Epidemiologia e impatto clinico dell`infezione da Streptococcus

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Epidemiologia e impatto clinico dell`infezione da Streptococcus
JPH - Year 7, Volume 6, Number 4, Suppl. 5, 2009
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Epidemiologia e impatto clinico dell’infezione da Streptococcus
pneumoniae (Spn) e da Haemophilus influenzae non tipizzabile (NTHi), in
Italia e nel mondo
Maria Rosaria Gualano1, Alice Mannocci1, Paolo Castiglia2, Alessia Marocco3, Federico
Marchetti3, Giuseppe La Torre1,4, Walter Ricciardi1
1
Centro di Ricerca in Ingegneria Sanitaria Ambientale e Valutazione delle Tecnologie Sanitarie, Istituto di
Igiene, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma; 2Istituto di Igiene, Università degli Studi di Sassari;
3
Direzione Medica Prevenzione, GlaxoSmithKline S.p.a., Verona; 4Sezione di Medicina Clinica e Sanità
Pubblica, Sapienza Università di Roma
Introduzione
Le infezioni a eziologia da Streptococcus
pneumoniae (Spn) e Haemophilus influenzae
(Hi) sono tra le principali cause di mortalità e
morbosità in tutto il mondo, soprattutto nei
bambini di età inferiore ai 2 anni e nei soggetti
anziani di età superiore a 65 anni, in cui causano
gravi patologie rappresentando perciò un serio
problema di sanità pubblica [1].
I due agenti patogeni sono infatti responsabili di
patologie di tipo non invasivo come otiti medie,
rinosinusiti, congiuntiviti, bronchiti e polmoniti e
di tipo invasivo, cioè caratterizzate dalla presenza
di un microrganismo nel sangue, nel liquor o in
altri siti non comunicanti con l’esterno, come
polmoniti batteriemiche, meningiti, batteriemie,
empiema, sepsi, peritonite e artrite/osteomielite.
Spn (o pneumococco) è un batterio capsulato
Gram positivo che alberga frequentemente nelle
prime vie respiratorie; si calcola infatti che il 3070% della popolazione sia portatore asintomatico
di tale patogeno nel nasofaringe [2,3] da dove, in
presenza di fattori predisponenti come
concomitanti infezioni del tratto respiratorio,
inalazione di anestetici, insufficienza cardiaca e
altri fattori che, come quest’ultima, favoriscono
l’insorgenza di edema polmonare, può
raggiungere le vie respiratorie profonde
provocando polmoniti, che rappresentano la
causa principale di mortalità infantile nel mondo,
secondo il rapporto Unicef Pneumonia “The
forgotten killer of children” del 2006 [4].
Il soggetto portatore sano di Streptococcus
pneumoniae è più comune nella prima infanzia
[5] e diminuisce col crescere dell’età fino
all’adolescenza e all’età adulta [6,7]. Secondo
alcuni autori, la prevalenza dello status di
portatore sarebbe più alta durante la stagione
invernale [8], mentre secondo altri studi, come
quello condotto in Italia da Marchisio et al., la
differenza tra le varie stagioni è trascurabile [9].
Spn può diffondere localmente e causare
rinosinusiti, otiti medie e polmoniti. Per diffusione
ematogena invece può causare meningiti, sepsi e
polmoniti (la polmonite ha doppia valenza
eziologica). La trasmissione interumana avviene
attraverso gocce di Pflugge.
Hi è un batterio Gram negativo che colonizza la
mucosa oro-rino-faringea ed è coinvolto
nell’eziopatogenesi di patologie gravi come la
meningite. I ceppi capsulati possono facilmente
colonizzare il torrente ematico provocando
batteriemia con disseminazione alle meningi
(meningiti), ai tessuti molli (celluliti) e
all'epiglottide (epiglottiti).
Nella sua forma non tipizzata, ovvero priva di
capsula, colonizza normalmente il tratto
respiratorio superiore e si può rendere
responsabile di otiti medie e congiuntiviti nei
bambini, mentre nell’adulto può causare
rinosinusiti, riacutizzazioni di bronchiti croniche e
polmoniti, in particolare nei soggetti con stato di
deficit immunitario e con BPCO. Sporadicamente
anche la forma non tipizzabile è associata a
patologie invasive [10].
Il carico delle malattie sostenute da
Streptococcus pneumoniae e Haemophilus
influenzae non tipizzabile
L’impatto di Spn sulla mortalità nel mondo è
rilevante. Si stima infatti che siano a esso
attribuibili circa 1,2 milioni di morti all’anno, pari
a circa il 10% di tutte le cause di morte in soggetti
di età inferiore a 2 anni [11].
