crescere insieme per crescere meglio
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CRESCERE INSIEME PER CRESCERE MEGLIO Ciclo annuale di conferenze sul rapporto genitori - figli Direzione scientifica: prof. Paolo Crepet - 2008/2009 CASTELFRANCO VENETO SCUOLA PER GENITORI Crescere insieme per crescere meglio 2008/ 2009 Ciclo annuale di conferenze sul rapporto genitori - figli Direzione scientifica: Prof. Paolo Crepet Confartigianato Impresa Famiglia ringrazia quanti si sono adoperati per la buona riuscita del Progetto. Un ringraziamento particolare ai docenti per la disponibilità dimostrata e a “La Tribuna” di Treviso per i testi messi a disposizione. E’ vietata la riproduzione totale o parziale dei testi effettuata con qualsiasi mezzo, salvo previa autorizzazione da parte del Credito Trevigiano. Progetto grafico e impaginazione: Federica Vencato Casa editrice: Confartigianato Impresa Famiglia S.r.l. Marzo 2010 Indice INDICE Presentazioni a cura di Nicola Di Santo e Paolo Crepet CALENDARIO SCUOLA PER GENITORI 2008/2009 data relatore / tema pag. 13.11.08 Paolo Crepet Viaggio nella famiglia italiana 7 12.12.08 Lucia Pelamatti Il ruolo delle emozioni nei processi di apprendimento 11 30.01.09 Mario Polito Genitori esigenti e figli stressati. Stiamo chiedendo troppo ai nostri figli? 15 20.02.09 Osvaldo Poli Le differenze nello stile educativo del padre e della madre 19 13.03.09 Maria Rita Parsi Come aiutare i figli a superare l’ansia 23 17.04.09 Paola Scalari Come gestire i conflitti tra fratelli 27 03.06.09 Paolo Crepet Chiusura della Scuola Emergenza educativa, emergenza italiana 31 3 Presentazione PRESENTAZIONE Cari genitori, continua il nostro percorso formativo, dallo scorso anno in doppia sede (Castelfranco e Treviso), perché il mestiere di genitore non s’impara mai abbastanza, perché il dialogo con i figli presenta sempre contesti e sviluppi nuovi. Anche quest’anno abbiamo avuto modo di diventare delle madri e dei padri ancora più attenti a quanto accade ai nostri figli e al mondo in cui viviamo. Oggi, come mai prima, la realtà che ci circonda è in profondo e continuo cambiamento e ci pone di fronte a situazioni nuove, che a volte riusciamo ad affrontare con successo, a volte ci colgono impreparati e ci suscitano tanti dubbi ed incertezze. A questi quesiti, a queste perplessità, i docenti hanno cercato di rispondere nel corso delle lezioni per favorire l’incontro tra due generazioni, genitori e figli, che sembrano tanto lontane tra loro quanto lo è la società di oggi rispetto a quella di appena pochi anni fa. Come ha osservato Paolo Crepet, nel presentare quest’ultima edizione della Scuola, la crisi economico-sociale che ha interessato anche il nostro Paese può essere letta come un’occasione. Di fronte infatti agli scossoni economici, le famiglie si sono interrogate, con maggiore preoccupazione di un tempo, circa il futuro dei propri figli, un “domani” che sarà tanto meno fosco quanto più saranno riscoperti e condivisi alcuni valori. Ecco perché quest’anno si è molto discusso sull’attualità dei valori, su come trasmetterli ai giovani per prepararli ad affrontare i momenti difficili ed a guardare alla propria maturità con serenità e fiducia. Un percorso non certo facile, ma doveroso, grazie al quale consentiremo ai nostri ragazzi di diventare adulti equilibrati, che potranno contribuire a far crescere il nostro Paese non solo economicamente. Questo è il nostro impegno, che continuerà anche nei prossimi anni per rispondere alle esigenze di una comunità da sempre attenta ai valori della famiglia ed al futuro delle nuove generazioni. Dott. Nicola Di Santo Presidente Credito Trevigiano 5 Paolo Crepet Fo to © co Escalar per Lu ce s gh an ts Fr PAOLO CREPET - 13 Novembre 2008 «Il tempo pieno è fondamentale, perché la scuola deve essere un luogo educativo». A gettare un sasso nelle acque già agitate del mondo della scuola è Paolo Crepet, psicoterapeuta, che questa sera a Castelfranco aprirà i lavori del secondo anno della Scuola Genitori “Impresa Famiglia”, di cui è direttore scientifico, con un “Viaggio nella famiglia italiana”. «Se non lo è, lo dobbiamo far diventare tale. Don Milani, scusi, cosa ha fatto? Non viveva mica in tempi facili. Non aveva ragazzi facili, però l’ha fatto. E non aveva una scuoletta che alle 12.30 chiudeva. Non cito don Milani a caso: è stato forse il più coerente e convinto assertore del tempo pieno. Quindi volendo si fa, se si ha l’idea di farlo». Crepet, vogliamo parlare della scuola o della famiglia italiana? «Scuola e famiglia sono tutt’uno. Una delle critiche che si fanno alla riforma Gelmini è l’abolizione del tempo pieno. Che è un problema delle famiglie». Don Milani era don Milani. «E la Montessori? Il suo metodo non prevedeva 3 o 4 ore di scuola e poi tutti a casa. Il metodo Montessori prevedeva ben altre cose, con un tempo “educante”, non “istruttivo”, che va spalmato durante tutta la giornata. Il sabato la scuola chiude e si sta a casa». Lei è favorevole o contrario al tempo pieno? «Per me il tempo pieno è fondamentale. Pensa che stare da soli alle due del pomeriggio davanti alla televisione sia educativo?». Ma la scuola, oggi, è un ambiente educativo? srl PIÙ SCUOLA, PIÙ FAMIGLIA: COSÌ CI SALVEREMO» pe ha VIAGGIO NELLA FAMIGLIA ITALIANA Cosa vuol dire “tempo educante”? «Vuol dire che stai in un luogo che è educante, per tante ragioni, anche se non fai niente. Perché i ragazzi devono stare insieme agli altri ragazzi, non da soli in cameretta con internet. Stare 7 13 Novembre 2008 - Serata di apertura: “Viaggio nella famiglia italiana” insieme è educante di per sé, si chiama peer education, educazione tra pari. Anche una mensa scolastica è educante. Anche poter parlare con un professore dei fatti tuoi, della tua vita». Quanto è importante il tempo nell’educazione? Si sente dire che conta la qualità, non la quantità. «Queste sono sciocchezze che ci siamo inventati perché abbiamo la coda di paglia. Per l’ascolto di un adolescente in crisi non bastano 5 minuti d’oro. Ci vuole tempo. Il tempo è fondamentale, e bisogna darlo ai figli. Si fa tanta retorica sulla famiglia. Dopo di che si fa di tutto per rendere la famiglia un ectoplasma». Vale a dire: il tempo pieno è irrinunciabile, ma non si deve delegare tutto alla scuola… «Abbiamo la scuola che funziona anche il sabato. Sta passando la proposta di allungare il tempo pensionabile, quindi lavoreremo 4-5-6 anni in più e non potremo fare più nemmeno i nonni. Vengono detassati gli straordinari, quindi lavoreremo di più. Dobbiamo decidere: vogliamo lavorare, lavorare, lavorare? Se lavoriamo e basta è chiaro che la famiglia diventa una cornicetta vuota». Qui ormai si lavora anche di sabato. E più di 8 ore al giorno. «Appunto. Quand’è, allora, che una madre vede i figli? La sera. Dopo aver fatto i ripassini. Se il lavoro deve durare 12-14 ore al giorno come all’inizio dell’Ottocento, riapriamo gli orfana8 trofi e rimettiamo i figli dentro perché non ce ne possiamo occupare. Non è mica obbligatorio avere figli. E non è colpa loro venire al mondo con della gente che fa altre cose rispetto agli educatori, giusto?». Giusto. Soluzioni? «Basta guardare cosa succede in Europa. Lei vada in Inghilterra o in Svezia e mi dica se c’è una scuola aperta il sabato. Non c’è. La gente finisce di lavorare il venerdì pomeriggio e ha 2 giorni e