte alle immagini perchè il pannello
è privo di cluding, banding e altri difetti ben più evidenti
all’occhio umano rispetto ad
una resa cromatica imperfetta. Nessuna sorpresa con il
4K: un segnale più nobile e
più risoluto permette di spremere al meglio il pannello 4K
a 10 bit e la resa è ovviamente sorprendente: ottimo nero
e ottima definizione, ma questo è terreno facile e quasi
tutti i TV si comportano bene
quando il materiale di partenza è eccellente. Come per la
maggior parte dei TV dotati
di pannello PVA l’angolo di
visione non è ampissimo e
La misurazione della modalità film mette in luce
una resa tutt’altro che accurata. Utilizzando una
sonda e gli strumenti adeguati, e lavorando molto
sul CMS, si riesce comunque ad arrivare ad un
risultato davvero soddisfacente. In ogni caso,
nonostante le misure non sia perfette, il 99%
delle persone resterà a bocca aperta di fronte alle
immagini perchè il pannello è privo di cluding,
banding e altri difetti ben più evidenti all’occhio
umano rispetto ad una resa cromatica imperfetta.
spostandosi dal centro si percepisce una diminuzione
di contrasto e un cambio della resa cromatica, tuttavia
quest’aspetto è stato migliorato su questo KS9000 e
anche chi non siede in posizione centrale può godere
di una resa discreta. Non poteva mancare ovviamente
una prova con Blu-ray Ultra HD e Netflix: il TV gestisce
ovviamente lo spazio colore esteso e grazie anche all’uso dei Quantum Dots la differenza è evidente: Mad
Max - Fury Road mette in luce una resa cromatica più
convincente, un’ottima saturazione e un arancione che
esce quasi dallo schermo.
Non esalta invece l’HDR: la presenza della illuminazione nella sola parte bassa rende difficilissima la gestione
del local dimming, e il miglior HDR si ottiene quanto il TV
è in grado di concentrare una grande quantità di luce in
un punto ben preciso. La differenza c’è, soprattutto sulla luminosità di picco che è davvero alta, tuttavia un TV
come il Panasonic DX900 con la sua illuminazione Full
LED riesce ad essere più incisivo: la sensazione è che
l’HDR sul KS9000 riesce a dare un’immagine più dinamica e impattante alzando però globalmente la luminosità della scena, senza però creare zone di elevatissima
dinamica che possano davvero dare quella sensazione
di “wow” che abbiamo provato osservando le scene
notturne con il fuoco di Marco Polo in Dolby Vision sul
TV OLED di LG o i riflessi del sole sui pannelli solari in
The Martian. Samsung è riuscita comunque a migliorare
il già ottimo modello dello scorso anno in tutti gli aspetti,
dal nero alla resa cromatica per arrivare a interfaccia,
angolo di visione e processamento dell’immagine. E,
come se non bastasse, migliorano anche i consumi:
l’eliminazione di una striscia di LED porta il consumo di
questo TV in modalità standard a circa 100 Watt, ma una
volta calibrato si toccano i 60 Watt, pochissimo per un
TV da 55”. Sale ovviamente il consumo quando il pannello, in modalità HDR, spinge oltre i 1420 nits: siamo
sui 125 watt. Per chi sceglie un TV anche in base alle
prestazioni “gaming” segnaliamo un input lag bassissimo in ogni condizione, dai 20 ai 25 ms.
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TEST Tutti ne parlano, le notizie si moltiplicano velocemente e Pokémon GO sta assumendo rapidamente un alto tasso di viralità
Pokémon GO: gioco dell’anno o moda passeggera?
