Kart - Storia ed elementi

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Kart - Storia ed elementi
DOVE COME E QUANDO E’ NATO IL KART
Non è facile stabilire quando fu realizzato il primo esemplare di kart, ma notizie abbastanza
circostanziate affermano che fu costruito a Los Angeles verso la fine del 1956 da un certo
Arthur Ingles, che si era messo in testa di realizzare, per suo piacere, il più piccolo ed
economico veicolo da corsa, del tutto ignaro del successo che avrebbe avuto in futuro la sua
invenzione. Il geniale Ingles, che partecipò alla realizzazione ed al successo di alcune vetture
per Indianapolis, sfruttò un piccolo motore a 2 tempi per tagliaerba, del quale, per una serie di
avversità, si determinò un grosso esubero sul mercato.
Durante i primi giri nei parcheggi o sui campi da tennis destava una grossa curiosità presso la
gente, la quale domandava con sorpresa ed interesse quanto costasse e dove l’avesse
acquistato. Si può affermare con buona approssimazione che il kart nacque ufficialmente oltre
oceano verso il maggio del 1957 e la diffusione, dovuta anche alla risonanza data dalla stampa,
fu così rapida da lasciare stupiti un po’ tutti, non solo coloro che lo definivano un semplice gioco
per bambini, ma anche quelli che avevano creduto nel piccolo e semplice veicolo.
Alcuni tentativi furono fatti 10 anni prima, nel 1947, e forse anche prima della guerra, ma il
grande pubblico non era pronto per l’innovazione. Le auto da corsa diventavano sempre più
costose, il numero di partecipanti si andava assottigliando e il costo dei biglietti delle gare
aumentava continuamente; il karting ebbe il merito di sanare, almeno in parte, questa
situazione, richiedendo delle spese molto più contenute e un minore impegno di guida, pur
dando sensazioni molto vicine a quelle delle auto da corsa.
Nei primi anno 60 arrivò anche in Italia, sull’onda do una novità che, neanche a dirlo, proveniva
dagli Stati Uniti. Sono trascorsi circa 40 anni da quando i primi go-kart iniziarono ad inanellare
giri, sulla Pista d’Oro di Roma e sulla Pista Rossa di Milano con spirito goliardico. In questo
periodo, relativamente lugno anche se rapportato alla sotria di altri sport basati sull’uso di veicoli
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motorizzati, il kart ha navigato nel mare dell’evoluzione tecnologica, raccogliendo le nuove
soluzioni in quei settori dove non era possibile fare a meno per diverse ragioni. I materiali hanno
seguito lo sviluppo e le nuove frontiere imposti dalla scienza metallurgica; i disegni e le sezioni
dei telai sono stati ottimizzati per rispondere sempre meglio alle richieste dei piloti, ma anche di
coloro che usano il kart in modo amatoriale; le lavorazioni meccaniche hanno innalzato il livello
di precisione; i lubrificanti ed i carburanti hanno migliorato protezione e prestazioni; cerchi e
pneumatici si sono allineati al progresso registrato in tutti i campi di applicazione.
Una cosa sicuramente il kart non ha subito, lo stravolgimento dell’idea iniziale che ispirò le
prime realizzazioni. La filosofia dell’essenziale, che non si riscontra in altri settori agonistici, è
rimasta sostanzialmente invariata: un nudo telaio in tubi, un motore di una semplicità assoluta,
quattro ruote, le posteriori prive di differenziale, assenza quasi totale di qualunque sistema di
sospensioni.
Dopo molti anni un kart è ancora tutto questo (o solo questo, come sarebbe meglio dire). Non
sono la nostalgia o l’ironia i sentimenti con i quali rivedere le immagini di un passato più o meno
recente, caratterizzato da caschi a guscio di noce, occhiali da “saldatore”, tute quasi del tutto
prive di pubblicità e pneumatici a “pizza” (molto più alti che larghi).
