18536-2013 - Procura Generale della Cassazione

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18536-2013 - Procura Generale della Cassazione
PROCURA GENERALE DELLA REPUBBLICA
PRESSO LA CORTE DI CASSAZIONE
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N. 18536/13 R.G.
IL SOSTITUTO PROCURATORE GENERALE
letti gli atti
osserva
1. Sull’ammissibilità del proposto regolamento preventivo.
Preliminarmente, si rileva che, diversamente da quanto prospetta la lavoratrice, il
regolamento è ammissibile, anche se proposto durante la fase sommaria del
procedimento d’impugnazione del licenziamento delineata nei commi 48 ss. Della
legge n. 92 del 2012.
Si tratta, invero, di una fase del giudizio che è sommaria, ma non cautelare: non
occorre la prova di alcun concreto periculum, essendo l’urgenza preventivamente ed
astrattamente valutata dal legislatore in considerazione del tipo di controversia. La
sommarietà dunque riguarda le caratteristiche dell’istruttoria, senza che ad essa si
ricolleghi una sommarietà della cognizione del giudice, né l’instabilità del
provvedimento finale (l’idoneità al giudicato è espressamente prevista per la sentenza
resa all’esito dell’opposizione e non può essere esclusa per l’ordinanza conclusiva
della fase sommaria, irrevocabile fino alla conclusione di quella di opposizione). Il
nuovo procedimento di impugnativa del licenziamento, quindi, è un procedimento
speciale a cognizione piena ed esauriente e, anche a volerlo definire sommario, non
assume mai una connotazione cautelare.
Pertanto, la fattispecie non è rapportabile alle decisioni di codesta S.C. S.u. n. 406/11
(relativa procedimento cautelare ex art. 700 c.p.c. promosso da altro lavoratore nei
confronti del medesimo ente straniero), né a Cass. S.u. 19256 del 2010; mentre si
rivela meglio aderente a quelle decise da Cass. S.u. 10 luglio 2012 n. 11512, che ha
ritenuto ammissibile il regolamento preventivo di giurisdizione afferente a
procedimento sommario ex art. 702-bis e seguenti cod. proc. civ., trattandosi di rito
avente natura cognitiva e non cautelare, meglio assimilabile, per quanto innanzi
esposto, all’impugnativa di licenziamento qui in esame (si veda anche Cass. S.u.
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21099/2004, che l’ha ritenuto ammissibile anche nella fase cautelare del giudizio
possessorio, qualora sia inerente – sempre come nella specie – alla giurisdizione
sull’istanza di merito). Del resto, la giurisprudenza citata dalla stessa lavoratrice in
tema di procedimento ex art. 28 Statuto lav. (Cass. S.u. n. 1761/2002 e 1127/2003, che
hanno sostanzialmente ammesso il rimedio), lungi dal rafforzare la tesi
dell’inammissibilità del presente regolamento, finisce per corroborare quella qui
sostenuta, data l’affinità strutturale della disciplina della repressione della condotta
antisindacale con quella dell’impugnazione del licenziamento nella l. n. 92 del 2012.
2. Le mansioni svolte dalla lavoratrice.
Dal ricorso introduttivo si evince che:
2.1 La ricorrente, dopo aver lavorato presso il Centro Culturale Francese di Roma con
l'incarico fiduciario di assistente del Direttore, incarico assolto per 9 anni, nell'anno
1986, è stata assunta, in regime di impiego privato, presso l'Accademia di Francia, sita
in Villa Medici (in territorio della Repubblica Italiana), con la qualifica di "Secrétaire
de Direction", livello 7/3, a supporto dell'attività del Segretario Generale per
l'assolvimento delle principali necessità istituzionali dell'Accademia.
2.2 Dal 1994 al 1999, la ricorrente, previa stipula di un contratto integrativo, ha svolto
il compito di responsabile Ufficio Stampa dell'Accademia, ruolo che, nel dicembre
dello stesso anno, ha volontariamente lasciato per assumere le funzioni di responsabile
del settore locazioni, affidatole dal direttore dell'epoca, M. Bruno Racine.