mezzo per la famiglia, per i figli». In tempi di crisi economica lei invita a lavorare di meno? Se la sentono i nostri governanti… «Guardi, Gordon Brown, qualche giorno fa, intervenendo sulla crisi economica ha detto che c’è una sola strada per uscirne stabilmente: investire nell’educazione e nelle nuove tecnologie. Se i Paesi europei metteranno le migliori risorse umane ed economiche al servizio di un progetto educante, ci salveremo da questa e dalle prossime crisi economiche. Senò continueremo ad andare su e giù come sull’ottovolante del luna park». E ritorniamo alla scuola. «Esatto. La strada è qualificare la scuola, di ogni ordine e grado, qualificare il corpo insegnanti, qualificare l’università. E quindi combattere gli sprechi certo, ma poi fondamentalmente investire nel sistema educativo. Le nuove tecnologie sono strumenti utili e facilitanti solo se c’è cultura». Paolo Crepet EDUCARE? UN MESTIERE DA IMPARARE Crepet: «Oggi è diventato più difficile dire un sano no!» di Francesca Nicastro Non si nasce bravi genitori, lo si diventa. È la convinzione che ha spinto il Credito Trevigiano a istituire la Scuola per Genitori, che prosegue a Castelfranco con il secondo anno affrontando il tema “I genitori e la fermezza educativa” (inizio questa sera) e prende avvio a Treviso con il primo corso (il 19 novembre) per affrontare, in 8 incontri, l’argomento: “I genitori e la capacità di educare”. Educare i figli, oggi, appare come una vera e propria impresa. Sono tante le “brutte compagnie” che intralciano, e a volte minano, la fatica educativa dei genitori. Ci sono i programmi scemi alla tv, le insidie di internet, le mode del branco, la droga facile, il bullismo. «Ma non credo che oggi educare sia più difficile di ieri - afferma lo psicoterapeuta Paolo Crepet - Tuttavia educare in un mondo di grandi privilegi economici e sociali complica il quadro. È più facile dire di sì se hai a disposizione tante cose, al contrario è meno difficile dire di no se non hai niente. Inoltre siamo in una cultura che considera la fatica una patologia. Non vogliamo fare fatica, da nessun punto di vista. Mantenere un no per due mesi è faticoso. È più facile dire: “Fai quello che vuoi”». La Scuola per Genitori fornisce ricette efficaci e consigli pratici su come edu- care i figli all’autonomia, all’autostima, alla sessualità, alla relazione con i fratelli, a superare l’ansia, a gestire le emozioni. Mette le mamme e i papà in guardia contro il “buonismo educativo”. Approfondisce la conoscenza dei contesti in cui i ragazzi sono immersi, le situazioni e i fenomeni che si trovano ad affrontare: le dipendenze, il bullismo, il rapporto con la scuola, il branco, la sessualità. Il percorso formativo sponsorizzato dal Credito Trevigiano si avvale della direzione scientifica di Paolo Crepet e del marchio “Impresa Famiglia”, che identifica le 18 scuole per genitori sorte finora in tutta Italia. Il primo anno, a Castelfranco, la Scuola Genitori ha contato 350 corsisti. Il raddoppio della Scuola, con l’edizione di Treviso, è stato necessario per far fronte al gran numero di domande. 9 13 Novembre 2008 - Serata di apertura: “Viaggio nella famiglia italiana” IL RELATORE Psichiatra e sociologo, Paolo Crepet è autore di numerose ricerche scientifiche e ha tenuto corsi in diverse università italiane. Dal 2004 è direttore scientifico Scuola per Genitori “Impresa Famiglia”, nata a Vicenza, che ormai conta sedi in molte province italiane. È autore di numerosi saggi, tra cui Dove abitano le emozioni (2007), Sull’Amore (2006), I figli non crescono più (2005), pubblicati con Einaudi. Nel 2008 è uscito il suo ultimo libro: Ad una donna tradita. L’avventura umana e professionale di Crepet è stata segnata dall’incontro con Franco Basaglia, che considera il suo maestro, proprio nel momento che vedeva il grande psichiatra concentrato a tracciare la svolta della psichiatria italiana, quella che ha cambiato il concetto di follia fino a generare la chiusura dei manicomi. Per saperne di più: www.paolocrepet.it 10 Lucia Pelamatti IL RUOLO DELLE EMOZIONI NEI PROCESSI DI APPRENDIMENTO LUCIA PELAMATTI - 12 Dicembre 2008 EMOZIONI, SAPERLE DECIFRARE PER VIVERE FELICI Chi comprende e “parla” il linguaggio delle emozioni è più felice e rende più felici gli altri. Lucia Pelamatti, psicoterapeuta ed esperta di problematiche delle famiglia, questa sera a Castelfranco Veneto (nella sala congressi dell’Hotel Fior, ore 21) accompagnerà i genitori alla scoperta dei delicati meccanismi che regolano la sfera emozionale, un universo per lo più sconosciuto eppure determinante nel sancire il successo o il fallimento delle relazioni interpersonali. E non solo. Infatti le emozioni giocano un ruolo fondamentale nei processi di apprendimento. È il secondo appuntamento della Scuola Genitori della Castellana e Pedemontana 2008/2009, sostenuta dal Credito Trevigiano, per la direzione scientifica di Paolo Crepet. «Le emozioni costituiscono il colore stesso della nostra vita - afferma Lucia Pelamatti - Eppure siamo tutti analfabeti in campo emotivo. Le emozioni le si vive e basta, nessuno ci ha mai insegnato a fermaci, a interrogarci, a chiederci quale emozione stiamo provando in un dato momento, con che intensità, verso che tipo di comportamento ci può portare, a quale pensiero è agganciata…» . Perché è importante farsi queste domande? Solo affinando la conoscenza delle nostre emozioni ed entrando in profonda relazione con il nostro mondo emozionale possiamo capire quello di un’altra persona, del partner, dei figli, degli alunni... Come si entra in relazione con se stessi? Prestando attenzione a ciò che accade a livello interiore. In genere si crede che di fronte a una stessa situazione tutti si comporterebbero in modo identico. Ma non è vero. Tra la situazione e la reazione comporta11 12 Dicembre 2008 - “Il ruolo delle emozioni nei processi di apprendimento” mentale, in mezzo, ci sono i pensieri e le emozioni propri di ciascuno. Sono essi che determinano i comportamenti? Sì. L’emozione è a sua volta figlia di un pensiero. Ed è a livello di pensiero che si deve lavorare. Se interveniamo direttamente sull’emozione, infatti, rischiamo di reprimerla, di soffocarla, di buttarla nel profondo. Ma in questo modo ci si danneggia: la psicosomatica insegna infatti che molte malattie di oggi derivano proprio da una cattiva gestione delle emozioni. Quindi bisogna agire sui pensieri? Esatto. Dobbiamo imparare a riconoscere i pensieri utili dai pensieri irrazionali, dannosi, che producono emozioni negative. Una categoria di pensieri dannosi è ad esempio quella delle “doverizzazioni”, dell’ “io devo assolutamente”, che si nutre di valori, principi, ideali, regole. Tutti elementi sacrosanti, che però devono viaggiare in concomitanza con il principio del piacere. La persona armoniosa è quella che riesce a creare un equilibrio tra le spinte del Super-io (dovere) e le spinte dell’Es (piacere), per usare due categorie freudiane, e si ricava un principio di realtà, cioè riesce a gestire nella quotidianità sia il dovere che il piacere. Tale lavoro di analisi su di sé aiuta anche a entrare in relazione positiva con gli altri? Un’attività importantissima è quella che Thomas Gordon chiama l’“ascol12 to attivo”. Si tratta di imparare a scendere dal livello delle parole a quello delle emozioni. La parola, in fondo, è