Dopo aver passato qualche giorno in compagnia del titolo Niantic Labs, proviamo a scoprire i motivi del suo successo
P
di Francesco FIORILLO
er accorgersi del successo di Pokémon GO occorrono giusto una manciata di minuti. Non solo l’app
di Nintendo sta macinando numeri da record,
ma dal mare delle grande rete emerge un quantitativo davvero elevato di notizie, post e immagini, accompagnate spesso anche da aneddoti in bilico su quella
sottile linea che separa il divertimento dalla follia. In
America ci sono giocatori che entrano nelle proprietà
altrui solo per “catturare” un Pokémon e automobilisti
che, per lo stesso fine, procedono addirittura a passo
d’uomo, costringendo il Dipartimento dei Trasporti dello
stato di Washington a pubblicare un avviso ufficiale. Nel
Missouri alcuni criminali intraprendenti si sono appostati in un luogo d’interesse per derubare ignari allenatori e fra le tante segnalazioni non è mancato neppure
il classico ritrovamento accidentale di un cadavere.
Certo, sono solo episodi, ma sono anche una chiara
dimostrazione dell’affermazione del progetto nato dalla
collaborazione fra Niantic Labs e The Pokémon Company. Anche noi abbiamo passato più di qualche giorno
con lo sguardo fisso sullo smartphone in cerca sia di
Pokémon, sia dei motivi che hanno generato tanto clamore. Dopo aver macinato chilometri, trovato qualche
utile Pokéstop, diversi allenatori e dopo aver tentato,
senza successo, di conquistare le palestre dislocate
sul territorio dell’Hinterland milanese, siamo giunti alla
conclusione che questo Pokémon GO non può proprio
esser considerato come un buon gioco di Pokémon e,
molto probabilmente, neppure come un buon videogioco nel senso più ampio del termine. Ma procediamo
con ordine.
La Pokémania degli anni ‘90 è tornata

I piccoli mostriciattoli tascabili, legati all’immaginario del
“Dr. Bug” Satoshi Tajiri, sono oramai delle icone riconosciute a livello planetario e ogni gioco incentrato su di
loro riesce nell’intento di spopolare e divertire milioni di
aspiranti allenatori. Le premesse alla base di quest’ultimo progetto legato a Pikachù e compagni, però, sono
diverse. Il gioco sviluppato da Niantic permette, come
torna al sommario
video
da tradizione, di catturare e far combattere gli iconici
mostriciattoli tascabili di Nintendo, ma nel farlo propone
un inedito mix di meccaniche ludiche touch, realtà aumentata e ricerca nel mondo reale tramite GPS.
Il meccanismo di base è di una semplicità disarmante:
dopo aver ospitato la creazione dell’immancabile avatar, lo schermo visualizza una mappa reale della zona
(similare a quella presente in Google Maps) con strade, parchi, edifici e fiumi, mentre in basso a destra un
semplice indicatore suggerisce i Pokémon presenti nei
paraggi. Al giocatore non resta altro da fare che avventurarsi fra le vie e i parchetti della propria città e, dopo
aver scovato un mostriciattolo, provare a catturalo mediante le solite Pokéball.
In questi specifici casi, grazie all’implementazione della
realtà aumentata, i Pokémon appaiono sullo schermo
dello smartphone, mentre lo sfondo resta vincolato a
una realtà filtrata tramite la fotocamera del telefono.
Ora basta un rapido e preciso gesto col pollice per direzionare la sfera verso il Pokémon visualizzato e, se
il tirò avrà rispettato i giusti requisiti di precisione, lo si
vedrà entrare a far parte della propria collezione. Una
pratica tanto semplice quanto immediata, pronta per
esser assimilata in una manciata di secondi. Nel mondo
di gioco non ci sono solo mostriciattoli da catturare, sul
territorio trovano posto anche diversi punti di interesse,
lab
solitamente ubicati in prossimità di strutture rilevanti e
indispensabili per recuperare oggetti come pozioni e
Pokéball e molte Palestre.
Il problema è che attualmente in Pokémon GO manca
l’anima che da sempre caratterizza la serie, sin dal suo
lontano debutto avvento all’epoca del primo Game
Boy. L’idea di crescere il proprio compagno preferito e
la libertà di decidere come far evolvere il team, sono
infatti aspetti vanificati dai nuovi meccanismi del gioco,
mentre la possibilità di scambiare i propri Pokémon o di
sfidare altri allenatori sono addirittura opzioni assenti.