2.3 Dal 2000, la ricorrente è divenuta la responsabile del "Servizio locazioni" (che si
occupa della contrattualistica e della cura dei rapporti con la clientela
nell'utilizzazione commerciale della Villa cinquecentesca, con particolare riferimento
alla gestione degli eventi e alla cura dei i ricevimenti).
2.4 Sin dall'inizio dell'affidamento delle mansioni, la Galamini di Recanati, su incarico
dell'allora direttore, con il supporto del collega Enrico Salvatore, ha di fatto "creato" il
servizio di competenza, visitando altre location similari e verificando come, in altre
prestigiose ville, venisse organizzata, gestita e compensata una simile attività,
prendendo contatti con decoratori, addobbatori, fioristi, musicisti, società di gestione
del catering, servizi di hostess, compagnie di assicurazione (soprattutto per rischi alle
opere d'arte esposte), per avere elementi utili di valutazione per compiere le scelte più
oculate per la valorizzazione del sito, riscuotendo in ciò fin da subito il plauso del
Direttore.
2.5 Nel 2003, stante la competenza dimostrata e le ottime performances, la ricorrente,
è stata gratificata della promozione all'8° livello.
2.6 Nei fatti le mansioni svolte dalla ricorrente (così come definite nell'organigramma
interno dell'Accademia e diffuso sul sito internet, hanno assunto variegate definizioni:
"Responsabile delle locazioni", "responsabile promozione del sito di Villa Medici",
"Responsabile dell'organizzazione delle locazioni" e sono rimaste per oltre dodici anni
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sostanzialmente le stesse, essendo riferite alla gestione di ogni tipo di "evento", nella
cura dei rapporti con i clienti fruitori della Villa e del giardino, nella cura della
programmazione, preparazione e svolgimento di ricevimenti, convegni, feste,
anniversari, meeting di ogni tipo, sovraintendendo ai servizi di buffet, pranzi e cene di
gala, nonché alla verifica consuntiva, anche di budget, degli eventi stessi, nella
definizione dei costi, nella scelta, nel controllo dei fornitori (catering, addobbatori,
fioristi, elettricisti, addetti all'amplificazione, hostess, assicurazioni, installatori e
personale di fatica) da proporre in via eventuale alla clientela, al fine di realizzare per
la stessa íl miglior rapporto di prezzo/qualità e di veder sempre garantito un livello
della migliore qualità.
2.7 Un simile apporto professionale, con il tempo, ha consentito all'Accademia di
Francia di raggiungere notevoli vantaggi sia d'immagine che di incassi, risultando la
location sempre più richiesta ad un prezzo sempre elevato (non inferiore, in media, a €
10.000 ad evento), non solo per le innegabili caratteristiche storico artistiche della
struttura, ma anche per la qualità del “prodotto evento” e per l’atmosfera.