solo la punta dell’iceberg. Dobbiamo andare a ciò che sta sotto, a ciò che ha veicolato la parola e fare da specchio alle emozioni degli altri. Fare da specchio? Faccio un esempio. Di fronte ad una porta sbattuta da parte di un adolescente, il genitore può reagire in maniera automatica, alzando la voce, magari sbattendo a sua volta la porta. Ma questa reazione moltiplica la condizione di stress emozionale e porta a nuovi comportamenti problematici, che avranno nuove reazioni automatiche negative. Si va dunque a star male, si va al conflitto negativo. Qual è invece la reazione corretta? L’adulto dovrebbe impedirsi questa reazione automatica e fare da specchio all’altro e con voce molto calma, con un sorriso, dire: “Ma tu in questo momento sei davvero tanto arrabbiato”. Quando l’altro si sente capito dentro, in genere depone le armi, entra in connessione emozionale e vive un momento di benessere emotivo. Questo aiuta molto a costruire legami forti e duraturi. Lucia Pelamatti VA MALE A SCUOLA? FORSE È SOLO TRISTE Gli studi più recenti rimettono al centro il quadro emotivo di Francesca Nicastro I disturbi a livello emotivo possono minare l’apprendimento scolastico. C’è infatti una stretta interdipendenza tra la sfera emozionale e quella cognitiva. Ciò spiega perché molti bambini e ragazzi, seppur intelligenti, a scuola possono andare male. «Siamo sempre stati erroneamente convinti che l’apprendimento dipendesse prevalentemente da processi di ordine cognitivo - spiega Lucia Pelamatti, che stasera (ore 21, Hotel Fior) parlerà ai genitori della Scuola - Oggi invece, il ruolo del quoziente intellettuale è stato ridimensionato a favore del quoziente emozionale. Gli ultimi studi di Daniel Goleman ad esempio dimostrano che se una persona ha un problema a livello affettivo o emotivo, le sue risorse vengono bloccate e non riescono a salire al cognitivo». La personalità umana può essere immaginata come un triangolo. «L’angolo in alto è il cognitivo, che è sostenuto dai due angoli alla base, che rappresentano l’uno la sfera emotivo-affettiva, l’altro quella relazionale - illustra la docente - Se il ragazzo ha problemi a questo livello, può essere anche molto intelligente, cioè avere un quoziente intellettuale nella norma o addirittura superiore, ma non arriverà all’apprendimento». Si tratta di casi molto frequenti: ra- gazzi intelligenti, ma con difficoltà scolastiche. «Ce ne sono tanti per tutta una serie di problemi, legati alle difficoltà di accordo famigliare, alla mancanza di sicurezza – conferma Lucia Pelamatti - Il ruolo stesso del padre, parecchio “sbiadito”, un padre che sempre di più si confonde con il “mammo”, è uno dei fattori di insicurezza nel bambino. Oggi c’è il rischio concreto di generare tanti “io” fragili». Tra i fattori emotivi che maggiormente ostacolano o facilitano l’apprendimento ci sono l’autostima e l’ansia, due stati d’animo di cui la docente analizzerà le cause e i rimedi educativi, fornendo alle mamme e ai papà chiavi di lettura e strumenti operativi utili al loro difficile compito di educatori. 13 12 Dicembre 2008 - “Il ruolo delle emozioni nei processi di apprendimento” IL RELATORE Lucia Pelamatti, psicoterapeuta ed esperta in sessuologia, si occupa principalmente di problematiche relative alla coppia e alla famiglia e dirige un Consultorio familiare a Breno, in Valcamonica. Ha insegnato in vari ordini di scuola, è stata dirigente scolastica e ha collaborato con l’Università di Siena. Scrive per diverse riviste indirizzate a genitori, insegnanti ed educatori. È autrice di numerosi saggi, tra cui: Un incontro tra mondi emozionali. Quando si comunica in famiglia (2001); L’amore sofferto. Quando la sessualità divide la coppia (2003); Gonna e pantaloni. Maschile e femminile nella coppia (2004); Usa la testa. Intelligenza, autonomia e apprendimento nel bambino da 0 a 12 anni (2006); Pensare bene rende giovani. Intelligenza, autonomia e apprendimento nella stagione della maturità (2007); La fatica di imparare. Adolescenti e scuola (2007). Tutti pubblicati da Edizioni San Paolo. 14 Mario Polito GENITORI ESIGENTI E FIGLI STRESSATI STIAMO CHIEDENDO TROPPO AI NOSTRI FIGLI? MARIO POLITO - 30 Gennaio 2009 «Caricare di minori impegni i figli e trascorrere invece più tempo con loro, magari riscoprendo insieme il contatto con la natura». È il consiglio che Mario Polito, psicoterapeuta, darà alle mamme e ai papà che questa sera a Castelfranco (Hotel Fior, ore 20.30) seguiranno la terza lezione della Scuola per Genitori 2008/2009, diretta da Paolo Crepet e sostenuta dal Credito Trevigiano. Tema dell’incontro: “Genitori esigenti e figli stressati. Stiamo chiedendo troppo ai nostri figli?”. Professor Polito, la risposta alla domanda è: “Sì”? La risposta è sì. Oggi verso i nostri ragazzi noi genitori abbiamo un atteggiamento di maggiore dedizione che però consideriamo come un investimento. Un investimento che ci deve garantire nel tempo un alto ritorno. Chiediamo ai figli di essere i primi, i migliori, i più bravi, a scuola come nello sport, nell’inglese, nel computer. Tante richieste che vengono percepite dai ragazzi come un sovraccarico. È colpa della società sempre più competitiva? È colpa del narcisismo dei genitori. Vogliamo che lui sia il migliore, il più bello, il più bravo perché rappresenterebbe la parte migliore di noi stessi, quella che non abbiamo potuto realizzare. È l’illusione narcisistica di avere ancora un’altra possibilità attraverso i figli, di prolungare se stessi attraverso la loro vita. Un giochetto un po’ rischioso, però. Dove sta il rischio? Quando gli adolescenti si accorgono di questa sorta di annidamento nella loro vita, non gridano, non sbattono porte, ma innalzano un muro, elevato, di silenzio a difesa della propria privacy. In tutte le epoche i genitori hanno riversato aspettative nei confronti dei figli. È naturale, no? Un tempo, addirittura, i figli erano costretti a continuare il lavoro dei padri… Quando nel passato si chiedeva al figlio di continuare il lavoro dei genitori si era in una dimensione realistica, di passaggio di consegne tra generazioni, del tipo: “Noi arriviamo fin qua, ecco il testimone, continua tu”. Ma oggi si chiede ai propri ragazzi di realizzare sogni di gloria, di inseguire 15 30 Gennaio 2009 - “Genitori esigenti e figli stressati” ambizioni eccessive, di emergere in questo mondo dell’immagine. Pensiamo alle mamme che si fanno in quattro per seguire le bambine come veline, le ragazze come ballerine… C’è nel genitore il desiderio di emergere con il figlio. E così i ragazzi sembra che vivano nei sogni dei genitori più che nel proprio sogno. Dunque i figli non hanno bisogno di tutte le “opportunità” che offriamo loro? No, non ne hanno bisogno. Però da bambini si adattano facilmente a fare tutte le cose che gli chiediamo. Poi, quando arrivano a 13, 14, 15 anni, improvvisamente, mollano tutto: niente più violino, niente più danza… Gli adolescenti si prendono una decina d’anni di “moratoria”, un lungo periodo di apatia, di demotivazione e disimpegno totale. Da un eccesso all’altro. Esatto, si tratta di una reazione. Ci troviamo ad avere bambini accelerati, che a 4 anni iniziano a fare karatè, e adolescenti rallentati, quando invece dovrebbe essere l’inverso: rallentare la crescita e poi all’adolescente chiedere la virata. Da cosa si riconosce se un