Le uniche battaglie avvengono nel momento in cui si
decide di conquistare una palestra, ma anche in questi
casi un’eccessiva semplificazione ha portato gli sviluppatori a realizzare un sistema fin troppo approssimativo. In pratica tutto si riduce a un continuo e forsennato
picchiettare sullo schermo, nella speranza che l’energia
del Pokémon avversario arrivi allo zero prima della nostra. In realtà negli scontri viene offerta anche la possibilità di schivare gli attacchi muovendo orizzontalmente
l’indice sul touch screen, ma un’eccessiva presenza
di lag, dovuta forse ai problemi di connessione, rende ogni tentativo di difesa un vero e proprio suicidio.
Passare su tali lacune comunque non è impresa ardua,
segue a pagina 29 
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25 LUGLIO 2016
MAGAZINE
GAMING I numeri dell’app Nintendo fanno impallidire l’intero mercato delle microtransazioni
Pokémon GO Re Mida dei giochi: incassi super
Si parla di 6.5 milioni di dollari al giorno e di una percentuale di nuovi clienti del +53%
N
di Francesco FIORILLO
onostante le sue meccaniche ludiche non brillino Pokémon GO
continua a macinare numeri sbalorditivi. Sappiamo che la situazione sta
divenendo alquanto ripetitiva, ma il problema è che il titolo mobile di Nintendo
riesce a frantumare record su record
con una facilità disarmante. La società
di analisi finanziaria Slice Intelligence,
ad esempio, fa sapere i che il 10 luglio
scorso Pokémon GO è riuscito nel difficile intento di produrre da solo il 47% dei
ricavi totali giornalieri del mercato mobile. In altre parole, in 24 ore il gioco ha
generato più denaro di tutte le altre app
messe insieme. Il noto portale online ha
poi divulgato altri dettagli interessanti,
specificando che molti degli utenti che
hanno speso e stanno spendendo soldi
MAGAZINE
Estratto dal quotidiano online
www.DDAY.it
Registrazione Tribunale di Milano
n. 416 del 28 settembre 2009
direttore responsabile
Gianfranco Giardina
editing
Claudio Stellari, Maria Chiara Candiago,
Alessandra Lojacono, Simona Zucca
veri nel gioco si sono approcciati per la
prima volta al mercato delle microtransazioni e che la percentuale di nuovi clienti
si aggira intorno al 53%. Il pacchetto più
acquistato è quello da cento monete, ma
sembra che il più redditizio per Niantic
sia il bundle da 1.200 Coins, in vendita
a 4,99 euro. Stando a questi ultimi dati,
comunque destinati a salire (in Giappone l’app non è ancora disponibile ma lo
sarà tra 24 ore), Pokémon GO genera
guadagni pari a circa 6.5 milioni di dollari
al giorno. Un dato davvero incredibile,
sopra ad ogni più rosea aspettativa.
Editore
Scripta Manent Servizi Editoriali srl
via Gallarate, 76 - 20151 Milano
P.I. 11967100154
Per informazioni
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TEST
Pokémon GO
segue Da pagina 28 
soprattutto se si è spinti dalla curiosità o dalla voglia di
recuperare i vecchi compagni di tante avventure, ma il
sistema delle palestre e di crescita dei Pokémon risulta
nel complesso davvero troppo punitivo nei confronti di
chi comincia a giocare in ritardo o di chi, semplicemente, non può permettersi frequenti gite in giro per la città. Potenziare i primi Pokémon catturati sembra inoltre
più uno spreco di tempo e risorse che non una pratica
finalizzata al miglioramento, anche perché lo stesso
mostriciattolo catturato con un avatar di livello superiore vanta sempre caratteristiche incredibilmente più
alte. Si finisce così per morire ad ogni battaglia e dopo
l’ennesima e ingiusta sconfitta molti non potranno far
altro che desistere nell’impresa, abbandonando una
delle poche opzioni ludiche presenti.