3. I provvedimenti giurisdizionali richiesti dalla ricorrente
Il petitum risultante dal ricorso introduttivo è del seguente tenore:
riservandosi di agire in separato giudizio, al fine di richiedere il risarcimento da parte
dell'Accademia di Francia dei danni tutti (biologici, professionali, di perdita di chance e
di 'immagine”) patiti a seguito del recesso aziendale intimato nei suoi confronti con
missiva del 14 febbraio 2013, R I C O R R E All'Ecc.mo Tribunale adito affinché
questo voglia:
a . I N VIA PRINCIPALE, accertare e dichiarare la nullità e/o l’illegittimità del
licenziamento comminatole in data 14.2.2013 stante la discriminatorietà, la genericità e
la tardività della contestazione, nonché in quanto, nel caso, non ricorrono gli estremi
della giusta causa addotti dall'Accademia di Francia per insussistenza del fatto
contestato e/o perché il fatto rientra tra le condotte punibili con una sanzione
conservativa sulla base delle previsioni dei contratti collettivi applicabili in azienda e/o
del codice disciplinare applicabile al rapporto di lavoro; e per L'effetto, annullare il
licenziamento impugnato e condannare l'Accademia di Francia, in persona del legale
rappresentante pro tempore, alla reintegrazione della Galamini di Recanati nel proprio
posto di lavoro ed al pagamento di un'indennità risarcitoria commisurata all'ultima
retribuzione globale di fatto percepita dalla ricorrente dal giorno del licenziamento sino a
quello dell'effettiva reintegrazione e comunque nella misura massima di 12 mensilità
dell'ultima retribuzione globale di fatto (pari a lorde € 1.630,00 x 14:12= 1902,00), oltre
al pagamento dei contributi previdenziali ed assistenziali per il periodo dal
licenziamento all'effettiva reintegra;
b . I N VIA SUBORDINATA, accertare e dichiarare che, nel caso in esame, non
ricorrono - in ogni caso - gli estremi della giusta causa addotti dall'Accademia di
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Francia; e p e r l'effetto, condannare l'Accademia di Francia, in persona del l.r.p.t. al
pagamento di un'indennità risarcitoria onnicomprensiva - ai sensi del V comma dell'art.
18 Statuto Lav. - nella misura massima di 24 mensilità dell'ultima retribuzione globale
di fatto percepita dalla sig.ra Maria Cristina di Recanati (come sopra indicata in €
1902,00 mensili), vista l'anzianità del ricorrente e tenuto conto del numero dei
dipendenti occupati, delle dimensioni dell'attività economica e del comportamento
dell'Accademia.
4. L’ambito dell’immunità dalla giurisdizione degli enti sovrani stranieri nelle
controversie relative a rapporti di lavoro con dipendenti locali.
4.1 Secondo l'art. 10, primo comma, della Costituzione, l'ordinamento giuridico
italiano si conforma alle norme di diritto internazionale generalmente riconosciute e tra
queste rientra la regola, di carattere consuetudinario, sull'immunità degli Stati esteri
dalla giurisdizione italiana, in base ad una prassi e ad un’opinio iuris internazionali,
volta al rispetto della sovranità degli Stati e degli altri soggetti di diritto internazionale.
Tale immunità riguarda rapporti giuridici estranei all'ordinamento italiano, o perché gli
Stati e gli altri enti stranieri agiscono come soggetti di diritto internazionale o perché
agiscono come titolari di una potestà di imperio nell'ordinamento d’origine, ossia come
enti sovrani.
4.2 La regola consuetudinaria sull’immunità si applica anche agli altri soggetti che
rivestono, in senso ampio, la qualità di organi dello Stato estero (enti pubblici,
comunque denominati: vedi Cass. S.u. 18 marzo 1999, n. 150; 12 giugno 1999, n. 331),
compresi, in particolare, gli enti e istituti di carattere culturale (vedi Cass. S.u. 26
maggio 1994, n. 5126 - Accademie de France a Rome - 9 settembre 1997, n. 8768; 12
marzo 1999, n. 120 - Ecole francaise de Rome - 9 ottobre 1998, n. 9995 - The British
institute of Florence).
4.3 La giurisprudenza di codesta S.C. e la prassi internazionale hanno, tuttavia,
tracciato alcuni confini all'area dell'immunità. Storicamente viene attribuita proprio ala
giurisprudenza italiana ed a quella belga l’individuazione del concetto d’immunità
ristretta, in forza del quale essa non opera allorché gli atti compiuti dai soggetti
internazionali stranieri nell’ordinamento locale non siano riconducibili all’esercizio di
poteri sovrani, siano stati compiuti, cioè, non iure imperii ma iure gestionis (o iure
privatorum).