ragazzo è stressato? Il primo indicatore è il venir meno della gioia, che è un sentimento interiore per quello che si è fatto, magari anche solo una passeggiata. Quando un figlio perde il sentimento della gioia, qualunque cosa gli si proponga 16 sbuffa. È un primo segnale d’allarme. Poi gli altri sono la caduta degli interessi, l’apatia, la scuola che va come va, nessuno che gli fa battere il cuore, entusiasmo per nulla, nemmeno per il gioco… Se è vero che ai figli non fa bene avere una vita super organizzata e con troppi impegni, qual è l’alternativa? Il tempo libero da impegni, per entrambi, genitori e figli. Un tempo per poter apprezzare una passeggiata, condividere una risata con un amico, dare una mano a una persona in difficoltà. Un tempo da dedicare al contatto quotidiano con il proprio figlio. Un dialogo che non si riduca a: “Come è andata oggi a scuola, cosa hai fatto?”, ma che si sviluppi all’interno di un tempo lungo, naturale, ad esempio durante una camminata al parco, in cui il papà tiene il bambino per mano o l’adolescente sottobraccio, e non sta rispondendo alle telefonate dell’ufficio. Più tempo libero, dunque? Certo, se il tempo libero non lo si ha bisogna crearselo. E ai figli va fatto scoprire il contatto con la natura. Perché se l’uomo non trova il tempo e il contatto con la natura, può guadagnare tutto il mondo ma perde l’anima. Mario Polito TORNIAMO AI RAGAZZI DELLA VIA PAAL Più liberi, più responsabili: è il free-range parenting di Francesca Nicastro L’hanno battezzato free-range parenting (genitori a campo libero) o free-range child (figli a campo libero) ed è l’ultima tendenza americana in fatto di educazione. A lanciarla, alcuni genitori, tra cui la giornalista canadese Leonore Skenazy, che ha aperto il cliccatissimo blog http://freerangekids.wordpress.com. I genitori che adottano il free-range approch compiono un passo indietro a vantaggio del tempo libero (e non organizzato) dei figli. Obiettivi del nuovo metodo educativo sono: da un lato liberare i genitori dall’hyperparenting, l’ipergenitorialità, che li spinge a organizzare con mille attività la vita dei figli fin dai primi mesi di vita; e, dall’altro, naturalmente, liberare i figli dai troppi impegni spesso inutili, dando loro la possibilità di gestire a piacimento il proprio tempo (pure di annoiarsi), ma anche di muoversi nel mondo esterno in più autonomia, a cominciare dal percorrere da soli il tragitto casa-scuola. Mamme come la Skenazy, che mandano il figlio di 9 anni da solo nella gigantesca metropolitana di Toronto, asseriscono che lasciare giocare i propri ragazzi per la città li protegge da un possibile fallimento futuro nel corso della loro vita perché acquisiscono maggiori abilità sociali tramite reali esperienze di vita. A ben vedere, basta tornare indietro di una generazione e tale approccio educativo era pratica comune nelle nostre comunità: i bambini e ragazzi andavano a scuola da soli a piedi o in corriera (non vi erano certo mamme con il suv disposte a trasportarli a destra e a manca) e, dopo le lezioni, scorazzavano liberi per bande, fuori dal controllo degli adulti per lunghe ore, inventando giochi di fantasia nei cortili, sotto i portici dei paesi, lungo i fossi in campagna. Il mondo di oggi non è quello di ieri, anche nelle nostre “tranquille” contrade, non solo nelle metropoli d’oltreoceano: l’obiezione è pertinente. Dobbiamo dunque rassegnarci al fatto che la stagione dei “ragazzi della via Paal” sia una dimensione irrimediabilmente perduta? O invece è ancora possibile tentare la riscoperta, per il bene dei ragazzi, di dimensioni analoghe, più salutari perché a contatto con i codici reali, non virtuali della vita? Se sì, come? Il dibattito è aperto. 17 30 Gennaio 2009 - “Genitori esigenti e figli stressati” IL RELATORE Mario Polito è psicologo, psicoterapeuta e pedagogista. In ambito didattico si è interessato particolarmente al problema del metodo di studio, alle varie tecniche di apprendimento e di memorizzazione (antiche e moderne), alla motivazione, all’apprendimento cooperativo, alla dinamica di gruppo. In campo pedagogico, si è interessato alla relazione educativa tra insegnanti e allievi e tra genitori e figli. Ha approfondito soprattutto il tema della comunicazione in vari ambiti: nella coppia, nella famiglia, nella scuola, in ambienti lavorativo, pubblici e privati. È autore di numerosi saggi, tra cui: Atleti della mente. Il potere dell’attenzione e della concentrazione (Editori Riuniti, 2007); Educare il cuore (La Meridiana, 2005); Comunicazione positiva e apprendimento cooperativo. Come intrecciare benessere in classe e successo formativo (Edizioni Erickson, 2003); oltre ad una serie di guide allo studio. Per saperne di più: www.mariopolito.it. 18 Osvaldo Poli LE DIFFERENZE NELLO STILE EDUCATIVO DEL PADRE E DELLA MADRE OSVALDO POLI - 20 Febbraio 2009 MAMMA E PAPÀ, DUE FACCE DELL’EDUCAZIONE Madre e padre hanno stili educativi differenti, entrambi necessari alla crescita dei figli. Lo psicoterapeuta Osvaldo Poli illustrerà le caratteristiche distintive dei due “codici”, paterno e materno, questa sera a Castelfranco (Hotel Fior, ore 20.30), nell’ambito del terzo incontro della Scuola per Genitori della Castellana e della Pedemontana. Il percorso formativo, giunto al secondo anno, è sponsorizzato dal Credito Trevigiano. Professor Poli, c’è dunque un modo di educare maschile e uno femminile? Madre e padre hanno due modi di educare molto diversi, che sono complementari. Esistono un codice materno e uno paterno. Il codice materno “dice” protezione, quello paterno “dice” incoraggiamento. Sono entrambi necessari per la crescita dei figli. opportunamente corretta dal dialogo con il marito, rischia di eccedere. La madre è tentata di attribuire a sé tutti gli errori del figlio. Questo eccesso di protezione la porta a caricare su di sé le fatiche dell’educazione, e quindi ad essere stressata, eccessivamente affaticata. Quali sono le differenze tra i due codici? Il codice materno è imperniato sulla protezione. La madre istintivamente protegge, una tendenza che, se non Come si devono integrare questi due codici nell’educazione dei figli? Nel primo tempo della partita educativa è giusto che prevalga il codice materno, infinitamente più dotato Quello paterno, invece? Il codice paterno è incentrato sulla forza e il coraggio. Tocca al padre trasmettere il coraggio di affrontare la vita, insegnare a non aver paura delle richieste impegnative della realtà. Le parole maschili sono: fiducia, fatica e sacrificio. Sono parole ardue. È l’insegnamento del padre che aiuta il figlio a crescere, che gli fa capire quali sono le cose giuste da perseguire anche pagando il prezzo della rinuncia e del sacrificio. 