Un sogno che si avvera

Il successo dell’opera di Niantic non va dunque ricercato nelle sue meccaniche ludiche. I difetti abbondano, i problemi tecnici e le incoerenze di design porteranno più di un utente ad aggrottare un sopracciglio,
ma Pokémon GO resta ugualmente una delle esperienze mobile più travolgenti degli ultimi anni. Questo
perché l’app di Nintendo riesce nel difficile intento di
combinare egregiamente innovazione tecnologica,
componente ludica e interazione sociale, il tutto avvalendosi del grande richiamo che da sempre accompagna lo storico franchise. Bastano pochi elementi, come
la raccolta e la collezione delle strambe creature o la
possibilità di scattare fotografie che portano i famigerati Pokémon nel mondo reale, a spingere i giocatori
torna al sommario
a percorrere molti chilometri in compagnia del proprio
cellulare. Il successo di Pokémon GO è infatti racchiuso nell’intento, tra l’altro largamente raggiunto, di convincere bambini, ragazzi e adulti ad abbandonare la
comodità del proprio divano per avventurarsi in città,
al mare o in montagna. In questi giorni (date un’occhiata in giro...) molte sono le persone in cerca nelle aree
verdi cittadine, altri si incontrano nei locali più vicini ai
Pokéstop, mentre qualcuno organizza addirittura vere
e proprie scampagnate in compagnia. Ovviamente nei
mesi a venire il fenomeno potrebbe ridimensionarsi,
ma vi è anche la concreta possibilità che ciò non avvenga. Stando alle parole di John Hanke, CEO della
software house, presto si potranno infatti scambiare i
nostri Pokémon con quelli degli altri allenatori, mentre
le palestre e i Pokéstop andranno incontro a notevoli
cambiamenti. Pokémon GO è in definitiva una sorta di
MMO (acronimo utilizzato per indicare i giochi online
multigiocatore in un mondo virtuale persistente) in cui
la mappa di gioco coincide con il mondo reale e l’avatar collima con il corpo del giocatore ma, soprattutto,
è una specie di sogno che si realizza. È uno scenario
magico, quasi distopico, paurosamente vicino alle fantasie di chi vent’anni fa giocava con un Game Boy e
provava con tutte le sue forze a catturare quelle buffe
creature dipinte tramite una manciata di pixel verdi.
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25 LUGLIO 2016
MAGAZINE
TEST Abbiamo provato il più recente esponente della serie Design di Denon, un amplificatore integrato con network player
Denon DRA-100: in prova il sexy ampli “connesso”
L’ampli dà il meglio di sé con la musica in alta risoluzione. Purtroppo anche il prezzo è adeguato al livello, ma non ha rivali
di Roberto FAGGIANO
a figura del classico amplificatore stereo è ormai sempre più sbiadita di fronte alle mutate
esigenze dei giovani ascoltatori, e non solo
loro. Ormai un amplificatore deve avere almeno il
Bluetooth per collegarsi allo smartphone o meglio
ancora, deve essere connesso in rete per le funzioni di streaming, proprio come il Denon DRA-100
(999 euro) che abbiamo messo alla prova in questo
test.
L
video
Bello e completo

Come si conviene a un esponente della linea
Design il DRA 100 ha un’estetica molto elegante e
pulita, compatto nelle dimensioni e facilmente inseribile in un ambiente elegante. Il suo compagno
ideale è il lettore CD DCD-50 ma in questo caso
ne abbiamo fatto a meno. Sul pannello frontale pochi comandi essenziali a fianco del display OLED
di controllo con luminosità regolabile, inoltre troviamo l’ingresso usb e il sensore per l’abbinamento
automatico NFC del Bluetooth. Riguardo alla presa
cuffia bisogna notare che è possibile impostare il
livello di uscita su tre valori diversi, in modo da avere la migliore situazione per ogni tipo di cuffia, una
vera rarità non solo in questa categoria.