Sono certamente i Paesi in via di sviluppo a
versare il maggior contributo per la letalità
associata alle polmoniti, ma anche in quelli
industrializzati l’impatto è notevole, in
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particolare per la letalità delle forme invasive
(13% nella meningite) che prima della
vaccinazione (introduzione del vaccino
eptavalente coniugato nel 2000 negli USA)
contribuivano con circa 40.000 morti all’anno
nei soli Stati Uniti [12]. Il carico della malattia
pneumococcica appare severo anche al di là della
letalità per via delle possibili gravi sequele delle
malattie invasive nell’infanzia, in particolare della
meningite: 30% di handicap neurologico e 19% di
ritardo mentale [13].
Prevalenza e incidenza dell’infezione da
Streptococcus pneumoniae e Haemophilus
influenzae nel mondo
Invasive pneumococcal diseases (IPD) in
Europa e nel mondo
Secondo studi condotti in alcuni Paesi europei
[14,15], l'incidenza complessiva di infezioni
pneumococciche invasive nella popolazione
generale varia tra 5,2 e 15,2 casi per 100.000 per
anno, mentre nei bambini di età compresa tra 0 e
5 anni, i tassi di incidenza sono compresi tra 10,1
e 24,2 per 100.000 per anno (Figura 1).
Uno studio del 1996 [16] riportava i dati di
incidenza di IPD negli USA: in soggetti di età
inferiore ai 2 anni era di 145/100.000 casi per
anno e nei soggetti >65 anni 32 casi per 100.000
per anno.
Dallo studio condotto da Whitney et al. nel 2003
[17], è emerso che l’introduzione del vaccino
eptavalente coniugato, raccomandato dal 2000
dalle autorità sanitarie degli Stati Uniti per la
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vaccinazione di tutti i nuovi nati, ha ridotto le
infezioni da Spn nei bambini. L’incidenza di
malattie pneumococciche invasive è passata da
24,2 casi per 100.000 persone nel 1998 a 17,3 nel
2001. La riduzione dei casi più elevata, pari al 69%,
si è registrata fra i bambini di età <2 anni (59,0
casi per 100.000 nel 2001 vs 188,0 per 100.000,
media del periodo baseline 1998-99).
Parallelamente la frequenza di queste infezioni è
diminuita anche fra gli adulti, oscillando fra l'8%
(40-64 anni) e il 18% (>65 anni) di riduzione,
questi ultimi dati mostrano gli effetti della
cosiddetta herd immunity.
Questi dati sono stati anche recentemente
confermati (Figura 2).
Herd Immunity
I dati americani [17,18] confermano che la
riduzione della circolazione di pneumococchi è in
grado di proteggere anche coloro che non sono
stati o non possono essere sottoposti alla
vaccinazione. Già all’inizio del 2001 il Northern
California Kaiser Permanente Health System
(NCKP) riportava i notevoli effetti di herd
immunity nei coetanei, considerando che
l’incidenza di infezione era crollata da 60 a 18 casi
per 100.000 nonostante solo il 34% dei bambini
avesse ricevuto almeno una dose del vaccino e
solo il 14% fosse stato completamente vaccinato.
Nel 2003, a fronte di una copertura del 68%,
l’incidenza si era ridotta del 94% rispetto al
periodo 1998-99. Anche i neonati, troppo piccoli
per essere vaccinati, risentivano dell’effetto di
Figura 1. Dati di incidenza IPD in Europa (per 100.000).
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Figura 2. Incidenza (per 100.000) di IPD in USA dopo l’introduzione del vaccino PCV7 nel 2000 nei soggetti di età < 5 anni. Modificata
da CDC MMWR 2008 [18].
herd immunity. Il sistema Active Bacterial Core
Surveillance (ABC) metteva, infatti, in evidenza
che l’incidenza nei soggetti fino a 90 giorni di età
si era ridotta del 40%. Allo stesso modo nei
soggetti di età superiore ai 5 anni veniva registrato
un
calo
dell’incidenza
di
meningite
pneumococcica variabile dal 10 al 52% a seconda
della fascia di età (media 25%) [19]. Gli effetti della
herd immunity sono stati registrati anche
nell’ambito della malattia non invasiva (vedi
oltre).
Polmoniti
L’OMS nel 2004 ha stimato circa 150 milioni di casi
di polmonite ogni anno nei bambini di età <5 anni, di
questi circa 20 milioni richiedono l’ospedalizzazione
[20].
Nel Nord America e in Europa l’incidenza annuale di
polmonite nei soggetti <5 anni è stimata tra i 34 e i 40
casi per 1.000.
Dopo l’introduzione del vaccino eptavalente
coniugato, i casi di polmonite ospedalizzata nei
bambini <2 anni è diminuita da 12-14 casi per 1.000 a
8-10 per 1.000 [21-23]. Nel complesso la riduzione è
stimabile nel 39% al di sotto dei 2 anni e nel 26% nei
giovani adulti [24].