Ammirazione e rispetto per un’epoca affrontata con pionierismo ed entusiasmo, nella quale
dominava l’inventiva e l’arte d’arrangiarsi era considerata una qualità indispensabile. Un’epoca
che ha visto sulla scena grandi preparatori e conoscitori di meccanica e che ci ha tramandato
questo bellissimo sport, oramai considerato disciplina propedeutica per la carriera di ogni pilota.
Se il karting ha mantenuto il principio originale lo si deve anche ai vertici dell’autorità sportiva
internazionale che, almeno in questo, si è mostrata lungimirante e se sopravvissuto alle
periodiche crisi e recessioni, una gran parte del merito va alla basa, all’appassionato che
affronta gare e costose trasferte, per pura passione, sempre più consapevole che senza
assistenza uffi­ciale le speranze di vittoria sono ridotte al lumicino.
Il primo kart concepito con un certo criterio e che lasciava trasparire una buona capacità
costruttiva, come abbiamo detto, è da attribuire ad Arthur Ingels, ma dei tentativi primordiali
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furono fatti da volenterosi genitori per i loro figlioli già qualche tempo prima, utilizzando motori di
lavatrici, tagliaerba e simili. Molto spesso non si riusciva ad avere neanche tutte e quattro le
ruote uguali, poiché una proveniva dalla carrozzina per poppanti, un paio erano in origine le
posteriori di un triciclo e la quarta magari era appartenuta ad uno scooter. Il reparto
trasmissione era il festival dell’approssimazione, con cinghie, pulegge, tiranti e catene per
adattare il motore al telaio, in un modo che definire artigianale è un eufemismo.
Tutto questo non smorzava gli entusiasmi, anzi li accresceva, ed i ragazzi, ma anche molti dei
loro padri, potevano sentirsi dei veri campioni del volante. Nel corso del 1956 la svolta che
doveva dare un’impronta industriale al processo di evoluzione del kart. Un esubero di migliaia di
esemplari del motore per tagliaerba, West Bend a 2 tempi da 2.5 CV, prodotto su specifiche
McCulloch, Fece balenare l’idea ad Ingels. Il piccolo propulsore si rivelò subito molto adatto al
compito che doveva svolgere, motorizzare il primo kart propria­mente detto, possedendo
caratteristiche tali che sembrava non potesse trovare sistemazione migliore.
Compattezza, leggerezza e semplicità erano le doti più apprezzate e che consenti­vano di
risolvere, almeno per il momento il problema della propulsione. Il monocilindrico era disposto
dietro il sedile, una comoda poltroncina in pelle, ed orientato orizzontalmente e verso dietro; il
complesso di testa e cilindro era di forma prettamente tondeg­giante, fittamente alettato e
dotato di ventola per il raffreddamento ad aria forzata sul lato destro, dove trovava posto anche
l’avvolgitore per la messa in moto a strappo.
La marmitta era costituita da un corto trat­to di tubo a sezione rettangolare. In asse con l’albero
motore, al posto delle lame per tagliare l’erba, era installato un pignone, il quale azionava la
sola ruota posteriore sinistra attraverso una catena per biciclette, mentre il serbatoio era fissato
dietro la spalliera del sedile.
Il telaio era un semplice e robusto rettangolo in tubi tondi ed i comandi a pedale erano ridotti ad
uno soltanto perché il Freno posteriore era azionato attraverso una leva a mano che ricorda
veramente i carri dei pionieri. Le ruote erano semipiene, avevano il battistrada scolpito e una
larghezza che è neanche la metà di quella dei pneumatici attuali.
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Tutto l’insieme comunque era davvero ben fatto, pulito, frutto di un’idea razionale e realizzato
da un tecnico competente; con questo non si vuole assolutamente denigrare l’opera di altri
appassionati, ma si desidera sottolineare che questo fu il primo kart inquadrato in un’ottica
precisa e non approntato con materiali trovati in soffitta, parti di residuati bellici e quant’altro
reperibile al grido di “lo voglio anch’io!”.