Le dimensioni sono di poco superiori a quelle dei
componenti Ceol perché qui la versatilità non manca e si è già previsto che il potenziale acquirente
abbia già altri componenti da collegare. In dettaglio
ecco cosa è possibile sfruttare come sorgente diretta o esterna per il DRA 100: Bluetooth con abbinamento automatico NFC, Wi-fi con DLNA per server
casalinghi, Airplay di Apple e Spotify Connect, oltre
alle radio Web con vTuner e file musicali da USB
con tutte le maggiori codifiche fino ai DSD in alta
risoluzione. ul retro non c’è molto affollamento di
prese ma non manca nulla di fondamentale: ci sono
due ingressi analogici, due ingressi digitali ottici e
un coassiale; poi troviamo la presa di rete cablata
torna al sommario
lab
Denon DRA-100
999,00 €
IL MEGLIO CON LA MUSICA IN ALTA RISOLUZIONE
Il Denon DRA-100 è un ottimo network amplifier, nato per diffondere musica di qualità anche partendo da un semplice streaming; tuttavia le
migliori prestazioni si ottengono con musica in alta risoluzione, dove l’amplificatore sembra voler superare i suoi limiti senza mai perdere il
controllo. Non ci sono molti concorrenti nella categoria e di questo il DRA-100 sa cogliere il vantaggio, tuttavia il prezzo di listino non trascurabile ci impone di ricordare che il concorrente più temibile di questo Denon è proprio in casa Denon e si chiama Ceol, specie per l’utente medio
che non possiede musica in alta risoluzione ma si accontenta di streaming, MP3 e del buon vecchio CD.
8.3
Qualità
8
Longevità
9
Design
Semplicità
9
8
Prestazioni sonore con musica in alta risoluzione
COSA CI PIACE Finitura molto curata
Versatilità
e delle uscite stereo a livello fisso o variabile per
altri componenti oltre a un subwoofer. A voler essere molto esigenti mancherebbe l’ingresso USB per
un PC, ma questo apparecchio privilegia le funzioni
wireless
oppure
la presenza di un
NAS dove archiviare la musica. Per
quanto
riguarda
i diffusori ci sono
buoni morsetti a
vite che possono
anche accettare
terminali a banana. Tutte le prese
sono incassate e
lasciano sporgere
dal retro solo le
antenne per il Wi-fi
quando utilizzate,
l’ingombro quindi
è minimo.
D-Factor
COSA
NON CI PIACE
8
Prezzo
8
Prezzo elevato
Applicazione migliorabile
Denon ha scelto di dare in dotazione un telecomando di tipo tradizionale, anche se volendo si
può usare l’applicazione Hi-Fi Remote per tutte
le funzioni; sicuramente è più comodo e fruibile
rispetto alle versione carta di credito. I tasti sono
ben distribuiti e la zona centrale con i tasti direzionali è importante durante le prime impostazioni. Dal
punto di vista più tecnico la potenza disponibile è
di 2 x 70 watt (0,01% THD, 4 ohm) o 2 x 35 watt
(0,01% THD, 8 ohm) ottenuto con un amplificatore
digitale DDFA della CSR, la stessa azienda che ha
sviluppato il Bluetooth aptX. Nella sezione di conversione D/A viene poi utilizzato l’esclusivo circuito
Advanced AL32 che può funzionare anche con le
sorgenti esterne.
Un’applicazione datata ma completa
L’applicazione Denon hi-fi remote è da qualche anno
sulla breccia e con qualche aggiornamento ha sapu-
segue a pagina 32 
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25 LUGLIO 2016
MAGAZINE
GADGET Withings allarga la sua gamma di prodotti fit e per la salute con un nuovo componente: sia chiama Thermo
Withings Thermo, arriva sul mercato la rivoluzione dei termometri
Promette di far diventare connessa anche la misurazione della temperatura corporea, basta avvicinarlo a 1 cm dalla pelle
D
di Michele LEPORI
opo averlo visto al CES 2016,
Withings annuncia l’arrivo sul
mercato (inizialmente solo USA)
di un nuovo dispositivo per il controllo
della propria salute, e nello specifico
della temperatura corporea: Thermo,
questo il nome del neonato dell’affiliata al gruppo Nokia, promette di semplificare e velocizzare il processo di
lettura della temperatura garantendo
anche una tracciatura costante.