Per le polmoniti acquisite in comunità (CAP) risulta
un’eziologia pneumococcica fino al 44% nel bambino
[25] e al 58% nell’anziano [26] e la riduzione a seguito
dell’introduzione del vaccino negli USA è stata del
54% per i bambini di età inferiore a 2 anni [27].
Otite Media (OM)
Secondo i dati di uno studio condotto a Boston
[28], circa l’85% dei bambini considerati ha
riportato almeno un episodio di OM, mentre il
46% ha presentato almeno tre episodi, entro i tre
anni. Nei casi di origine batterica i tre agenti
patogeni di più comune riscontro furono
Streptococcus pneumoniae (dal 30% al 50% dei
casi), Haemophilus influenzae e Moraxella
catarrhalis.
Il picco di frequenza si registra nei bambini di
età compresa fra i 6 mesi e i 6 anni [29]. La
maggior frequenza di OM durante la prima
infanzia è riconducibile al fatto che nei bambini
più piccoli le tube di Eustachio, che mettono in
comunicazione l’orecchio medio con il
rinofaringe, sono beanti, più orizzontali e più brevi
e queste caratteristiche strutturali favorirebbero il
reflusso delle secrezioni presenti nel rinofaringe e
la possibile infezione locale. Nei bambini <2 anni
la vaccinazione antipneumococcica da sola
avrebbe ridotto del 43% le visite ambulatoriali per
OM [30].
Prevalenza e incidenza delle malattie da
Streptococcus pneumoniae e Haemophilus
influenzae in Italia
Malattie invasive da Spn (Invasive
Pneumococcal Diseases o IPD)
In Italia, le stime di incidenza relative a IPD
appaiono differire in funzione della metodologia
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utilizzata negli studi. Essa infatti appare minima
con la sorveglianza passiva delle meningiti
batteriche (SIMI) [31], risultando inferiore a
1/100.000; con l’utilizzo dell’emocoltura su
bambini di età inferiore ai 5 anni ricoverati in
ospedale si aggira intorno al 6/100.000 [32]; con
l’emocoltura e la sorveglianza attiva dei pediatri di
libera scelta l’incidenza oscilla tra 40,1/100.000 in
bambini ≤5 anni [33, 34] e 59,2/100.000 in
bambini ≤3 anni [35]; con metodiche di biologia
molecolare, come mostrato da dati recentemente
ottenuti all’ospedale Meyer di Firenze, nel
sottogruppo dei bambini ospedalizzati di età
inferiore a 2 anni, l’incidenza di IPD è di
51,8/100.000 per anno [36].
Sulla base di quanto descritto, l’incidenza
appare quindi inferiore in Europa e in Italia
rispetto agli USA: questo potrebbe essere dovuto
al tipo di accertamento svolto per verificare il
ruolo eziologico del patogeno, infatti nei Paesi
europei si fa minore ricorso alla pratica
dell’emocoltura.
La variabilità dei dati italiani è riconducibile a
disomogeneità dei sistemi di sorveglianza e delle
definizioni di caso e diversa abitudine alla pratica
dell’emocoltura.
È da considerare inoltre, per quanto riguarda i
dati del SIMI, che nel nostro Paese non si hanno a
disposizione informazioni complete circa la reale
frequenza delle malattie invasive a eziologia
riconducibile a Spn e Hi, dato che il sistema di
sorveglianza è stato per molti anni rivolto alle sole
meningiti, patologie per le quali è in vigore dal
1994 un sistema di sorveglianza nazionale. Per far
fronte a tali carenze di dati, alcune regioni italiane
(come il Piemonte, l’Emilia Romagna, la Toscana e
il Lazio) hanno promosso per prime la
realizzazione di un sistema di sorveglianza
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speciale esteso a tutte le malattie batteriche
invasive,
al
quale
stanno
aderendo
successivamente anche altre regioni. Con il
Protocollo del 15 Marzo 2007 è stata prevista
l’estensione e integrazione della sorveglianza
anche ad altre patologie invasive.
Per ovviare alla sottostima conseguente alla
sorveglianza passiva, lo studio di D’Ancona et al.
[32] del 2005 si è proposto di stimare l’incidenza
delle IPD in Italia considerando i 159 casi
registrati da 9 ospedali situati in due regioni
italiane (Piemonte e Puglia) durante 1 anno di
sorveglianza (Aprile 2001 – Marzo 2002) i cui
risultati di incidenza (6/100.000) sono stati sopra
riportati.
Meningite Pneumococcica
Secondo quanto emerge consultando la banca
dati del SIMI [31], dal 1994 al 2004, i casi di
meningite batterica notificati ogni anno in Italia
sono stati in media 871 per anno, con un minimo
di 611 casi nel 1994, primo anno di attività della
sorveglianza, e un massimo di 1.063 nel 1999.Tra i
casi di meningite a eziologia nota, il patogeno più
frequentemente identificato è stato lo
Streptococcus pneumoniae: media di 235 casi per
anno, con un minimo di 108 casi nel 1994 e un
massimo di 309 nel 1999 e 2003. Dunque circa il
27% delle meningiti batteriche in Italia è
riconducibile a eziologia pneumococcica.