19 20 Febbraio 2009 - “Le differenze nello stile educativo del padre e della madre” dal punto di vista psicologico e affettivo per crescere il figlio piccolo. L’infanzia è pertanto la stagione della mamma. Quando entra in gioco il padre, allora? Il padre esprime meglio il proprio ruolo educativo nel secondo tempo della partita, quando il figlio è adolescente. L’adolescenza è dunque il tempo del padre. In questa fase della vita dei figli, è lui il genitore di riferimento, sia per i maschi che per le femmine. Sono gli stessi ragazzi a preferire lui alla madre, che è bene faccia un passo indietro. Ma non è un po’ tardi per il padre entrare in gioco in adolescenza? È chiaro che egli deve essere presente in tutte le età della vita dei figli. Ma se nell’infanzia è bene che si faccia guidare dalla sensibilità materna, molto più attenta, delicata, fine, nella stagione dell’adolescenza l’educatore protagonista deve essere lui. I codici di cui parla sono genetici o acquisiti? In parte sono genetici e in parte acquisiti. Entrambi i genitori possiedono una parte femminile e una maschile. In genere nella mamma prevale il codice materno, nel padre quello paterno, ma capita che ci siano mamme che assorbono il codice paterno con una facilità impressionante e rappresentano esse all’interno della famiglia il codice maschile. E viceversa. 20 Per il figlio ci sono conseguenze se in una famiglia è la madre ad “indossare i pantaloni”, per così dire? Ci si arrangia con quello che si ha in casa. Non è importante da chi sia rappresentato il codice paterno ma è importante che ci sia. E le dirò di più… Cosa? Spesso quando è la mamma ad interpretare il codice paterno, o spontaneamente per natura o per il suo percorso di crescita personale, lo fa addirittura meglio del maschio, con una profondità, una finezza maggiori. Sembra che lei attribuisca al codice materno una valenza negativa e a quello paterno positiva. Non è così. Semplicemente punto a valorizzare il codice paterno perché nella società attuale è in crisi. Oggi infatti a prevalere è il materno, che è un codice di protezione, che vuole evitare ai ragazzi tutti i dolori del mondo. Prevale nella famiglia, nella scuola, nelle istituzioni. Si tratta di una giusta e legittima reazione ai secoli passati in cui aveva la meglio il codice maschile, con il suo portato di autoritarismo e dunque di repressione psicologica. Ma è anche vero che si è buttato via il bambino con l’acqua sporca. Osvaldo Poli I PADRI? «NÉ MAMMI NÉ ASSENTI» di Francesca Nicastro È una vera e propria missione quella dello psicoterapeuta mantovano Osvaldo Poli: rivalutare la cultura paterna, valorizzando il ruolo del padre in una società in cui «si sono perse le buone ragioni per apprezzarlo». «La mia riflessione - dice - è uno sport estremo». “Né assenti né mammi” è lo slogan che egli propone ai papà d’oggi, nel suo saggio Cuore di papà (2006, San Paolo Editore), che caldeggia “il ritorno dei padri, al fianco delle madri, per una cultura educativa di coppia”. L’apporto della cultura paterna nell’educazione è, per Poli, molto importante: il padre è colui che non risparmia al figlio il confronto con i propri limiti, doveri e responsabilità. «Il segno del padre è la ferita - spiega - Il suo compito infatti è dire la verità al figlio, anche a costo di ferirlo, perché solo con la verità e la sua accettazione si cresce. In questo senso il padre è una figura di fede». Anche la madre, beninteso, può assumere questo compito ma, secondo l’esperto, «al padre viene più naturale perché, a differenza di lei, ha un’immedesimazione solo parziale con il figlio». L’amore paterno dunque «nasconde un coltello»: il padre deve essere pronto anche a ferire suo figlio per farlo crescere, deve saper «amare la verità più di lui». «L’amore maschile è più misterioso, è più difficile da credere, perché è più arduo credere che dietro al dolore ci possa essere amore - spiega Poli - Culturalmente è diffusa l’idea che l’amore sia capacità di accoglienza, vicinanza emotiva, ma questa è solo la versione dell’amore nella sua declinazione femminile. L’amore invece è anche altro: è forza, capacità di esporsi al rischio, di sopportare il peso dell’incomprensione, è lotta per l’altro. E questa è la declinazione maschile dell’amore». Senza il “linguaggio” del padre, dunque, i figli non possono diventare adulti. «Quando nell’educazione non interviene la cultura paterna - conclude lo psicoterapeuta - i ragazzi non crescono, rimangono immaturi, non si formano la spina dorsale. Basta guardarsi intorno: in questa società in cui domina il codice materno, i ragazzi rimangono immaturi e con la tendenza a scappare di fronte alle difficoltà». 21 20 Febbraio 2009 - “Le differenze nello stile educativo del padre e della madre” IL RELATORE Osvaldo Poli, psicologo e psicoterapeuta, si occupa principalmente della consulenza e della formazione dei genitori e della coppia. Ha caldeggiato la creazione e la diffusione delle Scuole dei Genitori, per sostenere la capacità educativa della famiglia e la sintonia della coppia. Tra i temi più frequentemente affrontati: il genitore “scoppiato”, la fermezza educativa , la conoscenza dei punti deboli del proprio carattere , l’immaturità affettiva , come seguire i figli nell’esperienza scolastica , cosa significa amare i figli, l’educazione alla gratitudine, i doveri dei figli nei confronti dei genitori, l’adolescenza non è una malattia, gli aspetti positivi dell’educazione al maschile, gli effetti della mancanza della visione educativa paterna nell’educazione dei figli. È autore di numerosi saggi, tra cui: Né asino né re (2008), Cuore di papà (2006), Non ho paura a dirti di no (2004), pubblicati con San Paolo Editore. 22 Maria Rita Parsi COME AIUTARE I FIGLI A SUPERARE L’ANSIA MARIA RITA PARSI - 13 Marzo 2009 ANSIA, QUANDO I FIGLI HANNO PAURA DELLA VITA Spesso è trasmessa dalla famiglia: Rita Maria Parsi spiega come capire e cosa fare Presenza, amore e tante parole. Sono gli strumenti con cui i genitori possono aiutare i figli a superare l’ansia. La psicoterapeuta e pedagogista Rita Maria Parsi lo spiegherà stasera (Castelfranco, Hotel Fior, ore 20.30) alle mamme e ai papà della Scuola per Genitori della Castellana e della Pedemontana, diretta da Paolo Crepet e sostenuta dal Credito Trevigiano - Banca di Credito Cooperativo. L’ingresso è riservato ai soli iscritti. Dr.ssa Parsi, in base alla sua esperienza professionale ci sono tanti bambini ansiosi oggigiorno? Ci sono tanti bambini ansiosi perché ci sono tanti genitori ansiosi. Di quali ansie soffrono, in genere, i genitori? Di varia natura, legate ai ritmi della famiglia, alle situazioni lavorative. I genitori possono ad esempio essere preoccupati e vivere con il senso di colpa il fatto che, lavorando entram- bi, lasciano i figli troppo da soli… C’è poi l’ansia del cambiamento che il primo figlio porta nella coppia, la preoccupazione di come gestire le gelosie tra fratelli all’arrivo del secondo… Le risulta che sono più ansiose le mamme o i papà? In genere le mamme. Sono preoccupate che i bambini si trovino bene, siano ben collocati all’asilo, a scuola o con le persone a cui li affidano quando sono via. Ci sono poi ansie tipicamente femminili come, in gravidanza, l’ansia dell’attesa: come sarà il bambino, come avverrà il parto… Tutte queste preoccupazioni vengono trasmesse ai figli? Esatto. Fin dalla nascita e ancora prima. Perché un bambo, soprattutto se piccino, non le decodifica ancora ma le vive con la memoria del corpo. Mano a mano che il figlio cresce, poi, le ansie dei genitori si trasformano in controllo: “Stai attento a quello”, 23 13 Marzo 2009 - “Come aiutare i figli a superare l’ansia” “Non andar lì”, “Cosa hai fatto”… stare fiducia nell’adulto. Che conseguenze hanno sulla crescita del bambino? I bambini sono capaci di contenere l’incontenibile, specialmente se vengono aiutati a decodificare e se hanno altri adulti di riferimento. Però queste situazioni li portano a crescere