Grazie all’uso della tecnologia HotSpot
Sensor, il termometro andrà a rilevare
4000 misurazioni in due secondi, individuando il punto più caldo dell’area
di lettura ed indicando con i LED in
dotazione il valore corretto. Withings ci tiene a sottolineare l’approccio
100% igienico rispetto ai termometri
tradizionali, dato che il semplice avvicinamento a circa 1 cm dalla pelle
garantirà la corretta lettura, anche su
neonati agitati: oltre al valore di temperatura, altri LED colorati illumineranno di verde
il Thermo in
caso di temperatura normale,
arancione se
elevata o rossa se critica.
Prima
della
misurazione, è
richiesto solo
l’inserimento
dell’età
del
malato:
ogni
TEST
Denon DRA-100
segue Da pagina 31 
singola misurazione sarà associata a
quel profilo e tramite l’app scaricabile
gratuitamente sarà possibile tenere
traccia dell’evoluzione della febbre
ed inserire anche l’eventuale assunzione di farmaci, per avere un grafico
pre e post terapia.
Negli USA, e più precisamente al Boston Children’s Hospital, l’app di Thermo si integra nel programma Thermia™
che aiuta i genitori ad ottenere infor-
Poi la presenza del telecomando e l’ottimo display
aiutano anche a operare direttamente sull’apparecchio.
Un ascolto all’altezza della situazione

to seguire le evoluzioni della tecnologia e delle funzioni più utilizzate, quindi anche con il DRA-100 se
la cava bene nella maggior parte delle situazioni.
In aiuto vengono le compatibilità con Spotify Connect e Airplay che permettono di farne a meno, pertanto le funzioni più utili sono quelle delle impostazioni iniziali, i controlli di tono e soprattutto quando
si va a riprodurre musica da server e chiavette USB.
torna al sommario
Abbiamo collegato il DRA-100 ai nostri diffusori di riferimento, utilizzando praticamente tutte le sorgenti
disponibili. Le prime impressioni con Spotify Connect sono molto positive, il Denon mostra personalità con una gamma bassa molto profonda e in primo
piano, ma sempre ben controllata e senza rimbombi. Ottime le voci maschili e femminili, sempre con il
giusto corpo e mai stridenti. Aumentando le aspettative con un lettore CD di fascia media ci sarem-
mazioni e fornire terapie e consigli da
applicare su bambini affetti da febbre
alta. Più in generale, Thermo ha ottenuto la certificazione medica FDA e si
integra con il programma CareKit.
Per tutti gli interessati, Thermo si potrà
acquistare a 99 euro sul sito Withings.
com, tramite il canale Retail ed Online
di Apple e sull’immancabile Amazon
ma al momento la vendita è disponibile sul solo suolo americano.
mo aspettati qualcosa di più in gamma acuta e per
quanto riguarda la precisione della tridimensionalità; anche usando lo stadio di conversione interna le
cose non migliorano come ci saremmo aspettati, è
sempre un ottimo ascoltare però per 1.000 euro di
listino la resa ci pare ancora migliorabile. Il salto di
qualità arriva sfruttando file in alta risoluzione Flac e
DSD, dove finalmente la scena appare ben scolpita
e i musicisti trovano una collocazione ottimale sul
palco. Su tutto comunque prevale la piacevolezza
ritmica e dinamica che sicuramente piacerà al pubblico più giovane. La sensazione è quella di utilizzare un amplificatore ben più potente del dichiarato e
questo è sempre un bel biglietto da visita.