Nel quinquennio 2000-2004, i casi di meningite
da pneumococco segnalati sono stati in media 264
(range 235-309), pari a un’incidenza media annuale
di 0,4 casi per 100.000 abitanti. Stratificando i dati
per età, l’incidenza è risultata essere più alta nei
soggetti con età inferiore aun anno e con età
maggiore di 64 anni: rispettivamente 4 per 100.000
e 0,75 per 100.000 (Figura 3).
Figura 3. Incidenza media annuale (per 100.000) di meningiti pneumococciche in Italia, per classi di età. (Modificata da www.simi.iss.it).
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In uno studio condotto da Principi e Marchisio
tra il 1994 e il 1998 [37], che riporta i dati di 3.918
casi di meningite batterica, lo Spn è risultato essere
responsabile di 918 casi (23,4%). L’incidenza di tale
batterio era la più alta tra i soggetti di 0-4 anni
(tasso medio 1,1/100.000) e tra quelli con più di
64 anni (tasso medio 0,6/100.000).
Utilizzando i dati relativi ai ricoveri ospedalieri
(vedi Capitolo 2), l’incidenza ottenuta è risultata
superiore a quella indicata dal SIMI. Infatti i dati di
incidenza ottenuti dalle schede di dimissione
ospedaliera (SDO) della meningite batterica sono
risultati essere 0,9 per 100.000 per tutte le età e
2,9 per la fascia di età 0-4 anni.
Due recenti lavori hanno considerato le
informazioni provenienti dalle SDO (sia diagnosi
primarie che secondarie) per stimare l’incidenza
delle meningiti da pneumococco in Italia [38, 39].
I risultati indicano un elevato tasso di incidenza
nelle fasce d’età inferiori: circa 7/100.000 fino a1
anno d’età e 2/100.000 da 1 a 4 anni; questi valori
risultano in linea con quelli riscontrati in altri Paesi
europei [40]. Il tasso di mortalità registrato è stato
circa del 15% nella fascia 0-4 anni.
Le sopramenzionate differenze nei dati,
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attribuibili al fatto che nella pratica clinica
quotidiana spesso non vengono eseguiti i test
microbiologici che possono identificare con
sicurezza l’agente eziologico, sono confermate dai
dati disponibili a livello regionale, che sono
riportati, per l’anno 2008, nella Tabella 1.
Letalità
Nella casistica italiana del SIMI relativa al
quinquennio 2000-2004 la letalità per meningite
pneumococcica è stata del 13%.
Batteriemia
Non sono disponibili in Italia studi specifici che
hanno valutato l’incidenza delle batteriemie da
pneumococco.
Secondo lo studio di Tarallo et al. [41], che
riporta i dati raccolti in 10 ospedali italiani, su
4576 emocolture eseguite su altrettanti bambini
di età compresa tra 0 e 60 mesi di età, ricoverati
con almeno una delle seguenti condizioni
cliniche: febbre ≥38,5 °C o due accessi febbrili
≥38,0 °C nelle ultime 48 ore, neutrofilia, diagnosi
di polmonite, complicanze infettive postchirurgiche, episodio febbrile in condizione di
neutropenia, sono risultati positivi a Spn 55
soggetti (prevalenza di 1,20%) Di questi, il 40,9%
Tabella 1. Dati regionali (non std) incidenza IPD in Italia, fonte SIMI.
*Tasso di incidenza non standardizzato calcolato sulla popolazione residente
in ogni regione, secondo i dati Demo Istat 2008.
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aveva un’età inferiore ai 12 mesi.
Polmoniti
Secondo lo studio di Giorgi Rossi et al. del 2004
[42], che riporta dati relativi a polmoniti
ospedalizzate, l’incidenza di polmoniti acquisite in
comunità (CAP) è di 558 casi su 100.000 per anno,
di cui 480 nei soggetti di età maggiore a 65 anni.
In uno studio condotto nel 2003 su 196 bambini
tra i 2 e i 5 anni ricoverati all’Ospedale Pediatrico
dell’Università di Milano per sintomi da CAP, il
29,1% dei casi è risultato riconducibile a eziologia
da Streptococcus pneumoniae [43].
Lo studio condotto da Azzari et al. [44] nel 2008
ha valutato l’eziologia dei casi di polmonite su un
campione infantile: su 92 pazienti analizzati, 80
(87%) erano affetti da polmonite, di cui 16 sono
state attribuite allo Streptococcus pneumoniae
(tasso di prevalenza del 20%).