Siamo negli Stati Uniti e quindi, dopo un primo periodo di entusiasmo, di interesse per la novità
e di giustificata curiosità per la piccola macchina che ancora non possedeva una precisa
definizione, l’attenzione si spostò sulla possibilità di produzione e di commercializzazione.
Ancora una volta il sogno americano stava scrivendo una pagina importante nella storia dello
sport e non solo di quello nazionale.
Tre imprenditori decisero di chiamare il veicolo go kart, nome originariamente coniato da un
fabbricante di lampade a gas d’epoca, e che stava a significare vetturetta per bambini. Furono
messi in vendita i primi kart in scatola di montaggio, i quali data l’elevata semplicità, potevano
essere assemblati da chiunque, anche con l’ausilio di una sola foto.
Nacquero altre industri per la produzione di kart e degna di nota fu la Clinton Engine Company
che venne alla ribalta con un piccolo motore a 2 tempi, economico, affidabile, sufficientemente
potente e soprattutto disponibile in gran quantità; il Clinton A400 fu per lungo tempo il
propulsore standard per il kart. In questo panorama i costruttori, concentrati su problemi tecnici
ed industriali, trascurarono inizialmente l’importante aspetto della sicurezza.
Alcuni si avventurarono in improbabili veicoli a 3 ruote (pensate in curva!), altri utilizzarono tubi
idraulici per il telaio, con conseguenze disastrose per la rigidità del veicolo, per latri ancora non
costituiva problema presentare gomme tremendamente larghe o eccessivamente strette. Per
mettere chiarezza occorreva un organo normativo, la cui nascita in verità non si fece attendere
per molto e nel dicembre del 1957 venne formato il go kart club of America che dettò le regole
ed i requisiti per la costruzione dei telai ed i limiti per la cilindrata dei motori. Iniziava
ufficialmente l’era del karting.
Il kart in Italia assunse una fisionomia differente rispetto a quanto avvenne nel paese d’origine.
Più che da genitori volenterosi o da un fenomeno industriale accentrato, almeno inizialmente, in
un unico rappresentante, il kartismo italiano originò secondo un fenomeno a chiazze. In molte
zone, soprattutto del nord, si formarono dei nuclei che si dedicarono alla costruzione di kart
secondo la loro libera interpretazione. La frammentazione dell’iniziativa può essere attribuita, tra
le altre cause, ad una caratteristica tipicamente italiana di quel periodo, la presenza di una
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miriade di case costruttrici di motori e di motociclette complete di cilindrata medio-piccola.
L’accostamento tra kart e moto può essere considerato azzardato solo relativamente e con una
cautela maggiore se si affrontano considerazioni tecniche. I kart, come molte delle moto di
piccola cilindrata di allora, possiedono un’elevata semplicità, un telaio costituito da un nudo
traliccio di tubi tondi ed il motore collocato in modo da rendere ampiamente possibile qualsiasi
intervento di regolazione e manutenzione; da non dimenticare la trasmissione che nella maggior
parte dei casi è affidata ad una coppia di ruote dentate collegate da una catena. Il proliferare di
realizzazioni di ogni tipo trovò inoltre terreno fertile nella capacità artigianale dei tecnici e degli
appassionati italiani, che approntarono dei mezzi di buona fattura, anche se non sempre, e
dotati di motori di derivazione motociclistica, più che da giardinaggio.
Certo che anche in Italia lo sviluppo del karting fu inizialmente ingovernabile dal punto di vista
delle dimensioni, delle cilindrate e dei pneumatici. Si formarono ben presto due scuole di
pensiero, soprattutto per quanto riguarda la guidabilità e la ciclistica; una di coloro che volevano
realizzare una vettura in miniatura, riguardo specialmente al sistema di sterzo e all’eventuale
schema di sospensioni; l’altra affermava che il kart dovesse avere una sua particolare
caratteristica per lo sterzo con un comando molto diretto e la totale assenza di elementi
ammortizzanti.