4.4 Sempre tenendo conto di questa evoluzione e con specifico riferimento ai rapporti
di lavoro, dopo alcune incertezze, la giurisprudenza di codesta Corte si è orientata nel
senso che, nei confronti degli enti estranei all'ordinamento italiano, perché enti di
diritto internazionale, e immuni dalla giurisdizione, il giudice italiano è titolare della
potestà giurisdizionale per tutte le controversie inerenti a rapporti di lavoro che
risultino del tutto esterni alle funzioni istituzionali e all'organizzazione dell'ente,
costituiti, cioè, nell'esercizio di capacità di diritto privato (vedi Cass. S.u. 7 novembre
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2000, n. 1150); per gli altri rapporti, il medesimo giudice è carente della potestà
giurisdizionale atta ad interferire nell'assetto organizzativo e nelle funzioni proprie
degli enti, mentre può emettere provvedimenti di contenuto esclusivamente
patrimoniale. Ed ha precisato ulteriormente che, tra i provvedimenti di natura
esclusivamente patrimoniale, non può comprendersi la sentenza di condanna ad un
pagamento che debba essere logicamente preceduta da un accertamento del danno da
interruzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, con prestazioni lavorative
attinenti ai fini istituzionali dell'ente datore di lavoro: infatti tale sentenza, una volta
passata in giudicato, farebbe stato sia sull'obbligo di pagare, sia (questione
pregiudiziale logica) sull'obbligo di ricevere a tempo indeterminato le prestazioni
lavorative (Cass., S.u. 28 ottobre 2005, n. 20995, in motivazione; S. u. 15 aprile 2005,
n. 7791).
5. La rinuncia all’immunità giurisdizionale: configurabilità e condizioni..
5.1 La norma consuetudinaria può essere derogata per volontà dello stesso soggetto
avente titolo all'immunità, mediante la stipula di convenzioni con le quali si assoggetta
senza limiti, generalmente in un ambito determinato, alla giurisdizione italiana, e, per
lo più, questo avviene distinguendo, nelle convenzioni, fra dipendenti a statuto
internazionale e dipendenti a statuto locale, i primi inseriti nell'organizzazione
propriamente pubblicistica dello Stato straniero ed i secondi assunti per i bisogni locali
di mano d'opera e per il soddisfacimento di esigenze materiali, perciò non immuni,
bensì assoggettati ai giudici dello Stato territoriale (Cass. S. u. n. 20995/2005, in
motivazione, cit.; S.u. 27 gennaio 1977 n. 400; 22 maggio 1991 n. 5794; 12 gennaio
1996 n. 174).
5.2 Diversamente da quanto sostiene la lavoratrice, l’istanza di regolamento non può
essere respinta per l’asserita intervenuta devoluzione della giurisdizione, da parte
dell’Accademia, in ordine alle questioni dei rapporti di lavoro del personale, sul
presupposto che l’ente si sarebbe obbligato ad osservare una nuova disciplina del
rapporto di lavoro, con un atto regolamentare interno, contemplante la disciplina del
rapporto di lavoro tra l’Accademia ed i suoi dipendenti assunti localmente, con la
competenza esclusiva del Giudice del foro locale secondo le disposizioni e le procedure
vigenti in materia di controversie di lavoro come previste dal diritto italiano.
5.3 L’orientamento delle S.U. sul punto si presenta disomogeneo, rinvenendosi
pronunce che riconoscono siffatto effetto devolutivo alle previsioni contenute nel
contratto di lavoro stipulato tra le parti (Cass. S. u. n. 531/2000, peraltro, distingue
opportunamente tra disciplina sostanziale del rapporto ed aspetto processuale cui
esclusivamente attiene il regime della giurisdizione, ritenendo non sufficiente il
semplice rinvio alle norme del diritto italiano), e pronunce che al contrario lo negano in
radice (in senso favorevole ex multis Cass. S. u. n. 110/1987; in senso contrario Cass.
S. u. n. 12315/92, alla quale fa riferimento peraltro Cass. S. u. n. 5126/94, vale a dire il
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precedente riguardante l’Accademia).