Otite Media (OM)
Secondo i dati raccolti dallo studio della
Federazione Italiana Medici Pediatri (FIMP) del
2001 [45], analizzando le informazioni
provenienti da un campione di 15.176 bambini di
età compresa tra 0 e 59 mesi, 1.236 (8.14%)
svilupparono un’otite media in un periodo di 6
mesi (Dicembre 2000-Giugno 2001). Da tale
studio emergeva una stima di episodi annui di
OM compresa tra 960.000 e 1.340.000. Inoltre è
stata riscontrata la presenza di Spn nel 23% dei
soggetti.
Nello studio di Principi e Marchisio del 2000
[46] su 464 casi di bambini sottoposti a
timpanocentesi negli ultimi 15 anni presso un
centro clinico milanese, lo Streptococcus
pneumoniae si è rivelato responsabile di 69 casi
(14,9%) risultando così il secondo agente
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eziologico dopo Haemophilus influenzae
(24,6%).
Secondo uno studio italiano condotto da
Marchisio et al. nel 2003 [47], su 475 bambini
affetti da OM, i patogeni riscontrati alla
timpanocentesi o all’otorrea furono lo
pneumococco nel 18,1% dei casi e l’Haemophilus
influenzae nel 29,7%. Dei casi correlati a Hi la
maggior parte (oltre il 90%) sono del tipo non
tipizzabile [48].
I sierotipi circolanti
Si conoscono attualmente 91 sierotipi capsulari
di Spn, a loro volta riuniti in circa 40 sierogruppi.
Non tutti i sierotipi sono però responsabili di
infezioni: più dell’80% dei ceppi isolati da pazienti
con infezione invasiva da pneumococco
appartiene infatti a soli 12 sierotipi (14, 6, 19, 3, 23,
1, 9, 4, 8, 18, 7, 5) mentre, almeno per quanto
riguarda gli USA, nella fascia di età al di sotto dei 6
anni, l’80% dei casi di infezioni invasive è
sostenuta fondamentalmente da sette sierotipi
(14, 6, 19, 18, 23, 4, 9) [2,18].
I sierotipi di più frequente riscontro tra i
soggetti portatori sono stati: 3, 19F, 23F, 19A, 6B e
14, secondo i dati dello studio di Marchisio et al.
condotto nel 2000 [47].
Secondo lo studio di Marchese et al., condotto
tra il 2000 e il 2002 (3 anni), 20 centri clinici
distribuiti su tutto il territorio nazionale e dotati di
strutture per analisi microbiologiche hanno
raccolto e analizzato 1.623 casi di infezioni delle
vie respiratorie dovute a Streptococcus
pneumoniae. Dall’analisi di questi casi è risultata
una distribuzione dei sierotipi presentata in figura
4 [49].
Si è notata invece una diversa distribuzione tra i
Figura 4. Distribuzione sierotipi di Spn in pazienti adulti con infezioni respiratorie, Marchese et al. [49].
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Figura 5. Distribuzione sierotipi di Spn in pazienti pediatrici con infezioni respiratorie, Marchese et al. [49].
pazienti in età pediatrica (Figura 5).
Due studi sono stati condotti da Pantosti et al.
Dal primo, del 2003 [50], che analizzava i ceppi di
Streptococcus pneumoniae isolati da 503 casi di
IPD (meningiti o batteriemie) raccolti da 65
diversi laboratori ospedalieri, emergeva una
distribuzione dei sierotipi tra i pazienti totali (ne
sono stati caratterizzati 487), tra i bambini di 0-5
anni e gli adulti con più di 65 anni che è riportata
in tabella e nei grafici.
Secondo i dati del 2008 [51] raccolti da 39
laboratori che hanno collaborato, nel periodo
2006-2008, alla rete per la sorveglianza
dell’antibiotico-resistenza AR-ISS, di 272 ceppi
isolati di Spn, la distribuzione dei sierotipi isolati
da pazienti con IPD è stata quella illustrata in
tabella 2.
Lo studio di Esposito et al. del 2003 [43], riporta
i dati relativi a 196 bambini tra i 2-5 anni ricoverati
all’Ospedale Pediatrico dell’Università di Milano
per sintomi riconducibili a polmonite acquisita in
comunità: il 29,1% è risultato infetto da
Streptococcus pneumoniae. La distribuzione dei
sierotipi è riportata in figura 6.
Secondo il recente studio AISAR condotto da
Schito et al. [52], che riporta i dati di 320 campioni
di Spn isolati da pazienti affetti da infezioni
pneumococciche invasive, i sierotipi più
frequentemente riscontrati nella popolazione
generale sono stati il 14, il 23F e il 19A, così come
nella popolazione di età pediatrica (<5 anni)
(Figura 7).
Secondo dati riportati nella letteratura
internazionale [53-55] i sierotipi potenzialmente
più invasivi sono risultati essere l’1, il 5, il 19, i1 4,
il 23 e il 7 (vedi Figura 8).