Vinse, quasi subito e senza troppa fatica, la seconda tesi, anche perché rispondeva
maggiormente al criterio di massima semplicità. Per quanto riguarda i motori c’era solo
l’imbarazzo della scelta; molto utilizzati erano quelli degli scooter in voga negli anni 60, la Vespa
e la Lambretta. All’inizio soprattutto azionavano una sola delle ruote posteriori, mantenendo lo
schema di funzionamento del motociclo; il motore della Vespa 125 era inoltre dotato di
raffreddamento ad aria forzata tramite ventola che lo rendeva indipendente dalla posizione di
installazione.
Tra i propulsori più dotati in fatto di prestazioni non si può assolutamente dimenticare il Rumi
125, il bicilindrico parallelo a 2 tempi orizzontale che equipaggiava rnitiche motociclette dal
rombo inconfondibile. Nella varietà di realizzazioni una ha dell’incredibile: la Maserati candele
ed accumulatori aveva in produzione un ottimo monocilindrico a 2 tempi. Decidendo di
affrontare l’avventura nel kart realizzò un veicolo dotato di 5 ruote, 3 delle quali posteriori!
Le 3 ruote erano equidistanti e la sinistra con la centrale erano tra loro collegate e prende vano
il moto dall’albero motore con una catena mentre la destra era indipendente. Da sottolineare
come un artigiano dotato di una speranza infinita denominò il suo kart “Andrà”. E’ probabilmente
con questo augurio che coloro che stavano vivendo l’epopea di questo sport, partecipavano alle
manifestazioni ed agli avvenimenti. Il kart “è andato” ed è giunto ai nostri giorni in condizioni
ottime, ma quanto dobbiamo a chi ci ha preceduto!
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IL KART PICCOLO E’ BELLO
Descrivere in poche righe cosa sia un kart non è semplice, occorre trovare una definizione
sintetica che ne rappresenti lo spirito, prima della struttura. Trovata! “E’ il più piccolo
concentrato di grandi emozioni a quattro ruote”. “Esagerato!” direte voi. Non molto.
Non gode dello spazio principale nelle pagine sportive dei quotidiani, ma ha dato moltissimi
campioni alla Formula 1, anche solo dopo rapidi passaggi per le categorie intermedie.
A questo che sembra essere il destino (non troppo crudele) dei cosiddetti sport minori, non
corrispondono a volte i giusti meriti.
Ma chiunque provi un kart, anche uno a noleggio, magari un po’ asmatico, rimane affascinato
dalle capacità racchiuse nel piccolo veicolo.
Le dimensioni appena sufficienti ad ospitare la meccanica, e il pilota ... dimenticavo (!), la
mancanza di un riparo dal vento, la ridotta altezza da terra generano un contatto diretto con la
pista e l’ambiente, tanto da far somigliare il kart, secondo un accostamento non troppo
azzardato, ad una moto a “quattro ruote”. Similitudini calzanti e molto evidenti si riscontrano
nell’impostazione del motore, in particolare per la classe 125, nella quale anni fa addirittura si
verificava un’osmosi dalle due ruote alle piccole quattro.
E cosa dire del telaio, un traliccioin tubi che per decenni ha sorretto e caratterizzato le moto,
tuttora principale elemento del kart, sul quale si riversano i maggiori sforzi e nel quale si
racchiudono i più nascosti segreti, se di questo si tratta.
La semplicità costruttiva, che non deve fare intendere bassa tecnologia, anzi, è l’essenza
stessa del kart, un mezzo in grado di fornire prestazioni elevate, specie se rapportate alle
tortuose e divertenti piste, a costi accettabili e con ingombri che consentono di arrivare in
circuito con la propria vettura e il kart caricato sul tetto, come per fortuna ancora fanno molti
appassionati.
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COSA
E’
COMPOSTO
IlDA
collegati,
cuore
del
si
appoggiano
kart
èalla
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telaio,
e
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struttura
in
gli
tubi
altri
magistralmente
elementi.
saldati,
con
la
quale
sono
La
ruote
in
curva
caratteristica
ruotano
sono
peculiare,
stessa
rigidamente
che
velocità,
lo
collegate
identifica
contro
da
in
isoluzioni
migliori
maniera
un
assale,
principi
unica,
altro
cinematici.