5.4 Diversamente da quanto emerge dalle sentenze di Codesta Corte ora citate, si
ritiene che la questione prospettata con l’eccezione di cui al punto 3 del controricorso
debba essere risolta tenendo presente innanzitutto il rango delle fonti, sul presupposto
che non vi sia omogeneità tra la norma consuetudinaria, di carattere generale,
sull’immunità degli Stati esteri dalla giurisdizione locale, alla quale l’ordinamento
giuridico italiano si conforma ai sensi dell’art. 10 Cost., ed il “regolamento interno” da
cui si vorrebbe desumere la pretesa rinuncia alla prerogativa dell’immunità. Sussiste
peraltro una differenza strutturale e funzionale tra gli istituti giuridici coinvolti.
L’immunità è, infatti, una prerogativa riconosciuta allo Stato (o altro ente sovrano)
straniero, quale soggetto di diritto internazionale, affinché lo Stato territoriale non
interferisca nello svolgimento delle attività istituzionali del primo. Per poter rinunciare
a detta prerogativa, è necessario che la manifestazione in tal senso sia espressa dal
titolare del “potere estero” di detto soggetto internazionale. Inoltre, la rinuncia non può
essere formulata in via preventiva ed astratta, ma può legittimamente intervenire solo in
occasione del sorgere di una concreta controversia, anche sulla base del rilievo che
l’ente sovrano straniero ben potrebbe avere interesse, nel singolo caso, a sottoporsi alla
giurisdizione locale, per veder riconosciute le proprie ragioni e/o per formulare
domande riconvenzionali, nel qual caso, la Convenzione di Vienna del 1961 sui
privilegi e le immunità degli agenti diplomatici esclude espressamente, all’art. 32 co. 3,
che possa invocarsi l’immunità. Queste considerazioni dimostrano che la norma
internazionale generale sull’immunità dalla giurisdizione si colloca su un piano
logicamente antecedente a quello dell’individuazione del Giudice competente a
conoscere di una determinata domanda.
5.5 Alla luce di questa interpretazione, che si conforma all’opinione espressa in tema di
rapporti tra la Convenzione di Bruxelles e la regola sulla immunità dall’Avvocato
generale Ruiz-Jarabo Colomer nel caso Lechouritou, deciso dalla Corte di giustizia con
Sent. del 15 febbraio 2007, in causa C-292/05, si deve ritenere infondata anche
l’eccezione di cui al punto 2 del controricorso, circa l’asserito - e per quanto dinanzi
esposto insussistente - contrasto con il Regolamento CE 44/2001 e gli altri atti
comunitari ivi richiamati.
6. La compatibilità di siffatta impostazione con la giurisprudenza della Corte Edu
La ricostruzione qui operata dell’ambito dell’immunità dalla giurisdizione degli enti
sovrani stranieri nelle controversie relative a rapporti di lavoro con dipendenti locali si
rivela, peraltro, compatibile con l’orientamento fatto proprio dalla Corte Edu, la quale,
negli ultimi anni, ha emesso numerose pronunce sulla questione dell’immunità degli Stati
dalla Giurisdizione e sul diritto di accesso alla giustizia ai sensi dell’art. 6 della
Convenzione europea sui diritti dell’uomo. Si segnalano, in particolare, le Sentenze
Cudak contro Lituania del 2010 e Guadagnino contro Italia del 2011, nelle quali la Corte
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ha valorizzato il principio secondo il quale “sarebbe incompatibile con la preminenza
del diritto in una Società democratica e con il principio fondamentale che sottende
all’art. 6 par. 1, cioè che le azioni civili debbano poter essere portate dinanzi a un
Giudice, che uno Stato, senza riserve o senza controllo degli organi della Convenzione,
potesse sottrarre alla competenza dei Giudici tutta una serie di azioni civili o esonerare
da ogni responsabilità delle categorie di individui”. Ciò ha portato la Corte ad affermare
che, nonostante il riconoscimento dell’istituto dell’immunità degli Stati, non è conforme
ai principi della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, nonché della Convenzione di
New York del 2004, considerare la stessa in senso assoluto, non tenendo conto di quali
siano gli interessi coinvolti nei casi oggetto di attenzione. Sulla base di queste premesse
si potrebbe ritenere che dichiarare il difetto di competenza anche rispetto alle pretese
meramente economiche della ricorrente, integrerebbe l’inosservanza di un rapporto
ragionevole di proporzionalità, travalicando il margine di valutazione riconosciuto agli
Stati in caso di limitazione del diritto di accesso dell’individuo ad un Tribunale.