Figura 6. Distribuzione sierotipi di Spn in pazienti pediatrici affetti da CAP. Esposito et al. [43].
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Tabella 2. Distribuzione dei sierotipi di Spn in Italia.
Figura 7. Distribuzione sierotipi di Spn in 320 pazienti con IPD. Modificata da: studio AISAR 2009 [52].
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Il sierotipo maggiormente in causa con gli
eventi fatali sembra essere il 7F [56].
L’esistenza di un numero limitato di sierotipi
virulenti, insieme alla problematica della
resistenza agli antibiotici comparsa tra gli anni ’80
e ’90, hanno fatto sì che la metodica della
vaccinazione
fosse
tenuta
in
grande
considerazione come strumento di prevenzione.
Evoluzione dei sierotipi di pneumococco in Italia
L’esperienza statunitense, prima realtà ad aver
introdotto la vaccinazione pneumococcica
eptavalente, ha riportato da una parte una
riduzione dell’incidenza dei casi dovuti a sierotipi
inclusi nel vaccino [17], dall’altra un aumento dei
casi dovuti a sierotipi non contenuti in esso [57].
In Italia è stato possibile seguire l’andamento
dei sierotipi circolanti grazie alla combinazione di
diverse sorveglianze, in particolare grazie al
contributo di quelle basate sulla collaborazione
con i laboratori di microbiologia che hanno
inviato i ceppi per la sierotipizzazione [58].
Nel periodo antecedente all’introduzione del
vaccino circa il 70% dei ceppi isolati da bambini di
età inferiore ai 5 anni appartenevano a sierotipi
vaccinali [32, 50]. Tale percentuale risultava
inferiore a quella dei bambini del Nord America
ma simile a quella degli altri Paesi europei. Negli
anni
più
recenti,
parallelamente
all’implementazione del vaccino, si è osservato
anche in Italia nei bambini di età fino ai 5 anni una
diminuzione della quota di infezioni dovute a
ceppi vaccinali e un aumento della quota di
infezioni dovuta a ceppi non vaccinali, o correlati
con i vaccinali [33] (Figura 8).
L’interpretazione di questi risultati deve però
essere cauta in quanto un replacement può
avvenire per:
a. sostituzione dei sierogruppi circolanti tra i
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portatori per eliminazione, dovuta all’immunità,
dei sierogruppi contenuti nel PCV7;
b. smascheramento di ceppi “di minoranza” già
presenti nei portatori prima dell’inizio della
vaccinazione;
c. switch di sierotipi (switching capsulare).
Pneumococchi di sierogruppo diverso possono
“scambiarsi” alcuni geni fondamentali nel
determinare il sierotipo capsulare o nell’indurre
l’antibiotico-resistenza. Questo significa che uno
pneumococco, in vivo, non solo può cambiare
sierotipo ma può anche cambiare il proprio
profilo di sensibilità agli antibiotici. E’ evidente
che uno scambio con sierotipi non contenuti
nel vaccino o con sierotipi antibiotico-resistenti
porterebbe a un vantaggio selettivo per il germe
e favorirebbe la selezione del sierogruppo che
ha acquisito tali geni. Il ceppo di pneumococco
modificato, esprimendo nuove caratteristiche
fenotipiche, potrebbe sfuggire alle difese
immunitarie o all’antibiotico-terapia;
d. sostituzione dei sierogruppi circolanti tra i
portatori per spontaneo trend secolare.
Va inoltre rilevato che a complicare
l’interpretazione della supposta relazione tra uso
del vaccino pneumococcico eptavalente
coniugato in Italia e replacement, vi è la
estremamente variegata offerta vaccinale che tra
le diverse regioni italiane è andata realizzandosi in
questi anni, a partire dall’introduzione della
vaccinazione per le sole categorie a rischio nel
2001 fino a una offerta attiva per tutti i nuovi nati
che non si è ancora completata su tutto il
territorio (vedi Capitolo 6).
Nel complesso, tuttavia, così come negli Stati
Uniti, è considerevolmente aumentata la
proporzione di infezioni da un sierotipo correlato,
il 19A (dal 6 al 10%) [59].
Sono inoltre aumentati i sierotipi non vaccinali,
Figura 8. Riduzione dei sierotipi PCV7 dopo l’introduzione del vaccino. Modificato da: Pantosti 2008 [58].
CAPITOLO 1
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JPH - Year 7, Volume 6, Number 4, Suppl. 5, 2009
ITALIAN
JOURNAL
quali 1 e 7F e comparsi sierotipi più rari, non
rilevati nella sorveglianza degli anni 1999-2003
quali il 17, 29, 38 o ceppi non tipizzabili.
Nell’insieme non si è notata una sensibile
diminuzione di resistenza agli antibiotici, in
quanto nel nostro Paese i ceppi sia vaccinali che
non vaccinali condividono una moderata
resistenza alla penicillina e una elevata resistenza
alla eritromicina [60].