prima e insieme a rimanere infantili dentro, aspettando il momento in cui poi possano veramente esprimere tutto il dolore che non hanno mai espresso, e la rabbia e la paura. E se invece il figlio è più piccolo? Il racconto di una storia non è solo razionale, è sempre anche un’emozione. I bambini più piccoli però hanno anche bisogno di essere riconfortati con la presenza, con lo stare insieme, di essere abbracciati, di ricevere un affetto grande. Di recuperare tutto quel contenimento, quel tempo, quella disponibilità, tutte le parole, i racconti, insomma tutta quella presenza, quel clima calmo e caldo che è mancato. Insomma: presenza, amore e tante spiegazioni, che sono strumenti. Mente, corpo e immaginario vanno nutriti allo stesso tempo. Per evitare di trasmetterla ai figli, come può un adulto tenere sotto controllo la propria ansia? Con una buona conoscenza di sé, dunque osservando i propri comportamenti e confrontandoli con quelli degli altri. Molto utile sarebbe allargare questo percorso ad altre coppie di genitori, per scambiarsi esperienze e poi organizzare delle modalità di comportamento, dei percorsi e dei protocolli. Sulla base dei quali verificare come vanno le cose con i bambini e con noi stessi, con la coppia, con la famiglia. E poi ricominciare con l’osservazione. Come deve comportarsi? Deve raccontare al ragazzo come le ha superate o le sta superando. Deve dirgli: “Guarda, io ho fatto questa strada per arrivare in vetta, sai? Anche io son partito da qua, avevo tanta paura, ma poi piano piano ce la sto facendo…” Il ragazzo ha bisogno di sentirsi dire queste cose e di riacqui24 L’ansia è un sentimento che dobbiamo considerare sempre e solo negativo? No, se non è patologica, se non diventa strumento di controllo e dunque di tortura e di oppressione, è anche uno stimolo. Come la paura è madrina del coraggio, così l’ansia è madrina della possibilità di difendersi e della capacità di raggiungere gli obiettivi. Maria Rita Parsi TENSIONE, PERFEZIONISMO, COLLERA: LA SOGLIA DEL PERICOLO Scuola e sport, i segnali d’allarme di Francesca Nicastro Come poter valutare se, nel proprio figlio, l’ansia è diventata o sta diventando un vero e proprio disturbo? Ecco alcuni criteri di riconoscimento (fonte: www.psicologia-sviluppo. com). “Nei bambini e negli adolescenti l’ansia patologica (‘disturbi d’ansia generalizzata’) si manifesta principalmente con preoccupazioni relative agli impegni scolastici o alle prestazioni in generale, come gli impegni sportivi, o gli impegni sociali. Può essere presente una tendenza al perfezionismo che genera uno stato di tensione, che può causare o un impegno eccessivo o comportamenti di evitamento. L’ansia si manifesta in varie forme, per esempio il bambino può presentare un atteggiamento di sfida, oppure essere molto irritabile o vivere momenti di chiusura e isolamento. Il bambino ansioso vive costantemente un vago sentimento d’oppressione, associato a un atteggiamento di attesa di un avvenimento vissuto come spiacevole e imprevisto. L’angoscia nei bambini trova espressione attraverso il corpo, sotto forma di sintomi somatici, come cefalea, vomito, dolori addominali o agli arti, oppure può diminuire la capacità di attenzione e possono manifestarsi distrazione e svogliatezza. A partire dalla preadolescenza (11-12 anni) l’angoscia si esprime anche attraverso crisi di collera, atteggiamenti di continua richiesta, alterazioni comportamentali. In questa fase si riscontra una sintomatologia complessivamente più grave, con un maggior numero di sintomi, una maggiore compromissione del funzionamento sociale e personale e una maggiore e più evidente sofferenza soggettiva”. Che fare in questi casi? «Un intervento psicologico tempestivo – scrive la psicologa Letizia Maduli - impedisce che il disturbo interferisca con lo sviluppo cognitivo, relazionale e affettivo del soggetto. L’intervento psicologico può essere rivolto principalmente alla famiglia, ritenuta una importante risorsa e il principale strumento di supporto, con lo scopo fornire informazioni e indicazioni per una migliore comprensione dei sentimenti del bambino, e dell’importanza di adottare determinati comportamenti che rassicurano il bambino permettendogli di sviluppare una graduale sicurezza per affrontare le situazioni che destano preoccupazione». 25 13 Marzo 2009 - “Come aiutare i figli a superare l’ansia” IL RELATORE Psicologa, psicoterapeuta e scrittrice, svolge da anni un’intensa attività didattica e di formazione presso università, istituti specializzati, associazioni private. Ha elaborato una metodologia psicologica della “Psicoanimazione”, fondando e dirigendo la SIPA (“Scuola Italiana di Psicoanimazione”). In 30 anni, ha formato migliaia di persone con la metodologia a mediazione creativo-corporea per lo sviluppo del potenziale umano. Nel 1991 ha dato vita alla Fondazione Movimento Bambino che conta quattro centri (Roma, Milano, Cosenza e Vittorio Veneto) e fulcri in tutta Italia e nella Svizzera italiana, per la diffusione del pensiero e dell’arte dei bambini contro gli abusi e i maltrattamenti, e per la tutela giuridica, sociale, culturale dei ragazzi. Collabora con quotidiani e periodici con rubriche settimanali e ha partecipato a numerose trasmissioni televisive in qualità di esperta di psicologia e di opinionista. Al suo attivo ha numerose pubblicazioni di tipo scientifico e divulgativo. È consulente della Commissione Parlamentare per l’Infanzia dal 2002 a oggi. 26 Paola Scalari COME GESTIRE I CONFLITTI TRA FRATELLI PAOLA SCALARI - 17 Aprile 2009 «I fratelli sono fondamentali per la crescita. Poi, da adulti, diventano “testimoni” delle reciproche esistenze». Questa sera a Castelfranco (Hotel Fior, ore 20.30) la psicoterapeuta Paola Scalari affronterà il tema “Come gestire i conflitti tra fratelli”, nell’ambito del sesto incontro della Scuola per Genitori della Castellana e della Pedemontana, diretta da Paolo Crepet e sostenuta dal Credito Trevigiano – Banca di Credito Cooperativo. L’ingresso è riservato ai soli iscritti. Dottoressa Scalari, la rivalità tra fratelli è inevitabile? Rivalità, gelosia, competizione fanno parte di quel gioco di conflitti e contrapposizioni che avviene sempre all’interno di un gruppo di pari e che ha la valenza positiva di aiutare a trovare soluzioni creative alla rabbia, al senso di ingiustizia, alla delusione, sentimenti che fanno parte della vita e del rapporto con gli altri. Per cosa competono i fratelli? L’aspirazione di ogni bambino - comprensibile ma non possibile - è di essere l’unico amato dalla mamma. I sentimenti di gelosia che i figli provano sono solo apparentemente rivolti al fratello; i veri destinatari sono i genitori, in particolare la madre. Tale competizione è positiva o negativa? Il desiderio di avere tutta la mamma per sé non è un sentimento negativo, ma naturale. Tuttavia è molto utile nella vita imparare a rinunciare al privilegio di essere al centro dell’attenzione, a sopportare di essere messi da parte senza uscirne distrutti, ad accettare che gli altri ci vengano preferiti. Certo, sono sentimenti che creano dolore, ma aiutano a rafforzarsi e insegnano a superare le situazioni complesse nel rapporto con l’altro che si presenteranno sempre nel corso dell’esistenza. Quindi avere un fratello è un buon allenamento alla vita? I fratelli hanno un’opportunità