7. La valutazione dei motivi del ricorso per regolamento
Come nel caso definito con Cass. S. u. n. 5126/94, la ricorrente Academie de France
contesta la giurisdizione del giudice italiano relativamente alla controversia in esame,
prospettando un triplice ordine di considerazioni, relative, rispettivamente, alla natura
pubblica dell'attività svolta, alla qualità delle mansioni esercitate dalla lavoratrice ed
allo specifico petitum della causa.
Al riguardo si osserva:
7.1. in relazione al primo aspetto non vi è ragione di discostarsi da quanto affermato
nella richiamata sentenza di codesta S.C.: “l'Academie de France costituisce parte
integrante dell'amministrazione della stato francese, come si apprende dal decreto n. 711140 del 21 dicembre 1971, che la definisce quale "istituzione pubblica nazionale a
carattere amministrativo dotata di personalità giuridica e di autonomia finanziaria e
posta sotto la tutela del Ministro degli Affari culturali" (art. 1: "etablissement pubblic
national a caractere admistratif dote de la personnalitè civile et de l'autonomie
financiere", (est) placee sous la tutelle du ministre des affaires culturelles"). In base agli
accordi culturali italo-francesi (conclusi a Parigi il 4 novembre 1949), di cui alla legge
di esecuzione 30 luglio 1952 n. 1177, ed al conseguente scambio di note del 17 maggio
1965, di cui alla legge di esecuzione 4 ottobre 1966 n. 875, l'Academie de France
appartiene agli "Istituti di alta cultura" che il governo italiano e il governo francese si
sono impegnati a riconoscere "accordandosi reciprocamente ogni facilitazione alla
creazione e al funzionamento" di essi, nell'ambito di una cooperazione culturale e "di
sviluppo nelle relazioni nel campo delle scienze e delle arti" (art. 1 L. n. 1177 del 1952
cit., esteso all'Academie con L. 4 ottobre 1966 n. 875). La finalità pubblicistica
dell'Academie è dunque di tutta evidenza: essa è diretta emanazione del Ministero degli
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Affari culturali francese operante in Italia; persegue finalità istituzionali dello Stato
straniero (la diffusione della cultura nazionale all'estero); ed infatti la legge di bilancio
preventivo annuo francese prevede lo stanzionamento di una somma a beneficio
dell'Academie, a copertura finanziaria delle spese dell'Ente, come risulta dai documenti
acquisiti”. La sussistenza poi, nel caso di specie, di un accordo ad hoc tra i due Stati,
reso esecutivo nell’ordinamento interno, rafforza il convincimento della configurabilità
dell’Accademia quale ente di diritto pubblico dello Stato straniero.
7.2 Per quanto concerne il secondo aspetto, invece, la fattispecie oggi all’esame, diverge
nettamente da quella che ha formato oggetto di Cass. S. u. n. 5126/94. Infatti, sulla base
di quanto si evince dagli atti di causa, risulta che la Galamini di Recanati era addetta
all’organizzazione delle locazione per eventi e ricevimenti privati del sito di Villa
Medici, nella cura dei rapporti con i clienti fruitori della Villa e del giardino e nella
definizione dei costi, nella scelta e nel controllo dei fornitori.
Si tratta, con tutta evidenza, di mansioni che pur non essendo meramente materiali e di
elevato livello organizzativo, non sono correlate all’attività pubblicistica dell’ente
straniero, né sono indirizzate al perseguimento dei suoi compiti istituzionali nel campo
della diffusione delle scienze e delle arti.