Anche in alcuni Paesi Europei si è osservato,
successivamente
all’introduzione
della
vaccinazione eptavalente, in maniera simile alla
situazione italiana, una diminuzione della quota di
infezioni dovute a ceppi vaccinali e un aumento
della quota di infezioni dovuta a ceppi non
vaccinali, o correlati con i vaccinali [61].
Epidemiologia delle malattie da Haemophilus
influenzae non tipizzabile
Il report europeo del sistema di sorveglianza
IBIS presenta i dati epidemiologici riguardo le
malattie invasive da Hi in Europa nel biennio
2003-2004 [62]. L’incidenza di infezioni invasive
da NTHi in Europa oscilla, per la fascia di età
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PUBLIC
HEALTH
inferiore ai 5 anni, tra 0,03 per 100.000 in Italia
a 1,8 per 100.000 in Slovenia (Figura 10).
Inoltre, relativamente ai soggetti di età
maggiore a 15 anni, nei Paesi del Nord Europa si
osserva una maggiore incidenza media annuale
rispetto ai Paesi del Sud Europa (Figura 11).
È da sottolineare che, nonostante il potenziale
patogeno di NTHi,
la scarsità di dati
epidemiologici aggiornati e completi non
permette una esaustiva descrizione dei
fenomeni patologici a esso collegati.
Il carico delle malattie a eziologia da Spn e
NTHi in Italia
In figura 11 sono riportati i casi per anno
stimati
per
le
malattie
a
eziologia
pneumococcica e da NTHi (anche se le quote
delle patologie attribuibili a quest’ultimo sono
più difficilmente identificabili). Come si può
notare, al crescere dell’invasività e gravità delle
patologie (sepsi e meningiti sulla cima della
piramide sono le IPD) diminuisce la frequenza
di malattia.
Figura 9. Incidenza media annuale (per 100.000) di casi confermati e probabili di malattie invasive da NTHi in Europa in bambini di età<
5 anni (1999-2004). Modificato dal report IBIS [62].
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JOURNAL
OF
PUBLIC
HEALTH
Figura 10. Distribuzione geografica di infezioni da NTHi in Europa nei soggetti di età > 15 anni. Incidenza media annuale (per 100.000,
anno 2004) di casi confermati e probabili di malattie invasive da NTHi. Modificato dal report IBIS [62].
Figura 11. Casi per anno stimati per le malattie a eziologia pneumococcica e da NTHi.
Note:
I tassi di incidenza applicati per le stime fanno riferimento alla letteratura nazionale e internazionale.
1 Stima basata su dati SIMI [31] e letteratura nazionale [38,39]. Non è possibile stimare i casi a eziologia da NTHi.
2 Stima basata sulla letteratura internazionale [14,15] e nazionale [33-34].
3 Si stimano circa 300.000 CAP in Italia [42], di cui il 29,1% attribuibili a Spn [43]. Non è possibile stimare i casi a
eziologia da NTHi.
4 Stima basata su dati dello studio FIMP 2001 [45]. Sono riportate le quote attribuibili a Spn e NTHi [47,48].
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JPH - Year 7, Volume 6, Number 4, Suppl. 5, 2009
ITALIAN
JOURNAL
OF
PUBLIC
HEALTH
Appendice
Problematica dell’antibiotico-resistenza
In Italia la resistenza alla penicillina è di moderata entità (10% dei ceppi) mentre è
particolarmente diffusa la resistenza alla eritromicina e agli altri macrolidi (25-30%).
Nell’ambito del progetto di sorveglianza dell’antibiotico-resistenza, finanziato dalla Comunità
Europea, denominato progetto EARSS (European Antimicrobial Resistance Surveillance System),
partito il 1 giugno 2001, vengono raccolti e analizzati i dati riferiti ad alcuni microrganismi di
particolare rilevanza clinica ed epidemiologica. Lo studio si avvale di una rete di laboratori
ospedalieri distribuiti sul territorio nazionale (afferenti ad ospedali rappresentativi della realtà
nazionale) e di un coordinamento centrale epidemiologico e microbiologico presso l’Istituto
Superiore di Sanità.
Questo progetto consolida una rete di sorveglianza dell’antibiotico-resistenza basata sui laboratori
e soprattutto consente di fornire ulteriori evidenze scientifiche su questo argomento.
(Fonte: http://www.rivm.nl/earss )
I ceppi che sembrano essere maggiormente soggetti all’antibiotico resistenza sono il 9, il 19 e il
23 [46].
La sorveglianza epidemiologica
Definizione classica: la sorveglianza è “la sistematica raccolta, archiviazione, analisi e
interpretazione di dati, seguita da una diffusione delle informazioni a tutte le persone che le hanno
fornite e a coloro che devono decidere di intraprendere eventuali interventi”.