in più dei figli unici perché imparano a gestire i sentimenti negativi e le frustrazioni. Nella fratria si apprende il linguaggio della relazione tra pari, i “movimenti” tipici del gruppo che poi serviranno per farsi amici a scuola, nella “compagnia” da adolescen27 17 Aprile 2009 - “Come gestire i conflitti tra fratelli” ti, da adulti con i colleghi in ufficio… C’è più rivalità fra fratelli dello stesso sesso o tra fratelli di sesso diverso? Rivaleggiano di più i fratelli nati molto vicini. In due bimbi che nascono, ad esempio, ad appena 16 mesi di distanza, il maggiore non ha avuto il tempo di rifornirsi a dovere dell’esclusività. Se la differenza di età è invece di 3 anni, il primogenito si sente già grande, sa che andrà all’asilo, sente di aver già avuto… Quando i figli litigano tra di loro, come devono comportarsi i genitori? Lasciare che si arrangino e non mettersi mai in mezzo. Se è vero che la competizione è per l’amore e l’attenzione del genitore, qualora l’adulto intervenga facendo il processo all’uno o all’altro, cercando di capire chi ha ragione e chi torto, punendo uno piuttosto che l’altro, la rivalità tra fratelli non potrà che aumentare. Bisogna lasciare che si arrangino, troveranno da soli ottime soluzioni. E se insistono? Se insistono e rompono l’anima va data una punizione uguale a entrambi, l’importante è rimanere fuori dal “gioco” perché è proprio quel gioco lì che loro vogliono. Quali sono gli errori più frequenti che commettono i genitori? Pensare di essere di essere equi e imparziali con i propri figli. Non è possibile esserlo, dato che i bisogni dei figli sono diversi. Equità non è dare a tutti 28 le stesse cose, ma dare di più a chi ha più bisogno. I figli devono accettare che ognuno ha secondo le sue necessità. Se un figlio è malato, ha un esame, cioè ha più necessità, il genitore sta più vicino a lui, e i fratelli devono saperlo e accettarlo. L’educazione è diversità non uguaglianza. Come si evolve il rapporto tra fratelli nell’età adulta? Se prima in fratelli sono fondamentali per crescere, un giorno lo diventano per poter condividere i ricordi. Il “si aiuteranno quando noi non ci saremo più” - che comunemente pensano e dicono i genitori - non riguarda solo la vita pratica e materiale, ma anche la “testimonianza” delle reciproche esistenze. Paola Scalari ARRIVA UN FRATELLINO? SPIEGATEGLI TUTTO Come aiutare i bimbi a superare il trauma più difficile di Francesca Nicastro L’arrivo del fratellino è sempre un trauma per il primo figlio, specie se ancora piccolo. Con qualche accorgimento, però, i genitori possono rendere meno doloroso l’evento. «Quando la mamma rimane incinta bisogna comunicarlo al bambino senza aspettare troppo tempo - consiglia la psicoterapeuta Paola Scalari, autrice del libro Essere fratelli. Scontri e incontri (Armando Editore, Roma, 1998) - I bambini infatti sanno leggere nell’atmosfera ed è meglio che vengano a sapere la novità dalla mamma piuttosto che da altri, magari per caso. La notizia va accompagnata da un piccolo rito festoso, ad esempio portare il bambino a mangiare le pastine o il gelato». Altra buona regola: in gravidanza evitare al piccolo qualsiasi angoscia, in modo che non associ la sofferenza della mamma al fratello in arrivo. «Se la mamma invece sta male e deve stare al letto - continua l’esperta - bisogna assicurarsi che ci sia un adulto, affinché il bambino non si senta abbandonato». Arriva quindi il momento fatidico: l’ingresso in casa del nuovo nato. «Quando lo vede in carne e ossa, per lui è una grande delusione - racconta la Scalari - Lo aveva immaginato come compagno di giochi e si trova davanti un lattante, con cui non può interagire. Potrà quindi uscire con domande del tipo: “Perché non lo cambiamo con qualcos’altro? Perché non lo riportiamo indietro?” In questi casi gli adulti devono stare al gioco e rispondere ad esempio: “Proviamo a tenerlo una settimana e vediamo come va…”». Una buona strategia è coinvolgerlo fin dal giorno in cui il neonato varca la soglia di casa, magari mettendoli a letto entrambi con la mamma. Niente drammi nemmeno se il primo figlio regredisce: pipì a letto, richiesta di biberon e ciucci, somatizzazioni varie. «Non bisogna mai drammatizzare, né mai prendere in giro il bambino per le cose che dice, mai farlo sentire in colpa - conclude la psicoterapeuta - è importante manifestargli molta comprensione, parlargli molto, raccontare, fargli sentire che non deve cancellare i sentimenti che prova, perché se li ributta negli “abissi” gli daranno fastidio per sempre. Sono sentimenti in fondo che spariranno nel giro di qualche mese». 29 17 Aprile 2009 - “Come gestire i conflitti tra fratelli” IL RELATORE Psicoterapeuta, psicologa e psicosocioanalista, Paola Scalari è docente di Psicopatologia della coppia e della famiglia presso la Scuola di specializzazione per psicoterapeuti COIRAG, sede di Milano, e docente di Tecniche di conduzione di gruppo operativo dell’associazione ARIELE Psicoterapia, a Brescia. È direttore scientifico della rivista on-line www.figliadolescenti.it. Nel 1988 ha fondato i “Centri età evolutiva” del Comune di Venezia per sostenere la famiglia nel suo compito di far crescere i figli e ora si occupa della progettualità del servizio Infanzia Adolescenza della Città di Venezia. Tra le sue pubblicazioni: Paure. Bambini spaventanti (Armando Editore, 1997); Essere fratelli. Scontri e incontri (Armando Editore, 1998); I sì e i no. Concedere o proibire (Armando Editore,1997); Qui comando io. Come farsi obbedire dai bambini (Armando Editore, 2003); E adesso basta. Ascoltami (La Meridiana, 2004); Fuggiaschi. Adolescenti tra i banchi di scuola (La Meridiana, 2005); Figli spezzati. Aiutare i genitori in crisi, separati e divorziati (La Meridiana, 2006). 30 Paolo Crepet Fo to © co Escalar per Lu ce s gh an ts Fr PAOLO CREPET - 3 Giugno 2009 Il tema dell’«emergenza educativa» è tornato prepotentemente alla ribalta sulla scia del caso Noemi-Berlusconi. Il cardinale Bagnasco ne ha parlato per ben due volte in pochi giorni… Guardi, in questo Paese non ci si occupa dell’educazione anche perché ci sono due categorie professionali che dovrebbero farlo ma non lo fanno. Quali? I politici e i giornalisti. E se uno ha la coda di paglia riguardo a un argomento, è evidentemente che non lo affronta, che fa di tutto per evitarlo. I politici e i giornalisti, con gli orari di lavoro che hanno, i propri figli li sentono al massimo al telefonino. E allora? E allora esiste un meccanismo psicologico che si chiama “rimozione”: evito di affrontare i temi sui quali mi sento personalmente in colpa. E così i politici che dovrebbero fare le leggi sull’educazione e i giornalisti che dovrebbero sollecitarle non lo fanno. srl A chiudere l’edizione 2008/2009 della Scuola per Genitori della Castellana e della Pedemontana, questa sera a Castelfranco (Hotel Fior, ore 21), sarà lo psicoterapeuta Paolo Crepet, che ne è il direttore scientifico. In questa intervista in due puntate (domani la seconda) affronta a 360 gradi la questione dell’«emergenza educativa in Italia». pe ha EMERGENZA EDUCATIVA, EMERGENZA ITALIANA Dunque il caso Noemi ha squarciato un velo su un argomento tabù della politica italiana? Il dato interessante è che per la prima volta i politici italiani, ai massimi livelli, accennino all’idea di essere padri. Nessun leader politico aveva mai parlato pubblicamente prima d’ora di cosa significhi essere educatore. Mi piacerebbe che il dibattito andasse oltre la querelle “bugia sì” “bugia no” e ci si confrontasse invece sui problemi educativi della famiglia italiana. Quali sono? Il fatto che la famiglia esiste in media 45 minuti al giorno, come riporta uno studio inglese pubblicato da la Repubblica nei giorni scorsi. E se andassimo a vedere cosa accade in quei 45 minuti ne vedremmo delle belle, magari scoprendo che vengono impiegati davanti alla tivù… E questo non è certo essere famiglia. Quali leggi dovrebbero fare i politici? 