E’ noto infatti che solo l’inserimento delle mansioni del lavoratore nell’organizzazione
finalizzata al raggiungimento dei detti fini è idonea ad escludere la Giurisdizione del
Giudice italiano con riguardo alle controversie inerenti al rapporto di lavoro subordinato
tra il cittadino italiano ed uno Stato estero.
7.3 Infine, per quanto concerne il petitum la Galamini di Recanati ha chiesto in via
principale l’annullamento dell’impugnato licenziamento, con la condanna
dell’Accademia alla reintegrazione nel posto di lavoro e al pagamento di una indennità
risarcitoria come quantificata nel ricorso; in subordine la condanna dell’Accademia di
Francia al pagamento di un’indennità risarcitoria onnicomprensiva, ai sensi del V co.
dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori.
8. L’impostazione accolta
8.1 Sulla base delle premesse in fatto e dal descritto contesto interpretativo, si può
affermare che, ove la controversia, come quella in esame, non sia relativa a prestazioni
lavorative attinenti ai fini istituzionali dell’ente sovrano datore di lavoro, la
giurisdizione del giudice italiano – ferma restando la non apprestabilità di una tutela
reale che comunque interferirebbe coni poteri organizzativi dell’ente straniero datore di
lavoro – va riconosciuta in ordine a tutti gli aspetti patrimoniali derivanti dai dedotti
inadempimenti del datore di lavoro, anche a quelli derivanti dalla dedotta illegittimità
del licenziamento.
Si pensi, al riguardo che il principio espresso da Cass. S.U. 20995/2005 e Cass. S.U.
7791/2005 presuppone che le pretese economiche connesse alla reintegrazione nel posto
di lavoro si riferiscano – diversamente da quanto avviene nel caso in esame – a
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prestazioni lavorative concernenti i fini istituzionali dell’ente sovrano datore di lavoro.
Invero, ciò si evince più chiaramente dal principio di diritto formulato nella motivazione
di detta sentenza (secondo cui, nei confronti degli enti estranei all'ordinamento italiano
perché enti di diritto internazionale il giudice italiano è carente della potestà
giurisdizionale idonea ad interferire nell'assetto organizzativo e nelle funzioni proprie
di essi mentre può emettere provvedimenti di contenuto esclusivamente patrimoniale.
Tra questi non può comprendersi la sentenza di condanna ad un pagamento che debba
essere logicamente preceduta da un accertamento del d da interruzione di un rapporto
di lavoro a tempo indeterminato, con prestazioni lavorative attinenti ai fini istituzionali
dell'ente datore di lavoro: infatti tale sentenza, una volta passata in giudicato farebbe
stato sia sull'obbligo di pagare sia (questione pregiudiziale logica) sull'obbligo di
ricevere a tempo indeterminato le prestazioni lavorative) che riflette, meglio di quanto
non traspaia dalla relativa massima ufficiale, il presupposto della riferibilità, comunque,
delle pretese oggetto d’immunità ad una prestazione lavorativa connessa ai poteri
sovrani dell’ente datore.
8.2 Pertanto si chiede di dichiarare il difetto di giurisdizione del Giudice Italiano
esclusivamente in ordine alla domanda volta alla reintegrazione della controricorrente
nel proprio posto di lavoro, ferma restando la Giurisdizione del Giudice adito in ordine
a tutte le altre pretese di carattere patrimoniale
PQM
Chiede che Codesta Corte, a S.U., in camera di consiglio, dichiari il difetto di
giurisdizione del Giudice Italiano esclusivamente in ordine alla domanda volta alla
reintegrazione della controricorrente nel proprio posto di lavoro, ferma restando la
Giurisdizione del Giudice adito in ordine a tutte le altre pretese di carattere patrimoniale
Roma, 19.02.2013
IL SOSTITUTO PROCURATORE GENERALE
Giovanni GIACALONE
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