Le attività di sorveglianza possono avere diversi obiettivi, come:
- quantificare e determinare l'andamento temporale di alcune malattie, per valutare la necessità di
interventi preventivi o l'efficacia di interventi già intrapresi;
- valutare la distribuzione geografica dei casi per identificare raggruppamenti spaziali che indichino
una comune fonte di esposizione all'agente eziologico;
- valutare la ciclicità stagionale e la periodicità di alcune malattie per prevedere l'avvento di periodi
di elevata incidenza;
- valutare le caratteristiche personali (ad esempio, età e sesso) dei pazienti affetti dalla malattia in
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JPH - Year 7, Volume 6, Number 4, Suppl. 5, 2009
ITALIAN
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OF
PUBLIC
HEALTH
sorveglianza al fine di descrivere la popolazione di suscettibili più rappresentata ed intraprendere
specifiche azioni al riguardo.
La sorveglianza epidemiologica è considerata un momento fondamentale nel controllo delle
malattie nell’ambito della sanità pubblica.
Le attività di sorveglianza epidemiologica vengono realizzate attraverso due modalità:
Sorveglianza passiva
Prevede sistemi routinari di notifica delle malattie infettive.
I dati vengono raccolti senza sollecitazioni dirette.
É attuata da medici, laboratori, ospedali, che segnalano ai centri preposti i casi delle malattie
previste.
Può risentire dell’incompletezza e della sottostima delle segnalazioni.
É più semplice e meno costosa di un sistema di sorveglianza attiva.
Sorveglianza attiva
I dati e le informazioni vengono raccolti su richiesta e in modo dettagliato.
Generalmente è utilizzata per condizioni importanti e per brevi periodi.
Può assicurare la completezza delle segnalazioni dell’evento oggetto della sorveglianza.
Può essere utilizzata per validare la rappresentatività dei sistemi passivi.
É più costosa della sorveglianza passiva.
Fonte: www.simi.iss.it
SIMI
Il Sistema Informatizzato Malattie Infettive (SIMI) nato nel 1994 quando l'Istituto Superiore di
Sanità (ISS), in collaborazione col Ministero della Sanità, è costituito da un sistema informatizzato di
trasmissione delle notifiche, fino a quel momento cartaceo, al fine di costituire un archivio di dati
computerizzati uniforme e aggiornato, sia a livello locale che centrale. Le malattie infettive notificate
obbligatoriamente raccolte dal SIMI sono quelle appartenenti alla classe di notifica II, III (solo
tubercolosi e micobatteriosi non tubercolare) e IV e le informazioni raccolte sono tutte quelle
contenute nelle schede di notifica (Modello 15). Le Regioni inviano al Ministero della Sanità, all'ISS e
all'ISTAT le notifiche raccolte a livello di ASL o di distretto. Le segnalazioni dei medici afferiscono
alle ASL o ai distretti dove, una volta confermato il caso, viene eseguita la notifica attraverso la
compilazione del modello 15 in modo che le informazioni possano essere inserite in un archivio
informatizzato. Con cadenza mensile i dati sono spediti al Centro di Coordinamento regionale dove
sono sottoposti ad ulteriori controlli di qualità, aggregati e inviati agli organi centrali, secondo le
disposizioni di legge per ogni classe di malattia. Nel 2005 il SIMI aveva una copertura pari all’ 82,5
% della popolazione italiana, ricevendo dati da 16 regioni (Abruzzo, Basilicata, Campania, EmiliaRomagna, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Molise, Piemonte, Puglia, Toscana ,
Umbria, Valle d'Aosta, Veneto) e dalle due Provincie Autonome di Bolzano e Trento.
Protocollo 12 Marzo 2007: Estensione e integrazione della sor veglianza per le meningiti batteriche,
anche alle altre patologie invasive.
La sor veglianza sulle malattie batteriche invasive, grazie alla collaborazione degli Assessorati alla
Sanità Regionali, ha quindi ottenuto un miglioramento della qualità e dell'accuratezza dei dati,
permettendo di tracciare un profilo più preciso degli agenti patogeni.
Data d'inizio raccolta dati:1994.
Copertura:La sorveglianza è estesa a tutto il territorio nazionale.
Metodi raccolta dati: La Direzione Generale dell'Ospedale di ricovero invia all'Assessorato alla
Sanità, al Ministero della Salute (Direzione Generale della Prevenzione, Ufficio III, Malattie Infettive e
Profilassi Internazionale) e all'Istituto Superiore di Sanità (Laboratorio di Batteriologia e micologia
medica) la scheda di sorveglianza per i casi confermati di meningite batterica, che non sostituisce la
notifica di meningite effettuata tramite il Modello 15.
Tipo di sor veglianza: La sorveglianza è passiva.
Fonte: www.simi.iss.it
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