èl’as­senza
elemento
fondamentale,
del
differenziale;
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anche
lele
Questa impo­stazione,
ai
criteri
di
semplicità
diruote!
una
trasmissione
snella,
na
serie
di
accorgimenti
molto
particolari.
Per
ovviare
all’inconveniente,
ilkart
kart
percorre
le
curve
su
tre
Si
molto
strisciamento
nella
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zona
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la
posteriore
oposteriore
contenuto. per
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destra
interna
arisponde
ridotta,
fianco
e,
Ilunica.
anche
motore,
del
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quando
di
cilindratata
ruota
ilche
quale,
ille
sollevamento
non
nella
epreme
dimensioni
classe
molto,
non
è
contenute,
ammettendo
evidente,
può
è
collocato
uno
la
curva
modifiche
motoristiche.
di
un
messa
colloquio
punto
diretto
della
veramente
carburazione
difficile
mentre
da
riscontrare
sta
girando,
in
altre intervenendo
discipline
con
laimplica
Ildestra,
acqua,
dotato
severe,
ma
classico
caratterizzandolo
d’accensione
privando
motore
o
senza
ille
da
cambio,
ad
in
kart
anticipo
maniera
è
da
un
secondo
monocilindrico
fisso.
di
alcune
le
Ildel
categorie,
regolamento
con
ciclo
privo
tecnico
universalmenteimpiegate
a
di
due
valvole
impone
tempi,
di
raffreddato
risonanza
delle
restrizioni
in
allo
ad
altri
aria
scarico
piuttosto
o
ad
e u
La
dalla
carrozzeria
è
rendendo
ridotta
ache
poche
iuna
modelli
parti
delle
di
plastica,
varie
aziende
cui
dimensioni
distinguibili
sono
in
base
rigorosamente
alla
colorazione.
stabilite
Le
gradevole.
sembra
forme
privo
richiamano
Ma
di
ilvisibile,
qualcosa,
kart
non
una
va
specie
di
osservato
un
particolare
di
monoposto
come
importante,
veicolo
contratta,
isolato,
come
leggermente
perché
se
mancasse
in
questa
panciuta
...
ilapportare
condizione
pilota!
edi
aspetto
costituisce
braccia
traiettorie.
ilèposteriori
francescano
e
gambe,
parte
integrante,
sedile
rapide
occupato
correzioni
consentendo
dal
driver
agli
volante,
si
spettatori
completa
iLe
virtuosismi,
d’osservare
l’aspetto
le
sfumature
del
i100,
movimenti
veicolo
nell’impostare
eguidare
ilper
pilota
guida
ne
di
Con
messa
pneumatici,
quindi
un
si
acon
po’
punto
d’esperienza
solo
e,
ascoltando
addirittura,
sia
fa
osservare
si
riesce
ila
crescendo
collegarla
e
a
non
capire
resta
alla
del
anche
suono
chiuso
regolazione
la
allo
brillantezza
in
un
scarico
del
abitacolo
telaio,
in
d’un
uscita
al
(che
propulsore,
comportamento
da
non
una
c’è).
curva.
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stato
Ilsettori,
dei
kart
della
Poterlo
elemento
ammirare
asemplicemente
favore.
da
vicino,
con
tutti
ila
particolari
meccanici
in
bella
vista,
rappresenta
un
E’
monoposto
potere
vera
lì,
enormativa,
propria
di
tutto
richiamare
in
lì,
scala,
piccola
conferisco­no
molti
auto,
ragazzi
per
giunta
giovanissimi
al
eraggiungibile.
kart
in
pista,
un
aspetto
molti
intravedono
anni
di
dimensioni
giocattolone,
prima
dei
la
ridotte,
possibilità
fatidici
che
adall’esterno
18.
riprodurre
di
una
ha
una
ilaltro
Vediamo
oconcede,
quindi
come
siavvicinabile
articola
divertirsi.
l’attività
e
cosa
occorre
fare
per
iniziare
una
promettente
carriera
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