31 3 Giugno 2009 - “Emergenza educativa, emergenza italiana” Ad esempio, dovrebbero porsi il problema di come possa dedicarsi all’educazione dei figli una famiglia di Treviso che esce alle 8 di mattina per andare al lavoro e rientra alle 7 di sera. Quando si parla di aiuti alle famiglie, la politica non sa fare di più di uno sconto sul 740 della dichiarazione dei redditi. Ma cosa vuole che importi a una madre e a un padre che non hanno tempo di stare con i propri figli 100 euro in meno a fine anno? Cosa ha a che fare, secondo lei, il caso Noemi-Berlusconi con l’«emergenza educativa»? Come padre sarei molto preoccupato se mia figlia di 17 anni frequentasse un certo mondo, che io considero deleterio, pieno di disvalori, dove circolano droga e prostituzione. Sarei allarmato anche solo se mia figlia volesse intraprendere quel tipo di vita e comincerei a farmi domande su me stesso, su dove ho sbagliato come genitore. Dario Fo e altri lo hanno additato come sintomo di un degrado culturale del Paese. È d’accordo? È senz’altro sintomo di un malessere generale. Noemi è una ragazzina di appena 18 anni che fa una vita da donna fatta e matura. Oggi si bruciano tutte le tappe. Nelle trasmissioni televisive a cui partecipo incontro ragazzine ancora più giovani, di 13-14 anni, che stanno giro fino alle 5 del mattino a sbaciucchiarsi con i morosi e a bere. E che, quando tornano a casa, non trovano nessuno che dica 32 loro niente. Siamo al disastro educativo. Che domande dovrebbe porsi il Paese di fronte a questo? Se è giusto che a 17 anni una ragazzina vada a certe feste e frequenti uomini di un certo tipo. Scusi, non le pare più preoccupante il fatto che un Presidente del Consiglio frequenti una minorenne e le lasci intendere che questo rapporto compiacente favorirà la sua carriera nel mondo dello spettacolo e della politica? De Gasperi non l’avrebbe mai fatto. Il potere oggi è diseducativo? Oggi il potere non serve più solo a governare, ma anche a fare la bella vita. È stato Bettino Craxi che ha abbattuto la muraglia che divideva la classe politica di ieri da quella di oggi. Quella di ieri, pur con tutti i suoi difetti, pensava al bene del Paese e non alle belle brasiliane, e quantomeno diceva: “Giù le mani dai bambini”. Se lo immagina lei Aldo Moro in una camera d’albergo con tre ballerine? Francamente no. Con il Craxismo c’è stata la rottura epistemologica della politica italiana: si è passati in pochi anni da Fanfani alla bandana. Con il risultato che oggi il potere si arroga il diritto di governare anche le leggi morali. Paolo Crepet «È STATO UN SUCCESSO STRAORDINARIO» Nicola Di Santo: ora sconti ai padri e più zoom tematici di Francesca Nicastro «Sconti ai papà per incentivarli a partecipare ai prossimi corsi per genitori». A tirare il bilancio dell’edizione 2008/2008 della Scuola per Genitori della Castellana e Pedemontana, e ad anticipare i prossimi obiettivi, è Nicola Di Santo, presidente del Credito Trevigiano - Banca di Credito Cooperativo, principale sponsor dell’iniziativa. Presidente Di Santo, stasera si chiuderà il secondo anno della Scuola, che in sette incontri ha trattato il tema della fermezza educativa. Quale bilancio tirare? Straordinario. Eccezionale. Abbiamo constatato un notevole coinvolgimento emotivo da parte dei genitori, un grande interesse. Significa che il problema educativo c’è e che quindi c’è tanto bisogno di iniziative come questa. Le mamme e i papà, impegnati nel difficile compito di educatori, avvertono la necessità che qualcuno li prenda per mano e offra loro chiavi di lettura. Lei, come padre, ne ha tratto beneficio? Moltissimo. Spesso sono uscito dai corsi con rimorsi di coscienza, ripercorrendo errori commessi con i miei figli. Però ho anche acquisito nuovi strumenti. La Scuola infatti non è solo teoria. Ad esempio io e mia moglie abbiamo scoperto che la mediazione è molto efficace con il nostro figlio di 14 anni. Ho potuto constatare inoltre come il metodo educativo di stampo patriarcale usato dai miei con me non era buono allora né oggi sarebbe più applicabile. Come mai una banca decide di sponsorizzare una scuola per genitori? L’articolo 2 del nostro statuto dice che dobbiamo promuovere lo sviluppo della persona e della società. Tale indicazione statutaria noi la interpretiamo offrendo formazione ai genitori, che sono il perno della famiglia e dunque della comunità. Ed è proprio questa attenzione al territorio in cui siamo inseriti che fa la differenza tra le banche di credito cooperativo e le altre. Avrà un seguito quest’esperienza? Certo. E non solo. Il prossimo anno vorremmo incentivare la presenza dei padri, che è stata di molto inferiore a quella delle madri. E così prevedremo degli sconti per il secondo coniuge che si iscriverà. In più, ridurremo le lezioni del corso base e per ampliare invece i seminari tematici, visto l’alto gradimento riscontrato dal corso sull’autostima. 33 3 Giugno 2009 - “Emergenza educativa, emergenza italiana” Oltre la Scuola per Genitori, il Credito Trevigiano promuove molte altre iniziative a sfondo sociale, come il concorso rivolto ai ragazzi delle scuole “I piedi nel locale, la testa nel globale” e l’educazione al risparmio. Per ulteriori informazioni: www.bcctrevigiano. it IL RELATORE Psichiatra e sociologo, Paolo Crepet è autore di numerose ricerche scientifiche e ha tenuto corsi in diverse università italiane. Dal 2004 è direttore scientifico Scuola per Genitori “Impresa Famiglia”, nata a Vicenza, che ormai conta sedi in molte province italiane. È autore di numerosi saggi, tra cui Dove abitano le emozioni (2007), Sull’Amore (2006), I figli non crescono più (2005), pubblicati con Einaudi. Nel 2008 è uscito il suo ultimo libro: Ad una donna tradita. L’avventura umana e professionale di Crepet è stata segnata dall’incontro con Franco Basaglia, che considera il suo maestro, proprio nel momento che vedeva il grande psichiatra concentrato a tracciare la svolta della psichiatria italiana, quella che ha cambiato il concetto di follia fino a generare la chiusura dei manicomi. Per saperne di più: www.paolocrepet.it 34 ANNOTAZIONI ANNOTAZIONI ANNOTAZIONI ANNOTAZIONI ANNOTAZIONI ANNOTAZIONI Si ringraziano per la collaborazione CASTELFRANCO V. Assessorato alle Politiche Sociali e Sanitarie MINISTERO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE UFFICIO SCOLASTICO PROVINCIALE DI TREVISO CREDITO TREVIGIANO Segreteria generale Via Roma, 15 - 31050 Vedelago (TV) Tel. 0423.701212 / Fax 0423.401228 E-mail: [email protected] www.creditotrevigiano.it Confartigianato Impresa Famiglia Via E. Fermi, 134 - 36100 Vicenza (3° piano) Tel. 0444.168520 - 525 - 383 - 300 / Fax 0444.386709 E-mail: [email protected] www. scuolagenitori.it - www.impresafamiglia.it